L’UNITA’ LABURISTA - 44
L’INTERVENTO IN ECONOMIA DELLO STATO UNITARIO ITALIANO DI GIOVAN GIUSEPPE MENNELLA
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o Stato italiano sorse nel 1861 unito e indipendente e fu un miracolo politicomilitare dovuto all’astuzia politica di Cavour e dei moderati e all’impegno militare di Garibaldi e del Partito democratico. Dopo i miracoli si fermarono; infatti, la base sociale dello Stato risultò estremamente ristretta, composta com’era sostanzialmente di proprietari terrieri grandi e medi, di banchieri, di proprietari delle pochissime industrie non legate alla trasformazione dei prodotti agricoli, di esponenti dell’alta burocrazia e degli alti gradi dell’Esercito. Aveva diritto all’elettorato attivo non più del due per cento della popolazione. Il compito immane di amalgamare gli ordinamenti, le economie, l’organizzazione di tanti ex Antichi Stati italiani entrati a far parte della compagine unitaria, insieme alle fortissime spese necessarie per organizzare dal nulla un nuovo Stato, aprirono una voragine nei conti pubblici e un conseguente aumento delle imposte. In queste condizioni, ovviamente, il neonato Stato non poteva avere un programma organico di intervento nell’economia, impegnato com’era a tappare sia i buchi di bilancio con una politica fiscale che oggi si definirebbe di lacrime e sangue, sia a reprimere la ribellione di forze che si opponevano allo Stato unitario, soprattutto la guerriglia dei briganti nel Mezzogiorno.
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’altra parte, l’impostazione di politica economica dei moderati della Destra storica al potere nel primo quindicennio unitario fu chiaramente liberistica. Il liberismo post-unitario danneggi il Sud, dove non ci fu più la barriera del protezionismo adottato dal Regno borbonico per proteggere i prodotti autoctoni dalle importazioni da paesi tecnologicamente più avanzati. Così ebbero a soffrirne le poche industrie presenti nel territorio, meccaniche, di navigazione, tessili, non molto evolute, soprattutto dal punto di vista dell’organizzazione capitalistica e finanziaria, da
poter reggere la concorrenza. Fu emblematico il caso della gestione del servizio postale marittimo per le rotte verso il Sud, in relazione al quale i finanziamenti statali dello Stato unitario furono concessi alla Società Rubattino, avente sede nel Nord. Viceversa, nel Nord, le più organizzate industrie capitalistiche tessili e di trasformazione dei prodotti agricoli, soprattutto della Pianura Padana, ressero.
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al 1864 al 1875 lo sforzo dei Ministri delle Finanze Quintino Sella e Marco Minghetti riuscì a raggiungere il fatidico pareggio di bilancio e quindi, anche con l’avvento al governo della Sinistra Storica, si aprì un maggiore spazio per l’intervento statale nell’economia. Nei primi anni dopo il 1876 e fino allo scorcio del secolo XIX l’impegno statale si esplicò nel protezionismo doganale, adottato per favorire le nascenti industrie siderurgica, meccanica, delle costruzioni navali, situate soprattutto nel Nord. L’impostazione protezionistica di alcuni governi della Sinistra storica dopo il 1876 e dei governi di Crispi sfavorì l’agricoltura meridionale, soprattutto le colture specializzate e di pregio della vite, dell’olivo, degli ortaggi che si trovavano ostacolate dalle barriere doganali innalzate per ritorsione dagli Stati esteri, soprattutto dalla Francia. Probabilmente, alla politica protezionistica non c’erano alternative, se si voleva far sorgere un processo di accelerata industrializzazione, necessario per recuperare il ritardo sui Paesi tecnologicamente più avanzati.
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iolitti, nei suoi governi a partire dal 1903 continuò con la politica protezionistica, alla quale non mancarono anche serie e motivate opposizioni, come quella dei sindacalisti rivoluzionari di Arturo Labriola e quella dell’opposizione liberale costituzionale di Sidney Sonnino che lamentavano i danni per l’economia
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