L’UNITA’ LABURISTA - 44
IL ‘PRIVATO’ NON CI AMA Il ‘privato’ non ci ama. Salute, territori e bisogni essenziali al centro di una battaglia per il controllo globale
di Giovanni Aiello
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hi vi scrive ha già pubblicato circa un anno fa un articolo, intitolato “Vaccini ‘privati’ e pubblici contagi”, all’interno del numero 35 di questa stessa rivista, in cui si faceva il punto sui farmaci in arrivo, sugli enormi guadagni attesi dalle aziende produttrici, sui macabri conflitti di interesse e sulle probabili sperequazioni che sarebbero seguite fra i paesi ricchi e quelli poveri nell’approvvigionamento di dosi (vedere fallimento del programma COVAX messo in piedi dalla UE).
rispetto dei diritti umani, non resta purtroppo che appellarsi al Padreterno. Anche se lui non è abitualmente invitato al G20.
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Territori - La ‘guerra d’Amazzonia’
ontraddizioni analoghe a quelle registrate per la salute si registrano per le politiche ambientali. Ne è un esempio macroscopico la trattativa in corso fra il presidente statunitense Biden e il governo del Brasile per limitare la distruzione della foresta amazzonica (la seconda più grande del mondo dopo quella equatoriale), nell’ambito di un piano green da oltre 20 miliardi di dollari che gli Usa vorrebbero attuare in Sudamerica. “E’ la transizione ecologica, bellezza!” e serve per salvare il pianeta dal collasso.
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aturalmente, aprire un proprio articolo citando se stessi può apparire poco elegante. Ma la tentazione è stata davvero troppo forte, dato il tema di copertina e visto che la storia degli ultimi mesi ha confermato quanto il ‘privato’, in questo caso impegnato sul fronte della salute, possa agire secondo logiche profondamente ciniche e finanche predatorie.
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eccato però che, fino a all’altro ieri, l’America “trumpiana” fosse fuori dagli accordi di Parigi sul clima e negasse l’esistenza stessa dell’emergenza. Inoltre, l’interlocutore principale degli Stati Uniti è stato finora il ministro brasiliano dell’ambiente Ricardo Salles, esponente dell’ultradestra e uomo di fiducia del presidente Bolsonaro, ovvero colui che nel corso del suo mandato ha consentito un aumento della deforestazione superiore all’80%. Come se non bastasse, lo stesso Salles ha più volte difeso in veste di avvocato i gruppi privati dell’agrobusiness ed è stato condannato per illeciti nel settore ambientale. Per questo tutti i principali operatori ed attivisti impegnati sul territorio si sono detti più volte preoccupati, e molti di loro subiscono minacce e corrono rischi enormi, spesso mettendo in gioco la vita.
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ià agli inizi di dicembre 2020 infatti, quando la campagna vaccinale non era ancora in corso, sembrava abbastanza chiaro che fossimo soltanto all’inizio di un estenuante tira e molla (almeno apparente?!) fra governi ed aziende. Prova ne sia che, appena pochi giorni fa, ma a distanza di un anno dalle prime somministrazioni, il Papa in persona abbia ancora dovuto invocare “in nome di Dio” la liberalizzazione dei brevetti e il condono dei debiti finanziari per i paesi più esposti, visto che in Africa, ad esempio, il tasso di vaccinati rimane ad oggi inferiore al 5%. Eppure, il motto della campagna era “o ci salviamo tutti insieme o non si salva nessuno”, come già nel novembre scorso affermava, fra i tanti, anche Ranieri Guerra, direttore vicario dell’OMS. “Globale è il rischio, e globale dovrà essere anche la risposta”, aggiungeva ancora nel corso di un suo intervento, anticipando però allo stesso tempo il pericolo di una vera e propria competizione scientifica. Ma d’altra parte, in assenza di fonti giuridiche internazionali e vincolanti che impongano ovunque agli stati il
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dati in proposito sono eloquenti, e somigliano a quelli di una vera guerriglia. Soltanto nel 2020 in tutto il mondo sono stati uccisi oltre 227 ambientalisti, come emerge dal rapporto annuale del Global Witness. La maggior parte di questi agisce in Centroamerica e in Sudamerica, ma non
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