RASSEGNA DI STORIA ISTRIANA
elezioni per il parlamento di Vienna nel giugno del 1848 confermarono questi rapporti tra le forze politiche: furono eletti quattro deputati italiani (Antonio Madonizza, Michele Facchinetti, Cario De Franceschi e Francesco Vidulich) e un croato (Josip Vlah), eletto neU’Istria oriéntale. Tale susccesso politico indusse i deputati italiani al parlamento di Vienna a formulare la richiesta che Pitaliano diventasse lingua ufficiale in Istria, eccezion fatta per il distretto di Castelnuovo sul Carso. Anche se il govemo austríaco respinse la richiesta con l’argomentazione che la maggioranza della popolazione in Istria era costituita da Slavi (secondo il censimento del 1846 134.455 Croati, 60.040 Italiani e 31.995 Sloveni), essa provoco accese proteste nei comuni di Castua e di Laurana, da dove partí la richiesta di pariteticitá della lingua croata e di unione dellTstria oriéntale con Fiume, quindi con la Croazia. Nella stampa italiana si mosse allora una valanga di accuse sul conto degli Slavi in quanto “forestieri“ che andrebbero italianizzati. Nel 1850 Michele Fachmetti nel suo giomale “// Popolano“ affermava che lTstria sarebbe diventata una regione in cui regnava la pace se e quando in essa prendesse il soprawento una sola cultura, quella itaüana. Inevitabilmente, il seme della discordia era stato seminato, per cui anche le riviste slave, che uscivano a Trieste (Slavjanski rodoljub dal 1849 e Jadranski Slavjan dal 1850, con articoli in sloveno e in croato), iniziarono a propugnare le loro istanze nazionali. Questi contrasti andavano tutti a vantaggio della poütica nazionale austríaca,-che da una parte sosteneva la germanizzazione e dalTaltra cercava di incutere paura sia deh’irredentismo che del panslavismo, e facendo concessioni ora agli uni ora agli altri, nel pieno rispetto del detto “divide et impera“, riusci a contrallare la situazione in Istria senza troppe difficoltá fino alia fine del proprio dominio. Lo sviluppo deU’irredentismo Lo sviluppo deH’irredentismo e del panslavismo in Istria va visto nell’ottica dei moti europei deh’epoca, in cui ancor sempre sotto Pinflusso della rivoluzione francese e nel quadro deh’affermazione del sistema capitalistico nella vita poütica crescevano impetuosamente le aspirazioni nazionali. E fuori dubbio che le idee irredentiste dei popolari itaüani dopo l’unitá d’Italia (1861) si fossero rafforzate. I principali rappresentanti di tali idee nella storiografia sono Pacifico Valussi (nel übro Trieste e Tlstria: Loro diritti nella questione italiana del 1861 cambió in modo radicale le sue vedute), gli istriani Cario Combi e Tommaso Luciani e Sigismondo Bonfiglio. L’opinione sugli Slavi era completamente cambiata: si trattava di gente contadina incapace di trasformarsi in nazione e perció condannata ah’assimñazione neh’itahanitá. E giá vedevano i confini dehTtaha suhe Alpi orientali e sulPArsia, alcuni addirittura a Fiume. La prima manifestazione pubblica dell’irredentismo triestino ci fu nel 1865, quando il consiglio comunale respinse la proposta di condanna della protesta che un segreto “comitato triestino- istriano“ aveva indirizzato contro la dichiarazione del primo ministro italiano Lamarmora, con la quale questi rinunciava solennemente ahe pretese su Trieste. II consiglio comunale fu sciolto e ahe elezioni vinse il partito governativo, mentre a Trieste 13.000 persone firmarono una dichiarazione di lealtá. Anche successivamente i liberaü condannarono a piü riprese Pirredentismo, pero col tempo puré in questo partito prevalsero le aspirazioni irredentiste. Dal 1882 in poi il 66