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I PRIMI VENT’ANNI DI andrea cappelli
L’ELEGANTE CARIGNANO SULCITANO LONGEVO COME IL POPOLO SARDO
Complice una cena durante un Vinitaly d’inizio millennio, “AgriPunica” nasce come una joint-venture tra aziende e uomini che hanno scritto la storia dell’enologia italiana la Tenuta San Guido di Bolgheri del marchese Nicolò Incisa della Rocchetta, la Cantina di Santadi, nome di gran prestigio del vino sardo, Antonello Pilloni, storico presidente della Cantina e il leggendario enologo Giacomo Tachis, che ne fu l’ispiratore - con l’obiettivo di creare un vino sardo iconico. Artefice e paziente tessitore di questa alleanza fu proprio il protagonista del rinascimento vitivinicolo italiano, riuscendo a convincere tutti i protagonisti del fatto che, ognuno con le proprie competenze, insieme avrebbero potuto produrre un’eccellenza nel mondo vitivinicolo nazionale e internazionale dalle uve coltivate nel Basso Sulcis, l’area geologica più antica dell’isola, che mantiene inalterato ancor oggi il proprio fascino di terra millenaria, un tempo devastata dai Saraceni poi abitata dai pastori, quindi illusa e disillusa dall’industria mineraria. Se la molla per Tachis, affascinato dai nuraghi e dalle domus de Janas, era il profondo amore per il “terroir Sardegna” – fu l’unica volta che entrò a far parte, seppur con una quota minoritaria, di una cantina – per il marchese
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Nicolò Incisa, che per parte di madre appartiene alla famiglia dei della Gherardesca, era, corsi e ricorsi della storia, come insegna Vico, un ritorno… Infatti nel Duecento questa famiglia comitale d’origine longobarda, legata alla Repub-
blica Pisana, al seguito dell’espansione di Pisa nel Mediterraneo, si insediò nel Giudicato di Cagliari, corrispondente proprio all’odierno Sulcis Iglesiente, dove possedettero il castello di Acquafredda ed ebbero addirittura il diritto
di batter moneta, perciò sono strettamente legati alla Sardegna da ben 8 secoli. Se il Maestro aveva iniziato a collaborare con la Tenuta San Guido addirittura alla fine degli anni Sessanta, contribuendo a creare il mito del Sassicaia, precoce è anche la sua conoscenza della Sardegna, dove arriva già nei primi anni Ottanta per offrire la propria consulenza prima al Consorzio del vino regionale sardo e poi soprattutto alla Cantina di Santadi. Subito si rende conto delle gran qualità potenziali del connubio Sardegna/Carignano e cerca di’immaginare un vino che possa contenere la stessa luce che riflette in questa terra, perché è proprio la quantità di luce a render questa regione unica: “Credo – confessò il grande enologo – che per concentrazione di polifenoli, dolcezza di tannini, espressività minerale pochi vini al mondo abbiano la forza e l’eleganza del Carignano del Sulcis. Sia che lo si vinifichi in purezza che lo si accosti con altri vitigni autoctoni, il Carignano esprime un’assoluta mediterraneità, frut-