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La coltivazione della vite a Montalcino – il toponimo proviene da “Mons Ilcinus” ossia monte dei lecci, infatti il suo stemma è un leccio su 6 “rosseggianti monti” - ha radici così profonde, la cui comparsa è difficilmente databile.
55 ANNI PER IL
Consorzio del Brunello di Montalcino LA CRESCITA DEL BRAND CONTINUA, FENOMENO UNICO NEL PANORAMA DEI GRANDI VINI DEL MONDO
andrea cappelli Con l’affermarsi della civiltà etrusca, Montalcino si trova a essere zona di confine tra le potenti lucumonie di Chiusi e Arezzo nell’entroterra e Roselle e Vetulonia sulla costa. Certamente gli Etruschi, che vissero nei dintorni montalcinesi dal VI al II sec. a.C. e per i quali il vino rivestiva un ruolo fondamentale all’interno dei culti religiosi e dei banchetti, traevano ottimi vini da questi colli, infatti recenti scavi archeologici attestano la presenza di una comunità in prevalenza agricola, dedita alla coltivazione di cereali in pianura e dell’olivo e della vite in collina. Nel II secolo a.C. la politica espansionista dei romani coinvolse l’Etruria e i nuovi coloni s’inserirono nella campagna locale modificandone in parte l’aspetto paesaggistico: nu-
A sinistra Michele Fontana; a destra Fabrizio Bindocci
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merosi boschi furono abbattuti per far spazio a nuovi appezzamenti di terreno e le tipiche ville etrusche furono sostituite dalle funzionali e organizzate fattorie romane. Nel Medioevo Montalcino fu un’importante città di transito posta sulle principali vie di comunicazioni dell’epoca - la Cassia e la Francigena – e vide il proliferare di osterie e punti vendita del suo già famoso vino. E se nel 1262 la Repubblica di Siena, per
placare gli animi ribelli degli ilcinesi, minacciò di dar fuoco a tutte le vigne esistenti nel territorio, a partire dal XIII secolo l’argomento vino è trattato addirittura in una serie di statuti comunali, a testimonianza di quanto fosse già importante per l’economia montalcinese: lo Statuto Comunale del 1415 non solo disponeva che per la festa di Santa Croce, il 14 settembre, i priori di Montalcino chiedessero al Consiglio Gene-
rale di procedere al relativo bando sull’inizio della vendemmia, ma anche degli obblighi e dei divieti anti sofisticazione dei vini montalcinesi, in particolare proibiva alle “tavernaje” di vendere il vino sfuso nei contenitori senza sigilli comunali. Infatti le botti, i caratelli e tutti i recipienti per la mescita del vino dovevano recare il sigillo comunale e il vino non poteva esser servito ai clienti annacquato. E il “dipentore” Vincenzo Ta-