SIMTI - LA SOCIETÀ SCIENTIFICA
Un veneto presidente della Simti, le tre sfide del prossimo futuro di / Beppe Castellano /
È
stato il primo presidente Simti (Società italiana di Medicina trasfusionale e Immunoematolgia) nominato online. A presiedere la Società scientifica è stato eletto, l’11 gennaio scorso, per la seconda volta un veneto. È il dottor Francesco Fiorin, già primario del Servizio di Immunoematologia trasfusionale dell’Ulss4 Veneto orientale, da circa un anno e mezzo a capo del Dipartimento trasfusionale di Vicenza. Succede al dottor Pierluigi Berti, Past president. L’abbiamo raggiunto, prima della zona arancio-rossa, proprio a Vicenza. Dottor Fiorin, è il secondo veneto presidente nella storia Simti, una bella eredità. Decisamente sì. Giuseppe Aprili (presidente per due volte nel decennio 2000-2010, ndr) è stato “maestro” di un’intera generazione di Immunoematologi trasfusionisti, non solo veneti. Nomina che arriva in un momento difficile per tutto il Sistema sangue in Italia, messo sotto pressione dall’emergenza Covid, oltre che dai noti problemi pregressi. La situazione attuale con la pandemia in atto, non è certo delle più semplici, per tutti i settori della Medicina, quindi anche per i Servizi trasfusionali. Siamo stati messi a dura prova, nell’ultimo anno, quando già scarseggiavano figure professionali nei Centri trasfusionali. Ci siamo riorganizzati, adeguati all’emergenza e siamo riusciti a garantire a tutti i colleghi in prima linea il supporto in emocomponenti ed emoderivati. Se a ciò aggiungiamo le procedure per il plasma iperimmune, per tentare di combattere il Covid-19, direi che tutto il sistema ha retto. E bene. Il mandato di presidente Simti dura 2+2 anni. Quali saranno gli obiettivi Simti? Premesso che sono 12 anni che faccio parte del Consiglio direttivo Simti, mi piacerebbe lasciar avanzare nuove forze. Nei prossimi due anni potrei riassumere in tre parole gli obiettivi per il Sistema trasfusionale: consolidamento, rafforzamento, innovazione. Specifichiamo meglio, consolidare cosa? Proseguendo l’opera del miei predecessori, consolidare ancor più i rapporti con tutti gli attori del sistema sangue: le Società scientifiche che
ruotano, anche come utilizzatori, attorno al sangue e ai plasmaderivati, il Centro nazionale sangue, il Ministero e, non certo ultime, le associazioni dei donatori nostra linfa vitale. Passiamo a rafforzamento e innovazione? Rafforzamento: mi riferisco a quello, sotto il profilo professionale, della figura del Medico immunoematologo-trasfusionista. Da troppo tempo “orfano” di una Scuola di specializzazione universitaria. La Simti ha fatto sforzi notevoli, prendendosi carico in questi anni della formazione dei medici che vogliono intraprendere la nostra professione. Vanno quindi strutturati - in accordo con le università - nuovi percorsi di specializzazione. Ciò riguarda anche le altre figure professionali che operano nei Centri trasfusionali, tutti ormai laureati, come infermieri, tecnici, biologi. Questo nell’ottica di ripensare un nuovo modello organizzativo dell’intero sistema. Ed eccoci all’innovazione, in che senso? Oggi, per quanto riguarda la raccolta, il medico trasfusionista è l’unico che si occupa della selezione del donatore. L’idea è quella di trovare nuove strade per valorizzare e specializzare in tal senso anche le altre figure professionali, penso agli infermieri, ormai tutti laureati. Potrebbero “gestire” il donatore già periodico, conosciuto, quindi informato, anche nella pre-donazione. Il tutto, come previsto anche dal decreto 2 Novembre 2015, sempre sotto la responsabilità del medico. Il quale potrebbe dedicarsi, in particolare, alle nuove idoneità dove bisogna andare più a fondo e anche dedicarsi a tempo più “pieno” alla Medicina trasfusionale. I medici, infatti, scarseggeranno ancora per molto, quindi è vitale ripensare a nuovi modelli di organizzazione. Funzionano nel resto d’Europa dove, così, i Centri di raccolta funzionano anche di pomeriggio. Perché non cercare insieme nuove strade?
1/2021
11