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Punto & a Capo di Waimer Perinelli
Il babbo e la “speranza” del Natale
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i sussurra che a Natale tutte le luci saranno accese anche se molti negozi resteranno chiusi. Dicono che fa bene allo spirito e ci tiene comunque allegri. Questo è capace di fare una classe dirigente spesso incapace e troppo pagata. Dirigenti scelti da politici troppe volte più incapaci e inaffidabili. Panem e circenses, cibo e divertimento al popolo, era la regola dei politici della Roma imperiale, oggi il pane scarseggia fuori dai palazzi del potere, e il divertimento è proibito. Non solo per colpa del Covid ,spesso solo di chi lo affronta con armi spun-
tate dalla malafede o incompetenza. Ho preparato l’abete con palline e luci conservate in un vecchio baule nel quale ho trovato anche una capanna, pastori, pecorelle, artigiani di gesso, la Sacra Famiglia scolpita nel legno da artigiani delle valli di Fiemme, di Sole, Valsugana e Feltrino. Questi personaggi sono i testimoni della nascita di Cristo, di una vita sacrificata di cui, pochi mesi dopo, a Pasqua, viene rappresentata la conclusione. Per la rappresentazione del processo e morte c’è solo l’imbarazzo della scelta, in particolare per il personaggio di Pilato: molti i candidati ad impersonare lo specialista del lavarsene le mani. Nel presepe vorrei quest’anno mettere anche Giuseppe Tiani, il buon pastore, manager responsabile degli appalti della sanità della Regione Puglia, il quale, durante un’audizione alla Commissione Affari Costituzionali si è sfilato dal collo un pendolino spiegando che si trattava di un “purificatore dell’aria” in grado di emettere cationi capaci di distruggere ogni virus vivente nel raggio di un metro cubo. Forse dovrebbe acquistarlo lo Stato alla modica cifra di 50 euro al pezzo.”Ci aiuterebbe a combattere il virus” ha detto. Non si scherza nemmeno in Calabria dove l’ineffabile ministro alla sanità Roberto Speranza, omen nomen, è riuscito a nominare Commissario alla sanità regionale un signore che la scorsa primavera aveva affermato
con decisione che la mascherina non serve a nulla e che i giovani devono fare sesso liberamente senza temere il Covid il cui contagio solo dopo quindici minuti di bacio alla francese. Avrebbe sostituito il precedente che, intervistato, ha rivelato di non avere preparato il piano sanitario anticovid. Il terzo risultato indagato che non vuol dire colpevole ma fino a prova contraria almeno incauto. Caro Babbo Natale porta un po’ di saggezza alla Speranza. Siamo alla drammatica farsa, al comico macabro. Siamo seri! Noi la speranza non dobbiamo perderla eppure, in questa seconda ondata di virus, è proprio lei a vacillare mentre la paura della povertà sembra vincere perfino su quella della morte, forse perché la vita per essere vissuta dignitosamente ha bisogno di sogni ma anche e soprattutto di prospettive per il futuro, di lavoro e certezze. Nell’attesa apprendiamo che fra i rider anche il campione olimpico di spada individuale, il venezuelano Ruben Dario Limardo,35 anni, che gira in bicicletta, le strade di Lodz in Polonia. Consegna pacchi “Sono senza soldi, dice, e così mi alleno in attesa dei mondiali di Tokyo”. Buone notizie per la nuova “professione” arrivano da Palermo dove un rider, Riders in the storm (cavalieri nella tempesta cantavano i Doors), è stato per ordine del giudice, riassunto dall’azienda che lo aveva licenziato: in tronco cancellandolo dalla piattaforma degli ordinativi. Ora avrà il contratto da fattorino: ammesso che almeno le sentenze dei giudici non siano “palle” di Natale. Auguri.
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SOMMARIO ANNO 6 - DICEMBRE 2020 DIRETTORE RESPONSABILE Armando Munaò - 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com VICEDIRETTORE Chiara Paoli - Elisa Corni COORDINAMENTO EDITORIALE Enrico Coser COLLABORATORI Waimer Perinelli - Erica Zanghellini Katia Cont - Massimo Dalledonne - Francesca Gottardi Maurizio Cristini - Laura Mansini - Alice Rovati Giorgio Turrini - Laura Fratini - Patrizia Rapposelli Zeno Perinelli - Adelina Valcanover - Veronica Gianello Giampaolo Rizzonelli - Mario Pacher CONSULENZA MEDICO - SCIENTIFICA Dott.ssa Cinzia Sollazzo - Dott. Alfonso Piazza Dott. Giovanni Donghia - Dott. Marco Rigo EDITORE - GRAFICA - STAMPA Grafiche Futura srl Via della Cooperazione, 33 - Mattarello (TN)
PER LA TUA PUBBLICITÀ cell. 333 28 15 103 direttore@valsugananews.com info@valsugananews.com Registrazione del Tribunale di Trento: nr. 4 del 16/04/2015 - Tiratura n° 7.000 copie Distribuzione: tutti i Comuni della Alta e Bassa Valsugana, Tesino, Pinetano e Vigolana compresi COPYRIGHT - Tutti i diritti di stampa riservati Tutti i testi, articoli, interviste, fotografie, disegni e pubblicità, pubblicati nella pagine di VALSUGANA NEWS e sugli Speciali di VALSUGANA NEWS sono coperti da copyright GRAFICHE FUTURA srl e quindi, senza l’autorizzazione scritta del Direttore, del Direttore Responsabile o dell’Editore è vietata la riproduzione o la pubblicazione, sia parziale che totale, su qualsiasi supporto o forma. Gli inserzionisti che volessero usufruire delle loro inserzioni, per altri giornali o altre pubblicazioni, possono farlo richiedendo l’autorizzazione scritta all’Editore, Direttore Responsabile o Direttore. Quanto sopra specificato non riguarda gli inserzionisti che, utilizzando propri studi o agenzie grafiche, hanno prodotto in proprio e quindi fatta pervenire, a GRAFICHE FUTURA srl, le loro pubblicità, le loro immagini, i loro testi o articoli. Per quanto sopra GRAFICHE FUTURA srl, si riserva il diritto di adire le vie legali per tutelare, nelle opportune sedi, i propri interessi e la propria immagine.
Punto e a capo Sommario Il lavoro al tempo del covid L’occasione per realizzare l’Europa Informazione e giornalisti oggi Margherita, un nome due destini Incoscienza giovanile Milano: libreria Bocca, due secoli di vita Tre garofani per Mussolini Il potere dei soldi Vaia, a due anni dalla tempesta Il teatro al tempo del Covid Il sistema elettorale in USA Curiosità elettorali in USA Kamala Harris, prima Vicepresidente USA Burlesque, un gioco sessuale Chiara Defant sarta I terzi incomodi a stelle e strisce In controluce: “O’ sol levante sta ‘infront a te” In ricordo di... Sean Connery La scuola di Tenna: la qualità premia San Clemente, l’antica chiesa di Tenna FAI: tra luoghi del cuore e progetti scuola Carlo Zanghellini: personalità della Valsugana Viaggio nella poesia: Rosanna Gasperi Valle che vai Santuario che trovi Il personaggio: Don Francesco Alpruni La relazione INPS: dati e numeri Storie di casa nostra” Guglielmo e “William” L’inquinamento: quarta causa di morte al mondo Natale in tempo di covid Società oggi: la gravidanza al tempo del covid Forte delle Benne: una favola per bambini Meteorologia e ambiente: la nebbia Umana-mente: che Natale ci aspetta? Medicina & Salute: la stanchezza da covid Cosa da mamma e da papà: un Natale sostenibile Leggende in Valsugana: la Tor Tonda di Marter AAA biblioteca cercasi volontari Il Natale di Bontà: un emozionante racconto Poesia e prosa: Bianca Pecoraro Che tempo che fa: ottobre2020-un mese freddo Giocherellando
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Joe Biden, 46esimo Presidente USA Pagina 26
Gigi Proietti Addio maestro Pagina 35
Il personaggio Nadia Finotti Pagina 48
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Attualità di Nicola Maschio
Il futuro del lavoro ai tempi del covid-19
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rasformazioni, cambiamenti, novità. Queste sono le principali parole che hanno segnato il 2020 e che, inevitabilmente, caratterizzeranno il nostro futuro. La pandemia di Covid-19 ancora non è passata, anche se alcune notizie inerenti cure e vaccini lasciano intravedere una luce in fondo al tunnel. Il mondo del lavoro, comunque, non sarà più lo stesso. Lo ha evidenziato la Fondazione Nord Est che, in collaborazione con Umana, ha condotto una ricerca proprio sul settore lavorativo e su quelli che saranno i principali cambiamenti in ottica futura. Ben 518 le realtà produttive considerate nell’indagine, con quest’ultima che ha coperto i territori di Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Trentino (99 aziende considerate) e Veneto. Principalmente, le imprese con un numero di dipendenti tra 10 e 49 sono state quelle maggiormente considerate (198), seguite da quelle con più di 50 dipendenti (185), mentre quelle con un totale tra 6 e 9 impiegati sono state 135. A farla da padrone è stato il settore dell’industria con 226 realtà rappresentate, mentre solo 98 rientrano nel commercio e 194 nei servizi. Prima di analizzare i dati relativi al futuro, occorre però fare un piccolo passo indietro, partendo dal lockdown dello scorso marzo. Ben il 42,3% delle attività infatti non hanno realmente mai chiuso i battenti, mentre “solo” il 22,2% ha dovuto attendere il 4 maggio per ricominciare a lavorare. Durante lo stop forzato, il 64,9% delle imprese ha utilizzato la Cassa Integrazione Guadagni, il 42,7% lo
smartworking ed il 30,2% ha ridotto le ore del proprio personale. Una volta tornate operative, ben il 92,2% delle aziende ha realizzato un’indagine per valutare lo stress post-lockdown, mentre il 69,2% ha pensato a nuovi arrendi interni ed il 63,9% ha impostato strategicamente i turni di lavoro per rispettare i distanziamenti. Il 50,9% delle aziende ha continuato ad utilizzare lo smartworking, mentre solo il 19,6% ha ripensato gli spazi del luogo di lavoro. A risentire particolarmente del Covid-19 sono state le attività di formazione: il 24,1% delle aziende ha sospeso ogni corso in programma, mentre solo il 29,1% ha deciso di proseguire con quelle già programmate; ben il 35,5% ha pensato di organizzarle online nonostante fossero previste in presenza, mentre l’11,3% ha puntato su nuove attività formative. Rispetto alle tematiche, il 70,6% dei suddetti corsi riguardava e riguarderà in futuro la sicurezza delle aziende, con addirittura il 73,2% dei titolari che ha evidenziato come la formazione sia orientata a trattare i cambiamenti dettati dal Covid nel lungo periodo. Inevitabilmente, uno strumento che prenderà sempre più piede in futuro sarà il già citato smartworking: per l’87,1% dei rispondenti, questa dinamica è sinonimo della capacità di
lavorare in autonomia , anche se non deve mancare il supporto della figura manageriale. Tuttavia, per il 65,1% dei responsabili questo strumento non genera un reale aumento della produttività, senza contare che per quanto riguarda il lavoro di manifattura è praticamente impossibile immaginare un lavoro da remoto. Altro aspetto preoccupante per il futuro sono i licenziamenti: l’87,6% delle imprese prevede che, non appena questi ultimi saranno nuovamente concessi, le stesse aziende provvederanno ad attivarli. Inoltre, aumenterà la flessibilità delle attività produttive (parere condiviso dall’89,2%). Qualcuno tuttavia (il 21,8%) si dice fiducioso di una ripresa dell’occupazione nei prossimi 6 mesi, anche se cambieranno radicalmente le organizzazioni e le abilità dei nuovi entranti nel mondo del lavoro: le competenze digitali saranno fondamentali per l’84,5% dei rispondenti, così come la capacità di lavorare in autonomia e per obiettivi (82,1%) ed essere in grado di ricorrere allo smartworking quando necessario (79,8%).
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A parere mio di Cesare Scotoni
Il Covid da un male può nascere un bene
L’occasione per realizzare
l’Europa
Piaccia o dispiaccia il 2020, ovvero “l’anno del Covid 19” segna con una cifra indelebile la conclusione di un trentennio che, con la caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989, aveva visto dispiegarsi una vasta offerta di percorsi possibili per costruire un’Europa UNITA diversa dalla CEE che era arrivata a quella svolta. Quelle molteplici vie risultano ora in gran parte chiuse e l’Europa con l’attesa istituzione del Recovery Fund e dei suoi meccanismi dovrà fare la sua scelta dirimente nei prossimi mesi. E dovrà capire da dove e come ripartire.
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ualunque sia la ragione per cui, diversamente da quanto accaduto con l’aviaria prima e della SARS poi che a differenza di quel Coronavirus avevano una letalità impressionante, le pur gravi, ma gestibili complicanze polmonari connesse ad un virus di facile diffusione e bassa letalità come il Covid 19 hanno visto l’Occidente ed i suoi modelli di prevenzione e cura “schiantarsi” a fronte delle ondivaghe e contraddittorie direttive di un WHO (OMS) rivelatosi più luogo della Geopolitica che delle buone pratiche ed i singoli Paesi Europei mostrarsi incapaci di individuare e riconoscere in una politica coordinata un superiore interesse generale, come su altri temi, non ultima l’immigrazione incontrollata. L’evento e le reazioni a quello seguite richiedono ora di dare un senso alle pretese sempre ribadite di essere l’Unione di Paesi e di condividere in parte un’unica moneta. Se sicuramente in Italia ha pesato maggiormente un tema organizzativo legato a Priorità e Risorse del Servizio Sanitario Nazionale nell’ambito delle Politiche di Bilancio, ciò che è emerso con nettezza è un rischiosissi-
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mo ritardo culturale nel comprendere come il Luogo deputato a Costruire lo Spazio dei Diritti del Cittadino Europeo sia quel Parlamento delle Macroregioni pensato con l’istituzione delle Circoscrizioni di Voto nel 1977 e poi lasciato semplicemente senza poteri. In Italia si è compreso soprattutto come il Dibattito sul Welfare, che di quell’Europa che NON c’è, è stata per il nostro Paese una costante dai tempi della Riforma Dini del 1995 e delle prime riforme del mercato del lavoro con il Pacchetto Treu del 1997, nel ridursi stupidamente negli obiettivi alla semplice osservanza dei vincoli di un pareggio di bilancio messo in Costituzione ed i cui limiti in termine di limitazione della Sovranità Nazionale sono gravissimi, sia il terreno su cui si giocano quei Diritti di Base al Lavoro, alla Sanità ed all’Assistenza con prestazioni minime garantite e gratuite, alla Scuola ed all’Istruzione, alla libera circolazione, alle regole della cittadinanza, ad una paga oraria minima nei confini dell’Unione, ad un sistema Pensionistico che garantisca a tutti gli anziani un reddito minimo. Che l’Euro sia una moneta mal fatta e che la BCE manchi dei necessari Poteri
sono conseguenze del fallimento del 2004 sulla Costituzione Europea e da quell’obiettivo si deve quindi ripartire. L’Unione Europea NON può essere solo una mera “funzione” dell’Alleanza Atlantica e lo sforzo del 2001 di Pratica di Mare per integrare la Federazione Russa nel quadro dell’Occidente, affossato dagli Alleati di Oltre Manica e dai giudici di casa nostra, va ripreso perché è a quel mercato che si guarda. Se già Obama nel 2012 aveva ammonito la Germania nelle sue ambizioni egemoniche e, dopo lo scontro del 2013 in Ucraina tra Germania e UK, la Gran Bretagna, con la benedizione di Trump, ha voluto sganciarsi da quell’avventura europea, il disa-
A parere mio stroso 2020 offre a tutti la sponda per ricalibrare quelle ambizioni che hanno portato l’Italia a schiantarsi sia politicamente che economicamente. Se, come sperano in tanti, il prossimo presidente della Repubblica sarà Mario Draghi, l’Europa potrà in parte ripensare l’idea antistorica che un “corridoio” da Parigi a Mosca possa essere alternativo a quel “Grande Mediterraneo” che la fine degli equilibri costruiti con gli accordi “Sykes- Picot”, seguita alle vicende afgana ed irachena, non ha archiviato nella sua importanza. Oggi vi è bisogno di una maggior incisività verso un’Unione Europea che deve ritrovare una propria ragion d’essere e scriverla in una Costituzione e non di mera assertività verso occasionali compagni di viaggio per politiche dalla visione ombelicale. Qui ora o si fa l’Europa
o ci si cerca un Alleato forte perché, malgrado alcuni fatichino a farsene una ragione, il tempo di “Arlecchino servo di due padroni è finito”.
L’ Ingegnere Cesare Scotoni è Consigliere di Amministrazione della Patrimonio Trentino spa.
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In controluce di Rocco Cerone
Informazione e giornalisti oggi A mia figlia liceale diciottenne e ai tanti giovani che, nonostante le tante difficoltà, vogliono accostarsi alla professione giornalistica, provo a delineare qualche risposta attraverso il quadro dell’attuale situazione, influenzata dal vorticoso progresso tecnologico e dalla pandemia da coronavirus che sta dematerializzando il lavoro.
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ra le professioni ordinistiche intellettuali, quella giornalistica è l’unica che – in base alla legge del 1963 (57 anni fa, ormai “un’era geologica”) può essere svolta da chiunque senza alcuna specializzazione professionale o titolo di studio: è irrazionale ed insensato, ma anche chi ha la terza media può iscriversi all’Ordine dei Giornalisti e fare il giornalista. A differenza di avvocati, medici, ingegneri, architetti, notai che debbono essere laureati, sostenere l’esame di stato e poi iscriversi al proprio ordine professionale per potere svolgere la
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professione. L’Ordine nazionale dei Giornalisti annovera circa 120.000 iscritti, molti dei quali fasulli, perché i professionisti che lavorano stabilmente come articolo 1 nel mondo dell’informazione non arrivano a 20.000; altri circa 50.000 sono collaboratori, free lance, ma soprattutto COCOCO, i precari, i rider dell’informazione, costretti spesso a scrivere per un euro a pezzo; ne restano cinquantamila per arrivare a 120.000 che non hanno una posizione INPGI( Istituto Pensionistico) aperta, quindi non svolgono alcuna attività giornalistica ma hanno però il
tesserino ODG. Questa la prima criticità che attanaglia la nostra professione e che richiede una profonda riforma dell’accesso con il requisito obbligatorio della laurea per elevare il livello culturale dei giornalisti. Titolo che adesso viene considerato scontato da enti pubblici e privati. Ciò che ha poi rivoluzionato il mondo dell’informazione e dei media è stata la diffusione esponenziale dei social: Google, Facebook, Tweeter, Istagram, Whatsapp, Telegram, che veicolano informazione e pubblicità senza pagare alcun diritto d’autore a giornali e giornalisti, produttori dell’informazione di qualità che viene saccheggiata e distribuita gratuitamente. Ė in corso un braccio di ferro tra Unione Europea ed i colossi del web statunitensi per imporre ai cosiddetti “over the top” i diritti d’autore a giornali e giornalisti. Una direttiva europea in tal senso è stata approvata ed inviata ai governi nazionali per la ratifica. Il governo italiano finora non l’ha recepita. Nel passaggio dal governo Conte I al Conte II, è cambiato il sottosegretario di stato all’editoria: il primo Vito Crimi voleva la cancellazione dell’Ordine dei Giornalisti, sottintendendo la cancellazione della categoria tout court; l’attuale Andrea Martella sta elaborando una riforma complessiva del settore, “informazione 5.0”, ponendo mano alla legge 416 sull’editoria
In controluce sindacato dei giornalisti. Molti si chiedono se il giornale di carta resisterà. Desidero a tale proposito parafrasare la direttrice del Financial Times, considerata la Bibbia finanziaria mondiale, che in una intervista del 21 agosto di quest’anno ha affermato che i contenuti sulla carta resisteranno solo nei week end, ma l’informazione correrà innanzitutto sul web. Anche il celeberrimo New York Times, sempre ad agosto 2020, per la prima volta ha aumentato i ricavi digitali rispetto a quelli cartacei: 185 milioni di dollari contro i 175,4 milioni di dollari. Segnali che ci fanno capire come a livello mondiale si stia muovendo l’informazione. Cambiamenti epoRocco Cerone
del 1981, con incentivi al sistema dell’informazione ed una rivisitazione del cosiddetto equo compenso, per superare l’oscenità ed il paradosso di un euro al pezzo, in grado di superare inoltre anche la situazione deficitaria dell’INPGI, da due anni con il bilancio in rosso. Situazione generale non idilliaca, aggravata dalla pandemia del coronavirus che ha innescato una preoccupante crisi economica. Le prescrizioni sanitarie e governative hanno costretto la maggior parte dei giornalisti a lavorare da remoto, cioè da casa, smaterializzando quello che è da sempre un prodotto collettivo come la fattura di un giornale sia esso cartaceo, di agenzia o radioteletrasmesso. A causa della diffusione del covid19, che ha fatto chiudere la sede centrale per sanificarla, qualche settimana fa, il quotidiano la Repubblica è stato completamente ideato, scritto, impaginato e stampato da remoto. Alcuni editori stanno immaginando già che il sistema di emergenza inaugurato per motivi sanitari possa diventare strutturale per potere diminuire drasticamente i costi. Ovviamente qualsiasi nuova organizzazione del lavoro dovrà essere contrattata in modo responsabile con la FNSI,
cali che stanno interessando anche l’Italia e il Trentino Alto Adige e dove si dovranno fare i conti con la duplice crisi sanitaria ed economica. Ricordo un vecchio caporedattore che 35 anni fa andò in crisi e preferì andare in pensione perché avrebbe dovuto imparare a lavorare con il computer e lasciare la vecchia macchina da scrivere. Ecco credo che partendo da questo esempio emblematico, per non subire passivamente i cambiamenti, occorre che questi vadano governati e cavalcati, per non esserne travolti. Occorre sicuramente fare i conti con una realtà tecnologica completamente diversa, ma come il bravo medico usa prima il bisturi, poi la laparoscopia e poi il robot per operare, così il giornalista rimane tale indipendentemente dal mezzo che usa per scrivere e diffondere notizie ed informazioni. L’importante è avere passione e gli strumenti fondamentali: cultura e curiosità. Rocco Cerone è Segretario del Sindacato Giornalisti del Trentino Alto Adige
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In controluce di Waimer Perinelli
Margherita:
un nome due destini
Margherita è un nome bello come il fiore cui si attribuisce il significato di purezza, amore e pazienza. In Trentino è stato portato da due donne unite, a distanza di secoli, dal comune amore per un uomo e per la trasgressione.
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i chiama Margherita la bella donna, originaria di Cimego in Valle del Chiese, innamoratasi, nell’anno 1303, di fra Dolcino, diventata eretica e rivoluzionaria come lui; con lui condannata a morte e giustiziata, quattro anni dopo. Margherita Boninsegna conobbe fra Dolcino, al secolo Davide Tornielli, quando l’eretico in fuga dalle truppe papaline, sconfinò ad Arco nel basso Trentino. Ogni fatto che lo riguarda è raccontato dai suoi giudici e carnefici e dunque non tutta la sua opera è chiara e documentata. È certo ch’era originario della provincia di Novara, forse Prato Sesia, e si riteneva fosse figlio di una donna e di un prete. Nel 1291 aderì al movimento degli Apostoli o apostolici, fondato nel 1260 da Gherardo Segalelli. Si chiamavo fra loro boni homines, vivevano di elemosina, pregavano e digiunavano, non imponevano il celibato. Già bollati di eresia e condannati da Papa Onorio IV nel 1286, furono perseguitati e il fondatore nonché guida spirituale, fu catturato ed arso sul rogo il 18 luglio del 1300. Dolcino ed altri del gruppo fuggirono attraverso le terre attorno al lago di Garda. Dolcino non è un frate, lui stesso si definisce fratello, ma è un buon predicatore e diffonde il pensiero pauperistico, il ritorno alle origini della Chiesa, contrasta parole e comportamenti del clero. È uomo affascinante, carismatico: “ Figura curiosa questo libertario di Dio,
scrive il romanziere Renzo Francescotti, di un libro. Eretico, eccentrico, che stando alle cronache dell’epoca, non resisteva alle tentazioni del mondo e non disdegnava il buon vino”. Margherita lo incontra e s’ innamora, diventa la compagna, lo affianca nella predicazione. Di lui si occupa Dante Alghieri nel XXVIII canto dell’Inferno. È l’anno 1300 quindi il poeta non può incontrare l’eretico, che morirà sette anni dopo, ma di Dolcino gli parla Maometto il quale esorta Dante ad aiutarlo: Or dì a fra Dolcin dunque che s’armi.....s’ello non vuol qui tosto seguitarmi”. Come l’avesse sentito o letto, fra Dolcino si armerà, occuperà militarmente la Valsesia facendone una sorta di territorio franco, dove si stanzia una comunità di fedelissimi. La profezia di Dante si realizza. Contro i gazzari o dolciniani viene bandita una crociata. Resistettero a lungo ma alla fine furono vinti, catturati, durante la settimana Santa del 1307. Dolcino, processato e condannato a morte, fu giustiziato pubblicamente il 1º giugno, dopo avere assistito alla morte, sul rogo, di Margherita. Renzo Francescotti nel romanzo e dramma teatrale ci fornisce una figura di rivoluzionario ed effettivamente quest’uomo citato due secoli dopo ad esempio da una parte dei protestanti, ha una carica eversiva notevole come dimostrano gli sforzi militari e religiosi della Chiesa per contrastarlo.
Margherita, l'amore di Docino - da I viaggiatori Ignoranti
Per singolare quanto casuale coincidenza della storia, seicentosessantotto anni dopo, troviamo in Trentino un’altra Margherita. Di cognome fa Cagol, studia Sociologia a Trento, cattolica conosce un giovanotto, cattolico e, nel 1969, si sposano nel Santuario di San Romedio in valle di Non, uno dei più belli e sacri del Trentino. Lui è Renato Curcio, pochi anni dopo sarà fra i fondatori delle Brigate Rosse, bande rivoluzionarie ispirate al comunismo. È il 1975 quando Margherita sarà uccisa in un conflitto a fuoco con polizia e carabinieri. Nella sparatoria morirà anche un carabiniere e un altro sarà gravemente ferito. Due Margherite, trentine, due storie completamente diverse ma unite da passione e violenza: la voglia di costruire una società più giusta. Ma, contrariamente a quanto sostenuto da Niccolò Machiavelli, non sempre il fine giustifica i mezzi usati per raggiungerli.
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Pandemia Coronavirus... è guerra di Patrizia Rapposelli
Incoscienza giovanile “Care persone, soprattutto giovani volete capire che siamo in guerra e che il nemico non si combatte con il fucile?”
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lo sfogo del Viceministro della Salute Sileri. Nel numero precedente abbiamo ripreso il mondo giovanile per la mancanza di responsabilità in tempo di Coronavirus, ma ad oggi, quando le cifre dei contagi e dei morti sono sempre più significative, la noncuranza giovanile è smisurata. Non è più una discussione tra negazionisti e opposti, nemmeno problema di colore politico, ma di sicurezza nazionale. Si lotta per salvare l’Italia. Il sistema sanitario è alla stregua e urla di fare zona rossa; l’epidemia da Covid si è diffusa a tal punto da diventare la pandemia più grave dell’ultimo secolo, gli effetti sul fronte sanitario ed economico sono devastanti e andranno ad incidere per lungo tempo sul benessere presente e futuro del Paese, una questione che colpisce sia i giovani che le persone avanti con l’età. Il virus colpisce in modo sproporzionato le persone anziane e quelle affette da patologie pregresse, ma i giovani si torna a dire non essere immuni. Oggi il quadro è di un Paese
coinvolto in tutte le sue Regioni, con un’età mediana che da circa 30 anni di metà agosto è risalita; il dato dell’età è fondamentale perché se quella curva dovesse continuare a crescere, a questo aumento si assocerebbero più decessi. Appare chiaro che i giovanissimi, tra i quali il contagio è maggiormente diffuso, dovrebbero porre particolare attenzione nel non infettare gli anziani. Questo con rammarico non sta accadendo. L’attenzione per il nonno o il genitore non sembra sfiorare la mente giovanile. Allo stesso tempo si dovrebbe tener presente che i dati dimostrano una percentuale sempre maggiore di ragazzi malati e una fetta non trascurabile con sintomatologia non lieve. In questo momento è necessario smontare il delirio di onnipotenza giovanile; il Covid difficilmente uccide un adolescente, ma ci sono delle conseguenze. Il numero di occupazione posti letto aumenta rapidamente e se le soglie dovessero crescere si metterebbe a rischio la possibilità di assistere altri pazienti non Covid. Il Paese si trova davanti ad una doppia sfida: da un lato gestire l’epidemia e
dall’altro garantire le cure per le altre patologie. È ripetitivo, ma le mascherine non vengono messe o tenute abbassate, si organizzano feste dove non esiste distanziamento sociale, manca l’attenzione nell’idea di dire non mi accade nulla. Nell’insieme non è da trascurare la sfida nel gestire l’incoscienza delle persone; il senso di responsabilità è uno strumento cruciale per riuscire a controllare la diffusione. La mancanza di senso di responsabilità giovanile sta risultando un problema per il Paese. Uno studio rivela che oltre il 70 per cento dei giovani ha una visione “gonfiata di sé” e non è in grado di mettersi nei panni degli altri e quindi, all’occorrenza, aiutarli. Sempre più concentrati su di sé, sempre meno attenti ai bisogni degli altri; è il ritratto delle nuove generazioni secondo Peter Gray psicologo del Boston College Usa. In tutte le guerre la storia insegna che sono i più deboli a rimetterci; il mondo giovanile è chiamato ad un bivio, può scegliere se andare da una parte o dall’altra, ma le conseguenze non mancheranno. È cronaca.
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Libri e Arte a Milano al tempo del Covid
di Sabrina Chababi
Bocca… una libreria con due secoli di vita Era il 1775 quando venne aperta, in Galleria Vittorio Emanuele II a Milano, la libreria Bocca. Quell’anno nasceva William Turner e in America scoppiava la guerra di Indipendenza. Sono passati oltre due secoli con rivoluzioni e guerre mondiali e la libreria ha continuato a crescere con la città, passando di proprietà dai Bocca ai Dumolard, ai Calabi, ai Mauri e dal 1979 alla famiglia Lodetti. Un viaggio nel tempo e nella cultura come ci racconta Giorgio Lodetti oggi presidente della libreria.
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io padre ha iniziato a lavorare con la famiglia Mauri come magazziniere, aveva quattro figli, ha continuato a studiare laureandosi in Scienze politiche. Quando nel 1978 i proprietari, che sono stati padrini del mio battesimo, decidono di ritirarsi, mio padre e mia madre grazie ad un semplice contratto di affitto cominciano a gestire lo spazio. Poco fa, alla presenza del sindaco Sala, abbiamo festeggiato i 40 anni di gestione. La libreria Bocca è nota perché è specializzata nella vendita di libri
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Ingresso libreria Bocca in Galleria V. Emanuele
d’arte, manoscritti, edizioni rare e altri libri, Cercate opere che abbiano comunque un interesse storico? Si certo, ovviamente da noi si può trovare tutto quello che riguarda il mondo storico e artistico specialmente di nicchia . Dagli anni ‘80 mio padre ha cominciato a focalizzarsi sui cataloghi e libri d’arte. In Italia non ci sono uguali alla libreria Bocca: Cataloghi illustrati, libri d’artista introvabili: Alighiero Boetti, Alberto Giacometti e Lucio Fontana e tanti altri sono presenti da noi.
Libri e Arte a Milano al tempo del Covid Già da parecchio tempo voi stampate l’agenda degli artisti, Questa agenda quando è apparsa la prima volta? Ed è successiva al “classico dei tre caratteri “? L’agenda degli artisti nasce nel 1990 grazie a mia madre e Amedeo Cocchi e un altro antiquario sostituendo la fallita Bocca editori. Abbiamo stampato cataloghi di anche 50 pagine. Una scoperta continua di arte e un premio inventato da me e consegnato dal compianto critico Philip D’Averio. Il classico dei tre caratteri nasce nel 1995 con l’almanacco e l’agenda dell’artista. Ricordo il classico dell’autore Alberto Casiraghi, edizioni Pulcino Elefante, Giovanni Spadolini in libreria , Giovanni Testori che era sempre presente ma che si tratteneva solo all’ingresso. Da quando ho 18 anni respiro, vivo e mangio arte. Giorgio Mondadori, Gianni Versace sono persone che frequentavo quotidianamente. Moltissimi artisti di chiara fama hanno svolto delle mostre personali nella sede della Bocca.
Lo spazio è limitato ma di molti artisti è sufficiente vedere un’ opera per avere un visione complessiva? Lo spazio per quanto piccolo è molto caratteristico. Ricordiamo però che lo spazio è solo una costruzione mentale. Abbiamo avuto tantissime valide idee scaturite dal dialogo fra amici entusiasti come: Pomodoro, l’editore Feltrinelli, Mario Raciti, Claudio Olivieri. La bellezza sta nel piccolo si cerca la cultura non lo spazio. A suo parere , passato questo terribile periodo a causa del Covid, si potrà tornare alla normalità? Personalmente attraverso i social e il canale della libreria Bocca sto lavorando e non mi fermo mai. Ho dato avvio alla Social TV della libreria dove abbiamo già raggiunto i 280 video. Molto attivo anche il nostro canale You tube. Torneremo al dialogo in presenza perché la cultura non si ferma. Moltissimi artisti di chiara fama a cominciare da Sergio Dangelo , Walter Valentini, Shuhei Mat-
suyama , Getulio Alviaini , Aldo Pancheri, hanno arricchito lo spazio ”Bocca”: qual’è il criterio di scelta? Io rispetto tutte le personalità e tutti gli artisti e i loro universi indipendentemente dal nome, la fama o la loro storia . Tutto per me è vissuto ed esperienza. Harold Rosenberg ha dichiarato che l’opera d’arte è formata in parte da materia e in parte di parola. In questi giorni, in cui si parla molto, sappiamo in realtà cos’è un’ opera d’arte o tutto può essere classificato arte ? Ormai al giorno d’oggi la società tramuta tutto in arte che sia poi astratta o figurativa il tempo deciderà quale sarà tramandata. L’importante è che si mantenga viva la conoscenza che permette di costruire un dialogo anche sulle opere di arte contemporanea. Personalmente ho quasi 200 opere che ho comprato come documenti di appartenenza al pensiero e linguaggio contemporaneo di ogni artista.
Da notare pavimento con quadri sotto vetro
Bocca Giorgio Lodetti e la sorella Monica
Maccheroni di Caterina Tosoni (Recuperi plastica)
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Tra passato e presente di Waimer Perinelli
Tre garofani per Mussolini Ci sono luoghi apparentemente normali in realtà appartenenti alla storia di un popolo e spesso a quella personale. È il caso del ristorante Ai Tre Garofani di via Mazzini a Trento, socio della strada del vino e dei sapori di Trento e Valsugana, chiuso dal quattro novembre scorso. Quella porta, per ora sbarrata, racchiude una parte importante della nostra storia.
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a parte della mia storia di quando, studente universitario, vi cenavo gustando piatti tipicamente trentini da trattoria. Fa parte della storia del socialismo trentino perché era all’inizio del 900 ritrovo dei rivoluzionari socialisti e sindacalisti della città. Qui arrivò il ventiseienne Benito Mussolini, socialista, e il locale entrò nella storia d’Italia. Era questa l’atmosfera che respiravo, quella del garofano della rivoluzione portoghese del 1974 e del garofano di Bettino Craxi : il garofano rosso del socialismo. Il colore che all’inizio del 900 era anche di Benito Mussolini il quale a Trento ed in questo locale dette un importante saggio di intelligenza, versatilità ed opportunismo. Era il febbraio del 1909 quando venne in città, con l’incarico di caporedattore del giornale “Il Popolo”, di Ce-
sare Battisti, stipendiato dalla Camera del Lavoro di cui era stato nominato segretario. Trento con il suo cattolicesimo disturbava il giovane Mussolini, pronto alla rissa ed alla polemica, cosa che fece egregiamente contro il giovane Alcide De Gasperi, direttore del giornale “Il Trentino” e avviato al Parlamento di Vienna. Il futuro Duce, dopo avere conseguito il diploma magistrale nel 1901 presso un collegio di religiosi, aveva maturato un forte sentimento anticlericale. Già nel 1904 aveva pubblicato un saggio dal titolo “Dio non esiste” nel quale veniva riassunta la tesi esposta a Ginevra in un contraddittorio con il sacerdote evangelista Alfredo Taglialatela. Questo sentimento era destinato a rafforzarsi e scatenarsi nel cattolicissimo Trentino. Proprio all’ Osteria Ai Tre Garofani diede una prova di ateismo in forma demagogica e plateale. Le cronache raccontano di una sera in cui, al termine di un lungo dibattito come sfida alla stampa cattolica e per replicare a chi, anche fra i socialisti, sosteneva la tesi dell’esistenza di Dio, egli salì sopra Cesare Battisti, discorso antimilitarista pubblicato su Il Popolo - 28 giugno 1912 un tavolo e pro-
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Benito Mussolini da giovane (da il Dolomiti)
vocò il Padre Eterno. “Io, disse, sostengo che non esiste, ma se così non fosse lo sfido a fulminarmi entro il tempo ragionevole di cinque minuti”. Davanti ai compagni ammutoliti estrasse l’orologio. Naturalmente non accadde nulla, fuori non c’era nemmeno un temporale, e l’azione un po’ fanfarona ebbe clamore e successo. A bocce ferme c’è chi sostiene che il tempo si era fermato e che quei cinque minuti sono tornati a contare nel 1945 quando il Duce, al termine di un conflitto devastante per l’Italia, venne fucilato a Dongo e il suo corpo esposto in piazzale Loreto. Altre e più serie furono negli otto mesi di permanenza a Trento, le sue azioni letterarie anticlericali. Pubblicò alcuni scritti e fra questi il suggestivo
Tra passato e presente romanzo “Claudia Particella l’amante del Cardinale” e “L’intervista alla santa di Susà”. Nel 1924 dopo il delitto del parlamentare socialista Giacomo Matteotti il direttore del settimanale “La Folla”, Paolo Valera si cimentò in una biografia di Mussolini. “ Io l’ho trovato a Trento, scrive, redattore capo del giornale “Il Popolo”. Non era un grande giornale . Faceva più della cronaca che della politica”. D’altra parte la critica politica dava fastidio all’amministrazione austriaca e Mussolini fu espulso dal territorio dell’ Impero anche a causa della sua attività giornalistica. A quanto pare lasciò nella nostra terra buona parte del suo sentimento anticlericale visto che nel 1929 fu lo statista capace di sottoscrivere i Patti Lateranensi con cui si sanciva la pace fra Regno d’Italia e Stato Pontificio.
Nel 1947 il ristorante fu acquistato e valorizzato dalla famiglia Linardi e nel Duemila Giovanna Linardi l’ ha ereditato dal padre e lanciato assieme al marito Niko. l’Antica Locanda “Ai Tre Garofoni” cresce fino a diventare un rinomato ristorante segnalato già dal 2004 con due forchette nella guida Michelin. Scrivono Ai 3 Garofani Antica Trattoria (da tastetrentino.it) sull’apposito sito alcuni clienti: “Serata tra potranno più realizzare. Troveranno amici in ottima compapresto un nuovo punto internaziognia ma anche con ottimo cibo !gestori nale di distribuzione alimentare. La professionali e simpaticissimi .....qualità città sarà pi povera: scoprirà di avere prezzo ottimo ! Cantina rifornita !! Ci perduto per sempre un nome ed un torneremo”. Un proposito che, causa patrimonio culturale e alimentare chiusura, ufficialmente per “motivi di storico. salute” ci dice la signora Linardi, non
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I DENART... E LA TRADIZIONE CONTINUA
PRENOTA PER TEMPO IL PRANZO DI NATALE! MENU COMPLETO DA ASPORTO PER IL PRANZO DI NATALE ANTIPASTO Salmone affumicato Gamberone intero con salsa cocktail Baccalà mantecato Capasanta gratinata al forno PRIMO Fagottino casereccio al salmone e spinacetto selvatico
SECONDO CARNE e SELVAGGINA e VERDURE Filetto di spigola al cartoccio con olive taggiasche, capperi e pomodorini BACCALÀ preparato nelle varie ricette regionali DESSERT STOCCAFISSO RAGNO bagnato in acqua naturale Tronchetto di Natale PIATTI DEGUSTAZIONE Euro 35,00 a persona PIATTI TRIS ALETTA INTERNA S Il 24 Dicembre siamo aperti con orario con A uato. N E C E Il 31 Dicembre dalle ore 8,30 alle ore 18tin PER PRANZO ,00
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Società oggi di Patrizia Rapposelli
IL POTERE DEI SOLDI
Party esclusivi scenari di un orrore Le innumerevoli fotografie di signorine che smontano da yacht e si tuffano nelle piscine dei potenti, che cosa insegnano alle loro coetanee? Che per contare nella vita bisogna alzarsi all’alba e conquistare gradualmente e a fatica un posto nella società o che è consigliabile farsi bastare una scorciatoia al successo?”
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i sono posta dei quesiti. Domando alla diciottenne d’oggi che vuole arrivare al successo mediatico cosa sarebbe disposta a fare. Cosa a rischiare. Quanto potrebbe essere attratta dal lusso che solo può essere immaginato da un comune mortale. La risposta è chiara a partire dai media stessi, dagli episodi di cronaca, dalla facilità con la quale le storie tendono a ripetersi. Feste, case da sogno, piscine con viste panoramiche mozzafiato, volti noti, agenzie per modelle emergenti, sono queste le opportunità che a molte giovani fanno alzare l’acquolina in bocca, ma il prezzo da pagare è alto e la strada verso il successo fatale. Un mondo esclusivo, la cui cerchia ristretta si allarga solo per conoscenza e soldi, è la giungla della movida privilegiata in cui tante ragazze si addentrano in cerca di affermazione. Basta un aggancio. Arriva l’invito a quel party esclusivo, scatta l’idea di poter prendere contatti con grandi nomi: il predatore ha adescato la preda. Tornano a far parlare di sé quei racconti di sesso, droga e prostituzione che silenziosi macchiano “l’Italia bene”; infatti la recente cronaca mette in risalto un altro festino dove i sogni di giovani ragazze si sono trasformati in incubi popolati da predatori. “La Terrazza del Sentimento” è l’ultimo luogo dove si è consumata la brutale violenza di
una diciottenne, la storia della piccola lolita a settembre a “Villa Inferno” nel bolognese e a “Villa Lolita” Ibiza nello scorso maggio. Questo ennesimo party ha smosso le acque di un universo nascosto: è il lato oscuro del lusso, del potere e dei soldi. Alla festa c’è la droga, due piatti a disposizione di tutti, in uno 2CB, conosciuta come la coca Rosa, e nell’altro “Calvin Klein”, chetamina mischiata alla cocaina; ci sono i nomi noti, il padrone di casa, il sensale e le piccole sprovvedute. La droga è una costante, così come la prostituzione; molte giovanissime sono consenzienti, altre paralizzate dall’ambiente facoltoso, attirate con l’inganno, la lusinga e un’opportunità di lavoro, diventano bambole di uno scenario d’orrore. Esistono filmati, immagini che testimoniano violenze ripetute e cruenti, segno di uno squallore sociale e idea che potere, denaro e prestigio non sono separati, ma insieme si rafforzano. Emerge una generazione costantemente fer-
ma al bivio tra l’accontentarsi di una vita ordinaria e il raccogliere la sfida di qualche avventura, sogno, speranza o miraggio, manca la responsabilità delle scelte prese. Nell’attualità i più giovani tendono a focalizzarsi su esempi negativi fabbricati dai media, sostenuti da una fragilità personale, e si sbranano per conquistare un mondo di illusione; l’immagine che va per la maggiore è un povero erotismo veicolato da apparati muscolari, vestiti microscopici, trucchi da viado e tacchi da passeggiatrice. La storia è questa. Forse l’attuale emergenza educativa sta diventando vuoto educativo.
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Serramenti (in pvc, legno/alluminio e alluminio), porte interne, portoncini d’ingresso (blindati e di sicurezza), porte da garage e basculanti (in metallo e legno) portoni ad ante e libro (in metallo e legno), sezionali (in metallo e legno), cancelli e recinzioni Tutti i prodotti e manufatti di VALSUGANA SERRAMENTI rientrano in quelli soggetti a deducibilità fiscale del 50% che può arrivare anche al 90% a seconda della specifica tipologia del prodotto.
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Uomo, società e ambiente di Chiara Paoli
Vaia, a due anni dalla tempesta La startup Vaia ha scelto l’altopiano di Pinè per piantare lo scorso 25 ottobre, 726 larici, tanti quanti i giorni passati da quel disastroso evento meteorologico e commemorando così il secondo anniversario della tempesta Vaia.
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a startup Vaia è nata per dare nuova vita a quella miriade di alberi abbattuti, da un’idea del giovane perginese Federico Stefani, insieme a Giuseppe Addamo e Paolo Milan e per questa loro impresa i tre fondatori sono stati recentemente inseriti da Forbes Italia nella classifica dei “100 Number One – L’Italia dei giovani leader del futuro”. L’idea di base è quella di piantare nelle zone colpite dalla tempesta un nuovo albero per ogni Vaia Cube venduto, entro la fine del 2021 si calcola di aver rinverdito i boschi del nord Italia con ben 50mila piante. Secondo Paolo Milan, “amplificare i suoni in modo naturale attraverso il legno è una metafora forte e concreta per risvegliare la coscienza collettiva. I recenti eventi climatici ci stanno dimostrando che dobbiamo necessariamente riconsiderare il nostro modo di produrre, e soprattutto il nostro modo di consumare, restituendo una giusta priorità all’ambiente e alla natura”. La startup VAIA vuole amplificare il grido di aiuto della natura affinché venga adottato quotidiaLOGO DI ART & WOOD namente, e da tutti, uno stile di vita sostenibile e rispettoso nei confronti Logo ART&WOOD delRegular pianeta. FONT: Fiker Futura &: Abadi MT Condensed Extra Bold Domenica 8 novembre, si è svolto Ellisse verde: Dry Brush 2. CMYK: 64, 0, 100, 0. online Day, per festeggiare il Ellisse arancione: Dry Brushil2.VAIA CMYK: 9, 64,100,1. Linee di contorno da adattare alla grandezza del logo stesso. primo anno di vita della startup e per parlare di ambiente, futuro, resilienza, economia circolare, design e innovazione. Logo in negativo. L’iniziativa, integrata all’interno del
progetto “Il pianeta che vorrei”, è stata realizzata in collaborazione con l’associazione H2O+, con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. L’evento avrebbe dovuto svolgersi presso il Teatro di Pergine e invece a causa dell’aggravarsi dell’emergenza sanitaria, è stato trasmesso in live streaming su Facebook. I tre co-fondatori della startup VAIA hanno incontrato online imprenditori, scienziati, designer e divulgatori scientifici per discutere dei temi cruciali dei nostri giorni, come l’economia circolare, per cui sono stati illustrati esempi concreti di sostenibilità d’impresa, indicando come si possa rendere più circolare e resiliente la nostra economia. Si è parlato poi di design e della resilienza della natura, il primo inteso come strumento per rendere più sostenibile il
nostro modo di progettare, costruire e produrre; la seconda, come opportunità e punto di forza in opposizione all’emergenza climatica. “Siamo contenti di aver festeggiato con la nostra community” spiega Federico Stefani “i 30.000 followers di Facebook e i 10.000 di Instagram sono la nostra vera forza e ricchezza, è la community a dare importanza a quanto abbiamo costruito in questo primo anno”. A conclusione della giornata Giuseppe Addamo cita Leonard Cohen: “C’è una crepa in ogni cosa. Ed è da lì che entra la luce”, così il VAIA Cube, con la sua spaccatura incisa sulla parte superiore si rivela simbolico, evidenziando una netta presa di posizione nei confronti della sostenibilità ambientale, che fa la differenza. VAIA nasce e si mostra al mondo intero come “suono della resilienza”.
Da usare su tutti gli sfondi colorati che non siano arancione e/o verde.
NB: da valutare SEMPRE se la resa diventa migliore nel caso in cui i cerchi vengano come sotto, quindi BIANCHI.
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Es: nel caso scegliessi uno sfondo viola, io lascerei i cerchi
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Società oggi di Laura Mansini
Il teatro al tempo del Covid Un tappeto gettato per strada, un mimo che danza, un uomo che racconta. Questa era nell’antichità una delle prime forme di Teatro.
“T
eatro” è un termine che si può applicare a qualsiasi manifestazione dove c’è una persona che agisce ed una o più persone che guardano. Va detto che questa parola “theàomai” (vedo) venne data dai Greci antichi alla Gradinata dalla quale si poteva osservare la rappresentazione drammatica. Poi nel tempo venne estesa a tutto l’edificio destinato alla rappresentazione; nell’antica Atene si diceva il Teatro di Dionisio, come oggi diciamo ad esempio il Teatro Sociale a Trento, il teatro De Sena di Feltre o La Fenice di Venezia. Questo termine nel tempo venne adottato per indicare qualunque forma di spettacolo. Le nostre riflessioni tuttavia si riferiscono, in quest’articolo, al teatro Classico, nel senso consueto del termine. Lo storico del teatro , Joseph Gregor (1888-1960), nella sua “ Weltgeschicht des Theaters” (storia mondiale del teatro), inserisce nel concetto di “Teatro”, tutti gli spettacoli, diversissimi
Paola Gassman e Ugo Pagliai Romeo e Giulietta (da Teatro.it)
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Il Teatro Olimpico di Vicenza (da Sipario)
per carattere, origini; dalle danze dei selvaggi, ai riti religiosi, dalle cerimonie popolari, alle parate militari, dalle pubbliche feste ai solenni funerali. In estrema sintesi il Teatro così come è stato inteso nel corso dei secoli fino ad ora potrebbe essere definito dunque come: “la comunione di un pubblico con uno spettacolo vivente “. Uno spettacolo fatto su un palcoscenico che vede gli attori agire ed una platea con degli spettatori. Fino ad ora. Ma in tempo di Corona Virus questa definizione ci potrebbe andare stretta, o meglio non può, momentaneamente essere applicata. Nei secoli scorsi vi era una stretta commistione fra le parole dette e lo spazio nel quale venivano dette. Ricordiamo il teatro greco con le sue tragedie, quello Romano molto più
allargato, era un’arena all’interno della quale vi potevano essere molteplici spettacoli, dalla lotta degli uomini contro le belve, alle lotte fra gladiatori, ecc. Più tardi si sentì l’esigenza di un Teatro più raccolto, abbiamo così dei piccoli teatri, veri gioielli come quello fatto costruire all’interno del palazzo dei Diamanti di Ferrara da Ludovico Ariosto nei primi anni del 1500. Nell’Italia del Rinascimento anche il teatro conosce una nuova fioritura, si formano compagnie di attori professionisti ed entra in scena la grande scoperta dei pittori italiani, la prospettiva. L’esempio più fulgido di questo secolo è il Teatro Olimpico di Vicenza, considerato uno dei più bei teatri del mondo con la sua scena fissa, ideato dal Palladio per la prima rappresentazione dell’ Edipo Re di
Società oggi Sofocle. Ma in quegli anni entrò in scena la scenografia pittorica che con la prospettiva ampliò lo spazio dando nuovi impulsi all’arte Teatrale. Teatro specchio dei tempi ed in grado di adattarsi alle nuove scoperte. Ricordo quando negli anni sessanta entrò con la radio e la televisione nelle nostre case, portandoci a conoscere attori e compagnie come quella di Cesco Baseggio, con le commedie venete di Goldoni, di Gallina etc, e poi la famiglia De Filippo, di Napoli e Gilberto Govi di Genova, per non parlare del teatro di Pirandello, rappresentatodalle grandi compagnie nazionali, su su fino a Giorgio Strehler e Luca Ronconi. Si diceva che i teatri avrebbero sofferto, invece fecero conoscere al grande pubblico un mondo riservato a pochi, mentre così tutti impararono a conoscere i grandi attori e si riversavano poi nei teatri per vedere dal
vivo il loro beniamini. Il teatro come educatore al nuovo. Ora abbiamo delle compagnie, dei teatri come il Centro Santa Chiara, il Veneto Teatro, il Teatro Stabile di Bolzano che propongono un nuovo tipo di spettacolo, creato soprattutto per far vivePaola Gassman, Vittorio Gassman e Ugo Pagliai (da Corriere.it) re le compagnie, non abbandonare i lavoratori dello spettacolo, le commedie in screaming, da guardare dell’opera di Shakespeare, un primo sul computer. E subito, come in tutte esperimento, molto interessante. Un le cose, si è aperta una forte discusmodo intelligente, a mio avviso, di sione sull’argomento, Acquistando entrare nel futuro, con la speranza di un biglietto al Santa Chiara di Trento tornare al nostro passato, magari faho avuto l’opportunità di godere cendo convivere le varie esperienze. con mio marito “Giulietta e Romeo” La cultura deve continuare a progetportata in scena da Paola Gassman tare, a vivere. Le persone a conoscersi ed Ugo Pagliai. Un riadattamento e confrontarsi: in presenza.
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Qui USA di Francesca Gottardi è nostra corrispondente Usa
Joe Biden è il 46esimo Presidente USA Il 7 novembre scorso, il candidato democratico Joe Biden viene ufficialmente dichiarato vincitore delle elezioni presidenziali statunitensi del 3 novembre. Biden si aggiudica 306 dei 270 grandi elettori necessari per diventare il 46esimo presidente americano. Sconfigge così il Presidente USA in carica, il repubblicano Donald J. Trump, che di grandi elettori ne ottiene 232. Biden conquista i cosiddetti Swing States, ovvero quegli “stati in bilico” che storicamente determinano l’esito delle elezioni USA, tra cui figurano Pennsylvania, Wisconsin, e Michigan. Biden vince anche stati di tradizione repubblicana, come l’Arizona e la Georgia. Dopo quattro anni di governo repubblicano, i democratici tornano alla Casa Bianca, con una lieve maggioranza alla camera, ed un esito incerto al senato. In gennaio, si terranno in Georgia i ballottaggi che determineranno a chi andrà la maggioranza al senato. Nelle settimane precedenti al voto, la situazione era percettibilmente tesa, il clima incerto.
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Le elezioni Le elezioni presidenziali del 2020 sono state molto sentite sia da parte dei democratici, che dei repubblicani. Ben 161 milioni di americani si sono recati alle urne (67% dell’elettorato), stabilendo un primato in un Paese dove l’affluenza elettorale è storicamente piuttosto bassa e raramente supera il 55%. In ascesa il numero di donne afroamericane (tendenzialmente democratiche) che si sono presentate alle urne. Si pensa che la presenza sul ticket presidenziale di Kamala Harris, candidata vicepresidente di origine indiane e giamaicane, abbia incoraggiato un gran numero di donne di colore a votare. Biden ha battuto due
Joe Biden - Presidente Eletto USA
Qui USA ulteriori record. È il più anziano presidente-eletto della storia USA. È anche il candidato che ha ricevuto più voti in assoluto, ben 80 milioni, aggiudicandosi così sia il voto popolare, che il collegio elettorale. Il rivale Trump ha invece ottenuto un totale di 74 milioni di voti a suo favore. Un numero elevatissimo, se si considera che prima di Biden il candidato a ricevere più voti nella storia USA è stato Obama nel 2008, che guadagnò oltre 69 milioni voti. Il collegio elettorale (vedi inciso) si riunirà a Washington DC il 14 dicembre prossimo per scegliere ufficialmente il nuovo presidente e vicepresidente. L’investitura del presidente-eletto Joe Biden e della vicepresidente-eletta Kamal Harris si terrà il 20 gennaio 2020. Clima post-elettorale e controversie In vari stati Biden ha vinto con un lieve vantaggio. Basti pensare che nello stato della Georgia Biden ha prevalso su Trump con un margine di appena 13.000 voti ed in Arizona con un margine di 10.000 voti. Dalle elezioni USA è emerso un Paese diviso e polarizzato e sarà certamente una grande sfida per il duo Biden/Harris riportare un senso di unità e riconciliazione nei
prossimi quattro anni. Il popolo americano ha votato contro l’amministrazione Trump e l’élite nazionalista bianca (prevalentemente al maschile) che Trump rappresenta, in una rivoluzione al femminile capitanata dalla popolazione afroamericana. Nei giorni successivi alle elezioni si sono levate grandi grida di protesta da varie città degli Stati Donald Trump Uniti a supporto del Presidente in carica Trump e del fatto che queste elezioni siano state “rubate” dai democratici. Intanto, a quasi un mese dalle elezioni Donald Trump e molti repubblicani non hanno ancora accettato la sconfitta e concesso la presidenza al Presidente-eletto Biden. Trump ha iniziato una battaglia legale dichiarando che
queste elezioni sono state oggetto di una frode elettorale, e che per questo il loro esito non sia legittimo. Mentre le cause legali avanzano, il futuro della presidenza USA appare come un grande punto di domanda. Ma una cosa è certa: gli americani hanno democraticamente votato per il loro 46esimo presidente.
Il curioso sistema dei grandi elettori in USA Secondo il sistema elettorale statunitense, i cittadini – anche se esprimono una preferenza per l’uno o l’altro candidato - non votano direttamente per il presidente, ma per i 538 grandi elettori che compongono il collegio elettorale. Ogni Stato ha diritto ad una determinata quantità di grandi elettori in proporzione alla sua popolazione, numero mai inferiore a 3. Per esempio, la California sceglie 55 grandi elettori, New York 29, il Vermont 3 e così via. Il candidato che vince in uno Stato, anche se con pochissimo vantaggio, si aggiudica tutti i grandi elettori, secondo la formula “chi vince, vince tutto”. Gli Stati Americani del Nebraska e del Maine fanno eccezione, avendo un sistema proporzionale di nomina degli elettori. Questo può portare al risultato paradossale che un candidato che vinca in pochi Stati chiave, con poco vantaggio sull’avversario, possa diventare presidente anche se il rivale vince meno Stati chiave, ma con un ampio margine e quindi con un numero di voti complessivo superiore. Il collegio elettorale è poi incaricato di scegliere il presidente ed il vicepresidente il lunedì dopo il secondo martedì di dicembre (in questo caso, il 14 dicembre prossimo). I grandi elettori sono in teoria liberi di scegliere chi vogliono, ma di fatto votano per il candidato supportato dal voto popolare. A spoglio terminato viene ufficialmente dichiarato il duo vincitore, e la loro investitura a presidente e vicepresidente avviene il 20 gennaio successivo.
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Qui USA
Kamala Harris prima vicepresidente donna nella storia USA
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l 7 novembre scorso, quattro giorni dopo il voto, Kamala Harris è ufficialmente diventata la prima vicepresidente donna degli Stati Uniti. Non solo, Harris è anche la prima donna di colore a coprire la prestigiosa carica. Figlia di immigrati, il padre di origini giamaicane e la madre di origini indiane, Harris ha infranto numerose barriere nel corso della sua carriera. È stata infatti la prima procuratrice distrettuale di San Francisco, e poi della California. È stata inoltre la prima donna di origini indiane ad essere eletta al senato e ora la prima donna ad essere eletta vicepresidente degli Stati Uniti. Per questo, Kamala Harris è da molti considerata simbolo di cambiamento. Si prospetta che la Harris ricopra’ un ruolo centrale nella presidenza Biden dei prossimi quattro anni. Il duo Biden/Harris dovrà affrontare problemi che sono stati esasperati durante la
presidenza Trump, dal razzismo alle disuguaglianze sociali. Ma con una vicepresidente di colore si pensa che vi sia maggiore facilità nell’entrare in contatto con la popolazione afroamericana, non sempre incline a relazionarsi col governo federale alla luce del passato di segregazione razziale del Paese. Come si crede che si posizionerà la futura vicepresidente a livello politico? La Harris sostiene la lotta contro il razzismo strutturale, ed è a favore di un’economia “verde” tesa a limitare le attività ed il potere delle compagnie petrolifere. Pare sia però legata all’ala conservatrice del partito democratico in riferimento ai legami tra USA e Israele. In quanto a sanità, la Harris è a favore di una politica tesa a garantire maggior accesso alla sanità pubblica, ed ha più volte denunciato come la pandemia COVID-19 abbia colpito in modo sproporzionato la popolazione afroamerica-
Kamala Harris - Prima donna Vicepresidente USA
na e ispanica. In termini di immigrazione, la futura vicepresidente si è detta a favore di porre fine alla guerra contro gli immigrati iniziata da Trump, anche se finora non si sono sentite delle proposte concrete da parte sua. Indipendentemente da come si allineerà a livello politico, la vicepresidenza di Harris è un evento storico. Kamala Harris sarà d’ispirazione per le generazioni femminili presenti e future. (F. G.)
USA: Elezioni presidenziali e curiosità Ecco alcune curiosità e peculiarità delle elezioni USA. Se in Italia le elezioni si svolgono in una sola giornata, negli USA si comincia a votare già a un mese dalle elezioni. Si tratta del cosiddetto voto anticipato (di persona o via posta), pensato per dare l’opportunità al maggior numero possibile di cittadini di esprimere la loro preferenza. In Italia si vota principalmente di persona, fatta eccezione per gli italiani all’estero. Negli USA si può votare in anticipo via posta, soprattutto ai tempi del COVID-19. Il voto per corrispondenza ha dato luogo a controversie. Si teme una frode elettorale, l’arrivo in ritardo delle schede (vanificandone il conteggio) e che un gran numero di voti venga perduto. Altra peculiarità USA è che nel periodo precedente alle elezioni i due candidati, e relativi vicepresidenti, si sfidano in dibattiti che lasciano poco spazio al “politically correct.” Quest’anno i dibattiti sono stati caratterizzati da un Trump che faticava a rispettare il proprio turno per parlare, ed un Biden che non pareva aver sempre la risposta pronta. A dare spettacolo durante il dibattito vice-presidenziale è stata una mosca che è rimasta in primo piano sulla testa bianca del vicepresidente Mike Pence per diversi minuti. Gli Stati Uniti valorizzano molto la libertà d’espressione, talvolta portandola agli estremi. Nel periodo precedente alle elezioni sono fioriti spot pubblicitari molto taglienti sui candidati, che lascerebbero un pubblico europeo basito. Le elezioni presidenziali in USA si tengono ogni 4 anni, il primo martedì di novembre. La partecipazione elettorale in USA è piuttosto bassa, con un’affluenza media del 54%. In Italia, l’affluenza alle politiche del 2018 è stata del 73%. Quest’anno però è stato da record. Ben 90 milioni di persone (38% dei votanti) hanno espresso la loro preferenza prima del 3 novembre. Un totale di 161 milioni di persone ha votato (66.8%), stabilendo un vero e proprio record nella storia USA. Favorito dai sondaggi era il candidato democratico Joe Biden, ma dopo l’inaspettata sconfitta di Hillary Clinton nel 2016 in molti non si fidavano dei sondaggi. Chissà che la vittoria di Biden possa aiutare a ristabilirne la reputazione. (F. G.)
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Satira, danza e sensualità di Waimer Perinelli
Burlesque
Un gioco sensuale
Satira, danza, e ammiccante sensualità sono i tre ingredienti fondamentali del Burlesque il genere teatrale che sta tornando di moda. Ma non è uno sfizio passeggero; è un viaggio nel mondo della donna e nei desideri dell’uomo.
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a scuola di burlesque era in un capannone artigianale. L’esterno anonimo, un po’ appassito. Leggermente in ombra, fra altre targhe, c’era quella con la scritta Sartoria Teatrale Chiara Defant, l’ ideatrice del corso per aspiranti seduttrici. Il burlesque è infatti un gioco di seduzione, con agguati per gli occhi e per la mente, un invito espresso con la voce, l’abito, il canto, il corpo. Spesso l’offrirsi e il ritirarsi, l’invogliare ed il respingere. Sempre guardare ma non toccare. Ne ha fatta di strada quella ragazza. L’ho conosciuta poco più che ventenne, quando, con il fresco diploma dell’Accademia Belle Arti di Bologna, si era presentata, all’inizio degli anni 80, al Teatro Stabile di Bolzano diretto dal giovane Marco Bernardi. Aveva fatto la gavetta e quando nel 1992 ho lasciato il mio incarico giornalistico, lei aveva maturato un’ utile esperienza creativa con cui qui, nel capannone trasformato in sartoria con sala prove ed uffici, offre un corso professionistico di affascinazione. Per comprendere meglio cos’è il burlesque rivediamo le immagini del Festival di Sanremo 2010 dove la bella Dita Von Teese, interprete mondiale, cabarettista, molto svestita, sdraiata in un bicchiere colmo di Martini, offriva a milioni di spettatori la sua malia. Il burlesque è
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uno spettacolo teatrale, un’arte antica che affonda le radici nell’Inghilterra del XIV secolo, quando vennero rappresentati alcuni episodi dei celebri e osceni Racconti di Canterbury. Prove di spettacolo dissacrante, trasformate nel tempo in satira e parodia della società. La sua principale caratteristica, cresciuta nei secoli, è però l’ironia a volte colta, altre quasi volgare; uno spettacolo ricco di contaminazioni, capace di unire vari generi. Con il tempo lo spettacolo ha smesso la sua funzione di critica letteraria parodistica e satirica, per divenire una forma di passatempo leggero, simile alla burletta, una provocazione costante, irriverente di sensuale licenziosità con numeri, da avanspettacolo, ai quali partecipano donne affascinanti, ballerine in costume più o meno succinto, veri e propri numeri di spogliarello. Pensate sia frequentato da un pubblico di uomini guardoni e invece dice Chiara Defant “È uno spettacolo interpretato da donne che piace soprattutto alle donne”. Nel 2013 Chiara ha chiamato a svolgere un corso Barbara Meda, in arte Peggy Sue, la regina italiana di questo genere teatrale. “ La mia è una lezione di femminilità, aperta a tutte le donne, disse, in quella occasione, Peggy Sue, una dimostrazione di uso dell’ironia, di conoscenza del proprio corpo e dell’e-
spressività quale strumento di attrazione”. Senza disdegnare gli oggetti. “ Una sedia per esempio; imparare come sedersi, stare sedute, bere con ammiccante sensualità, o ancora servirsi di un abbigliamento comodo, leggins e top, oppure gonna e camicetta, scarpa decolté con tacco alto minimo 10 centimetri, infilare o sfilare un guanto con movimenti appropriati.” Piccoli gesti naturali in tante seduttrici, o frutto di studi accurati, come quelli, lo ricordate, di Marlene Dietrich nel film “L’Angelo Azzurro”. “Sedurre è una vera e propria arte, che va nutrita con il sentimento, le nostre Peggy Sue
Satira, danza e sensualità emozioni, la nostra personalità, disse Peggy, ogni donna possiede l’innata arte seduttiva deve solo scoprirla, rivelarla a se stessa ed accettarla.” Il burlesque, vissuto con questo spirito, è anche e soprattutto un gioco, la ricerca della propria sensualità, la liberazione da tanti tabù e strumentali oppressioni. “Il Burlesque, dice Chiara Defant, ha sempre portato le donne, di ogni misura e forma, a guardarsi con occhi diversi, a prendersi con più ironia e di conseguenza ad avere una maggiore stima di sé”. È un genere teatrale interpretato da grandi professionisti: da Leopoldo Fregoli ed Ettore Petrolini, Gigi Proietti, Paolo Villaggio nelle parti comiche e bellissime donne che recitano e ballano avvolte da luci e lustrini. Don-
Peggy Sue in una sena di burlesque
ne oggetto del desiderio ma capaci, attraverso lo spettacolo, di essere padrone di se stesse. Uno spettacolo spesso paradossalmente ambiguo dove le donne volutamente carica-
no il trucco ed i gesti fino a sembrare uomini travestiti che recitano le donne. Donne che fanno ridere e sono i maschi ad essere derisi.
CHIARA DEFANT SARTA Chiara Defant, 63 anni è una sarta per scelta, con la vocazione del teatro. “ Superati i sessant’anni è normale pensare di essere stagionate. In realtà mi sento una ragazzina, dice, e il mondo vivace, brillante del palcoscenico è una specie di fontana della giovinezza”. Ricordo quando sei venuta allo Stabile di Bolzano, sembravi un pesciolino. Due grandi brillanti , curiosi occhi. “Si, di anni ne avevo solo ventitre e un diploma d Accademia ancora fresco d’inchiostro in tasca. Nel teatro sono stata catapultata e mi ha conquistata con il gioco dell’essere e dell’aprire” Essere “Altri” accade anche nel burlesque? Chiara Defant (a destra) con Peggy Sue (a sinistra) “Il teatro è un gioco delle parti, il burlesque aiuta a trovare la parte principale. Dell’esperienza fatta con questo genere teatrale ricordo le donne che si avvicinavano ai corsi con timore e timidezza, poi si abbandonavano al gioco, senza pensare a qualche eccesso di forma che in altre situazioni sarebbe sembrato insopportabile. Con il burlesque faceva infine parte della seduzione”. Perché hai lasciato? “ Ho dovuto abbandonare perché non ho un clone, sono sola, e la passione che ho nel fare le cose è difficile da condividere, purtroppo non avendo trovato un valido aiuto il mio sogno si è concluso. Come sarta alla moda continui a lavorare. “La mia creatività si incrocia con il mondo della moda per motivi storici e attuali. A volte la sartoria è fonte di ispirazione e stravolgimento dell’ interpretazione dell’ abito, elemento in questo periodo sociale poco femminile, ma anche poco maschile.” Burlesque addio per sempre? “Mai dire mai. Mai come oggi forse ce n’è bisogno. Viviamo tempi dove la donna è concentrata nel seguire schemi impostai da influencer ,e ti confesso che riprenderei ancora oggi, per far capire alle donne che si può essere manager, medico, insegnante senza essere volgare nel sedurre.
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In ricordo di... di Katia Cont
Addio Maestro! “Dalla crisi non si esce con l’odio, la rabbia: quelle sono solo le conseguenze. La soluzione, invece, è l’amore, e il far tornare di moda le persone per bene.” Gigi Proietti
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egista, cantante, doppiatore ma ancora di più attore di teatro, cinema e televisione. Un mentore per tutti quelli che da lui hanno imparato a fare il mestiere del teatro. Gigi Proietti ci ha lasciato il 2 novembre scorso, nel giorno del suo ottantesimo compleanno. Un poliedrico uomo di spettacolo, con una cultura sconfinata, capace di immobilizzare davanti ad un palcoscenico un pubblico di tutte le età. Le nuove generazioni rischiano di conoscerlo sopratutto per essere stato il protagonista delle cinque stagioni della serie televisiva “Il maresciallo Rocca”, ma Proietti è stato uno dei più grandi attori di teatro italiano, oltre che attore per il cinema, per la televisione e per la radio; ma è stato anche comico, regista, cantante, doppiatore e insegnante. Celebre per le sue qualità affabulatorie e trasformistiche, esordì nel 1963 nello spettacolo teatrale di cabaret, “Can Can degli italiani”, per poi interpretare ininterrottamente numerosi spettacoli teatrali che ebbero un enorme successo di
Il Presidente della Repubblica Mattarella con Gigi Proietti (da Il Quirinale)
pubblico. Al cinema è diventato celebre nel 1976 per il ruolo dell’incorreggibile scommettitore Mandrake nel film “Febbre da cavallo” di Steno. Numerose sono anche le sue partecipazioni in film di rilievo artistico, diretto da registi come Brass, Damiani, Monicelli, Petri, Lattuada, Avati, e molti Gigi Proietti (da Biografieonline) altri. Nel corso della sua carriera Proietti si è cimentato con sucil teatro, e al quale fecero seguito cesso anche nel doppiaggio, dove numerosissime repliche sui palchi dei ha prestato la voce a celebri divi del più importanti teatri italiani, con un grande schermo; sua è ad esempio grande successo di pubblico. la voce di Sylvester Stallone nel Nel 1978 istituì al Brancaccino, una primo capitolo della saga di “Rocky”. sala prove del Teatro Brancaccio, il Tuttavia, è nel teatro che Proietti ha Laboratorio di Esercitazioni Sceniregalato il meglio di sé. Come attore che per i giovani attori. Nata come ha recitato in numerosi spettacoli associazione culturale, il Laboratorio di autori quali Shakespeare, Molière, divenne la migliore scuola di recitaBrecht, e di registi di alto livello come zione, sfornando più attori di sucCarmelo Bene. Come autore e regista cesso di qualunque altra. Da lì infatti ha esordito nel 1976 nello spettauscirono, per fare qualche nome, colo che lo vedeva come interprete Gianfranco Jannuzzo, Chiara Noscheistrionico in “A me gli occhi, please”, se, Giorgio Tirabassi, Gabriele Cirilli, dove l’artista, senza trama, portava sul Enrico Brignano, Flavio Insinna. palco, tra follia, poesia, ironia e contaAl Globe Theatre, il teatro elisabetminazioni teatrali d’avanguardia, una tiano che creò e guidò per 17 anni delirante serie di personaggi, che da e che ora porterà il suo nome, si è Petrolini a Shakespeare attravercelebrata l’ultima entrata in scena di savano tutto il suo repertorio, proProietti, accompagnata da applausi, ponendo un modello di teatro-graricordi, lacrime e tanti grazie pieni di fia che avrebbe poi segnato uno infinita riconoscenza, espressa dai spartiacque nel modo di intendere tantissimi amici e colleghi presenti.
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Elezioni USA di Francesco Zadra
Terzi incomodi a stelle e strisce Nelle ultime settimane l’attenzione dei notiziari di tutto il mondo è stata ossessivamente rivolta a due uomini: Donald J. Trump e Joseph R. Biden. Dei 2 candidati Repubblicani e Democratici i solerti cronisti hanno scandagliato ogni zona d’ombra e dissezionato accuratamente la vita privata, ai limiti dello stalking, per raccontarci i voti scolastici di zio Donald e di quanto “sleepy Joe” ami il vitello tonnato. Tutte informazioni di vitale importanza per capire l’assetto geopolitico dei prossimi quattro anni, intendiamoci, ma cosa sappiamo degli altri candidati? Certo, perché oltre ai “due gondolieri” con cui i professionisti dell’informazione ci hanno fracassato i cabbasisi a reti unificate, il panorama politico americano presenta anche altre forme di vita (più o meno) intelligenti. Vediamole insieme. Dopo aver perso l’occasione d’oro nel 2016 con Gary Johnson, balzato all’onore delle cronache per l’infelice gaffe “What is Aleppo?” (“che cos’è Aleppo?” n.d.A.) in risposta ad un quesito sulla crisi siriana, il Libertarian Party ci riprova con Jo Jorgensen. Le loro parole d’ordine? Libertà, libertà e ancora libertà. Si caratterizzano infatti per essere estremamente liberisti in campo economico e liberali “ad nauseam” in quello etico-valoriale. La crisi pandemica sembra però aver rubato parecchi consensi a questa formazione politica, la loro proposta era infatti di impedire qualsiasi intervento statale anche in campo sanitario per dare massima libertà a individui e imprese, affidandosi nella lotta al covid alla distribuzione di vaccini a domici-
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lio per mano di Amazon e FedEX. È l’America, bellezza! Non è certo sfuggita ai più arguti la presenza di un partito d’ispirazione marxista-leninista, il PSL, cosa che fino a qualche decennio fa, in pieno Maccartismo, sarebbe stata pura utopia. Loro malgrado vengono snobbati proprio dalle minoranze che pretendono di rappresentare: i latinos, cubani in primis, esuli dal regime castrista, si guardano ben dal votare partiti socialisteggianti, preferendo candidati moderati o “The Donald”. I Verdi, che contavano su un possibile “effetto Greta”, si sono visti travasare migliaia di voti in favore dei Dem, complice anche la crescita dell’ala “sinistra” del partito di Biden, rappresentata da Sanders, Harris e Ocasio-Cortez, che ha fatto del “Green New Deal” il proprio leitmotiv elettorale. Niente da fare quindi per il candidato presidente ecologista Howie Hawkins. Degno di nota è sicuramente il Solidarity Party, che all’Elefante repubblicano e all’Asino democratico contrappone il Pellicano Solidarista, arricchendo così il bestiario politico d’oltreoceano. Di ispirazione centrista, i solidaristi di Brian Carroll rimandano alla CDU tedesca e DC tricolore, proponendo un programma spostato a (centro)sinistra per quanto riguarda la “giustizia sociale”, il razzismo e l’annoso affaire della sanità pubblica. Ma con un occhio a (centro)destra in merito ai “valori non negoziabili”: difesa della Vita in ogni fase del suo sviluppo (“dal concepimento al suo naturale tramonto” direbbe Bergoglio), sostegno a famiglia e natalità e,
per terminare la mise en place: libertà educativa. Cioè maggiore possibilità (tramite sussidi et similia) per le famiglie di scegliere quali scuole, statali e private, far frequentare ai propri pargoli. La ricetta economica di Carroll, seppur di confessione protestante, sembra ricalcare i principi contenuti nella Rerum Novarum di papa Leone XIII, nella dottrina sociale cattolica e nelle teorie espresse da G.K.Chesterton, geniale e poliedrico scrittore anglosassone, nel suo “Distributismo”. Ma che fine ha fatto la tanto sbandierata candidatura del rapper Kanye West, con il suo Birthday Party? Beh sembra che l’ex Trumpiano di ferro tentando da indipendente la corsa alla White House si sia reso conto di avere più followers che elettori. A chiudere questa carrellata di aspiranti POTUS (president of the US) in miniatura, troviamo il Proibitionist Party, retaggio della crociata antietilica degli anni ‘20, e il Costitution Party che si erge a baluardo di una interpretazione il più possibile “originalista” e fedele della Costituzione statunitense. Nessuno tocchi, quindi, il “diritto alle armi”. Tuttavia il sistema elettorale americano, che proclama vincitore chi riesce a comporre un fortunato puzzle di “stati chiave”, sembra continuare a sorridere al caro vecchio bipolarismo “GOP vs Dem”. Insomma, anche stavolta negli States “tertium non datur”.
In controluce di Sabrina Chababi
O’ sol levante mio’ sta ‘infront a te Ho cominciato questa pandemia con la decisione di non tagliarmi i capelli perché così mi sarei ricordata tutto quello che ora è consentito o proibito fare. Inoltre fin da bambina il taglio ha sempre significato un “cambiamento” e al momento non vorrei cambiare questo disastro di situazione per qualcosa di ancor peggiore. Si, sono fatalista o superstiziosa un po’ come i Cinesi. Ed è proprio di loro che voglio parlare in questo articolo.
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iamo a Milano nella prima cerchia della città. Palazzi storici e abitanti della Milano bene che guidano macchinoni lussuosi e tate asiatiche per i bambini. E poi ci sono, loro i piccoli imprenditori milanesi, sia italiani che stranieri, che con pochi metri quadri vendono quello che è necessario a casa o per la nostra persona. E oggi, che mi sento vanitosa, vado a trovare Francesca una signora cinese che ha un efficientissimo ed economico parrucchiere nella zona “degli artisti” dove tutte le vie sono dedicate a pittori o scultori. Il negozio è modesto e con poche sedute. Appena entro Francesca mi igienizza mani e scarpe e mi fa aspettare 10 minuti finché non ha sanificato intensamente la postazione. Il locale oggi è vuoto, la pandemia colpisce la loro attività. L’arredamento ricorda l’orgoglio cinese: richiami e massime alle pareti; su di un tavolino il tradizionale gatto che saluta. Francesca è silenziosa e come ogni cinese mi ricorda che il lavoro è la loro prima regola di vita da quando nascono fino a quando muoiono. Mi dice anche che lei non andrebbe mai dal parrucchiere perché è uno spreco di soldi e che loro vivono per risparmiare, per aprire le loro attività o prestare soldi ai familiari e connazionali. Una sorta di banca cinese garantita dall’etnia. Francesca ha vissuto il so-
gno cinese. Ventisei anni fa è venuta in Italia dalla Cina a raggiungere la sorella maggiore per aprire un’attività. Lei già sognava l’Italia, il cibo, la musica e le città d’arte anche se non ne conosceva nemmeno il nome. Era una ragazza che voleva evadere da un sistema rigoroso, forse oppressivo. Lei è gentile con me ma ha lo sguardo duro, penso sia dovuto all’ambiente in cui ha vissuto.
“Ci sono soltanto due uomini perfetti: uno è morto e l’altro non è mai nato.” Sono in 4 in famiglia e cercano di mandare avanti un negozio che al massimo gli fattura 30 euro al giorno. Mi elenca l’affitto, i prodotti, le tasse ecc.., mi dice che lei e la famiglia, come in ogni famiglia cinese, non percepisce stipendio ma tutto va in una cassa comune per il futuro. Futuro, parola che a Francesca non ha mai fatto paura essendo nata in uno
Stato dove se volevi qualcosa non esisteva il “comprarla” ma dovevi crearla con le tue mani e i propri mezzi. Francesca non si sente responsabile di aver portato il COVID-19 in Italia perché secondo lei sarebbe potuto partire da ovunque. Lei però si sente orgogliosa di come il suo Stato ora sia il più sicuro al mondo per la lotta contro la pandemia. É felice del suo governo e di come velocemente e senza mezzi termini abbia segregato un “continente” come la Cina di 1,405 milioni di abitanti in zone che noi chiamiamo rosse e che loro già dalla primavera avevano diviso. Ci sono i controlli di tamponi a “sorpresa” fatti per aree o comuni dove se solo uno è contagiato nessuno può nemmeno varcare la porta del palazzo. Ora la Cina ha ripreso totalmente la vita: la bella vita dice Francesca. Lavorano, escono, si riuniscono in locali e discoteche funzionanti e colme, senza paura di contagi. Il sistema politico dopo questa pandemia ha deciso di eliminare le tasse per i piccoli imprenditori permettendo loro di pagare solo affitti e consumi. Francesca vuoi tornare in Cina? “Si, e lo dice per la prima volta sorridendo, perché lì so che anche se guadagnerò poco sarò tutelata e so che avrei uno Stato che non ha paura di niente, neanche del Covid”.
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In ricordo di... di Katia Cont
Sean Connery
Una leggenda del cinema
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novant’anni se n’è andato Sean Connery. Il cinema ha perso uno dei suoi miti, il primo e indimenticabile James Bond. Ma Sean Connery non è stato solo lo strepitoso agente segreto ideato da Ian Fleming: è stato molto di più, come dimostrò quando si cimentò nel capolavoro tratto dal romanzo di Umberto Eco, Il nome della rosa, e nei film che gli valsero un Premio Oscar, tre Golden Globes e due Bafta, uno fra tutti, Gli intoccabili. Nato in Scozia da padre camionista e madre cameriera, si è sempre battuto per la libertà e l’indipendenza della sua terra. Grande filantropo, ha devoluto parte dei suoi guadagni ad opere di beneficenza (come è accaduto per Robin Hood – Il principe dei ladri). Un impatto sul pubblico che ha permesso a Sean Connery di recitare in oltre 70 pellicole, destreggiandosi tra generi che, seppur diversissimi tra di loro, hanno sempre avuto un unico filo conduttore, quello cioè di fare dell’attore un modello di riferimento,
in cui fascino, carisma, intelligenza e sensualità davano vita a un concetto di uomo che non ha mai avuto pari. Un crescendo di interpretazioni maschili diverse tra di loro, ma tutte ugualmente capaci di sorprendere e di mantenere inalterato il fascino di un uomo che sapeva invecchiare con orgoglio e non perdeva il piacere di divertirsi anche sul grande schermo. Lo dimostrarono Highlander (1986) prima e Indiana Jones e l’ultima crociata di Steven Spielberg poi, passando per Caccia a Ottobre Rosso, Il Primo Cavaliere (1994) ed Entrapment (1999). Il ruolo del solitario e ipocondriaco anziano scrittore in Scoprendo Forrester di Gus Van Sant (2000), intimista e introspettivo, fu una delle sue ultime interpretazioni sullo schermo. L’attore, infatti, non si riconosceva più nel cinema contemporaneo, che aveva definito con termini dispregiativi, e decise quindi di trasferirsi alle Bahamas per dedicarsi alla seconda moglie, la pittrice Micheline Roquebrune, che aveva sposato nel 1975 dopo la fine del suo matrimonio lampo con l’attrice australiana Diane Cilento, dalla quale aveva avuto il figlio Jason. Nominato cavaliere dalla regina Elisabetta II all’Holyrood Palace nel 2000, da allora per il mondo intero divenne “Sir Connery”. È morto il 31 ottobre all’età di 90 anni, ma era malato da tempo, come raccontato dai famigliari, «se ne è andato come Sean Connery nei panni di James Bond voleva, nel sonno, senza
Sean Connery (da The National)
troppo trambusto». Sean Connery ha incarnato un modello assoluto di attore, ha fatto suoi il grande schermo e il palcoscenico con uno charme e una classe imparagonabili. Ruolo dopo ruolo ha interpretato personaggi di tutto rispetto senza mai una caduta di stile. Una carriera talmente perfetta, frutto di tanta gavetta e umiltà, che lo ha reso un simbolo della settima arte dentro e fuori dallo schermo. L’immagine iconica di Connery con la sigaretta in bocca, in Agente 007 – Licenza di uccidere -, è ancor’oggi impressa nell’immaginario collettivo. Un sorriso pronunciato con ostentata sicurezza, che lo ha contraddistinto anche in età avanzata rendendolo uno degli uomini più affascinanti di Hollywood.
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Per un domani migliore di Marco Nicolò Perinelli
La scuola di Tenna: la qualità premia Investire sulla scuola significa investire sul futuro del nostro pianeta: i bambini di oggi sono gli adulti di domani e dalla loro capacità di comprendere il mondo dipendono le scelte che faranno. Per questo una società che vuole crescere deve dare loro le migliori opportunità e puntare all’eccellenza a partire dalla scuola primaria. Una mission che da anni viene portata avanti a Tenna, dove il piccolo ma curato plesso scolastico si pone l’obiettivo di mettere in campo progetti innovativi, grazie alla volontà e alla disponibilità del corpo insegnante, coordinato dalla maestra Norma Motter e supportato dal Dirigente prof. Ezio Montibeller.
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ostante aggiornamento, attenzione ai singoli studenti ma soprattutto voglia di proporre un programma che possa implementare le opportunità per il domani. “I piccoli numeri degli alunni iscritti” – spiegano le maestre Luciana Valentini e Giovanna Casagrande, favoriscono un legame molto stretto tra studio e ambiente circostante, che rendono la nostra scuola quell’ “aula aperta” al territorio di cui parlano le Nuove Indicazioni. Grazie a queste condizioni favorevoli, aggiungono, essa può essere considerata un ambiente di apprendimento all’avanguardia, in continuità col territorio, dove si impara facendo, dove gli
alunni più grandi aiutano i più piccoli, con possibilità di recupero e di potenziamento, dove è naturale apprendere per compiti autentici e gli alunni si sentono protagonisti”. E proprio per questo il corpo docente ha deciso di puntare sull’introduzione dell’insegnamento in lingua inglese, utilizzando la metodologia CLIL sin dalla prima elementare per nove ore a settimana: “Il Piano di studi proposto garantisce il rispetto dei vincoli definiti a livello provinciale, dicono Valentini e Casagrande, vista la quantità di ore di insegnamento in inglese, ci attendiamo che i nostri alunni sviluppino una competenza plurilingue per esercitare una piena
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Per un domani migliore cittadinanza in una società che sta diventando multiculturale e multilingue”. A partire dalla terza elementare, infatti, viene introdotta anche la lingua tedesca, con una riduzione conseguente delle 9 ore in inglese. Un programma scolastico che trova il parere favorevole dei genitori e che piace ai bambini: “Filo conduttore di tutto il progetto” – spiega la maestra Valentini - quest’anno è il bosco. Abbiamo effettuato numerose uscite nel territorio circostante e utilizzato materiale naturale (in arte, per i giochi in palestra e in cortile...) per presentare i primi vocaboli e le prime semplici strutture linguistiche, che vengono riprese in tutte le materie e le attività presentate ai bambini dal team docente. Stiamo lavorando molto bene, ci sono ottimo affiatamento e comunità di intenti fra i colleghi della classe e i bambini
stanno rispondendo con grande partecipazione ed interesse. La nostra piccola Scuola è la sede privilegiata di una sperimentazione didattica e di elaborazione di idee che possono ulteriormente migliorare l’ambiente di apprendimento, facendola diventare una realtà attrattiva ed interessante per le famiglie provenienti da paesi al di fuori del naturale bacino di utenza, aumentando gradualmente il numero di iscritti negli anni futuri”. Ad oggi la primaria di Tenna ospita una quarantina di bambini, divisi nelle cinque classi dalla prima alla quinta. L’auspicio è dunque che questa scuola, che negli ultimi anni è stata oggetto di un completo restauro e offre agli studenti la possibilità di usufruire di grandi spazi e di godere della vicinanza del parco urbano, possa ospitare sempre più bambini provenienti non solo da Tenna, ma
anche dai paesi vicini, che qui possono trovare l’ambiente ideale per crescere e formarsi per il mondo di domani.
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Conosciamo il territorio di Fiorenzo Malpaga
San Clemente l’antica chiesa di Tenna Era dedicata a San Clemente la vecchia chiesa di Tenna di cui si hanno notizie fin dal XIV secolo e sconsacrata sul finire del Diciottesimo. Fu per molti secoli amministrata dai vescovi delle diocesi di Feltre.
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an Clemente Romano fu uno dei primi Papi della Chiesa venerato sia da quella cattolica che dalla ortodossa. Della sua vita si conosce molto poco. Sarebbe stato di famiglia ebraica e avrebbe fatto parte come liberto della casa di Tito Flavio Clemente. Siamo intorno
Casa Menti
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all’anno Cento quando imperatore era Adriano. Secondo gli Acta Sanctorum Clemente, uno dei primi Papi, fu esiliato in Crimea e condannato ai lavori forzati in miniera. La sua devozione e professione di fede presso altri minatori lo condussero al martirio. La chiesa a lui dedicata sulla collina che sovrasta i laghi di Caldonazzo e Levico, fu edificata nella parte bassa, in località dei “Masi” di Tenna nel 1300. La dimensione era di 12 metri di lunghezza e 8 di larghezza; fu smantellata verso il 1782 a seguito della costruzione della nuova chiesa dedicata alla Annunciazione. Le murature vennero utilizzate per realizzare una casa di abitazione attualmente esistente (foto 1); testimonianze orali rese dai proprietari negli anni settanta - ottanta del secolo scorso Beber Carlo e Girardi Fortunata, raccontano di scheletri e tuniche trovate nel piazzale e nell’avvolto, a prova della presenza del cimitero annesso alla chiesa; nel muro a nord il rinvenimento di una nicchia dove era collocata la statua di San Clemente e le sagome dove era ubicata la croce del santo, oltre ai resti di un antico altare ligneo. Recentemente i proprietari mi hanno concesso la possibilità di entrare nell’avvolto sito al piano terra, per vedere direttamente se fosse presente qualche traccia rimasta della vecchia chiesa: ho visto e fotografato una nicchia verso il lato strada, (foto 2), ora
Pala altare maggiore chiesa Tenna
parzialmente chiusa da un vecchio armadio, i resti di muri perimetrali, il pavimento in sassi ed anche la larghezza di ml 8, che corrisponde alla misura indicata nel manoscritto di Enrico Malpaga “ Cenni storici di Tenna” . La conferma ufficiale della presenza dell’antica chiesa di San Clemente si ricava anche dal toponimo “chiesa vecchia” che risulta nelle mappe del catasto Austro-Ungarico ed anche l’orientamento della sagoma dell’edificio verso sud- est, con l’abside visibile (foto 3) nel rispetto della antica tradizione, che prevedeva la collocazione dell’altare verso Gerusalemme. Inoltre la tradizione popolare, ha mantenuto nel tempo il soprannome “Menti” da San Clemente, alla famiglia
Conosciamo il territorio
Tenna, mappa catastale Chiesa vecchia
che da sempre ha abitato tale edificio, poi ristrutturato ed ampliato con aggiunte successive. La collocazione lascia presagire che il primo nucleo abitato di Tenna, composto da poche centinaia di persone, si trovava proprio lungo il percorso della Claudia Augusta Altinate, la strada romana che dalla località Brenta saliva dolcemente fino alla località Masi, per poi raggiungere Campolongo ed Ischia. Per servire la popolazione che abitava nella parte alta del paese (loc. Cimone), erano stati realizzati i sentieri dei Baldessari e delle Pellere. La nobile famiglia degli Hippoliti, che pur avendo possedimenti, non era di Tenna, aveva nella chiesa il suo banco riservato, come allora era in uso, concesso dal vescovo di Feltre nel 1737, e risulta la rimostranza al riguardo della popolazione del paese, per la concessione data ad una famiglia residente fuori dell’abitato, vertenza poi ricomposta nel 1744 con accordo che
prevedeva contribuzioni in denaro In un resoconto sulle rendite e beni e opere a favore della chiesa, quale della Curazia di Tenna del 1716, corrispettivo per il diritto concesso. inviata al vescovo di Feltre, si indica All’ interno, sull’altare, un gruppo di la disponibilità della canonica, nei statue di legno, raffigurante la Ma“Passamani”, per giustificare la concesdonna in alto, san Clemente, e san sione del fonte battesimale. Giovanni evangelista in basso, che La prima visita fu effettuata il 22 agosto del 1533 dal Cardinale Tommaso è stato dorato nel 1680, e la pala Campeggi della diocesi di Feltre, raffigurava san Clemente, san Vigilio e in occasione della consacrazione san Valentino, con la Madonna in alto dell’altare maggiore, e nel 1692 il ve(foto 4). scovo Antonio Purcenico concesse la Il campanile esterno aveva una sola possibilità di acquistare un secondo campana. altare; almeno altre 15 furono le ricoOccorre rammentare che la curazia di gnizioni accertate presso la chiesa Tenna apparteneva alla competenza di Tenna, l’ultima da parte di mons. del vescovo di Feltre, e già a partire Ganassoni nel 1782, in occasione della dal 1004, con l’imperatore Enrico II° e quale venne concessa la possibilità di poi con Corrado II°, veniva conferita la trasferire gli arredi sacri nella nuova competenza religiosa della zona della chiesa parrocchiale dell’AnnunciazioValsugana a partire dal rio Silla presso ne, e di vendere a privati la obsoleta Civezzano, al vescovo feltrino Uldarico chiesa di san Clemente, poi destinata e suoi successori, mentre il potere ad abitazione. temporale era in capo al vescovo voltolini DIC. 2019.qxp_Layout 1 26/11/20 14:48 Pagina 1 trentino. Tale situazione rimase fino al ASSISTENZA - VENDITA 1786, quanNUOVO E USATO do venne RICAMBI ORIGINALI assegnata la REVISIONI (Consorziato) giurisdizione sia temporale TRATTAMENTO IDROREPELLENTI PER VETRI che spirituaIdeale per il parabrezza: le di tutta la respinge pioggia, sporco, Valsugana sottili strati di ghiaccio e neve. alla diocesi di DA NOI CONTROLLO GRATUITO DELLA BATTERIA Trento. Nei resoconti degli “Atti Visitali Feltrini” sono indicate le costanti ricognizioni Vescovili, nei vari paesi, fra i quali presso la Curazia di Tenna, visite prescritte dal Concilio di Trento svoltosi nel periodo Borgo Valsugana (Tn) - Via Giovanelli, 11 - Tel. e Fax 0461 753325 1545-1563.
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Le cronache in evidenza di Chiara Paoli
FAI: tra luoghi del cuore e progetti a scuola
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ai alla scoperta di Pergine lo scorso ottobre. Tra le proposte culturali: la visita all’ex ospedale psichiatrico, la trecentesca chiesa San Carlo, l’ottocentesco Palazzo Montel e una passeggiata di 8 km alla scoperta di Pergine in una conca verde, le frazioni e il centro. Come ci racconta Anna Moratelli, volontaria FAI da 8 anni, la preparazione di queste giornate è delegata ai vari gruppi attivi sul territorio, oltre alla pratica, c’è un cammino che viene fatto insieme sui beni da andare a scoprire e svelare. Le guide, come quella realizzata per le giornate di primavera dal titolo “Pergine Valsugana. Percorsi di storia e memoria”, ma che a causa della pandemia è stata presentata in quest’occasione autunnale, sono il frutto di questo percorso, che rimane come conoscenza del territorio. Questa guida si presenta come uno strumento agile, un concentrato di conoscenze e di studio non banale, utile a tutti quelli che vogliono conoscere il centro storico della terza città della provincia di Trento, come sostiene la nostra amica Anna. Queste giornate servono a far partecipare le persone che vivono il territorio e nelle pubblicazioni viene dato loro spazio. Anna ci dice che FAI, proprio come il verbo fare, è uno slogan che ti toglie dal divano subito, ti invita a muoverti e a fare, l’acronimo Fondo Ambiente Italiano, mette in gioco i beni creati dall’uomo ma anche quelli propri della natura. Nel logo del FAI si trovano infatti due colori, l’arancio e il verde, di cui ci svela il significato, sono infatti rappresentativi di questi due aspetti: artificiale (creato dall’uomo) e
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naturale. La fondazione vuole rimanere indipendente e si propone obiettivi precisi per rendere fruibili i beni storico e architettonici del paese, che vanno poi gestiti nel tempo; per questo è necessario raccogliere fondi attraverso le iscrizioni e le giornate FAI. Anna è felice di far parte di questa grande famiglia, con un ricco substrato di appartenenza e orgoglio che contraddistingue tutti coloro che ne fanno parte. La mission del FAI è quella di conoscere il proprio ambiente e i beni che ci circondano, perché come sostiene Giulia Maria Mozzoni Crespi, Fondatrice del FAI: “Si difende ciò che si ama e si ama ciò che si conosce”, anche secondo Anna quando si conosce qualcosa, per forza la si ama e di conseguenza la si vuole custodire e proteggere, questo “circolo virtuoso” è quello che viene promosso nei progetti scolastici portati avanti dal FAI e dalla stessa Anna Moratelli in Valsugana. Le giornate FAI d’inverno che solitamente si svolgevano a fine novembre quest’anno non si sono svolte, ma gli studenti possono entrare a far parte della community on-line. Quest’evento era solito proporre ai vari gruppi classe di approfondire la conoscenza di un bene culturale del territorio, lavorando con l’insegnante e con i tutor FAI, alla fine del percorso questi ragazzi divengono “apprendisti Ciceroni” raccontando ad altri studenti dell’istituto il bene scelto. Grazie all’intervento del Ministero è possibile per le scuole superiori entrare a far parte del FAI, proponendo ai ragazzi anche attività di alternanza
scuola-lavoro. Ai bambini viene chiesto “qual è il tuo luogo del cuore?”. I bambini sono di una sensibilità e di un’empatia incredibile e capiscono al volo cosa si intende per “luogo del cuore”, ci dice la nostra volontaria; non faticano ad individuare un luogo a loro caro e capiscono che non può essere rovinato o abbandonato a sé stesso. Proseguono anche quest’anno, nonostante la pandemia i progetti all’interno delle scuole primarie, grazie all’impegno di Anna Moratelli che crede sia utile investire sul futuro e alla possibilità di vedersi online. Agli studenti si vuole passare il messaggio di salvaguardia dei beni. Da 8 anni Anna porta avanti i progetti nelle scuole di diverso ordine e grado ed è stata per lei una grande soddisfazione vedere bambini di terza-quarta e quinta elementare che diventano “apprendisti Ciceroni” per i genitori o per i compagni più piccoli. Con questo percorso-lezione, superano la timidezza e si rendono non solo protagonisti, ma abili e appassionate guide nel proprio paese. Alle scuole viene proposto di sostenere il FAI iscrivendosi e diventando “classi amiche del FAI”. Tra i “luoghi del cuore” promossi dal FAI, ce ne sono anche alcuni che si collocano in Valsugana, come la Casa delle arti Eugenio Prati a Villa Agnedo, il Caffè Asburgico della Stazione di Levico Terme, la chiesa di San Giorgio a Serso, la chiesetta e gli alberi del Maso Colpi a Santa Giuliana di Levico. Per votare c’è tempo fino al 15 dicembre, si può fare online su: https:// www.fondoambiente.it/il-fai/grandi-campagne/i-luoghi-del-cuore/
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Il personaggio
di Luca Dell’Orco
Nadia Finotti
Istruttrice fitness, modella e fotomodella
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struttrice fitness, modella e fotomodella. Nadia Finotti è una di quelle donne a cui non piace rimanere con le mani in mano. Così, ormai da qualche tempo, ha iniziato a tuffarsi nel mondo dello spettacolo, della tv, degli eventi e degli shooting. I risultati? Presto detti: spot pubblicitari per il Parco Sigurtà di cui è stata madrina d’eccezione su tutto il materiale promozionale, un lungo elenco di manifestazioni sportive che l’hanno vista nei panni di “madrina”. Come se non bastasse, si è aggiunta anche una lista in continuo aggiornamenti di fotografi amatori e professionisti che l’hanno voluta come fotomodella, costruendole attorno progetti innovativi e sperimentazioni di vario genere. Eppure, il tempo per lei sembra essersi fermato. Superata la fatidica soglia dei 40 anni, Nadia si è ritrovata più bella che mai. Dalla sua casa sulla riva est del Lago di Garda da cui ammira vigneti e paesaggi d’altri tempi, ha saputo tuffarsi a pieno ritmo nel campo dello
spettacolo, senza dimenticare le sue “faccende” quotidiane e continuando a lavorare nel campo fitness come istruttrice in piscine e palestre. Ecco svelato il segreto di un fisico perfetto e di una eleganza dolcissima, mai banale o provocante.
Com’è iniziata questa tua avventura? La mia avventura nel campo della fotografia inizia con una collaborazione per un book che mi ha portata a girare l’Italia facendomi crescere moltissimo a livello artistico. Da qui sono uscite straordinarie occasioni fra cui spot pubblicitari e collaborazioni con Parco più bello d’Europa-Parco Sigurtà. Certo, non è stato un cammino facile, mi sono dovuta scontrare con molte realtà, conoscendo persone di alto e purtroppo basso livello. Ma fa tutto parte dell’esperienza, o almeno così credo… Come mai si sceglie “alla tua età” di tuffarsi sotto i riflettori? Queste passioni le ho sempre avute, ma sono esplose grazie ad una sfilata. Scoccata la miccia, non mi sono più fermata, perfezionandomi con un corso di moda e proseguendo come insegnante di portamento. Insomma, una carriera a tutta velocità. Non ho mai avuto paura di mettermi in gioco, tutt’ora lavoro come modella e fotomodella, e per questo Ph. Valentino Azzolini ho ottenuto importanti
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Ph. Valentino Azzolini
collaborazioni con case di moda, catene di negozi e attività locali. Nutro questa passione fin da piccola, è dentro di me e il destino della vita, mi ha messo improvvisamente su questa strada. La passione, infatti, è la motivazione fondamentale: colei che muove le montagne. Dedizione e amore per il proprio lavoro: queste sono le ragioni fondamentali. Insomma, hai imparato cosa
Il personaggio
Ph. Valentino Azzolini
Ph. Valentino Azzolini
significa essere influencer. Ma ho vissuto anche questa esperienza con semplicità. Il mio rapporto con i social è puramente di lavoro o di passioni, non amo pubblicare la mia vita privata. Come ho già detto su Instagram, la Moda per me è passione e forma di evasione, mentre lo sport è il mio sorriso. Insomma, tutto questo per spiegare che non mi ritengo una influencer anche se per
Ph. Valentino Azzolini
molte ragazzine lo sono. Eppure, chi vede il tuo profilo ne rimane colpito… Nei miei account social vorrei passasse il messaggio di eleganza, raffinatezza, classe e se ci sta…un filo di sensualità mai volgare! La provocazione, l’ostentazione e la volgarità è ciò che mi infastidisce sui social. Torniamo alla fotografia. Cosa ti ha dato a livello personale e professionale? La fotografia mi ha dato molto a livello di autostima e sicurezza, ma è anche un sacrificio continuo. Eppure, per me, è passione e sogno allo stesso tempo. Lo spettacolo mi attira: il ruolo di speaker, giornalista e reporter televisiva mi affascinano. E se è vero che ho già all’attivo qualche esperienza…è altrettanto vero che si lavora sempre per migliorare! Non solo fotografia, ma anche cinema! Diciamo che ho vissuto un’esperienza indimenticabile partecipando a “Mentre ero via” andato in onda su RAI1. Vorrei avere la possibilità di esprimermi di più in campo cinematografico, purtroppo questo mondo è davvero complicato. Amo intervistare le persone, conoscere usi e costumi e portare informazioni agli ascol-
tatori, sia in tema sportivo, di attualità, moda, e storia: ricordo la presentazione in vari teatri del documentario West Star- bunker anti-atomico di Verona. Io però continuo a sognare un futuro da presentatrice nel campo della moda… CONTATTI SOCIAL Facebook Finotti Nadia Instagram @nadiafinotti
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Le personalità della Valsugana di Massimo Dalledonne
Carlo Zanghellini Carlo Zanghellini è stato per la comunità di Strigno l’uomo della cooperativa artieri, il “motore” della ricostruzione dopo la devastazione della grande guerra. Sono trascorsi esattamente 40 anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 28 novembre del 1980 a Strigno all’età di 89 anni Con la moglie Bice, anch’essa figura conosciutissima e rispettata, è stato promotore di numerose iniziative imprenditoriali di successo e di quel sentimento cooperativistico che da tanti anni segna la storia e la cultura della gente della Valsugana. Una persona apprezzata per la forza, la tenacia, il rigore e la sua passione sociale. Grazie ad una pubblicazione data alle stampe nel 2002 dal Circolo Croxarie, desta ancora curiosità scrivere e parlare di “una personalità controversa e straordinaria, un poeta calato nei panni dell’organizzatore, del commerciante, dell’industriale pragmatico e scaltro, del politico, del cittadino impegnato nella comunità”.
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ggi, per molti giovani, come scriveva nella prefazione del volume Attilio Pedenzini, “il nome di Carlo Zanghellini è legato alla sua produzione letteraria di poeta e storico dilettante, iniziata con Ricordi e nostalgie, una raccolta di poesie edita da Temi nel 1966, e conclusa nel 1975 con un’altra raccolta di poesie uscita per Temi: Fiori de campi e de prai tra el Ciepena e el Brenta”. In molte case della Valsugana orientale e praticamente in tutte quelle della zona di Strigno è possibile trovare questi o altri suoi libri: La scuola popolare al tempo dell’Austria (1970), El me paese (1971), Strigno e la bassa Valsugana alla luce di antiche cronache (1972), La bassa Valsugana tra due fuochi durante la guerra mondiale 1915-1918 (1973). Ma è stato più importante lo Zanghellini letterato o quello delle cooperative, delle imprese di costruzioni, della politica? Dalla metà degli anni ‘60 e fino al 1968 Carlo Zanghellini ha raccolto nelle sue memorie i fatti grandi e piccoli che hanno caratterizzato la sua esistenza. Ne esce una figura così decisiva nella storia recente di questo lembo del Trentino, per una serie di motivi. In primo luogo, come ricorda ancora
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Pedenzini, la figura austera e un po’ rude di vecchio imprenditore che alle soglie dei settant’anni rispolvera il piacere della scrittura per “ricordare” e “insegnare”. “Sì perché gli scritti di Zanghellini, siano essi in prosa o in poesia, corrispondono all’urgenza di lasciare una testimonianza storica, sociale, politica ma anche pedagogica quando svelano il denominatore comune della vita dell’autore: il lavoro come unica via di riscatto e di libertà. È il principio che Zanghellini ha adottato come scudo contro le grandi avversità private e collettive che hanno costellato la sua lunga esistenza”. Non è stata un’esistenza ordinaria quella di Carlo Zanghellini. Dai primi anni di vita, iniziata il 9 maggio 1891 nella famiglia del falegname Antonio e di Marina Paoletto, Carlo è stato acuto osservatore e testimone del proprio tempo e il tempo che ha vissuto è stato segnato da due guerre mondiali, dalla ricostruzione, dall’avvento del Fascismo e da tanti piccoli fatti, nomi, circostanze che insieme costituiscono un passato che merita di essere riscoperto e di cui dobbiamo riappropriarci per sentirci parte di una comunità e per riconoscere, quando lo incontriamo per strada, il profugo,
Carlo Zanghellini
Le personalità della Valsugana Assemblea generale ordinaria delle Lega Cooperative di lavoro della Venezia Tridentina
con qualche poesiola, senza pretese, buttata giù alla buona, come veniva dal cuore. Ho trovato nella poesia ore di serenità e di soddisfazione, molte soddisfazioni e maggiori di quelle che mi sono arrivate da tutte le mie innumerevoli opere di costruttore. Chi leggerà le mie modestissime composizioni tenga presente nelle sue critiche che sono un autodidatta, che ho frequentato solo le elementari, o meglio le “Popolari”, come erano chiamate le scuole prima della grande guerra. Ho voluto scrivere queste memorie per rammentare ai miei figli e più ancora ai miei nipoti la vita travagliata vissuta dal loro padre e nonno. Ho naturalmente segnati in succinto gli avvenimenti più importanti e significativi, altrimenti avrei dovuto scrivere un voluminoso libro per fissare sulla carta gli episodi, i fatti e le peripezie tristi e giulive della mia vita unitamente a quelle della mia povera moglie. È stata una vita vissuta in un periodo di anni comprendenti due guerre spaventose, piena di tragici avvenimenti. Ora il mondo sta scordandosi di me, di quello che ho fatto. Un giorno resterà un nome scolpito nella pietra, poi tutto sparirà nel nulla. Forse i miei poveri scritti sopravvivranno ai miei lavori”.
I soci della Cooperativa Artieri Strigno nel 1921
il derelitto, il povero, il perseguitato che siamo stati un tempo. Come prosegue Attilio Pedenzini nella sua prefazione del libro dedicato a Carlo Zanghellini “egli ha contribuito in maniera determinante alla ricostruzione di Strigno attraverso la fondazione di una cooperativa artigiana, è stato segretario generale della Lega delle cooperative di lavoro della Venezia Tridentina, comandante dei vigili del fuoco, consigliere dell’istituto provinciale incendi, della scuola edili, dell’associazione degli industriali, consigliere comunale e fervente socialista. In buona sostanza è stato un uomo che ha vissuto da protagonista nella propria comunità
e come tale va ricordato in un’epoca in cui il tempo e la disponibilità che sappiamo dedicare agli altri sono sempre minori”. Nel volume “Le mie guerre” viene riportato anche un breve testo dello stesso Zanghellini che pubblichiamo integralmente. “Le passioni predominanti della mia vita sarebbero state la poesia e la pittura. Purtroppo il destino mi fece vivere in un periodo turbolento di guerre, di disagi, di lotte continue per l’esistenza che lasciavano ben poco margine di tempo e serenità per potersi dedicare alle cose belle. Fin dalla mia lontana adolescenza, quando sorgeva qualche breve tratto di sereno mi compiacevo a rallegrare il mio spirito
Carlo Zanghellini al lavoro
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Viaggio nella poesia di Laura Mansini
Rosanna Gasperi: remenga nostalgia “ Scavezo sarmentei de ricordi / do zigotoi, do s-cocioni sechi / e col fuminanto dela malinconia / ‘nvio via quel fogo….”Inizia così la poesia “Stragnar”(Straniamento) scritta da Rosanna nel 2014. È una delle sue preferite, ed infatti in questa piccola scena nella quale l’autrice accendendo il fuoco nel camino si lascia trasportare da un sentimento che non ama e la fa soffrire “una remenga nostalgia”, racconta il rimpianto di un’età giovane, dei primi amori, di margherite sfogliate invano, senza cadere in languori romantici, che, di fatto, non le appartengono.
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anizzara doc, Rosanna Gasperi è nata da mamma Letizia “Ziòla” (Ciola) e Bepi “Perlon” (Gasperi), nel 1953. Così si descrive: “ La mia era una famiglia semplice ed unita. Tranquilla e serena la mia giovinezza, durante la quale, dicono, ero coccolata da tutti, perché da parte di mamma, ero la prima nipote. Due nonni cantori ed attivi! Ricordo ancora l’emozione quando alla Messa Cantada ci portavano nel Coro, dietro l’altar maggiore ed aprivano quei libroni grandi di Musiche sacre. Tutte quelle note sulle pagine mi sembravano moscerini.” La musica ha fatto da contrappunto alla sua serena giovinezza. Lei ed il fratello “strimpellavano a recia” la fisarmonica e la chitarra assieme al loro orgogliosissimo papà. Il padre, a quei tempi, era promotore e direttore del Coro “La Tor” e suonava nel gruppo musicale “La Bisca”. Rosanna ha abbandonata presto la musica innamorandosi della poesia, sin dalle scuole elementari, quando sul Corrierino dei Piccoli, leggeva le rime del Signor Bonaventura .“Qualcosa scribacchiavo, dice, ma non avendo nessun punto di riferimento col quale confrontarmi, mi arrangiavo”. Tuttavia trovò a Trento una prima risposta alle proprie ambizioni. Racconta infatti “A sedici anni, mentre lavoravo presso una casa di Riposo ho avuto l’onore di conoscere Maria Merler, una donna gagliarda, tosta, con voce squillante”. Grande attrice trentina Maria
Merler, per molti anni fu primadonna del Club Armonia, e poetessa. Anche in tarda età, quando anch’io l’ho conosciuta, era una signora di vivace intelligenza ed estremamente ironica. Le sue poesie divertenti, allegre, erano in grado di alleggerire lo spirito degli abitanti della Casa. Rosanna ne è stata colpita e ha iniziato a scrivere, mettendo in versi le sue sensazioni ed approfondendo sempre più la ricerca poetica. Schiva, sempre sorridente, capace di profonda ironia, è stata finalmente accolta nel mondo dei poeti in Vernacolo dall’indimenticabile Luciano De Carli, fondatore del Cenacolo Valsugana, che il 4 Maggio 2011 le fece il dono di una bellissima raccolta dei suoi versi sparpagliati, in tanti fogli, pubblicandoli in un libro intitolato “Falive”. “Luciano ha voluto metterli in ordine” mi dice sorridendo. Infatti all’inizio della presentazione del libro De Carli scrive :” È stata una vera sorpresa trovarsi fra le mani una cinquantina e più poesie in dialetto “caldonazzaro”, di Rosanna Gasperi. Sono tutte poesie che richiamano la vita del suo caro paese. Ama Caldonazzo, continua Luciano, e non saprebbe mai staccarsi dai suoi angoli più caratteristici che le ricordano persone care, musiche a plettro o di fisarmonica, i “Biscaroi”. In genere le sue poesie sono corte, liriche di 15/20 versi, in cui la Poetessa si interroga, chiude un proprio ragionamento, fissa obiettivi, ri-
Rosanna Gasperi
percorre piste che già aveva tentato, ma su cui ora passeggia sicura… La gioia di scrivere e l’ironia della Gasperi sanno aggiungere altre vie, altri modi per versi che creano sicura emozione e consapevole adesione”. Le parole di De Carli, hanno riempito di giusto orgoglio Rosanna perché dette da un grande della cultura trentina. Lei lo ricorda con ammirazione. “Per me fu un onore essere accolta nel Cenacolo della Valsugana. Lì, grazie ai componenti, con confronti, critiche e consigli, ritengo di essere cresciuta positivamente. Non ho mai scritto in italiano, non ci riesco. Credo fermamente che il dialetto rappresenti una cultura da mantenere sempre viva. Mi affascinano le parole vecchie de sti ani, quelle più o meno messe nel dimenticatoio. Non mi ritengo poeta, è una parola importante. Forse aspirante, apprendista, ma semplicemente dilettante” Però, come le diceva De Carli: “ Vara che ‘fondo ala cèla ghe sempre ‘l pu bon.
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Conosciamo il territorio di Waimer Perinelli
Valle che vai Santuario che trovi
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taliani popolo di eroi, navigatori e santi.. questa scritta che mi sono arbitrariamente permesso di ridurre; la potete leggere interamente a Roma dov’è scolpita sulla facciata del Palazzo della Civiltà Italiana. Fu pronunciata da Benito Mussolini in un discorso del 1935 e riportata integralmente sul “Colosseo Quadrato” all’Eur, inaugurato nel 1940. Con la citazione volevo richiamare alla mente gli “Italiani Santi” per raccontare di due santuari dedicati a uomini di fede che probabilmente non erano nostri connazionali, ma le cui reliquie sono sepolte nel bel Paese. Il primo santuario, sicuramente il più antico si trova sullo sperone del monte Miosna a Feltre. È dedicato a Vittore e Corona due cristiani martirizzati, forse nel 169-170 D.C, nel periodo delle persecuzioni di Marco Aurelio, imperatore, filosofo , scrittore e pagano. Sul loro martirio s’innestano racconti orali, leggende, ricerche storiche senza che sia fatta chiarezza. Prendiamo le più accreditate. Vittore era legionario romano, originario della Cilicia (altri dicono di Otricoli in Umbria) e di stanza in Egitto. Corona sarebbe stata la moglie giovanissima di un camerata di Vittore. Lei davanti alla forza e determinazione dimostrata dal legionario torturato in forme atroci, manifestò apertamente la propria fede cristiana e per questo venne squartata viva. Entrambi, da questo santuario di grande pregio architettonico ed artistico proteggono la città di Feltre e il Bellunese. Centocinquanta chilometri verso nord-ovest, nella val di Non, che da
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Trento porta al Tonale, su un anonimo sperone di roccia, incastonato fra altre rocce, pini e abeti, a strapiombo sul torrente, sorge un Santuario d’incantevole e magica bellezza, dedicata a San Romedio. Secondo la leggenda Romedio o Remedio non è un martire, Cuore Feltrino - Santuario dei santi San Vittore e Corona bensì un povero eremita e non vigila come patrono sulla comunità, ma possiede grandi capacità taumaturgiche sugli arti. La sua leggendaria storia è però legata a San Vigilio, protettore della città di Trento e del Trentino. Questo perché la sua morte viene fatta risalire, ma con molti dubbi, al 400 circa, quando Vigilio era impegnato nella conversione Santuario San Romedio - Val di Non dei trentini, pagani irriducibili, che furenti a causa di suo A distanziare l’edificazione del sanintervento durante un rito satuario di Vittore e Corona da quello turnale uccisero a colpi di pietra colui di San Romedio ci sono pochi secoli. che sarebbe diventato il loro PatroI due martiri cilici ebbero onorata no. Poco prima Romedio era morto sepoltura e beatificazione verso su quello sperone di roccia dove, l’anno 1.100. San Romedio, santo secondo una versione si era ritirato senza martirio, vivendo in una grotta, eremita per sfuggire a guerre e careebbe nello stesso periodo, a sepoltustie e un’altra, essendo un principe ra avvenuta, i primi riconoscimenti. originario di Hall città del Tirolo ricca Non erano mancati in precedenza gli di miniere di sale, stanco di guerregonori di fedeli locali che gli attribugiare per conto dell’imperatore del iscono anche la capacità di domare Sacro Romano Impero o forse colpito gli orsi, qualità di cui oggi il Trentino da Fede particolare sulla via delle avrebbe particolarmente bisogno. crociate, si era fermato a meditare. La Ad unire i due santuari c’è forse il seconda versione sposta la sua morfatto di sorgere entrambi lungo strate verso la fine dell’Ottocento data de di comunicazione che dal Nord scolpita sull’architrave di una porta portano verso Roma o meglio verso della complessa costruzione edificata la Terra Santa, in tempi in cui erano in vari strati in secoli diversi, fino a presenti pellegrini, ladri e soldati formare un’affascinante complesso di diretti alle Crociate. chiese sovrapposte.
Il personaggio di Massimo Dalledonne
Don Francesco Alpruni
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na vita di luci ed ombre. Che ha lasciato notevoli contributi di modernità, precorrendo, secondo diversi storici, i tempi a lui futuri. Parliamo di don Francesco Alpruni, professore universitario, nato, esattamente 288 anni, il 4 dicembre del 1732 a Borgo Valsugana e morto nel 1814 a Pavia, città dove insegnava. Come scrive nel suo ricordo dell’Alpruni don Armando Costa sul volume “Ausugum III”, all’età di vent’anni entrò nella Compagnia dei Barnabiti a Genova. Un personaggio destinato all’insegnamento. Prima di essere chiamato a Roma, nel 1768, da papa Clemente XIV a coprire l’incarico di Consultore dei Sacri Riti, tenne dei corsi di filologia e teologia sia a Todi che nella città eterna. “Era Consultore quando – scrive don Costa – sorsero interminabili discussioni teologiche sulla devozione del Sacro Cuore. Lo stesso Alpruni espresse il suo pensiero in una Dissertazione raccolta da Camillo Blasin sotto il titolo di De Festo Cordis Jesu”. Sotto l’anonimato scrisse e dette alle stampe diversi lavori. Nel corso della sua permanenza a Roma godette la stima e l’amicizia di persone autorevoli. Nonostante manifestasse delle simpatie per il neogiansenismo, il cardinale Herzan lo scelse come suo teologo. È il 1790 quando don Francesco Alpruni inizia la pubblicazione delle sue teorie sulla teologia morale. Dopo il primo volume, due anni dopo arrivò anche un secondo ma l’opera, come ricorda ancora don Costa, “venne sospesa causa le vicende che mutarono ai danni della libertà”. In quei anni si trasferì da Roma a Milano dove era stato chiamato dal conte di Firmian, plenipotenziario per la Lombardia. In Lombardia insegnò diritto pubblico
Borgo, Via Alpruni
alla scuola R. Ginn di Brera e, successivamente, fu professore di teologia morale presso l’Università di Pavia. Per conto del governo austriaco ricopriva anche l’incarico di Censore per il culto. “Fu in quel periodo che il suo pensiero si orientò decisamente verso la corrente illuminista agganciandosi al riformismo ecclesiastico giuseppino. Quando i francesi occuparono Pavia – si legge ancora nel volume Ausugum III – nel 1796, credette anche lui, come molti, di trovare sulle baionette napoleoniche quegli ideali di libertà. Con il loro arrivo l’Alpruni dà una svolta definitiva alla sua vita e diventa un agitatore ed un uomo politico, danzando la carmagnola alle feste dell’albero della libertà, partecipando a raduni e convitti patriottici”. Che cos’era l’albero della libertà? Si trattava di un tronco eretto in piazza, dipinto con i colori della rivoluzione e con in vetta il berretto frigio. “Albero senza rami, berretto sena testa….e si fa festa!”, era questa la parodia in voga, al tempo, in certi ambienti patavini. Con l’arrivo dei francesi don Francesco
Alpruni mantenne la cattedra a Pavia, nel frattempo trasformata in diritto entrando a far parte anche della Municipalità della città. Divenne membro del Gran Consiglio della repubblica Cisalpina con l’incarico di “Juniore” del Dipartimento di Ticino. “In questa sua attività – scrive ancora don Armando Costa – reclamò la difesa dei diritti costituzionali del collegio legislativo contro gli arbitrii del Direttorio. Ma si prese una cantonata. Reclamò la nazionalizzazione dei beni ecclesiastici e, vedi in po’, ne prese un’altra. Ma dalle sue proposte – chiosa don Costa – traspare un ben definito avveniristico programma politico”. È il 21 marzo del 17989 quando venne nominato residente di turno del Gran Consiglio, carica che manette fino al 4 aprile. Con l’arrivo degli austriaci venne arrestato, processato nel 1799 e sospeso dall’insegnamento che riprenderà con il ritorno dei Francesi, compresa la cattedra di diritto costituzionale e giurisprudenza naturale. Nel 1802 si ritira a vita privata e muore a Pavia nel 1814, all’età di 82 anni.
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Lavoro e lavoratori di Nicola Maschio
Relazione Inps 2020
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nche per l’INPS il 2020 è stato, e sarà fino alla fine, un anno particolare. In termini di prestazioni erogate si parla di un’annata storica, con il Covid-19 che ha infatti giocato un ruolo fondamentale nella quantità di richieste pervenute all’Istituto. Determinanti, durante quest’ultimo periodo e anche attualmente, le misure di sostegno al reddito: su tutte, integrazione salariale (prestazioni riconosciute ai lavoratori in costanza di rapporto di lavoro, dunque con sospensioni o riduzioni dell’orario di lavoro), indennità di disoccupazione, indennità legata all’erogazione dei 600 euro, il Baby-sitting, i congedi Covid, il reddito e la pensione di cittadinanza. Rispetto all’integrazione salariale, in confronto all’anno 2019 si è registrato un +1.900% di ore autorizzate, più di 24 milioni a fronte delle “sole” 5 milioni e mezzo circa nell’interno triennio precedente (2017-2019). A farla da padrone è stata la cassa integrazione guadagni ordinaria, con quasi 13 milioni di ore contro le poco meno di 3 milioni dei tre anni precedenti. Secondo posto invece per l’assegno ordinario in carico al Fondo territoriale del Trentino (8 milioni e mezzo di ore contro le 20mila del triennio 2017-2019). Rispetto alla disoccupazione (Naspi, disoccupazione agricola e quella rivolta ai collaboratori coordinati e continuativi) invece, pur essendo i dati ancora in corso di aggiornamento, fino ad ora le prestazioni annuali erogate sono state 31.927, contro le 47.341 del 2019 e le ben 48.772 del 2018: tuttavia, per quanto il dato del 2020 sia attualmente ben inferiore rispetto a quello dello scorso anno, gli addetti ai lavori spiegano che la dinamica è fortemen-
te legata al blocco dei licenziamenti. Ancora, l’indennità “una tantum” dei 600 euro ha registrato un totale di 62.950 domande sul territorio provinciale, con la maggioranza provenienti da Trento (22.964) e Riva del Garda (10.932), mentre il dato più basso arriva da Borgo Valsugana (5.392). In questo caso, il 51% (cioè 34.673) delle richieste riguardano lavoratori autonomi, anche se una notevole quantità di domande ha riguardato il settore del turismo e dei lavoratori stagionali (12.232 domande). Particolarmente usato anche il bonus Baby-sitting, con il pagamento di 6.734 contributi (3.030 da Trento e 1.171 da Rovereto i dati più alti). Per quanto riguarda i congedi Covid, ne sono stati erogati 17.058 a lavoratori dipendenti, 568 a lavoratori autonomi e 57 a soggetti con gestione separata. Riguardo invece al reddito di cittadinanza, si sono registrate 807 richieste in più rispetto al 2019. Complessivamente, tirando le somme, la contribuzione è passata da circa 960 milioni di euro a un miliardo e 152 milioni di euro nel corso degli ultimi quattro
anni. Ancora, artigiani e commercianti: in merito ai primi, l’INPS ha registrato un decremento rispetto al numero di unità dai 17.623 del 2017 ai 16.327 del 2020 (cioè -4,1% e circa 700 posizioni in meno), ma un incremento della contribuzione da 98milioni di euro a 105milioni (ovvero +7,6%); riguardo ai commercianti, anche in questo caso il loro numero è diminuito passando da 21.707 nel 2017 agli attuali 19.548 annui, con un calo del 4% e di 860 posizioni complessivamente. Anche in quest’ultimo caso però, la variazione contributiva è positiva: si riscontra infatti un +11%, con il passaggio da 99milioni di euro a circa 110milioni, soprattutto grazie ad una serie di provvedimenti che, nel 2019, hanno favorito la contribuzione stessa. Rispetto alle pensioni, al momento sono state erogate 162.837 prestazioni nel 2020 (il 56,1% a donne), con gli importi che per il 51% si attestano al di sotto dei mille euro mensili. Si vedono inoltre gli effetti di Quota 100, con un incremento delle pensioni pari allo 0,9% nel 2019 rispetto agli anni precedenti.
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Storia di casa nostra di Massimo Dalledonne
Thomas Cornish “Guglielmo” e William Jakeways “William
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artiamo dai nomi. Thomas Cornish “Guglielmo” e William Jakeways “William”. Due inglesi, altrettanti soldati che, il 20 dicembre del 1944, trovarono la morte a Borgo Valsugana. Una storia, la loro, vissuta anche di persona da molte persone del paese. Quel giorno, infatti, l’intera zona adiacente al cimitero venne completamente blindata. Nessuno poteva avvicinarsi. I soldati tedeschi non faceva transitare anima viva. Sono trascorsi 76 anni, una vicenda, quella dei poveri ragazzi inglesi trucidati dai nazisti, ricostruita sia attraverso notizie storiche che con racconti orali. Come scrive nel suo volume “La Resistenza in Valsugana e in Tesino” Giuseppe Sittoni, pochi mesi prima, assieme ad un terzo soldato Trevos Smith, di cui però non si seppe più nulla, “i tre soldati vennero avvicinati dalla baronessa Lucia Buffa di Carzano presso il rifugio Calamento. Era da poco arrivati in zona dopo lo scioglimento del reparto Gherlenda e stavano cercando il modo più rapido che riparare in Svizzera. Dopo l’8 settembre del 1943 erano fuggiti dai campi di concentramento italiani e, pochi giorni prima, anche dal rastrellamento tedesco sul monte Grappa”. Come si legge ancora nel libro “purtroppo quel giorno, presso il rifugio delle sorelle Rosina e Lorenzina Franzoi, c’era anche la spia dei tedeschi Fiore Lutterotti. A quel tempo ancora nessuno conosceva la sua vera identità e potè ascoltare tranquillamente i discorsi tra i tre soldati inglesi e la baronessa Buffa”. Pochi giorni dopo i tre militari venne-
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ro catturati dai tedeschi a Carzano, in località Masi dove erano state indirizzate da diverse persone di Telve. In quella località, infatti, risiedevano alcuni uomini che conoscevano l’inglese. Lo avevano imparato nell’America del Nord. “In seguito lo stesso Lutterotti venne smascherato – conclude Sittoni proprio in Calamento dove dichiarò a due partigiani di passaggio di essere addirittura “Bruno”, il comandante di brigata”. Ai Masi di Carzano, grazie a Lutterotti ed altre spie del posto, i tre inglesi vennero prima circondati e quindi catturati. Dell’accaduto ne scrive anche don Armando Costa. “Una volta arrestati, i soldati venne condotti nelle carceri di Borgo. Qui rimasero per due mesi, tra maltrattamenti e senza cibo. Poi, il 20 dicembre, la decisione di fucilarli. Questa sarà la sorte di Thomas Cornish “Guglielmo” e William Jakeways “William”. Che fine abbia fatto Trevos Smith nessuno è più riuscito a scoprirlo.
È mercoledì mattina quando i due soldati vengono condotti nei pressi del cimitero. “Avevano messo delle guardie armate sulle diverse vie che portavano al cimitero per impedire il passaggio alle persone civili. I tedeschi avrebbero voluto ucciderli nel cimitero – scrive don Armando Costa – ma l’arciprete di Borgo monsignor Vigilio Grandi li dissuase in quanto se lo avessero fatto il cimitero sarebbe stato sconsacrato”. Così Thomas Cornish “Guglielmo” e William Jakeways “William” vennero trucidati all’ingresso del camposanto e, successivamente, seppelliti nello stesso in terra non benedetta. Sono trascorsi 76 anni da quel tragico giorno, un fatto molto triste che destò grande impressione nella comunità borghigiana. Una barbara esecuzione, una doppia fucilazione. Due giovani soldati inglesi che stavano cercando la libertà, due tragici destini di cui è bene, e doveroso, raccontare. Per non dimenticare.
Borgo, l'ingresso del cimitero comunale dove sono stati uccisai i due soldati inglesi
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Natura e ambiente di Elisa Corni
L’inquinamento quarta causa di morte al mondo Siamo tutti giustamente concentrati sulla pandemia che, in maniera repentina, drastica e inaspettata, ha stravolto le nostre vite, mietendo a oggi oltre un milione di vittime. Ma ci sono tanti altri nemici, invisibili, che hanno silenziosamente scalato la triste classifica delle cause di morte nel mondo.
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e sui primi gradini del podio da ormai vent’anni troviamo ipertensione, fumo e cattiva alimentazione, poco dietro troviamo l’inquinamento dell’aria, un elemento cui si da ingiustamente poca rilevanza. Quando infatti i ragazzini di Fridays for future consigliano di inquinare meno, non lo fanno solo per la salute del nostro pianeta (l’unico che abbiamo a disposizione) ma anche per la nostra. E ne è prova un ampio studio redatto dall’Health Effects Institute, un centro studi che si trova in Canada e che da anni si occupa di monitorare gli effetti sulla salute di molti fattori. Secondo quanto riportato nell’ultimo report prodotto dall’istituto canadese dovremmo fare decisamente attenzione ai nostri comportamenti inquinanti proprio perché hanno effetti
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irreversibili su come stiamo. Sono tre i tipi di inquinamento che sono anche secondo il nostro Ministero della Salute particolarmente pericolosi per noi e i nostri polmoni. Prime tra tutti le famigerate PM2,5, micro particelle solide che troviamo sospese nell’ambiente e che sono il prodotto ad esempio dei gas di scarico delle macchine, ma anche dall’industria. Il secondo è l’ozono troposferico, un “inquinante secondario che si forma attraverso processi fotochimici” nei bassi strati dell’atmosfera, quelli che sostanzialmente abitiamo noi. Ultimi, ma non per questo meno importanti, sono i fattori di inquinamento domestico. Secondo lo studio di cui parliamo in questo articolo ben il 90% della popolazione mondiale ha, nel 2019, vissuto almeno un giorno in cui questi fattori inquinanti superavano le linee guida dell’OMS, l’Organizzazione Mondiale della sanità. Analizzando in dettaglio i dati raccolti, però, la situazione pare particolarmente grave soprattutto in alcune aree dei cosiddetti secondo e terzo mondo: l’Africa Centrale, l’India
e la Cina. Ma anche l’Europa e l’Italia non sono da meno. La Pianura Padana ha vinto la medaglia di luogo più inquinato d’Europa durante l’inverno 2019-2020, e in generale ce la giochiamo bene anche a livello globale. Insomma pensateci due volte a fare i jogger a Milano o Bologna. Gli studiosi fanno risalire all’inquinamento come causa per il 12% dei decessi a livello globale. Un numero decisamente preoccupante. E i tre fattori su cui si sono concentrati gli studiosi canadesi coprono rispettivamente il 7, il 4 e l’1% di questi decessi. Come fare per ridurre questi numeri impressionanti? Pensate che nel mondo il 49% delle persone fa uso di combustibili solidi (carbone, legname, carboni fossili) per riscaldarsi e cucinare. Sono quindi necessari interventi molto importanti e anche noi, nel nostro piccolo, possiamo fare molto. Prediligere la mobilità dolce, a piedi o in bicicletta, quando possibile fa sì che il numero di particelle prodotte durante i nostri spostamenti crolli vertiginosamente. Allo stesso modo l’installazione di cosiddetti catalizzatori che imprigionano questi inquinanti nella combustione delle nostre caldaie. Ma anche la semplice manutenzione di apparecchi buoni e funzionanti, o la sostituzione di caldaie vecchie e inefficienti con tecnologie moderne approfittando anche dei contributi statali possono essere un piccolo passo verso una vita più sana per tutti.
Società e Covid di Patrizia Rapposelli
Natale in tempo covid-19 “La Pandemia ha rilevato il meglio e il peggio dei nostri popoli e il meglio e il peggio di ogni persona. Ora più che mai è necessario riacquistare consapevolezza della nostra comune appartenenza.”
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ono le parole semplici, ma cariche di significato, di Papa Francesco, il quale sottolinea il valore della solidarietà tra le persone. Dopo anni all’insegna del consumismo sfrenato è arrivato il momento di riflettere e riscoprire la dimensione più pura del Natale. A Natale il cuore della festività è la casa, dove gli italiani vivono lo spirito e la tradizione con i propri cari e i parenti. L’abitazione si accende di colori e si arricchisce di decori, riscoprendosi luogo più amato per stare insieme e condividere la gioia per la ricorrenza, il cenone e i regali. Dicembre al tempo di Covid assottiglia sempre più la speranza di viverlo come da tradizione; che Natale sarà? Le risposte arriveranno con i prossimi Dpcm, i quali imporranno a tutte le Regioni italiane, che esse siano gialle, arancioni o rosse, ulteriori restrizioni per scongiurare una nuova impennata dell’epidemia e una drammatica
ripresa della velocità di circolazione del virus a gennaio. L’Italia vaga da mesi nel dubbio e con il Natale 2020 alle porte l’incertezza regna ancor più sovrana. Natale per adulti e piccini è soprattutto il periodo di attesa che lo precede: preparare le letterine a Babbo Natale, allestire la casa, scandire i giorni con le caselle di un calendario dell’avvento, organizzare le grandi rimpatriate tra i parenti, la famiglia, i nonni, rivedere affetti lontani, senza scordare i pacchetti sotto l’albero. In questo periodo di attesa la casa e le città diventano un nido accogliente, pieno di luci e decori così da far percepire la festa che sta per arrivare nella sua stessa attesa, ma oggi questa abitudine viaggia nell’ombra, immersi in un contesto sociale che sta mettendo a dura prova l’economia, la sanità e l’emotività degli italiani; è necessaria una capacità adattiva non indifferente. L’atmosfera non promette nulla di buono, ma essere preparati non significa capacità anticipatoria; infatti Covid-19 non significa nemmeno non portare avanti le tradizioni, seppur limitate. Nessuno vieta di decorare strade, malgrado silenziose e con le saracinesche chiuse, nemmeno di addobbare la casa e viverla con l’intimità delle persone più care; il nucleo famigliare ha acquisito con il precedente lockdown un nuovo valore, lo si vive ancor più come rifugio e con l’approssimar-
Papa Francesco
si delle Sante Feste può essere riscoperto come valore del tempo passato. I nostri nonni ricordano ancora il tempo in cui il Natale era un periodo esclusivamente religioso e vissuto in modo più intenso e partecipato di quanto sia oggi; in questo momento di pandemia torneranno in auge le consuetudini di una volta inserite nella modernità: Natale in sobrietà. La festività ai tempi del Coronavirus potrebbe far riscoprire il calore del pranzo in casa con la famiglia, con i film di una volta e perché no con le rimpatriate digitali. Largo alla spiritualità e all’insegna del rinnovo dei valori più importanti e spazio a nuovi ricordi natalizi. Un Natale segnato dalla paura della malattia, dell’abbandono e dalle condizioni economiche di tante famiglie, nella speranza che ne resti solo una parentesi dalla quale “Si può uscire migliori” riprendendo le parole di Papa Francesco.
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Società oggi di Elisa Corni
Gravidanza al tempo del Covid
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n questo 2020 di alti e bassi tante cose sono cambiate. La nostra quotidianità è stata piano piano stravolta; ci siamo fatti sempre più casalinghi; abbiamo cominciato ad apprezzare di più il contatto con la natura e con le altre persone; in molti hanno maturato sensibilità nuove rispetto a prima del lock down; abbiamo imparato a fare a meno del contatto fisico. Ma non sono solo le nostre abitudini ad aver subito radicali cambiamenti. Anche una cosa “naturale” e fisiologica come la gravidanza è cambiata tanto nel corso degli ultimi mesi. A livello globale istituti di ricerca, ospedali e studiosi stanno analizzando come lo stress, il lock-down, il riposo forzato, le difficoltà connesse alle misure restrittive stiano influenzando la gestazione. Di per sé, soprattutto per le mamme e i papà per la prima volta, questo non è un periodo privo di preoccupazioni. Diventare genitori durante una pandemia non semplifica certamente le cose. Le prime indicazioni arrivano direttamente da oltreoceano. Due studi distinti promossi dal Cdc (Centri per la prevenzione e il controllo delle malattie) dicono alle future mamme che per loro valgono ancora di più le regole d indossare mascherina e rispettare le distanze interpersonali. Anche se il rischio di contagiare il bambino è molto basso (3% secondo i dati di ottobre della Società Italiana di Neonatologia), partorire in caso di positività al Covid-19 porta con sé alcune complicazioni. In primo luogo il parto potrebbe rivelarsi più complesso inoltre le misure di isolamento, la riduzione del contatto pelle-a-pelle possono costituire , come dice Fabio Mosca, presidente del Sin,“degli importanti impedimenti ad un corretto e fisiologico
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avvio all’allattamento al seno”. Com’è noto, l’allattamento al seno è la forma di nutrizione del neonato maggiormente incoraggiata a livello globale. Inoltre, come emerso dagli studi statistici, ben 2 bambini su 10 nascono prematuramente nel caso in cui la madre sia positiva al Covid-19. Ma niente panico! Con i dovuti accorgimenti e attenzioni anche durante una pandemia si può vivere quel periodo magico al meglio. L’importante, sottolineano gli studiosi, è evitare proprio lo stress. È questo infatti il peggior nemico delle donne incinte. Questa è infatti, insieme all’infezione da Sars-Covid, una delle principali cause collegate all’aumento generale di nascite premature nel corso del 2020. I dati a disposizione sono ancora pochi, ma sappiamo che per esempio negli Stati Uniti l’incremento è stato del 10% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Sono invece in diminuzione i parti pre-termine tardivi (ovvero tra le settimane 32 e 37). Questo forse perché la costrizione a casa, il poco movimento e il riposo forzato collegato al lockdown avrebbero in molti casi ridotto questo rischio. A dirlo uno studio della Regione Lazio che però purtroppo registra un dato altamente preoccupante: il numero di bambini nati morti nel corso del 2020 è quasi tre volte superiore rispetto al 2019. Si tratta di numeri troppo piccoli per essere considerati un assoluto, ma sono sicuramente un campanello d’allarme. Di cosa? del fatto che è importante continuare a fare le visite mediche durante la gravidanza, visite mediche che nella regione centro-italiana sono crollate nel periodo della pandemia. Le visite mediche sono al centro di una polemica scoppiata nelle scorse setti-
mane. Questo perché una nota coppia di personaggi dello spettacolo ha pubblicato sui social-network una fotografia che li ritraeva durante un’ecografia. Che c’è di strano vi chiederete. Beh, proprio a causa del covid per le coppie “normali” è impossibile farsi un selfie di questo tipo perché alle visite è ammessa solo la madre. “Mi dispiace che il papà non possa partecipare a questo momento, sentire per la prima volta il battito del cuore del suo bambino” scrive una mamma sulla sua bacheca facebook. Ma questa è forse la preoccupazione minore. Durante il primo lockdown ci sono state giornate in cui nemmeno in sala parto era ammesso l’ingresso del padre. Quante neo-mamme hanno passato con ansia e preoccupazione l’idea di affrontare il parto in solitaria? Tante, tantissime. E anche quando l’accesso agli ospedali è stato reso più agile, le cose non andavano meglio. I padri potevano accedere alla sala parto solo per poche decine di minuti; dopo il parto le madri si sono trovate spesso sole per ore e per giorni. Con l’aiuto del personale, certo, ma senza un compagno a fianco al quale era concesso solo di vedere la famiglia al momento della dimissione. Ma tutto ciò ha permesso di contenere la diffusione del virus, cosa non da poco. “Un sacrificio che valeva la pena” scrive un papà su un gruppo per genitori “anche perché grazie al lockdown ho potuto passare molto tempo con loro lavorando da casa!”.
Cultura oggi di Elisa Corni
Una favola per bambini al Forte delle Benne L’Associazione Culturale Forte delle Benne ne ha combinata un’altra. L’associazione e chi vi collabora ci hanno abituato ormai al fatto che ogni anno propongono qualche piccola grande novità: mostre artistiche, laboratori, proiezioni, pubblicazioni, concerti, percorsi digitali, giochi esplorativi, visite artistiche e teatralizzate. In questo 2020 durante il quale sono stati costretti a ridurre notevolmente le attività in presenza, si sono prodigati per elaborare nuove, curiose iniziative. E così sotto l’albero di Natale i soci della realtà culturale e storica con sede a Levico Terme ci fanno trovare un nuovo libro.
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uesta volta però non si tratta di un catalogo fotografico, di un volume collegato a una mostra né di una ricerca storica; il pubblico di riferimento cambia radicalmente dato che l’Associazione Culturale Forte delle Benne chiude l’anno con il suo primo volume dedicato ai bambini. “Alice e il segreto delle Benne” è un albo rivolto ai ragazzi di terza-quarta elementare ed è stato scritto e illustrato appositamente per l’associazione da una coppia affiatata nella vita quanto nella scrittura. Beppe Zampieri, autore del testo, e Manuela Buttignol, artista e illustratrice, sono infatti sposati da molti anni e sono amici dell’associazione fin dalla sua nascita. La storia, originale e inedita, vede protagonista Alice, una ragazzina determinata e coraggiosa che assieme al nonno e alla sua inseparabile amica Spugna, una cagnolina vivace e allegra, vuole scoprire il segreto del Forte delle Benne. Infatti, nelle notti di luna piena un fumo denso si alza dai comignoli di quel luogo abbandonato. Chi vi abita? Un fantasma? E perché continua ad accendere il fuoco al forte? Grazie all’aiuto di alcuni nuovi amici, una gazza chiacchierona e un orso forzuto, il trio riuscirà a fare luce su questo segreto che da oltre un secolo aleggia attorno al forte. Il volume, illustrato con la tecnica
dell’acquerello, porta anche un importante messaggio. “Quello della pace” dichiara il direttivo dell’Associazione Culturale che afferma inoltre che: “l’idea ci è venuta dal fatto che, superato il centenario, i visitatori del forte sono per lo più famiglie con bambini. Gli appassionati di storia e di Grande Guerra ormai ci conoscono, mentre quello delle famiglie è un pubblico nuovo, curioso, aperto ma anche esigente. Era giunto il momento di offrire loro qualcosa di dedicato, oltre alle attività digitali del Forte Digitale inaugurate nel 2019 ma purtroppo sospese a causa del Covid”. Il volume vuole dare il via a una nuova progettazione. L’associazione ha infatti in programma molte attività per il prossimo anno dedicate soprattutto ai più piccini e ai ragazzi. Il tutto correrà sotto il titolo di “Kinderle, il forte dei bambini” e vedrà la realizzazione di laboratori didattici sia artistici che naturalistici, pubblicazioni e spettacoli teatrali rivolti a questo pubblico. “Abbiamo anche deciso di indire un concorso per bambini e ragazzi, cui potranno aderire anche le scuole, per la scrittura di fiabe, favole o racconti” ha spiegato Nirvana Martinelli, responsabile delle attività editoriali dell’associazione. “Una giuria composta da insegnanti, associati e operatori del settore culturale selezionerà i racconti migliori. Questi
saranno poi pubblicati per il Natale 2021. Una strenna di Natale per i nostri bambini”.Le informazioni del concorso si trovano sul sito internet dell’associazione: www. fortedellebenne.it E per il volume “Alice e il segreto delle Benne”? Purtroppo quest’inverno il Forte non aprirà i battenti a causa delle nuove norme contenute nel DPCM di novembre; ma grazie a una rete di sostenitori - librerie, edicole e altri luoghi di commercio - potrete recuperare il libro “Alice e il segreto delle Benne”. Biblioteche e scuole che volessero riceverlo potranno contattare direttamente l’associazione scrivendo a fortedellebenne@gmail.
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Meteorologia e ambiente di Giampaolo Rizzonelli
La nebbia
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no dei pochi posti del Trentino interessato dalla nebbia è proprio la Valsugana, spieghiamo quindi il perché di questo fenomeno. La nebbia non è altro che una nube che si forma in prossimità del suolo dove l’aria a causa dell’umidità diventa satura e dà quindi luogo alla condensazione. Nel caso della nebbia da evaporazione questo è causato dall’umidificazione dell’aria in prossimità del suolo che può derivare dall’acqua che evapora sopra i laghi o da intense precipitazioni. Le condizioni tipiche in cui si verifica questo tipo di nebbia si hanno quando una massa d’aria fredda scorre sopra una superficie d’acqua più calda, come nel caso di quello di Levico, dalla superficie del lago l’acqua evapora e a contatto con l’aria fredda si raffredda e si condensa di nuovo formando la nebbia. In figura 1 è riportato il caso di formazione di una nebbia da evaporazione sopra il lago di Levico fotografata il giorno 18 novembre 2020. Più tipica, soprattutto per quanto riguarda la Valsugana, è la nebbia da raffreddamento che poi è anche il tipo di nebbia che interessa le
Fig. 1 - La nebbia sopra il lago di Levico il 18 novembre 2020
pianure del Nord Italia, e non solo, e a sua volta si distingue in nebbia da irraggiamento e nebbia da avvezione. Nebbia da irraggiamento: si forma dopo il tramonto, ma molto spesso solo qualche ora prima dell’alba, in conseguenza della cessione di calore da parte del suolo per irraggiamento alla libera atmosfera, questo avviene quando c’è cielo sereno (la presenza di nubi ostacola la possibilità del suolo di cedere calore verso lo spazio) e in assenza di vento o al più con vento debole. Lo strato d’aria più vicino al suolo tende a raffreddarsi raggiungendo il punto di rugiada e Fig. 2 - La nebbia sopra levico terme 13 novembre 2020 dando poi luogo alla formazione della nebbia, lo spessore della nebbia tende ad essere compreso tra i 100 e i 300 metri, come testimonia anche la fotografia di figura 2 scattata il 13 novembre
2020 da quota 900 metri circa dalla Panarotta sopra Levico Terme. Con il sorgere del sole poi solitamente, per il calore dello stesso e per i venti che vengono a crearsi in corrispondenza del riscaldamento del suolo e delle masse d’aria, la nebbia tende a dissolversi nel giro di qualche ora, raramente a Levico Terme e in Valsugana la nebbia riesce a persistere per l’intera giornata, il più delle volte tra le ore 11.00 e le 12.00 si è ormai dissolta completamente. Discorso diverso vale per la Pianura Padana dove le nebbie possono persistere per interi giorni dissolvendosi solo parzialmente durante le ore più soleggiate e reintensificandosi nuovamente dopo il tramonto, anche se negli ultimi anni il fenomeno è sempre meno diffuso. Nebbia da avvezione: si forma all’interno di masse d’aria umida e relativamente calda che scorrono su superfici più fredde. Sono tipiche quelle sul mare quando aria calda scorre sopra l’acqua più fredda e tendono poi anche a raggiungere la costa spinte dai venti di brezza durante il giorno.
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Umana-mente di Chiara Paoli
Che Natale ci aspetta? Questo Natale appare come il più cupo di tutta la vita alla maggior parte delle persone, non soltanto per la crisi economica che la pandemia sta generando, ma soprattutto per la paura di non poter festeggiare questa ricorrenza con i propri cari.
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empre sulle spine in vista di un nuovo DCPM, oramai quello che non ci fa dormire non è il film dell’horror visto la sera prima o la cena pesante a base di fritto; sono le notizie dei telegiornali che ci tengono svegli la notte. Siamo bombardati ogni giorno da notizie e da numeri, attraverso la tv, la radio, le pagine Facebook dei comuni che fanno la conta dei positivi, alimentando il panico. Qualcuno si è preparato con largo anticipo al Natale, con albero, luci e decorazioni, un segno di speranza in un momento buio, la voglia di “alleggerire” soprattutto i più piccoli, costretti a tenere tutto il giorno la mascherina a scuola e a limitare le proprie attività sportive e i contatti con gli amici. La consolazione resta forse solo nel pensare che quanto meno con noi ci saranno i famigliari con cui conviviamo, ma il pensiero corre a chi vive da solo. Il pranzo di Natale al ristorante e in compagnia appare come un sogno ad occhi aperti che non potrà essere realizzato, neppure con una lunga e spassionata lettera a Babbo Natale. Unica consolazione, potremo fare la spesa e i supermercati resteranno aperti fino alla vigilia, ci rimboccheremo le maniche e cercheremo di cucinare con le nostre mani sfiziosi manicaretti per le feste. La speranza e il regalo che tutti attendono con ansia per questo Natale è un vaccino, ma soprattutto il ritorno alla normalità. Il dono più bello sarebbe poter festeggiare in compagnia,
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dimenticarci l’uso delle mascherine e poter tornare a baciarci ed abbracciarci più stretti di prima. Niente tombola di Capodanno e niente brindisi in compagnia, questo San Silvestro apparirà un giorno come un altro, con la differenza che tutti incroceranno le dita di mani (e piedi e tutto quanto possibile), nella speranza che il 2021 sia un anno migliore. Forse qualcuno riempirà la casa di amuleti scaramantici per scacciare la negatività del 2020, molti leggeranno l’oroscopo di Fox o di Branko, confidando che sia positivo soprattutto in salute, ma anche per quanto riguarda il lavoro, visto il momento storico e l’amore passerà in secondo piano, rispetto ad altre priorità. Io sono convinta che non tutto il male venga per nuocere e forse da questa pandemia
abbiamo imparato a fare più attenzione al prossimo, ci siamo abituati ad una maggiore igienizzazione delle mani, grande veicolo di germi e diffusore di malattie. Abbiamo però anche capito quanto la vita sia importante e fragile, riscoperto l’importanza e la bellezza dello stare insieme, con parenti e amici. La nostra vita è bella quando è contornata di affetti, intessuta di ricordi, di vissuti ed esperienze fatte insieme, sono questi momenti con parenti e amici che ci arricchiscono profondamente e ci donano felicità, sono questi sempre e comunque i doni più preziosi. Un augurio a tutti per un Natale sereno, felice e in salute e per un 2021 libero dal Covid-19 e all’insegna semplicemente di un ritorno alla normalità, quella che tanto ci è mancata.
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Medicina & Salute di Erica Zanghellini *
Stanchezza da covid Ormai l’emergenza sanitaria si sta prolungando da parecchi mesi tanto che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Salute) ha recentemente parlato di “Pandemic fatige”. Questa sindrome si caratterizzerebbe come una sorta di stanchezza cronica e di sfinimento reattiva proprio a situazioni come quella che stiamo vivendo.
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om’è facilmente intuibile questa manifestazione cognitiva, comportamentale ed emotiva è una reazione comune a situazioni di stress. L’OMS la definisce proprio come “una risposta prevedibile e naturale a uno stato di crisi prolungata della salute pubblica”. In aggiunta, una cosa che può influire negativamente sul nostro benessere e umore è determinata dall’incertezza, nel non poter controllare questa situazione. Alla fine nessuno di noi ora come ora sa, quando questa circostanza finirà e questo può generare ansia, paura e stress cronico.
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La sensazione di sfinimento può essere così forte da farci sentire immobilizzati. L’assenza di energia in realtà ha colpito un po’ tutti, la sentiamo giorno per giorno, ma quando diventa così importante le cose sono differenti e soprattutto non tutti reagiscono alla stessa maniera. Le persone possono manifestarsi apatiche e con sindromi demotivazionali, tanto da arrivare a minare la corretta esecuzione dei comportamenti protettivi raccomandati per la salute di noi stessi e degli altri. La pandemia ha toccato tutti e in un momento così limitativo rispetto il
rinnovare attenzioni e cautele, dopo il periodo estivo (tra l’altro sempre più specifiche) ci mette continuamente alla prova. In realtà stiamo anche assistendo a una quota di persone che non riescono a mantenere un livello di prevenzione adeguato e sufficiente per proseguire le nostre attività necessarie in sicurezza e questo è una gran preoccupazione. Siamo stati spettatori infatti di due step, il primo al principio di questa situazione complicata e difficile, in cui le persone riuscivano ad attivare un sistema di adattamento mentale e fisico. Il secondo, avvenuto poi col passare del tempo in cui per alcuni la situazione di allarme si è “trasformata” e senza rendersene conto è diventata un contesto di “nuova normalità” facendo sì che le persone abbassino la guardia sui reali pericoli. Ecco perché in alcuni casi i messaggi fondamentali ai quali siamo bombardati da tempo, come l’igiene delle mani, l’uso di dispositivi personali come le mascherine e il distanziamento fisico sembrano essere sempre meno efficaci. Perché per le persone è difficile mantenere un atteggiamento coerente ed efficiente per lungo tempo se cambia l’interpretazione
Medicina & Salute e assetto mentale. Il lockdown e il Covid, è inutile negarlo hanno portato stress, ansia, depressione, in alcuni casi stati rabbiosi e soprattutto solitudine determinando effetti devastanti sul benessere psicofisico delle persone, (soprattutto quelle che già erano fragili) ma, sicuramente la paura ci ha spinto a tutelarci e a prendere severi e rigidi provvedimenti. Col tempo però una parte di persone sono diventate più lassive, perché diventando un’abitudine la motivazione crolla ed ecco allora le prime complicazioni più o meno gravi nel mantenere diligentemente le condotte di prevenzione. Non solo, l’Oms parla anche di un altro aspetto nel suo documento”Pandemic fatigue. Reinvigorating the public to prevent Covid-19” non solo di demotivazione, ma anche di scetticismo nel mettere in atto i
comportamenti protettivi raccomandati per diminuire i contagi e tutelarci personalmente e anche a livello di comunità. E come se la persona fosse arrivata a pensare che il “peso” delle restrizioni sia maggiore dei benefici che ne deriverebbero. Si potrebbe per esempio, cominciare a riflettere sul fatto che sia inutile limitare la propria libertà personale per cercare di contenere i contagi, visti i numeri in crescita che ogni giorno ci vengono ricordati. Questo avviene perché, sempre a livello psicologico quello che per noi era una minaccia nuova, sconosciuta e pericolosa, ora sta diventando familiare e quindi meno impellente. Se da una parte risulta essere inevitabile, abbiamo dovuto imparare a convivere col virus, dall’altra esserci abituati al pericolo ma, soprattutto averlo normalizzato e/o minimizzato nella nostra mentalità
determinerà una minor necessità di tutelarsi. È più che comprensibile che dopo tanti mesi in cui abbiamo dovuto rinunciare a cose importanti, come la propria libertà, il festeggiare con i propri cari, o celebrarli, oppure lavorare da casa con bambini, o ancora riuscire a gestire la Dad (didattica a distanza) siamo stanchi, ma dobbiamo rimanere vigili. Tenere a mente l’obiettivo e andare avanti. Purtroppo i prossimi mesi saranno complicati e proprio per questo dobbiamo riuscire a fare squadra e cercare di gestire la situazione nel nostro piccolo il meglio possibile, per noi, per i nostri cari e più in generale per la nostra società. * Dott.ssa Erica Zanghellini Psicologa-Psicoterapeuta Riceve su appuntamento Tel- 3884828675
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Auguri di Buon Natale e sereno Anno Nuovo.
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Cose da mamme e da papà… di Elisa Corni
Un Natale sostenibile Quelle che si stanno avvicinando saranno delle festività decisamente sui generis. Se infatti panettoni, carte da regalo e torroni stanno già riempiendo gli scaffali dei supermercati, dall’altro i numeri relativi al contagio ci proiettano verso un Natale un po’ sottotono. Anche per molte famiglie, che già potrebbero non riunirsi per cenoni e per scambiarsi i regali, le prospettive non sono del tutto rosee. Tra casse integrazioni, settori fermi a causa della pandemia e situazioni complesse, non è detto che si potrà fare grande festa. C’è poi un altro fattore da prendere in considerazione: questa crisi sanitaria per molti ha aperto una nuova visione delle cose. Il riciclo, l’attenzione verso il pianeta e il nostro impatto sull’ambiente, scelte responsabili e sostenibili porteranno molte famiglie a cambiare le abitudini anche per quanto riguarda il Natale. Ai fattori citati si sommano una maggior attenzione verso il commercio locale, i piccoli esercizi, l’artigianato, le imprese familiari, il chilometro zero.
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uanto spesso avete sentito dire: “Quest’anno compro solo dai negozianti di paese!”? Parecchie. Anche perché a volte bastano piccoli gesti per fare grandi regali senza scadere nel banale, senza spendere somme troppo alte e con un occhio di riguardo verso gli altri. Non è detto che il regalo debba per forza essere un oggetto fisico. Anche per sostenere le attività di intrattenimento come parchi tematici, naturalistici, realtà teatrali o i cinematografi si può regalare un ingresso, un abbonamento, uno spettacolo, un corso di danza o di teatro per bambini per
il prossimo anno. In questo modo si può anche sostenere chi, come i parchi faunistici o gli operatori teatrali, è in grave difficoltà perché da mesi non è più operativo. Inoltre fare attività in famiglia con i nostri bambini è bello! Se però cercate qualcosa di materiale, non è detto che i negozi siano il luogo ideale dove andare a cercare. Armadi, soffitte, mercatini delle pulci, la rete con gruppi di scambio oggetti e vendita oggetti usati (spesso nuovi e ancora dotati di cartellino) sono tutti luoghi fisici e non per regali alternativi. Il riuso creativo, poi, può essere una scelta etica (non si produ-
ce scarto) e al contempo economica: oggetti che non usate più possono trasformarsi in qualcosa di nuovo e interessante. Un vecchio comodino può a esempio essere trasformato in una cucina giocattolo per il vostro bambino. E se la manualità non fa per voi, potete sempre cercare qualche artigiano che lo faccia al posto vostro; la rete è piena sia di idee alle quali ispirarsi, sia di artigiani e artisti del riuso da contattare. Potreste anche prendere in considerazione di sostenere con l’acquisto dei regali di natale associazioni o realtà benefiche; in rete ma non solo potete trovare molte occasioni per fare del bene spendendo i vostri soldi, dato che il ricavato è devoluto a progetti, azioni concrete, attività. Vi lasciamo con un’idea particolare per il calendario dell’avvento per i vostri piccini: scegliete un libro, fotocopiatene le pagine e mettetene una per giornata - potete realizzare il calendario con sacchettini di tela o anche con delle buste da lettera sulle quali scrivere il numero del giorno. Ogni giorno leggerete con il vostro bambino una pagina del libro, che sarà poi il regalo dell’ultimo giorno del calendario.
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Leggende in Valsugana di Andrea Casna
Il tesoro della Tor Tonda (Marter)
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i narra che un tempo, quando, gli abitanti di Novaledo si affacciavano alla finestra, durante le notti di luna piena, vedevano la “Tor Tonda” (Le prime informazioni della Torre Tonda risalgono a 1346. Con tutta probabilità faceva parte di una chiusa fortificata composta da più strutture e dallo scomparso Castel Tesobo. Sorge nella frazione di Marter di Roncegno. La tradizione la vorrebbe molto antica, tanto da definirla torre romana.) illuminata da azzurre fiammelle che si tramutavano in mille bagliori dorati, simili a zecchini d’oro. Il tutto spariva alle prime luci dell’alba. Ed era in quel momento che i contadini uscivano di casa per andare alla ricerca, ai piedi della “Tor Tonda”, di qualche zecchino d’oro. Ma le ricerche non portavano mai al risultato sperato. Come per magia, al termine della buia notte, le fiammelle e zecchini sparivano. Gli abitanti del luogo, però, non smettevano mai di parlare di un misterioso tesoro sepolto sotto la vecchia torre. Addirittura si parlava, durante lunghe notti invernali attorno al focolare, di un’antica e grande chiesa sepolta e fatta interamente di oro massiccio. Molti contadini, nei secoli, cercarono, ovviamente con esito negativo, l’accesso a questa antica chiesa. Ma un giorno accadde qualcosa di inaspettato. Era una domenica mattina quando un gruppo di ragazzi, passando davanti alla “Tor Tonda”, videro un signore seduto sopra un sasso. Era elegante e di bell’aspetto. Il signore si intrattenne con i ragazzi raccontando storie divertenti e interessanti. Ad un certo punto l’uomo si rivolse
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al gruppo di giovani amici dicendo: «Bene, carissimi, io adesso devo lasciarvi. Devo andare a controllare se il mio tesoro, sepolto qui vicino, è ancora intatto. Qualcuno di voi avrebbe voglia di accompagnarmi?». Ovviamente i ragazzi, sentendo la parola tesoro, non si tiranno indietro e accettarono di accompagnare il loro nuovo amico. L’uomo si diresse verso la “Tor Tonda”, l’aggirò per poi fermarsi. Si inchinò e afferrò un grosso anello di ferro e lo tirò sollevando una pietra aprendo, così, una passaggio che nessuno, fino a quel momento, aveva mia visto. I ragazzi, fra lo stupore e la curiosità, seguirono il loro nuovo strano amico scendendo nelle profondità della terra lungo una scala a chiocciola. Ad un certo punto tutti si ritrovarono in un lungo e stretto corridoio perfettamente illuminato da delle torce. I ragazzi seguirono l’uomo che li portò in una bella e ampia chiesa: era la famosa chiesa che spesso appariva nei racconti degli anziani. Era tutto interamente di oro massiccio. Ad un tratto il loro stupore fu disturbato da un strano rumore proveniente dall’altare maggiore: era un grande caprone nero che, con far minaccioso, si avvicinò al gruppo di amici, i quali, spaventati corsero via e in un lampo attraversarono il corridoio, salirono la scala a chiocciole per finalmente uscire. Una volta fuori si accorsero che il gentiluomo non era più con loro. «Forse lui e il caprone sono la stessa cosa?» -si domandarono i ragazzi. «Era il diavolo in persona?». Spaventati all’idea di essere stati in compagnia di Lucifero, tornarono al paese raccontando l’accaduto ai
La Tor Tonda
propri genitori. In poche ore la storia fu di dominio pubblico. Al centro delle chiacchiere e delle discussioni, nella piazza e nell’osteria, non l’incontro con il Diavolo, ma la scoperta del tanto desiderato tesoro. La popolazione non stava più nella pelle. Si stava già organizzando per una “spedizione” quando il parroco intervenne ammonendo i propri parrocchiani esclamando «è un tesoro maledetto, custodito dal diavolo sotto forma di caprone» (Caprone infernale. La rappresentazione „animalesca“ del diavolo è legata alle caratteristiche attribuite, nell‘antichità, alle divinità pagane. Il diavolo, infatti, nell‘immginario cristiano, avava piedi biforcuti, corna e barba caprina. Un‘aspetto non molto diverso da quello del dio greco Pan, o della divinità celtica Cernunnos.). E il sindaco: «Bene. Vorrà dire che con l’aiuto del signore
Leggende in Valsugana sconfiggeremmo il demonio e ci approprieremo del tesoro». «Ma come facciamo a sconfiggere il diavolo?» Si domandava ovviamente la gente. A quel punto una donna -sospettata di essere una strega- si fece avanti: «se volete io vi posso aiutare». E i paesani in coro dissero «Sììì..». La donna (Donna/strega. In questo racconto la figura femminile sembrerebbe essere, non tanto una strega, ma una sacerdotessa. Quindi una figura legata al mondo pagano. Il sacerdote e la donna insieme, nello stesso contesto, ci portano quindi a fare un salto temporale in quel periodo di passaggio fra paganesimo e cristianesimo. Infatti la donna prega Adone, divinità classica. Ma nella stessa preghiera la donna si rivolge al Sommo Spirito, o al Grande Spirito. Un dato che ci riporta, in certo senso, ad un contesto culturale, come quello celtico/retico, legato alla
natura. La donna, quindi, in questo racconto rappresenta l’ultimo respiro di un mondo costretto a soccombere e a lasciare il posto alla nuova religione.) si raccolse in preghiera e con voce potente gridò «Sia per sempre lodato e innalzato il nome del Sommo Spirito, al quale m’inchino in questa solenne ora. A te eccelso Adone, dirigo le mie fervide preci: ti supplico di proteggermi e di accordarmi l’onore di inviarmi uno de tuoi umili messaggeri perché, con la di lui mediazione, possa ottenere quello che rispettosamente mi proporrò di domandarti». La strega, pronunciate queste parole, si alzò e si diresse con sicurezza e decisione verso la “Tor Tonda”. Dietro di lei i ragazzi e tutto il popolo. Giunti alla “Tor Tonda” nessuno però riuscì a trovare né la botola, né la pietra con l’anello. Il parroco iniziò a
Tor Tonda (Archivio APT Valsugana)
pregare e la strega fece scongiuri. Il popolo pianse. Ma non servì a nulla. Delusi ... ritornarono alle proprie case. Nei giorni successivi alcuni non abbandonarono le speranze, ma le ricerche ebbero sempre il solito esito negativo. Nelle notti di luna piena, inoltre, non si videro più le misteriose fiammelle e i bagliori dorati .
AAA biblioteca cerca volontari “Per favorire la lettura e il conforto di un buon libro anche in questo periodo di chiusura al pubblico della biblioteca comunale di Pergine Valsugana - i cui servizi rimangono tuttavia attivi in modalità take-away, si cercano associazioni e privati disponibili a svolgere a titolo di volontariato gratuito il servizio di consegna libri alle persone impossibilitate per vari motivi ad accedere al punto prestiti/consegna allestito al pianterreno della biblioteca (persone anziane, persone in isolamento fiduciario, persone ammalate, persone con bambini piccoli da accudire...) .” Questo il messaggio lanciato dalla biblioteca perginese per aiutare chi è costretto a casa dal virus e ha bisogno di qualche bel libro per passare il tempo e viaggiare con la fantasia, verso luoghi magici e inesplorati, dove la pandemia non li può raggiungere. Soprattutto in questo momento difficile, in cui abbiamo bisogno di contatti, possiamo trovare nuovi amici anche attraverso la lettura, come dice la canzone dello Zecchino “Il topo con gli occhiali”: “I libri sono ali che aiutano a volare, i libri sono vele che fanno navigare, i libri sono inviti a straordinari viaggi, con mille personaggi l'incontro sempre c'è”. Per informazioni e per dare la propria disponibilità basta contattare i seguenti recapiti telefonici 0461-502360 o 0461502390; oppure inviare una mail a biblioteca@comune.pergine.tn.it E se i lettori non possono andare in biblioteca, questa, insieme ad altre del territorio trentino, si attrezza per andare da loro! Partiranno a breve gli incontri su piattaforma Meet per il gruppo di lettura e anche la rassegna #paginedautunno cambia veste, approdando on-line. I dettagli per chi vuole partecipare si possono trovare sulla pagina Facebook Biblioteca comunale Pergine. (Chiara Paoli)
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Il Natale di Bontà di Mario Pacher
Echi di un Natale lontano, fatto rivivere in questo patetico racconto Il vecchio Giacomo era organista di un piccolo paese di montagna. Era un uomo alto, con una lunga barba bianca ed era musicista fino in fondo all’anima e durante i bei anni della sua gioventù studiosa, aveva composto una Messa in mi bemolle che doveva assicurargli la gloria. Ma era troppo giovane allora per imporsi al pubblico e troppo poco fortunato anche per far stampare la sua opera. Bisognava attendere. Poi si sposò. Le spese erano aumentate, tuttavia egli economizzava soldo su soldo per far stampare il suo lavoro. Ma più volte fu necessario rompere il salvadanaio, ora era una nascita, ora una malattia, ora un lutto. Il denaro che doveva assicurare la sua gloria servì più di una volta a pagare i debiti e ogni volta davanti ad un salvadanaio nuovo, Giacomo sentiva dentro di se rinascere il coraggio. Tuttavia, un po’ alla volta, il salvadanaio si era di nuovo riempito. Un giorno lo spezzò con mano tremante e tenendo sotto il braccio il fascicolo del manoscritto e carezzando con la mano la pesante borsetta che teneva nella saccoccia, il vecchio Giacomo si avviò alla stamperia. Nel suo cammino passò davanti ad una casa le cui porte e finestre erano tristemente spalancate. Vi entrò e vide due donne in lutto, una vecchia dai capelli bianchi e una giovane dai capelli d’oro. Piangevano serrate una contro l’altra. Il vecchio organista comprese subito tutto il dramma. Con un gesto brusco si avvicinò alle due donne e levando di saccoccia la borsa di cuoio nella quale era stato
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versato il contenuto del salvadanaio della Messa, “prendete questo” le disse. E siccome la donna lo guardava sbalordita, egli insistette: “Prendete vi dico, io sono vecchio. Ho risparmiato questo denaro di cui non so cosa fare”. E scoprendo con un gesto grazioso la sua testa bianca, si allontanò in direzione di casa sua. Ma il buon Dio doveva ricompensarlo della sua generosa azione. Il parroco del paese venne a trovarlo il giorno dopo. S’era alla fine dell’Avvento. Che cosa ci suonerete alla Messa granda la notte di Natale caro Giacomo? Signor parroco, disse il vecchio Giacomo tutto tremante. “Se lei è contendo suonerò una mia Messa, la mia Messa in mi bemolle”. Il parroco esitò un poco. Era la prima volta che Giacomo gli si presentava come compositore. “Ma sì che son contento”, disse dopo un breve istante. “Solamente vorrei che prima me ne deste una prima audizione”. Il parroco lo aspettava con un altro amico, un uomo piccolo, buono, vivace, critico musicale. Giacomo salì la stretta scala della cantoria con una strana luce negli occhi. Dopo qualche istante la melodia saliva verso le volte semibuie del tempio. La voce dell’organo sembrava quella di un vivente. Essa implorava magnificamente al Kyrie mentre accordi di una ricchezza incomparabile si udivano nel Credo e nel Sanctus, così come nell’Agnus Dei. Il parroco e il critico musicale nascosti in uno stallo del coro oscuro, erano inginocchiati con la testa fra le mani in un atteggiamento profondamente commosso.
Come Giacomo, il vecchio organista
Quando la voce sublime cessò di farsi sentire, salirono tutti e due sull’organo. Il vecchio Giacomo era lì, le mani ancora posate sulla testiera, muto con la testa riversata un po’ all’indietro. Un chiarore soprannaturale illuminava la vasta fronte pallida e gli occhi estasiati del vecchio erano fissi verso la volta, dove si vibravano ancora dei brani d’armonia. Parve ch’egli non sentisse i passi né le voci dei due sopraggiunti. Ah, che musica veramente bella signore, diceva il critico, suonatela ad un concerto del conservatorio di Milano e l’indomani sarete celebre, ve l’assicuro. Caro il mio Giacomo avete composto una Messa veramente sublime. Poi, siccome l’organista non si muoveva, il parroco gli toccò la spalla. Il corpo inerte cadde nelle braccia del sacerdote. Il Signore aveva avuto pietà del suo buon servo. Aveva preso il vecchio Giacomo nell’ebbrezza del sogno sublime realizzato e fu in paradiso che all’indomani nella grande festa, il pio e generoso organista eseguì, per la seconda volta, la sua Messa in mi bemolle.
Poesia e prosa
Rose rosse Mi hanno regalato rose rosse per il mio compleanno. Profumano di vita, di primavera, di sogni, di gioventu’. I calici alti per il cielo, e il rosso profondo come la passione. Sono lì, davanti a me e mi guardano. Un giorno, poi due, i petali avvizziti, le foglie fradicie, la morte vicina. Dove corri bella gioventu’? Te ne vai con queste rose, dissecchi nella vita. Ti perdi nella cruda realtà quotidiana. Ahimè! Com’è caduco il tempo. La bellezza scompare in un istante! Le rose piangono la giovinezza fuggita all’improvviso. Io piango il dolce ricordo che ad esse mi lega. Addio freschezza, gioventù, sogni,amore, ricordi... La morte si avvicina! Addio rose rosse! Non profumate più! Mani non più gentili vi afferrano e vi buttano via.
Bianca Pecoraro
La voglia di amare La mia voglia di amare! Il mondo ha distrutto anima e sentimenti, il cuore a pezzi. La mia vita senza pace. Un fremito mi tocca. Le cose mi sciupano. Parole fredde, parole come spilli che danno tanto dolore. Mi turba la gente che giudica, che fa tanto male e che, indifferente, non ama. L’amore cos’è? Interesse, calcolo, capriccio? Un caro vecchio senza anima? Un corpo mi resta, senza illusione, senza vita. Un corpo che non ha più cose belle, sogni, le fantasie della fanciullezza. Sognavo,ma poi la vita, il dolore e l’età che passa mi terranno nell’inferno. Finchè sarò polvere.
Come eravamo
Borgo - piazza degli uffici
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Che tempo che fa di Giampaolo Rizzonelli
Ottobre 2020: un mese freddo seguito dall’estate di San Martino o Estate Indiana
I
l mese di ottobre 2020 ci aveva fatto assaporare un inizio di inverno prematuro che si è poi dimostrato effimero, prima di addentrarci in numeri e statistiche basta osservare la foto di figura 1 che mostra il confronto di Monte Trentin 2320 m. immortalato il 17 ottobre, perfettamente innevato e il 10 novembre, con praticamente tutta la neve sciolta. Quanto fosse stata particolarmente fredda la prima parte di ottobre è testimoniato dalla cartina di Fig. 2, nella quale sono riportate le anomalie di temperatura per l’Europa nella settimana 11-17 ottobre, per capirci la differenza di temperatura sul Trentino è arrivata addirittura a -9°C rispetto al medesimo periodo 1981-2010. Se si analizzano i dati per l’intero mese di ottobre 2020 cosa otteniamo? Partiamo da Levico Terme: Qui di seguito i valori normali confrontati con i valori rilevati ad ottobre 2020. Fig. 3 Levico Terme temperature mese di ottobre 2020 confronto con valori normali VALORI NORMALI °C
OTTOBRE 2020 °C
DIFFERENZA °C
MEDIA DELLE MINIME
+6,7
+5,2
-1,5
MEDIA DELLE MASSIME
+16,6
+16,4
-0,2
MEDIA MENSILE
-11,7
+10,8
-0,9
Fig. 1 - Differenza innevamento Monte Trentin m. 2320 17 ottobre vs 10 novembre
Quindi un mese di ottobre per Levico più freddo della media. E a livello nazionale? Dall’analisi effettuata dal CNR ISAC, vedi immagine fig. 4, risulta che il mese di ottobre 2020 per l’Italia è stato più freddo di 0,78°C rispetto alla media 1981/2010, il 103° più caldo dal 1800 o se vogliamo il 119° più freddo (più caldo fu il settembre 2001 con un’anomalia di +2,35°C, più freddo quello del 1808 con un’anomalia di -4,5°C). E a livello mondiale? Il grafico di figura n. 5 del NOAA USA (NOAA National Centers for Environmental information, Climate at a Glance: Global Rankings,
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Fig. 2 anomalie temperatura Europa settimana 11-17 ottobre 2020 vs 1981/2010
Che tempo che fa
Fig. 4 - Temperatura media Italia ottobre 2020 deviazione da media 1981-2010
Fig. 5 - Anomalie temperatura media Pianeta Terra mese di ottobre dal 1880 al 2020
published November 2020, retrieved on November 15, 2020 from https:// www.ncdc.noaa.gov/cag/ ) ci dice che l’ottobre 2020 è stato il 4° più caldo dal 1880 con un’anomalia di temperatura di +0,85°C rispetto al periodo 1901-2000. Quindi ancora una volta un mese particolarmente caldo per la Terra, questo ci insegna che non dobbiamo solamente guardare il nostro “orticello”, ma osservare sempre cosa succede su l’intero pianeta. L’estate di San Martino o Indian Summer Ma dopo questo ottobre cosa è successo? È piuttosto evidente agli occhi di tutti, anche dei meno esperti o appassionati di meteorologia, come le prime settimane di novembre siano state caratterizzate da cielo sereno, temperature miti (soprattutto in montagna) e marcata inversione termica, il tutto provocato da una solida alta pressione di matrice africana che ha stazionato sul Mediterraneo centro occidentale e l’Italia. Questo non è un fenomeno inusuale e viene chiamato l’Estate di San Martino o Indian Summer (estate indiana) nei paesi anglosassoni. Perché estate di San Martino? La leggenda narra
che nel 335 D.C. ci fu un inverno molto freddo, Martino che era un legionario incontrò un mendicante infreddolito e divise con lui il suo mantello tagliandolo a metà, dopo questo gesto la temperatura aumentò diventando l’aria tiepida. Ma al di là della leggenda, perché si verifica frequentemente questo fenomeno di caldo successivamente a un inizio di autunno freddo?. È infatti frequente, specie nella prima metà di novembre, assistere a un periodo relativamente mite delle condizioni atmosferiche, causato da espansioni dell’Anticiclone delle Azzorre o addirittura del promontorio sub-tropicale africano (come successo quest’anno). Va detto che ad inizio novembre l’emisfero nord ha iniziato da poco a raffreddarsi e spesso le acque del Mediterraneo sono ancora tiepide, da qui nascono questi episodi. Per quanto riguarda il nome anglosassone Estate Indiana, ci sono molte ipotesi al riguardo, una delle più accreditate sembra derivare dall’usanza dei nativi americani che a metà autunno attendevano un periodo di tempo mite per terminare i lavori di approvvigionamento in vista dell’inverno.
Per quanto riguarda l’estate di San Martino 2020, ho effettuato un confronto tra la prima decade di ottobre 2020 con la prima decade di novembre, ne è risultato che, specie in montagna è stato più freddo ad inizio ottobre che non ad inizio novembre (vedi fig. 6). Per quanto riguarda le stazioni di fondovalle il dato che risulta evidente sono le temperature massime della prima decade di novembre, a Levico Terme il termometro ha raggiunto i +19,4°C il 6 novembre, mentre la media delle massime della prima decade è pari a + 16,3°C che corrisponde ai valori normali delle massime per l’intero mese di ottobre. Tra le stazioni in quota, spiccano i valori massimi rilevati a Passo Sella (2240 m.) con +14,3°C registrati il 2 novembre, stessa temperatura massima che era stata rilevata il 14 agosto. E spiccano ancora di più i +10,1°C rilevati ai 2950 m. del Sass Pordoi il 2 novembre, temperature decisamente estive per queste altitudini. Queste temperature hanno portato come diretta conseguenza lo scioglimento della neve come già visto in apertura di articolo e se il proverbio dice che “una rondine non fa primavera”, si potrebbe crearne uno “una nevicata non fa inverno”, ma ci erano già arrivati prima i nostri avi con il detto “Se ‘l fioca su la foia ven n’inverno che fa voia”, tradotto in italiano “se nevica sulla foglia viene un inverno che fa voglia”, ovvero mite senza neve, ma speriamo che non sia così.
Fig. 6 - Confronti temperature delle stazioni meteo della rete Meteotriveneto MEDIA PRIMA DECADE OTTOBRE 2020
MEDIA PRIMA DECADE NOVEMBRE 2020
DIFFERENZE
SASS PORDOI 2950 m-
-1,6°C
+2,0°C
+3,6°C
PASSO SELLA 2240 m.
+3,4°C
+6,1°C
+2,7°C
PASSO CAMPO CARLO MAGNO 1660 m.
+5,1°C
+5,7°C
+0,6°C
STAZIONE METEO E QUOTA
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LA CLESSIDRA
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Cristini io iz r u a M a cura di
CRUCI...TRENTINO CRUCI... TRENTINO
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15 Scrivete nello schema le parole corrispondenti alle definizioni e formate dalle lettere elencate. Partendo dalla prima parola, la successiva conterrà le stesse lettere, meno una. Dopo la strozzatura della clessidra, le parole sono formate da lettere che per le definizioni successive aumentano sempre di una lettera rispetto alla precedente parola. A gioco ultimato, tutte le lettere date dovranno essere consumate. Leggendo di seguito quelle nelle caselle colorate, si otterrà il nome di un latticino. aa bbbbbbb ccccccc iiiiiiiiiiiiiiii nnnnn ooooooooo rrrrrrr sssssss ttttt uuuuuu 1. Movimento intenso e vorticoso di aria - 2. Abbronzato, di colore scuro - 3. La città di Raffaello - 4. Ci sono quelli Fruttiferi Postali - 5. Lo sono cirri e nembi - 6. Oscuri e tenebrosi - 7. La seconda su 21! - 8. Lo iodio per il chimico - 9. L’ultima nota - 10. Un’incognita algebrica - 11. Si dividono i profitti dell’impresa - 12. I conterranei di Napoleone Bonaparte - 13. Visti di sfuggita - 14. A volte vi ci si trova una perla - 15. Si usa per spolverare.
SOLUZIONI NR. DI OTTOBRE 2020 CRUCI... TRENTINO 1
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CRUCI...TRENTINO: MORTANDELA
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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nomignolo col quale sono chiamati i giocatori della squadra di calcio dell'US Telve.
A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà ORIZZONTALI: 1. Ampie rade marine - 6. Al tempo delle filande, era il nome dato a Strigno al bozzolo imperfetto o il nomignolo col quale sono chiamati i giocatori della squadra di calcio dell’US Telve. contenente il baco da seta morto - 12. Ungere... a Roncegno o a Pergine - 13. Re dei Visigoti che nel 410 saccheggiò Roma - 14. Imbrogliare, truffare - 16. Ogni mattina aprono i negozi - 19. Adolescenti - 23. L'Olanda sulle targhe - 24. Il geloso dell'opera lirica - 25. Nello stemma della Povincia di Trento - 29. Il Ness... di un favoloso mostro - 31. Il ORIZZONTALI: 1. Ampie rade marine - 6. Al tempo delle filande, era il nome cognome del regista, sceneggiatore e umorista che si firmava Steno - 32. Ente Nazionale di Addestramento Professionale (sigla) 33. Lercio, lurido - 34. Un antico e storico Palazzoildibaco Trento -da 36. seta Separano la F dalla I - 37. Un dato a Strigno al- bozzolo imperfetto o contenente morto - 12. tempo si chiamava Eridano - 38. Capoluogo d'Abruzzo (targa) - 39. L'Ippolito scrittore garibaldino - 43. La stanza degli Ungere... a Roncegno o a Pergine 13. Re dei Visigoti che nel 410 saccheggiò inglesi - 45. Vive fra solide mura merlate - 48. Uomo non in divisa - 49. Coraggio, ánimo! - 50. Si legge sull'interruttore spento. Roma - 14. Imbrogliare, truffare - 16. Ogni mattina aprono i negozi - 19. Adolescenti - 23. L’Olanda - 24. Il geloso lirica - 25.il Commissario Nello stemma VERTICALI: 1. Palla in sulle rete! - targhe 2. Titolo per Deputato (abbr.) dell’opera - 3. L'attore che interpreta Montalbano (iniz.) - 4. Si spargono sui campi coltivati - 5. Arrabbiato, furioso - 6. Albero molto diffuso nei boschi trentini - 7. Aereo della Povincia di Trento - 29. Il Ness... di un favoloso mostro - 31. Il cognome del che decolla al traino - 8. Conifera che fornisce ottimo legno per scandole - 9. In questo istante - 10. Il primo e più famoso grattacielo di Milano...eper i meneghini che - 11. Ilsi servizio imprendibile 15. In Fisica indica un miliardo regista, sceneggiatore umorista firmava Stenonel-tennis 32. - Ente Nazionale di di elettronvolt (sigla) - 17. Tutti, nessuno escluso - 18. La sigla della Provincia confinante con quella di Trento Addestramento Professionale 33. Lercio, 34. Un e storico all'Osteria del Termine - 20. Pianticella(sigla) velenosa- molto diffusa neilurido boschi -trentini, dettaantico Rosa di Natale - 21. Città svizzeradi sulTrento Lago Maggiore 22. Titolo onorifico (abbr.) -I 26. Il noto Nissan - 27. Elizabeth per gli amici Palazzo - 36.- Separano la F dalla - 37. Uncrossover tempo si chiamava Eridano 28. La zanzara della malaria - 30. Era un coupé familiare della Lancia - 35. Disco in vinile di dimensione più grande di - 38. Capoluogo d’Anei bruzzo 39.Ideali... L’Ippolito scrittore garibaldino - 43. un 45 giri - 36. I l Pian pressi di(targa) Fornace -- 40. senza pari! - 41. Quarantacinque romani - 42.La Storica organizzazione paramilitare francese guerra di Algeria - 44. La- 48. conduttrice di C'è posta te e di-Amici stanza degli inglesi - 45. Viveattiva fra nella solide mura merlate Uomo non inper divisa (iniz.) - 46. Savona - 47. L'ONU senza... Organizzazione!. 49. Coraggio, ánimo! - 50. Si legge sull’interruttore spento.
VERTICALI: 1. Palla in rete! - 2. Titolo per Deputato (abbr.) - 3. L’attore che interpreta il Commissario Montalbano (iniz.) - 4. Si spargono sui campi coltivati - 5. Arrabbiato, furioso - 6. Albero molto diffuso nei boschi trentini - 7. Aereo che decolla al traino - 8. Conifera che fornisce ottimo legno per scandole - 9. In questo istante - 10. Il primo e più famoso grattacielo di Milano... per i meneghini - 11. Il servizio imprendibile nel tennis - 15. In Fisica indica un miliardo di elettronvolt (sigla) - 17. Tutti, nessuno escluso - 18. La sigla della Provincia confinante con quella di Trento all’Osteria del Termine - 20. Pianticella velenosa molto diffusa nei boschi trentini, detta Rosa di Natale - 21. Città svizzera sul Lago Maggiore - 22. Titolo onorifico (abbr.) - 26. Il noto crossover Nissan - 27. Elizabeth per gli amici - 28. La zanzara della malaria - 30. Era un coupé familiare della Lancia - 35. Disco in vinile di dimensione più grande di un 45 giri - 36. Il Pian nei pressi di Fornace 40. Ideali... senza pari! - 41. Quarantacinque romani - 42. Storica organizzazione paramilitare francese attiva nella guerra di Algeria - 44. La conduttrice di C’è posta per te e di Amici (iniz.) - 46. Savona - 47. L’ONU senza... Organizzazione!.
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CIMOSA = cancellino della lavagna (A) SUSTA = stanghetta degli occhiali (R) PETRICORE = profumo della terra bagnata dalla pioggia (D) TURCASSO = custodia per le frecce dell'arco (I) GIBIGIANA = gioco con la luce solare riflessa da uno specchio su una parete (G) BARDOTTO = incrocio fra un cavallo e un'asina (L) ANGUE = serpente (I) POLENA = decorazione scultorea che ornava la prua dei vascelli (O) DIASTEMA = spazio tra i denti incisivi superiori (N) APOTROPAICO = scaramantico (E)
1,5 € - COPIA OMAGG
COSA SIGNIFICA? ARDIGLIONE
ORIZZONTALI: 1. I tacchini di Canezza - 5. Comune del bellunese che avrebbe voluto passare sotto Trento - 10. Si celebrano quelli della S. Pasqua e del S. Natale - 11. Quelle delle acque minerali devono essere certificate sull'etichetta delle bottiglie - 13. Abbagliato da luce intensa - 15. Non si dice insieme a me! - 16. Nei film western è abbreviato in Doc - 17. A Levico Terme si esibisce sul piazzale presso la chiesa - 19, Il fiume di Berna - 20. Il Gianni che conduceva Mixer in TV - 21. La nota in questa frase - 23. Catania - 24. Il più famoso Capo di Stato cinese - 25. Trasformano il cardo in calco - 27. Il pilone... meno pio! - 29. In fondo alla gabbia - 31. Il forte ciclista slovacco che è stato tre volte Campione del mondo su strada (iniz.) - 33. Una signorina buonasera del video - 37. Fa spesso le ore piccole - 38. Avere rancore, detestare - 39. Un personaggio di tante fiabe per piccini - 41. La targa della città dello Spumante Moscato - 42. Arbore cantava che "brilla" in ogni casa - 44. Il più alto Capoluogo d'Italia (targa) - 45. Un treno che fa concorrenza al Freccia Rossa - 47. Lo sono le scandole - 49. Sia Destro che Sinistro sono frazioni di Avio - 50. L'ex mulino che a Borgo Valsugana ospita una Mostra Permanente della Grande Guerra.
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A gioco risolto, leggendo di seguito le lettere nelle caselle a sfondo colorato, si otterrà il nome di un tipico salume del periodo autunnale prodotto anche nella zona dell'Alta Valsugana.
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ANNO 6 - DICEMBRE
2020
gratuito Periodico azione e cultura d’inform
VERTICALI: 1. La frazione più occidentale di Pieve Tesino - 2. Una preposizione articolata - 3. L'isola di Penelope 4. Il suono dell'orologio - 5. Il nome del regista Besson - 6. La sua capitale è Riyad - 7. Il gas che esce dai becchi della cucina - 8. La sua fascia ha un buco che desta preoccupazione - 9. E' agli antipodi dell'Italia (sigla) - 11. Il segno tra i fattori - 12. Si può spedire anche da un cellulare - 14. Un fungo che ha specie mortali diffuso anche in Valsugana - 18. Il decilitro - 20. Sono uguali nella femmina - 22. Stretto con lo spago - 26. Bimba con gli stessi anni di mia figlia - 28. Il valore di un danno - 30. Il punto culminante di una vicenda - 31. Lo fu un esodato valsuganotto della I° Guerra Mondiale in Moravia - 32. L'ultima nota - 34. Tuta... senza capo! - 36. Il tallio del chimico - 40. Un Guglielmo arciere 43. Un vegano... in breve - 45. Precede il V° in gara - 46. In mezzo ai pollai - 48. L'inizio delle Olimpiadi.
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LEVICO TERME
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Il numero di dicembre di Valsugana News è stato chiuso in redazione il 30 novembre 2020
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