L’artista di casa nostra di Giacomo Pasquazzo
Albano Tomaselli 165 anni dopo “Come un sogno fu la [sua] vita”
I
n “Ricordanze”, Giacomo Leopardi cattura la prematura scomparsa di Nerina, paragonandola alla fugacità di un sogno. E la frase “Come un sogno fu la [sua] vita” riesce ad esprimere anche la giovane vita dell’artista Albano Tomaselli, che nacque nel 1833 a Strigno di Castel Ivano e morì nel 1856 a Firenze. Nonostante la prematura scomparsa, Tomaselli è da ritenere a buon diritto uno dei più grandi talenti nell’ambito dell’arte dell’Ottocento trentino. Figlio del calzolaio e sarto Giuseppe e di Elisabetta Carraro, venne battezzato con il nome di “Albano Fortunato”, un caso di nomen omen. A 165 anni dalla scomparsa è bene segnalare che questo artista non gode di una monografia nella quale sono riassunte, analizzate e descritte le opere. Due furono e sono ancora oggi i principali “biografi” del Tomaselli: l’amico Camillo Boito, che in un capitolo di “Storielle vane” (1876, Treves editori, Milano) lo ricorda anche tramite un suo autoritratto, e il conterraneo Guido Suster, in “Del pittore Albano Tomaselli di Strigno” (riportato in “Guido Suster Alla benevolenza del lettore” a cura di Attilio Pedenzini e Vito Bortondello, marzo 2004, Croxarie, Strigno). In attesa di un’opera critica e artisticamente articolata rispetto a questo pittore, la vita di Albano rappresenta tuttora
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qualcosa di straordinario, perché, pur di umilissime origini, questo giovane artista fu in grado di ricevere numerosi premi ed apprezzamenti nel corso della sua breve carriera e anche post mortem. Basti pensare che a fine 2019 una casa d’aste padovana ha venduto in poco tempo un suo disegno: ciò dimostra che l’ammirazione permane e ammalia ancora i conterranei. Albano Tomaselli non è quindi soltanto il nome della biblioteca comunale
di Castel Ivano ma è quel ragazzotto descritto dal Boito (op. cit.) che aveva “nel suo genio qualcosa di Raffaello Sanzio”. La maniacale cura del dettaglio da parte del Tomaselli si può cogliere appieno in “Visione di San Daniele con San Michele Arcangelo” nella chiesa di Arsiero, l’opera più imponente dipinta dall’artista (e conclusa, purtroppo, da un collega a causa della prematura scomparsa): la figura dell’Arcangelo è così imperiosa che l‘occhio del visitatore viene subito catturato dalla mano destra di San Michele che trattiene la spada; lo sguardo poi scivola sull’insicura mano destra di San Daniele che tenta di fermare la visione. Invece per tutti gli appassionati d’arte, che sono restii a compiere delle gite fuori porta, mi sento di consigliare la consultazione del “Quaderno di schizzi e disegni”, pubblicato online dalla Biblioteca di Trento nella sezione “Biblioteca digitale trentina” (https://bdt.bibcom.trento. it/Iconografia/14521#page/ n111). Questo piccolo volumetto di 113 pagine assume un’importanza considerevole, in quanto unicum, nell’ambito dell’analisi storico-artistica del pittore strignato: nelle varie figure emerge con forza la ricerca ossessiva del vero, l’attenzione prestata alle linee, la tensione per la cura dei particolari e l’accostamento continuo fra personaggi del passato come Enrico VI