SONO 180 GRAMMI, LASCIO?
Lost in the Stars: The Music of Kurt Weill, Hal Willner
Di bistecche, leggi morali e musica trasversale di Giovanni Papalato
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i tanti dischi raccontati su queste pagine, alcuni hanno riferimenti carnivori più espliciti di altri che sono invece da cercare. È il caso della copertina del tributo alla musica di KURT WEILL, che raffigura diversi oggetti al posto dei brani, abbinati agli artisti che li interpretano. Ecco quindi che una bistecca campeggia sopra il nome di TOM WAITS. È senz’osso, quindi dovrebbe venire dalla parte centrale della schiena del bovino, visto che, partendo dalla sua metà, si ricavano prima le lombate e le costate, poi le fiorentine per poi terminare con il pregiato scamone. Qui rappresenta un tassello che serve a costituire un mosaico che vuole agitare chi lo osserva, in questo caso chi ascolta la canzone musicata da Weill. Ci torneremo a tempo debito. Partiamo prima da contestualizzare il disco che abbiamo tra le mani. “Lost in the Stars” è uno dei primissimi album di tributo pubblicati. È l’inizio degli anni Ottanta quando il produttore HAL WILLNER pensò e realizzò “Amarcord” in omaggio a NINO ROTA, un disco in cui i brani non fossero interpretati da un unico artista ma un lavoro eterogeneo costituito da diversi artisti e produttori. Fu il primo di una serie che comprende anche questo dedicato a Weill, uscito nel 1985. Negli anni si sono alternati, all’interno di un continuo aumento di pubblicazioni, comprese quelle a scopo di beneficenza, raccolte autoreferenziali, in cui gli artisti cercano solo promozione tra un disco e un altro, e progetti di grande valore artistico e di grande ispirazione per
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approfondire il lavoro del soggetto celebrato oltre che apprezzare le cover registrate. “Lost in the Stars” appartiene decisamente a questa seconda categoria. Un artista che ha avuto la capacità di mescolare la musica colta, classica, per opere e balletti a quella più popolare dove il quotidiano è imprescindibile, che si rappresenta a Broadway e si suona attraverso le radio. Dagli esordi nel 1920 nella sua Germania alla morte per attacco cardiaco nel 1950 a New York, ha fatto in tempo ad essere celebrato in ogni ambito in cui ha composto musica lavorando, solo per citarne alcuni, con FRITZ LANG, JEAN RENOIR e BERTOLT BRECHT. Diversi brani di questo disco appartengono al catalogo delle opere scritte assieme al drammaturgo tedesco, in particolare dall’Opera da tre soldi e al ciclo di Mahagonny (Ascesa e caduta della città di Mahagonny). C’è qualcosa nella loro musica teatrale prodotta negli anni Venti che parla concretamente all’America, un’alchimia figlia di una contaminazione che non si è esaurita nell’attimo immediato di una stagione. La disillusione che porta sì tristezza ma anche conoscenza e infine saggezza, l’identificazione dell’ascoltatore nella rappresentazione. Prendiamo The Ballad Of Mack The Knife cantata praticamente da chiunque (LOUIS ARMSTRONG, BOBBY DARIN, FRANK SINATRA, ELLA FITZGERALD, ROBBIE WILLIAMS…) una melodia imprescindibilmente dalla cultura europea e statunitense dal jazz al pop. Qui nella voce spigliata di STING, all’epoca dell’esordio da solista dopo lo scioglimento
dei Police avvenuto solo un anno prima, completamente a suo agio nell’arrangiamento disinvolto di fisarmonica e ottoni, a scapito di un testo crudo e spietato. Un contrasto armonico che pervade il lavoro di Weill, che troviamo anche in The Cannon Song a firma STAN RIDGWAY di Wall of Voodoo: l’orrore della guerra qui reso in un’orchestrazione scintillate è una declamazione cinica nell’epicità. L’impressione che ogni brano sia scritto apposta per artisti contemporanei è impressionante e si rafforza con Ballad of the Soldier’s Wife in cui MARIANNE FAITHFULL si muove con naturalezza, tra tasti di pianoforte e una melodia obliqua su cui insistere e aggrapparsi. La suite/medley di diversi momenti di Johnny Johnson raggruppata da VAN DYKE PARKS tra archi, fiati assieme a banjo e armonica illumina la connessione tra la tradizione di musical newyorchesi e la matrice geniale del compositore tedesco. Di nuovo un brano che vive di eterogenee interpretazioni, quella Alabama Song diventata folk e ubriaca per i DOORS, a quella post punk di BOWIE, che qui suona new wave tra batteria elettronica e chitarre filtrate interpretata dalle voci di RICHARD BUTLER, leader di Psychedelic Furs, e ELLEN SHIPLEY. Una Youkali Tango strumentale, spogliata del testo e quindi inedita nella drammatica e bellissima versione di ARMADILLO STRING QUARTET, precede la conclusione del primo lato con Der Kleine Leutnant Des
Eurocarni, 9/21