LE STORIE
LEZIONE 13 CITTÀ CHE CAMBIANO
Una lettera da Wuhan
In questa lettera il racconto della quarantena dell’artista cinese Feng Chen. «Mi chiamo Feng Chen e sono nato a Wuhan. Il 17 gennaio 2020 sono tornato a Wuhan con il treno rapido da Hangzhou per festeggiare il nuovo anno con la mia famiglia. In quel periodo ancora nessuno indossava la mascherina. Il 23 gennaio, la Cina ha dichiarato di avere chiuso la città di Wuhan a causa del Coronavirus. In questi oltre 50 giorni di isolamento, il mio stato d’animo è passato dal senso di sopraffazione e ansia dei primi tempi fino all’attuale atteggiamento propositivo con cui porto a termine
gli obbiettivi che mi prefisso per la giornata. In questo arco di tempo, ho maturato un po’ di esperienza e alcune riflessioni. Bisogna fare il possibile per avere comunque una vita piena e influenzare in maniera positiva e con un atteggiamento ottimista le persone che ci stanno al fianco. Appena sveglio, la prima cosa che faccio è comunicare la mia temperatura corporea alle autorità sanitarie attraverso una applicazione telefonica, il passo successivo è leggere le notizie. Dopo essermi riposato dopo pranzo, verso le tre del pomeriggio io e la mia famiglia giochiamo tutti insieme a ping pong. Da quando abbiamo deciso di
trasformare il tavolo della sala da pranzo in un tavolo da ping pong, per il pranzo ci resta solamente la metà del tavolo. ... A causa dell’isolamento, tutte le notizie sul mondo esterno arrivano da internet. Queste informazioni - monotematiche e sgradevoli - possono facilmente influenzare il nostro umore. Io credo che si debba restare informati ma con razionalità. Credo che l’isolamento metta alla prova il modo in cui l’individuo reagisce alle crisi. La cosa più importante è mantenere viva la curiosità, usando il tempo che abbiamo a disposizione per fare ciò che in passato non abbiamo mai osato fare.»
Città proiettate nel next normal
La “micromobilità” delle bici e dei monopattini elettrici.
La crisi legata al Covid-19 ci pone una domanda: a che cosa serve davvero una città? A favorire la crescita economica di un Paese e diventare motore dello sviluppo, mantenendosi sempre in competizione con le sue rivali sulla scena mondiale? O a migliorare la qualità della vita di tutti, favorire la sostenibilità e la capacità di affrontare le difficoltà come nel caso della pandemia? La risposta sta nel trovare il punto di equilibrio fra le due opzioni, in modo che una non escluda l’altra. Non è facile, ma la pandemia ci ha resi protagonisti di un esperimento in tempo reale, ricco di esempi di come potrebbero essere le città, città più sostenibili di quelle in cui viviamo oggi. Il next normal non è semplicemente sinonimo di “futuro”, è un termine che sottolinea che c’è stato un prima e un dopo, e che finita la pandemia dovrà emergere una nuova normalità, diversa da quella precedente e più consapevole del nostro impatto sul Pianeta. In molti Paesi, Italia compresa, alcuni cambiamenti in campo economico e dei trasporti, sono già in atto: ad esempio la diffusione dello smart working e il potenziamento delle piste ciclabili, o la limitazione del traffico a favore di spazi pedonalizzati e più verdi. Inoltre si sono moltiplicate le reti di assistenza create da comuni cittadini che si offrono volontari per aiutare chi è in difficoltà. Lo zoo dei microbi
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DIRITTO – La fonte principale dell’ordinamento giuridico
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Un mondo che cambia
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