Inferno
gli ingordi e i golosi
N
eve, grandine e pioggia a cascata mi viene addosso come gran secchiata e c’è un odore forte e nauseabondo, dinanzi a me un grande mostro immondo. Ha occhi di fuoco in tre canine teste, semina più terrore della peste e, mentre abbaia dimenandosi arrabbiato sbrana vorace un per un dannato. È Cerbero custode dell’Averno, degno di stare nel profondo Inferno e, prima che di me lui faccia pasto, col fango lo sazia il mio Maestro. È questo il cerchio di ingordi e di golosi, costretti adesso, luridi e puzzosi, come maiali nel fango a rotolare, a mangiar melma e farsi divorare. Incontro qui d’un tratto un paesano, si chiama Ciacco e a lui chiedo il destino della Firenze a me davvero cara e lui predice ad essa sorte amara. Nel mezzo di mia vita, in bui tempi, mi son trovato tra tanti tormenti, e, preso da tristezza e nostalgia, vorrei tornare presto a casa mia.
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