L'ITALIA E LE GUERRE BALCANICHE

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STATO MAGGIORE DELL'ESERCITO

UFFICIO STORICO

ANTONELLO F. M. BIAGINI

LE GUERRE BALCANICHE

ROMA- 1990

L'
I TALIA E

PROPRIETA' LETTERARIA

Tutti i diritti riservati.

Vietata la riproduzione anche parziale senza autorizzazione.

Ufficio storico SME - Roma 1990

Con questo lavoro il prof Antonello Biagini aggiunge un nuovo tassello a quel vasto programma di ricerca e valorizzazione dei documenti prodotti dagli addetti militari italiani impegnati, a vario titolo, nell'area danubiano -balcanica .

Collaboratore apprezzato dell'Ufficio, l'Autore è attualmente impegnato in diversi settori della ricerca archivistica: le Commissioni interalleate di controllo dopo la prima guerra mondiale e la pubblicazione del Diario Storico del Comando Supremo (1940 -1943) .

L'area danubiano -balcanica costituisce, da sempre, la regione dove maggiormente si è rivolto l'interesse della politica estera italiana sospinta dalla tradizionale e consistente presenza culturale e commerciale pre-unitaria, rafforzata dalla realizzazione dell'unità nazionale che finisce per costituire, idealmente, un esempio da imitare e seguire. Il "momento" delle guerre balcaniche che avrebbe dovuto suggellare il definitivo compimento del lungo e travagliato cammino verso l'indipendenza delle nazionalità balcaniche si rivela effimero, anche se - sul piano pratico - non mancano consistenti risultati che mineranno, come si vedrà a breve distanza con la prima guerra mondiale, definitivamente l'esistenza dell'impero ottomano.

PRESENTAZIONE
IL CAPO DELL'UFFICIO STORICO.

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L'AREA BALCANICA ALLA VIGILIA DEL CONFLITIO

Nel primo Novecento, pur nell'intricato tessuto di aspirazioni e obiettivi diversi e spesso inconciliabili dei vari paesi balcanici, i momenti unificanti sono essenzialmente due: il passaggio da Nazione a Stato nazionale indipendente; la volontà di "costruire", nonostante le contrapposizioni locali di origine remota, un'azione comune antiturca e an tiau striaca.

Anche se faticosamente - attraverso un lungo processo di maturazione politica e militare - la formazione degli Stati nazionali finirà con il realizzarsi, ma proprio a causa dell'attuazione di tale progetto nasceranno gravi problemi per la definizione dei territori di appartenenza a ciascuno dei nuovi Stati nazionali e a quelli preesistenti.

Sarà la Serbia, per prima, a registrare la necessità di una alleanza balcanica capace di contrapporsi alle iniziative egemoniche dell'Austria, più che evidenti dopo l'annessione della Bosnia-Erzegovina; nonostante le vecchie rivalità sulla Macedonia (1 ), essa aveva rapporti di collabora-

(1) La Serbia inizia una politica interlocutoria con gli altri Stati balcanici, divisi da molteplici e differenti progetti; particolarmente rilevante il problema e la relativa soluzione della "questione macedone", sulla quale confluivano le mire di Bulgaria, Grecia e Serbia, intenzionate a sottrarre ai turchi un territorio di grande interesse strategico per la sua centralità geografica rispeuo all'intera penisola balcanica. Ragioni politiche, forti componenti etniche e religiose, pretese di annessioni territoriali rendono estremamente precario l'equilibrio di forze nei Balcani, mentre per altro l'oggetto principale del contendere - la Macedonia - si "muove" contestualmente verso l'unità nazionale. In un clima di sostanziale destabilizzazione, il momento unificante è rappresentato dalla linea comune antiausrriaca e, soprattullo, antiturca.

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zione con la Bulgaria- onnai accomunata e legata alla Serbia dal problema dell'anarchia macedone - e, non senza difficoltà, stipula il trattato del marzo 1912 - col placet della diplomazia russa (2) che sancisce formalmente l'azione comune di Serbia e Bulgaria (3) contro l'inserimento dei paesi europei nell'area balcanica. Nel maggio successivo, l'aggiunta al trattato di una convenzione militare finirà coll'indicare l'effettiva natura dell'accordo, motivato e voluto in funzione anti -Turchia.

Analoghe ragioni porteranno la Serbia ad avvicinarsi agli altri Stati balcanici e a stipulare con essi trattati e convenzioni, costituendo in tal modo l'alleanza tra Serbia, Bulgaria, Montenegro, Grec ia.

Sullo sfondo complessivo degli avvenimenti interni all ' area balcanica, non meno complessa sarà la politica internazionale dei principali paesi europei, interessati per un verso al mantenimento degli equilibri diplomatico-territoriali -e dunque sostanzialmente aJia conservazione degli imperi plurinazionali- rivolti, per altro, ad appoggiare, per differenti ragioni e in apparente contraddi zione, i movimenti di indipendenza degli Stati balcanici.

La crisi bosniaca del 1908-1909 , conclusasi con l'annessione della regione da parte dell'Austria-Ungheria e le inutili e vane proteste della Serbia, può a ben diritto e s sere considerata uno dei prodromi delle guerre balcaniche e del più vasto conflitto mondiale. Vivaci erano state le reazioni della Serbia, che considerava la Bosnia-Erzegovina come un territorio di propria appartenenza per diritto di nazionalità. Il governo serbo e il ministro degli Esteri tentano, inutilmente, di ottenere compensi territoriali (4). La Serbia, in questo caso non appoggiata dalla Russia -

(2) La Russia non aveva alcuna mira sulla Turchia europea e non possedevacome le altre potenze - né banche né ferrovie nei paesi b a lcanici. Il suo unico interesse era quello di impedire la penetrazione sia austriaca che tedesca, ma solo condividendo e favorendo alcune iniziative, come l'accordo serbo - bulgaro, sen za intervenire direttamente e apertamente in un conflitto che avrebbe potuto comportare implicazioni di portata europea. Il potenziale di pericolosità di una guerra nei Balcani era sta to avvertilo anche dalla diplomazia europea, tant'è che le potenze della Triplice avevano evitato di compromettersi, fondamentalmente per evitare ogni possibile scontro con la Russia.

(3) All'interno dei due paesi, però, elementi di opposizione, cercheranno in ogni modo di ostacolare l'accordo, evidenziando e ingigantendo le differenze anche etnicorazziali, al fine di impedire l'alleanza serbo-bulgara.

(4) Papa a Pollio, Belgrado 8 ottobre 1908, Eventi in Serbia relativi alla annessione della Bosnia-Erzegovina all'Austria, Stato Maggiore Esercito - Archivio Uffi -

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impegnata a definire la questione degli Stretti e ad avvicinarsi alla Francia e all 'Ing hilterra - è costretta a cedere e ad accettare l'avvenuta annessione (dichiarazione di Belgrado del 31 marzo 1909). Da quel momento la Bosnia sarà la "terra irredenta" per eccellenza e il contrasto con l'Austria sarà insanabile. Dietro suggerimento della Russia, la Serbia cerca allora di instaurare rapporti di buon vicinato con gli altri Stati balcanici (5). L'altra grave questione che complica e rende particolarmente intricati i rapporti nella penisola balcanica è la situazione della Macedonia.

Già nel marzo 1911 il colonnello Merrone, addetto militare a Sofia, sottolinea che ogni primavera porta nei Balcani nuove preoccupazioni per il timore di probabili sollevazioni in Albania, fac ilitate dalle armi distribuite quasi giornalmente per sostituire quelle confiscate dalle autorità t urche. Queste ritengono che fucili e munizioni abbiano provenienza "non bosniaca ma sicuramente italiana: fucili e munizioni passano l'Adriatico, sono ricevuti dal Montenegro, e di là fatti passare sul territorio turco, specialmente nel territorio di Peé e nella regione del vilayet di Scutari. Tale opinione si collega a quella circa volontari italiani pronti a partire per l'altra sponda dell'Adriatico".

cio Storico, raccoglitore (r.) 36; ID., Beli,rrado 11 ottobre 1908, Situazione in Serbia; ID., Belgrado 15 ottobre 1908, Recenti avvenimenti in Serbia . Condizioni dell'Esercito; ID., Belgrndo 23 ottobre 1908, S ituazione attuale in Serbia.

Nell'affrontare l'analisi di questa area geo-JX)litica è stata utilizzata una particolare fonte, quella cioè della documenta zione prodotta dagli addetti militari. Attraverso l'apporto di tale "nuova" fonte analitica - di non secondaria importanza rispetto alle fonti tradizionali - è possibile proporre un valido contributo che possa affiancarsi degnamente alla storiografia italiana e internazionale che si è impeg nata sul tema in oggetto .

Salvo diversa indicazione ci si riferisce all'Archivio dell ' Ufficio Storico dello Stato Maggiore Esercito I fondi utilizzati sono: Addeui militari (G 29); Corpo di Stato maggiore. Corrispondenza (G . 24); Carteggio SME. Scacchiere orientale. Ufficio coloniale. Stati esteri. Stati balcanici (G. 33). Per alleggerire il testo delle note si è seguito il criterio di indicare il cognome dell'addetto militare estensore del rapporto, città e data di provenienza, il raccoglitore, quando presente l'oggetto.

(5) Papa, Bucarest 4 gennaio 191 I, Principali avvenimenti in Serbia durante l'anno 1910, r. 20. Papa sottolinea l' importanza del trattato di commercio appena concluso con l'Austria e le oggettive difficoltà per una completa intesa con la Bulgaria a causa della questione macedone: " ... su quel terreno le aspirazioni serbe e quelle bulgare si troverebbero sempre in conflitto ed è probabile che tale conseguenza costituisca sempre un limite ad una salda unione tra i due governi ... ".

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Si guarda con viva preoccupazione alle scelte politiche della Bulgaria. Questi infatti, "scossa dalla convenzione turco-rumena, ha già trovato alleanze per equiparare i due nemici che la serrano, e pensa che può ancora correre verso la grande sua aspirazione, ora che la Turchia è in progresso militare sì, ma non completo, e lo Yemen è in fiamme, e l'Albania si riprepara alla riscossa e la Macedonia è sempre potenzialmente pronta ... ". La pretesa tendenza bulgara all'offensiva, che pure circola negli ambienti diplomatici e militari, è però da escludere: "indagini mie, assicurazioni datemi dal ministro della Grecia, notizie riportate da qualche addetto militare che era stato in escursione in località prossime alla frontiera turco-bulgara ... "portano ad escludere tali propositi offensivi . Certo non è possibile ignorare !'"eccitazione" della stampa e dell'opinione pubblica di Sofia! Per dare un quadro completo della situazione, Merrone ritiene perciò utile, prima dell'inizio della primavera, delineare lo stato dei rapporti tra i vari Stati balcanici: "e così vedremo che sono i soliti mali e le solite aspirazioni che travagliano questi paesi".

Uomini politici romeni dichiarano che la politica della Romania è assolutamente pacifica e i rapporti con i Gabinetti di Vienna, Berlino, Roma e ·Costantinopoli sono cordiali. Tale politica non deve comunque intendersi pacifica ad ogni costo; se infatti qualche paese avesse violato Io status quo nei Balcani, la Romania avrebbe allora reagito di conseguenza per difendere, in maniera opportuna, i propri interessi; essa perciò vuole tenersi le mani libere e non intende stipulare accordi che possano vincolarla (priva di fondamento è dunque la voce circa una convenzione turco - romena).

Analoga è la posizione della Bulgaria, che all'epoca è particolarmente impegnata nei problemi interni di carattere economi co-finanziario ed è inoltre consapevole della sua reale inferiorità militare nei confronti dell'Impero ottomano; pur essendo ancora vivo il rammarico per l'occasione perduta nel 1908, si stima più opportuno attendere momenti più favorevoli e ritardare quindi la soluzione della questione macedone. Da quando è caduto il partito stambulovista, "che con tutte le sue grandi pecche, resta sempre quello che ha maggiormente lavorato per la realizzazione delle aspirazione nazionali, ha emancipato la Bulgaria da soverchianti influenze straniere, ha cooperato alla diffusione dell'idea nazionale in Macedonia, ha dato all'esercito la sua massima efficienza", la Bulgaria ha scelto una strada diversa: "il partito democratico attualmente al governo ha trascurato la propaganda in Macedonia, non ha concesso maggiori somme al bilancio della Guerra, si è alienato la simpatia della Serbia e si è reso la Romania diffidente". La realizzazione del sogno di una grande Bulgaria è, dunque, più che mai lontana.

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Solo un accordo con il Montenegro potrebbe consentire alla Bulgaria di uscire dall'isolamento nel quale si trova in quel momento. Tale accordo, a giudizio dell'ufficiale italiano, è più che altro un espediente per intimorire la Sublime Porta "col l asciarle credere che, in fondo, la Bulgaria poteva contare su qualche appoggio".

Da escludere invece un qualsiasi accordo tra il governo greco e quello bulgaro. Più plausibile è l'ipotesi che bulgari e greci di Macedonia, i due elementi cristiani più forti della regione, possano temporaneamente cessare le ostilità tra loro per opporsi "agli incorreggibili sistemi di intolleranza e di persecuzione adottati anche dal nuovo regime turco". Data questa intesa tra le razze è naturale che le due istituzioni che le rappresentano, il patriarcato e l'esarcato, abbiano pensato ad un riavvicinamento ed eventualmente ad un accordo sulla base del diritto canonico. Greci e bulgari di Macedonia cercano dunque una convergenza su ciò che da sempre li ha divisi, e cioè la lotta per la propaganda religiosa, lotta "sapientemente alimentata - commenta Merrone - dal vecchio regime turco". Gli elementi e le motivazioni che rendono improbabile tale unione sono molteplici: la Bulgaria avrebbe dovuto rinunciare "all'esarcato che costituisce un'arma preziosa nelle sue mani per agire secondo le sue mire sulle popolazioni bulgare dell'Impero turco", e ad alcune precise aspirazioni nazionali. Una volta realizzata l'unità, in una eventuale attribuzione delle diocesi - attribuzione effettuata secondo il metodo della maggioranza della popolazione e intesa come ripartizione in zone di influenza - la Bulgaria avrebbe guadagnato qualche diocesi nella parte settentrionale del vilayet di Salonicco e nel sangiaccato di Uski.ib, ma sarebbe parallelamente rimasta esclusa dalla parte meridionale del vilayet di Salonicco e dall'intero vilayet di Adrianopoli "nelle quali ultime località la popolazione greca supera la bulgara in proporzioni schiaccianti . Alla Bulgaria sarebbe in tal modo non solo tagliata la via di Costantinopo li , ma anche precluso quello sbocco al Mare Egeo che le era stato concesso nel trattato d i Santo Stefano. E questo costituisce il punto debole di tutte le attuali trattative che si dicono correre tra patriarcato ed esarcato".

A questo si deve aggiungere che i bu l gari hanno già perduto terreno in Macedonia per la diminuita azione di propaganda del governo e, soprattutto, per il colpo ricevuto con la condanna "dei suoi principali notabili " . Di questo si sono avvantaggiati immediatamente i serbi che hanno aperto numerose scuole mentre i comitati turco-macedoni di "Unione e Progresso" lavorano attivamente sulla base del più spinto nazionalismo, soffocando, in Macedonia, le varie nazionalità non ottomane escludendone i rappresentanti dai posti più importanti dell ' amministrazione.

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Halil bey, presidente del congresso dei comitati di "Unione e Progresso", ha apertamente dichiarato che le truppe turche avrebbe operato il disarmo dei cristiani, l'annientamento delle bande ribelli, l'espulsione dei "patriarchisti ed esarchisti", l'immigrazione musulmana nei villaggi cristiani e il boicottaggio ad oltranza al fine di togliere a quelle nazionalità "ogni illusione di una grande Bulgaria, di una vecchia Serbia, di una grande Serbia, e di un'Albania indipendente".

Non a caso, in quel periodo, in Bulgaria è ben viva la preoccupazione per la massiccia immigrazione in Macedonia di musulmani bosn iaci, stabilitisi nei maggiori centri bulgari e fomiti dallo Stato di terreni demaniali, "ovvero espropriati a' cristiani" .

La momentanea pacificazione tra greci e bulgari non preoccupa il governo ottomano il quale può vanificarla a suo piacimento con il concedere privilegi particolari all'una o all'altra delle due nazionalità. Le autorità ottomane avrebbero invece dovuto temere l'ipotesi di un'alleanza tra bulgari e albanesi poiché "si tratta di due elementi veramente forti ed energici, ben distinti di razza, con interessi ben distinti ed in genere non opposti, talché il loro buon accordo non sarebbe facilmente turbato dalla reciproca diffidenza, né dal sospetto che l'uno di essi col tempo avrebbe predominanza sull'altro o addirittura assorbirlo". Ma tutto ciò è difficilmente realizzabile poiché l'elemento albanese, pure in permanente ribellione, non è ancora sufficientemente organizzato e l'elemento bulgaro è fortemente condizionato dai colpi subiti.

Per quanto attiene ai rapporti tra il Montenegro e l'Albania, i problemi sul tappeto sono il conflitto di confine e gli emigrati albanesi: trattative, dall'esito incerto sono in corso tra il governo montenegrino e il governatore generale di Scutari.

I continui scontri hanno origine dalla "difettosa e irregolare delimitazione del confine e non avrebbero potuto cessare che con una rettificazione della stessa". La commissione mista turco-montenegrina, costituita per risolvere il contenzioso, ha raggiunto non senza difficoltà un accordo sulla costituzione di una zona neutra di circa 400-500 metri tra i due Stati con il divieto per i due contraenti di costruire posti fortificati.

Più complicato e di più difficile soluzione il problema dei profughi albanes i, che continuamente si rifugiano in Montenegro . Più volte il governo ottomano ha promulgato o promesso amnistie per quelli che fossero rientrati in Albania e fin dal 1910 re Nicola ha sollecitato i capi albanesi in questo senso. Questi, però, hanno sempre opposto un deciso rifiuto, chiedendo come garanzia alla Sublime Porta un'amnistia generale, il permesso per gli albanesi di svolgere il servizio militare nel territorio del vilayet e il risarcimento per le armi confiscate e i beni distrutti o incendiati dalle truppe regolari. Tali condizioni, estese a tutte le tribù del

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Malissori (Hoti, Grudi, Kastrati, Skreli, Chiala), vengono accettate dal governo ottomano, ma non tutti i ribelli prendono la via del ritorno. Gli ortodossi di razza serba, i musulmani emigrati, molti cristiani, nel timore di successive persecuzioni, restano in Montenegro in attesa della conclusione delle trattative.

L'Impero ottomano infatti, pure favorevole all'amnistia generale, vuole escl udere da questa alcuni capi albanesi per deportarli in Asia minore. Così Isa Boletini, uno dei massimi esponenti, rimane in Montenegro e continua a dirigere l'attività delle bande che provocano continui scontri con le truppe regolari. Re Nicola, nel marzo 1911, indirizza un memorandum alle potenze affinché con opportune pressioni sulla Porta rendano possibile l'estensione dell'amnistia nei confronti di tutti gli albanesi. La Russia si dichiara favorevole per togliere al Montenegro il protettorato di fatto sugli albanesi, protettorato che, senza dubbio, costituisce l'obiettivo principale di re N icola , il quale - per accreditarsi come unico protettore degli albanesi - assume anche impegni di carattere finanziario oggettivamente superiori alle forze del suo piccolo Stato.

Re Nicola "ha la ferma convinzione che un tranquillo, graduale e ordinato progresso civile ed economico del Montenegro è impossibile, tanto quanto la prosperità delle sue finanze; e ciò per lo squilibrio permanente, insanabile tra i bisogni e le risorse del paese". Il Montenegro infa tti non ha né industrie, né commerci, ~é popolaztone e territorio sufficiente alla vita di uno Stato moderno. E un paese di soldati, "alle armi deve la sua esistenza alle armi il suo ingrandimento territoriale, alle armi il conto in cui - malgrado la sua piccolezza - è tenuto. Solo alle armi può domandare un avvenire. Tale è il sentimento del sovrano, tale il sentimento collettivo del popolo".

Il sovrano ritiene dunque che le potenze europee, di fronte a un suo eventuale, improvviso e audace colpo di mano, possano reagire solo con note diplomatiche di condanna e l'inevitabile riconoscimento del fatto compiuto per evitare crisi politiche più gravi.

Sono voci e opinioni che circolano negli ambienti politici e diplomatici, non suffragate da prove certe, mentre - e questo è invece un elemento di certezza- "prima di decidersi a scontentare la Russia e peggio ancora a perderne il potente ausilio materiale e morale da così lungo tempo goduto, il Montenegro rifletterà bene ai casi suoi".

In conclusione, scrive Merrone, i problemi che travagliano la vicina penisola balcanica sono immensi e di estrema gravità: è la conflittualità fra i vari popoli a non permettere la formazione di una solida alleanza e, dunque paradossalmente contribuisce a mantenere quello status quo funzionale ai disegni delle potenze europee che in quello scacchiere svol -

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gono la loro politica basata sull'indebolimento dell'Impero ottomano, ma non sulla sua fine (6).

Commentando il lungo e "pregevole" rapporto del collega, il colonnello Vittorio Elia, già addetto militare a Costantinopoli, sottolinea in un Promemoria come il fenomeno di cui si discute non sia nuovo nella penisola balcanica e ricorda per esperienza diretta il 1905 (marzo-aprile), con la Turchia seriamente impegnata nello Yemen, le ribellioni e le repressioni del 1906 e del 1908 in Macedonia, quando "dai regni di Serbia, di Bulgaria, di Grecia, partivano serie proteste" destinate a riman ere espressioni verbali . I paesi balcanici, in altri termini, non riescono a cog liere i pur numerosi momenti di debolezza dell'Impero ottomano, come per esempio quello dell'estate 1908, quando si accende la ribellione delle tmppe di stanza in Macedonia e in Tracia che dà il via al movimento costituzionale dei Giovani Turchi; questi ufficiali, che hanno subito l'influenza delle idee liberali e costituzionali europee, debbono gestire una delle crisi più gravi per l'integrità dell'Impero: l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria-U ngheria e la proc lamazione della Bulgaria in Stato indipend ente.

"Questa modificazione dello status quo dei Balcani a danno dell'Impero ottomano fu, come è noto, più formale che reale, poiché l'alta sovranità della Sublime Porta su quei paesi era altrettanto nominale quanto lo è oggi quella su Creta: ma colpì il prestigio del nuovo regime di fronte alle popolazioni dell'Impero così gravemente che parve per un momento unica via d'uscita per i turchi quella di una guerra, pur essendo questa una così rischiosa impresa".

D'altra parte, mentre la Bulgaria - grazie anche ai recenti successi - sembra disposta ad attaccare la Turchia, la Serbia, a causa dell'annessione della Bosnia e dei provvedimenti militari adottati dall'esercito asburgico, mostra un atteggiamento di attesa che allontana, almeno per il momento, il pericolo di una guerra nei Balcani: "altre gravi questioni, la cui soluzione si imporrà a scadenza più o meno lunga, nelle quali è direttamente interessata la Turchia e che sono estranee agli affari balcanici si vanno maturando. Alludo in prima linea a quella che si chiama la «questione del Kuwait», che riflette cioè gli interessi inglesi nel Golfo Persico e che( . . .) dovrà essere risoluta d'accordo con il Regno Uni to prima che l'ultimo tronco della ferrovia di Baghdad si affacci allo sbocco di Bassora". La lotta dunque è tra la Gran Bretagna e la Tur-

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(6) Merronc a Pollio, Sofia 12 marzo 1911, Turchi e rumeni, bulgari e montenegrini, greci e bulgari, monteneg rini e albanesi, r. 18.

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chia, ma in realtà nasconde lo scontro fra gli interessi britannici e qu e lli tedeschi. Altre gravi questioni sul tappeto sono, in quel momento, la controversa frontiera fra Turchia e Persia, il conflitto di interessi in Egitto, il problema dell'irrigazione in Mesopotamia, la frontiera fra l'Egitto e la Tripolitania, e - infine - il riaccendersi del panslavismo da un lato e del nazionalismo islamico dall'altro.

L'intreccio delle numerose questioni indicate avrebbe creato i presupposti per una guerra che gli Stati balcanici potevano utilizzare per soddisfare le rivendicazioni nazionali (7).

Sulla questione macedone ritorna ancora Merrone, nel gennaio 1912 , e ricorda innanzi tutto che il comitato segreto dell'associazione internazionale rivoluzionaria dei Frères Rouges ha indirizzato al governo dei Giovani Turchi un appello - pubblicato poi sui giornali di Costantinopoli, Sofia, Belgrado, Atene - per la distribuzione delle terre agli agricoltori; tra gli scopi dell'associazione, in primo luogo, la lotta contro la "reazione in tutti i paesi balcanici" e l' appoggio alla "fraternità e indipenden za dei popoli balcanici, assicurate da una confederazione balcanica".

Commentando questo appello, Merrone sottolinea l'attivismo delle numerose associazioni operanti in Macedonia, alcune delle quali sono di nuova costituzione - come quella appena segnalata - altre di più antica tradizione, che dopo un periodo di inattività "tornano ora ad agire con veemenza". Negli anni 1902-1903, un centinaio di ufficiali bulgari - aderenti ad una associazione macedone molto estesa e potente (i l Comitato Supremo) - hanno soggiornato in Macedonia per or ganizzare la propaganda e le bande armate; nel 1908, e fino al 1911, l'associazione langue per la mancanza di aiuti da parte del governo di Sofia e sopravvive solo per l'impegno dei bulgari -macedoni.

Il governo bulgaro dunque non sostiene in quegli anni le bande bulgaro-macedoni e solo negli ultimi tempi Ivan Gesov, presidente del Consiglio e ministro degli Affari Esteri, ha attenuato la politica di pace verso la Turchia essendo l'opinione pubblica bulgara irritata per le questioni ferroviarie, per il trattato di commercio, per la delimitazione della linea di confine e per i continui incidenti di frontiera, momenti tutti in cui la Turchia non ha dimostrato la stessa volontà di pace della Bulgaria.

In quel momento dunque le bande in Macedonia sono costituite da soli bulgari macedoni anche se la Bulgaria può contare in Macedonia su

(7) Elia, Promemoria, Roma 20 marzo 1911, r. 10.

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un largo seguito. Di queste cose si deve tenere conto in quanto sono "questioni che danno visione più chiara dell'approssimarsi dei conflitti armati e - quel che è più - fanno calcolare con maggiore approssimazione i vantaggi e le difficoltà che, nello sviluppo delle prime operazioni campali, potranno avere gli eserciti regolari in lotta".

Il disinteresse parziale di Sofia per la Macedonia in quel momento nasceva, a giudizio dell'ufficiale italiano, dal fatto che la Bulgaria, raggiunta l'indipendenza, è passata "per i due stadi della sua nuova storia: la resurrezione e il fortunato ingresso sulla via del benessere". Nella fase della "resurrezione" si desidera che tutti i bulgari siano uniti in un unico Stato e quindi si invoca in ogni occasione la guerra contro la Turchia. Il raggiunto benessere attenua questo atteggiamento così che "ciò che era facile ottenere appena o poco dopo la re surrezione (riunire anche i macedoni alla Bulgaria, e la Russia lo aveva fatto a Santo Stefano) non è più conveniente forse farlo con una guerra ad iniziativa della Bulgaria". Gli stessi stambulovisti, all'opposizione, hanno assunto un atteggiamento moderato nel giudicare la politica estera del governo e questo spiega l'atteggiamento della Bulgaria che nel 1903, nel 1908 e nell'ottobre 1911 non ha mosso guerra alla Turchia. Da qui l'affermazione che "nella prossima primavera - se pure il conflitto italo-turco dovesse durare - nessuno degli Stati balcanici aggredirà la Turchia". Non la Serbia "oltre modo paurosa di ogni complicazione", non la Grecia, né il Montenegro che mantiene viva la ribellione dei Malissori ma nulla può da solo ora che Serbia e Bulgaria rifiutano qualsiasi alleanza o intesa. La Bulgaria, "la più forte voce dei Balcani" tende a stabilizzare la propria posizione finanziaria e quindi "solo per complicazioni indipendenti da essi e per complicazioni che compromettessero il suo avvenire, ordinerebbe una mobilitazione e si lancerebbe in una guerra". Solo l'Austria, "con una politica aggressiva nei Balcani'.', può far nascere complicazioni e può gettare nella guerra questi paesi "ma anche di tale possibilità per parte della nostra alleata - quest'anno almeno -pare che non si debba temere".

Si può dunque concludere che "a meno d ' imprevisti (e qui gli imprevisti possono sorgere da un momento all'altro) anche nella prossima primavera si avrà, può darsi, un'altra fiammata dell'Albania (questa vol ta accompagnata, forse, da fiammate in alcune regioni della Macedonia) ma complicazioni internazionali, no" (8).

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(8) Merrone a Pollio, Sofia 13 gennaio 1912, Situazione politico-militare in Macedonia e in Bulgaria a fine anno 1911. Associazione internazionale balcanica dei

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Ma la questione macedone avrebbe continuato a tenere viva l'attenzione degli osservatori e finisce comunque per essere al centro degli interessi politici della Bulgaria. Nel giugno 1912 l'organizzazione interna macedone decide di riprendere in pieno l'attività terroristica in Macedonia e la propaganda in Bulgaria (9). Riunioni, relativamente segrete, tra ufficiali bulgari confermano quali e quante siano ormai le spinte verso una guerra contro la Turchia. Particolarm ente attivo, in questo tipo di propaganda, il partito stambulovista, al quale, in definitiva, appartengono, quasi tutti gli ufficiali dell'esercito.

Il giornalista e uomo politico Simeon Radev, in via confidenziale, conferma all'ufficiale italiano che "un trenta-quaran ta ufficiali dell'esercito attivo da qualche giorno, si riuniscono segretamente: sono ufficiali della guarnigione di Sofia e delle provincie. Vanno alle riunioni con abito borghese e la maggior parte di tali ufficiali era nelle bande macedoni nel 1902" (10).

Gli avvenimenti in Macedonia (gesti terroristici etc.) dimostrano ben presto la rinnovata attività del Comitato bulgaro-macedone mentre gli scontri tra le bande ribelli e i turchi, gli atti terroristici che avvengono nella regione macedone più vicina a quella dove si svolge l'insurrezione albanese, la relativa tranquillità della zona ad oriente destano le preoccupazioni dei bulgari-macedoni: "e infatti - qualora si formasse un unico grande vilayet d'Albania, e questo grande vilayet comprendesse la zona di maggior rivolta attuale e tutto il territorio a destra del Vardar - la Macedonia di aspirazione bulgara rimarrebbe inghiottita dagli albanesi in buona parte. Si ricordi che il confine della Grande Bulgaria di Santo Stefano passava a occidente di Dibra, a sud di Monastir, un po' a nord di Salonicco e poi raggiungeva la costa del Mar Egeo che seguiva fino a

"Fréres Rouges", residente in Macedonia. Associazione segreta che fa capo al tenente colonnello Nikoloff per la regione macedone a sud della frontiera bulgara. Associazione nel 1erritorio di Uskiib. Mancanza, nelle bande macedoni, di bulgari nati in Bulgaria. Aumento di forza dell 'esercito bulgaro al di là della sua frontiera in caso di guerra. Politica turco/ila dell'attuale gabinetto bulgaro. Disinteresse, nel momento presente, del popolo bulgaro nella questione macedone. Sguardo sintetico alla situazione politico -militare degli Stati balcanici; previsioni per la prossima primavera, r. 19.

(9) Merrone , Sofia 11 giugno 1912, l'azione del comitato interno macedone in Bulgaria, r. 19.

(10) Mcrrone, Sofia 20 luglio 1912, Riunioni segrete tra ufficiali bulgari; ID., Congresso a Sofia dell'organizzazione interna macedone, (Sofia 22 luglio 1912), r. 19.

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Dedeagach [Alexandroupolis]".

Se dunque sono in fermento i bulgari di Macedonia ancor più Io sono quelli di Bulgaria appartenenti a quei partiti che hanno invocato a più riprese la necessità di un'azione decisa del governo per risolvere la questione macedone: "forse ( ... ) tali partiti sentivano istintivamente che l'intelligente e continuo lavorio dell'Austria in Albania e in Macedonia si sarebbe avvantaggiato - come si è di fatto avvantaggiato - della nuova caratteristica a base nazionali stica ed autonoma della rivoluzione albanese di quest'anno". All'Austria, infatti, intere~sa costituirsi la strada "meno malagevole possibile" verso Salonicco. E quindi interesse della monarchia asburgica che la Bulgaria, "la più potente forza militare nei Balcani, non po ssa avanzare più alcuna pretesa nella zona del Sangiaccato di Novi Pazar. Se tale zona fosse stata tutta dell'Albania, semplice provincia turca, l'Austria avrebbe potuto continuare il suo "lavorio" con propagandisti e denaro. Analogamente se l'Albania fos se divenuta provincia autonoma o completamente indipendente, l'Austria avrebbe potuto estendere "la sua alta e ferrea protezione". In sostanza, conclude l'addetto militare italiano, l'Austria è riuscita ad ottenere dalle più varie situazioni diversi numerosi vantaggi per la sua politica di espansione ( 11) .

Altro elemento di grave perturbazione dell'equilibrio balcanico è costituito dall'instabilità politica interna del nuovo regime dei Giovani Turchi: l'annessione della Bosnia-Erzegovina ne ha scosso il prestigio; il fallimento della politica di superamento delle nazionalità, le continue rivolte in Alba nia e in Macedonia, la perdita della Tripolitania dopo il conflitto con l'Italia (12) hanno aggravato la crisi interna suscitando frequenti sedizioni fra gli ufficiali turchi che chiedono una politica più incisiva e il rispetto dei programmi formulati per la rivoluzione del 1908(13).

In questa congerie di problemi nasce, si svi lupp a e si concretizza l'idea di una Lega balcanica . Essa si deve all'iniziativa della Serbia e ha

(11) Mcrrone, Sofi a 6 agosto 1912, Bande bulgaro-macedoni in Macedonia e la questione macedone in relazione alla questione albanese, ivi.

(12) Mcrrone, Sofia 24 settembre 191 2, Ciò che si dice a Costantinopoli circa le trattativa di pace con l'Italia. Crisi finanziaria in Turchia; ID., Sofia 3 ottobre 1912, La Bulgaria e la pace tra l'Italia e la Tur c hia, ivi. In sos tanza in Bulgaria è be n viva la speranza di poter approfittare in qualche modo del conOitto italo -t urco.

(13) Mcrrone, Sofia 3 luglio 1912, Spedizione militare in Turchia; ID., Sofia 5 luglio 1912 , Ribellione militare in Turchia; ID., Sofia 26 luglio 1912, Situazione a Costa ntinopoli, ivi.

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L'Italia e le guerre balcaniche

un precedente nel tentativo operato nel 1868 dal principe di Serbia Michele Obrenovié. Dopo l'annessione della Bosnia appare chiaro in Serbia e negli altri paesi balcanici che solo un'alleanza può definitivamente eliminare il dominio ottomano sulla penisola; i contatti e le trattative con Bulgaria, Grecia e Romania si intensificano. Nel ge nnaio 1912 in Serbia è ancor ben viva la preocc up azion e per il prolungarsi della guerra italo-turca e si teme che una conflagrazione balcanica possa avvantaggiare l'espansione dell'Austria verso sud (14). Ipotesi questa da escludere in quanto, a giudizio dell'addetto militare in Serbia, non è interesse dell'Austria estendere la propria dominazione su altre popolazioni slave "le quali concorrebbero ad accrescere le difficoltà che creano al governo di Vienna quelle già facenti par te dell'Impero". L'unica regione che può realmente interessare la Monarchia asburgica è l'Albani a per una maggiore libertà di movimento della flotta imperiale (15).

Il 3 marzo 1912 Serbia e Bulgaria concludono una alleanza difensiva con riferim e nto implicito all'Austria. I due Stati si impegnano per un aiuto reciproco, in caso di attacco di un terzo St ato; per un 'az ione comune, nel caso qualche potenza avesse occupato territori b alcanici sotto la giurisdizione della Sublime Porta, e per la futura spai1izione della penisola. Alla Serbia sarebbero andati i territori della Vecchia Serbia ed il Sangiaccato di Novi Pazar, mentre alla Bulgaria i territori ad oriente della catena dei Rodopi e dello Struma. La Macedonia sarebbe divenuta provincia autonoma, secondo le as pirazioni della Bulgaria, oppure divisa: la parte settentrionale affidata alla Serbia, quella intorno ad Ochrida a lla Bulgaria e una terza parte da assegnarsi in base all'arbitrato dell a Ru ss ia (16). Successi vamente, il 29 maggio 1912, Grecia e Bulgaria, su iniziativa del presidente ellenico Eleutherios Venizelos, concludono un'alleanza difensiva in funzione antiturca e il 6 ottobre 1912 è il Montenegro a stabilire con la Serbia, la Bu lgaria e la Grecia un 'alleanza offensiva contro la Turchia.

(14) Papa, Belgrado 14 gennaio 19 I2, La Serbia e l'eventualità di complicazioni nei Balcani, r. 20. L'AusLria - Ungheria ha rinforzalo le proprie guarnigioni ai confini con la Serbia, il Sangiaccato di Novi Pazar e il Montenegro. In un colloquio il re Pietro esprime, all'ufficiale italiano, la propria preoccupazione per il prolungarsi delle o perazioni in T ripolitania e per gli eventuali co ntraccolpi nei Balcani.

(15) Papa, Belgrado 24 gennaio 1912, Austria-Ungheria, Serbia ed eventualità di complicanze balcaniche, ivi.

(16) Qualche elem ento di questi accordi in Mcrrone a Pollio, Sofia 27 aprile 1912, Situazione politico -militare in Bulgaria; ID., Sofia 13 maggio 1912, ivi.

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a Bel grado sottolinea come "l'eccitazione recentemente delineatasi [per i fatti sanguinosi di Sienjca] contro il governo ottomano tanto in Bulgaria quanto nel Montenegro provocò in Belgrado un analogo risentimento il quale assume, almeno in apparenza, una forma piuttosto grave allorché s i diffuse la notizia che la gente di razza serba era stata massacrata a breve distanza dalla frontiera serbo-turca". Immediata la reazione con manifestazioni inneggianti alla guerra contro la Turchia. Il loro effetto è inferiore alle aspettative ma - insieme alle notizie riportate dai giornali e volutamente alterate per mantenere vivo lo spirito antiottomano - serve ad imporre l'immagine di un governo forte.

Viene così "spianata la via alla recentissima costituzione dell'attuale gabinetto Pasic", il quale offre comunque tutte le garanzie di prudenza e di moderazione. Pasié, sostenitore da sempre di una più stretta collaborazione con la Russia è in grado di accogliere i consigli di moderazione provenienti da Pietroburgo e di valutare il momento migliore per dare corpo alle aspettative del paese circa l'espansione territori ale e lo sbocco al mare.

L'armamento, l'organizzazione e l'istruzione dell'esercito serbo è ancora insufficiente: "l'esercito è conscio della difficile posizione in cui, nelle attuali contingenze, verrebbe a trovarsi il paese nel caso di una conflagrazione balcanica; epperciò s i prepara alla azione nella speranza che il momento di agire si delinei solamente quando la preparazione sarà più completa, e quando le circostanze generali saranno più favorevoli".

Le relazioni diplomatiche con la Bulgaria sono decisamente buone e se questa si fosse decisa ad una qualsiasi azione militare sarebbe stato inevitabile per la Serbia fare altrettanto, sempre che "una qualche grave minaccia dal nord non sopraggiunga a paralizzarne la progettata avanzata verso il sud". Tesi invece i rapporti con l'Austria-Ungheria per il movimento e concentramento di truppe adottato dalla monarchia asburgica presso la frontiera con la Serbia, apparentemente distesi quelli con la Turchia. Pur aspirando la Serbia ad espandersi proprio in territorio ottomano, mantiene un duplice atteggiamento: restaura le fortificazioni nella zona di Vranja, al confine ottomano, e consente il transito delle forniture militari prov enie nti dalla Germania per la Turchia. D'al tra parte la Turchia auto:.izza il transito del materiale da guerra serbo sulla ferrovia Salonicco-Uskub-Nis. Con il Montenegro, malgrado non esistano prove visibili, le rel azio ni non sono mai state eccessivamente cordiali. A Belgrado è, infatti, diffusa la preoccupazione che gli atteggiamenti del Montenegro possano causare complicazioni balcaniche dalle quali la Serbia non è in grado, in quel momento, di ricavare vantaggi .

I n conclusione il governo di Belgrado, consapevole della debolezza del proprio esercito, mantiene un atteggiamento pacifico, "corretto e di

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L'Italia e le guerre balcaniche prudente vigilanza"; una guerra provocata da incidenti alla frontiera tra la Turchia e la Bulgaria o il Montenegro avrebbe comunque coinvolto la Serbia, e il suo esercito si sarebbe dovuto impegnare "o per la conquista di nuovi territori verso il sud o per tentare una resistenza a minacce provenienti dalla frontiera austro-serba, a seconda che le circostanze consiglieranno".

Nel concludere le sue note informative il maggiore Papa sottolinea come in quel momento l'azione della Russia sia rivolta interamente ad eliminare le discordie e le differenze che esistono fra i paesi slavi della penisola balcanica per agevolare così il loro reciproco riavvicinamento(17).

Per la prima volta le nazioni balcaniche si trovano legate in un sistema di alleanze e il reale pericolo è ben avvertito dalla diplomazia austriaca che sollecita la Sublime Porta a promulgare adeguate riforme mentre gli Stati balcanici, contraenti le alleanze, vengono preavvisati che, in caso di guerra vittoriosa contro la Turchia, non avrebbero ottenuto vantaggi territoriali.

La Germania, in quanto Stato nazionale, guarda con favore l'affermazione del nazionalismo balcanico, ma non è in grado di prevedere la reazione dell'Austria-Ungheria (con la quale non vuole contrasti) che, a seguito di un'eventuale sconfitta dell'Impero ottomano, si sarebbe sentita minacciata nella sua struttura plurinazionale. Consapevole di ciò, il governo di Vienna cerca di evitare la guerra convincendo le potenze europee per un intervento sulla Turchia limitato alla richiesta di una nuova linea politica di concessioni e di riforme. Ma gli altri paesi europei non condividono tale proposta e ciascuno di essi si muove individualmente a livello diplomatico, al fine di differenziare, in attesa di un chiarimento generale, la propria posizione.

Austria e Russia, 1'8 ottobre 1912, raggiungono un accordo - col quale si dichiarano disponibili a effettuare pressioni sul governo turco per la concessione di riforme in Macedonia- che, in sostanza, ribadisce la volontà di mantenere inalterati gli equilibri nei Balcani. Segue immediatamente una dura nota del governo bulgaro ( 16 ottobre) chea nome dei paesi alleati - informa le potenze europee che la richiesta di concessioni alla Turchia sarebbe "partita" dagli stessi Stati balcanici( 18).

(17) Papa, Belgrado 21 settembre 1912; La Serbia e la situazione generale balcanica, ivi.

(18) In concreto si chiedeva: a) autonomia amministrativa e nazionale delle province macedoni, con governatori cristiani (non musulmani) nelle stesse provincie; b)

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In assenza di segni di di sp onibilità da parte del governo turco , l'intervento militare, già iniziato dall'8 ottobre sul fronte montenegrino, si estende rapidamente, con evidenti ri su ltati favo revoli agli alleati: la Bulgaria penetra in Tracia; la Serbia nella Macedonia settentrionale, nella Ve cc hia Serbia, nel Sangiaccato (19). Dopo poco più di un me se, la Turchia chiede l'armistizio; il 20 novembre a Catalca com inciano le trattative c he ben presto s i mo s trano impraticabili. Il gov erno turco, infatti, pur disposto a concedere l'autonomia alla Macedonia , insiste nel c onservare Adrianopoli e Kirk Kili sse; g li alleati, al contrario, pretendono proprio Adrianopoli - co n Joannina e Scutari -e il ritiro delle trnppe turc he Cataldza.

L'accordo viene reso ancora più improbabile dalle im plicazioni internazionali, se mpre meno estranee alle vicende balcaniche: l'Austria, infatti, non è disposta ad accettare le conseguenze d e lla vittoria serba sul territorio albanese e sulla costa adri atic a e cominci a a mob il itarsi; di fronte all'atteggiame nto intransigente d e ll'Impero as bur g ico , la Ru ssia non pu ò non intervenire a favore dell a Serbia.

Il pericolo del conflitto tra Serbia e Austria e tra Rus sia e Austriache avrebbe finito con il co involgere gran parte dell'Europa - convince le potenze a sollecitare la Turchia per la ripres a de lle trattative con la Serbia e giungere così alla conclusione de ll'armisti zio d el 20 novembre. A tal fine viene indetta una conferenza della pace a Londra, che si conc lud e il 22 gennaio 1913: l'Impero ottomano cede ag li alleati balcanici Adrianopoli e le i so le dell 'Egeo e co nserva in Europa solamente Costanti no poli, oltre a una breve s tri scia di territorio lungo lo stre t to dei Dardanelli e que llo del Bos foro delimitat a dalla linea Enos-Midia (20). assemblee elettive; c) sos titu z ioni delle truppe tu rch e con mili z ie locali; d) possibilità di controllo sia eia parte delle po tenze eu ropee c he da parte degli Stati balcanici. Si veda per un qu ad ro generale E .C. Helmre ich , The Diplomany of the Ba lkan wars , Cambridge 1938.

(19) Gli ese rc iti alleati avanzano rapid amente: i serbi sconfiggono l'armata turca a Kumanovo (23 - 24 ottobre) ed entrano a Usktib (26 o ttobre), liberando la Vecc hia Serbia; i bul gari battono l'esercito turco in Tracia - vicino Kirk Kilisse, circondano Adrianopoli, minacciando la s tessa capitale; i monteneg rini ass ediano Scutari ; l'arm ata greca - rotta la resi s te nza turca a Samnt.a poros - assedia Joanni na cd en tra a Salonicco (8 novembre).

(20) La questione degli Stre tti - fino al XVIII secolo di cara ttere esclus ivamente co mmercial e - assume in seguito valenze di più va sta portata. Per la sol uzione dei prob lemi relativi a tale ques tion e, tre ipotesi poss ibili: a) l'ap e rtura tot.aie deg li Stretti; b) la loro c hiu su ra total e; c) la regolamentazione de ll a li be rtà di navigazione

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l'Italia e le guerre balcaniche

Ma un colpo di stato rovescia il governo di Kamil pascià, portando al potere de facto il capo della corrente più estremista dei giovani Turchi, Enver pascià, il quale denuncia l'armistizio e riprende, rovinosamente, la guerra (21).

Intanto nuove tensioni vanno aggravando il quadro europeo: l'Austria minaccia il Montenegro che assedia Scutari, cui aspirava l'Albania; una dimostrazione navale delle grandi potenze induce Serbia e Montenegro a ritirare le proprie truppe da Scutari.

Riprendono in tal modo le trattative per la pace - conclusa poi a Londra il 30 maggio 1913 - che confermano la perdita, per la Turchia, dei suoi territori europei e dell'isola di Creta che viene assegnata alla Grecia (22).

Ma altri problemi sorgono sulla spartizione della Macedonia, occupata - nel corso della campagna - dalla Serbia che avrebbe dovuto assegnarla alla Bulgaria, sulla base del trattato di alleanza stipulato con questa. La Serbia però, data anche la pressione dell 'A lbania sotto tutel a austriaca, si sente in pericolo e per non correre il rischio di cadere sotto l' influenza di Sofia o di Vienna, chiede la revisione dell'accordo con i bulgari. Dal canto suo la Bulgaria aspirando alla Macedonia egea con Salonicco, in concorrenza con la Grecia, stipula con questa prima una convenzione militare (14 maggio) e poi un'alleanza difensiva (1 ° giugno) per il controllo della comune frontiera in Macedonia.

Convinta forse dal successo della guerra contro i turchi - nella quale aveva sos tenuto gli oneri maggiori - la Bulgaria pensa di poter attraverso accordi internazionali. Ciascuna delle ire so luzioni sarebbe stata praticabile sulla base del rapporto di forze - nel momento storico considerato - fra le potenze mediterranee da una parte e la Russia dall'altra; al centro la Turchia (cfr. la Turchia, Stato Maggiore Regio Esercito, Servizio Informazioni Esercito, 1942, p. 192 sgg.).

(21) Dopo le sconfitte subite , la Turchia nel breve periodo dell'armistizio aveva cercato di rias sestare il proprio esercito, ma ciò non poteva essere sufficiente ad annullare le grosse lacune dell 'app arato bellico ottomano, minato dall'assenza di un 'organizzazione militare efficiente, dalla mancanza di quadri e daUa inadeguatezza dei servizi.

(22) La Pace di Londra dopo lunghe trattative (come si vedrà meglio in seguito, infra, cap III, pp. 65 -112) viene conclusa fra Turchia, Bulgaria, Serbia, Grecia e conclude la prima guerra balcanica. La Turchia perde quasi tutti i suoi territori europei, ad eccezione di Costantinopoli, di una parte della Tracia, e degli Stretti. Le isole dell'Egeo venivano affidate alle decisioni successive delle grandi potenze; Creta viene ceduta alla Grecia; l'Albania diventa stato "autonomo" e per essa decideranno le potenze mediatrici.

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fronteggiare contemporaneamente Serbia e Grecia, che attacca il 29 giugno, dando origine a un secondo conflitto balcanico.

L'iniziativa, com'è ovvio, scatena la reazione sia degli ex alleati sia dei turchi, i quali sperano con l'occasione di rientrare in possesso dei territori perduti; nella coalizione antibulgara entra anche la Romania (fino a quel momento neutrale), attirata dalla possibilità di conquistare la Dobrugia bulgara.

Attaccata da serbi, greci, montenegrini, romeni e turchi, dopo solo un mese, la Bulgaria è costretta a firmare la pace di Bucarest (23) che le comporta gravi perdite territoriali. Tutti i suoi numerosi avversari otterranno qualcosa: la Serbia acquisisce la Macedonia settentrionale e centrale; la Grecia si annette la Maçedonia egea con Salonicco e Kavala; il Montenegro si allarga verso oriente fino al confine con la Serbia; la Turchia, infine, col trattato di Costantinopoli del 29 settembre 1913, riconquista gran parte della Tracia con Adrianopoli e Kirk .Kilisse.

Si conclude in tal modo uno dei momenti più drammatici della storia balcanica che nel 1912 ha visto la formazione di un fronte alleato con un programma di collaborazione fra gli Stati, per sottrarre i Balcani all ' espansionismo asburgico da una parte e al dominio turco dall'altra.

Dopo un anno di trattati, convenzioni e alleanze, e dopo due guerre, l'area balcanica aniva alla crisi europea, ormai imminente, ancora più disgregata e frazionata: le "separazioni" verranno ulteriom1ente accentuate dal conflitto mondiale che vedrà Grecia, Serbia, Montenegro e Romania a fianco delle potenze dell'Intesa, mentre Bulgaria e Turchia sceglieranno l'alleanza con l'Austria- Ungheria e la Germania, sempre nel tentativo di riconquistare i territori perduti nelle guerre balcani che ( 24) .

Queste, le necessarie sintetiche coordinate sui momenti più noti della complessa storia balcanica. Una storia che si snoda tutta sul motivo ricorrente del confine il quale emerge con il suo portato negativo e devastante a causa del progressivo "allentarsi" delle strutture sovranazionali, dei "contenitori" rappresentati dai grandi Imperi pluri n azionali. Non è dunque un caso che il problema assuma toni drammatici già nell 'Ottocento quando imperiosa si afferma la necessità del passaggio da nazione a Stato nazionale. Il riaffiorare dei grandi miti del passato - la Grande Bulgaria, la Grande Serbia, il mito panellenico, la Grande Ro-

(23) La pace venne finnata il 10 agosto 1913.

(24) Cfr. A. Biagini, Momenti di storia balcanica (1878 - 1914). Aspetti militari, Roma 1981, pp. 315 .

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L'Italia e le guerre balcaniche

mania - inducono forme di nazionalismo esasperato che alimenta, conseguentemente e inevitabilmente, le rivendicazioni e le conflittualità regionali introducendo nel "si§tema" internazionale variabili indipendenti difficilmente controllabili. E su questo punto che si gioca la concatenazione di fatti e avvenimenti che a partire dal XIX secolo, come un'onda lunga, producono ancora oggi i loro effetti. ·

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ESERCITO SERBO:

Caporale dello squadrone della guardia (a r.avallo)

SOLDATO DI FANTERIA.

(Allegato n. 9 a/foglio n 41 del 17 aprile 1911. Fototeca Ufficio Storico)

II

LA POLITICA ESTERA ITALIANA E IL RUOLO DEGLI ADDETII MILITARI

Il "giovane" governo italiano, pur partecipando formalmente nel 1878 al Congresso di Berlino - voluto da Bismarck per una revisione del trattato di Santo Stefano - viene sostanzialmente ignorato nelle sue modeste richieste (1) e deve accettare la situazione di fatto, allo scopo di mantenere comunque relazioni amichevoli con le grandi Potenze, in funzione di future e più fruttuose alleanze (2).

Ma verso quali obiettivi si muove l'Italia? Se molteplici e di diverso contenuto possono essere i desideri, le mire, le ambizioni, in sostanza non è azzardato credere che lo scopo principale sia quello di raggiungere, velocemente, gli altri paesi europei per partecipare con essi alla spartizione delle zone di influenza.

Da Minghetti a Visconti Venosta, da Giolitti a Crispi, con la Destra al potere o con il governo della Sinistra, la costante è data da una accelerazione nei ritmi e nei tempi, che - pur con motivazioni ideologiche di-

(l) In realtà non si era lraltato neanche di vere e proprie richieste, ma di "timidi" accenni, alla questione del Tremino e alla rellifica della propria frontiera, da estendere fino all'Isonzo.

(2) In effelli, nonostanle l'innegabile sviluppo commerciale e finanziario (dichiarato da Sella nel la sua relazione finanziaria al Parlamento del 1871) certamente significmivo rispetlo alle condizioni del paese negli anni precedenli, i dali quantitativi rimanevano assai mediocri se rapportati a quelli delle allre potenze, anche sul piano della finanza pubblica (In merito cfr. F. Chabod, Storia della politica estera italiana dal 1870 al 1896, Bari 1965, vol. II, p. 563 sgg.).

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verse - determina per l'Italia una politica estera volta all'occupazione degli spaz i internazionali (3).

Allora, in concreto e sul piano operativo, gli obiettivi italiani diventano essenzialmente due: l'antica ambizione della supremazia nel Mediterraneo - dunque l'Africa -e il progetto "nuovo" di ostacolare l'ampliamento dell'area di potere della Ru ssia, bloccando il Mar Nero attraverso una politica di espansione nei paesi balcanici.

Le insurrezioni contro i turchi in Erzegovina nel luglio 1875 riaprono fatalmente la questione d'Oriente mentre nei primi mesi del 1876 le insurrezioni in Bulgaria, la dichiarazione di guerra della Serbia e del Montenegro al governo di Costantinopoli (3 luglio 1876) determinando la pesante reazione ottomana offrono, nel 1877, il pretesto alla Russia per intervenire direttamente. Torna così a riproporsi qu e lla questione ritenuta ormai risolta dal Congresso di Pari gi del 1856 dove era statoribadito il principio dell'Jntegrità dell'Impero ottomano e della neutralizzazio ne del Mar Nero. E pur vero che la situazione balcanica non ha mai cessato di essere al centro delle attenzioni e delle analisi politiche delle varie potenze europee: l'in sofferenza verso il dominio ottomano, particolarmente viva in quelle zone dove l'elemento cristiano incontra maggiori difficoltà a convivere con l'elemento turco , la presenza di un secolare "insurrezioni smo", l'ascesa nazionale dei vari popoli balcanici, gli interventi delle pote nze europee per far valere i propri interessi a sostegno dei movimenti nazionali o preoccupate di far valere l'integrità dell'Impero ottomano, hanno caratterizzato il ventennio tra le due crisi. La diplomazia zarista , ben presente nello svolgersi degli avvenimenti, ha concluso con successo, nel marzo 1871, una convenzione per l'abrogazione delle norme sulla neutralità del Mar Nero e alla politica ufficiale accompagna, in quegli anni, un intenso lavoro propagandistico inteso a cementare i vincoli di fraternità slava e di comunione nella stessa fede, quella ortodossa, di cui lo zar è il centro e il capo. La stessa scena internazionale europea è del resto sensibilmente mutata con la realizzata unità italiana che h a posto all'Austria il problema di un orienta-

(3) Com'è noto, le tendenze delle forze politiche all'interno del pa ese son ben lungi dall'essere univoche. Non mancano le conLrapposizioni, n é le diversità di vedute, che in sos tanza si riducono a due, opposte, soluzioni: risolvere i problemi interni esistenti, lavorando per irrobustire il tessuto demografico, economico, finanziario del paese, prima di corre re il rischio di una guerra europea che l'Italia non è ancora in grado di affrontare; lanc iarsi nell'azione concreta di confronto con gli altri paesi europei, per impedire loro di accaparrarsi le zone di influenza ancora libere.

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mento verso i Balcani contrastata in ciò dalla Russia zarista. Nella opinione pubblica italiana si manifestano simpatie per gli insorti e si sviluppa una campagna per la liberazione dei popoli cristiani dai turchi.Tuttavia se la posizione dell'opinione pubblica è di slancio verso la causa slava e dei rivoltosi, i circoli politici italiani si mostrano molto più cauti. Visconti Venosta, ministro degli Esteri nel governo Lanza, appoggia le proposte di riforme varate dal ministro degli Esteri austriaco Andrassy e quindi il mantenimento dello statu quo nella penisola balcanica. Se il governo della Destra delude in questo senso non differentemente avviene per il governo Depretis, costituitosi nel marzo 1876, che vanifica ogni speranza di azione italiana nelle questioni orientali. L'eco di queste delusioni si rinviene del resto negli stessi rapporti dei delegati italiani nelle commissioni internazionali costituite dopo il Congresso di Berlino per la delimitazione dei confini: molto spesso lamentano la mancanza di disposizioni precise di fronte ai problemi politici che da quelle delimitazioni nascono. Il governo della Sinistra condivide, in pratica, l'indirizzo precedente che si basa sul disinteresse dell'Italia per le questioni d'Oriente mentre l'impegno che l'Austria-Ungheria assume sempre di più nei Balcani avrebbe reso meno gravosa la rinunzia alle terre italiane la cui acquisizione è, in concreto, la motivazione centrale della politica estera dell'epoca. Calcolo, come si vedrà, infondato, poiché proprio in quel momento la monarchia asburgica - divenuta l'ago della bilancia della situazione balcanica - gode di una posizione diplomatica estremamente forte e solida: l'idea di una contropartita all'Italia è dunque totalmente destituita di fondamento. Nel marzo 1878 Luigi Corti, nell'accettare la carica di ministro degli Esteri, in sostituzione di Luigi Amedeo Melegari nel Gabinetto Cairoli, impone l'abbandono della pretesa soluzione del problema nazionale attraverso l'opposizione all'occupazione austriaca della Bosnia (4).

Sotto il profilo militare la questione d'Oriente viene seguita, principalmente, dagli addetti militari a Vienna e a Berlino. Nell'agosto 1875 Majnoni informa il capo di Stato Maggiore sui particolari della mobilitazione in atto in Austria-Ungheria sin dall'inverno precedente, poiché i moti in Bosnia-Erzegovina hanno destato l'attenzione della diplomazia "per le complicazioni che ne potrebbero nascere", e le misure adottate dal ministro della Guerra austriaco mettono l'esercito in grado di intervenire e occupare la Bosnia "qualora se ne presenti il destro". Elencate le divisioni mobilitate ricorda come la "sola am1a che sarà in gran parte

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(4) A. Biagini, Momenti di storia balcanica . , cit., p. 21 e ss

sostituita in siffatta situazione sarà l'artiglieria la quale sarà di montagna e sarà raccolta dalla Dalmazia, dal Tirolo e da Vienna" (5) Sempre al Majnoni si deve un lungo rapporto, redatto nel dicembre 1876 al ritorno dalla missione in Serbia e Tu rchia per la delimitazione della linea d'armistizio fra i due contendenti. In quell'occasione l'ufficiale italiano s i propone di "determinare quale fosse la forza che, nelle circostanze attuali l'Impero ottomano potrebbe opporre a propria difesa, nel caso possibile di un attacco per parte della Russia". Descritto particolareggiatamente l'ordinamento e la consistenza dell'esercito turco, ne tratteggia i limiti operativi per la scarsa preparazione dei quadri e l'insufficiente armamento ed equipaggiamento di soldati. Tali carenze, se non hanno influenzato lo scontro con la Serbia, conclusosi appunto favorevolmente per la Turchia, sarebbero state elemento determinante nel caso di lotta contro un esercito europeo: "ammesso pertanto - scrive Majnoniche le doti individuali e naturali del soldato turco, fra le quali primeggia il coraggio, la fedeltà, la frugalità e la costanza nel sopportare le fatiche, possano in parte compensare l'inesperienza dei generali , l'ignoranza degli ufficiali, la cattiva amministrazione e la mancanza dei servizi organizzati, pure è tale il divario che si osserva fra l'esercito ottomano e un qualunque altro europeo che, anche a parità di forze, oso predire il risultato favorevole al secondo". Prevedendo l'inizio dell'azione militare contemporaneamente in Asia e in Europa ricorda gli accordi che si stanno prendendo con il governo romeno , la mobil i tazione dell'esercito valacco, la raccolta di materiali da ponte sulle due sponde del Danubio, a Cladova e Turnu-Severin, e conclude indicando la probabile linea che l'esercito russo avrebbe seguito: in quattro giorni avrebbe concentrato sul D anubio una divisione e un reggimento di cavalleria da far marciare poi su Cuprija per arrestare l'eventuale avanzata turca verso la Morava.

Gli avvenimenti militari della guerra russo-turca nel loro svolgersi sono sufficientemente noti. Assicuratasi la neutralità dell'Austria, la Russia dichiara guerra alla Turchia il 24 aprile 1877 e, ricevuto il permesso della Romania, attraversa il confine del Principato. Mentre la flottiglia turca del Danubio tenta inutilmente il passaggio del fiume, la Romania raduna il proprio esercito ad occidente dell'Olt e a metà giugno l' armata russa è pronta ad agire lungo il corso di questo affluente del Danubio. I turchi concentrano il grosso delle loro truppe a Sumen, rafforza no Tu rtukai, Ruse, Svistov, Nicopoli e spingono un piccolo corpo ne lla Dobrugia. I russi approntano un ponte sul Danubio per il pas-

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( 5) Majnoni a Bcrtolè Viale, Vienna 2 agosto 1875, r. 9.

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saggio dei quattro corpi d'armata mentre un'avanguardia, comandata dal generale Gurko, deve superare i Balcani e portarsi in Bulgaria meridionale per sollevarla contro i turchi. In giugno il XIV corpo d'armata russo passa il Danubio a Macin mentre il XII e XIII si dirigono sul Jantra e il IX su Nicopoli. Sotto la pressione delle forze russe, il comando turco richiama dal Montenegro le truppe di Suleiman pascià e da Vidin quelle di Osman pascià inviandole sul teatro di guerra bulgaro. Durante la marcia O sma n pascià giunge, tra il 17 e il 19 luglio, a Plevna (Pleven) dove si arresta fortificandosi. Per due volte i russi invano sferrano su questa località l'offensiva e dopo il 31 luglio il granduca Nicola chiede al principe Carlo di Romania la fusione dei due eserciti. Solo il 10 dicembre le forze congiunte russo-romene hanno ragione della re sistenza turca (6).

Luchino del Mayno, assegnato alla ambasciata italiana a Berlino nel 1875 , fin dal 1876 segue la mobilitazione dell'esercito russo e gli avvenimenti che si svolgono in Oriente considerandoli soprattutto attraverso le valutazioni e le opinioni degli ufficiali prussiani (7). Al centro del suo interesse si collocano le osservazioni sull'organizzazione della campagna da parte dei ru ssi e dei turchi. Nell'aprile del 1877 sottolinea come fosse necessario per i russi occupare la zona della Dobrugia: un'azione turc a su Gala,ti avrebbe infatti tagli ato le comunicazioni ferroviarie (8). Informazioni ricevute da ufficiali russi confermano, nell'addetto militare italiano, la convinzione che la Ru ssia, soverchiante per forze, non avrebbe incontrato difficoltà nell'attraversare il Danubio. Queste si manifestano invece nel provved~re al vettovagliamento degli oltre duecentomila uomini in Bulgaria. E opinione diffusa a Berlino che lo zar ricerchi la collaborazione delle popolazioni per il sostegno logistico ma intenda rifiutare l'aiuto militare romeno: l'atteggiamento russo rimane infatti tale fino agli avvenimenti di Plevna quando infine la collaborazione

(6) Majnoni, Calcolo delle forze militari di terra che la Turchia potrebbe opporre alla Russia in una prossima guerra, Vi enn a 20 dicembre 1876, r. 48. Sui problemi connessi alla guerra e la valutazione dei circoli politici e militari viennes i cfr. i dispacci di Majnoni, Vienna 21 aprile 1877; 3 maggio 1877; 10 maggio 1877; 11 maggio 1877; 30 luglio 1877 (con informazioni s ull'ostilità dell'opinione pubblica austriaca nei confronti della Ru ssia); 1° agosto 1877; 7 agosto 1877 (con considerazion i sull'esercito rus so e la battaglia di Plevna).

(7) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 31 gennaio 1876; 12 giugno 1876; 9 gennaio 1877; r. 26.

(8) Del Mayno a Berto lè Viale, Berlino 23 aprile 1877; 25 aprile 1877; 29 aprile 1877; r. 26.

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dell'esercito romeno viene richiesta e sollecitata (9).

Caratteristica dei primi mesi di campagna - ripetutamente sottolineata da del Mayno nelle sue lettere a Bertolè Viale, comandante del Corpo di Stato Maggiore - è l'inazione turca da un lato e la disorganizzazione russa dall'altro: il ventilato passaggio del Danubio, studiato e programmato, viene continuamente rimandato con grave pregiudizio per il futuro svolgimento della campagna (10). Nell'agosto 1877, registrando le conseguenze dell'insuccesso russo nel primo combattimento di Plevna, sottolinea come questo fosse il risultato "di soverchia fiducia in se stessi e soverchio disprezzo per le attitudini militari del nemico" (11 ). La successiva mancanza di qualsiasi attività sul teatro di guerra della Bulgaria, dimostra, a giudizio dell'ufficiale italiano, che gli avvenimenti hanno preso una piega decisamente negativa per i russi e che questi non sono in grado di riprendere l'iniziativa : solo dopo la caduta di Plevna, con il contributo delle armi romene, si ha la certezza della vittoria (12).

Componente della commissione militare che prepara i materiali cartografici per le missioni dei plenipotenziari al Congresso di Berlino, in una lettera del luglio 1878, del Mayno lamenta la superficialità, gli strumenti inadatti e i tempi eccessivamente brevi nell'esecuzione dei lavori; ciò avrebbe aggravato i prevedibili conflitti che sui tracciati di confine si sarebbero accesi una volta che le commissioni internazionali fossero passate alla reali zzazione concreta dei loro compiti (13). Facile profezia come si vedrà dalle relazioni dei delegati italiani nelle conunissioni per la delimitazione delle frontiere di Romania, Bulgaria, Rumelia orientale, Montenegro e Serbia.

Contrariamente ad altri eserciti europei quello italiano non inviò osservatori propri a seguire lo svolgimento del conflitto: uno studio sulle operazioni militari viene condotto con ricognizio ni sul teatro di guerra dal colonnello Celestino Rossi e dal capitano Francesco Tanfani. Il 6

(9) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 6 maggio 1877; 20 maggio 1877; 27 maggio 1877; r 26.

(10) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 9 giugno 1877 ; 13 giugno 1877; 18 giugno 1877; 9 luglio 1877; 14 luglio 1877 (Idee svolte dagli ufficiali del grande stato maggiore prussiano sulla guerra russo-turca); 22 luglio 1877; 29 luglio 1877; r. 26.

(11) Del Mayno a Bcrtolè Viale, Berlino 6 agosto 1877; r 26.

(12) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 13 agosto 1877; 20 agosto 1877; 29 agosto 1877; 18 dicembre 1877; 17 marzo 1878; 25 aprile 1878; r. 26.

(13) Del Mayno a Bertolè Viale, Berlino 9 agosto 1878, r . 26.

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novembre 1878 i due ufficiali italiani, con l'ausilio del marchese Galvagna, ambasciatore italiano a Costantinopoli, si mettono in contatto "con quelle notabilità ottomane e forestiere che potevano maggiormente facilitare la missione loro affidata" (14). Al termine delle ricognizioni e sulla base delle osservazioni effettuate e della documentazione raccolta, viene stilata una relazione riguardante la difesa di Costantinopoli, del Bosforo, dei Dardanelli e della penisola di Gallipoli. In una nota sulla Dobrugia, in quel momento al centro del dibattito tra Bulgaria e Romania, i due ufficiali indicano le tre possibili linee di delimitazione tenendo conto delle motivazioni economiche, politiche, etniche e militari che sono alla base delle aspirazioni dei due paesi. Il teatro d'Asia con la formazione e la dislocazione delle truppe dei due eserciti, le operazioni militari per la presa di Ardahan e di Kars, la consistenza delle forze turche, serbe e montenegrine costituiscono altrettanti punti della lunga relazione, redatta tra il 1879 e il 1880 dai due ufficiali (15).

Nel novembre 1879, Giuseppe Ottolenghi, delegato italiano nella commissione per la delimitazione nel Montenegro, nella sua relazione al capo di Stato Maggiore riassu me- il lavoro svolto. Ricorda brevemente la partecipazione del paese agli avvenimenti bellici, sottolinea la decisione della commissione di prendere le decisioni a maggioranza contrariamente all'opinione del delegato russo favorevole al principio di unanimità.

Base dei lavori è la carta austriaca al 300.000 sulla quale si sono svolte le discussioni al Congresso di Berlino: "il commissario turcoscrive a quel proposito il delegato italiano - vi si oppose, probabilmente perché non ignorava che tutti gli errori materiali del trattato ridondavano a vantaggio della Porta". Il commissari o turco , alla prima decisione presa contro il suo volere, abbandona i lavori condannando la commissione all'inoperosità dal maggio al luglio 1879. I lavori riprendono quando le potenze aderiscono alla proposta di tracciare linee di frontiera provvisorie. Le difficoltà, in sostanza, nascono dall'estrema labilità del testo scaturito dal Congresso di Berlino il quale, eccettuate le

(14) Galvagna a Corti, Costantinopoli 8 novembre 1878 , MAE-AS, Rapporti in arrivo. Turchia, b. 1462.

(15) Guerra d'Oriente (1877 1878). Relazioni, r. 189; Studi particolari: difesa di Odessa contro eventuali aua cchi della floua turca, r. 190; Studi particolari : guerra d'Oriente (1877-1878). Teatro d'Asia, r. 201; Guerra d'Oriente (1877-1878). Teatri di guerra secondari d'Europa, r 202; Guerra d'O riente (1877- 1878). Teatro danubiano , r. 203.

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disposizioni tassative di lasciare alla Turchia il territorio delle tribù albanesi, non offre, quale criterio direttivo, principi di nazionalità, di razza o di re lig ione. Lo stesso governo ottomano pur mostrandosi ufficialmente favorevole ai lavori della Commissione cerca di impedire le ricognizioni sul terreno, rende d ifficile l'accesso ad alcune località mentre il suo rappresentante abbandona i lavori ogni qualvolta si prendono decisioni sfavorevoli alla Turchia. La Russia, commenta Ottolenghi, "favoriva in tutto e per tutto i l Montenegro, anche patrocinando in un suo vantaggio concessioni non accordate o escluse tassativamente dal testo del trattato"; l' Inghilterra, la Francia e l'Italia, "sempre impar ziaU, si trovarono sempre d'accordo", mentre la Germania e l'Austria si caratterizzano per un contegno mu tevole ma sostanzialmente favorevole agli interess i ottomani. L a Turchia finisce dunque per essere favorita poiché, nella peggiore delle ipotesi, può sempre contare su quattro (Turchia, Austria, Germania, Inghilterra) degli otto voti della Commissione . Questa, riunitasi il 30 aprile 1879, inizia i lavori veri e propri il 25 luglio con l'esame del tratto di frontiera tra l'Adriatico e Gusinje -P l av. La Commissione , ricorda ancora Ottolenghi, non può recarsi nei territori ad es t e ovest di Gusinje-Plav: in quei territori, cioè, che la Turchia ha abbandonato ma che si è rifiutata di consegnare al Montenegro. La tribù della zona "in stato di anarchia e retta da Aly bey, il quale fece disarmare e spogliare dei propri beni gli slavi ortodossi del paese, si legò con gli altri paesi dell ' alta Albania: Ipeck [Pet], Djakovo, Prisrend [Prizren] , Dibra per respingere qualsiasi tentativo di annessione al Mon tenegro" (16). Il problema della frontiera con l'Albania venne risolto nel 1880, dopo lunghe trattative, con la rinuncia del Montenegro a ll e zone circostanti Gusinje e Plav in cambio di Ulcinij precedentemente restituita alla Turchia. Bar rimane al Montenegro con il vincolo di non costruire una propria flotta da guerra e il suo porto, per evitare che divenga una base militare russa, è chiuso alle navi da guerra degli altri paesi .

Un 'altra relazione, di 135 fogli, è quella redatta dal colonnello Attilio Velini sulla delimitazione della Serbia. Tralasciando i pur ampi particolari sulle vicende della Commissione, la re laz i one è sostanzialmente suddivisa in quattro parti riguardanti la delimitazione vera e propria, le conseguenze politiche, le istituzioni serbe e le condizioni militari del paese. I lavori di delimitazione durano circa quattro mesi (giugno -settembre 1879) e Velini sottolinea come questo tempo avrebbe potuto

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(16) G. Ottolcnghì, Rapporto della Commissione per lrz delimitazione del Montenegro , 25 novembre 1879, r. 36, Reparto operazioni Ufficio Coloniale. Stati Esteri.

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essere molto più breve se ogni commissario avesse avuto a sua disposizione qualche topografo e se s i fosse seguito un procedimento più semplice: quello di limitarsi a rilevare solo la linea di confine fissando capisaldi ben determinati. Alla Serbia sono stati annessi 12.000 chilometri quadrati di territorio e una popolazione di circa 300.000 abitanti. Il nuovo confine della Serbia, so ttolinea Velini, "tracciato sommariamente a Berlino non rispondeva che incompletamente al concetto delle nazionalità, di guisa che la tranquillità della frontiera in alcuni punti è compromessa, in causa appunto di questo difetto, potrebbe dare appiglio a nuov e com plicazioni", collegandosi all'altro grave problema costituito dal rimpatrio degli albanesi: la Serbia, la Turchia e le Potenze europee avrebbero dovuto trovare per tempo una soluzione soddisface nte.

Altre difficoltà possono nascere dalle convenzion i ferroviarie tra la Serbia e l'Au stria- Ungheria e l'Italia, di fronte ai molteplici interessi che si collegano alla questione ferroviaria nei Balcani, non deve rimanere indifferente per la tutela dei propri interessi commerciali. Riguardo poi alle istituzioni politiche della Serbia, particolareggiatamente descritte, l'ufficiale italiano sottolinea come fossero tra le più liberali d'Europa: curata l'istruzione pubblica, vivo il sentimento religioso, il sentimento familiare, l'attaccamento alla patria e alle tradizioni storiche. Sono questi elementi che fanno "di quel piccolo popolo un nucleo potente attorno al quale, dati ce rti eventi, si verranno raccogliendo tutti gli slavi del sud". Ponendosi nella prospettiva risorgimentale , comune del resto a larga parte della opin ione pubblica italiana, sottolinea come "il panlavismo che come uno spauracchio si fa balenare agli occhi dell'Europa dalle potenze interessate ogni volta che il tornaconto lo domandi, a quanto sembra, non è che un fantasma. Tutti sentiamo che la dominazione turca nei Balcani è prossima a finire; e tra i superbi e potenti colossi che si contrastano la supremazia in oriente, tra i successori di Caterina Il e gli eredi della politica del principe di Metternich che tendono ad avere un piede sull'Egeo ed uno sul litorale Adriatico, e il cuore a Vienna e la te sta sulle Alpi, parmi più logico e umanitario e patriottico e anche più utile assecondare le popolazioni della penisola nella conquista della loro nazionalità".

Proseguendo nella s ua attenta e puntuale descrizione Velini sottolinea come lo stato dell'industria, del commercio e dell'agricoltura sia ancora del tutto inadeguato a causa delle continue lotte che il paese ha dovuto sostenere per conquistare la propria indipendenza.

Dal punto di vista militare la Serbia ha un esercito relativamente ben ordinato e in progressivo miglioramento: il sol dato serbo, con le sue ottime qualità militari, ha dato nell'ultima campag na indubbie prove del

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suo valore. Velini a questo proposito suggerisce di far studiare agli ufficiali italiani, addetti alle legazioni, l'ordinamento degli eserciti di grande numero con risorse economiche relativamente esigue.

Descritte le condizioni difensive ed offensive Velini conclude la sua lunga relazione indicando i probabili compiti deHa Serbia. Questa, infatti, avrebbe dovuto consolida re le proprie istituzioni, promuovere e diffondere l'istruzione, rafforzare l'esercito, "essere d'esempio ai figli dispersi della grande famiglia serba, e, senza provocare direttamente la trasformazione dell'Europa orientale, tenersi parati ad ogni evento, e mettersi a livello della fortuna, ed usufruire calmi e risoluti dei momenti propizi . È cotesta, a quanto pare, una condotta saggia e feconda. Che l'Europa civile assecondi le aspirazioni della libera Serbia e che i voti italiani accompagnino nel compimento della sua nobile missione la valente avanguardia degli slavi del sud, è l'augurio ch'io faccio a quella degna nazione nel suo interesse e nell'interesse dell'equilibrio d'Europa" (17).

L'azione del rappresentante italiano, colonnello Alessandro Baldassare Orero, in seno alla Commissione europea per la delimitazione dei confini, costituita dopo il Congresso di Berlino, è nota alla storiografia dei rapporti italo-romeni. Se ne sono occupati infatti, studiando il problema del nuovo assetto balcanico, G. Bibesco, Historie d'une frontière, Parigi 1883 e B. Cialdea, La politica estera della Romania nel quarantennio prebellico, Bologna 1933, pp. 102-103. La documentazione conosciuta è essenzialmente quella contenuta in Documente oficiale din coresponden;a diplomatica ... presentate corpurilor legitoare fn sesiunea anului 1880-1881, Bucure~ti 1882, pp. 203-204 (due rapporti del rappresentante romeno a Costantinopoli, 22 e 29 agosto 1879) e in Politica externa a Romàniei fntre anii 1873 - 1880 privitii dela agenJia diplomatica din Roma, a cura di R. V. Bossy, Bucure~ti 1928, pp: 181-185 (due rapporti del rappresentante romeno in Italia, 29 ottobre 1878, 1O febbraio 1879; un dispaccio del ministro degli esteri Cfunpineanu al rappresentante romeno in Italia, 5 febbra io 1879) . Ma l'azione del colonnello Orero può essere meglio determinata grazie alla documentazione offerta degli archivi italiani; in particolare seguendo i rapporti che egli inoltra al ministero degli Esteri tramite la legazione a Costantinopoli e a Silistra dal 4 ottobre al 17 dicembre 1878, contenuti nell'Archivio Storico del Ministero degli esteri, Rapporti in arrivo, Turchia, buste 1462 e

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(17) A Velini, Note sulla delimitazione della Serbia, Roma gennaio 1880, r. 36, Reparto operazioni. Ufficio coloniale. Stati Esteri .

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1463; i protocolli, invece, si trovano nella busta 1463 dello stesso fondo. Si conserva, inoltre, nell'Archivio dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell'Esercito, Ufficio Coloniale, R epa rto operazioni, Stati esteri, busta 32, fascicolo 3 e busta 25, fascicolo 2, la relazione finale di Orero, composta di due quaderni rispettivamente di 40 e 108 fogli. La prima parte della relazione riguarda il periodo settembre-dicembre 1878, durante il quale la Commissione europea compie i lavori per la delimitazione del confine tra Romania e Bulgaria; la seconda, invece, riguarda il periodo marzo-luglio 1879 impiegato per delimitare il confine della Rumelia orientale.

Il colonnello Orero, ufficiale di formazione piemontese e risorgimentale, fu attore non secondario di alcune vicende di s toria italiana, mostrando costantemente una spiccata personalità. Entrato nell'Accademia militare di Torino nel 1865 e nominato sottotenente dei bersaglieri, partecipa alla seco nda guerra d'indipendenza , alla campagna del 1860-1861 dove collabora con il generale Enrico Cialdini e alla presa di Roma del 1870 (18). Trasferito allo Stato Maggiore nel 1872, viene inviato nel 1875 a Pietroburgo in qualità di osservatore italiano alle grandi manovre russe. Dopo aver lavorato alla delimitazione dei confini in Dobrugia e in Rumelia, nel 1889, ottiene il suo incarico di maggior rilievo, quando viene chiamato a sostituire il generale Antonio Baldissera in Africa. Si trova allora ad organizzare l'amministrazione della colonia Eritrea e a svolgere, di fatto, le funzioni di governatore. Assertore della necessità di pacificare il Tigrè e di estendere l'influ enza italiana su quelle popolazioni per sottrarle alla propaganda dei due ras ribelli, Mangascià e Alula, elude gli inviti alla prudenza forniti da Crispi alla sua partenza dall'Italia e si pone in contrasto col rappre sentan te italiano, conte Pietro Antonelli. Promuove quindi una spedizione verso Adua per non lasciare alle truppe di Menelik il compito di pacificare il Tigrè; ma il risultato, militarmente e st rategicamente positivo della spedizione, non sanò il contrasto, ormai aperto, con Crispi e sopra ttutto con il conte Antonelli, alla c ui politica Orero è dichiaratamente contrario. Nell'aprile 1890 rinuncia all'incarico, sottolineando polemicamente come fosse "necessario che il governo si pronunci chiaramente, riponente tutta la sua fiducia nel comando supe-

( 18) Nel 1881 pubblica le proprie memorie sui lavo ri della Commissione; fermandosi piulLOsLo . sugli aspetti di colore che su quelli poli Lici, col titolo Note di viaggio nella penisola del Balcani (Novara 1881 ). Sulle esperienze falle durante le guerre per il Risorgimento e l'Unità Orero ha lasciato una vivace Lcstimonianza nel volume Da Pesaro a Messina (Torino 1905).

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riore o tutta nel conte Antonelli ... " ( 19) . Vico Mantegazza, nella sua narrazione delle guerre africane, contrappone le virtù militari e civili di Orero alle incertezze governative e ai maneggi della diplomazia, incarnata dal conte Antonelli: "la storia del periodo breve nel quale Orero rimase nell'Eritrea - conclude perentoriamente - non è che la storia di questo dissenso" (20).

Nominato nell'agosto 1878 delegato italiano della Commissione europea per la delimitazione dei confini (21), viene convocato al ministero degli Esteri dove il conte Luigi Corti, giusto alla vigilia della sua uscita dal ministero Cairoli, raccomanda all'ufficiale una condotta equa e una fedele applicazione degli accordi di Berlino e lo informa particolareggiatamente intorno ai problemi relativi al confine romeno - bulgaro e alla città di Silistra. Ricevuta una lettera di istruzioni, Orero si imbarca a Brindisi il 3 settembre, giunge a Costantinopoli il 9, ed è il primo delegato a raggiungere il proprio posto. A causa della prolungata assenza dei suoi colleghi, rappresentanti delle altre Potenze , e del ritardo con cui la Porta nomina il proprio rappresentante, i lavori iniziano solo il 21 ottobre 1878, con un ritardo di trentasette giorni. Inutilmente Orero se ne stupisce e, come altri suoi colleghi, se ne duole con il plenipotenziario italiano presso la Sublime Porta, conte Francesco Galvagna (22) . Questi gli conferma che il ritardo è dovuto a una precisa tattica della diplomazia ottomana, volta a far decantare la situazione. Nelle riunioni informali con i rappresentanti europei a Costantinopoli , si delinea con chiarezza la posizione del delegato russo, il quale, in sintonia con le istruzioni ricevute da Pietroburgo, tende a favorire la Bulgaria a danno della Romania, mentre si dichiara autorizzato a trattare per i soli confini della Dobrugia, escludendo il problema della Rumelia (23) . Il periodo di

(19) Sull'attività di Orero in Africa cfr. Storia politico -militare delle colonie italiane (Roma 1928) e Storia militare della colonia Eritrea (Roma 1936, voli. 2) entrambe a cura dell'Ufficio Storico dello SME. Cfr. inoltre k memorie dello stesso in "Nuova Antologia" a. XCL (1901), fase . 698-699, Ricordi d'Africa.

(20) V. Mantegazza, La guerra in Africa, Firenze 1896, p. 97

(21) Ministero della Guerra a ministero degli Esteri, 24 agosto 1878, MAE-AS, Rapporti in arrivo. Turchia, b. 1462. Oltre a Orero il ministero della Guerra nomina il capitano Felice Gola per la Commissione speciale della Serbia Galvagna a Corti, Costantinopoli 8 settembre 1878, ivi.

(22) Orero a Corti, Costantinopoli 4 ottobre 1878; 22 ottobre 1878, MAES-AS, lVl.

(23) Galvagna a Corti, Costantinopoli 23 settembre 1878; 26 settembre 1878; 1° ottobre 1878; i vi.

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forzata inattività fu usato da Orero per prepararsi ulteriom1ente ai lavori, per conoscere la capitale ottomana e studiare a fondo l'organizzazione militare turca; la crisi di quell'esercito che pure ha mobilitato nella guerra contro la Russia oltre 740 mila uomini, non può essere arrestata con l'espediente di utilizzare ufficiali stranieri.

Nelle prime pagine della sua lunga relazione Orero ricorda come il Congresso di Berlino avesse voluto creare in Europa una pace stabile e duratura, affidando alle tre Potenze estranee (Germania, Francia e Italia) un compito di mediazione fra le parti interessate. Tuttavia il bilancio del Congresso sembra deludente: l'Europa, in definitiva, ha sanzionato esigenze derivanti dall'interesse particolare di alcune Potenze e con ciò ha costruito una pace precaria.

Il 21 ottobre 1878, con la nomina del delegato ottomano, generale di brigata Tahir pascià, la Commission~, definite le questioni di metodo e di principio, decide di iniziare le operazioni col determinare la frontiera romeno - bulgara tra Silistra e il Mar Nero (24). Fissato il 2 novembre quale data di riunione a Silistra, il 28 ottobre la Commissione, preceduta dal delegato russo e dagli ufficiali topografi inglesi, si imbarca per Varna, ove giunge il mattino del 29; da Varna raggiunge Rusçiuk (Ruse) in ferrovia, e da Rusçiuk scende per il Danubio fino a Silistra. In merito ai rapporti russo- romeni Orero scrive: "indipendentemente dai dissapori creati dalla condotta poco generosa della Russia verso la Romania, esisteva un'altra causa la quale rendeva sempre sensibile l'avversione reciproca tra i due eserciti .. . Nuoceva all'amor proprio degli ufficiali russi la parte abbastanza considerevole avuta dall 'esercito romeno nella vittoria fina le; epperciò si valsero del malcontento e delle proteste del loro alleato per la retrocessione de ll a Bessarabia come di un pretesto plausibile a liberarsi del peso della riconoscenza e dar sfogo al ferito sentimento di alterig ia che era in loro".

F in dai prim i scambi di opi nione con il delegato russo, co lonnello Bogoljubov , O rero intravede il disaccordo assai pronunciato che si sar eb be verificato ne ll a sce l ta del punto "sull a riva des tra del D anubio" da cui far partire la frontiera per asseg nare a ll a Roman ia il territorio ricevuto come compenso de ll a Bessarabi a. Questo d isaccordo si fa palese fin dal primo g io rn o quan d o la Commissione si riunisce a Silistra in seduta u fficiale . Le indicazioni fornite dall 'articolo 2 del Trattato di Berli no per la scelta di quel p un to, com e in genere per il tracc iato di tutta la linea di front iera dal Danubio a l Mar Nero, sono a lquanto indeterminate.

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(24) Orero a Co rLi , rapporto cit .

Il testo che si riferisce a quella parte di confine indica che la frontiera deve lasciare la riva destra del Danubio "a un punto da determinare dalla Commissione europea all'Est di Silistra" e di là dirigersi verso il Mar Nero a sud di Mangalia. In astratto qualunque punto scelto dalla Commissione sulla riva destra de l Danubio e all'est di Silistra avrebbe soddisfatto la condizione fissata nel testo. Già con le prime stipulazioni di Santo Stefano si stabilisce, in linea di massima, di assegnare alla Romania il delta del Danubio. Con ciò il principato, da un lato, ottiene una posizione sulla riva destra del Danubio ed entra in possesso di importanti sbocchi sulla costa del Mar Nero dall'altro, porta il suo confine al Prut e al Danubio, con il vantaggio di ottenere una lunga linea di frontiera tracciata in modo certo. Orero tuttavia valuta pienamente i motivi di carattere nazionale che suscitano la reazione della Romania: questa perde, infatti, una provincia abitata da una popolazione in maggioranza romena, in camb io di una dove l'elemento etnico è minore (25).

L'orientamento generale della Commissione è dunque quello di individuare un punto situato ad ottocento metri dalla cinta di Silistra da cui far partire il confine e dal quale sia possibile gettare un ponte sul Danubio. Questa vicinanza alla città - in pratica vengono assegnate alla Romania le posizioni militare situate a sud-est della fortezza, fra cui Arab Tabya - incontra la vivace opposi zione del rappresentante russo interessato a difendere e a favorire la Bulgaria. Il 6 novembre 1878 la Commissione include dunque la fortezza di Arab Tabya nel territorio romeno; la decisione, presa a maggioranza di sei voti, toglie a Silistra la sua importanza come piazzaforte e sanziona, di fatto, quanto scritto nel trattato, e cioè che tutte le fortezze situate nel territorio del principato bulgaro dovevano essere distrutte (26).

Dal 7 novembre, per dodici giorni, la Commissione viaggia per determinare sul terreno la linea di confine e molti dei commissari, compreso il colonnello Orero, debbono ricredersi circa la Dobrugia, ritenuta, "a torto, un paese piano e paludoso, povero e insalubre, senza strade e

(25) Su questo particolare problema Orero esprime il p roprio pun to di v ista affermando che la Romania avrebbe dovuto fare del problema Dobrugia-Bessarabia una questione nazionale "senza tener conto della probabilità d i vittoria e disporsi a sostenere con le armi i suoi diritti" soprattutto perché inaccettabile il baratto BessarabiaDobrugia

(26) Orero a Cairoli, Silistra 6 novembre 1878 . Cfr. anche protocolli n. I (21 ottobre 1878), n . 3 (24 ottobre 1878), n. 4 (3 novembre 1878), n. 5 (4 novembre 1878) n. 6 (5 novembre 1878), n. 7 (6 novembre 1878), MAE-AS, b. 1463 . In realtà nessuna delle fortificazioni prima turche, poi bulgare, venne distrutta.

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senza villaggi, abitato da una popolazione di diverse razze, rada e nomade in gran parte". Molte pagine della relazione sono dedicate alla descrizione dei luoghi visitati, delle difficoltà incontrate con le popolazioni e non mancano interessanti considerazioni sulla presenza economica italiana in quelle regioni: questa è, a giudizio di Orero, progressivamente scaduta per la concorrenza vittoriosa della navigazione a vapore su quella a vela dell'antico Piemonte e delle Due Sicilie e, in quel periodo, per il disinteresse e l'inerzia del governo italiano verso questi problemi(27).

Ultimati i lavori la Commissione si scioglie dandosi appuntamento a Costantinopoli entro otto giorni, tempo necessario per la preparazione degli atti e documenti da firmare e da inviare ai rispettivi governi. La maggior parte dei commissari si dirige a Varna per imbarcarsi sul battello austriaco e rientrare così a Costantinopoli; Orero e il commissario tedesco preferiscono usare quel tempo per recarsi a Bucarest dove l'ufficiale italiano non manca di o s servare come la città sia un "misto biz zarro di lusso, comodità e conforto" tipiche delle più grandi città europee insieme a vie fangose e povere abitazioni in legno e come sia ben presente una sorta di deprecabile sudditanza psicologica e di costume verso tutto ciò che è francese.

Dopo una sosta di tre giorni, durante i quali viene ricevuto dal principe Carlo che gli mostra la propria riconoscenza per l'opera svolta in favore della Romania, Orero parte da Bucarest per rientrare a Costantinopoli dove il 26 novembre la Commissione riprende le sue sedute. Il colonnello Bogoljubov si mostra irremovibile e attacca, con termini violenti, l'operato dei commissari. Il 17 dicembre 1878 l'atto diplomatico, le carte e i documenti che descrivono la linea di frontiera fra Silistra e Mangalia vengono firmati da sei commissari e inviati ai rispettivi governi senza la firma del commissario russo (28).

Il contrasto tra l'ufficiale italiano e quello russo, in sintonia del resto con la politica dei propri governi, costituisce, in pratica, una costante per tutto il periodo dei lavori della Commissione. L'oggetto della vertenza, se comprendere o meno Silistra nel territorio romeno, è di rilevante importanza politica e militare, come si vedrà poi nel gennaio 1879.

L'importanza strategica di Arab Tabya è fuori discussione: fortifica-

(27) Orero, conformemente a molti ufficiali in missione all'estero, auspica una · più incisiva politica governativa di penetrazione economica.

(28) Orero a Cairoti, Costantinopoli 26 novembre 1878; 4 dicembre 1878; 11 dicembre 1878; 17 dicembre 1878; MAES-AS, b. 1463.

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zione avanzata di Silistra, possederla rende possibile il controllo delle comunicazioni con la Dobmgia e per questo è al centro delle vertenze dei primi mesi del 1879 . In gennaio i romeni occupano il forte e premono· affinché le potenze europee risolvano senza indugio il problema. Depretis ritiene, e così si esprime in un colloquio diretto con il rappresentante romeno a Roma Mihail George Obedenaru, che la vertenza possa e debba essere risolta con un accordo diretto tra la Russia e la Romania(29).

Le truppe romene si ritirano da Arab Tabya sul finire del febbraio 1879; il governo di Bucarest tuttavia precisa essere quello un atto di buona volontà nei confronti delle potenze e non una rinuncia al proprio diritto (30) .

Gli inviti alla prudenza espressi al governo romeno durante gli avvenimenti di Arab Tabya non modificano le posizioni assunte dall'Italia al Congresso di Berlino e nei lavori di delimitazione. Il 13 aprile 1879, alla vigilia della convocazione della Commissione per i confini rumelobulgari, Depretis, ministro degli Esteri, nell'inviare precise istmzioni al colonnello Orero sul comportamento da tenere nei lavori relativi alla delimitazione della Rumelia, ricorda all'ufficiale essere ferma intenzione del governo italiano mantenere la linea politica elaborata al Congresso di

(29) Depreùs a Fava, Roma 10 febbraio 1879, MAES-AS, Registro copialettere in partenza, n 1202 Depretis informa il console italiano a Bucarest dell'incontro avuto con il console di Romania a Roma. Il governo italiano, sostiene Depretis, di fronte agli avvenimenti di Arab Tabya non può nascondere all'amica Romania la propr ia preoccupazione. L'esponente romeno ha assicurato non essere intenzione della Romania occupare più territorio di quanto attribuito dal Co ngresso di Berlino; l'occupazione del forte è stato un passo necessario in reazione alle minacce- russe. Dcpretis a Fava, Roma 14 febbraio 1878, ivi. Sulla presenza russa in Dobrugia e sui difficili rapporti russo-romeni cfr. Maffei a Fava, 25 novembre 1878; Fava a Cairoli, Bucarest 6 dicembre 1878 (Rapporti in arrivo. Romania, b. 1396); Dcpretis a Fava, 1° febbraio 1879; Tomielli a Fava, 3 febbraio 1879 (Tornielli informa Fava dei passi compiuti a Roma dall'agente romeno in vista della prossima convocazione della Commissione per la delimitazione dei confini). Cfr. D. Caccamo, L'Italia, la questione d'Oriente e l'indipendenza romena nel carteggio del consolato italiano a Bucarest (1870 - 1879), in "Storia e Politica" , a. XVIII (1979), I.

(30) Fava a Depretis, 20 febbraio 1879; 22 febbraio 1879; 26 febbraio 1879, MAE - AS, Rapporti in arrivo Romania, b. 1396. Informa che da un punto di vista strategico il possesso di Arab Tabya è necessario per le comunicazioni con la Dobrugia. Con il possesso di quella fortezza i bulgari possono impedire il transito verso la regione. Secondo Fava le potenze firmatarie degli accordi di Berlino possono esigere lo smantellamento della fortezza questa una fortificazione avanzata di Silistra.

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e le guerre balcaniche

Berlino dove "l'accordo unanime dei plenipotenziari potè conseguirsi mercè l' adesione del plenipotenziario russo, conte Pavel Schouvalow [Suvalov], a che, conformemente al voto della Commissione tecnica , il confine abbia a ripartirsi dal Danubio in tale località dove sia possibile la costruzione del ponte" (31). Che questa località sia un punto vicino a Silistra è, a giudizio di Depretis, un fatto incontestabile perché deliberato - senza opposizioni - nella sede idonea, cioè nella riunione dei plenipotenziari, prima delle decisioni definitive. La Commissione di delimitazione, organo essenzialmente tecnico, non ha il potere di modificare le decisioni di Berlino e bene ha fatto il delegato italiano ad attenersi fedelmente alle istruzioni 1icevute a suo tempo dal ministero degli Esteri. Il problema della frontiera bulgaro-romena viene temporaneamente risolto nel 1880 dopo una trattativa tra Austria-Ungheria e Russia: il forte di Arab Tabya viene assegnato alla Romania mentre la Bulgaria viene compensata con una rettifica della frontiera in prossimità di Silistra.

Relativamente pii1 semp l ici furono i lavori per la delimi tazione dell a Rumelia sia perché in parte già ~v olti dalla sottocommissione formata l'anno precedente sia per la rinuncia, da parte ottomana, al diritto, pure riconosciuto dal Congresso di Berlino, di erigere posti fortificati al confine tra la Bulgaria e la Rumelia orientale. La determinazione di questo confine, voluto dalle potenze europee per dare alla Turchia una buona frontiera difensiva, dopo la perdita del confine danubiano, non è, a giudizio di Orero, affatto semplice ed esula dai compiti generalmente affidati ad una Commissione di delimitazione . Dal punto di vista militare, infatti, "un esercito padrone della Bulgaria può avan zare su Adrianopoli e Costantinopoli per le tre linee d'operazione diverse" e precisamente da Sumen (Sciumla) a Varna, da Tarnovo a Sipka, e da Sofia, per Filippopoli, ad Adrianopoli . Il confine mmelo -bulgaro, in conclusione, non ha, sia considerato nelle sue tre parti sia nel suo complesso, "quelle condizioni che sarebbero necessarie per renderlo atto alla difesa di uno Stato". Non potendo inglobare Varna e Sumen nell'Impero ottomano e non potendo quindi tener fede al dettato del Congresso di creare per il sultano una frontiera difendibile, il lavoro della Commissione viene ad essere enormemente semplificato in quanto assume un carattere meramente formale soprattutto se i delegati, componenti la Commissione, si fossero accordati preliminarmente conciliando la condizione di difendibilità con

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(31) Depretis a Orero, 13 aprile 1879, MAE -AS, Registro copialettere in partenza. Turchia, n. 1234, pp 233 -244.

quella indicata espressamente dal Congresso, di seguire in alcune parti la "cresta" dei Balcani e in altre la "catena" principale. E proprio sull'interpretazione di questi due termini torna a manifestarsi l'inconciliabilità tra le posizioni del delegato russo e quelle degli altri componenti. Rassicurato Bogoljubov sull'interpretazione e applicazio ne imparziale delle indicazioni fornite dal trattato e superata una pericolos a questione posta dal delegato ottomano, appoggiato da quello fra ncese , circa la sistemazione delle fortificazioni, la Commissione i nizia il 13 maggio la ricognizione sul terreno che vi e ne completata in cinquanta g iorni. A conclusione dei lavori Orero sottolinea l' irreversibili tà d e ll a fine del potere turco in Europa. Il problema, a suo giudizi o, è che in u na possibile lotta fra turchi e russi, l'Austria-Ungheria, eventualmente coalizzata con la Gran Bretagna, possa estendere la propria presenza nei Balcani. "In mano di chi cadrà Costantinopoli? - si domand a va perentoriamente l'ufficiale italiano - Piuttosto che terra britannica io penso essere molto meglio per noi appartenga alla Russia. Per l'Italia mi sembra obiettivo suo dover essere quello di farla città ellenica o meglio città libera e neutrale". Con questi termini l'ufficiale italiano torna a sottolineare la necessità di una politica balc an ica più attiva da parte dell 'Italia, confortato in ciò dalle opinioni raccolte tra i residenti italiani nelle regioni attraversate e in particolare a Filippopoli dove la colonia italiana, pur cons iderevole come numero, manca di un proprio rappresentante ufficiale.

La sistemazione faticosamente concordata a Berlino, lungi da soddisfare le legittime aspirazioni dei popoli balcanici, ha creato i presupposti per la futura crisi ben più devastante: delusi i serbi e i greci per la politi c a della Russia la quale, con il Trattato di Santo Stefano, ha permesso la re a lizzazione della "Grande Bulgaria" quale avamposto della propria politica nei Balcani; delusi i bulgari che dal Congresso si sentono sacrificati nelle lo ro aspirazioni nazionali e mentre Serbia e Grecia finiscono inevitabilmente per avvicinarsi all'Austria e all'Inghilterra, tradizionali avversarie della politica russa nei Balcani, la Bulgaria lega sempre più il proprio destino all'assistenza tecnica , finanziaria e militare della Russia. L'attivismo della politica bulgara, seguita con attenzione da Belgrado e da Atene, deteriora progressivamente le relazioni tra la Serbia e la Bulgaria, accusata quest'ultima di fomentare le ribellioni e di aiutare gli oppositori del re Milan Obrenovié. La costante politica di sostegno all'irredentismo bulgaro di Battenberg termina nel 1885 con la procl amazione dell'unione con la Rurnelia Orientale e la conseguente guerra

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con la Serbia (32). L'intervento delle potenze europee e le successive trattative di pace riconoscono, di fatto, l'unione rimanendo i territori a nord e a sud dei Balcani formalmente separati.

Lo svolgersi della guerra viene particolarmente seguito dagli addetti militari a Pietroburgo e a Vienna. La guerra innescata dall'unione, ha suscitato vivaci reazioni in Russia e lo zar ordina l'immediato rimpatrio degli ufficiali russi al servizio del principe di Battenberg auspicandone la destituzione. A giudizio dell'addetto militare a Pietroburgo, maggiore Giuseppe Dogliotti, l'atteggiamento russo non nasce da sentimenti contrari alla Bulgaria quanto piuttosto dal fatto che il governo russo è in quel momento particolarmente impegnato in Asia e specificatamente nella questione dell'Afghanistan; mentre si svolgono i lavori di delimitazione del confine, importanti provvedimenti sono stati presi per rinforzare le truppe. Tale intensa attività in Asia "mi conferma nell'opinione - scrive Dogliotti - ( .. .) che se la Russia accettò l'accordo con l' Inghilterra non lo fece già con l'intenzione di rinunciare per sempre alle sue mire sull'Afghanistan, o forse meglio ancora per ottenere uno sbocco al suo commercio dell'Asia s ull 'Oceano Indiano, ma bensì nel solo intento di poter guadagnare tempo per prepararsi meglio in quell'impresa" (33).

La guerra tra la Serbia e la Bulgaria pur nella sua brevità rimette in discussione l'intero equilibrio balcanico e rivela la superiorità dei bulgari nei confronti dei serbi e solo l'energica nota dell'Austria circa il proprio intervento a fianco dei serbi, con possibile ingresso dei russi in Bulgaria, induce Alessandro di Battenberg a deporre le armi e ad avviare le trattative per la conclusione di un armistizio. Si forma allora una Commissione internazionale che il 18 dicembre 1885 tiene la sua prima riunione; all'unanimità viene eletto presidente il tenente colonnello Alberto Cermti in quanto rappresentante della potenza che ha preso l'iniziativa. In quattro giorni e con sei sedute i commissari portano a termine il loro lavoro stabilendo la durata dell'armistizio dal 21 (9) dicembre 1885 al 1° marzo (17 febbraio) 1886; l'evacuazione dei territori occupati; le nonne

(32) Sulla guerra, come impressioni a "caldo", cfr. E Barbar ich, La guerra serbobulgara nel 1885. Le operazioni nei Kodza- Balkan, Torino 1894; ID., Considerazioni sulla guerra serbo-bulgara nel 1885. Operazioni per l'investimento e assedio di Viddino, Roma 1898. La più recente acquisizione della storiografia è nei saggi di F. Guida e R. Tolomeo in Nascita di uno Stato balcanico, Napoli 1988.

(33) Dogliotti, Pietroburgo 8 novembre (27 ottobre) 1885, Situazione politicomilitare della Russia, r. I.

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per l'ordine pubblico delle zone interessate dall'armistizio; la fascia di territorio neutrale tra le due armate; lo scambio immediato dei prigionieri e la nomina dei delegati per i negoziati di pace (34).

Le relazioni di Salaris (35) e di Vittorio Trombi (36) riguardano invece la Grecia proprio all'indomani di quella guerra con la Turchia (febbraio 1897) alla quale hanno partecipato, con slancio ed entusiasmo, i volontari garibaldini italiani. La Grecia, che fin dalla crisi d'Oriente del 1875-1878 ha cercato di affrancare i greci ancora sotto il dominio ottomano, sorretta dal mito irredentistico di ricostituire l'antico Impero bizantino, esce dalla guerra praticamente sconfitta: si salva grazie all'intervento delle potenze europee le quali, imponendo l'armistizio (maggio 1897) e la pace (dicembre 1897), le permettono di conservare la Tessaglia. Il tenente colonnello Trombi, membro della Commissione per la delimitazione dei confini della Tessaglia, nel trasmettere le sue relazioni precisa che "sebbene i nostri obiettivi probabili non siano diretti a detta regione, tuttavia penso che gli appunti presi possano giovare a completare presso codesto Comando i dati geografico -militari che già possiede e a dare un'idea esatta delle difficoltà più o meno grandi che s i dovettero superare nella recente campagna greco-turca" (37).

Alcuni mesi dopo gli accordi di Mi.irzsteg (2 -3 ottobre 1903) il maggiore Rubin de Cervin, addetto militare italiano a Sofia e buon esperto dei problemi balcanici, in un lungo rapporto al capo di Stato Maggiore esprime nettamente i propri dubbi sulla validità delle rifo1me imposte al sultano per la Macedonia. Ribadita, infatti, la complessità della qu estione balcanica in generale e della macedone in particolare, sottolinea come la ribellione delle popolaz ioni delle provincie sia mantenuta viva "dalle poten ze che sovra esse vantano diritti e covano desideri di conquista" e dalla comprensibile esigenza delle popolazioni cristiane di affrancarsi dal gioco ottomano che soffoca "ogni libertà e iniziativa di progresso" . La strada intrapresa dalla diplomazia, quella appunto delle riforme, si rivela priva di valore giacché è impossibile "modificare il

(34) Ccrruti a Cosenz, Vienna 30 dicembre 1885, Missione per l'armistizio fra la Serbia e la Bulgaria; ID. , Condizioni di armistizio tra le truppe bulgare e serbe, r . 4.

(35) E. Salaris, No te sulla Grecia, sul suo esercito e sui recenti avvenimenti. Impressioni di viaggio, Atene-Firenze 1897

(36) V. Trombi, Delimitazioni della frontiera di Tessaglia, anno 1897. Estratto del giornale di viaggio; ID., Completamento dei lavori di frontiera in Tessaglia, Terap ia 9 giugno 1898, r. 38, Reparto operazioni. Ufficio coloniale. Stati esteri.

(37) Trombi, Costantinopoli 30 gennaio 1898, ivi.

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vieto e tradizionale regime turco" mentre per la riorganizzazione della gendarmeria, che costituisce lo strumento per riportare l'ordine della regione, "anche riuscisse ottima (e la cosa è incerta date le contrarietà e le mene occulte che da ogni parte la minano) non sarà mai sufficiente a procacciare l'ordine materiale in una regione alpestre, difficile, con scarse comunicazioni e nella quale sono in lotta ogni sorta di interessi, di razza, di religioni, di lingua" (38).

La Macedonia, infatti, pur essendo una regione economicamente povera (gli abitanti che nel 1900 assommano a tre milioni, sono in costante regresso a causa dell'emigrazione, del brigantaggio e della miseria) costituisce l'area dove maggiormente si scontrano le diretttici di espansione delle potenze. La stessa posizione geografica, al centro della penisola balcanica, la rende punto di incontro e di conflitto degli interessi bulgari, greci, serbi e romeni, tutti in opposizione al dominio ottomano risalente alla seconda metà del secolo XIV. Le contese sulla Macedonia si accentuano quando si pone il problema nazionale, il problema cioè del passaggio da nazione a Stato nazionale.

Dopo il 1870 la Bulgaria, con il riconoscimento da parte delle autorità ottomane dell'esarcato autocefalo, ottiene la giurisdizione su coloro che si dichiarano slavi: il nucleo etnicamente più omogeneo viene così ad essere quello bulgaro e dal 1878 l'irredentismo macedone costituisce, in Bulgaria, l'idea nazionale per eccellenza. L'aiuto del principato ai macedoni si concretizza con l'apertura di scuole, con il patrocinio di organizzazioni culturali per la diffusione e lo studio della lingua e della cultura bulgara, con il finanziamento delle associazioni filo -bulgare, con la concessione della nazionalità agli esuli macedoni, con la formazione di comitati bulgaro-macedoni la cui principale attività è costituita dalle insurrezioni armate che dal 1899 assumono un carattere costante ripetendosi puntualmente ogni anno alla fine dell'inverno. Altra comunità etnicamente rilevante è quella costituita dai serbi, in netta preponderanza nell'alta valle del Vardar. Questi, pur non avendo una vera e propria organi zzazione, sono presenti e attivi attraverso le iniziative dei consolati e delle scuole. Albanesi, ebrei, armeni e cutzovalacchi - pastori della regione del Pindo, sostenuti nelle loro rivendicazioni dalla Romaniacostituiscono il vasto e complicato mosaico macedone, nel quale ben si inserisce l'abile politica ottomana di riconoscimenti e concessioni diverse al fine di impedire il collegamento e l'unità tra i macedoni, la quale, se realizzata, avrebbe portato ad un diverso sviluppo politico

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(38) G. Rubin de Cervin, Ques1ione balcanica, Torino 28 dicembre 1904, r. 81.

della regione .

In grado di contrapporsi realmente alla presenza turca nella regione, fu !'«organizzazione rivoluzionaria interna macedone» o VMRO dal nome Vatrefoa Makedonska. Revolucionarna, Organizacija, che in breve tempo riesce a darsi una struttura militare agendo con metodi di vera e propria guerriglia partigiana (39). La situazione macedone e i suoi sviluppi sono attentamente seguiti dall'Ufficio coloniale (Ufficio dello scacchiere orientale) dello Stato Maggiore italiano attraverso i dati originali desunti dalla corrispondenza degli addetti militari, dalle relazioni dei viaggi compiuti nella regione dagli ufficiali italiani e dalle notizie degli informatori L'importanza che lo Stato Maggiore i t aliano annette alle questioni balcaniche e ai problemi della Macedonia, intorno ai primi anni del secolo, si inserisce nel contesto della stessa politica estera italiana, determinata ad acquisire un proprio peso politico nei Balcani. La questione macedone, in particolare, non può essere eliminata dalle competizioni internazionali e il problema è duplice: sottrarre le popolazioni cristiane al dominio turco e sistemarle secondo il principio di nazionalità. La situazione politica internazionale determina un capovolgimento delle posizioni nei Balcani; l'Austria appoggia ormai la Bulgaria, mentre la Russia sostiene la Serbia. L'Italia - la cui pol i tica nei Balcani si concretizza già nel 1896 con il matrimonio del principe ereditario Vittorio Emanuele con la principessa Elena del Montenegro - intensifica, con il ministro degli Esteri Tommaso Tittoni, la propria azione economica e culturale nella penisola, interessandosi particolarmente dell'Albania (40) .

Nel 1903, dunque, la situazione macedone - con le rivolte del febbraio e del 2 agosto (rivolta di Sant'Elia) -- torna ad aggravarsi sollecitando indirettamente gli accordi di Mi.irzsteg il cui programma prevede la nomina di agenti civili austro-ungarici e russi presso l'ispettore gener ale turco della Macedonia, il riordinamento della gendam1eria da affidare a ufficiali europei al servizio del su l tano e, infine, un definitivo assetto dei distretti amministrativi. Il ministro Tittoni ottiene, in cambio dell'appoggio italiano al programma delle riforme, la nom i na di u n uffi -

(39) Ufficio coloniale, Ufficio dello scacchiere orientale, Promemoria, (generalmente anonimi, avevano la funzione di riassumere i principali avvenimenti) . Stati balcanici, r. 3

(40) A . Biagini, la folta per l'indipendenza albanese nei rapporti degli addetti militari italiani (1911 - 1912), in "Shcjzat" (Le pleiadi), 1978; E . Maserati, Momenti della questione adri atica (1896 - 1914), Ud ine 1981.

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ciale italiano in qualità di comandante responsabile della riorganizzazione della gendarmeria. In base a questo accordo nel gennaio 1904 viene nominato il generale Emilio de Giorgis che il mese successivo giunge a Costantinopoli per assumere ufficialmente il comando della gendarmeria (41). Nonostante l'evidente successo diplomatico, gli ambienti militari italiani non nascondono dubbi e perplessità circa la reale efficacia delle progettate riforme. Una nota dell'Ufficio coloniale, redatta dal capitano Isidoro Zampolli (42), sottolinea come il progetto austro-russo non risponda "a ciò che pretendevano gli insorti bulgari, i quali volevano essere bulgari, uniti o no alla Bulgaria", e non sia attuabile nel giro di pochi anni per il riproporsi delle insurrezioni: "la propaganda dei comitagi continua, l'organizzazione delle bande si va perfezionando con regolamenti emanati dai comitagi, e divulgati in tutti i paesi, con coscrizioni, usi militari, con tasse percepite anche dai più poveri per l'armamento e l'arruolamento degli insorti ". Proseguendo nella analisi Zampolli sostiene che non è sufficiente aver affiancato al governatore della Macedonia, Hilmi pascià, due alti funzionari (uno austriaco e uno russo) pur con i pieni poteri di controllo su tutto ciò che riguarda l'amministrazione e la giustizia. L'accordo - secondo il giudizio espresso più tardi da Rubin de Cervin - non poggia su basi solide: la Russia, impegnata contro il Giappone, è interessata al mantenimento dello status quo anche se vede "con rancore svanire il sogno di avere nella Bulgaria uno Stato pressoché vassallo"; il comportamento austriaco lascia trapelare l'intenzione di una penetrazione in Macedonia: "i consoli propiziandosi le popolazioni mediante protezioni e soccorsi in danaro, vengono di sottomano osteggiate le riforme che, quando ottenessero buona riuscita, allontanerebbero vieppiù il raggiungimento delle note mire su Salonicco. Aiuti sono poi forniti ai comitati perché viva possa essere mantenuta l'agitazione". Citati alcuni fatti a prova di quanto sostenuto, l'ufficiale italiano conclude il suo rapporto ipotizzando un intervento austriaco in Macedonia motivato e giustificato dal ripetersi de i

(41) V. Elia, Il generale de Giorgis a Costantinopoli, Costantinopoli 5 febbrai o 1907, r. 31. L'adclello milit.are riferisce circa una vicenda che ha suscitato scalpore nella capitale ottomana: " ... sci mesi dopo che il generale de G iorgis, giunlo co l grado di generale di divisione era promosso biringiferik, gli venne comunicato che il suo stipendio era aumentalo di 50 lire turche (in totale 1 150 franchi) e che gli arreLrati di sei mesi erano a sua disposizione . Il generale ringraziò ma rispose che con l'aumento di g rado non imendeva accettare alcun aumento di stipendio "

(42) Note per il generale de Giorgis redatte con il concorso del capitano ?,ampolli, minuta s.d. ma del gennaio 1904, Stati balcanici, r.3.

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disordini (43).

Compito non facile, dunque, quello che si presenta al generale de Giorgis sia per l a situazione internazionale che per quella interna. La gendarmeria cos t ituisce infatti un corpo tra i meno efficienti de l l'apparato militare turco e comprende ben 71 reggimenti, suddivisi in 133 battaglioni; i gendarmi sono reclutati per arruolamento volontario con ferma non minore a due anni, i sottufficiali provengono dalla truppa mentre gli ufficiali sono rec lutati in parte tra i sottufficial i e in parte dalle altre armi ricevendo, come compenso, il passaggio ad un grado superiore poiché entrano a far parte di un corpo di minor prestigio e di servizio oneroso. L'istruzione militare è inesistente, mentre l'amministrazione è caratterizzata dalla incuria nella distribuzione e nella manutenzione dell 'equipaggiamento, nonché dalla irregolarità nei pagamenti degli assegni spettanti al corpo: in pratica i gendarm i turchi, "malvesti ti , non pagati, str umenti di un governo quanto mai arbitrario", non godono di alcun prestigio con conseguenze negative sullo spirito e sulla disciplina. Il risultato è costituito da un servizio estremamente approssimativo: "nelle campagne e nei villaggi è ai gendarmi che sono da imputarsi molti dei furti, e non di rado essi si abbandonano iso lati od a gmpp i ad atti di vero brigantaggio" ( 44) .

Il programma di MUrzsteg prevede un aumento dell'organico, un miglioramento del trattamento economico e l'ammissione di elementi di religione cristiana. Il governatore generale incaricato dell 'applicazione delle riforme, Hilmi pascià, "sia per la sottile mala volontà in che son maestri i turchi" sia per le difficoltà oggettive, ottiene solo l'aumento dei gendarm i da diecimila a ventimila - il che è un pretesto per armare i turchi in funzione anti bulgara - e l'arruolamento di circa settecen to cristiani, reclutati tra gl i elementi peggiori: nessun cristiano che abbia "miglior mestiere" può infatti sentirsi attratto da una "posizione" che lo espone all'odio dei correligionari e alla vendetta dei colleghi musulmani, in particolare albanesi, ostili alle riforme.

I primi due anni di attività vengono impiegati dal generale de Giorgis e dai suoi collaboratori a porre le basi per un reale ed efficace funziona-

(43) G. Rubin de Cervin , Questione cit., pp 11 - 13.

(44) I 133 regg imenti di gendarmi co mprendevano 420 compagnie a piedi, 234 a cava llo e due con cammelli. Il numero di bau.aglioni era variabile e la forL.a media di ogni bau.aglione di c irca 80 uomini. Cfr. La gendarmeria nei tre vilayets di Salonicco, Kosovo e Monastir prima delle riforme chieste dall'Austria e dalla Russia, promemoria s cl. dell'Uffi cio coloniale, r. 3, Stati balcanici.

Antonello Biaginì
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mento della gendanneria: congedo degli elementi peggiori, scuole per allievi gendarmi e per ufficiali a Salonicco, Monastir e Uskub (Skopje), progetti per la costruzione di nuove caserme - ostacolati da Hilmi pascià-, arruolamento degli elementi cristiani. L'attività degli ufficiali europei procede lentamente e con difficoltà per la sotterranea opposizione delle autorità ottomane e per l'endemica lotta che oppone le bande bulgaro-macedoni e quelle greche, spesso incoraggiate e finanziate dalle stesse autorità turche (45). Sempre più spesso il generale de Giorgis deve ricorrere all'appoggio delle ambasciate per ottenere l'essenziale al buon andamento della gendanneria. Una serie di richieste presentate personalmente al governo ottomano e un memorandum del gennaio 1907, testimoniano lo stato di disagio che accompagna l'azione degli ufficiali europei (46). La gendarmeria è sempre stato un corpo considerato al di fuori dell'esercito, strumento della volontà dell'autorità civili locali e degli stessi ufficiali della gendarmeria, i quali, "ignoranti, privi di senso del dovere e di amor proprio, invecchiati in un mestiere che teneva del birro e della spia" (47) si assoggettano facilmente al mutevole volere delle fazioni locali. Con la riforma, gli ufficiali escono dalle scuole preparati secondo il costume e lo stile europeo e sono appoggiati, contro i soprusi delle stesse autorità ottomane, dal generale de Giorgis. La nuova dignità produce effetti diversi: alcuni mantengono i giusti limiti del rispetto reciproco con i funzionari governativi, altri, invece, sono animati da un sentimento di rivalsa nei confronti di quelle stesse autorità che per lungo tempo li hanno mortificati. Questo - ricorda il tenete colonnello Vittorio Elia di Montiglio, addetto militare a Costantinopoli - fornisce ai funzionari ottomani il pretesto per deprecare l'influenza europea, negare la validità delle rifonne e formulare l'ipotesi che una gendarmeria riorganizzata da ufficiali europei costituisca "l'avanguardia di un'armata europea che, un giorno o l'altro, poteva essere mandata ad occupare la Macedonia". Altro motivo d'intralcio per la riorganizzazione è costituito dall'elemento ellenico, "potente in Costantinopoli e a Palazzo per il denaro e le aderenze di cui dispone", che in quel momento trova conveniente allearsi con l'amministrazione otto-

(45) Rubin de Cervin, Ufficiali bulgari che fanno pane di organizzazioni macedoni, Sofia 5 aprile 1905; Bande in Macedonia, Sofia 16 giugno 1908; Situazione in Macedonia, Sofia 27 marzo 1906, r . 34 .

(46) Requètes présentées par le général de Giorgis, copia allegata al rapporto del 5 febbraio 1907 del colonnello Elia e Memorandum.

(47) V . Elia,1/ generale de Giorgis . ..cit ., p . 3 .

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mana per distruggere, in Macedonia, qualsiasi influenza bulgara, serba o cutzovalacca. Lo stesso generale De Giorgis incontra a Costantinopoli numerose difficoltà per farsi ricevere dal sultano e presentare le propri e richieste: solo l'intervento congiunto dell'ambasciatore italiano a Cos tantinopoli, marchese Guglielmo Imperiali di Francavilla, e del capitano Giovanni Rom ei Longhena, in quel momento aiutante di campo del s ultano (48), impedisce che la situazione degeneri fino alla rottura. In occasione del rinnovo del mandato del generale de Giorgis e degli ufficiali europei si pone il problema di un ampliamento dei poteri degli organi delle riforme (49), così come l'esperienza dei quattro anni precedenti ha dimostrato essere nece ssario al fine di eliminare l'attività delle bande greche e bulgare (50).

Nel 1907 l'Italia ottiene per un ufficiale italiano, il colonnello dei cararabinieri Achille Tornas si, l'incarico di riorganizzare la gendarmeria nel viiayet di Ajdin (51 ). Nel 1908 il generale de Giorgis muore ed è il generale Mario Nicolis di Robilant ad essere nominato al suo posto: "quando Vostra Ecc e llenza - scrive a questo proposito il colonnello Elia al capo di Stato Maggiore, Tancredi Saletta - pensi alle difficoltà d ' ogni genere che accompagnarono la nomina e l'insediamento del generale de Giorgis quattro anni fa vedrà quale cammino abbia fatto la nostra influenza in questo tempo" (52).

Il 10 maggio 1908 il general~ di Robil ant giunge a Costantinopoli: le manifestazioni di simpatia del corpo diplomatico, dei funzionari ottomani e dello stesso sultano - il quale lo riceve in udienza il 15 maggio,

(48) lvi , pp. 6-10. Sulle atliviu'I e sulla figura di Romei cfr. A. Biagini, In Russia tra guerra e rivoluzi one La missione militare italiana 1915-1918, Roma 1983.

(49) V. Elia, Abboc camento del regio ambasciatore con il generale de Giorgis, Terapia 24 agosLo 1907, r 31.

(50) V. Elia, Bande ellen iche in Macedonia, CosLanLinopoli 30 luglio 1907, r. 3 1. Lo sLesso argomenLo in Trombi a Brusati (aiuLante di campo del re), Sanremo 10 oLLobre 1907, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 9, fase. Y-2-11.

(51) V. Elia, Riassunt o della situazione politico-militare attuale della Turchia e dei provvedimenti militari adottati dall'ottohre 1907 ad oggi, CosLantinopoli 26 febbraio 1908, r. 35 a; ID., Riorganizzazione della gendarmeria nel vilayet di Ajdin, Smirne 10 maggio 1907, r. 31. Sull'operalo di De Giorgis in Macedonia cfr. E. MaseraLi, I comitati "Pro Patria" e il Consiglio albanese d'Italia nelle carte di Ricciotti Garibaldi, in "Rassegna Storica del RisorgimenLo", a. LXVI (1979), IV, pp. 461471.

(52) V. Elia, Intorno alla nomina del generale di Robilant come riorgan izzatore della gendarmeria rum eliota, Costantinopoli 24 marzo 1908, r. 35 a.

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assicurandogli la massima collaborazione per la riorganizzazione della gendarmeria, testimoniano la validità della scelta italiana (53).

Nel 1908 si sviluppano sostanziali avvenimenti nella situazione balcanica: in particolare la rivoluzione dei Giovani Turchi, l'annessione della Bosnia-Erzegovina da parte dell'Austria e la dichiarazione di indipendenza della Bulgaria. Dei tre avvenimenti indubbiamente il primo è il più importante e costituisce la causa che muove gli altri due. Il movimento dei giovani ufficiali- capeggiati da Enver bey, brillante ufficiale che ha un ruolo notevole nella successiva storia della Turchia (54)prende il via a Salonicco dove maggiore è il contatto con gli europei e dove maggiore è il numero degli ufficiali che hanno studiato nelle scuole europee e dunque sensibili all'urgenza e alla necessità di un rinnovamento degli equilibri di potere all'interno dell'Impero al fine di salvarne l'esistenza. Si chiede il ripristino della costituzione del 1876 e l'uguaglianza dei diritti e dei doveri verso lo Stato, indipendentemente dalla razza e dalla confessione religiosa di appartenenza.

Il movimento dei Giovani Turchi rappresenta, con i suoi aspetti lib eraleggianti, che costituiscono una obiettiva novità nel "sistema" ottomano, l'ultimo tentativo messo in atto per salvare l'esistenza stessa del vetusto Impero travagliato dalle lotte intestine delle varie nazionalità. Tentativo generoso che giunge troppo tardi e che finisce, in un certo senso, per produrre effetti contrari agli intendimenti dei promotori. La politica nazionalistica dei Giovani Turchi provoca immediate ripercur-

(53) V. El ia, Il generale di Robi/ani riorganizzatore della gendarm e ria in Rumelia, Costantinopoli 16 maggio 1908, r. 35 a. Cfr. anche di Robilant a Brusati, Costantinopoli 16 maggio 1908; ID., Salonicco 1° e 6 giugno 1908, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 9.

(54) Enver bey poi Enver pascià (Instanbul 1881-Turkestan 1922) termina la scuola di guerra (1899) e l' Accademia militare (1903). È tra i membri fondatori della società "Unione e progresso" e tra gli ufficiali che costringono Abdul Hamid a proclamare la coslituzione. Ispettore per la Macedonia, addetto militare a Berlino, si distingue particolarmente c ome condottiero militare nella guerra di Libia. Nominato ministro della Guerra (1915) persuade il governo ad entra re in guerra a fianco della Germania. Dopo la disfatta militare Enver lascia la Turchia e, passando per Odessa, si reca prima a Berlino e poi a Mosca. Nel 1920 partecipa al Congresso dei popoli d'oriente riunito a Bakù. A capo delle forze irregolari insorte nel Turkestan contro il governo di Mosca muore in combaLtimento. Cfr. S. S. Ayclemir, Makedonya'dan Orta Asya'ya Enver pasa, Instanbul, s. d.; L. Fischer, / sovieti nella politica mondiale, Firenze 1957, voli. 2, voi. I, pp. 450-460; A. Biagini, Momenti di storia balcanica ... , cit., pp. 145-188.

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sioni che trovano il loro riflesso naturale nell'annes s ione della BosniaErzegovina da parte dell'Austria-Ungheria e la dichiarazione di indipendenza della Bulgaria. In politica interna i Giovani Turchi conoscono poi il fallimento della politica di ottomanizzazione, di quella politica cioè volta a creare un comune sentimento nazionale ottomano (e non turco!), la quale, oggettivamente, contrasta con la valorizzazione dell 'ele mento turco il quale, a causa dell'ingerenza delle potenze europee, gode-paradossalmente - di minori diritti rispetto ad altre componenti etniche dell'Impero. Il sogno di un sistema costituzionale si infrange nel tentativo di laicizzare lo Stato: intuizione profonda resa vana dall'opposizione interna dell'elemento turco poiché il sultano incarna, oltre al potere politico, quello religioso. I Giovani Turchi, del resto, non hanno il coraggio di portare alle estreme conseguenze il movimento costituzionale mettendo in di sc ussione lo stesso presupposto monarchico-religioso dell'Impero; questa contraddizione - propugnare una monarchia liberale senza però intaccare i presupposti monarchici e religiosi dello Stato teocratico - vanifica ogni possibilità rifom1atrice.

"Fin dai primi giorni del nuovo regime si capì quanto poche simpatie godessero gli organi delle riforme in Macedonia sia agli occhi del comitato Unione e Progresso, la cui parola d'ordine era ed è la Turchia ai turchi, sia a quelli dell'esercito il quale( ... ) vedeva con amarezza la posizione privilegiata della quale godevano i camerati europei che indossavano la stessa uniforme ... ". L 'o pposizione dei Giovani Turchi nei confronti delle riforme non pecca di logica: queste infatti, sono state formulate in base all 'esigenza di proteggere i cristiani dai soprusi dei musulmani dominanti ma ora "che la costituzione dava ai musulmani, ai cris tiani, agli israeliti uguali diritti e uguali doveri, ora che i componenti della nazione ottomana, fossero essi di razza turca o greca, bulgara o serba, albanese o valacca, erano uguali di fronte alla legge" i programmi di riforme, e dunque l'ingerenza europea, risultano superflui e dannosi alla vita dell'Impero.

La riorganizzazione della gendarmeria deve continuare non più sotto l'egida delle Potenze europee ma sotto quella del governo ottomano e deve estendersi a tutto l'Impero escluso lo Yemen (55). L'attività degli

(55) V. Elia, Richiamo in Italia degli Ufficiali del regio esercito: maggiore di cavalleria Rom ei, capitano dei carabinieri Tornassi e tenente Mazza. Gli ufficiali europei e la riorganizzazione rumeliota, Terapia 9 sclt.embre 1908; ID , In/Orno alla permanenza del generale di Robilant al servizio ottomano, Cost.anLinopoli 22 novembre 1908; r. 35 a; ID., Arrivo a Costantinopoli del generale di Robilant, Cos t.anlinopoli

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ufficiali italiani prosegue comunque per tutto il 1909-1910; luci ed ombre di questa attività vengono puntualmente registrate nei rapporti del generale di Robilant soprattutto per quanto riguarda le relazioni, non sempre facili, con le autorità ottomane (56). Ancora nell'aprile del 1911 il nuovo addetto militare a Costantinopoli, tenente colonnello Prospero Marro, scrivendo al capo di Stato Maggiore, generale Alberto Pollio, conferma l'interesse della Turchia a mantenere gli ufficiali stranieri nella riorganizzazione (57).

Il 27 settembre I 911 il generale di Robilant riceve dal governo italiano l'ordine di rimpatriare con tutti gli ufficiali a causa dell'inasprimento dei rapporti italo-turchi e dell'invio dell'ultimatum dell'Italia alla Turchia; il 28, giorno della dichiarazione di guerra, la delegazione italiana lascia Costantinopoli: "pochi giorni prima - scrive a questo proposito il generale di Robilant al generale Brusati , aiutante di campo del re - nessuno vi avrebbe creduto, e confesso che io pure ero stato tratto in inganno sulle vere intenzioni del governo dal congedamento della classe, dalle grandi manovre della flotta e dall'annunziato arrivo del nuovo ambasciatore" (58).

Anche se il Congresso di Berlino ha, un certo senso, sancito la scarsa considerazione delle potenze nei riguardi dell'Italia (guardata peraltro con diffidenza sia da Vienna ch e da Berlino a causa dei movimenti irredentisti), il mutare degli equilibri di potere fra gli altri paesi e la costante presenza nella penisola balcanica comporta una diversa valutazione del ruolo e del significato che l'Italia può assumere.

Sia l'Austria che la Germania trovano interesse a un'azione comune; accettando l'ftalia come parte contraente nella Triplice alleanza (1882), la tolgono dall'isolamento e - dopo gli avvenimenti di Tunisi tanto duramente condannati dall'opinione pubblica - le restituiscono nuova di-

28 novembre 1908; ID., Ritorno a Salonicco del generale di Rohilant. Schema per la riorganizzazione della gendarmeria in tutto l'Impero Gli uffi ciali italiani del servizio di riorganizzazione, Costantinopoli 22 dicembre 1908; ID., Ufficiali italiani per la riorganizzazione della gendarmeria ottomana, Terapia 19 giugno 1909; ID., Riorganizzazione della gendarmeria dell'Impero, Terapia 1l giugno 1909, r. 37.

(56) M. Nicolis di Robilant, Riorganizzazione della gendarmeria ottomana, Salonicco 30 luglio 1910, r. 38; V. Elia, Incidente accaduto ad un ufficiale del regio esercito al servizio ottomano, Costantinopoli 25 gennaio 1910, r. 30.

(57) Marro a Pollio, Costantinopoli 1° aprile 1911, r. 25

(58) Di Robilant a Brusati, Roma 16 ottobre 1911, ACS, Carte Ugo Brusati, b. 10.

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gnità e credibilità (59). La politica estera italiana si sviluppa dunque su due direttrici: l'Africa (60) e i Balcani.

Sulla questione africana sia l'opinione pubblica che la componente governativa sono divise. Nel Nord del paese - dove la classe operaia è confluita nelle organizzazioni socialiste - si manifestano opposizioni ai progetti coloniali mentre nell'Italia centrale e meridionale si registra una maggiore adesione nella speranza, più o meno consapevole, di nuove terre da lavorare. Quanto al governo, le posizioni dei vari uomini politici s on o discordi e alterne nel tempo; Crispi, tornato al potere dopo Di Rudinì e Giolitti, è il sostenitore più accanito della politica coloniale; Sonnino, esperto e prudente ministro del Tesoro, svolgendo a pieno il proprio ruolo, guarda al bilancio che non può sopportare l'impegno finanziario delle guerre coloniali. Il taglio della spesa militare (già ridotta dai precedenti governi da 405 milioni del 1892-93 a 236) si aggiunge ad altri elementi, anch'essi di segno negativo, come per esempio la mancanza di esperienza nel settore che non induce i politici all'elaborazione di alcun piano organico complessivo da affidare alle forze militari per lo studio della necessaria struttura organizzativa e operativa. Tutto sembra sconsigliare l'esperienza co loni ale che, dopo brevi illu sioni, si rivela comunque onerosa (61).

Dagli an ni successivi al 1882, la politica bismarkiana si avvia verso una crisi profonda per il riacutizzarsi del contrasto austro-russo nei Balcani . Gli scontri maturati nei continenti extra-europei comi nciano a far sentire i loro effetti nei rapporti tra le grandi potenze: Russia e Inghilterra in ,Medio Oriente, Francia e Inghilterra nel Mediterraneo e in Africa. E proprio la componente antifrancese a consentire, durante il governo Depretis, l'occupazione di Massaua da parte dell'Italia, "autori zzata" dall'In gh ilterra - padrona del Mediterraneo e del Mar Rosso - che in tal modo intende frenare l'espansione francese ..Anche Crispi si muove secondo un'ottica intesa a isolare la Francia e so tto l'influenza della Realpolitik di Bismark interpreta il ruolo della Triplice

(59) Grande peso ha l'impossibilità di un dialogo con la Francia; l'alleanza con l'Austria, che pre suppo ne quella con la Germania, coslituisce di fatto, anche se non espressamente detto nel trattato, una garanzia territoriale per l'Italia (cfr L. Salvatorelli, La Triplice Alleanza -Storia diplomatica 1877-1912, Milano 1943.

(60) Come è noto, la prima az ione operativa è quella dell'acquisto della baia di Assab sul Mar Rosso (1882), segue poi l'occupazione di Massaua (1884-85) e quella di una parLe della Somalia (1885-1890).

(61) Cfr. Storia Militare della Colonia Eritrea, cit., voi. II, p. 14 sgg.

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come esclusivamente conservativo dell'assetto europeo esistente, accentuando la frattura nei rapporti con la Francia - non solo politici ma anche economici - che avrà pesanti conseguenze per l'Italia. Con i ministeri di Rudinf e Giolitti, si intravede un mutamento della politica estera italiana, ma un avvicinamento alla Francia avrebbe determinato la reazione della Germania e la rottura della Triplice; ancora una volta non sembra in alcun modo opportuno modificare i legami internazionali consolidati da oltre un decennio per migliorare i rapporti con la Francia divenendo però nemici dei propri alleati.

Nell'intricato scacchiere di accordi e disaccordi, si presenta invece per l'Italia l'opportunità di "entrare" in combinazioni politiche più favorevoli che in passato, tanto che di Robilant, all'epoca ministro degli Esteri, riesce a negoziare il rinnovo della Triplice, modificando sensibilmente i contenuti dell'alleanza; essa estende le sue garanzie anche a settori ormai divenuti di grande interesse per l'Italia, sia l'area balcanica messa in crisi dalla guerra russo-turca, sia il Mediterraneo dove possono trovare realizzazione le aspirazioni coloniali in funzione antifrancese. Il s uccessivo rinnovo della Triplice (per altri sei anni a partire dal 1896) diventa così una integrazione degli impegni precedenti per la difesa dell ' assetto europeo e soprattutto, dall'ottica italiana, uno strumento teso a evitare una eventuale aggressione da parte della Austria, della Francia o di ogni altra Potenza (62).

Ulteriori, non secondari, vantaggi sono ancora: l'obbligo di compensi territoriali - stabilito a carico dell'Austria - nel caso in cui non fossero rimasti inalterati gli equilibri di potere nei Balcani; l'impegno, da parte della Germania, di sostenere un'azione italiana nei territori del Nord Africa qualora la Francia avesse tentato di estendere l'occupazione, il protettorato o la sovranità su Tripoli o sul Marocco (63). Gli accordi mediterranei costituiscono così la premessa diplomatica dell'impresa di Libia (che si sarebbe svolta dieci anni dopo l'accostamento alla Francia), antecedente sia pur lontano della partecipazione italiana alla guerra del I 915 accanto all ' Intesa e contro gli Imperi Centrali.

(62) Se di Robilant trasforma la Triplice in alleanza mediterranea, Crispi tenta di farla diventare coloniale, sulla base della convinzione che il nucleo centrale dell'intero cosmo politico sia dato daJl'insieme dei problemi interni del paese, dunque daJla politica generale, alla quale la politica coloniale deve essere funzionale.

(63) Tali impegni vengono completati da un accordo italo - inglese e da uno italospagnolo per il mantenimento dello status quo nel Mediterraneo.

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Nel 1904 le acque della politica estera italiana sono tutt'altro che tranquille: il precario equilibrio raggiunto con gli accordi del 1902 si deteriora rapidamente in conseguenza di una serie di concau se. La Russia è sempre più impegnata in Estremo Oriente, le nazionalità balcaniche si rafforzano, la penetrazione austriaca si accentua, la Germania accresce la propria influenza, economica e militare, sull'Impero ottomano. Si inaugura una fase di conflittualità con l'Austria, responsabile di una graduale "corrosione" della Triplice che si manifesta nella rivendicazione delle terre irredente e nella concorrenza per il controllo dell'Albania. La penetrazione italiana in Albania- intesa non solo e non tanto come penetrazione economico-commerciale ma anche e soprattutto "culturale"s i realizza progressivamente attraverso una se rie di iniziative, dall 'e migrazione di gruppi consistenti di braccianti e agricoltori alla costi tuzione di scuole; l'Austria - per altro irritata dalle manifestazioni irredentistiche - si mostra decisamente contraria a ogni influenza italiana nei Balcani, da tempo oggetto di propri e meditati progetti es pansionistici.

Per l'Italia, l'unica via da seguire in funzione antiaustriaca è rapprese ntata da una intesa con la Russia, che storicamente e geograficamente ha tutto l'interesse a bloccare la marcia ausuiaca nei Balcani; ma lo zar non rinuncia agli accordi con l'Austria e dimo st ra di non gradire l'infiltrazione dell'Italia nella penisola balcanica. Il ministro degli Esteri italiano Tittoni, è costretto allora a trattare direttamente con l'Austria per ev itare una sua occupazione del territ o rio albanese e, a ppoggiato dalla diplomazia anglo-francese, riesce a ottenere l'impegno di un non intervento au striaco in Albania, in cambio di un analogo comportamento da parte italiana. Con molta fatica negli anni 1906-1907 si mantiene l'apparenza di un buon accordo con gli austriaci; sia Tittoni che Giolitti sono allarmati dalle dichiarazioni di Goluchow ski, il quale afferma che tra l'Italia e l'Austria non è possibile alcuna soluzione intermedia: o alleanza o guerra.

L'alleanza continua e nel luglio del 1907 la Triplice viene rinnovata per altri se tte anni anche se, mentre Tittoni tenta di mantenere e migliorare i rapporti con l'Austria, la Ballplatz medita, al contempo senza alcuno spirito da alleata, un duro colpo alla stabilità europea, preparando il colpo di mano in Bosnia-Erzegovina ..

Nell'estate del 1908 - come si è detto - scoppia la rivoluzione dei Giovani Turchi; sotto l'influsso delle idee di libertà e di democrazia che arrivano dall'Occidente la "vecchia" Turchia (o almeno alcune parti di essa) vuole rinnovarsi. 11 regime assolutistico del sultano precipita e le nuove generazioni, appoggiate dall'esercito, inaugurano una nuova era della storia ottomana. Tale avvenimento turba l'immobilità dell'Oriente

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L'Italia e le guerre balcaniche

balcanico e offre al ministro austriaco Aehrenthal un buon pretesto per attuare i suoi disegni e le sue ambizioni. Egli ha , da semp re, intui to e segnalato la pericolosità della Serbia: se gli slavi serbi si fossero uniti a quelli della Bosnia e dell'Erzegovina, congiunti con i bulgari nel comune spirito panslavista, avrebbero corros9 da sud il territorio dell'Impero austro -ungarico, disgregandolo. E necessario, dunque, isolare la Serbia, considerata dal governo di Vienna un "nido di rivoluzionari", aiutando da una parte la Bulgaria a conquistare la sua indipendenza, dall'altra annettendo all'Austria le province bosniache, sottraendole così alle ambizioni serbe. Il progetto bulgaro si realizza: il 5 ottobre 1908 il principe Ferdinando di Bulgaria proclama la fine dell'alta sovranità turca su quel territorio e si incorona zar dei bulgari. Il successivo 6 ottobre Aehrenthal annette definitivamente all'Impero austro-ungarico le provincie della Bosnia e dell ' Erzegovina, amministrate dall'Austria fino a quel momento in virtù del mandato conferitole dal Congresso di Berlino.

L'Italia allora - non potendo più opporsi da sola alle manovre austro-ungariche e temendo una guerra proprio da parte dei suoi alleati nella Triplice - riconferma la sua amicizia con l'Inghilterra e si rivolge cautamente alla Russia, con la quale stipula gli accordi di Racconigi. Con tale intesa, i governi di Roma e di Pietroburgo si impegnano a lavorare in comune per mantenere lo status quo nella penisola balcanica e, nell'ipotesi di un mutamento degli equilibri, si obbligano ad applicare "il principio della nazionalità per lo sviluppo degli Stati balcanici, a esclusione di ogni dominazione straniera". Nessuno dei due governi inoltre avrebbe stipulato - separatamente dall'altro - nuovi accordi per l'Oriente europeo con una terza Potenza; da parte sua la Russia si impegna a considerare con benevolenza gli interessi italiani in Tripolitania e in Cirenaica e il governo di Roma quelli russi in ordine alla questione degli Stretti.

L'intesa conclusa non si contrappone in alcun modo alla Triplice Alleanza, dal momento che già quella obbligava Italia e Austria a mantenere inalterata la situazione nei Balcani (64) ; di fatto la Triplice - che si trova sempre più circondata e soffocata dalle intese italo-francesi, italoinglesi e italo-russe - ostacola l' espansione italiana nell'Europa balca-

(64) Nell 'accordo verbale tra Tiuoni e Go l uchowski dell'aprile del 1905 , e ra stato stabilito che, in base al principio di nazionalità, l'autonomia della penisola balcanica doveva costituire un punto irrinunciabile per i governi di Roma e di Vienna, nel caso di un eventuale mutamento della situazione esistente.

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nica; dunque per l'Italia l'unica via possibile è quella della penetrazione economica, del re sto già avviata.

Se nel 1900 le esportazioni au striache in Albania sono state di quattro volte superiori a quelle italiane, nel 1907 è l'Italia a esportare di più, superando l'Austria per un milione di franchi; l'Italia, inoltre, manda notevoli quantità di tessili alla Serbia, costruisce ponti e strade in Dalmazia , ha il monopolio del commercio montenegrino. Ma non può accentuare in alcun modo la propria influenza nei Balcani, dove la Triplice - di fatto - l'ha "bloccata"; per superare la c risi economica, spinta dalle correnti espansionistiche, punta sull'Africa. La guerra di Libia del 1911 nasce dunque dalle es igenze politiche del governo giolittiano, obbligato a . concessioni gradite alla destra (la destra, accettando il suffragio universale, gli aveva consentito di tornare al governo), ma nasce anche da oggettivi problemi di sicurezza.

In merito alla guerra di Libia, l'Italia si divide: sono favorevoli i nazionalisti, gli anarco-sindacalisti; contrari parte dei socialisti e dei repubblicani. La campagna libica si conclude con la vittoria italiana, ma è una vitto ria dura, difficile da gestire sul piano politica per la ten ace re sistenza degli arabi e che costa enormemente al paese senza gran di risultati per quegli italiani che avevano spera to di ottenere lavoro e nuove te rre.

Al di là delle valutazioni nell'ottica italiana, ciò che emerge dalla guerra di Libia è la debolezza della Turchia, che motiva l'attacco congiunto della Serbia, del Montenegro , della Bul garia e della Grecia, nell'ottobre del 1912. Da questo momento - come è noto - la disgregazione dell'Impero ottomano sarà un dato di fatto. seg uito da avvenimenti molteplici, intimame nte connessi tra di loro, che muteranno sostanzialmente dalla fine del 1912 all'agosto del 1913 l'assetto territoriale e gli equilibri di influenza nei Balcani.

Intanto, proprio mentre la questione d'Oriente minaccia l'Au stria , i governi di Vienna, di Berlino e di Roma rinnovano la Triplice (fino al 1920, ma con la previsione di prorogarla fino al 1926 in assenza delle disdetta di una dell e parti contraenti). Il testo del trattato è ancorn quello del 1902, salvo l'inserimento di un nuovo protocollo che riconosce la sovranità italiana sulla Tripolitania e sulla Cirenaica - sovranità intesa come mantenimento dello statu quo in Nord Africa - che il governo tedesco è tenuto a garantire (65). L'intreccio dei problematici equilibri in

(65) Tale obbligo da parte del governo di Berlino era previs to dal trattato di alleanza (articoli IX e X risalenti al 1887 e al 1891 ); nessuno dei tre alleati aveva chiesto d i apportarvi delle modifiche e dunque continuava a essere valido. I fini, difensivi

Antonello Biagi ni
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L'Italia

e le guerre balcaniche

Africa e nei Balcani comporta una difficile situazione per l'Italia sul piano della politica estera: da una parte, le guerre balcaniche, viste come lotta di liberazione dal dominio ottomano, inducono garibaldini, soldati e ufficiali italiani a sostenere gli insorti, partecipando ai conflitti in Grecia, in Albania, in Montenegro e in Macedonia; dall'altra il governo di Roma deve impedire l'ondata di aiuti agli albanesi sia perché lì i moti rivoluzionari tendono a sovvertire un governo legittimo, sia per non irritare l'Austria che pone sempre il veto all'inserimento italiano in quell'area.

A riguardo dei problemi di frontiera dei territori irredenti, l'Italia si trova più vicina alla Francia e all'Inghilterra; nella guerra di Libia, dove prevalgono interessi mediterranei e coloniali (con delle riserve poco amichevoli da parte dei suoi alleati) è costretta ad assumere atteggiamenti filo-tedeschi.

Tali contraddizioni presenti nel paese sono destinate a persistere e anzi ad aggravarsi a causa della recessione economica degli anni che precedono la guerra mondiale.

Nei rapporti internazionali, l'Italia continua a ribadire il carattere difensivo della Triplice, nel caso di una situazione statica nei Balcani - e il proprio diritto a compensi territoriali, nell'ipotesi di modifiche agli equilibri esistenti mentre sottolinea anche che il trattato di alleanza finisce di essere vincolante se, in un eventuale conflitto, gli Imperi centrali avessero attaccato l'Inghilterra: conservare l'amicizia britannica, infatti, le è necessario per cautelarsi nei confronti dell'Austria-Ungheria.

L'ipotesi di una guerra si profila sempre più concretamente: Sarajevo ne è il pretesto, ma le motivazioni sono ben più complesse e appartengono in sostanza all'antagonismo fra il mondo germanico e quello slavo per il dominio nei Balcani.

e pacifici, imponevano a ciascuna delle potenze contraenti il mantenimento di rapporti cordiali con le grandi potenze e l'eliminazione di ogni eventuale motivo d'attrito.

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III

LA PRIMA GUERRA BALCANICA

Sullo sfondo dei complessi rapporti politico-diplomatici in Europa negli anni immediatamente precedenti il conflitto mondiale dall'interno dell'area balcanica meccanismi a catena - attivati dalla disgregazione progressiva dell'Impero ottomano - sovvertono equilibri di lun ga durata, destinati a mutare in modo irreversibile. Il periodo che va dal Congresso di Berlino al trattato di Bucarest (10 agosto 191 3) è fortemente segnato dalle aspira zioni e dalle lotte per l'indipendenza nazionale dei molti paesi così, a lungo soggetti al dominio turco; al contempo, è caratterizzato dall'intensa attività diplomatico-commerciale delle potenze europee, attente da un lato a non farsi coinvolgere nei conflitti locali, interessate dall'altro alla penetrazione economica e finanziaria.

Anche la classe dirigente italiana, come si è visto, non si sottrae alla tentazione di fare progetti sui Balcani: raggiunta - sia pure non sen za problemi e difficoltà - una certa coesione su l piano interno in politica e in economia, è ormai disp o sta a guardare con maggiore attenzione all'Europa danubiano-balcanica e all'Asia Minore. L' aumento della produzione, il miglioramento del livello medi o di vita, l'incremento nel settore del risparmio, costituiscono elemen ti di una raggiunta stabilità interna e proiettano l'Italia verso un indirizzo espansionistico alla stessa stregua delle grandi potenze.

Tra queste, l'Inghilterra era stato il paese del primato coloniale, con la conquista di quasi tredicimila chilometri di territorio nell'ultimo trentennio dell'Ottocento (seguita dalla Francia con novemila chilometri). E non a caso, dal momento che, in sostanza, il fenomeno dell'espansione territoriale si presenta stretta mente leg ato allo sviluppo capitalistico e i paesi più avanzati sul piano produttivo hanno, in quegli anni, la neces-

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sità di reperire materie prime per le proprie industrie, mercati di assorbimento per le proprie merci, nuove aree di investimento per i propri capitali.

Il possesso di colonie avrebbe dovuto rispondere anche a un'altra esigenza, avrebbe dovuto cioè consentire l'emigrazione di larghe fasce di popolazione dai paesi con forte incremento demografico .

Le maggiori potenze industriali avviano così la gara espansionistica dalla quale, a torto o a ragione , l'Italia non vuole rima nere esclus a; l'occupazione della Libia, la vittoria sulla Turchia, la penetrazi o ne bancaria in Bulgaria e in Grecia sono tappe significative che i nd ica no il nuovo ruolo che l'Italia vuole assumere a livello internazion ale.

In tale contesto trova una sua logica motivazione l 'intere sse italiano a ogni avvenimento che attivi trasforma zioni negli equilib1i politici esistenti, autorizzando comprensibili ambizioni e ipotes i di occupazione di nuovi spazi.

L'Italia, a diffe renza dell'Inghilterra, della Francia, della Germania e degli Stati Uniti - per i quali si combinano insieme i due fenomeni , quello dello sviluppo capitalistico e quello della diminuzione dei prezzi (la cosiddetta grande depressione tra 1883 e 1886)- presenta problemi peculiari della propria economia nazionale.

La crisi agraria degli anni Ottanta, che pure si collega alla depressione economica europea, si manife sta più tardi che negli altri paesi a causa dei legami più deboli col mercato mondiale; ma, comunque , la diminuzione dei noli marittimi permette l' importazione dei cereali di oltre oceano e dunque il crollo dei prezzi dei propri prodotti agricoli. Si cerca di reagire con la trasformazione delle colture - sviluppando soprattutto la viticultura - ma le difficoltà sono enormi: mancanza di capitali, caratteristiche dei terreni e del clima , persistenza dei vecchi rapporti agrari.

Nell'agricoltura non si riesce a trovare correttivi e gli investimenti si spostano verso il settore industriale, con una accelera zione evidente che fa registrare un saggio di sviluppo straordinariamente rapido (18811887) nella produzione - siderurgia e cotonificio sono i settori trainanti - nell'attività bancaria, in quella finanziaria (1).

(1) Nell 'età giolittiana diventa più incisiva la volontà italiana di penetrare nei Balcani, sotto la spinta e l'esigenza dell'industria italiana - in particolare quella meccanica - che aveva raggiunLo una potenzialità produttiva s uperiore alle necessità del mercato in terno. Cfr. L . Dc Rosa, Dall'Unità alla prima guerra mondiale (18617979) Momenti e problemi dello sviluppo economico italiano, Napoli 1970; I. Bonomi, la politica italiana da Porta Pia a Vittorio Veneto (1870 -1918) , Torino 1972,

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L'Italia e le guerre balcaniche

Sul piano della politica coloniale l'Italia non era nuova ad esperienze concrete e in Eritrea e in Somalia, ma solo dopo la guerra di Libia il suo colonialismo comincia ad assumere i connotati di un processo stabile e duraturo, allo stesso modo delle altre po tenze europee di più consolidata tradizione.

Particolare significato, a questo punto, viene ad assumere la "voce" degli addetti militari, residenti proprio negli anni caldi del 1912 e del 1913 nelle principali capitali europee, interessate anch'esse, quanto e più dell 'I talia, alla questione d'Oriente e alle guerre nei Balcani.

Alla storiografia sul tema si aggiungono così le fonti qui utilizzate (2) che costituiscono un'integrazione assai significativa ai temi della grande storia conosciuta attraverso protagonisti più illustri.

I rapporti degli addetti militari offrono infom1azioni quotidiane, seguono di ora in ora gli avvenimenti, aggiornandoli, sono impregnati insomma dell'atmosfera - ora contraddittoria e confusa, ora lucida e ricca di tensioni - che avvolge i fatti della storia: la guerra con le sue sconfitte e con le sue vittorie, la pace con le sue conferenze e i suoi trattati. I materiali documentari qui utilizzati, relativi all'arco di tempo che va dall'ottobre 1912 all'agosto 1913, provengono dalle capitali di tutta Europa e vengono inoltrati al Comando in 2' del Corpo di Stato Maggiore in Roma (3) dove appunto confluiscono le notizie, le indiscrezioni, i pronostici più o meno attendibili, dei vari addetti militari italiani, residenti a Parigi, a Londra, a Berlino, a Pietroburgo o nelle capitali della penisola balcanica.

Com'è naturale, dato il momento, le informazioni, pure articolate su vari temi, sono essenzialmente incentrate su due punti : le guerre balcani-

p. 169; R. Webstcr, L'imperialismo industriale italiano 1908-1915. Studio sul prefascismo, Torino 1974; A. Tamborra, The rise of italian industry and the Balkan (1900-1914), in "Thc journal of European Economie History'', III (1974); G. Mori, Il capitalismo industriale in Italia, Roma 1977; S. Romano, Giuseppe Volpi, industria e finanza tra Gioliui e Mussolini, Milano 1979; interessante la tesi dell'Italia come grande potenza in R. Bosworlh, ltaly and the Approach of the First Wor/d War, Hong Kong 1983.

(2) Cfr. cap. I, nota 4, pp. 8-9

(3) Com 'è noto, il Comando del Corpo di Stato Maggiore si articola in quel momento, in due grosse strutture burocratico- militari : lo Stato Maggiore, che si occupa dei problemi interni relativi alle forze armate, il Comando in 2a che è competente su tutto ciò che riguarda lo scacchiere orientale e lo scacchiere occidentale, compreso il relativo servizio di informazione.

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che e la Conferenza della pace, che si terrà a Londra per fissare i termini degli accordi fra i paesi belligeranti, con la partecipazione e la garanzia delle grandi potenze.

Delle guerre balcaniche abbiamo già detto, facendo riferimenti necessariamente sinte tici ai contri buti conoscitivi apportati dalla ricca bibliografia in materia; ma la voce degli addetti militari aggiunge molto fra le righe della storia con il su o racconto minuto dei fatti noti e meno.

Negli ultimi mesi del 1912 l'addetto militare italiano a Pari gi è il tenente colonnello Zaccone; i suoi rapporti (salvo tre, relativi ai primi mesi dell'anno) s i infitti scono dall'ottobre, quando la situazione nei Balcani comincia a diventare calda contro ogni aspettativa da parte dei francesi che con ostinato ottimismo pen sano che la situazione, per quanto grave, possa risolversi come altre volte e senza ricorrere alla guerra (4).

L'ottimismo è convalidato dalla conoscenza dei problemi economici della Bulgaria, la quale appunto ha chiesto - inutilmente - agli istituti bancari parigini un prestito di venti milioni di franchi.

La noti zia della mobilitazione dell'esercito bulgaro provoca dunque una sgradevole sorpresa, sia per ragioni finanziarie, che per motivi politici; la Francia ha investito ingenti capitali in Oriente e teme le conseguenze di un conflitto che potrebbe aggravare la rivalità austro-russa. In proposito corrono già voci allarm ati e sì dice che l'Austria abbia trattenuto i congedati appartenenti al 15° e 16° corpo d'armata e che la Russia abbia iniziato la mobilitazione dei corpi della Poloni a.

A Parigi si spera di scongiurare la guerra mediante l'energico intervento delle grandi potenze, o almeno, di riuscire a limitarla ai Balcani, evitando il coinvolgimento degli altri paesi europei.

Da una conver sazione con il collega bulgaro, Zaccone ha la conferma della mobilitazione in Bulgaria e dell'accordo dei quattro Stati balcanici; diciassette ufficiali bulgari, che seg uono i corsi della sc uola di guerra a Parigi, sono stati richiamati telegraficamente. La Bulgaria mira soltanto a ottenere l'autonomia della Macedonia e, se la Turchia cedesse sul questo punto, la guerra potrebbe ancora essere evitata, anche se ciò sembra del tutto improbabile.

Da Londra i rapporti dell'add etto militare italiano, tenente colonnello Bagnani, iniziano dal 5 di ottobre e, salvo qualche considerazione sul quadro generale della politica internazionale, negli ultimi tre mesi dell'anno riguardano, anch'essi, esclusivamente la situazione militare nei Balcani.

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(4) Zaccone, Parigi 2 ottobre 1912, n. 22 .

L'Italia e le guerre balcaniche

Naturalmente Bagnani invia informazioni assunte nell'ambiente inglese, attinte sia dalla stampa che dai circoli londinesi dove trapelano dati ufficiali e ufficiosi. Spesso i rapporti sono corredati da articoli scelti dalla stampa inglese e inviati come allegati al comando del corpo di Stato Maggiore; sovente le notizie sono contraddittorie, ma l'addetto militare le invia ugualmente, affinché a Roma le informazioni possano essere v~gliate e confrontate con quelle provenienti da altre aree di osservaz10ne.

La stampa inglese, per esempio, in un primo momento sopravaluta la composizione e le possibilità dell'esercito turco, calcolando la forza mobilitabile pari a un milione e duecentomila uomini, con mille e seicento cannoni; di contro, le forze effetti ve sembrano ascendere a non più di trecentomila uomini, con mille cannoni, dunque una forza numericamente inferiore rispetto a quella che possono mettere insieme gli eserciti alleati.

D ' altra parte però Bulgaria, Grecia, Serbia e Montenegro non possono coordinare facilmente le rispettive armate: dunque, se l'esercito turco fosse condotto abilmente e se, soprattutto, fosse conclusa la pace con l'Italia, la Turchia potrebbe sperare di uscire vittoriosamente dal conflitto.

Molto discussi i probabili piani di campagna, relativi a due distinti teatri di guerra, uno in Tracia, l'altro in Macedonia. Si suppone che lo schieramento strategico dei turchi dovrebbe avvenire sulla linea Mustafa Pascià - Adrianopoli - Kirk Kilisse con l'obiettivo di sconfiggere l'esercito bulgaro a oriente dei monti Rodopi, mentre distaccamenti di forza adeguata potrebbero avere la meglio sugli eserciti greco e serbo. Si stima che l'esercito bulgaro abbia una forza di duecentocinquantamila uomini che però non hanno alcun affiatamento e, dunque, è diffic il e che riescano a cooperare efficacemente, soprattutto nel caso di un'azione immediata.

La sera del 5 ottobre, le agenzie telegrafiche di Londra riferiscono i tentativi delle grandi Potenze di evitare la guerra; queste, invece, riescono solo a dilazionare di qualche giorno l a presentazione dell' ultimatum alla Turchia; Austria e Russia, per il momento, sono accomunate dal tentativo di preservare la pace, anche se non ci sono grandi speranze di riuscita dal momento che la Bulgaria è disposta a combattere anche da sola nel caso in cui non venga concessa l'autonomia alla Macedonia, cosa che la Turchia non può e non intende fare (5).

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(5) Il 3 ouobre l'addetto militare per la Bulgaria e il Montenegro, tenente colon -

Sulle decisioni che prenderà l'Italia a riguardo del temuto conflitto si fanno molte ipotesi e nei circoli diplomatici inglesi si dice che in realtà essa non avrebbe nulla da guadagnare da una guerra balcanica. La Turchia ha ormai perduto Tripoli e le agenzie danno la notizia che la pace è stata conclusa col riconoscimento della sovranità italiana in Libia e quello del potere spirituale del sultano; nell'accordo è previsto l'aiuto italiano alla Turchia per la conclusione di un prestito sul mercato europeo.

Quanto al ruolo dell'aviazione militare nel probabile conflitto balcanico, Bagnani riferisce che delle cinque nazioni mobilitate per la guerra, solo la Turchia e la Bulgaria potranno valersi di aeroplani, le altre non sono in grado di utilizzare l'aviazione (6).

In un altro rapporto, sempre del 5 ottobre, Bagnani raccoglie una serie di dati sugli ufficiali più rappresentativi degli eserciti belligeranti,

nello Mcrrone, invia al comando in 2 3 del corpo di StalO Maggiore in Roma un rapporto relativo alla situazione in Bulgaria e alla pace italo-turca. I bulgari sperano che l'Italia non concluda un'affrettata pace con la Turchia, in modo che questa non possa accelerare la sua mobilitazione e rifornire lo scacchiere della Macedonia. Un ritardo di 3 o 4 settimane offre alla Bulgaria consistenti probabilità di vittoria nei primi scontri. Sotto il peso dell'insuccesso la Turchia sarà costretta ad accettare le condizioni imposte dall'Italia la quale indirettamente aiuterebbe i bulgari anche nell'interesse delle altre potenze che non desiderano la guerra; una sconfitta bulgara, infatti, coi nvolgerebbe direttamente la Russia che con il suo aiuto provocherebbe necessariamente un'azione dell'Austria verso il Sangiaccato e verso l'Albania. lvi, r . 19, 3 ottobre 1912.

(6) In merito, la situazione dei probabili eserciti belligeranti è la seguente: "Serbia - tre ufficiali sono stati in Francia per imparare a pilotare i monoplani Bleriot; non consta che finora l'esercito possieda aeroplani propri . Grecia - l'esercito possiede 6 biplani Farman e la marina un idrop lano Vi è nel paese molta passione per l'arconautica, non è però stalO ancora organiz7.ato alcun corpo areonautico. Bulgaria - l'esercito possiede un monoplano e 3 biplani; parecchi aeroplani sono stati ord inati in Germa n ia, specialmente biplani tipo Albatros; ono uffic iali e tre sottufficiali hanno già il brevetto di pilota aviatore. Turchia - ha già costituito un nucleo aeronautico; secondo alcuni istruuori il temperamento turco non è molto proclive all'aviazione, ad ogni modo qualche ufficiale è stato in Inghi lterra a prendere lezioni nella scuola di aviazione della Compagn ia Bristol a Brooklands; l'ese rcito turco possiede g ià 8 monoplani di varie marche, 3 monoplani Bristol, 2 biplani tedeschi e vari altri sono stati com missi onati in Germania e in Inghilterra. L'esempio è stato seguito dagli Stati balcanici che in questi ultimi giorni sono in attiva corrispondenza con costruttori e piloti in Francia, in Germania cd in Inghilterra". Bagnani, Londra 5 ottobre 1912.

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L'Italia e le guerre balcaniche

costruendo delle pi ccole biografie su alti militari turchi, bulgari, serbi.

In Turchia, Ferik Abdullah pascià è uno dei più vecchi favoriti di Abdul Hamid, già capo del gabin etto militare dell'ex sultano e suo principale aiutante di campo. Egli rappresenta l'élite del vecchio regime, per molti anni amico e collaboratore del generale prussiano von der Goltz, comandante del IV Corpo ad Ersingjan, poi successore del maresciallo Sekki pascià e infine governatore generale e comandante in capo in Albania.

Pertev pascià è uno de i più brillanti ufficiali della nuova generazione educata alla scuola di von der Goltz; prima a Francoforte sull'Oder, poi all'assedio di Port Arthur come addetto militare turco con l'esercito giapponese, ha viaggiato molto anche in Asia Minore e si è distinto come segretario generale al ministero della Guerra di Costantinopoli. Si ritiene che gli verrà ri servato un alto posto nello Stato Maggiore del Comando Supremo.

Nazim pascià, ministro della Guerra, è considerato il probabile comandante supremo delle forze turche; ha 64 anni, è stato educato alla scuola militare di Saint Cyr, è stato capo di Stato Maggiore di Redjeb pascià durante la guerra russo-turca; entrato nel movimento dei Giovani Turchi, condannato a cinque a nni di fortezza, esiliato a Erzerum, col nuovo regime è stato nominato comandante del II corpo di Adrianopoli, poi ministro della Guerra per pochi giorni nel gabinetto di Kamil pascià, governatore di Bagdad nel 1910 e quindi presidente del consiglio dell'esercito. Un personaggio, insomma, di grande prest igio , con un forte ascendente sui soldati e con principi lìberali che lo hanno compromesso di fronte al Comitato Unione e Progresso, accrescendo la sua popolarità anziché intaccarla.

Da parte bulgara, oltre al re Ferdinando - che sarà designato come comandante sup rem o degli eserciti alleati - i personaggi più rilevanti sono: il generale Fitev già comandante del corpo d'armata di Filippopoli e poi capo de llo Stato Maggiore dell'esercito, che è previsto come vertice del Comando Supremo delle truppe bulgare; il generale Nazluncov comanderà la cavalleria; il generale Kutintev, che prenderà il comando del I0 corpo d'armata; il generale Ivanov, quello del co rpo d'armata di Filippopoli. Tutti questi ufficiali hanno preso parte alla guerra serbobulgara.

Tra i serbi, re Pietro sarà alla testa del suo esercito, ma si dice che il comando effettivo sarà affidato al generale Putnik, al momento ministro della Guerra, nominato capo di Stato Maggiore; suoi collaboratori saranno il generale Slepanovié (già ministro della Guerra) e il generale Goikovié, direttore dell'Accademia militare; il colonnello Bjov ié è stato

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nominato ministro della Guerra. Al comando delle cinque divisioni sono i colonnelli Borjanovié, Mekeilvié, Poilnovié, Marinovié e Goikovié (7).

I commenti della stampa inglese sono così numero si che l'addetto militare non usa il consueto sistema di spedire ritagli e segnalare articoli, ma si limita a riferire per grandi linee le principali informazioni e le idee che si agitano a Londra sulla situazione politica, sulle sue cause, sulle possibili conseguenze (8).

L'opinione diffusa è che la guerra sia inevitabile se gli Stati balcanici e la Turchia vengono lasciati a se stessi; eminenti uomini di Stato e giornalisti di vaglio pensano che il miglior partito sia di lasciar fare.

I motivi fondamentali del conflitto sono due:

a) "la cieca politica dei Giovani Turchi che ha spinto gli Stati balcanici a gettarsi nelle braccia l'uno dell'altro per chiedere il completo riconoscimen to del Trattato di Berlino", col quale la Turchia si e ra impegnata ad attuare una politica di riforme in Armenia e a mantenere il principio della libertà religiosa in tutto l'Impero ottomano.

b) "l'occupazione della Libia da parte dell'Italia, seguita da un anno di continue vittorie - spesso disconosciute dalla stampa europea e travisate dai turchi, ma apprezzate dalle popolazioni balcaniche - aveva mostrato la debolezza dell'Impero ottomano e il valore della flotta italiana che la bloccava in Asia Minore; gli Stati balcanici si mobilitano e pongono alla Turchia un ' unica alternativa: o l'autonomia della Macedonia o la guerra.

A differenza di quanto detto da Me rrone a Londra tutti pensano al successo dei bulgari, a causa della facilità di mobilitazione, dell'ottima organizzazione e dell'alto spirito militare che fa dei bulgari "i giapponesi dei Balcani" (9) .

Un improbabile successo turco, in ogni caso, non risolverebbe la questione balcanica, in quanto il problema politico della Macedonia resterebbe sempre in piedi: la vittoria turca avrebbe il risultato di accentuare il panslavismo russo e, di conseguenza, la reazione dei cristiani

(8) Bagnani, Londra 5 ottobre 1912, prot. n. 240, r. 41; " Le notizie d 'oggi date dalle agenzie si possono così riassumere: scammucce su varie frontiere; febbre guerresca sempre in alto grado tanto in Turchia quanto in Bulgaria; dichiarazioni ufficiali serbe relative alla sospensione del traffico ferroviario con la Turchia e all'ammassamento di truppe alla frontiera; nota greca che annuncia che truppe montegrine hanno passato la frontiera cd è da attendersi un attacco su Scutari; conflitto che dicesi avvenuto presso Adrianopoli fra truppe bulgare e turche".

(9) Bagnani, Londra 6 ottobre 1912, prot. n. 243, r. 41.

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l'Jtalia e le guerre balcaniche

soggetti ai turchi.

In tale situazione, le Potenze cercano di delimitare la guerra più che d'impedirla per non esservi direttamente coinvolte, anche perché il disaccordo esistente provocherebbe un conflitto europeo che al momento nessuno vuole o si sente di affrontare.

La Russia - anche se obbligata a simpatizzare per le popolazioni cristiane dei Balcani - non è preparata a intervenire, né vuole farlo per non provocare la reazione degli altri paesi.

L'Austria non è in condizioni migliori, e quando è intervenuta, sia pure in maniera indiretta (il conte di Brchtold ha operato per cercare di convincere il governo turco della necessità di un decentramento), ha ottenuto come risultato la richiesta dell'autonomia della Macedonia da parte degli Stati balcanici.

La Germania è dell'avviso (come la Russia e l'Austria) che la Turchia debba essere sollecitata a concedere serie riforme, anche se a Berlino non si ritiene ormai possibile tale soluzione e dunque la guerra è considerata inevitabile.

L'Inghilterra non si è ancora pronunciata, anche se sembra probabile un suo accordo con la Russia e la Francia .

Quanto all'Italia, negli ambienti londinesi la sua posizione è considerata molto delicata: gli Stati balcanici, infatti, sono ancora più propensi alla guerra a causa del conflitto italo-turco e della vittoria riportata dall'Italia; questa inevitabilmente dopo la pace con la Turchia assumerebbe una maggiore influenza nei Balcani.

La Francia, spinta dai larghi interessi finanziari impegnati in Oriente e dal desiderio di evitare la guerra, o di limitarne almeno le conseguenze, si assume l'iniziativa di coordinare un'azione collettiva delle grandi potenze ( 10) .

Malgrado le varie divergenze di vedute e di aspirazioni manifestatesi in parecchie circostanze, si realizza con una relativa facilità una linea di condotta comune con la Russia, approfittando della presenza a Parigi del suo ministro degli Esteri, Sazonov. Francia e Russia avrebbero voluto assicurare una limitazione del conflitto proponendo all'Austria un accordo sulla base della comune rinunzia al conseguimento di vantaggi particolari e della reciproca promessa di astenersi da un intervento armato.

Le trattative "discrete" iniziate in proposito non ottengono risultati favorevoli, anzi l'Austria dichiara di non voler assumere alcun impegno

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(]O) Zacconc, Parigi 7 ottobre 1912, prot. n. 642.

formale, lasciando capire abbastanza chiaramente che non rinuncerà all'intervento armato nel caso in cui serbi o montenegrini entrino nel Sangiaccato.

Il governo francese non ritiene opportuno di dover insistere di fronte a tale risposta e rivolge i suoi sforzi nel tentativo di evitare la guerra per realizzare un'azione diplomatica dell'Austria e della Rus sia limitata a tutti gli Stati balcanici, oppure di tutte le grandi potenze verso la Turchia. In tal modo ottiene il gradimento della Germania, e anche dell'Austria che vuole mitigare la pressione su Costantinopoli.

Manca ancora il consenso dell'Inghilterra la quale - a detta dei francesi - ha volutamente ritardato la sua adesione (per evitare.di impegnarsi troppo) adducendo come pretesto l'assenza del ministro degli Esteri. Da Londra la notizia è confermata dall'addetto militare italiano, il quale riferisce che l'azione della diplomazia internazionale pare alquanto tardiva e che i governi balcanici non rinunceranno oramai alla guerra.

"La Gran Bretagna è stata severamente criticata dalla sua amica e vicina Francia, per non avere subito dato la sua adesione alla formula posta avanti da Mr. Poincaré" (11 ).

I giornali ufficiali francesi lasciano chiaramente trasparire il loro malumore. Non mancano frasi pungenti contro l'egoismo inglese e la disinvoltura con cui la quasi-alleata dimostra se mpre e so ltanto di seguire i propri interessi. Si ridesta l'istintiva diffidenza francese verso l'Inghilterra e riprendono le accuse contro gli inglesi di voler aggravare, ad arte, la situazione per far scoppiare una guerra secondo una logica di esclusivo profitto.

Infine arriva il consenso dell'Inghilterra , ma a condizione che il passo da farsi collettivamente verso la Turchia non sia, nella forma e nella sosta nza, reso così poco imperioso da renderne dubbia l'efficacia. Intanto , notizie di fonte inglese infom1ano che bulgari, guidati da Jane Sandanski, hanno occupato il passo di Kresna, incend iando a lcune caserme turche; i circassi hanno offerto al governo turco l'appoggio di cinque mila cavalieri; tremila volontari macedoni si sono arruolati nell'esercito bulgaro e altr i diecimi la russi marciano già sulla via de ll a Serbia, per V ama e Gala,ti.

La mobilitazione dell'esercito serbo è terminata in modo assai soddisfacente, con la risposta del 98% dei chiamati alle armi; il figli o più giovane del re Pietro è a l coma ndo della brigata Zeta a Podgorica (12).

(11) Bagnani, Londra 7 ottobre 1912, proL n. 244 .

(12) Zacconc, Parigi 9 ottob re 1912, prol. n. 258.

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Secondo l'agenzia Reuter, il ministro della Guerr a austro-ungarico intende rinnovare la richiesta di un credito supplementare di duecentocinquanta milioni per l'artiglieria e per l'equipaggiamento dell'esercito. La squadra navale ancorata a Pola è pronta e si dic e che verrà dato il comando della flotta all'ispettore Hans.

Hadi pascià, capo di Stato Maggiore al ministero della Guerra, è stato designato capo dello Stato Maggiore delle forze mobilitate (Talàat bey, già ministro dell'Interno si è arruolato come ri servis ta), gli allievi della scuola militare sono stati nominati sottotenenti.

La fanteria di guarnigione a Sofia (otto battaglioni) è partita a piedi per Filippopoli, le ferrovie sono impiegate per il trasporto delle truppe dalla Bulgaria sette ntrionale. Sono segnalati parecchi incidenti di frontiera a Yely e Sayfie, dove combattono bulgari e territoriali turchi; quattrocento greci concentrati a Kalambaka minacciano Grevena; quattro battaglioni turchi sono stati mandati a difendere la città.

Parecchi albanesi sono entrati in Prizren e cercano di impadronirsi del deposito d'armi. Essad pasci~l , alla testa di tremila redif, è arrivato a Scutari; gli albanesi hanno attaccato i turchi, ma sono stati respinti; i cristiani hanno lasciato Scutari e i turchi si concentrano alla frontiera montenegrina.

Interviene la dichiarazione di guerra del Montenegro, subito riferita e commentata dagli addetti militari: a Lon dra l'azione montenegrina non ha stupito nessuno, mentre a Parigi s i parla di "sgradevole sorpresa". In Francia si crede ancora possibile il mantenimento della pace e la decisione del Montenegro non solo elimina le ultime illusioni in proposito, ma ferisce l'amor proprio dei francesi dimostrando inefficace l'azione collettiva delle potenze laboriosamente ottenuta proprio grazie alla loro iniz iativa (13).

I giornali sfogano il loro malumore con accuse, larvate, contro la Russia e, più aperte , contro l'Italia, sostenendo che queste due potenze (13) Il supposto accordo delle potenze però non ha che una importanza relativa. Come riferi sce il colonnello Bagnani, sir Edward Grey prima della dichiarazione di gue rra ha sottolineato argutamente: "è la prima volta che si trovano d'accordo le grandi potenze, quindi la guerra è inevitabile". (Bagnani, Londra 9 ottobre 1912, prot. n. 249). L'addetto militare continua il suo rapporto trattando de i temi più dibattuti dai giornali più autorevoli, quali il "Moming Post", il "Times" , il "Daily Telegraph": for,.a ed efficacia degli eserciti belligeranti, situazione finanziaria , marina da guerra. In particolare, riferisce che la fanteria turca mobilitabil e si fa ascendere - a Londra - a 58 divisioni nominalmente di 10 battaglioni ciascuna che, aggiu nte alle aliquote di cavalle ria, darebbero un effett ivo di 550. 000 uomini c irca.

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hanno sotterraneamente preparato e favorito l'unità dei paesi balcanici, provocando quindi direttamente le attuali difficoltà. L'Italia, in particol are, ha spinto il Montenegro a dichiarare la guerra per facilitare le proprie trattative di pace con la Turchia.

La stampa francese, comunque, esprime la certezza che l'azione delle Potenze possa riuscire almeno a localizzare la guerra; "Le Matin" sostie ne che, anche nell'eventualità di un conflitto austro-russo, la Germania e conseguentemente la Francia non avrebbero l'obbligo di aiutare con le armi i rispettivi alleati.

Anche da Londra l'opinione prevalente è quella che le potenze cerchino di circoscrivere il conflitto, non essendo riuscite a evitarlo; si dice che esse non abbiano grandi interessi in gioco, ma solo "simpatie": l'Inghilterra si profonde in dichiarazioni di stretta neutralità e disinteresse per rispetto alla posizione dei propri musulmani d'India. La solidarietà della Russia per i serbi e per i bulgari è solo "platonica"; l'Austria, per il momento, pare voglia contenere le proprie ambizioni, anche se le popolazioni di Bosnia, Erzegovina, Croazia e Ungheria meridionale simpatizzano naturalmente con la Serbia e il Montenegro.

La Francia ha coltivato per lungo tempo amichevoli relazioni con la Grecia; l'Italia, finalmente, quantunque simpatizzi per la causa balcanica per varie e ovvie considerazioni, è costretta a rimanere tra gli spettatori.

Quanto ai disegni di guerra, si suppone che il Montenegro lanci le sue forze riunite su Scutari in Albania contro la 24a divisione turca e che la Turchi a si mantenga sulla difensiva in questo teatro di guerra con l'impiego di non più di trentamila uomini. Incerto e quindi non prevedibi}e l'atteggiamento degli albanesi.

E opinione di alcuni che la Turchia possa decidere di lasciare che Adrianopoli provveda alla propria difesa e concentrare l'esercito destinato a operare nello scacchiere orientale più a sud . Si tratta però di semplici supposizioni e di studi tecnici non ancora verificati, anche se le informazioni delle agenzie inglesi sono ricche e attendibili, oltre che straordinariamente rapide (la notifica ufficiale della dichiarazione di guerra del Montenegro è avvenuta poco prima di mezzogiorno e solo dopo poco meno di un'ora la stampa inglese ne dava notizia) .

A Parigi la preoccupazione principale è quella di non essere coinvolti in un probabile conflitto europeo; cinquantamila uomini delle migliori truppe francesi sono impegnate - e lo saranno ancora per lungo tempo - in Marocco. Fra di esse sono comprese varie unità dislocate ordinariamente nella metropoli (oltre a un secondo gruppo alpino) pari quasi ai due terzi degli effettivi del 19° corpo d'armata e delle divisioni di occupazione della Tunisia. Cosicché, nel caso di una guerra europea, la Francia non sarebbe soltanto privata di alcune delle sue unità assegnate

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alla Armée des Alpes, ma dovrebbe rinunciare alle due divisioni che, fra le quattro dislocate in Algeria e Tunisia, essa ha sempre contato di portare in Europa; le ridotte guarnigioni che si trovano nelle due colonie non sarebbero sufficienti di fronte al pericolo di una sollevazione degli arabi e l'esperienza del 1870-71 è ancora abbastanza recente.

C'è poi da dire che una guerra in cui la Francia fosse coinvolta più o meno direttamente per la questione d'Oriente non sarebbe affatto popolare: "i francesi - sottolineava l'addetto militare italiano - crederebbero di marciare a rimorchio della Russia e non sarebbe facile spiegare alle masse per quali ragioni di gravi interessi nazionali si debba ricorrere al supremo giudizio delle armi. E la Francia, invece, per poter veramente disporre di tutte le sue energie, avrebbe proprio bisogno di un regime di guerra capace di scuotere profondamente la fibra nazionale".

Sotto l'incalzare degli avvenimenti, il comando del corpo di Stato Maggiore invia un plico chiuso, riservatissimo, agli addetti militari italiani a Vienna e a Pietroburgo (14) contenente le istruzioni già comuni-

(14) Il 6 ouobre, il comando del corpo di Stato Maggiore in Roma elabora un corpus di norme, a firma del tenente generale Pollio capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che fissa la linea di condotta alla quale debbono attenersi gli addetti mi1ita ri negli Stati in guerra (fondo Corpo di Stato Maggiore. Corrispondenza, r. 65 , Norme per gli addetti militari incaricati di seguire le operazioni militari nella eventualità di una guerra nei Balcani). Gli ordini, minuziosi e capillari, sono i seguenti: oLLenere dall'autorità diplomatica l'autorizzazione a seguire le operaz ioni di guerra; sottoporsi a tulle le costrizioni richieste, censura postale o telegrafica, limitazione dei propri movimenti o sulle comunicazioni da fare. Prima di partire per seguire le operazioni di guerrJ, lasciare nella capitale dello Stato belligerante "una o più persone sicure e competenti" in grado di trasmettere informazioni al comando superiore; mantenersi al corrente della situazione generale e chiedere di seguire i reparti che svolgono le operazioni militari più importanti; tenere due diari distinti, uno personale e uno militare. Nel primo prendere nota di ogni particolare degno di menzione, nel secondo segnare gli ordini ricevuti, i movimenti delle truppe, i fatti d 'arme Tenere distinto ciò che risulta direttamente da quanto si può conoscere per altra via e dalle proprie considerazioni tecnico-militari (i diari serviranno in seguito a integrare le comunicazioni eventualmente censurate); comunicare sollecitamente le notizie pill ampie sulla preparazione e sullo svolgimento delle operazioni militari giornaliere, evitando per quanto possibile di essere sottoposti a censura . Mantenere relazioni cordiali con le autor ità militari dell'esercito belligerante e con gli altri addetti militari, per ottenere notizie; accertare e offrire cooperazione agli addetti militari, secondo le circostanze; mantenere i contatti con i corrispondenti di guerra autorizzati a seguire le operazioni, per avere dati interessanti; non compromettersi in intrighi di qualsiasi genere; approfittare della libertà di spostarsi sul terreno dei combattimenti per osservare e riferire;

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cate agli addetti accreditati presso i governi serbo, bulgaro e greco. Tali istruzioni dovranno essere eseguite solo nel caso in cui l'esercito austroungarico inizi apertamente le ostilità contro l'esercito di altre nazioni mediante regolari operazioni militari (15).

Il 10 ottobre, da Londra, Bagnani invia un diario degli avvenimenti balcanici, dicendo però che si tratta di notizie non ancora confermate ufficialmente. Per quanto riguarda i comandi delle grandi unità di guerra, egli riferisce che le quattro divisioni montenegrine sono sotto il comando dei generali Martinovié,Vukovié, Boskovié e Gyurovié; le tre armate bulgare sono sotto il comando dei generali Kutincev, Dimitriev e Tvanov; comandante effettivo supremo è il generale Savov, già ministro della Guerra nel gabinetto Stambolov; capo di Stato Maggiore è il generale Raco Petrov.

Sui combattimenti e sui movimenti, si dice che l'esercito serbo si concentra in direzione di Ùsktib (Skopje); sono segnalati combattimenti di frontiera a Plava e Ragova; continua il combattimento di Berane; secondo informazioni di fonte ottomana, Riza bey, con quattromila uomini, da Djakova avrebbe invaso il Montenegro a Berane. Turchi e serbi si sono scontrati a Iavir, i montenegrini hanno attaccato una forte posizione davanti a Podgorica; dopo due ore di duello di artiglieria, i turchi hanno sgombrato le alture di Planinica, i montenegrini avanzano per attaccare la posizione fortificata di Decié ( 16).

Un lungo e interessante rapporto del colonnello Calderoni da Berlino(17) riassume una serie di notizie sulla mobilitazione, sui piani operativi di guerra, sull'organizzazione militare del tempo di pace in Turchia, e delinea i due teatri di operazione: uno in Tracia e uno in Macedonia. Il primo gruppo di armate è specialmente chiamato ad agire in Tracia, il secondo in Macedonia. Comandante della 1a armata è Abdullah pascià e Djevad bey il capo di Stato Maggiore; i quattro corpi d'armata che la costituiscono si trovano tutti in Europa, meno una divisione (la 6a) che è a Smirne. Ne fanno inoltre parte undici divisioni di redif di primo bando (due a Costantinopoli e nove in Anatolia) e sei divisioni di non destare sospetti per eccessiva curiosità ed ingerenza; astenersi da ogni giudizio di carattere politico "limitandosi ad osservare, prendere nota e riferir.e".

(15) Le stesse istruzioni vengono trasmesse "in semplice comunicazione" agli addetti militari di Berlino, Bema, Parigi, Londra, Tokio, Madrid. (Ibidem, 10 ottobre 1912, prot. n. 1684).

(16) Bagnani, Londra IO ottobre 1912, prot. n. 252, r. 41.

(17) Calderoni, Berlino 10 ottobre 1912, prot. n. 737, r. 12.

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redif di secondo bando (quattro in Europa e due nei Dardanelli) (18).

La 2~ armata - comandata da Ali Riza pascià- è costituita da quattro corpi d'armata di cui tre in Europa e uno (VIII) a Damasco e da tre divisioni indipendenti (Scutari, Joannine, Kofana). Ne fanno inoltre parte nove divisioni di redif di primo bando (quattro in Macedonia e cinque nel sud d'Anatolia) e tredici divisioni di redif di secondo bando (in Macedonia).

Delle divisioni di redi/, una parte viene trasportata con le ferrovie dell'Anatolia fino a Haidan pascià, quindi con la ferrovia Costantinopoli-Adrianopoli. Altre divisioni, attraverso il Mar Nero, sbarcano a Rodosto con il compito di proseguire per via ordinaria. Le due divisioni di Brussa sbarcano anch'esse a Rodosto e continueranno a piedi; le divisioni di redif di secondo bando sono impiegate per presidiare Adrianopoli e le ferrovie.

La completa adunata della 1a armata non può essere compiuta prima del 20 ottobre, perché dislocata in varie località. Tre i gruppi che la compongono:

il primo gruppo, quello principale, è composto da due corpi e mezzo (comandato da Zeki pascià) che si concentreranno fra !Stipe Oskiib, di fronte al confine serbo-bulgaro;

il secondo gruppo, minore, composto da un corpo d'armata e da due divisioni di redif di primo bando, al comando di Mahmud pascià, si attesta nei dintorni di Scutari;

il terzo gruppo (a sud), comandato da Ali Riza pascià, si concentra alla frontiera greca ed è formato con le due divisioni indipendenti che già si trovano sul posto e da due divisioni di redif.

Dal momento che le truppe dei diversi gruppi (meno i redi/) si trovano già in gran parte in Macedonia, la loro concentrazione non presenta grandi difficoltà. Difficile, invece, far affluire le divisioni di riservisti , finché gli italiani sono padroni del mare poiché devono compiere i trasferimenti via terra ( 19).

(18) "È assai dubbio che l'VII1° corpo d'armata possa raggiungere l'armata. Le truppe di redif di 1° bando sono costituite da soldati che già hanno servito; quelle dei redif di 11° bando non hanno ricevuto nessuna istruzione" (Ibidem). L'ordine di mobilit.azione non è stato esteso alle truppe turche di Erzerum, Erzincljan e Bagdad. Il concentramento di truppe nella regione di Adrianopoli avviene per via ordinaria, mentre quelle provenienti da Costantinopoli e dalle regioni dell'Anatolia, utilizzano la ferrovia Costantinopoli -Adrianopoli che può trasportare, giornalmente, una divisione.

(19) Nel suo rapporto da Berlino, Calderoni aggiunge alcune considerazioni rcla-

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Da qui la necessità per la Turchia di costituire la la armata il più fortemente e celermente possibile. L'azione della 2a armata in Macedonia, invece, è essenzialmente difensiva per impedire a greci, serbi e montenegrini d'avanzare sul territorio turco (20).

Il colonnello Zaccone, da Parigi, afferma che le assurde pretese della Turchia nel corso dei negoziati con l'Italia hanno determinato un profondo cambiamento nell'opinione pubblica e nella stampa francese. Entrambe infarti sono propense a giustificare un'eventuale azione militare della marina italiana per la conclusione del conflitto italo-turco (21).

L'atteggiamento della stampa francese è certamente consigliato dal governo, che non ha fatto niente per favorire la pace finché la situazione nei Balcani non si è deteriorata; valide ragioni politiche l'avevano portato a non intervenire, preferendo gli italiani impegnati il più a lungo possibile in Libia, mentre si tenta la definitiva sistemazione della situazione in Marocco. L'esplosione della questione d'Oriente comporta mutamenti rarucali nel comportamento della Francia, gravemente minacciata nei s uoi interessi in Oriente dal crollo dell'Impero ottomano, suo princi-

tive alla parte bulgara. Egli sostiene che i bulgari possono avere due diversi piani di guerra: o divid ers i e operare con la parte principale delle loro for r.e in Tracia e con la rimanente in Macedonia, o marciare con una massa unica di uomini verso Adrianopoli e Costa ntinop oli. La seconda ipotesi, ce rto più pericolosa per i turchi, comporta g randi diflicolt.à anche per i bulgari ma non è impos sibile da attuare. Se l'e se rcito bulgaro riuscisse a battere in una battaglia campale i turchi a sud-est di Adrianopoli, questi sarebbero costretti a ritirarsi verso il Mar di Marmara, trovando si in una posizione assai critica (/Vl).

(20) Comando del corpo di stato Maggiore, Ufficio coloniale. Promemoria sulla situazione montenegrina, r. 19, Roma 13 ottob re 1912. Risult.a da fonte attendibile: "che le bande albanesi, le quali hanno aderito alla lega con il Montenegro, si sono presentate nella giornata di ieri (12) sotto Petrosciani, iniziando il combattimento contro quel presidio turco all'avanguardia d e lle truppe montenegrine che operano lun go la riva orientale del lago di Scut.ari; che il distaccamento del generale Martinovich ha spinto bande d'insorti albanesi a tergo di Scutari, con l'evidente co ncetto di dare la mano alle bande insone del territorio del Ducagini; che il contegno dei mirditi si manterrebbe tuttora neutrale, in forza del deciso atteggiamento del clero cattolico albanese, sovvenzionato dall'Austria, poco favorevole ad agevolare l'offen s iva dei monte negrini nell'Albania scuentrionale".

(21) Zaccone, Parigi 13 ottobre 1912: "I giornali più importanti hanno pubblicato le condizioni accampate dai turchi all'ultimo momento, commentandole severamen te( ... ) l'Italia si è già dimostrata troppo magnanima e qualunque sua azione diretta a colpire il nemic o( ) sarebbe ormai giustificata".

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L'Italia e le guerre balcaniche

pale debitore. La Francia tenta così di indurre la Turchia a cedere, per concludere la pace con l'Italia, eliminando pericolosi fattori capaci di produrre complicazioni a catena e di provocare una guerra in Europa(22).

La Germania, dal canto suo, si mostra in apparenza "silenziosa e prudente", come se fosse neutrale sulla questione dei Balcani; il governo tedesco lascia trapelare ben poco e si limita a far sapere che nessun pericolo imminente minaccia il paese.

Il segretario del ministero degli Affari Esteri, von Kiderlen -Wachter, sostiene che le grandi Potenze non possono consentire variazioni territoriali e dunque la guerra fra gli Stati balcanici, anche in caso di vittoria, "non aumenterà di un pollice il loro territorio"; avrà solo la conseguenza di far concludere la pace fra Italia e Turchia. ·

Il governo tedesco lascia dunque intendere di non aver nulla da temere e attribuisce l'agitazione che regna nelle Borse a manovre da parte degli speculatori. Anche la stampa tedesca è rassicurante, sostenendo che se gli sforzi delle potenze europee non dovessero riuscire nell'intento di conservare la pace, nessun pericolo imminente minaccerebbe gli interessi tedeschi, in quanto il conflitto resterebbe comunque limitato fra la Turchia e gli Stati balcanici. L'immagine ufficiale, dunque, è quella di una grande sicurezza e tranquillità, ma l'addetto militare a Berlino, colonnello Calderoni, non dubita che la Germania sarebbe pronta a entrare in azione, diplomatica o militare, qualora i suoi interessi venissero minacciati; per il momento, essa non ha alcun bisogno di

(22) In un rapporto si riferisce l'opinione di molti francesi, contraria a un accordo (o peggio a una alleanza) franco-inglese. Tale accordo viene considerato poco utile per la Francia: assicurerebbe la supremazia all'Inghilterra sul mare e la possibilità di concentrare forte sufficienti contro la flotta tedesca; mentre non comporterebbe analoghi vantaggi ai francesi. Le fort.e militari ten-estri inglesi sono mediocri per quantità e per qualità e il governo non vuole assumere nessun impegno formale né sul loro impiego né sulla loro riorganizzazione (sulla base del servizio personale obbligatorio). L'Inghilterra, infine, una volla assicurata l'alleanza con la Francia, approfitterebbe della prima occasione per scatenare una guerra per affrettare "il suo duello colla flotta tedesca"; di contro, essa si preoccupa ben poco degli avvenimenti militari sul continente, come dimostra il contegno equivoco del gabinetto inglese di fronte all'attuale crisi balcanica. Non mancano tra i francesi coloro che credono sia proprio l'Inghilterra a intorbidire le acque e si dice che la crisi attuale è dovuta ai consigli dati dagli inglesi al governo turco di procedere ad una parziale mobilitazione, spacciandola come una fase di grandi manovre, e di rompere le trattative di pace con l'Italia (Zaccone, Parigi 14 ottobre 1912).

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svelare il proprio pensiero e la propria linea, anche perché legata da identici interessi all'alleata Austria-Ungheria, interessata a che il proprio territorio rimanga confinante con la Turchia e dunque col Sangiaccato di Novi Pazar. In effetti sia per la monarchia asburgica che per il governo germanico sussiste la necessità di mantenere libera la via di comunicazione verso l'Asia Minore, regione vasta e ricca che la Germania si propone di"acquisire" investendovi capitali ed esportandovi merci di propria produzione; nel sogno dei pangermanisti, infatti, l'Asia Minore dovrebbe costituire una futura grande colonia tedesca dotata di un ulteriore carattere positivo: la continuità territoriale (grazie all'alleanza con l'Austria e all'amicizia con la Turchia (23).

Nel caso i bulgari riuscissero a conquistare qualche territorio, per esempio la provincia di Adrianopoli, nonostante le dichiarazioni fatte dal loro governo alle grandi potenze di voler solo delle riforme, è certo che non si ritirerebbero e di fronte a tale ipotesi- peraltro non improbabile - si delineerebbe un grosso problema per le grandi potenze che si sono già accordate per il mantenimento della situazione territoriale esistente nell'area balcanica (24).

(23) I giornali nazionalistici tultavia rimproverano al governo tedesco la via scelta della "neutralità" (Promemoria, Roma 13 ottobre 1912, r. 41). Le affermazioni del segretario di Stato per gli Affari Esteri vanno però valutate in base al momento e alle persone cu i sono dirette; in realtà le sue dichiarazioni sembmno dettate da un criter io di opportunità più che di effettiva co nvin zione, allo scopo di limitare il panico che aveva turbato in quei giorni le Borse tedesche. li discorso dunque è necessario per calmare le apprensioni degli uomini d'affari cui è dirello, ed è lecito dubitare del valore reale delle parole del segretario di Stato.

(24) Merrone invia allo Stato Maggiore la nota bulgara alla Turch ia e la ri sposta definitiva della Bulgaria ai ministri di Austria e Russia. La nota enumera le riforme radicali che possono realmente migliorare le sorti dell e popolazioni cristiane: autonomia amministrativa delle provincie; governa tori generali belgi o svizzeri; assemb lee elettive delle provincie; gendarmeria straniera con ufficiali stranieri (di Stati neutri); insegnamento libero; applicazione delle riforme controllate da un consiglio superiore composto da cristiani e da musulmani in numero pari. sotto la sorveglianza degli ambasciatori delle grandi Potenze e dai mini str i dei quattro Stati balcanici con sede a Costantinopoli. Con la nota si invita la Porta a dichiarare: l'acceuazione delle .suindicate domande, la promessa di metterle in esecuzione nel periodo cli sci mesi, di volere intanto - come prova del suo consenso ritirare subito i I decreto di mobilitazione dell'esercito turco. Immediatamente dopo la presentazione della nota all'incaricato di affari della Turchia, il ministro bulgaro degli Affari Esteri rimette ai ministri di Austria e Russia la risposta d efinit iva alla loro nota. In questa risposta il governo bulgaro - d'accordo col governo greco e con quello .se rbo - pur cspri-

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Intanto il colonnello Calderoni informa che le truppe bulgare contano "già in una quindicina di giorni di dare una battaglia decisiva presso Adrianopoli". A Berlino si ritiene che la Turchia non potrà contrapporre che i quattro corpi d'arn1ata presenti a Costantinopoli e qualcuna delle divisioni indipendenti L'anticipata dichiarazione di guerra del Montenegro è conforme al piano prestabilito di impegnare consiste nti forze turche.

Oltre alle notizie politico-diplomatiche, Calderari ottiene molte informazioni specifiche sulla guerra da un rappresentante di forniture militari: i rifornimenti di materiali da guerra affluiranno alla Bulgru·ia attraverso la Russia .

La Grecia, che cerca navi da guerra e dispone per tale acquisto di settanta milioni di marchi, ne compra in Danimarca e in Inghilterra, interrompendo le trattative già avviate con il governo tedesco (25).

Il comportamento della Turchia durante le trattative di pace con l'Italia suscita commenti e polemiche anche a Berlino; gli ambasciatori di Austria e Russia , incontrati dall'addetto militare italiano, sono molto espliciti nel c,Titicare le pretese della Turchia di adottare subito le clausole a lei favorevoli e di attendere, per l'adozione delle altre, il placet del Parlamento turco. Uno dei due ambasciatori parla di ingenuità, l'altro più bruscamente di mala fede "perché si comprende che hanno cominciato le trattative col proposito di farle fallire all ' ultimo". Entrambi i diplomatici aggiungono che è preciso interesse della Turchia fare subito la pace con l'Italia. Nello stesso giorno (14 ottobre 1912) si riunisce a Parigi il consiglio dei ministri con la partecipazione oltre che dei ministri della Guerra e della Marina, del capo di Stato Maggiore generale dell'esercito, generale Joffre, del capo di Stato Maggiore della Marina, ammiraglio Ambert, e di alcuni alti funzionari dei ministeri degli Esteri e delle Finanze . Un comunicato ufficiale del giorno successivo avverte che nel suddetto consiglio "si è trattato di questioni di interesse generale di cui già era iniziato l'esame in altre conferenze".

Anche se in qualche altra rara occasione i due capi di Stato Maggiore erano intervenuti al consiglio dei ministri, è facile intuire che la loro premendo la gratitudine per l'interessamento dimostrato da quelle potenze in favore delle popolazioni della Turchia, considera inaccettabile il rifiuto dell ' Impero ottomano di concedere riforme radicali e definitive. (Merrone, Sofia 14 ottobre 1912, r. 19).

(25) Calderoni, Berlino 14 ottobre 1912, r. 12. Riferisce anche delle trattativefallite - tra il governo bulgaro e quello tedesco per ottençre armi, anche di tipo antiquato, per le bande bulgare in Macedonia.

L'Italia e le g uerre balcaniche
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senza è dovuta alle contingenti esigenze della situazione internazionale e che il governo francese ha ritenuto necessario procedere ad un primo esame collettivo della situazione dal punto di vista politico, militare, navale e finanziario (26). In conclusione il governo di Parigi giudica la situazione intemazionalle molto grave e gli organi ufficiali non nascondono le loro preoccupazioni; vengono considerati sintomi allarmanti il risveglio panslavista in Russia e le accuse che là si muovono contro il ministro degli Esteri Sazonov, il quale, consigliato e appoggiato dal governo francese, ha sostenuto e sostiene la tesi dell'opportunità per la Russia di accordarsi coll'Austria.

Parigi, specialmente per opera del presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Poincaré, si preoccupa effettivamente di mantenere l'accordo delle Potenze sulla pace in Europa. Perduta ormai ogni speranza di evitare lo scoppio delle ostilità nei Balcani, si fa il possibile per ridurre al minimo le probabilità per la Francia di essere trascinata suo malgrado a prendere parte ad un conflitto generale.

Da Londra l'addetto militare invia al Comando in 2!! del corpo di Stato Maggiore una sintesi sulla situazione generale degli avvenimenti balcanici (27). Egli sottolinea che, mentre ancora continuano ad essere scambiate note diplomatiche fra gli Stati balcanici, le grandi Potenze e la Turchia, i soldati ottomani hanno tentato di invadere la Serbia a Ristovac dove sono stati respinti con l'aiuto della guarnigione di Vranja; continuano intanto con discreto successo le operazioni delle divisioni montenegrine; la Grecia ha inviato un ultimatum alla Turchia e ha dichiarato l'annessione di Creta; altri combattimenti vengono segnalati alla frontiera bulgara, nella zona di Egri Palanka (28).

(26) Nessuna decisione su preparativi militari per l'esercito: la classe anziana è anelata regolarmente in congedo e le reclute affluiscono ai corpi dai centri di reclutamento. In Marina, invece, secondo notizie provenienti da Tolone e da Biserta, è partito l'ordine di tenere pronte a partire buona parte delle forze navali francesi; probabilmente si tratta di un'opera di prevenzione e la Francia intende solo limitarsi a inviare alcune navi a oriente a protezione elci connazionali e a tutela dei propri interessi (Zaccone, Parigi 14 ottobre 1912).

(27) Bagnani, Londra 15 ottobre 19 I2, prot. n. 260.

(28) Ibidem, Londra 16 ottobre 1912, prot. n. 261. Del giorno successivo un Promemoria al comando del corpo di Stato Maggiore sulla situazione montenegrina: "Da fonte attendibile risulta che i montenegrini lungo le rive orientale e occidentale del lago Scutari non riescono ancora a ottenere risultati favorevoli; sono arrivati sui monti Tarabosc sino a mille metri dai trinceramenti turchi, ma attendono per l'assalto, l'arrivo dei cannoni di medio calibro che non possono giungere in fretta su

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La situazione dei paesi che compongono l'alleanza contro la Turchia appare agli osservatori londinesi estremamente positiva.

La mobilitazione dell'esercito greco, ormai radicalmente trasformato rispetto al 1897, è stata ordinata e rapida; circa centocinquantamila uomini sono già in gran parte concentrati alle frontiere della Tessaglia e dell'Epiro.

Il parlamento serbo, la SkupStina, ha autorizzato la spesa straordinaria di cinquantacinque milioni di franchi oltre al pagamento di trentadue milioni del debito pubblico presso le banche estere; le tribù albanesi di Klementi, Koti, Grndi e Kastrati si sono infine sottomesse al Montenegro.

A Sofia arrivano parecchi soldati turchi disertori, per la maggior parte cristiani; le bande bulgare organizzano attentati contro i treni che trasportano le truppe e riescono a far saltare un ponte fra gtip e Kofana (29) .

Da parte turca si ostenta ottimismo: dall'Anatolia arrivano giornalmente dodicimila soldati fra i 20 e i 45 anni e N azim pascià ha dichiarato che in meno di due mesi i turchi entreranno a Sofia.

Mahmud Muhtar pascià ha assunto il comando del corpo d'armata di Kirk Kilisse, Ali Riza pascià, comandante dell'armata occidentale, ha posto il quartier generale a Salonicco, Fethi pascià a Kossovo, Zeki pascià nel distretto di Vardar-Hassan; Tahsin pascià a Joannine presso la frontiera greca; Vassif pascià nel distretto di Struma; Karasaid pascià comanda la divisione mobAle a Kuprulu e Paik pascià la divisione di cavalleria autonoma presso Uskilb. La divisione mobile dovreb~.e opporsi agli attacchi serbo-bulgari, Zeki pascià avrebbe per obiettivo Uskilb per opporsi al nemico proveniente da Kjustendil e Vranja; Vassif pascià dovrebbe opporsi all'avanzata bulgara proveniente dal passo di Djuma-iBala. I sessantamila albanesi sotto le armi si considerano sufficienti contro i montenegrini. A Salonicco , Ùskilb e Monastir vi sono novanquei rilievi. Lungo le lince tra Planitza e Vranja i montenegrini si preoccupano della sistemazio ne difensiva dei luoghi, mentre si diffonde la voce che i turchi hanno tenuno, nella giornata di ieri, un'azione controffensiva su Vranja alla loro estrema sinistra verso il lago, minacciando di aggirare le lince conquistate dai montenegrini. Notizie ufficiali confermano la presa di Beranc (pomeriggio del 14) dove i montenegrini hanno fatto 700 prigionieri, conquistato 14 cannoni e una considerevole quantità di armi e di vettovaglie. È stato dato ordine di porre in assetto difensivo le alture di Dobravoda che dominano la baia di Antivari, per proteggerla in caso di una eventuale azione di navi ottomane" (Roma, 17 ottobre 1912).

(29) Bagnani, Londra 20 ottobre 1912, prot. n. 267.

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tamila redif e centosettemila mustahfiz già mobilizzati; la divisione redif di Serres si è unita a Vassif pascià, quella di Salonicco ha raggiunto Zeki pascià. Il reggimento di cavalleria modello, istruì to da ufficiali tedeschi, fa parte della divisione cavalleria di Faik pascià (30).

Nel frattempo la Romania motiva la sua neutralità dichiarando che le sue aspirazioni non sono nei Balcani ma in altre direzioni; la Francia pensa ad una conferenza internazionale; l'Austria sembra voler mantenere un 'attitudine di attesa (anche se montenegrini e serbi dovessero occupare il Sangiaccato di Novi Pazar) riservandosi di proteggere i suoi interessi nei Balcani alla fine della guerra; l'Inghilterra, dopo i torbidi di Creta, invia colà a scopo cautelativo un incrociatore che si aggiunge alle cinque unità da guerra presenti; la Russia smentisce recisamente le voci su suoi preparativi di guerra, dichiarando che la mobilitazione parziale del 30 settembre rientra nell'ordinaria amministrazione delle esercitazioni militari.

Il 16 ottobre la Turchia, non rispondendo a lla nota degli Stati balcanici, dichiara implicitamente la guerra e, mentre la diplomazia continua a cercare di delimitare il conflitto, i montenegrini catturano le ultime posizioni fortificate fra Tuzi e Scutari. Fra i prigionieri turchi fatti in Mon tenegro, vi sono sessantadue ufficiali e il comandante di Tuzi: le informazioni ottomane che vogliono far credere ad una vittoria riportata sulle truppe montenegrine nella regione di Gusinje e all'invasione di truppe serbe nel Sangiaccato, sono dunque contraddette.

Alcune ricognizioni aeree hanno accertato che i turchi hanno abbandonato la frontiera della Tessaglia e si sono ritirati a Servia (piccolo villaggio in Macedonia) e a Sorovié (altro villaggio presso il lago Ostrovo): il loro numero si aggira fra i trenta e i quarantamila uomini (31).

A Parigi , intanto, l'addetto militare italiano confronta le proprie informazioni con quelle del collega tedes co e del collega austriaco: tutti concordano sul fatto che ancora la Francia non ha preso alcuna iniziativa di preparativi militari in vista della complicata situazione europea. Si sa solamente che da alcuni giorn i si lavora al ministero della Guerra con particolare attenzione alla revisione di alcune parti del progetto generale di mobilitazione e radunata. Probabilmente s i tratta della sostituz ione delle unità partite per il Marocco, ma potrebbe anche essere che si s tudi

(30) Calderoni, BerIino 21 oLtobre 1912.

(31) Bagnani, Londra 22 otLobre 1912, prot. n. 268. Si dà notizia che a Pietroburgo si sta organizzando un distaccamento volontario di aviaLori russi da inviare in appoggio alle truppe bulgare.

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il miglior modo per rinforzare, occorrendo, le guarnigioni di Algeria e Tunisia (32). Corrono voci anche su una mobilitazione parziale austriaca, ma l'addetto militare a Vienna smentisce dicendo che si tratta solo di provvedimenti per mantenere ad effettivo rinforzato i reparti della frontiera sud appartenenti al XV e XVI corpo d'armata. Conferma che gli ufficiali appartenenti a tali corpi, in licenza e in congedo, hanno ricevuto l'ordine di raggiungere i loro reparti. Sulla situazione politica, si mostra piuttosto ottimista in quanto, a suo parere, l'Austria desidera sinceramente la pace, così come la Germania (33).

La notizia della pace italo-turca viene accolta, in Francia, con soddisfazione quasi generale poiché si ritiene, non a torto, che in tal modo si sia eliminato uno dei maggiori elementi di crisi in Europa, anche se non mancano, sulla stampa, commenti ironici circa le conclusioni del conflitto a riprova della perdurante ruggine nei rapporti italo-francesi (34).

Da Londra, notizie e dati aggiornati sulla guerra: il quartier generale bulgaro è a Stara Zagora; a Belgrado, si dice che i turchi abbiano passato la frontiera presso la strada che va da Prepolac a Prishtina e abbiano perso nello scontro con i serbi, rispettivamente, duecento e cinquanta uomini. Dalla Francia sono arrivati a Belgrado quaranta aeroplani per l'esercito serbo e per quello bulgaro (35).

Un "diario" manoscritto del 20 ottobre riassume la situazione delle diverse forze che combattono nei Balcani.

L'esercito bulgaro ha occupato M ustafa Pascià e le truppe sulla catena dei Rodopi sono entrate nel territorio ottomano; sulla frontiera macedone sono stati occupati Carevo Selo e Goma Dzumaja (Blagoevgrad).

L'esercito serbo ha occupato Sumaja e la frontiera è stata varcata a Ra~a e a Ristovac. Il principe ereditario ha occupato le alture di Rujan.

L'esercito montenegrino è fermo al centro e al nord, mentre a sud l'attacco continua a Scutari con progressive operazioni contro le fortificazioni di Tabaro~ (a nord sono state prese Plava e Gusinje).

La marina greca ha occupato Damasi dove viene raggiunta dalla 3a divisione, mentre la 2~ divisione ha occupato Karizam e Elassona, awicinandosi a Preveza.

L'esercito turco continua la concentrazione verso Adrianopoli e Kirk

(32) Zaccone, Parigi 18 ottobre 1912.

(33) Albricci, Vienna 19 ottobre 1912.

(34) Zaccone, Parigi 22 ottobre 1912.

(35) Bagnani, Londra 23 ottobre 1912.

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Antonello Biagini

Kilisse, e, nel distretto di Ùskiib svariati telegrammi dell'agenzia ottomana riportano i continui successi nei combattimenti alla frontiera. Intanto la flotta ottomana ha bombardato Varna e ha stabilito il blocco fra questo porto e quello di Burgas (36).

La croce rossa inglese decide l'invio di tre squadre nei B alcani: una è già partita per il Montenegro ed è composta da tre chirurghi, tre assistenti e dodici infermieri (le donne sono state escluse). I chirurghi sono pagati una sterlin a al giorno, gli assistenti quaranta scellini alla settimana, gli infermieri trenta scellini (37). La croce rossa tedesca ha mandato in Turchia un distaccamento di un chirurgo e ventidue infermieri.

Gli ufficiali tedeschi in servizio presso l'esercito turco restano nei depositi a Costantinopoli per i servizi territoriali, mentre per poter partecipare alla guerra dovrebbero dare le dimissioni dall'esercito tedesco(38).

L'Unione Ellenica americana ha raccolto mezzo milione di lire per il ritorno dei riservisti greci, diecimila dei quali sono già in viaggio. L'agenzia Centrai news comunica che in Ru ssia la Banca di Stato h a aperto un credito di venti milioni di marchi a favore della Banca nazionale bulgara (Narodna B anka) (39).

Col procedere della guerra, diventano sempre più tangibili le intenzioni dei paesi belligeranti: l'ambasciatore greco a Berlino in un colloquio con l'addetto militare italiano afferma che "se, come speriamo, riusciamo vittoriosi e possiamo occupare Salonicco, non sgombreremo di certo per la pretesa delle grandi potenze di voler mantenere lo statu quo nei Balcani" .

Discorso analogo viene fatto a Calderani dal suo collega bulgaro, parlando di un'eventuale occupazione di Adrianopoli da parte dell'esercito bulgaro. Contemporaneamente, l'ambasciatore francese ipotizzando una possibile vittoria turca afferma che la Ru ssia non sarebbe rimasta indifferente ad una diminuzione territoriale della Bulgaria, mentre l'addetto militare romeno afferma che "la Romania sta con le armi al piede; essa non può permettere un ingrandimento della Bulgaria che a patto di avere compensi territoriali".

Fra i diplomatici che ri s iedono a Berlino, dunque, nessuno ritiene probabile che, solo per aderire al desiderio delle grandi potenze, gli Stati

(36) Mcrrone, Sofia 20 oLLObre l 9 l 2.

(37) Bagnani, Londra 24 ottobre 1912.

(38) Calderoni, Berlino 25 ouobre 1912.

(39) Bagnani, Londra 26 oLLobrc 19 12.

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balcanici, una volta vittoriosi nel conflitto, possano ritirare spontaneamente le proprie truppe dalle regioni occupate.

Una situazione politica estremamente delicata, e spesso sottovalutata in Europa: von Kiderlen Wachter nel corso di un banchetto, alla presenza di rappresentanti della finanza, dell'industria e del commercio, afferma che l'Europa non deve preoccuparsi oltre misura della guerra balcanica, poiché si tratta di un conflitto locale in conseguenza del quale le grandi potenze non intendono mutare lo statu quo esistente nella penisola balcanica. A conferma Calderoni sottolinea l'assenza di provvedimenti straordinari dal punto di vista militare in Germania. I reggimenti di fanteria di riserva e le analoghe formazioni di artiglieria e genio, costituite ogni anno nell'autunno, sono stati regolarmente congedati e nei reggimenti ci si occupa dell'istruzione delle reclute.

Intorno all'esito della guerra, gli ufficiali, che pure per formazione e competenza potrebbero formulare delle ipotesi, risultano estremamente prudenti . Lo stesso capo di Stato Maggiore von Moltke, interpellato pubblicamente in proposito, ha sottolineato la difficoltà a formulare pronostici, anche se è fin troppo facile rilevare che i bulgari non hanno saputo approfittare del vantaggio dato dalla loro celerità di mobilitazione rispetto a quella dei turchi. E intuibile e scontato quanto lo Stato Maggiore tedesco sia vicino ai turchi: ciò che viene messo alla prova nella guerra balcanica è infatti lo schema militare tedesco. Le istituzioni militari in Turchia sono quelle introdotte dalla Germania; molti degli ufficiali che sono negli alti comandi hanno ricevuto la loro educazione militare dai tedeschi; i generali Nazim, comandante in capo, Abdullah, comandante dell'armata dell'Est, sono creature del generale von der Goltz, che li ha avuti come aiutanti e ne ha favorito la carriera. Lo stesso Ali Riza pascià, comandante dell'armata dell'Epiro, ha servito a lungo nell'artiglieria tedesca (40).

Da Londra arrivano al comando in 2a del corpo di Stato Maggiore i "diari" dettagliati sull'andamento della guerra, relativi al 22, 23 e 24 ottobre.

Mentre l'esercito bulgaro continua l'avanzata nella vallata della Marica e verso Kirk Kilisse, i serbi, nel villaggio di Kossovo, occupano Poduyevo e Egri Palanka e tendono a collegarsi con i m o ntenegrini; i greci sono sbarcati a Lemnos e hanno occupato Descati in Macedonia.

Un corpo bulgaro al comando del generale Ivanov ha catturato il forte Chermen nella vallata della Marica e la colonna di destra è penetrata nel

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(40) Calderoni, Berlino 28 ottobre 1912.

distretto di Razlog; il II 0 corpo, comandato dal generale Radko Dimitriev, è già entrato a Tirnovojik.

Una colonna proveniente da occidente, guidata dal generale Kovatev e forte di mille e cinquecento uomini con dodici cannoni, ha preso Tomru~ a sud di Filippopoli e ha sostenuto vari scontri sanguinosi con bande irregolari bulgare provviste di artiglieria turca

Per quanto riguarda l'esercito serbo, il 1° corpo d 'arma ta (generale Jankovié) ha occupato Podujevo, mentre il principe ereditario con l'altra colonna centrale ha sconfitto i turchi a Rujan e procede su Kumanovo. Il 2° corpo d 'armata (generale Stefanovié) ha occupato Sultan Tepé ed Egri Palanka e avanza anch'esso su Kumanovo con re Pietro che si trova con questa colonna. Il 3° corpo d'armata da Raska tende a collegarsi con le forze montenegrine di Berane e ha occupato Nova Varo~. Sul fronte turco, la situazione può così essere sintetizzata: a Adrianopoli e Kirk Kili sse (Nazim pascià) si trovano tre brigate di fanteria nizam (trentamila uomini), quattro reggimenti d 'a rtiglieria da campo (settantadue cannoni), quattro reggimenti di cavalleria nizam (novemila uomini), tre battaglioni di artiglieria pesante d'assedio , un battaglione mitragliatori, un battaglione genio e un reggimento redi/ (quattromila uomini), altre unità di rinforzo per complessivi 270.000 uomini.

Alla frontiera greca invece (Hassim Tahsin pascià) s i so no uniti alla divisione red(f dell'Anatolia n:~ntamila uomini; nel distretto di Kossovo (Zeki pascià) fra Kuprulu e UskUb si trovano cento mila uomini: Ali Nadir pascià, con quarantamila uomini, si atte sta sul fiume Struma, mentre a Scutari si trova Essad pascià con diciassettemila uomini; quarantamila albanesi sono sotto le armi come forza irregolare per opporsi ai montenegrini e ai se rbi.

A Pudujevo i serbi hanno avuto sette morti e centoventi feriti, i turchi hanno perduto sessanta uomini. Nel combattimento di Gusinje, particolarmente cruento, le perdite totali d'ambo le parti sono state di circa mill e e duecento uomini, mentre il colonnello bulgaro Girev, si è suicidato per aver perduto il contatto con le truppe avanzate nella vallata della Marica.

Il 23 ottobre i serbi proseguono l'avanzata conquistando Kotana e Prishtina; il 1° corpo attacca Kumanovo, mentre i bulgari si sono impadroniti di Kardzali e hanno avuto parecchi insuccessi nel distretto di Razlog. La situazione rimane invariata alla frontiera greca e montenegrina.

Analizzando la condotta dell'esercito turco nei vari scacchieri si ritiene che esso segua un piano prestabilito, difficile al momento da giudicare. Certo è che le forze turche si trovano in una situazione pericolosa nella Macedonia settentrionale, mentre il piano di invasione dei bulgari nella Tracia se mbra essere cambiato: anziché scegliere la vallata della

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e le guerre balcaniche

Marica come direzione principale d'attacco, si è ritenuto più opportuno trattenere l'avversario e avvolgerlo all'ala destra verso Kirk Kilisse. I dispacci da Costantinopoli ovviamente annunciano continue disfatte bulgare e perdite enormi a Kirk Kilisse, ma precedenti esperienze inducono a dubitare della loro veridicità.

I bulgari hanno ottenuto vari successi e sono avanzati nella vallata dell'Arda; i turchi reclamano strepitose vittorie in Tracia e in Macedonia, ma le notizie non sono convalidate in alcun modo, mentre, al contrario i serbi sono entrati a Novi Pazar, e i greci continuano l'avanzata minacciando la ritirata degli awersari.

La prima grande vittoria è ottenuta dai bulgari che il 24 ottobre si impadroniscono di Kirk Kilisse facendo parecchie migliaia di prigionieri e catturando artiglierie Krupp e grandi quantità di munizioni. I turchi si ritirano in disordine. Contemporaneamente alla frontiera della Tessaglia, subiti altri rovesci, si danno alla fuga. N el vilayet di Kossovo i serbi, dopo disperati combattimenti, si sono impadroniti di Kumanovo e le forze montenegrine bombardano Tarabos. Ovunque i turchi sono stati ~~onfitti; Adrianopoli è ormai attaccata e la posizione di Zeki pascià a U s ki.ib è alquanto critica; tuttavia la battaglia decisiva, quella che deciderà le sorti della guerra, deve essere ancora combattuta e le truppe bulgare dovranno misurarsi con quelle di Abdullah pascià concentrate a sud di Adrianopoli (41 ). A Berlino non mancano i commenti sulla presa di Kirk Kilisse da parte dei bulgari e nei circoli ufficiali si sostiene che la presa di Kirk Kilisse non può avere gravi conseguenze in quanto la fortezza avanzata aveva la funzione di trattenere i bulgari. Avendo resistito cinque o sei giorni ha ottemperato al suo compito ed ha permesso all'esercito turco di rafforzarsi con altri diecimila uomini su Adrianopoli; alla guarnigione di Adrianopoli spetta ora il compito di collaborare con la massa principale delle truppe combattente. Il generale von der Goltz, naturalmente profondo conoscitore dell ' esercito turco, afferma perento-

(41) «In 15 giorni, sulle lince serbe, hanno circolato 2.800 treni; sulla linea N ish-Y rania transitano 48 treni al giorno A Belgrado si esaltano le qual it.à balistiche dei cannoni Creuzot, a Vienna si dice ch e le forze turche concentrate ad Uskub ammontino a 150.000 uomini (invece di 80.000). Un deputato ing lese che ha viaggiato in Asia Minore assicura che nelle popolazioni turche è diffuso un profondo malcontento e una aperta irritazione contro il governo. Lo stato continuo di guerra nello Yemen e in Tripolitania, le tasse, gli atti arbitrari, i richiami continui alle armi hanno esasperato gli animi È da ritenere perciò che un disastro delle armi ottomane mo l to probabilmente abbia delle ripercussioni a Costantinopoli, con una nuova e sanguinosa rivoluzione)) (Bagnani, Londra 25 ottobre 1912, prol. n. 271).

L'Italia
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riamente che "anche se in principio la campagna volgerà male per i turchi, questi alla fine saranno vittoriosi " (42) ma valga su tale affermazione quanto detto sopra a riguardo di Mollke. Dello stesso parere i circoli finanziari e politici di Parigi inclini a favorire la vittoria finale turca in netta contrapposizione con l'opinione pubblica che simpatizza apertamente con gli Stati balcanici visti come portatori di quell'ideologia nazionale simbolo e sinonimo, in quel momento, di libertà.

In realtà sono proprio i "competenti" ad attribuire limitata importanza ai sintomi significativi che legittimano invece dubbi consistenti sulla condizione morale e disciplinare delle forze militari e navali della Turch ia; le opinioni ascoltate e diffuse provengono infatti da quegli ufficiali tedeschi che hanno istn1ito le truppe turche e che hanno dichiarato ripetutame nte che " g li Stati balcanici si sono impegnati alla _leggera e senza calcolare al giusto valore la potenzialità dell'avversario".

Ma con il trascorrere del tempo il susseguirsi di nuovi avvenimenti ha decisamente sconcertato le consolidate opinioni tedesche e francesi influenzate dagli identici interessi finanziari e dal comune timore che una sconfitta turca possa provocare gravi complicazioni. A Berlino si comincia ad ammettere che la sorte delle armi potrebbe definitivamente arridere agli Stati balcanici, si valuta la gravità dei problemi conseguenti e si comincia a constatare la difficoltà di mantenere l 'accordo fra le Potenze che già minaccia di rompersi per la pressione dei loro divergenti interessi: si decidono , in conseguenza, alcune disposizioni militari di carattere puramente precauzionale.

Le notizie del 26 ottobre riferiscono che l'esercito bulgaro dell'Est sta inseguendo le truppe di Mahmud Muktar pascià (che da Kirk Kilisse si sono ritirate verso Bunar Hissar) , mentre una brigata è già arrivata a Viza. Le truppe d'investimento hanno occupato i fo r ti di Marasch, Havaras, Sifilar e la 3a armata serba si è impadronita..di Vuciten presso Mitrovica, di Gilan e di Gerisovits a nord-ovest di Uski.ib . I montenegrini hanno accerchiato Tarabo~ e la guarnigione turca di Scutari si prepara a una eventuale ritirata su Alessio; il generale Yukovié è giunto a Sjenica a cinque miglia dalle truppe serbe mentre la cavalleri a greca si è spinta fino a Kozani.

Le perdite bulgare a Kirk Kilisse si fanno ascendere a circa cinque mila tra morti e feriti, e gli ospedali sono già pieni. Il fuoco d'artiglieria turco a Tarabo~ non ha dato risultati notevoli per la cattiva qualità delle munizioni mentre a Kumanovo i serbi si sono impadroniti di dodici can-

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(42) Calderoni, Berlino 28 ollobre 1912, R. 12 fa,;c. 3, Scacchiere orientale.

L'Italia e le guerre balcaniche noni, di una consistente quantità di munizioni e hanno causato notevoli perdite alle truppe turche, calcolate in circa cinquemila uomini.

Informazioni di varia natura fanno ritenere che la guarnigione di Adrianopoli consti di sessantamila uomini e che a Kirk Kilisse abbiano combattuto circa cinquantamila turchi. La vera causa della sconfitta turca viene attribuita dagli esperti militari alla disorganizzazione dei rifornimenti e, soprattutto, alla carenza di incentivi morali, fortemente presenti invece nelle truppe degli alleati balcanici (43).

I giornali austriaci e quelli tedeschi sono - a giudizio degli addetti militari italiani - estremamente reticenti nel pubblicare le notizie sulla sconfitta turca in quanto "legati" alle banche e alle aziende che hanno in Turchia consistenti interessi. Malgrado ciò sono costretti ad ammettere che, dopo le vittorie conseguite, le nazioni balcaniche non potranno essere obbligate a rientrare negli antichi confini. I giornali inglesi, in genere più cauti negli apprezzamenti, riconoscono gli immensi e insperati successi che gli eserciti alleati hanno ottenuto in pochi giorni e sottolineano la deficienza di iniziativa e di spirito offensivo dei comandanti delle armate turche (44).

La stampa, in buona sostanza, esplicita quelli che sono i problemi che si dibattono nelle principali cancellerie europee, le quali, come noto, allo scoppio della guerra si erano accordate sulla base della proposta francese di non consentire agli Stati balcanici ingrandimenti territoriali anche se vittoriosi sulla Turchia. Una formula di tal genere - in altri termini - bloccando le aspirazioni austriache e russe nei Balcani avrebbe dovuto impedire ben più ampi e gravi conflitti. Una formula teoricamente ineccepibile che rivela però tutta la sua debolezza quando concretamente si verifica vittoria militare, data come pura e improbabile ipotesi, degli Stati balcanici che segnalano - inequivocabilmente - la propria volontà di affermazione e di indisponibilità a rinunciare ai vantaggi conseguiti.

(43) Parigi 26 ottobre 1912.

(44) A Vienna si afferma che l'atteggiamento passivo dell'Austria di fronte all'occupazione serba del Sangiaccato di Novi Pazar è una mossa tattica; presto si saprà il pensiero delle grandi Potenze sulla questione degli indennizzi territoriali. Il solo modo di stabilire la pace nei Balcani è quello di arrivare a un'equa distribuzione dei compensi territoriali che soddisfi l'Austria e i piccoli Stati balcanici. La Serbia vuole uno sbocco sul mare e non sarà possibile negarlo anche se questo toglierà all'Austria la via verso sud. Per la Macedonia, Russia e Francia stanno studiando una "formula macedone", alla quale si opporrà però la Bulgaria se non otterrà come compenso buona parte della Macedonia stessa (Albricci, Vienna 27 ottobre 1912).

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La situazione politica internazionale è dunque sostanzialmente mutata e Londra è la prima a prenderne atto. Ci si rende conto, in altri termini, che la questione balcanica non è più un problema fra grandi Potenze e piccoli Stati e che essa potrà trovare una soluzione solo sulla base di nuovi equilibri. Sembra tramontare la formula dello status quo e la monarchia austro-ungarica non ha il potere di impedire il crollo dell'Impero ottomano. Il governo di Berlino, che pure mantiene un atteggiamento filo-turco e cerca di minimizzare i successi bulgari, viene fortemente criticato dall 'opinione pubblica per la politica estera nei Balcani. In Inghilterra l'opinione prevalente è quella della neutralità.

Solo a Pietroburgo la sconfitta turca viene accolta con soddisfazione e con orgoglio per i risultati ottenuti dall'esercito bulgaro, istruito ed e quipaggiato sul modello di quello russo: "molti uffic i ali hanno studiato nelle scuole militari russe, mentre i turchi sono stati addestrati dai tedeschi". La tradizionale simpatia russa per i popoli slavi dei Balcani è tale che un appello della croce rossa per volontari da mandare nella penisola ottiene in pochi giorni oltre ventiduemila adesioni. La possibilità di una ripresa turca con l'arm a ta di N azim pascià "sulla nuova linea di difesa . .. ancora virtualmente intatta" non viene lontanamente presa in considerazione in quanto i turchi sono considerati sconfitti soprattutto sul piano morale. Si è determinato un radic~le capovolgimento dell'opinione pubblica sulla questione d'Oriente. E la fine della invincibilità e dell ' onnipotenza turca ed anche i più ostinati turcofili ammettono che se la Romania avesse aderito alla lega balcanica, l'Impero ottomano in Europa sarebbe già tramontato: "le piccole nazioni balcaniche si sono rivelate all'Europa, quello che l'Europa doveva da parecchio tempo immagii:i.are" (45). Intanto la guerra continua: il 28 ottobre i serbi occupano Uskub e Mitrovica e il principe ereditario riunisce le sue truppe con quelle provenienti da Egri Palanka. ..

L'effetto morale della caduta di Usktib è altrettanto grande quanto quello prodotto dalla vittoria turca di J\irk Kilisse ed è accresciuto dal fatto che tutte le località fra Prishtina e Usktib si sono arrese.

La colonna bulgara, conquistata Kocana e I~tip si unisce nella vallata del Vardar alle truppe serbe che avanzano da Uskiib; l'esercito bulgaro accenna a voler tagliare la ritirata all'esercito turco verso Costantinopoli; Baba Eski, centro della linea di difesa turca fra Dimotica e LUle Burgas, viene occupata. I greci continuano ad avanzare senza opposizione in Tessaglia e nell'Epiro si impadroniscono del passo di Pentepigadia, di(45) Bagnani, Londra 28 ottobre 1912, prot. n 274, r. 41.

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rigendosi su Joannina. I montenegrini continuano il bombardamento su Tarabo~ e il generale Vukovié prende Rozai che domina Ipek. I turchi, in Macedonia, si ritirano in direzione di Kuprulu mentre le forze di Monastir si concentrano verso Verria e N azim pascià prolunga in Tracia la linea di difesa verso Chorlu. Le notizie che progressivamente si susseguono dai teatri di operazione permettono prime valutazioni che fanno risalire la sconfitta turca all'inefficienza dei sistemi di rifornimento, mentre da parte bulgara la prevalenza numerica e morale ha prodotto il successo dell'attacco frontale (46). Un successo parziale, si sottolinea, in quanto contemporaneamente fallisce la manovra avvolgente che sola avrebbe permesso la definitiva sconfitta turca. In buona sostanza se l'attacco bulgaro costituisce un'autentica sorpresa per i turchi, il facile successo determina nelle file bulgare un comprensibile disorientamento. Da ciò nasce la sosta sul campo di battaglia di Kirk Kilisse (24 e 25 ottobre) e quel mancato inseguimento dell'armata turca di Tracia che si salva cosi dalla distruzione.

Le sconfitte dei turchi nei diversi teatri di operazione, com'è naturale, suscitano sorpresa e dispetto negli ambienti tedeschi che indicano come cause dell'insuccesso la corruzione delle alte sfere militari turche, il loro occuparsi più di politica che di guerra, il parziale riordinamento delle strutture militari. Von der Goltz e gli ufficiali tedeschi presenti in Turchia lamentano l'inutilità dei loro consigli, raramente ascoltati, mentre la preparazione dell'esercito ottomano era stata finalizzata a fronteggiare l'attacco di uno o due Stati balcanici e non le forze unite di tutti. Il giudizio tedesco, non esente di partigianeria, ha dei fondamenti di verità anche se non sfugge a coloro che ben conoscono l'esercito turco l'errore commesso dagli istruttori tedeschi i quali hanno sottovalutato le diverse caratteristiche del materi,ùe umano a loro disposizione. Non senza sottile ironia l'addetto militare italiano sottolinea come i tedeschi sì siano limitati ad applicare "sulle rive del Bosforo ciò che si applica sulle rive della Sprea", non abbiano studiato a fondo la psicologia del soldato turco: non hanno saputo o potuto penetrare nel fondo dell'animo suo, e nel mentre hanno certo affievolito certe sue qualità guerresche innate, non hanno saputo sostituirle con altre equivalenti. Per quanto riguarda gli istruttori tedeschi sì lamentavano già che gli ufficiali turchi non volevano più tener conto dei loro consigli. "Ma di chi è la colpa? Per far risaltare

(46) Ibidem. L'addetto mil i tare italiano aggiunge: "Possiamo anche noi reclamare la nostra parte di merito nell' istruzione degli ufficiali di Stato Maggiore bulgari(... ); il generale Fitcheff è stato alla nostra scuola di guerra"

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la propria opera in faccia all'Europa, il grande Stato Maggiore germanico non trascurava occasione di proclamare i grandi progressi raggiunti dall'esercito turco. Naturale quindi che uomini ambiziosi e presuntuosi come i Giovani Turchi credessero di non aver più bisogno di consigli dai loro maestri"(47).

Da Londra continuano ad affluire a Roma le notizie sugli awenirnenti degli ultimi giorni di ottobre: continua il movimento aggirante dei bulgari (verso Bunar Hissar e Yiza) che hanno già occupato Ltile Burgas e Baba Eski lasciando Adrianopoli completamente isolata. N azim pascià si è spos tato a est col quartier generale a To korlu con l'intendimento di resistere sulla linea dei fiumi Ergene e Tokorlu; il ponte della ferrovia a Cerkesskeni è stato fatto saltare. In Macedonia prosegue il movimento di ritirata dei turchi verso Monastir e verso Salonicco, mentre Zeki pascià, dopo aver abbandonato Ùskilb si è fermato a sud-est della città dove è stato di nuovo sconfitto. L'avanguardia del principe Alessandro si trova a dodici miglia da Istip, e Kupmlu è stata occupata dai serbi che avanzavano da Kjustendil; le forze bulgare si sono impadronite invece di Drarna, interrompendo le comunicazioni fra Costantinopoli e la Mace-

(47) Merrone ricorda di aver affrontalo il tema del risveglio e della preparazione dei so ldati balcanici in una conferenza tenuta presso il presidio militare di Verona. In quell'occasione ha sostenuto: "La nostra politica deve ispirarsi al principio di nazionalità, e procedere perciò a fianco dei popoli che in quel principio confidano le loro speranze. Questa politica può esplicarsi attiva e vigorosa là nel bacino del Danubio, dove i popoli slavi tentano di raggrupparsi intorno al loro centro naturale, dove si matura la ribellione al governo turco, che per legge di natura dovrà cedere sotto il peso, per far posto a un tutto politico che affratelli bulgari, serbi, greci e albanes i, i quali non rappresentano ora più dei desideri confus i o delle grida incomposte di dolore, ma tutto un corteggio di idee, di volontà, di sangue e di culti che li sospinge verso un glorioso avvenire". Ricordando queste parole, di stile enfatico ma adatto alla circostanza, aggiunge: "Non c'era gran merito neppure allora di fare' vaticini del genere, giacché tutti i noti scrittori di cose d'Oriente avevano fatto analoghi apprezzamenti, con parole più o meno simili, ma le ricordo appunto per mostrare come fosse da un pezzo generale la coscienza del pros si mo sorgere dei popoli balcanici. Ad onta di questo sentimento latente, i Gabinetti europei non hanno creduto che il risveglio dovesse essere così improvviso e così rapidi i risultati della lotta. Bisogna dire anche per la verità storica che il merito del trionfo, della subitanea trasformazione che minaccia di cambiare la carta dell'Europa non va dato tutto ai popoli balcanici, essi sono stati aiutati incosciamente dai Giovani Turchi, i quali hanno finora mostrato, tanto nella preparazione politica quanto in quella militare, di non pos sedere né un programma né un uomo!" (Sofia 29 ottobre 1912).

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donia (48).

I due eserciti belligeranti in Tracia si sono spostati verso est, ed è cominciata la grande battaglia sul fiume Ergene dove Nazim pascià ha concentrato le truppe suddividendole in tre gruppi, con la cavalleria dotata di un comando indipendente. Ad Adrianopoli la situazione resta invariata: i bulgari hanno bombardato i forti moderni di ~eitan-Tabya, Karaguez, Biondja e Semerskeui, mentre in Macedonia i serbi , dopo aver preso Kuprulu, si sono divisi in due colo nne, inseguendo le truppe turche in ritirata verso Monastir e verso Salonicco. I greci sono giunti presso Yerria e hanno inviato parte delle forze presso Mona stir, in modo tale da stringere i turchi diretti in questa località fra le truppe serbe e quelle greche. A Tarabo~ i turchi resistono ancora contro i montenegrini (49).

Le notizie provenienti dallo scacchiere orientale sono così contraddittorie che è impossibile giudicare l'andamento delle operazioni: in complesso pare che l'esercito bulgaro abbia avuto qualche insuccesso, anche se parziale, a Ltile Burgas e che poi sia nuovamente avanzato trincerandosi in posizioni favorevoli . ..;d Adrianopoli la guarnigione ha fatto parecchie sortite (specie nei settori ovest e nord- ovest) senza risultati app rezzabili; il corpo d'assalto viene rafforzato da circa ottomila uomini

(48) Bagnani, Londra 28 ottobre 1912, prol. n. 275. Bagnani segnala anche che le corrispondenze inviate dal campo bulgaro alla "Reichspost" sono assai accurate per la precisione dei dati, la priorità delle informazioni, per l'acutezza delle analisi. Il ''Re ich spost " è un gio rnale clericale di non grande tiratura, ma molto importante a livello politico dal momento che è l'organo ufficioso del partito dell'arciduca ereditario che lo sostiene in vario modo ; il giornale non aveva i soldi necessari per inviare un proprio corrispondeme a Sofia e per speciale favore dell'arciduca ha potuto avvalersi dell'addetto militare austriaco, al quale peraltro le autorità bulgare hanno concesso speciali privileg i riguardo alla immunità dalla censura. La stampa inglese si è mollo rise ntita e irr itata anche perché mentre i corrispondenti di guerra degli altri paesi e uropei sono bloccati a Stara Zagora e vedono mutilati i propri dispacci, il "Reichspost" riceve ogni giorno dettagliate e continue informazioni dai campi di battaglia, inviate da personale competente e quasi immuni da ce ns ura. (Bagnani, Londra 29 ottobre 1912, prot. n. 276).

(49) Calderoni , Berlino 30 ottobre 1912. Nei circoli politici e militari tedeschi, tuttavia, si continua a ritenere che l'esercito turco, alla fine, possa avere ragione dei s uoi avversari. A sostegno cli tale opinione si dic e che i turchi hanno ancora una gran parte dell e loro forze intatte, mentre i bulgari hanno già messo in gioco persino le ultime truppe di riserva e che, chiamati ad una nuova estrema diresa della loro capitale, i turchi sap ranno ritrovare l'antico valore e l'antica energia.

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mentre si ha notizia che trentamila turchi siano sbarcati sulle coste del Mar Nero per minacciare il fianco dell'esercito bulgaro (50). Nessuna notizia di rilievo arriva dalla Macedonia, salvo quella di difficile accertamento secondo cui Zeki pascià avrebbe riunito quarantamila uomini presso il lago Doiran, dove intende dare battaglia. I greci hanno conquistato Verria sulla ferrovia Salonicco-Monastir e altre colonne hanno conquistato Kailar e Karetina; i montenegrini hanno conquistato varie posizioni a Tarabos e il principe Danilo si è unito al generale Martinovié a oriente di Scutari (51).

I primi giorni di novembre le notizie sulla grande battaglia combattuta a est di Adrianopoli danno per certo che l'esercito bulgaro, dopo aver preso Li.ile Burgas, ha respinto vigorosamente i turchi che si sono ritirati su Chorlu; i rapporti sui combattimenti nei dintorni di Viza sono contraddittori, ma è sicuro che anche qui i turchi hanno subito una clamorosa sconfitta e si sono ritirati a Seraj e a !strania. Un telegramma da Costantinopoli comunica che il consiglio dei ministri sta esaminando l 'opport unità di aprire trattative di pace e conferma il completo successo delle armi bulgare. Adrianopoli non ha c eduto, ma è ora completamente isolata; i serbi continuano l'avanzata in Macedonia, occupando Prizren e, ad eccezione di Mona s tir, si può dire che tutte le località più importanti sono sta te occupate e poste sotto l'amministrazione civile serba. I greci continuano a marciare su Salonicco: una loro colonna si è attestata a Grevena mentre la flotta ha occupato le isole di Imbros e Taso (52).

Mentre si accavallano le notizie e i contendenti si scambiano accuse reciproche di atrocità, il deputato ing lese King, lo stesso che aveva duramente condanna to la guerra italiana in Libia, chiede formalmente al ministro degli Esteri quali siano le intenzioni del governo britannico circa la difesa dei diritti territoriali della Turchia, indipendentemente dai risultati della campagna nei Balcani. Sir Edward Grey si limita a rispondere che il Gabinetto inglese si tiene in stretto contatto con le altre Po-

(50) Bagnani, Londra 30 ottobre 1912, prot. n. 278.

(51) Bagnani, Londra 31 ottobre 191 2, prot. n. 280.

(52) Bagnani, Londra 1 novembre e 2 novembre 1912. Il principe Az iz, che comandav a la cavalleria turca a Kirk Kilisse, è stato sottoposto a consiglio di Guerra; il capo albanese Vat Narosh ha dichiarato la sua fedeltà al Montenegro; Creta ha già adottato i francobolli greci; cento volontari ciprioti si sono arruolati nell'esercito greco. Si pubblicano con insiste nza articoli sulla possibilità e la convenienza di fare di Salonicco una città libera sotto la protezione delle Potenze europee (Bagnani, Londra 3 novembre 1912).

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tenze, in attesa di poter agire al momento opportuno. Quando questo momento giungerà - e se giungerà - dipende non solo dall'esito finale della campagna, ma anche dalla ripercussione che questo esito avrà in Russia e in Austria. La difficoltà di mettere d'accordo queste due nazion i sulla sistemazione della penisola balcanica, nel caso in cui si dovesse alterare lo statu quo, è stata l'unica ragione che ha costretto la diplomazia europea all'immobilismo. L'Austria infatti non avrebbe potuto tollerare la cost i tuzione di un grande Stato serbo che le avrebbe chiuso la via di Salonicco, esercitando anche un'attrazione pericolosa sulle popolazioni di razza slava; la Russia, per altro verso, non può accettare l'espansione dell'Austria nelle zone abitate da slavi e sembra avere un particolare disegno per la ripartizione della Turchia europea (53). La inconciliabilità di queste posizioni vanifica aprioristicamente qualsiasi tentativo di mediazione fino alla conclusione del conflitto.

Si osserva, peraltro, qualche ammorbidimento austriaco nei confronti dei serbi mentre il tema al centro del dibattito rimane quello di assicurare nella penisola balcanica una pace duratura realizzabile lasciando che i popoli balcanici decidano del loro futuro. Non è stato- in altri termini - il malgoverno turco in Macedonia a causare la guerra, ma la delusione dei bulgari, dei serbi e dei greci nel veder continuamente frnstrate le speranze di unità nazionale: le Potenze europee con i loro programmi di riforme - peraltro falliti - hanno curato i sintomi ma non le cause del malessere che ha tenuto la penisola balcanica in continuo stato di agitazione. Mantenere lo statu quo e il precario equilibrio ad esso connesso ha reso impossibile qualsiasi soluzione di compromesso e cade in errore chi pensa di poterlo ristabil i re . Qualunque soluzione e h~ non soddisfi le legittime aspirazioni dei popoli balcanici renderebbe inevitabile un'altra guerra (54).

Da questa serie di affermazioni si vede come a Londra s i sia affermata la consapevolezza circa l'impossibilità di contenere le aspirazioni dei popoli balcanici. Numerose le supposizioni sugli accordi segreti tra

(53) Dalla Francia Zaccone informa che Pietroburgo ha ricordato a Parigi le passate difficoltà a proposito de l Marocco; ha anche aggiunto se essa ritenga opportuno fare appello all'alleanza solo quando si tratta degli interessi francesi. Notizie telegrafiche segnalano trasporti ferroviari di truppe e di materiali da guerra (ma non di grande quanti tà) dall'Ungheria verso la Bosnia; uffic iali di riserva residenti a Budapest sono stati richiamati in servizio; circola pure la voce di una parLiale mobilitazione della flotta inglese. (Zaccone, Parigi 3 novembre 1912).

(54) Papa, Be lg rado 4 novembre 1912, r. 16.

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gli Stati balcanici per dividersi le spoglie dell'Impero ottomano. In omaggio al principio di nazionalità la Grecia dovrebbe avere Creta e la penis'ola Calcidica, il Montenegro Ipek e Scutari, l'Albania d;~enterebbe un principato autonomo, la Serbia si estenderebbe con Uskiib fino all'agognato porto di San Giovanni di Medua, la Bulgaria raddoppierebbe quasi il suo territorio con sei milioni di nuovi sudditi e con i porti di Kavala e di Dedeagaç. Alla Turchia rimarrebbe in Europa solo Costantinopoli. Sogni e speranze di difficile realizzazione e profondamente inconciliabili con la politica delle Potenze europee. Si terne, tra l'altro, che il governo turco sia incapace a frenare le passioni, quando il disastro sarà del tutto compiuto, e si temono rnassac,'ri a Costantinopoli e a Salonicco, dove, in misura precauzionale, sono stati inviati un incrociatore inglese, uno francese, due tedeschi e uno austriaco. Mentre le fonti turche diffondono come al solito notizie ottimiste, l'offensiva degli alleati balcanici prosegue su tutti i fronti. In Tracia i bulgari si sono impadroniti di Demotica e della ferrovia fra Mustafa pascià e Chorlu, mentre la ferrovia Adrianopoli - Salonicco è stata interrotta dalle bande bulgare a Gurnurdjina e Drarna.

In Macedonia, Salonicco è isolata e la linea ferroviaria di Monastir è in mano ai greci; i bulgari hanno occupato Strumnica e Melnik e i serbi dopo Tetevo continuano la marcia su Gostivar mentre la 5a divisione greca, respinti i turchi a Castrovrahia, attraverso Kozani tende a Perlepe, dove deve avvenire il congiungimento con le truppe serbe di Gostivar. I montenegrini continuano l'assedio di Scutari; Essad pascià (che è albanese) ha chiesto a Salonicco che gli si mandino truppe turche, non potendo resistere con i soli albanesi.

La flotta greca ha occupato Samotracia e ha affondato nel golfo di Salonicco l'incrociatore turco Feth-i-Bulend, costruito nel 1906 dallo stabilimento italiano dell'Ansaldo.

La fanteria serba è stata ritirata dall'Alta Macedonia e via Sofia è stata mandata a rinforzare il corpo di investimento bulgaro su Adrianopoli(55).

L'incalzare delle notizie sollecita le cancellerie europee a ribadire le reciproche assicurazioni circa la volontà di non esasperare il conflitto in atto, ipotizzando una politica di "disinteresse territoriale".

La Romania, legata come è da una vasta serie di accordi economici e commerciali con l'Austria, conferma la propria estraneità al conflitto anche se non manca di adottare misure precauzionali come il rinforzo delle

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(55) Bagnani, Londra 4 novembre 1912.

guarnigioni sulla frontiera della Dobrugia meridionale. Se questa è la versione ufficiale certo contrasta con l'insolito attivismo impresso al settore delle forniture militari, dal vestiario (due milioni di lei) alle armi (un milione di lire è la commessa per una ditta italiana di Livarde presso Torino), dai colpi per artiglieria campale alle cartucce per fucile (per cinquanta milioni di lei).

Certo è ~ commenta l'addetto militare italiano a Bucarest, tenente colonnello Zampolli - che il governo romeno "per ragioni più che altro di effetto morale e di prestigio all'interno, non vorrebbe uscire a mani completamente vuote dal prevedibile prossimo rifacimento della carta geografico-politica dell'Oriente europeo e, naturalmente, per fare ascoltare la sua voce, vuole avere pronto il solo mezzo di efficace pressione: un esercito ben preparato ... Gli ufficiali costituiscono, in Romania, un elemento importante della vita politica del paese; disciplinati e devoti al sovrano, appartengono in buona parte alla classe dominante e composta da una non numerosa oligarchia di proprietari terrieri e di professionisti, rarissimi i commercianti e gli industriali, per lo più ebrei o stranieri privi dei diritti politici, all'interno della quale costituiscono una classe numerosa, colta e intelligente; i sentimenti e le aspirazioni degli ufficiali, dunque, non possono non essere tenuti in serio conto dal governo. Essi criticano aspramente la scelta governativa della non mobilitazione nel momento in cui questa era stata indetta dai bulgari". La Romania avrebbe potuto in tal modo chiedere un'adeguata ricompensa in cambio di una benevola neutralità; la mobilitazione tardiva viene ritenuta inopportuna e inutile.

Nei confronti dei bulgari si è diffuso negli ufficiali e nel paese un sentimento di viva inquietudine: si teme che essi vogliano togliere alla Romania la Dobrugia, dove la popolazione è prevalentemente bulgara, sicché domina una preoccupazione d 'ordine difensivo, che spinge a dare grande importanza alla rettifica e alla sistemazione del confine con la Bulgaria (56).

(56) Indicano molto bene il timore che ispira la futura g rande Bulgaria le parole del generale Valianu (comandante di una brigata cli fanteria con sede a Tìrgoviste, intelligente ufficiale proveniente dal genio) in predicato d'essere nominato segretario generale alla Guerra: "Bisogna assolutamente che d'ora innanzi noi consacriamo la quarta parte dei redditi totali del paese alle spese per la difesa nazionale, altrimenti i nostri signori avvocati politicanti possono fin d'ora cominciare ad imparare la lingua bulgara per le loro necessità professionali del futuro". Questa è anche la tesi sostenuta eia Jonescu, capo del partito conservatore democratico e suo rappresentante in seno al ministero di coalizione (Papa, Bucarest 5 novembre 1912).

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Le aspirazioni romene si concentrano così nella possibilità di ottenere uno spostamento di frontiera a sud nella Dobrugia meridionale, per poter guadagnare spazio e per avere la linea di confine su di un terreno che, avendo andamento altiforme, consentirebbe una maggiore difesa. Nei circoli militari si propugna di segnare la frontiera con la Bulgaria per mezzo di una linea che dal mare, e precisamente da Kavarna a nord di Varna, vada fino al Danubio a monte di Silistra alla piazzaforte di Turtukai (Tutrakan); in tal modo Silistra diverrebbe romena e il quadrilatero bulgaro verrebbe ridotto di uno dei suoi vertici.

L'addetto militare in Romania riferisce anche con dovizia di particolari circa una missione a Berlino di alcuni ufficiali dello Stato Maggiore austriaco e di quello romeno (20-23 ottobre) per un esame complessivo della situazione politico-militare, considerati anche i patti e gli accordi speciali di carattere militare che legano l'Austria- Ungheria alla Romania. Proprio da Berlino, la situazione politico-militare viene così sintetizzata: "Un'efficace opera di mediazione delle grandi Potenze presso le parti belligeranti non è possibile, perché le Potenze non sono ancora d'accordo per quanto intendono fare: questo accordo è reso difficile dal fatto che non si conoscono ancora esattamente le intenzioni degli Stati balcanici, e quindi bisogna attendere che essi abbiano raggiunto gli obiettivi che si prefiggono. Davanti ad una situazione ben chiara e definita, sarà meno difficile per le Potenze trovare una base sulla quale iniziare le trattative. Ciò che importa, nell'interesse della pace generale, è che le grandi Potenze possano presentarsi agli Stati balcanici compatte, con uniformità di vedute, possano cioè contrapporre agli Stati balcanici quella compattezza che questi già posseggono" (57).

Nell'ambito militare, non ci sono preparativi straordinari che possano far pensare a una guerra europea imminente , pur se l'atmosfera è cambiata rispetto a quella abituale. Nelle capitali europee anche i civili parlano sempre più sovente della possibilità di un conflitto, dichiarandosi però fiduciosi che esso possa essere scongiurato dalla diplomazia.

Come da Londra e da Parigi, anche da Berl i no si segnala, come problema centrale, l'atteggiamento dell'Austria, della quale si dice che " non può disinteressarsi del rimaneggiamento della penisola balcanica, ma dovrebbe accontentarsi dei compensi economici".

A livello diplomatico dunque le Potenze si rifiutano di intervenire nel conflitto senza il preventivo consenso di tutti i belligeranti . Il conte di Berchtold afferma che l'Austria non de s idera espansioni territoriali e di-

(57) Calderoni, Berlino 5 novembre 1912.

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chiara la propria disponibilità ad esaminare con "larghezza" la nuova situazione creata dalle vittorie degli eserciti alleati.

Fallito il tentativo di opporre r:_esistenza sulla linea Chorlu-Sarai, l'eserc ito di Nazim pascià si ritira. E imminente l'ultima fase delle operazioni in Tracia; circola la voce che i bulgari abbiano tagliato l'acquedotto di Costantinopoli a Derkos. L'esercito bulgaro operante contro le linee di Catalca viene rinforzato da truppe provenienti dal corpo d'armata di Adrianopoli, che a loro volta vengono sostituite da truppe serbe e da volontari macedoni. In Macedonia, i greci da Yenije, i bulgari da Kuruk e i ser bi dalla vallata del Vardar, si preparano ad attaccare Salonicco; il rimanente dell'esercito serbo è ora suddiviso in tre nuclei: uno in marcia su Adrianopoli, un altro su Monastir e un terzo su Scutari. Secondo le ultime notizi e i serbi e i montenegrini si sono congiunti a Ipek e avanzano su Djakova; i montenegrini hanno occupato Alessio e San Giovanni di Medua.

Vivaci le reazioni francesi al rifiuto austriaco circa la proposta di "comune disinteresse territoriale" e all'intesa italo-austriaca volta a contrastare l'eventuale possesso di un tratto di litorale albanese da parte della Serbia. Decisamente strumentale appare la posizione francese quando ritiene ammissibile la contrarietà austriaca all'aspirazione serba di ave re uno sbocco al mare e inammissibile quella dell'Italia i cui interessi politici, economici e militari in Adriatico non subirebbero lesioni.

L'Italia, secondo questa concezione, si sarebbe addirittura avvantaggiata istaurando con la Serbia e con l 'interno della penisola balcanica consistenti rapporti economico-commerciali. A P aiigi, in buona sostanza, si sottovaluta decisamente il pericolo relativo alla presenza slava sull'Adriatico c he fatalmente aprirebbe le porte all'influenza russa (58).

Si intensificano in Francia come in Austria le ipotesi di mobilitazione mentre le notizie della disfatta turca accrescono le tensioni politiche interne in Romania. Fatto que sto non secondario che prelude ai futuri contrasti bulgaro-romeni. Parte dell'opinione pubblica romena, gli ufficiali in particolare, rimproverano la politica seguita dal governo che ha permesso, con la neutralità, libertà di movimento all'esercito bulgaro, mentre una parte consistente sostiene la necessità di partecipare alla guerra schierandosi a fianco degli Stati balcanici alleati. Le vittorie bulgare, in conclusione, son o vi ssute come sconfitte dalla Romania che vede frustrata ogni aspettativa di aggiustamento territoriale in Dobrugia a

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(58) Bagnani, Londra 6 novembre 1912; Zac cone, Parigi 6 novembre e 7 novembre 1912.

causa del sostanziale rifiuto opposto dal governo di Sofia (59).

L'andamento della campagna suscita - come si è visto nel caso tedesco - contrastanti reazioni all'interno dei paesi europei. In Francia, ad esempio, mentre si deplora sul piano politico la sconfitta turca, si valutano positivamente i risultati conseguiti dall'esercito bulgaro e dall'esercito serbo i cui ufficiali hanno usufruito delle scuole militari francesi per la loro preparazione professionale (60).

Le regioni e le città conquistate dagli eserciti alleati e le ultime operazioni rendono la situazione militare ormai ben definita, l'ambito diplomatico è invece pieno di incognite e di apprensioni, salvo la certezza di voler circoscrivere in qualsiasi modo la guerra. Esplicita la polemica tra Francia e Germania circa la preparazione degli ufficiali turchi e le riforme adottate su modello tedesco (61).

(59) Nell'ambiente militare, si sono formate due correnti d'opinione: una arriva persino a parlare "di un pronunciamento di ufficiali che dovrebbe imporre al governo un ultimatum e l'aggressione alla Bulgaria; un'altra, al contrario, sostiene che la Romania dovrebbe offrire un incondizionato appogg io alla Bulgaria e alla Serbia, per aiutarle a resistere ad eventuali minacce di Potenze europee, dirette a impedire la realizzazione dei disegni politici concordati fra gli Stati balcanici e a ottenere così ugualmente, in compenso del servizio reso, le desiderate cessioni in Dobrugia. Come dimostrazione questi ufficiali propongono di lasciare una giornata di stipendio a favore dei feriù bulgari. Nessuna delle due correnti può influenzare il governo; soprattutto per la proposta di attaccare la Bulgaria, si devono considerare i fattori di carattere ideologico che agiscono sulle masse rurnli (dalle quali provengono le truppe) ostili ad una simile decisione. Il contadino romeno, infatti, non accetterebbe di dovere andare a combattere con altri cristiani ortodossi che, per giunta, hanno saputo sconfiggere tanto vigorosamente i turchi" (Papa, Bucarest 8 novembre 1912).

(60) "Bisogna credere che sia un bisogno inerente alla natura francese quello di illudersi continuamente sulla propria superiorità in tutte le manifestazioni della attività umana. Annualmente, dopo le grandi manovre, i giornali finiscono sempre i loro resoconti col constatare che il soldato francese ha dimostrato ancora una volta di essere il primo"; Zaccone, Parigi 10 novembre 1912.

(61) Calderoni, Berlino 10 novembre 1912. La "Kolnische Zcitung" scrive: "La riorganizzazione di un esercito ha d'uopo di un lavoro metodico progressivamente sviluppato di un corpo ufficiali animato da spirito di abnegazione e che si occupi solo della propria missione. Il lavoro metodico non è stato possibile a causa delle insurrezioni in Albania e in Arabia e della guerra con l'Italia: sul corpo degli ufficiali non si è potuto fare molto affidamento essendo esso diviso da agitazioni politiche. È venuto così a mancare agli ufficiali istruttori il modo di sviluppare progressivamente il loro programma di riorganizzazione dell'esercito. È poi fuori di posto il voler rappresentare il sistema di guerrn seguito dalla Bulgaria, come se fosse in antitesi alle massime

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La situazione diplomatica, vista da Londra, sembra migliore in seguito al contegno conciliante dell'Austria e ai propositi non meno tranquillizzanti della Rus sia, che non sembra disposta a scatenare una guerra europea per una questione di "finestra più o meno grande" da concedersi alla Serbia sull'Adriatico (62).

La mobilitazione russa dunque viene interpretata come misura precauzio nale piuttosto che come espressione di propositi aggressivi, così come in Austria il ministero della Guerra nega il carattere di misura eccezionale all'invio di nuove reclute ai battaglioni dislocati in Bosnia Erzegovina e Dalmazia (63).

Sulle probabilità di un conflitto armato tra Romania e Bulgaria sono interessanti alcune considerazioni del tenente colonnello Zampolli, addetto militare provvisorio a Bucarest. Frequentando i circoli militari e politici della capitale raccoglie impressioni e opinioni di grande utilità per la comprensione dei progetti e dei comportamenti del governo. La Romania, a suo avviso, non si è legata alla Turchia - prima della mobilitazione dei quattro Stati alleati - in quanto la giudicava incapace a concedere vantaggi, ma non ha voluto legarsi alla Bulgaria prevedendone .Ja sconfitta. L'inaspettata vittoria della Bulgaria - che i romeni avrebbero volentieri visto sminuita nella sua forza navale e materiale -

professate in Germania. È ben vero che la Bulgaria non ha avuLo istruttori germanici, ma essa ha sempre seguito e anche i mitato con grande ardore quanto si fà in Germania. Essa ha soprallutto compreso e si è fatta proprio lo spirito che emana dai nostri regolamenti sul combattimento attorno a opere fortificate, lo Stato Maggiore bulgaro lo fece subito tradurre e adottare. Ciò che contraddistingue l'azione della Bulgaria nella recente guerra è il suo spirito offensivo che non lascia tregua al nemico. Ebbene è lo sLesso spiriLo offensivo che aleggia nel nostro esercito". Bagnani, Londra 10 novembre.

(62) Zaccone, Parigi 11 novembre 1912; Parigi 13 novembre 1912. In pari data, l'addetto militare a Berlino esprime la propria convinzione - frutto di osservazioni, leuure, discorsi - che "la Germania sta facendo il possibile per ridurre l'Austria a una politica prudente, ma che non l'abbandonerà in caso estremo". (Ibidem, Roma 13 novembre 1912, Promemoria)

(63) «La ragione apparente di tale misura ri siederebbe nel fallo che il 15° corpo (Sarajevo) e gran parte del 16° (Mostar) sono costituiti da battaglioni distaccati da reggimenti sparsi in varie regioni; non risulta che la classe anziana di questi corpi sia stata congedata, anzi si dice che sia stato rimandato il congcdamenLo, tanto che si incontrano difficoltà per alloggiare le nuove reclute inviale nei distretti in parola, spec ie quelli alla frontiera della Serbia». Cfr. Albricci, Vienna 15 novembre 1912. Elementi simili anche in Zacconc, Parigi 18 novembre 1912.

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ha suscitato, specie nelle classi elevate e in quella degli ufficiali, una profonda irritazione prima e una grande amarezza dopo. Allo scopo di tranquillizzare l'opinione pubblica e di ricreare un'atmosfera di fiducia, anche fra gli ufficiali, il ministro della Guerra, generale Harjeu, afferma che l'esercito romeno è perfettamente preparato, pronto ad ogni eventualità e in grado di mettere in campo non soltanto le dieci divisioni esistenti, ma altre quindici o venti, forti di venti -venticinquemila uomini.

I giornali romeni riprendono quasi quotidianamente il tema dei compensi alla Romania, in particolare la cessione di terri.tori a sud del confine in Dobrugia - spostando il confine stesso fino alla linea KavarnaTurtukai -e la libertà di lingua e di religione per i cutzo-valacchi residenti in Macedonia . Si torna, dunque, con insistenza sul possesso di Silistra e Turtukai, necessario per il dominio delle due rive del Danubio e per la sicurezza della linea Bucarest-Costanza. Difficilmente i bulgari potranno cedere e, nella migliore delle ipotesi, potranno convenire circa una rettifica di pochi chilometri della frontiera per renderla così più regolare.

Il fin troppo prevedibile disaccordo su tali questioni può far nascere un conflitto diplomatico che la Romania potrebbe essere tentata di tasformare in conflitto militare. Una simile prospettiva, però, non sembra rientrare nei desideri del re, né in quelli della maggior parte degli uomini di governo, mentre sarebbe estremamente impopolare tra le masse rurali - e quindi tra i soldati - e tra le classi colte, sostenitrici da sempre di una espansione romena verso la Transilvania, nell'ambito di una politica di amicizia con gli slavi confinanti.

Dal punto di vista militare, la Romania avrebbe poi non pochi problemi, poiché l'esercito non è né pronto né forte, nonostante le affermazioni del ministro della Guerra. Possiede infatti 250.000 fucili (il 25% dei quali in pessime condizioni), mentre si deve registrare il fallimento dell'ordinazione di centomila pezzi presso una fabbrica austriaca fortemente impegnata con il proprio governo (64).

(64) "All'epoca, come si è dello, si era costituita una corrente 'bellicosa' fra molti ufficiali, che avevano sostenuto la convenienza di occupare l'intero quadrilatero bulgaro per garantirsene il possesso e ottenerlo poi come compenso dalla Bulgaria. Tale corrente non era stata così fone -e non poteva esserlo - da trascinare il governo ne lla direzione voluta e aveva perduto man mano la propria compattezza. Solo i capi del partilo liberale di opposizione, guidalo da Brì!tianu, continuano a esercitare pressioni per la mobilitazione , mentre tutti gli altri uomin i di governo, fo r temente scoraggiati, dicono che il momento opportuno è ormai passato. Fra questi, Jonescu, minislTO dell'interno; il generale Averescu, capo di Stato Maggiore; il generale Harjeu,

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In conclusione, sia l'atteggiamento dell'opinione pubblica che le condizioni obiettive della forza militare portano l'ufficiale italiano ad escludere qualsiasi ipotesi di guerra. Tuttavia se il contrasto romenobulgaro dovesse abbinarsi a quello austro-serbo e si verificasse un conflitto armato fra l'Austria- Ungheria e gli Stati balcanici alleati, allora, la Romania non avrebbe esitazioni nell'affiancarsi alla monarchia asburgica allo scopo di ridimensionare la Bulgaria e ottenere quei compensi in Dobrugia ormai da anni al centro della politica estera romena (65). Come si vede, ambedue le ipotesi non corrispondono a quanto poi avvenne realmente di lì a pochi mesi: in particolare Bucarest agì contro la Bulgaria nel luglio 1913, anche in polemica con Vienna che aveva fatto ma,ncare alla Romania l'appoggio atteso per la questione della Dobrugia. E il contegno fermo e risoluto della piccola Serbia a far nascere nuove apprensioni sulla scena internazionale: a Parigi i giornali riportano notizie allarmanti provenienti da Vienna e da Berlino, sul viaggio del principe ereditario austriaco, sulla conferenza tenutasi fra i capi di Stato Maggiore dell'Austria e della Germania e sui preparativi austrorussi (66).

Il timore è quello di un tentativo estremo dell'Austria volto a salvare il proprio prestigio e a riaprire tutta la questione d'Oriente che si avvia verso una conclusione decisamente contraria alla sua politica nei Balcani. Per Bagnani più verosimilmente l'Austria, assecondata dalla Germania, vuole irrobustire la sua azione diplomatica con dispositivi ostentati, di carattere militare, per accettare alla fine un compromesso che prevede la formazione di uno Stato albanese indipendente e la concessione alla Serbia di una piccola striscia di litorale Adriatico. Ancora una volta, dunque, una previsione errata.

Fin troppo evidenti gli obiettivi politici del comportamento austriaco, con l'indipendenza albanese si viene a bloccare l'espansione serba verso ministro della guerra; Marghiloman, ministro delle finanze; il generale Crainicianu, [Crainiccanu] comandante del II Corpo d'Armata di Bucarest, ex ministro della guerra ed ex Capo di Stato Maggiore" (Zampolli, Bucarest 19 novembre 1912)

(65) Si attende a Bucarest il presidente del Sl1branie bulgaro, Danev, per trattare appunto un'intesa sulla questione del confine (Zampolli, Bucarest 20 novembre 1912).

(66) Zaccone, Parigi 23 novembre 1912. Da parte sua, Parigi, dopo aver riunito ripetutamente il Consiglio Superiore della guerra (al quale ha partecipato il presidente della Repubblica), ha stabilito un addestramento intensivo per le reclute, in modo da renderle idonee nel minor tempo possibile a partecipare ad una eventuale campagna.

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sud, si crea un problema non secondario ai confini del Montenegro e si frustrano le mire italiane sulla penisola balcanica in generale e sull'Albania in particolare impedendole, di raggiungere qualsiasi sicurezza strategica in Adriatico.

Le nuove tensioni si addensano sul quadro europeo che portano l'Inghilterra, che dice di mirare soprattutto alla pace, a condannare la Serbia come aveva fatto con l'Italia prima e con gli Stati balcanici poi nella guerra contro la Turchia, nel timore di essere coinvolta in complicazioni e in conflitti internazionali (67).

II disegno serbo di occupare tutta l'Albania settentrionale risulta dunque poco costruttivo ai fini di una pacifica so luzion e della questione d'Oriente, mentre i tentativi turchi di continuare la guerra costituiscono un ulteriore errore che (secondo Zaccone) potrebbe causare all'Impero ottomano la perdita di Costantinopoli (68).

Tn realtà la continuazione del conflitto rappresenta per la Turchia l'unica possibilità per recuperare sul piano politico quanto ha perduto su quello militare. Un disegno ad alto rischio che deve costringere, tuttavia, gli Stati europei ad uscire allo scoperto con l'assunzione di responsabilità circa il vuoto politico che si verrebbe a determinare con la caduta dell'Impero e dunque a fare i conti con una fin troppo prevedibile conflittualità nella regione dagli esiti politici imprevedibili.

Considerazioni politiche e considerazioni militari si intrecciano dunque influenzate anche dalle diverse simpatie che i combattimenti nei Balcani suscitano nell'opinione pubblica europea, in maggioranza anti-ottomana e incline ad appoggiare le rivendicazioni nazionali, e nelle classi politiche dirigenti consapevoli, comunque, del ruolo politico di "contenitore" che l'Impero ottomano svolge.

Certo le vittorie dei quattro Stati balcanici su tutti i teatri di operazione, ad eccezione di quello di Tracia dove l'attacco bulgaro si infrange sulla resistenza delle linee di Catalca, sorprendono le cancellerie europee del tutto impreparate nei confronti della sconfitta turca per un singolare processo di "rimozione" politica che vanifica - in certo senso - il patrimonio di informazioni, a stampa e nei rapporti più o meno riservati, accumulato lungo l'arco di mezzo secolo e cioè dalla prima crisi d 'Oriente del 1853- 1856, sulla situazione politica e morale dei popoli balcanici.

(67) Bagnani , Londra 24 novembre 1912

(68) Zaccone, Parigi 25 novembre 1912 e 30 novembre 1912; Bagnani, Londra 1° dicembre 1912.

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Nel breve volgere del mese di novembre le operazioni al leate portano alla soppressione del regime turco in Europa; in sei settimane di guerra gli eserciti dei piccoli Stati balcanici distruggono virtualmente l'esercito turco e i quartieri generali del 2°, 3°, 5~, 6° e 7° corpo (a Rodosto, a Kirk Kilisse, a Salonicco, a Monastir e a Usklib) sono passati in mano agli alleati, i quali calcolano a più di cinquantamila i prigionieri fatti, a cinquecento i cannoni catturati , a centomila i fucili presi al nemico, oltre ad approvvigionamenti, munizioni, materiali vari sufficienti a mantenere i vari eserciti nel territorio nemico . Il 3 dicembre s i conclude finalmente un armistizio fra la Turchia, la Bulgaria, la Serbia e il Montenegro sulla base dei seguenti accordi:

1) gli eserciti belligeranti restano sull e posizioni acquisite all'atto dell'armistizio;

2) le fortezze assediate non vengono rifornite;

3) sono consentiti i rifornimenti per l'esercito bulgaro, attestato dinanzi a Catalca, dopo l'inizio delle trattative di pace sia attraverso il Mar Nero sia utilizzando la ferrovia di Adrianopoli;

4) si fissa per il 13 dicembre a Londra l'inizio dei negoziati di pace.

La Grecia non aderisce all'armistizio anche se prende parte alle trattative le quali rivelano, tuttavia, i primi segni della scissione interna all'alleanza. La Serbia, infatti , avendo raggiunto i suoi obiettivi si mostra la più decisa a concludere la pace; la Grecia, al contrario, ritiene insoddisfatte le sue aspettative mentre la Bulgaria spera di guadagnare con i negoziati quanto non ha potuto e saputo prendere con la forza delle anni. L'Impero ottomano, infine, è interessato più di ogni altro ai tempi lunghi per dare modo, da un lato, alle contraddizioni interne all'alleanza balcanica di esplodere e, dall'altro, per rendere inevitabile l'intervento delle Potenze europee consapevoli, finalmente, dei pericoli relativi alla disgregazione dell'Impero stesso.

E dunque con questo sfondo politico e psicologico che si avviano quei negoziati che contengono in sé tutti gli elementi del loro fallimento.

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IV

LE TRATTATIVE PER LA PACE E LA PR0SECUZI0t-.1E DEL CONFLITTO (3 DICEMBRE 1912-30 MAGGIO 1913)

In dicembre, conclusosi l'armistizio tra i belligeranti, sir Edward Grey propone una conferenza degli ambasciatori per discutere i problemi derivanti dalla guerra balcanica, incontrando il favore delle altre potenze, che però non esprimono subito alcuna adesione di carattere ufficiale; si spera che la conferenza possa realmente convocarsi e che possa aver luogo a Londra, anche se non mancano indicazioni per una riunione in qualche capitale di uno Stato balcanico.

La proposta di sir Edward Grey, intesa soprattutto a mantenere in contatto le potenze onde evitare azioni isolate, non è sufficiente a rischiarare l'orizzonte politico che rimane preoccupante. Preoccupano i consistenti timori sul "silenzio" della Russia e sulla segretezza imposta in merito ai provvedimenti militari in Austria dove è comune opinione che per mantenere la pace è necessaria una posizione determinata e non una "disonorevole debolezza"; anche l'aumentato valore del denaro e il modesto livello delle operazioni finanziarie e commerciali che si concludono sui mercati europei sono si ntomi poco tranquillizzanti.

11 solo elemento positivo è l'atteggiamento mostrato dall'Inghilterra, dalla Francia, dalla Gem1ania e dall'Italia, volto a raggiungere una pacificazione, evitando, per quanto possibile, le questioni parziali che non coinvolgono interessi immediati.

Lo sbocco serbo nell'Adriatico è solo una piccola parte del problema, ben più complesso e radicale, che il mondo slavo e la monarchia asburgica sono costretti ad affrontare; la situazione non va vista esclusivamente come conseguenza immediata della guerra balcanica, "essa è più probab ilm ente l'espressione di vecchi ranco1i per antichi insuccessi diplomatici, di antiche gelosie, di tradizionali ambizioni, di invendicate

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prepotenze sub ite . E considerata sotto questo punto di vista, si capisce come sia difficile mettersi d'accordo su questioni apparentemente poco importanti" (1).

La fine delle ostilità nei Balcani dovrebbe alleggerire la tensione internazionale, sulla base di una ragionevole speranza d'accordo che si intravvede dopo che Serbia, Bulgaria e Montenegro hanno modificato le pretese iniziali allo scopo di concludere l'armi stizio (a nche se ancora i delegati greci non si impegnano formalmente con la motivazione di essere privi di istruzioni in merito da parte del governo di Atene) (2).

I di spacci provenienti da Londra e da Pietrob urgo accennano a un miglioramento delle relazioni austro-russe basato sull'as~icurazion e, data da ambo le parti, di non meditare propositi aggressivi. E vivamente attesa una dichiarazione del cancelliere tedesco al Reichstag sulla situazione interna zionale; la stampa inglese nega, in certo modo, ai deputa ti albanesi alcun carattere rappresentativo e disapprova l' avvenuta proclamazione (28 novembre) dell'indipendenza dell'Albania, e mostra attraverso molteplici linguaggi, più o meno diretti, la linea di tendenza del governo e dell'opinione pubblica. Londra, in altri termini, vivamente preoccupata dalla situazione generale, ribadisce il disimpegno nei confronti di una guerra non sua mentre teme, ben a ragione, di non potere rimanere semplice spettatrice in un probabile con flitto europeo, se non altro per il fatto di dover ritirare gran parte delle proprie forze navali inviate da po co in Mediterraneo per co ncentrarle nel Nord-Europa. Per quanto riguarda la situazione militare inglese, continuano le polemiche su ll 'esercito territoriale, se nza sostanziali mutamenti; qualche accenno riguarda una probabile riduzione delle truppe regolari inglesi in Indi a, dato che l'esercito indiano - tra regolari inglesi e truppe in digenecosta in quel momento 450 milioni di lire italiane l' anno; si attende in proposito il rapporto del maresciallo Nicholson, recatosi sul luogo a indagare, dal quale dovrebbero emergere le opportun e indicazioni. I comandi in patria de side rano rinforzare i battaglioni e gli squadroni dislocati nel Regno Unito, che hanno spesso effettivi ridotti; quanto e più che nell'esercito , la penuria di personale è evidente in marina, dove sono

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1) zaccone, Parigi 25 n ovembre 1912.

(2) Da notare, frd g li altri, il richiamo del 61 ° reggimento di fanteria appartenente all'Arméc des alpes da pochi mesi destinato a rinfoo:are la guarnigione in Algeria. Con ciò non si intende diminuire la fonna dislocata in Africa (A lgeria, Tunisia, Marocco) nel suo totale ma abbassare di poco il numero delle unità, aumentando l'effettivo di quelle restanti (ID., 27 novembre 191 2).

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L'Italia e le guerre balcaniche

stati aboliti persino quei nuclei idonei a costituire gli equipaggi delle navi che successivamente, all'atto della mobilitazione, passano in armamento.

Accettate finalmente le trattative per la pace e notificati a Londra i nomi dei plenipotenziari, i problemi balcanici sono sentiti sempre più come europei e non a caso l'attenzione degli osservatori militari si rivolge alla consistenza degli eserciti che le Potenze europee potrebbero schierare in caso di una guerra pure non voluta. Gli inglesi puntano molto su risultati che dovrebbero, alla fine, ristabilire l'equilibrio nel Mediterraneo e decidere anche il futuro della Turchia, che pure indebolita, si estende comunque dai Dardanelli al Golfo Persico, ponendo problemi di difesa per l'Impero britannico tanto nel Mediterraneo quanto in India.

L'astensione della Grecia dalla firma dell'armist~zio è variamente commentata nella capitale londinese, dove prevale l'opinione che tale astensione faccia parte di un piano più generale degli alleati, i qualievitando alla Turchia di riprendere subito il dominio del mare - pensano di riuscire più facilmente a farle accettare i termini stabiliti dalla conclusione dell'armistizio.

Intanto, il rinnovo della Triplice Alleanza su richiesta dell'Austria sottolinea che, quale che sia lo svolgimento della situazione internazionale, l'Alleanza è salda nei suoi principi, tanto più che il rinnovo è avvenuto sulle vecchie basi, pur con l'inserimento di nuove condizioni, e dunque senza compromettere le relazioni fra Italia, Inghilterra, Russia e Francia. Nonostante ciò, la stampa inglese sottolinea come, in certe eventualità, le flotte della Germania, dell'Austria e dell'Italia potrebbero minacciare la Gran Bretagna sul Mare del Nord e in Oriente; mentre da un confronto dei programmi navali delle varie nazioni è facile rilevare come, nel 1915, la Triplice Alleanza potrà disporre dello stesso numero di dreadnoughts della Gran Bretagna; i fatti, dunque, impongono all'Inghilterra un vasto programma di costruzioni navali.

In Austria la tensione è notevole; l'opinione pubblica è in allarme e la borsa di Vienna "agitata"; si parla di probabili dimissioni del ministro della Guerra, generale von Auffenburg, del capo di Stato Maggiore, e delle presumibili nomine del generale Krobatkin e di von Hotzendorf (ex capo di Stato Maggiore), che indicano, con chiarezza, una consistente vittoria del "partito" militare. Il governo cerca con ogni mezzo di tranquillizzare gli animi (allo stesso modo di quanto fa il governo russo), ma nonostante l'atteggiamento conciliante delle sfere ufficiali, il paese è in agitazione . La stampa austriaca e i massimi dirigenti politici e militari ritengono comunque che il nuovo assetto della penisola balcanica finirà, presto o tardi, per influire sulle condizioni interne della mo-

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narchia e dunque che solo un'azione decisa può costitui re un buon precedente per una sistemazione definitiva degli affari di Vienna (3).

Le vittorie della quadruplice balcanica hanno entusiasmato l'opinione pubblica russa compatta nell'aspirare al trionfo materiale e morale dei popoli slavi; il governo russo però "contiene" il movimento dell'opinione pubblica in quanto non desidera una guerra, in assenza di un obiettivo politico preciso, a parte quello, più generale, del prestigio della nazione. L'atteggiamento decisamente cauto del governo zari sta non contrasta con i provvedimenti che si stanno prendendo dal punto di vista militare al fine di affrontare qualsiasi evento. Pur non essendo iniziata una vera e propria mobilitazione sono state adottate alcune misure precauzionali: sospensione del congedamento della classe anziana; istruzione accelerata delle reclute; ricostituzione delle scorte di materiali nelle fortezze, nei centri di rifornimento, nei magazzini; aumento dei cavalli per le batterie di campagna, esercitazioni su larga scala per la mobilitazione generale; invio di una divisione di cavalleria dalla circoscriz ione di Kazan a quella di Kiev prima e di Varsavia poi e predisposizioni per il sollecito trasferimento, sempre nella circoscrizione di Ki ev, dei due corpi d'armata della circoscrizione di Kazan. Sulle linee ferroviarie Varsavia-Kiev, Ki ev- Posen , Mosca-Pietroburgo non si notano movimenti di truppe ma solo di materiali. La Russia dispone di trentasette corpi d'armata, dei quali sette in Asia e nel Caucaso; trascurando le truppe asiatiche e quelle del Caucaso, difficilmente utilizzabili in una guerra europea, l'esercito zarista può utilizzare contro le Potenze occidentali, ventisette corpi d 'a rmata raggruppati in sette circoscrizioni organizzate sin dal tempo di pace in comandi d'armata secondo la tabella riportata.

(3) Albricci, Vienna 30 novembre 1912.

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L'Italia e le guerre balcaniche

Forze russe disponibili in caso di guerra contro le Potenze occidentali:

I reparti delle truppe di prima linea sono rinforzati sino all'organico previsto per la guerra, mentre gli altri hanno effettivi di 160-180 uomini; gli squadroni superano i 140 cavalli, le batteria a cavallo sono quasi al completo, le altre hanno una forza di cavalli di poco inferiore alla metà dell'organico previsto.

Oltre alle truppe di prima linea - che ricevono i loro complementi da appositi reparti fom1ati presso le sedi dei corpi - vengono ~ostituiti reparti di riserva (otto classi) e reparti di milizia territoriale. E prevista la formazione di altrettanti reparti di riserva quanti sono quelli di prima linea, indicati con gli stessi numeri. Si assicura che tutto è pronto per costituire tali truppe di riserva, anche se all'atto pratico non se ne potrà avere più di metà; la riserva tuttavia non solo potrà rendere disponibili tutti i reparti di prima linea, ma potrà anche appoggiarli nelle operaz ioni di campagna; ai servizi territoriali provvederà inoltre la milizia territoriale (opolcenie).

Complessivamente, dunque, l'esercito russo "animato da sentimenti patriottici e sostenuto dall'entusiasmo di tutta la nazione", secondo Bagnani ha numerose probabilità di vittoria, ferma restando la volontà del

Grandi Unità Potenze C.A. D. f. B. cacc. D. cav. B. aut. cav. GERMANIA l /\ linea 6 12 1 5 1 2/\ linea 4 7 2 2 2 AUSTRIA-UNGHERIA 1I\ linea 4 7 2 6 1 2/\ linea 3 6 = 2 = ROMANIA 1I\ linea 2 4 2 3 = 2/\ linea 1 2 1 = 1 RISERVA GENERALE 7 15 1 1 2,5 TOTALE GENERALE 27 53 9 19 7,5
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governo di non arrivare a una guerra, ma di lavorare piuttosto a livello diplomatico per ottenere il distacco della Romania dall'Austria, rendere innocua l'Italia e assicurarsi infine l'appoggio dell'Inghilterra (4).

La situazione politica è tale da non potersi escludere, in caso di guerra, la partecipazione della Germania che verrebbe a trovarsi impegnata, in virtù dell'alleanza con l'Austria, contro la Russia (5).

Il 28 dicembre 1912 i delegati per la pace si riuniscono e assume la presidenza il rappresentante più anziano: l'ex primo ministro serbo Novakovié. La Grecia riafferma la sua volontà di non concludere un armistizio prima della pace, pur partecipando con propri delega~1 alle riunioni. La Turchia assume un atteggiamento contraddittorio: da un la to preme sulle Potenze europee perché si addivenga a una composizione, dall'altro mostra tutta l'intransigenza possibile nei confronti delle richieste degli alleati intravvedendo, forse, i primi germi di dissoluzione della quadruplice. A Londra comun que si lavora con cautela riflettendo più sui dati di fatto che su quelli propagandistici e si confrontano piuttosto le diverse possibili sistemazioni della penisola balcanica sulla base del trattato di Santo Stefano, di quello di Berlino ma anche e soprattutto sulla base delle aspirazioni del momento (6).

(4) Bagnani, Londra l dicembre 1912.

(5) Promemoria per il ministro della Guerra, 19 dicembre 1912.

(6) Bagnani, Londra 28 dicembre 1912. Allega cenni biografici sui delegati c he prendono parte alla confcrema:

«Turchia. Mustafa Reshit pascià, diplomatico, segretario della Commissio ne turca in Bulgaria (1890-1893), ministro in Bucarest (1894 - 1896), ambasciatore a Roma (aprile 1896-1908) poi a Vienna fino al 1911, ministro delle miniere e delle foreste nel Gabinetto di Ghazi Mukhtar pascià, deve forse la sua nomina attuale alle attitudini dimostrate come plenipotenziario nella recente pace di Losanna.

Salih pascià, ufficiale di cavalleria in disgrazia al tempo del regime di Abd ul Hamid esiliato a ErzinfJan, valì di Scutari nel 1906, dopo la costituzione del 1908 assistente capo di Stato Maggiore sotto Izzet pascià , mini stro della Guerra nel Gabinetto di Hilmi pascià si ritirò quasi subito e nominato direttore della cavalleria nel 1910 sotto Mahmud Scevket pascià. Allo scoppio delle ostilità con il nostro paese fu creato ministro della Marina, carica che lasciò alla caduta di Said pascià nel luglio. Ora è ministro dei Lavori pubblici nel Gabinello di Kàmil pascià cd ha anche l' interim della Marina.

Osman Nizam pascià, soldato e diplomatico, di origine tedesca, per vario tempo in Bulgaria come membro della Commissione di Vakuf. Nel 1896 segretario della Co mmi ss ione per le riform e in Creta, nel 1905 a s siste nte del capo di Stato Maggiore, ambasciatore a Berlino (settembre 1908).

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l'Italia e le guerre balcaniche

La confere n za è alla sua quinta seduta; gli alleati hanno chiesto la cessione della Turchia europea a occidente della linea Rodosto - Capo Ma latra (tranne la penisola di Gallipoli), tutte le isole dell'Egeo e larinuncia dell a sovrani tà ottomana su Creta. La Turchia, di contro, ha risposto con dure proteste che "sembrano ignorare i risu ltati della guerra, il fatto che il territorio ottomano in Europa è già quasi interamente occupato dall'esercito alleato".

Il colonnello Jostov - capo di Stato Maggiore del generale Dimitriev, comandante della 3a armata bulgara - riferisce all'addetto militare italiano a Londra che il capo della missione turca, Re~it pascià, motiva le controproposte della T urchia dicendo che esse concedono agli alleati quanto essi chiedevano prima della guerra. E' assurdo - questo il Grecia. Eleutherios Venizelos, nato a Ccrigo nel 1864 appartiene ad una delle più vecchie famiglie. Il padre dell 'attuale primo ministro fu cacciato da Creta ed egli ha studiato nelle Università di Atene cd in Germania Nel 1899 nominato ministro per gli Affari Esteri dal governo autonomo cretese, nel 1901 dovette rassegnare il mandato per diversità di vedute col principe Giorgio, ma divenne molto popolare in Cre ta e prese parte attiva nella soluzione della crisi politica- militare in Grecia. Alla caduta del gabinetto Dragoumis divenne primo ministro cd a lui la Grecia deve tulle le recenti riforme introdotte nell'eserc i to e nella marina e l' inaugurazione di una nuova era di prosperità e di grandeZ7.a.

Skouloudin, banchiere a Costantinopoli, rit iratosi ad Atene, più volte eletto deputato al parlamento, ministro degli Affari Esteri nel Gabinetto Rallis (1897) con molta abilità seppe mitigare la durezza delle condizioni di pace imposte alla Grecia nel 1897.

Gennadios, ministro di Grecia a Londra, che io ben conosco, ha un lungo passato di carriera diplomatica a Washington, a Costantinopoli e a Vienna, ha preso parte anche a l Congresso di Berlino come memb ro della missione ellenica.

George Steit, d'origine tedesca, membro della corte permanente dell'Aja, professore di diritto internazionale all'Università di Atene e om ministro di Grecia a Vienna.

Palitis, professore di diritto internazionale all'Università di Parigi.

Danglin, generale, albanese dell 'E piro che prima della guerra comandava la divisione di Atene. È l'inventore di un cannone da montagna e nell'attuale campagna era capo di Stato Maggiore del principe Costantino.

Metaxas, colonnello, ha studiato all'Accademia militare di Berlino e si crede abbia lavorato molto come ufficiale di Stato Maggiore nel piano di guerra dell'auuale campagna.

Bulgaria. Daneff (Danev), vice presidente del Sobranje dal 1894 al 1897, ministro degli affari Esteri nel 1901, primo ministro nel 1902, professore di diritto internazionale nell'Università di Sofia, presidente del Grande Sobranjc ha lavorato molto alla revisione della Cos tituzione. Andò nel novembre scorso a parlare con il conte Berch-

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contenuto - pensare che gli alleati possano ritenersi soddisfatti "dopo tanti sacrifici di sangue e di denaro"; i bulgari, in particolare, son o molto irritati per la tattica dilatoria, decisamente inutile dal momento che essi non intendono demordere sulla cessione di Adrianopoli, troppo vicina alla loro frontiera (7).

told circa le difficoltà austro -serbe ed è sta to uno dei plenipotenzia(i bulgari per l'armistizio. È stato ora in Romania latore di uno speciale messaggio a re Carlo.

Paprikoff (Paprikov), generate, nel 1866 all'epoca della guerra con la Serbia era assistente allo Stato Maggiore. Nel 1899 co mandante l'Accademia militare di Sofia, nel 1891 intendente al Corpo di Stato Maggiore nel 1897, nel 1899 ministro della Guerra po s iz ione che tenne fino al 1903 quando venne nominato il gen era le Savoff (Savov), Ispcuore della ranteria ne l 1907 abbandonò la Bulgaria per andare ministro a Pietroburgo. Mini stro degli affari Esteri nel 1908 si distinse per eccez ionale capacità durante la proclamazione de ll'indipendenza bulgara e dunmte l'anness ione della Bosnia Er1.egov ina. Nel 1910 ritorn ò a Pi etrob urgo da dove venne chia mato recen temente per andare come rappre sentante militare presso l'esercito montenegrino.

Madjaroff [Mad:1.arovl, educato a Costantinopoli è stato me mbro dell'Alta Corte della Rumelia orientale, diretto re delle Finanze, mini s tro dei Lavori pubblici, nel 1911 venne ele tto presidente del Sobranje e lo scorso gennaio ministro a Londra Jostoff (Jostov), non ho dati su questo co mmi ssario militare.

Serbia. Stoyan Novakovic, ha fatto una lunga carriera parlamentare e diplomatica, ministro della Pubblica Istruzione, dell'Interno, ministro a Costantinopoli, presidente del Cons iglio di Stato, primo ministro e ministro per g li affari Esteri, mini s tro a Pietroburgo e quindi recentemente nel 1909 ancora per pochi mesi primo ministro.

Ante Nikolitca, già ministro dell'Istruzione pubb li ca, varie volte ministro degli Affari esteri nel 1909 venne eletto presid ente della Skupcina, carica che tuttora ricopre.

Milenko Vesnic già ministro serbo a Roma, poi a Parigi dove si trova tuttora. È membro dell ' Istituto di diritto internazionale e rappresentante serbo alla corte permanente dell'Aja.

Delegati militari sono il gener'dle Boyovic e il tenente colonnello Pavlovic.

Montenegro. Lazar Micutovic, già console a Scutari , presidente della Corte dei Conti, ministro delle F in anze, primo ministro dell'epoca della costituzione e poi ministro degli affari Esteri e presidente del Consiglio di Stato fino al 1909.

Popovic, incaricato d'affari a Costantinopoli dal 1910 fino all 'ottobre scorso.

Voinovic, già min istro della gi ustizia dal 1900 al 1902 venne poi nominato segretario particolare di sua maestà il re Nicola.

Qu esti brevi cenni biogrnfici potranno forse essere opportuni per conoscere sommariamente a quali persone è stata affidata la discussione e la soluzione del grande problema politico-militare che interessa l'Europa intera".

(7) Il colonnello Jostov è un urficiale "distinto, pronto di mente e di corpo, comunicativo, e ffica ce anche quando usa le lingue straniere (conosce bene il francese e

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L'Italia e le guerre balcaniche

Jostov, in un colloquio con l'ufficiale italiano, parla a lungo della campagna, delle enormi difficolta logistiche, dello stato delle strade, "sull'effetto deleterio che produceva sulle truppe bulgare la vista dei colpiti dalla malattia a fonna colerica, che dopo pochi giorni non fu più possibile nascondere, cosicché ne morirono circa tremila". Nega le accuse di "atrocità" imputate ai bulgari e le ritorce contro i turchi a proposito dei quali sostiene non essere vere le informazioni della stampa circa la loro fuga "ignominiosa": certo sono stati sorpresi e presi dal panico a Kirk Kilisse, ma hanno combattuto nelle vicinanze di LUle Burgas per sei giorni, riportando gravi perdite (circa quarantamila morti e feriti).

Jostov pensa di ritornare presto a Catalca prevedendo l'esito negativo dei negoziati e il suo pessimismo è in buona parte giustificato dal comportamento dei turchi, anche se i delegati ottomani avrebbero una serie di contropartite da offrire per evitare il fallimento dei negoziati.

L'opinione pubblica europea è contraria alla politica militare turca e alla ripresa dell'attivismo politico da parte dei Giovani Turchi; l'esercito ottomano dietro le linee di Catalca, quantunque rinnovato e rinforzato, è obbligato a operare in uno spazio ristretto, fronteggiato da forze superiori per numero, organizzazione, artiglierie, risorse e condizioni sanitarie, in posizioni ora fortificate. Le opinioni del colonnello Jostov circa una ripresa delle operazioni, sembrano dunque fondarsi non solo sull'orgoglio nazionale, ma anche su condizioni di fatto; si può allora sperare che i Giovani Turchi accettino questi dati oggettivi e dopo aver provocato lo smembramento parziale dell'Impero, non vogliano trascinarlo alla definitiva rovina.

Con la fine della guerra e il successo dei quattro alleati, si delinea sempre più netto il nuovo assetto della penisola balcanica nell'ambito del quale la Romania viene a trovarsi inevitabilmente in una posizione politicamente svantaggiata, tanto che nell'opinione pubblica e negli ambienti militari riprendono fermenti, timori e tensioni simi li a quelli verificatisi dopo le prime vittorie sui turchi . Il governo romeno, per ragioni di prestigio interno e internazionale, intende ottenere dei compensi dalla Bulgaria, in cambio di quella neutralità "che non seppe a tempo assicurarsi, prima e durante la mobilitazione bulgara" (8). Gli errori di previtedesco), è orgoglioso del suo esercito senza negare il valore militare degli avversari".

È staLO acldeuo alla missione bulgara dopo la conclusione dell 'armistizio e sosLiLuito provvisoriamente nella carica di capo di Stato Maggiore della III Armata (Bagnani, Londra 29 dicembre 1912) .

(8) Papa, Bucarest 26 dicembre 1912. Sulla forza dell'esercito romeno, un rap-

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sione dei romeni appaiono ancor più gravi alla luce di alcuni precedenti, conosciuti all'epoca solo nei circoli diplomatici, ma divenuti in seguito di pubblico dominio. Fin dall'estate del 1911, la Russia propone infatti alla Romania di aderire all'intesa balcanica, ricevendone un netto rifiuto dal momento che il governo romeno non crede alla sua realizzazione; poco prima della mobilitazione, Sofia propone, ufficialmente, delle concessioni per assicurarsi la neutralità romena. La Romania, ancora ùna volta , perde l'occasione e non si accorda in alcun modo con i bulgari, ritenendo inverosimile una loro vittoria. .

Quanto più chiara diviene la coscienza degli errori commessi, tanto più energicamente il governo romeno cerca qualche compenso che valga a riabilitarlo, almeno in parte, di fronte all'opinione pubblica e di fronte agli immancabili attacchi da parte dell'opposizione. Tali compensi consistono nell'ottenere dalla Bulgaria un ampliamento di territorio , sposta ndo nella Dobrn gia meridionale il confine verso sud, e una serie di garanzie sulle scuole e lé chiese cutzo-valacche in Macedonia. Ma ciò che preme ai romeni è essenzialmente la questione dell'espansione del territorio; lo Stato Maggiore romeno - ancor più che al possesso di Silistra - tiene a includere i centri di Dobrié e Baltik per ottenere così una linea che giudica assai importante per la difesa della frontiera. I bulgari, di contro, sono dispo sti a cedere Silistra piuttosto che tale linea, sostenendo che il confine naturale fra i due Stati, quello del Danubio, è stato già spostato a danno della Bulgaria, lasciando alla Rom ania il controllo delle due sponde del fiume. I rom en i, dunque, possono invadere facilmente, attraverso la Dobrugia, il te rritorio bulgaro, mentre i bulgari , in ogni loro eventuale azione offensiva, si trovano di fronte il formidabile ostacolo naturale rappre senta to dal fiume. La Bulgaria esclude quindi con decisione ogni concessione che possa aumentare quella preponderante capacità offensiva-difensiva co nferita ai romeni dall'andamento della frontiera esistente.

Il presidente della Camera bulgara, Dan e v, durante una sua missione a Bucarest, s i mostra conciliante, ma dichiara di voler rimandare la questione dei compensi alla Romania a dopo la co nclu sio ne della pace con la Turchia, per una trattativa unica e globale sulle questioni balcaniporto riassuntivo per consentire un controllo dei dati già noti allo Stato Maggiore iLaliano e per dimostrare che i preparativi e le spese militari che la Romania va affrontando in larga misura po sso no se rvire "a rendere questo esercito meglio dotato, meglio equipaggiato e più rapidamente mobilizzabile" ma non possono contribuire ad aumentare la for;,,a numerica in pochi mesi.

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che rimaste irrisolte. Dal momento che i negoziati col governo turco proseguono fra notevoli difficoltà, la Romania cerca di non lasciarsi sfuggire, ancora una volta, l'occasione che ritiene favorevole ed esercita pressioni minacciando la Bulgaria, forte anche del tacito consenso delle Potenze europee; il governo romeno, in altri termini, intende agire risolutamente, presentando le sue richieste alla Bulgaria dapprima per via diplomatica, tenendosi poi pronta, ove assolutamente necessario, ad appoggiare quelle richieste con un'azione militare. Il lavoro di preparazione si fa sempre più intenso e gli ufficiali si aspettano, da un momento all'altro, l'ordine di mobilitazione; se la Bulgaria si dovesse mostrare intransigente verso il governo romeno, questi - compromesso ormai anche dai preparativi militari - non potrebbe adattarsi a subire un rifiuto. Si troverebbe cosi a dover agire concretamente anche se la parte forse numericamente minore, ma certo più sensibile, degli uomini di governo (compreso il re) rifuggirebbe volentieri da una politica di ro ttura con la Bulgaria: politica ingenerosa e ingiusta che comprometterebbe irrimediabilmente i futuri rapporti, con danni notevoli per entrambi gli Stati, ma decisamente maggiori per la Romania. Sarebbe invece di reciproco vantaggio una soluzione pacifica della controversia anche come preludio di una futura alleanza.

Un clima dunque di grande incertezza al quale non ha certo giovato la proposta italo-austriaca circa l'autonomia e la neutralità dell'Albania in funzione, evidentemente, antiserba, né il rinnovo, senza variazioni del trattato della Triplice , mentre l'apertura delle trattative di Londra, come si è visto, ha indotto soprattutto l'Austria e la Russia a decisi provvedimenti di carattere militare. La diplomazia turca, visto il deciso rifiuto di mediazione delle Potenze, non opera prontamente per la conclusione della conferenza della pace: propositi bellicosi, tergiversazioni, minacce e proposte amichevoli si alternano confusamente e il colonnello bulgaro Jo s tov non manca di esprimere in varie sedi la sua delusione verso tutto ciò che è diplomatico.

A Londra, in buona sostanza, regna una notevole confusione, soprattutto sul ruolo che devono assumere le Potenze come soggetti attivi nella composizione della vicenda oppure come elementi di pressione, mentre · il compito di concretizzare i termini della pace spetta e rimane interamente ai delegati (9). Uno dei problemi centrali da risolvere è infatti

(9) Bagnani, Londra 9 dicembre 1912. Per Bagnani mentre è lecito sperare in risuluiti positivi e tangibili dalla Conferenza per la pace, il progetto della conferenza degli ambasciatori sembra molto astratto e teorico; essa infatti non rappresenta che

L'Italia e le guerre balcaniche
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costituito dalla questione di Adrianopoli, che presenta, come è noto, valenze di carattere diverso. Adrianopoli, infatti, non è solo un importante centro strategico-militare, ma rappresenta anche un simbolo religioso che difficilmente l'Impero ottomano può abbandonare ed è abbastanza improbabile che le Potenze riescano a esercitare sulla Turchia una efficace pressione per convincerla a compiere un sacrificio così gi:ande. Sciolto il nodo di Adrianopoli, gli altri punti - quello del progettato confine Rodosto-Midia e quello delle isole dell'Egeo - verrebbero riconsiderati con propositi più concilianti. A questi problemi si affiancano e si sovrappo ngono quelli interni all'alleanza: durante la guerra si è molto accentuato l'antagonismo fra bulgari e serbi e fra bulgari e greci (il colonnello Jostov si riferisce spesso con ironia alle quaranta battaglie che i greci pretendono di avere vinto) e dunque si immettono tensioni nuove che vanno ad aggiungersi a vecchi rancori , contribuendo ad accrescere quegli elementi di disgregazione fatali per la coesione di un'alleanza che pure ha dimostrato la sua efficacia (IO) .

Nel corso del gennaio 1913, le notizie che si diffondono a Londra hanno un carattere sempre più ottimista: si dice che i delegati turchi ha nno ricevuto istruzioni più elastiche circa la delimitazione del nuovo confine bulgaro-turco e ci si augura che i belligeranti possano addivenire a un'intesa senza bisogno dell'intervento delle Potenze. La speranza è avvalorata dalla notizia delle conversazioni che hanno avuto luo go fra il generale Savov, Nazim pascià e il ministro degli Esteri ottomano sul destino di Adrianopoli. La Bulgaria, se riuscisse a ottenere Adrianopoli, sarebbe pronta a smantellare le fortificazioni e a cedere alla Turchia una serie di diritti (extra-territorialità) riguardo alle moschee e alle tombe dei sultani; ma in tale ipotesi , remota, anche la Porta, dal canto suo, non potendo conservare Adrianopoli, accamperebbe pretese ben più consistenti in altri settori. In realtà, Adrianopoli non è vitale per i bulgari, in -

l'espressione di desideri e di supposizioni di politici e giornalisti, ma non può certo risolvere, in maniera sostanziale, i gravi problemi dell'indipenden za albanese, dello sbocco serbo nell'AdriaLico, della libertà degli Stretti, del futuro delle isole dell'Egeo e tanto meno può essere in grado di ridare tranquillità e fiducia all'Europa quando allo stesso tempo continuano i preparativi febbrili di due eserciti. L'unico vanLaggio che la Conferenza degli ambasciatori può comportare è quello di consentire discussioni e scambi di pareri in apparenza espressi amichevolmente in una sede precisa "dalle stesse persone il cui linguaggio può essere più facilmente diretto dagli enti responsabili".

(10) Bagnani, Londra 8 gennaio 1913.

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L'Italia e le guerre balcaniche

teressati più che altro alla vicina ferrovia che potrebbe congiungere il sistema ferroviario bulgaro a quello macedone e dunque ai porti dell'Egeo. Se i greci si mantengono fermi nel proposito di rivendicare il possesso delle isole, dovrebbero però impegnarsi a non stabilirvi stazioni navali, né a cederle, neppure temporaneamente, ad altre Potenze; i serbi infine, hanno reso già noto alle Potenze, che a pace conclusa, ritirerebbero le truppe dall'Adriatico; "tutto ciò - conclude l'addetto militare italiano - in sostanza, rivela la poca voglia che si ha da tutte le parti di continuare la guerra" (11).

Nella metà di gennaio, i delegati turchi Re~it pascià e Nizam pascià si incontrano a Londra con l'addetto militare italiano, al quale ricordano con grande simpatia parecchi ufficiali italiani da loro conosciuti, quali il generale Spingardi e il generale Pollio. Entrambi i delegati non nascondono il loro malumore e non risparmiano commenti ironici sull'inefficacia dell'azione diplomatica; essi sostengono che, se ci fosse un reale accordo fra le Potenze, queste potrebbero esercitare effettive pressioni sul governo turco per arrivare a una soluzione, mentre l'ipotizzata e prevedibile rottura definitiva dei negoziati indicherebbe l'assen z a di obiettivi perfettamente uniformi da parte delle stesse Potenze.

I n complesso, la situazione rimane oscura e non è possibile fare pronostici in attesa della risposta turca; intanto prende corpo l'opinione che il Gabinetto di Kamil pascià, contrario alla ripresa delle operazioni militati, sia costretto a dimettersi sotto la spinta del "partito" della guerra.

Il quadro generale viene da Bagnani così sintetizzato: "La Gran Bretagna è ardentemente pacifica, l'Italia avidamente pacifica, la Germania onestamente pacifica. In Austria vi è un partito per la pace e uno per la guerra, in Russia un partito per la guerra e uno per la pace. La Francia è così occupata nelle faccende sue di casa che non presta molta attenzione alle cose balcaniche, ma in ogni caso si terrà a fianco della Russia (12).

Lo stallo assunto dai lavori e l'arresto delle trattative inducono le Potenze a intervenire e, finalmente, il 17 gennaio gli ambasciatori di Francia, Russia, Germania, Austria-Ungheria e Italia rimettono al ministro degli Esteri del sultano una nota nella quale si ribadisce l'impegno collettivo a preservare la pace avvertendo che il prolungamento della guerra comprometterebbe definitivamente la sorte della capitale con la prevedibile estensione del conflitto alle provincie asiatiche dell'Impero. Contestualmente alla minaccia di disgregazione, la nota impegna i governi

(I I) Bagnani, Londra 9 gennaio 1913.

(12) Bagnani, Londra 15 gennaio 1913

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firmatari a collaborare con il governo del sultano "per riparare i mali della guerra, per consolidare la sua situazione e mettere in valore i vasti territori asiatici, la cui prosperità costituirà la sua forza effettiva", e agarantire i diritti ottomani su Adrianopoli una volta ceduta agli Stati balcanici. La Turchia, dunque, si vede abbandonata dalle Potenze mentre all'interno si accentua la spaccatura fra la posizione del governo di Kamil è quella degli appartenenti all'ala radicale dei Giovani Turchi, contrari a ogni concessione. Si prende tempo, mentre si avvicina per la Serbia e per la Bulgaria l'epoca della ripresa annuale dei lavori agricoli, a causa della quale è necessario che molti degli uomini in guerra rit9rnino al lavoro dei campi per evitare una terribile carestia. .

I delegati bulgari ricevono l'ordine - se non si riesce a concludere la pace - di telegrafare al generale Savov perché riprenda le ostilità. Su Adrianopoli si mostrano tutti concordamente intransigenti, specialmente Danev, partigiano convinto della soluzione militare e dunque pronto a ricominciare le operazioni (13).

Molte delle informazioni trasmesse a Roma provengono direttamente da alcuni delegati che hanno soggiornato per molto tempo in Italia, o vi sono tornati più volte, come il serbo Vesnié, e il montenegrino conte Vojnovié, i quali si augurano che la Turchia, se non esplicitamente, almeno implicitamente finisca coll' acconsentire alla cessione di Adrianopoli. Si pensa che le riserve e le nuove proposte del governo ottomano possano prolungare ancora i negoziati, ma una volta definita la questione delle frontiere nella Tracia, non si prevedono altre serie difficoltà per giungere a un definitivo accordo. Pura illusione, come si vedrà dall'evoluzione degli avvenimenti interni in Turchia.

(13) Bagnani, Londra 21 gennaio 1913: "Nelle conversazioni che ebbi con il colonnello Jostov, potei valutare quanta disillusione debbono aver p ro vata gli ufficiali bulgari nel veder arrestata dal colera la marcia dell'esercito vittorioso su Costantinopoli. II colonnello, di solito così calmo, si infiammava quando nomina va questa città, si vede che ne deve aver parlato spesso con il generale DimitTiev; che questi due uomini (che i delegati bulgari chiamano i "nostri eroi") devono aver sognato sovente, su campi melmosi della Tracia, l'entrata trionfale della III Armata nella capitale degli Osmanli. Povero colonnello Jostov!, mi faceva pena vederlo qui inoperoso. Lo trovai l' ultima volta nascosto in un angolo della sala al ballo della colonia austriaca, quasi vergognoso di farsi vedere a una festa mentre i suoi soldati erano al posto d'onore: ' Non so cosa ci sto a fare qui, mi disse, non si conclude nulla'. Due giorni dopo partì precipitosamente, lo avevano richiamato a Sofia. Ma il ricordo di questo valoroso ufficiale mi porta fuori di argomento; volevo soltanto accennare all'ambizione dell'esercito bulgaro di entrare a Costantinopoli".

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l'Italia e le guerre balcaniche

Mentre a Londra si svolgono le trattative per la pace relative alla conclusione della prima guerra balcanica, nei primi mesi del 1913 sorgono e si inaspriscono molteplici tensioni "minori", che accendono e alimentano una serie di conflitti, per cosi dire separati, le cui sorti tuttavia condizionano inevitabilmente gli avvenimenti principali.

Sincronicamente alle trattative per la pace, si attuano così ulteriori ostilità diplomatiche e militari che si accentrano in particolar modo intorno a temi specifici: la conclusione della guerra tra bulgari e turchi; la sistemazione delle concessioni territoriali fra bulgari e romeni; il violento cambiamento del governo di Costantinopoli dovuto alla vittoria dell'ala oltranzista del movimento dei Giovani Turchi.

Dal dicembre 1912 ai primi di febbraio 1913 l'area balcanica si profila più ricca di avvenimenti politici piuttosto che di avvenimenti militari; mentre si svolgono in maniera alterna e incerta le trattative per la pace iniziate a Londra il 16 dicembre, l'armistizio viene denunciato a causa d e ll'intransigenza dei Giovani Turchi e de l conseguente colpo di Stato te so a sovvertire l'atteggiamento governativo che si era mostrato disponibile - almeno in linea generale - a cedere alle richieste degli alleati. L'armistizio che pure ha sospeso le ostilità fra serbi e bulgari da una parte e turchi dall'altra, non ha interrotto quelle fra turchi e gre ci. Il principale punto di contestazione continua a ess ere Adrianopoli, che la Turchia non intende cedere ai bulgari considerando tale condizione assolutamente disonorevole. Il delegato greco, che abbandona Londra, sostiene che "la guerra è la via più spiccia per arrivare alla pace" e, infatti, negli ambienti diplomatici londinesi , si dice che il conflitto può avere fine solo con la caduta di Adrianopoli, mentre negli ambienti militari e in quelli della stampa si ritiene che il vero obiettivo dei bulgari sia quello delle linee di Catalca e di Costantinopoli. Gli alleati hanno un comune int e resse, il bisogno cioè di conclud e re al più presto la campagna: "non vogliamo più sentir parlare di nego z iati ( ... ) non possiamo spendere enormi somme per tenere centinaia di migliaia di uomini in campo con Io spettro di una prossima carestia, mentre noi perdiamo il tempo in conversazioni inutili". Tutti sono per suasi che bisogna ricorrere alle armi per risolvere al più presto l'intricata qu estione; e i delegati, infatti , con varie motivazioni, si trattengono a Londra per tenere i contatti tra sir Edward Grey e le Potenze balcaniche. II delegato montenegrino Popovié rimane come chargé d'affaires, forse col probabile intento di costituire una le gazione montenegrina a Londra(14).

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(14) Bagnani, Londra 2 febbraio 1913. Su Eugenio Popovich si veda, tra gli altri,

Per quanto riguarda la situazione militare in Bulgaria, il 15 gennaio 1913, si tiene a Mustafa pascià un Consiglio di guerra sotto la presidenza di re Ferdinando, al quale prendono parte tutti i ministri e inoltre; il generale Savov, il generale Fifov - capo di Stato Maggiore dell 'esercito - e i comandanti delle quattro armate - generale Kutincev della prima, generale Ivanov della seconda, generale Dimitrieff della terza, generale Kovacev della quarta. I generali tutti sono concordi sulla convenienza di riprendere la guerra piuttosto che subire il perdurare eccessivo delle lunghe trattative; ma nonostante ciò, il Consiglio stabilisce di attendere i risultati delle iniziative intraprese dalle grandi Potenze nei confronti della Turchia e dunque decide di aspettare la risposta della Turchia stessa; nello stesso tempo decide di presentare un ultimatum per evitare che essa possa ricorrere a ulteriori astuzie per procrastinare larisposta alle grandi Potenze e allontanare così la ripresa delle trattative di pace. Mentre Londra boccia la proposta dell ' ultimatum, a Sofia notizie ufficiali e ufficiose informano che la Bulga ria è pronta a riprendere la guerra considerando questo l'unico modo idoneo per imporre al più presto alla Turchia la cessione dei territori richiesti dagli alleati; è opinione corrente , infatti, che la Bulgaria ha commesso un grave errore nell'accettare l'armistizio, che non era stato voluto né dalla Grecia né dalla Serbia (tanto che la prima aveva proposto di dare cinquantamila soldati e la seconda altri quarantamila per continuare l' azione su Catalca). In effetti, all'epoca, la Bulgaria aveva acconsentito all'ultimatum sia a causa della grande stanchez za dell'esercito bulgaro, particolarmente provato dai combattimenti in Tracia, sia per l'insufficienza dei servizi di intendenza e per le insormontabili difficoltà sanitarie che si sarebbero create, q~alora si fossero condotte le truppe nelle zone difese dai turchi presso Catalca, proprio dove erano scoppiati focolai di epidemie. L'armistizio - che secondo alcuni era frutto dell'espressa volontà di qualcuna delle grandi Potenze - aveva favorito in modo particolare la Serbia, la quale, in caso di vittoria , avrebbe avuto l'appoggio da parte della Bulgaria e da parte della Grecia in merito alla questione del porto sull'Adriatico. La decisione bulgara invece, non solo non risolve il problema della Serbia, ma - contrariamente a quanto prescritto dal trattato militare - invece di darle aiuto con le proprie truppe, le richiede due divisioni e alcuni reggimenti di cavalleria.

L 'addetto militare a Sofia - tenente colonnello Errico Merrone -

E Masemti, Momenti della questione adriatica (1896-1914), cit.

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segnala i punti più controversi della questione balcanica ricordando che nei due anni di permanenza a Sofia ha più volte richiamato l'attenzione sulla connessione tra avvenimenti balcanici e politica estera italiana, sulle consistenti lacune dell'esercito bulgaro, sulla grave questione macedone e albanese dopo il conflitto italo-t urco; e ha indicato più volte la necessità di vigilare sul mare Adriatico, la cui rilevanza strategica per l'Italia assume carattere preponderante nel momento in cui si concretizza la fine dell'influenza ottomana sulla penisola balcanica (15).

Si registra comunque una netta ripresa della forza militare bulgara: il 70% dei feriti e degli ammalati ha ripreso servizio, un forte conti ngente di truppe fresche si è potuto aggregare con numerosi richiamati alle armi ed emigrati rientrati in patria dall'America, l'ultima classe di diciottenni è stata già richi amata. Di contro a questo potenziamento militare, si registrano numerose perdite, specie da parte serba, dovute alle epidemie di colera e di tifo che infieriscono ad Adrianopoli, dove nonostante le severe ed estese misure igieniche negli accampan1enti, la percentuale giornaliera di malati è molto elevata. Pare comunque che i rinforzi provenienti dalla Serbia riescano a n~:> ntenere in organico le unità serbe ad Adrianopoli - due divisioni - e a cost itui re un altro nucleo di cavalleria tra Kesan e Rodosto di fronte alla penisola di Gallipoli; il ministro serbo a Sofia ha ammesso, nel corso di conversazioni private con l'addetto militare italiano, un eventuale accordo fra Belgrado e Sofia al fine di inviare, in caso di bisogno, una terza divisione serba ad Adria nopoli.

In sintesi, mentre si svolgono le trattative, si cerca di consolidare le posizioni a Catalca e mantenere invariate quelle di Adrianopoli. Le perdite subite in combattimento, per le malattie ordinarie e per le epidemie, sono ingenti e si vanno ad aggiungere alle inevitabili perdite di materiali. In buona sostanza, durante l'armistizio le ostilità vengono sospese solo fra i serbi e bulgari da una parte e la Turchia dall'altra; continuano invece sotto Scuta.ri, dove il comandante si rifiuta di riconoscere le trattative intercorse, e fra i turchi e i greci i quali non aderiscono all'armistizio.

Intanto, sempre in gennaio, la tensione tra Bulgaria e Romania si aggrava ulterioriormente e si prospetta in maniera sempre più concreta l'ipotesi di un conflitto tra i due Stati.

Forse non è inutile richiamare i precedenti storici della vicenda bulgaro - rom e na e le basi sulle quali la Romania fonda le sue richieste. Come è noto, essa, in seguito alle vittorie bulgare nella prima guerra balcanica vede vanificato lo scopo di quella linea politica seguita per

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(15) Merrone, Sofia 18 gennaio 1913.

trentacinque anni, quello cioè del mantenimento dello statu quo e dell'equilibrio nell'Oriente europeo nell'ambito del quale la Romania presume di rappresentare "un'isola latina in mezzo a un mare slavo". La linea politica romena è stata così quella di unirsi strettamente all'Austria e alla Germania per arginare il "pericolo slavo", e dunque il nionfo dello slavismo non poteva non provocare malessere e inquietudine per l'avvenire. La minaccia bulgara al possesso del litoral e sul Mar Nero costituisce inoltre un ulteriore problema per la vita economica del paese, produttore di grano, petrolio e legname, tutte mer c i che tro v ano uno smercio proficuo per via marittima. L'opinione pubblica intern.~ ha sempre consid e rato la politica govern a tiva (e del re) colpevol e di non aver saputo prevenire gli eventi impedendo, con la minaccia a ter go, la mobilitazione bulgara e non pre tendendo dalla Bulgaria - prima della mobilitazione - un compenso alla propria neutralit à che fos se in grado di equilibrare l'espansione bulgara. In realtà il governo romeno è rimas to passivo soprattutto perché ha cre duto - come del r e s to la diplom azia di tutta Europa - alla vittoria de i turchi e alla solenne proclamazione delle Potenze europee sull 'inalterabilità dello statu quo nella penisola balcanica. Quando, all'inizio della Confe re nza di Londra, si manifesta invece il fatale e ge nerale rifacimento della carta geopolitica d~Ila penisola, il governo romeno - spinto dal malcontento del paese e dell'esercito e desideroso di dimostrare che la linea politica seguita sino a quel momento non avrebbe imp edi to alla Romania di far valere i propri diritti - avanza la richiesta dei compensi alla Bulgaria, sulla base di considerazioni giuridico-politiche derivanti dal Trattato di Parigi del 1856, secondo il quale ottiene le province meridionali della Bessarabia, mentre viene implicitamente investita, dall'Europa intera , del delicato compito di assicurare la libera navigazione sul Danubio.

Il successivo Trattato di Berlino (1878) lega cosi strettamente le sorti della Romania (nata dalla fusione dei due principati danubiani) alla navigazione sul Danubio, che tale questione viene considerata come un problema quasi esclusivamente romeno: infatti gli ar ticoli contenuti nel Trattato, intesi a garantire la libertà di navigazione - prolungamento del mandato della Commissione europea, cooptazione della Romania nella stessa Commissione, attribuzione alla Romania del delta del Danubio e dell ' Isola dei Serpenti sul Mar N ero - seguono immediatamente a quelli relativi in modo esclusivo alla Romania. Il Trattato di Berlino, inoltre (art. 11 e art. 52) ha stabilito che tutte le fortez ze lungo il Danubio devono essere distrutte con l'esplicito divieto a costmirne di nuove.

La Bulgaria, al contrario, non ha rispettato tale clausola : ha restaurato fortezze antiche e ne ha costruite di nuove. L'oggettivo pericolo di questo stato di cose è per la Romania accresciuto dalla pol i tica militare bul-

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gara, che rende impossibile ai romeni tollerare oltre la minaccia. In special modo a Silistra, che costituisce il punto terminale della frontiera della Dobru gia, i bulgari hanno aumentato la loro capacità offensiva-difensiva e la Romania, per garantire la libertà di navigazione e le frontiere, ritiene necessario richiedere il possesso di Silistra.

Sulla questione, come già si è detto, il Congresso di Berlino ha lascia to una situazione decisamente equivoca. La Romania, che pure ha partecipato alla guerra contro i turchi a fianco della Russia, viene sacrificata con la sottrazione della Bessarabia in cambio della cessione della Dobrugia con tutto il territorio compreso fra Silistria, Sciumla e (Sumen) Varna.

La frontiera in Dobrugia, tracciata con le difficoltà di cui si è detto, non risponde alle condizioni di una frontiera ben definita, tale da eliminare i conflitti. Essa, al contrario, per il suo andamento sinuoso e irregolare, "pare fatta apposta per far nascere incidenti".

I romeni sostengono dunque che il Congresso di Berlino ha voluto una frontiera non strategica, ossia priva di importanza militare per l'una e per l'altra parte, mentre in realtà ne era ri sultata un a frontiera militarmente assai favorevole ai bulgari. In conclusione, quando dopo la prima guerra balcanica la Bulgaria manifesta concretamente la sua politica di crescita, la Romania crede di aver pieno di diritto per reclamare quei confini che precedentemente le sono stati negati. I romeni sottolineano come i bulgari a Silistra non siano mai stati in maggioranza, nonostante gli sforzi per allontanare i turchi e i greci e per "bulgarizzare" i romeni; aggiungono inoltre che senza la neutralità romena i bulgari non avrebbero potuto conseguire i successi riportati sui turchi.

La Bul garia dal canto suo - pur ribadendo di non essere più una creazione della Rus sia e di non voler pagare dunque , dopo piL1 di trent'anni, un compenso per una sottrazione (la Bessarabia) realizzata a favore di quella - ammette in via di principio di dover fare delle concessioni alla Romania. Non intende però concedere le rettifiche di frontiera richieste dalla Roman ia e si dice disponibile solo a qualche mod ificazione della linea di confine esistente, secondo una linea retta che va dal Danubio sino al mare, scendendo più a s ud , inglobando in tal modo due triangoli di terreno bulgaro in territorio romeno. Nell'ipotesi di fallimento delle trattative per la pace a Londra , la Romania sarebbe pronta ad attaccare senza preavviso la Bulgaria e ad occupare i principali punti del territorio conteso, cioè Silistra , Dobrié e Balcik sul Mar Nero. Tutti i sintomi di preparazione per una eventuale e immediata mobilitazione confermano il proposito del governo romeno che sembra intenziona to a mobilitare le unità attive del secondo, terzo e quinto corpo d'annata, cioè i corpi di Bucarest, di Gala,ti e di Costanza. Mal grado si proceda ad

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adattare i carri ferrovieri al trasporto di soldati, tuttavia, ancora nella prima parte del gennaio 1913 nessun reparto viene ancora spostato, poiché di fatto si spera nella soluzione della contesa grazie all'intervento della Russia che dovrebbe appianare la soluzione. Il tenente colonnello Zampolli - addetto militare temporaneo in Romania - riferisce , in merito alla probabilità del conflitto romeno-bulgaro, che la Bulgaria ha offerto ai romeni lo smantellamento dei forti di Silistra e la cessione delle alture di Megid-Tabya, con diritto per i romeni di erigervi fortificazioni; cederebbe una porzione del litorale del Mar Nero a sud dell'attuale punto di confine per consentire ai romeni di fare di: Mangalia un loro porto militare sicuro: non vuol dare, invece, l'abitato di Silistra per ragioni morali e sentimentali.

Il governo romeno dichiara di non potersi accontentare di tale concessione e chiede il possesso dell ' intera città di Silistra, nonché lo spostamento del confine a partire dalla destra del Danubio (a ovest di Silistra), in linea retta al mare, sino a un punto a sud di Baleik. I bulgari sono disposti ad altre concessioni, nel senso che accetterebbero di spostare più a sud il punto di arrivo del confine al mare, ma non vogliono che tale punto vada in nessun caso a ovest del capo Kaliakra; in altri termini, oppongono serie difficoltà a cedere Kavarna e non intendono assolutamente rinunciare a Silistra. La Romania che pure adduce a giustificazione delle proprie richieste la ben nota esigenza di difendersi dalla Bulgaria, divenuta più forte e potente, ha in realtà un pressante interesse militare ed economico per Kavarna , sia per l'importanza intrinseca del porto sia per motivi di prestigio interno. Il governo romeno, infatti, ha bisogno di una concessione emblematica che consacri e riassuma in forma accessibile alla comprensione popolare l'onenimento di un vantaggio tale da giustificare, di fronte all'op inione pubblica, la politica seguita; dunque, se i bulgari non cederanno né Silistra né Kavarna, esso si troverà costretto a tentare la carta militare. Dopo tanti preparativi militari e tanto clamore, una concessione non soddisfacente sarebbe impopolare e travolgerebbe il governo e il re, già accusato di aver fatto una politica estera più attenta all'interesse dinastico e in funzione d èl tornaconto tedesco che a quello nazionale. L'accordo, dunque, potrebbe essere raggiunto solo se la Rus sia - che ha assunto una funzione mediatriceconvincesse la Bulgaria a cedere Kavarna. Ogni azione militare romena è al momento da escludere, informa l'addetto militare a Sofia, perché le condizioni dell'esercito bulgaro sono ancora buone e la chiusura delle frontiere nella Dobrngia meridionale richiede costose opere permanenti di fortificazioni, in quanto il terreno si presenta dovunque scoperto e ondulato; la fascia rnrale della popolazione, dalla quale provengono i soldati, non potrebbe condividere la scelta di una simile guerra mentre

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una parte, pur non numerosa, di intellettuali e politici - compresi parecchi ufficiali - propugna una futura alleanza con la Bulgaria. Alla fine del gennaio 1913, lo stesso governo romeno si muove in tale ottica e avanza concrete proposte di alleanza e di aiuto alle quali però il presidente del Consiglio bulgaro Gefov non aderisce. Una serie di ragioni di varia natura, dunque, indicano che il governo romeno tende a ottenere una sufficiente soddisfazione, minacciando la guerra ma, in effetti, cercando di evitarla (16).

Parallelamente a queste controversie che pennettono al governo e alla stampa di Bucarest di accusare la Bulgaria di sciovinismo, si deve registrare una certa difficoltà nei rapporti dei bulgari con l'alleata Serbia dove si sviluppa, unitamente ad alcuni problemi economici e politici, il consistente timore circa il leale rispetto dei patti da parte bulgara. La Serbia, infatti, ha tutto l'interesse a conservare l'alleanza con la Bulgaria, ma questa deve cedere il possesso di Monastir in cambio dell'aiuto (circa 45.000 uomini) ricevuto (anche se non contemplato dal trattato militare) ad Adrianopoli e di ogni altro eventuale appoggio nella guerra in Tracia contro i turchi. I serbi, inoltre, motivano la loro richiesta con il fatto che la guerra in corso non ha risolto la questione del porto serbo sull'Adriatico, mentre essi hanno aiutato il Montenegro nell'attacco di Scutari e per molti anni hanno sostenuto un'intensa attività di propaganda nella zona di Monastir (17). In questo contrasto latente si inserisce l'Austria che propone alla Serbia un accordo diretto sulla questione dei confini albanesi, sul dominio serbo di Monastir e sullo sbocco al mare. La Serbia non vuole ancora trattare separatamente dagli altri alleati, sia per non vanificare l'alleanza sia perché ritiene che la Bulgaria, già impegnata su molteplici fronti, avrà sempre e comunque bisogno del

(16) Zampolli, Bucarest 10 gennaio e 19 gennaio 1913.

(17) Nel genna io del 1913 mentre si protraggono le trattative per la pace, il malcontento si diffonde sop raltutto in Serbia dove il re è accusato di inefficienza per aver affidato imporLanti comandi di guerra ai principi rivelatisi inadeguati alla conduzione de ll e operazioni belliche; non mancano propositi di riscossa nel partito democratico e un certo malcontento fra i rimpatriati dall'America (circa duemila) si accompagna alla consapevolezza che a guerra finita la miseria sarà ancora più accentuata. La Serbia prevede ulteriori difficoltà per il Montenegro nei territori da annettere: sentirsi attratti dalla nuova Albania piuttosto che dal Montenegro al quale non sono legati da comuni radici religiose e linguistiche, né da usi e abitudini. In conclusione, da una parte le incomprensioni fra gli Stati alleati balcanici, la costituzione di una nuova Albania, la questione di Salonicco e quella di Monastir, i progetti dell'Austria costituiscono oggetto di costante attenzione da parte dell'Italia (Zampolli, Bucarest 22 genna io 1913).

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suo appoggio intimamente legato alla cessione della zona di Monastir(l 8). Come è naturale, il conflitto bulgaro-romeno desta una certa preoccupazione nelle grandi Potenze. La Russia ribadisce la sua volontà a non lasciarsi trascinare in un conflitto causato dall'intransigenza bulgara mentre il ministro degli Esteri romeno propone un accordo segreto bulgaro-romeno in funzione antiturca.

Anche l'Italia segue la vicenda attraverso specifiche note informative del suo addetto militare a Bucarest, il quale - nella previsione che la Romania possa finire col trovarsi impegnata in guerra contro i bulgari - redige un dettagliato rapporto sull'esercito e sul comando delle grandi unità, accompagnato da una serie di considerazioni sul presumibile valore dell 'esercito romeno (19) .

Le trattative iniziate a Sofia il 12 febbraio si limitano in realtà a uno scambio di opinioni tra il principe Ghica e il delegato Teodorov sui punti di vista dei rispettivi governi (20).

Intanto, sincronicamente agli avvenimenti fin qui seguiti nell'area balcanica, si intrecciano eventi significativi della storia turca. Il 23 gennaio 1913, intorno alle ore 17, il Partito dei Giovani Turchi - animato da Talaàt bey e capeggiato da Enver bey - rovescia il gabinetto di Kàmil pascià e determina l'avvento al potere di quello di Mahmud ~evket pascià. Verso le ore 15 una decina di ulemas - indubbiamente inviati da Talaàt bey e accompagnati da gruppi di facinorosi - si presentano davanti alla Sublime Porta per protestare contro la decisione del

(18) Merrone, Sofia 7 febbraio 1913

(19) "A causa dell 'età avanzata, re Carlo non assumerà il comando supremo dell'esercito che verrà verosimilmente affidato al principe Ferdinando, nipote del re cd crede al trono. Il principe, nato nel 1865, ispeLLorc generale dell'esercito, non gode, nell'esercito e nel paese, di molto presti g io. Capo di stato maggiore è il generale Averescu nato nel 1859, arrivato da semplice soldato, per proprie qualità , all'eminente grado; Averescu ha frequentalo la scuola di guerra di Torino cd è un ufficiale di grande intelligenza e cultura" . In vari dispacci l'addetto militare italiano segnala il profondo attrito personale tra il capo di Stato Magg iore e il principe ereditario, dissidio che non è "di buon auspicio per il normale svolgersi dell'azione di comando in guerra" (Zampolli, Bucarest, 10 febbraio 1913).

(20) Negli ambienti diplomatici romeni si diffonde la notizia aLLinta da fonte austriaca che a Varna si va costituendo una nuova armata bulgara e che tra Varna e Kavarna si preparano alloggiamenti per 40.000 serbi, ma è da supporre piuttosto che l'aiuto serbo ai bulgari sullo scacchiere di Varna sia una notizia "fabbricata a Vienna" per spingere la Romania a sondare le intenzioni della Russia, che in realtà non intende farsi trascinare in un conflitto.

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governo di cedere agli alleati Adrianopoli e le isole dell'Egeo; una fo1la sempre più numerosa, protestando, chiede la caduta del Gabinetto Kamil, disponibile a una pace troppo onerosa e per questo ritenuto responsabile di aver tradito la nazione.

Un battaglione di guardia alla Sublime Porta si pone davanti all'ingresso per impedire l'accesso alla folla, ma in quel momento giunge Enver bey, il quale - probabilmente d'accordo con gli stessi ufficiali del battaglione - ordina alla truppa di astenersi da qualsiasi reazione contro i dimostranti ai quali si rivolge elogiandone il patriottismo; la folla lo acclama chiamandolo eroe della Tripolitania e salvatore della Turchia, ed egli - accompagnato da un gruppo di ufficiali, entra nella Sublime Porta dove sono in riunione i ministri e intima a Kamil di dimettersi.

Il ministro della Guerra Nazim pascià, il suo ufficiale di ordinanza e quello di Kamil vengono uccisi a colpi di rivoltella ed Enver bey si reca poco dopo al palazzo del sultano, per presentargli le dimissioni del Gabinetto Kamil e sottoporre alla sua approvazione la formazione del nuovo gabinetto con a capo Mahmud ~evket pascià. La sera, intorno alle ventitré, Muktar bey, in qualità di nuovo ministro degli Interni, comunica alle varie ambasciate la composizione del nuovo ministero che non sembra godere di grande solidità essendo più che altro un ministero di emergenza.

Gli addetti militari che hanno occasione di visitare la linea difensiva di Catalca, asseriscono che essa non è imprendibile; le truppe turche non hanno alcuna possibilità di svolgere al momento opportuno una energica azione controffensiva, anche perché manca quasi del tutto una efficace organizzazione dei servizi. In tale situazione, è difficile prevedere il programma militare del nuovo ministero; pare che le truppe di Catalca debbano limitarsi alla difesa puramente passiva, quindi la guarnigione di Adrianopoli sarebbe costretta a soccombere e in tal caso le truppe alleate, in forze preponderanti, finirebbero per sfondare la linea di Catalca e puntare su Costantinopoli (21 ).

(21) Marro, Costantinopoli 24 gennaio 1913. Le forLe presenti ad Adrianopoli sono le seguenti: due divisioni (la JQ! e la 11 •) di nizam e le altre di redi/ (2 contingenti); un reggimento di cavalleria, tre gruppi di artiglieria da posizione e pesante campale - in totale 40-50.000 uomini con 250 pezzi. In Catalca si trovano sei corpi d'armata (I, II, III di nizam e tre di riserva di composizione mista) con un totale di 160-180.000 uomini con 250 pezzi, di cui una cinquantina di grosso calibro. A difesa dei Dardanelli sono dislocate circa 5 divisioni, una di redi/ e le altTe composte con

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Al di l à del teatro di guerra, la popo lazione di Costantinopoli continua la sua vita quotidiana senza dimostrare grande partecipazione alle difficoltà de l governo; circola la voce che alcuni gruppi di ufficiali e di militari ostili ai Giovani Turchi abbiano protestato con le armi contro Enver bey, ma i giornali sottoposti a severa censura tacciono in proposito, mentre esaltano l' abi le condotta di Enver, le sue qualità umane e militari dando un grande risalto agli incontri che egli ha giornalmente con il Gran Visir, con i ministri, con i generali e con il capo di Stato Maggiore.

Non è solo la stampa turca a manifestare ammirazione; anche quella europea gli riconosce il ruolo di salvatore della patria, mentre gli addetti militari a Costantinopoli - ad eccezione di quello tedesco - non nutrono alcuna stima nei confronti di Enver né hanno migliore opinione degli altri esponenti del nuovo governo: "Talaat un ex fattorino quasi privo di cultura, Giavid un mediocre maestro elementare, Enver un ambizioso e un esaltato". E' evidente che tali giudizi sono eccessivi e indicano piuttosto il timore che tali elementi possano efficacemente operare per una ripresa politica e militare dell'Impero ottomano (22) . Quanto a Enver, egli è particolarmente temuto dall'Italia per la sua attività di organizzatore della resistenza araba in Libia (23).

Il colonnello Mornbelli, addetto militare a Costantinopoli, richiama più volte l'attenzione dello Stato Maggiore su questo personaggio e segnala la necessità di seguire la nuova fase che si sta avviando nel riordinamento militare o t tomano e nello sviluppo dell'esercito turco; l'Italia, infatti, ha degli interessi precisi nelle zone costiere tra Smirne, Scalanova, Bodrurn, i l golfo di Adalia e quello di Alessandretta, sia per il loro valore intrinseco, sia per il ruolo che tali basi possono avere nei contatti marittimi con la Libia, l'Egitto e la Siria (24 ).

Il colpo di Stato che rovescia il Gabinetto di Karnil pascià, proprio nel momento in cui si credeva assicurata la conclusione della pace, ripropone il pericolo della ripresa delle ostilità (a meno che Adrianopoli non venga lasciata alla Turchia). I Giovani Turchi lavorano intensa-

truppe provenien ti dall ' Asia minore e dalla L ibia per un totale di circa 50.000 uomini . Lungo le sponde dei Dardanelli le opere pe rmanenti sono tuttora ben armate, il regime d i vigi lanza è altissimo e la flotta è in buone condizioni.

(22) I dem, Costantinopoli 29 gennaio 1913 .

(23) Su Enver Pascia cfr. ID., Diario della guerra libica, a cura di S Bono, Bologna 1986.

(24) Marro, Costantinopo li 21, 23 e 27 gennaio 1913.

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mente per riguadagnare il prestigio perduto e la loro attività nell'esercito si intensifica. La presenza sulle linee di Catalca degli ufficiali rientrati da poco dalla Tripolitania, che appartengono al Partito Giovane Turco, rivela apertamente il malcontento suscitato dalla firma dell'armistizio, mentre si fronteggiano due posizioni: quella di chi ritiene che le Potenze non siano particolarmente interessate al conflitto, e quella che ritiene invece che la ripresa delle ostilità possa provocare un intervento armato europeo, dal quale la Turchia otterrebbe condizioni migliori rispetto a quelle finora offerte.

La situazione a Costantinopoli è ancora indecifrabile; tutto dipende dall'appoggio che i Giovani Turchi riusciranno a ottenere dall'esercito, mentre, come è probabile, se si determinano posizioni differenziate fra gli ufficiali c'è da temere anche una rivolta militare. Uno dei delegati turchi presenti a Londra per la Conferenza, dichiara di non essere affatto sorpreso per quanto è accaduto, poiché "noi avevamo già avvertito sir Edward Grey che un tal evento sarebbe stato inevitabile se le Potenze continuavano a fare pressione soltanto sulla Turchia per la questione di Adrianopoli. Vi è anche in Turchia un'opinione pubblica e questa doveva o prima o poi in un modo od in un altro, rendersi manifesta".

La stampa inglese, in generale, condanna gli "agitatori" che non hanno tenuto conto alcuno delle dichiarazioni rassicuranti dei politici europei , contrapponendo "un linguaggio sonoro, patriottico ma anche retorico" al quale non corrisponde un piano politico preciso.

D'altronde anche in Turchia molti reputano il colpo di Stato di Enver bey come un gesto "inopportuno, ingiustificato, impolitico ed anche antipatriottico perché sotto la parvenza di voler salvare Adrianopoli e l'onore delle armi ottomane, trascina in realtà l'Impero alla rovina", date le condizioni disastrose dell'esercito e delle finanze. I giudi z i dell'addetto militare italiano sui componenti del nuovo Gabinetto sono decisamente negativi: il nuovo ministro degli Affari Esteri, il principe Halim, "non ha che il merito di avere ereditato una grande fortuna, in gran parte già sperpera ta anche perché abilmente sfruttata dai suoi amici"; il Gran Visir, Mahmud ~evket pascià, è un uomo "coscienzioso, energico, attivo e competente, ma la sua opera non è sufficiente, tanto meno in un ambiente dove tutti sogliono comandare e ben pochi ubbidire". Il generalissimo Szjet anch'egli ben quotato, giunto da poco dallo Yemen, ha trovato una situazione militare seriamente compromessa, condividendo il parere del suo predecessore, Nazim pascià, che peraltro stimava moltissimo, circa l'impossibilità per l'esercito turco di riprendere l'iniziativa; agisce dunque per sentimento militare, per devozione alla patria, ma non nutre alcuna fiducia nel proprio esercito. Il tenente colonnello Enver bey, principale organizzatore del colpo di Stato, è certa-

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mente un uomo di grande energia e non si può negare che abbia una certa competenza e una profonda motivazione patriottica, tuttavia ha agito senza riflettere e si trova così a dover affrontare un problema militare praticamente in so lubile. Non è escluso che egli abbia creduto, in buona fede, che l'esercito turco potesse avere ancora una potenzialità di energia, ma il comitato di difesa nazionale - istituito per ravvivare il sentimento patriottico e chiedere al paese i mezzi indispensabili perché l'esercito possa ancora sopravvivere - deve lottare contro l'indifferenza dei più e trova un certo riscontro soltanto fra limitate fasce popolari, quali quelle dei curdi del porto di Costantinopoli.

E' questa l'interpretazione dei "ben pensanti", avallata anche da una parte della stampa, la quale, ancorché imbavagliata dalla censura, chiede, tra le righe, un nuovo intervento europeo per il raggiungimento della pace, sia pure a condizioni sosta nzialment e meno buone di quelle che erano state accettate dal Gabinetto Kamil. La fiducia nell'esercito è venuta meno e si avverte c he esso non è più in grado di scongiurare la catastrofe finale (25)

Ad Adrianopoli un forte nucleo di 50.000 uomini, minati anche dalla malaria, lotta da tre mesi contro la fame, gli stenti, le malattie, senza alcuna speranza di ottenere rinforzi. Giornalmente, per mezzo del telegrafo, il comandante della piazza, Chukri pascià, manda informazioni al governo sulle tristi condizioni degli assediati.

A Catalca i due mesi di armistizio sono stati discretamente utilizzati, portando le unità all'effettivo di ottocento uomini circa per battaglione, con rinforzi accuratamente scelti in Asia Minore; numerose bocche da fuoco, giunte dalla Francia e dalla Germania attraverso la Rumelia, sono state inviate in rinforzo delle artiglierie campale e di difesa; in complesso, quindi, si può contare su 160.000 -180.000 buoni soldati, ben trincerati e dotati di un'artiglieria sufficiente per opporsi all'avanzata dei bulgari su Costantinopoli. I servizi e i quadri militari, però, vanno sempre più peggiorando per quantità e qualità: anche se si è cercato di rimediare alle deficienze dell'organico alla meglio, con elementi fatti venire dall'Asia o richiamati dal congedo, non si è riusciti ad assicurare un so-

(25) Nei suoi giudizi sugli aulori del colpo di Stato e sul nuovo governo è evidente che Mombelli non perdona a Enver l'attività e la guerriglia nelle quali si è impegnato contro gli italiani in Tripolitania e in Cirenaica. Rincara la dose, poi, ariguardo de l principe Halim dicendo: "in un momento così tragico come questo non sa come impiegare meglio il suo tempo che passando molte ore del giorno e quasi tutte le se rate al Club d 'Orienta giocare a bridge". Marro, Costantinopoli 6 febbraio 1913.

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lido inquadramento di unità di nuova fonnazione. Ai servizi si è provveduto attraverso la requisizione di carri e di cavalli e acquistando derrate e ma teriali, tuttavia non è realizzabile una completa e valida organizzazione in poche settimane, pur ricorrendo a requisizioni forzate (anche di cavalli delle vetture pubbl ich e), a bandi per forniture a brevissima sca denza , a leggi straordinarie per lo sfruttamento delle risorse locali a vantaggio delle truppe.

Tutto ciò è stato fatto trop po tardi e troppo in fretta per poter dare risultati tangibi li ; l'esercito non ha avuto viveri sufficienti (è mancato anche il pane), è stato male equipaggiato, l'assassinio di Nazim ha turbato la disciplina e la coesione degli ufficiali e delle truppe, il cambiamento repentino del comandante supremo e l'azione improvvisa di Enver bey hanno certamente influito sulla continuità del piano di operazioni.

Anche a Gallipoli la situazione è critica. Nella penisola, secondo l'addetto militare italiano, si troverebbero concentrate - oltre le truppe territoriali per la dife sa delle opere - quattro e forse cinque divisioni (26).

La lin ea di Boulair sulla quale sono già stati respinti distaccamenti avanzati turchi di Karaka, è abba~tanza forte e sbarra l'istmo; tuttavia un attacco frontale bulgaro, combinato con un attacco sul fianco e su l tergo della flotta e di truppe greche dal Golfo di Laros, potrebbe portare a ll'occupazione di Gallipoli. Si verrebbe a porre così la questione degli Stretti e l'inevitabile intervento dell e grandi Potenze.

L'azione dei bulgari contro la Catalca e l'avanzata di numerose forze alleate verso Gallipoli disorientano comple tament e il comando turco; tanto che il governo ottomano, a metà febbraio 1913, cerca di dare una svo lta decisiva alle trattative vuoi per il progressivo deteriorarsi della s ituazione militare, vuoi per l'and amento della politica interna (27).

Sempre più accentuato il contenzioso bulgaro-romeno, anche se una serie di co nsiderazioni interne e internazionali fanno ancora credere improbabile all'addetto militare a Sofia, Merrone, un conflitto armato fra i due paesi. Il ricorso alle armi, per risolvere il problema dei compensi territoriali richiesti ai bulgari, va considerato piuttosto una minaccia formale, av anzata in sede ufficiale, e non l'espressione di una reale volontà della Romania, che al contrario non solo non è propensa all'ipotesi di una guerra contro la Bulgaria, ma è disposta addirittura ad allearsi con essa.

(26) 27' divisione nizam della for1.a cli 12 battaglioni, una divisione mista di redif; in Lolale circa 50.000 uomini.

(27) Marro, Costaminopoli 8 febbraio 1913.

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Antonello

A Merrone sembra siano pressioni che l'Austria ese rcita, questa volta in funzione ant ibulgara, s u re Carlo, a determinare una serie di difficoltà aggiuntive che devono ess ere affro ntate dall'apposita Commissione per le trattative nella riunione del 12 febbraio, ritard ando i tempi dell'accordo, nonosta nte il desiderio romeno di risolvere la questione rapidamente (28) .

Mentre si so ttolin eano le ragioni che re ndono improbabile il co nflitto

(28) M e rrone, Sofia 11 e 13 febbraio 1913. «S ili str ia, sita nella regione della Dobrugia bulgara, è costituita da una pianura il cui terreno di tipo argilloso è assolutamente carente di acque superficiali e anche di quelle di fi ltrazione; in tale terreno è infatti diffusa la produzione dei cereali e tutti g l i agricoltori che vi risiedono sono prevalenteme nte di origine mus ulman a. Il va lo re costitu ito dal la città di Silistria è di so lo ordine militare, poiché essa costi tui sce un notevole caposa ldo topografico che consente i passaggi su l Danubio e s ul Mar Nero . La c ittà - che si trova per buona parte in riva al Danubio - funge da trait d'union tra Varna e Sciumla da un lato, e tra Bucarest e Braila dall'altro, inoltre dalle alture della città si dominano svariate aree della costa rome na, cosa che aveva determinato la costruzione nell 'anti c hità di un muro di cinta tutto intorno a lla città (attual men te in stato di completo abbandono).

L'importanza della lin ea Dobrich-Balcik deriva invece da ll o spos tamento della linea di frontiera a occid en te di Silistria sino a Turtukai con il conseguente abbandono bulgaro di importanti centri co mm erc iali tra le due rive danub iane ( rappresentali dall e s te sse città di Dobrich, Balcik e Turtukai). Dobri ch, inoltre, diventerà scalo di una linea ferroviaria che ne aumenterà il ruolo cli fulcro eco nomico del Mar Nero.

La questione inerente le garanzie dell'elemento valacco-macedone può invece riassumersi nella ri chiesta di spec iali autono mi e per le c hi ese e per le sc uole di questi (che dovrebbe ro ascendere a ci rc a 25.000) e ch e q uindi mal s i adatterebbe ro agli usi bulgari.

Da quanto detto, la questio ne realmente spinosa ri sulte rebbe essere quella di Silis tra, ma è bene sottolin eare che il ruolo svo lto dalla città nel quadrilatero bulgaro appare non poc o s minuilo dalla considerevole distanza fra i punti chiav e dello stesso quadrilatero (Km. 110 fra Silistria e Varna, e altre ttanti fra Silistra e Ru sc iuk) cosa che comporterebbe o la costruzione di una nu ova fo rtezza centrale di appoggio bulgara, o l'isolamento di parte delle attuali truppe di quella arca, ferma re sta ndo una com unque in evitabil e dispe rs ion e generale. Lo stesso valore intrinseco della fortezza di Silist.r<1 è fortemente inficiato - co me os se rva il Mollke - dal dominio esercitato dalle circostanti alture di Arab Tabi a e di Meg idi è Tabia,che s i trovano a "mezzo ti ro di cannon e".

Si ritien e pertanto che la determinazione bulgara s u Silistra s ia da addebitarsi a una sorta di se ntimentali s mo e dì mora lità astrall.a, e la cosa sarebbe avvalorata dalla cessione alla Romania de lle alture a sud-ovest. Ben diversa la queslione inere nte la linea di fronti e ra, che, per la conflu e nza di reali e inoppugnabili interessi militari ed eco nomic i, ri s ulta essere il vero e uni co pomo della discord ia».

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L'Italia e le guerre balcaniche

tra la Romania e la Bulgaria, pure si segnalano quegli elementi che potranno fatalmente portare alla realizzazione di una nuova alleanza antibulgara fra i paesi della penisola balcanica, vanificando quella che pure era stata una positiva esperienza ai fini del conseguimento dello Stato nazionale, in funzione anti-turca.

Alle trattative per la soluzione del contenzioso bulgaro-romeno non prende parte il delegato bulgaro Danev, l'assenza del quale viene imputata all'ipotesi di un incontro segreto tra delegati bulgari e turchi per la soluzione dei loro problemi. Dopo l'insediamento del nuovo governo, Costantinopoli aveva proposto alle Potenze la cessione ai bulgari di una parte di Adrianopoli, quella a destra della Marica; aveva però, contestualmente, riaffermato i propri diritti sulla rimanente parte della cittàin quanto in essa erano inclusi i cimiteri e i luoghi di culto -e il mantenimento della sovranità turca sulle isole dell'Egeo per la loro rilevanza strategica e per la loro vicinanza alla costa asiatica. A metà, febbraio, mentre i delegati della Turchia e della Bulgaria tentano di trovare una soluzione incontrandosi segretamente, la pressione su Adrianopoli si alleggerisce, i bombardamenti diventano meno intensi e il governo bulgaro concede ai consoli e alle colonie straniere di uscire dalla città (29).

In effetti, i bulgari non sono soddisfatti della ripresa delle ostilità contro i turchi, dopo la denuncia dell'armistizio da parte del generale Savov il 20 gennaio, anche perché non hanno sufficienti mezzi per prolungare l'assedio; il malcontento è diffuso e i motivi sono molteplici: l'in spiegabile arretramento dell'esercito a C::atalca; il timore che, prolungandosi la guerra, i contadini non riescano a tornare nelle campagne per i lavori di primavera; le eccessive pretese territoriali della Romania, l'alterno andamento del dissidio austro-russo; la grave epidemia di vaiolo nero che si diffonde nel paese.

Più in generale, il disagio bulgaro è motivato anche dal fatto che la probabile vittoria finale non sarebbe solo il risultato della potenza militare della Bulgaria, ma deriverebbe dalla necessaria collaborazione dell'esercito serbo e - dopo la risoluzione della questione della Tracia - dall'appoggio di una parte dell'esercito greco . In conclusione, dopo l'eventuale trattato di pace, la Bulgaria dovrebbe ancora affrontare gravi problemi di politica estera e di politica interna. Sul tappeto, infatti, la questione di Salonicco e quella di Monastir; la grav e situazione econo-

(29) Nel co r so del fcbbrnio 1913 si diffondono voci - false e alimentate dalla propaganda austriaca - circa il concentramento di truppe bulgare e serbe alla frontiera meridionale della Dobrugia (Merrone, Sofia, 22 gennaio 1913, prot. n. 1183).

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mica; la ristrutturazione della parte produttiva del paese. La Bulgaria, paese eminentemente agricolo, a causa della lunga guerra ha infatti perduto circa ottantamila agricoltori, fra morti e inabili per sempre al lavoro; la terra - che già non era densamente abitata - si è ancor più spopolata a causa dell'emigrazione di tutti i musulmani, greci e israeliti; consistente il vuoto che si è creato tra i funzionari e dirigenti d'azienda, professionisti e giovani che si erano formati all'estero. Per riprendersi il paese deve dunque rapidamente rimpiazzare il personale delle amministrazioni e delle aziende, una classe dirigente, insomma, in- grado di imprimere una svolta decisiva alla vita politica, sociale ed economica: "Sono problemi di tutti i popoli giovani e che si ingrandiscono: è vero. Ma sono problemi, non pertanto, che richiedono solidi uomini di Stato"(30).

La ripresa delle ostilità, al di là degli aspetti militari - peraltro non si registrano consistenti successi bulgari-, rende, se possibile, ancor più vischiosa la situazione politica internazionale mentre esplodono all'interno dei paesi impegnati più direttamente nella contesa le inevitabili contraddizioni legate alla frattura che si crea tra chi vuole la pace a qualsiasi costo e chi invece propone fermezza e continuità negli obiettivi da perseguire. Sullo sfondo la crisi economica e finanziaria e la rivalità austro-russa con il suo andamento alterno caratterizzato da momenti di distensione e momenti di accesa conflittualità che vanificano il ruolo che le grandi Potenze potrebbero (e vorrebbero) svolgere nel conflitto in atto tra Bulgaria e Turchia, nel contenzioso bulgaro-romeno e nella definizione dei confini albanesi.

Turchi e bulgari sono esausti sia sul piano delle forze umane che su quello delle risorse finanziarie; la Bulgaria ha compiuto uno sforzo ingente e non ha riportato i successi sperati. Del contenzioso bulgaro-romeno si è detto. Adrianopoli resiste, e se i bulgari non riusciranno a espugnarla, sarà, è necessario ricorrere alla mediazione delle Potenze che in qualche modo dovranno arrivare a una decisione. La questione delle frontiere dell'Albania, alla fine del febbraio 1913, è ancora da risolvere, anche se si va sdrammatizzando, poiché delle cinque località inizialmente oggetto di controversia, ne rimangono in discussione solo tre, delle quali la più importante è naturalmente Scutari, che la Russia si dice disposta a cedere allo Stato albanese se i montenegrini non riescono a conquistarla con le armi (31).

(30) Merronc, Sofia, 14 febbraio 1913.

(31) Bagnani, Londra 23 febbraio 1913 .

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L'Italia e le guerre balcaniche

Il primo marzo alla Turchia non rimane che rimettersi completamente alle Potenze per la conclusione della pace; 1' 11 marzo gli alleati balcanici dichiarano la propria disponibilità a trattare sulla base delle condizioni stabilite a Londra con l'aggiunta di una indennità di guerra: la prosecuzione delle ostilità, infatti, determinando ulteriori sacrifici richiede nuove concessioni.

Il 17 marzo gli ambasciatori a Londra comunicano le condizioni da sottoporre agli Stati balcanici:

1) la frontiera tra la Bulgaria e la Turchia deve e s sere stabilita sulla linea Enos - Erghene - Midia;

2) la Turchia deve rinunciare ai suoi diritti su Creta;

3) le Potenze sono arbitre nella delimitazione dei confini in Albania e nell'assegnazione delle isole;

4) la Turchia non deve pagare alcuna indennità mentre si può discutere la partecipazione degli Stati balcanici ~ù debito pubblico ottomano;

5) in caso di accettazione, immediata sospensione de lle ostilità (32).

L'attesa della mediazione delle grandi Poten z e crea una sosta nelle alterne vicende della vertenza bulgaro- romena; anche se n o n ci si nasconde che se la città di Silistra dovesse rimanere alla Bulgaria si aprirebbe per la Romania una crisi interna dai risultati imprevedibili. Il governo - già instabile a causa dei contrasti interni - non resisterebbe certo all'insuccesso relativo alla perdita dei compensi e verrebbe soppiantato dal partito liberale che, in una riunione tenuta a Bucare st, ha proclamato che la Romania non può rinunciare al minimum delle pretese formulate, cioè a Silistra.

Le Potenze mediatrici non hanno dunque un compito facile, anche perché la disputa si focalizza sull'assegnazione dell'abitato di Silistra che, per la sua configurazione, non si presta a una possibile divisione ,

(32) Exposé

sur la

question d'indemnité de RUerre qui doit étre imposée è la Turquie, Royaume de Bulgaric, Dircction dc la Dette Publique et dc s Dcttes GaranliC$ par l'Ètat, Sofia 1913. Gli alleati balcanici non avrebbero dovuto insistere eccess ivamente sulle indennità di guerra da parte della Turchia - in una s ituazione particolarmente difficile in quel momento - in quanto ampiamente compensati dalle ces sioni territoriali. Per gli alleati al contrario la Turchia doveva l'indennizzo economico dei danni provocati dalla guerra essendo la Turchia l'unica responsabile de l conflitto. Exposé sur la question de la part contributive des Ètats Balkaniques dans la Delle Publique Ottomane (Ibidem). Gli Stati balcanici sono disposti a finanziare una parte del debito pubblico ottomano anche se ancora non se ne conosce l'ammontare. Gli Stati balcanici, in altri termini, per garantire i diritti dei creditori della Turchia sarebbero disposti a coprire i proventi derivanti dai territori che la Turchia dove va cedere.

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essendo racchiuso entro una antica cinta bastionata. D ' altra parte - al di là delle effettive divergenze - la questione è soprattutto di ordine morale, e dunque ancor più difficile da risolvere pacificamente.

Non è del tutto esclusa la possibilità che la Romani.a non aderisca alle decisioni delle Potenze e a tal fine essa continua dispendiosi preparativi militari. D'altra parte - come riferisce l'addetto militare italiano a Bucarest, colonnello Zampolli - l'errore iniziale è stato dei bulgari. Questi, dopo avere ammesso ufficialmente che ai romeni spettava un compenso (in occasione del viaggio di Danev a Bucarest), avrebbero dovuto offrire subito delle concessioni che prevedessero come ultimo limite insuperabile le alture a sud di Silistra, escludendo la città; in tal caso, la questione, verosimilmente, sarebbe stata facilmente risolta. Ritardando e tentando di dare poco, dopo aver riconosciuto in via di principio il buon diritto del governo romeno, hanno determinato quella posizione rigida che vede il possesso di Silistra quale conditio sine qua non, in quanto la opinio ne pubb lica ha finito per farne una questione di prestigio nazionale (33).

Il generale Averescu, capo di Stato Maggiore deJl 'esercito romeno, sostiene che le circosta nze costringeranno la Rom ania a dichiarare guetrn ai bulgari, per evitare la formazione di una grande Bulgaria: e la questione dei compensi potrebbe costituire un pretesto valido per la gu e rra.

Anche se nell'ambito della politica internazionale si pensa che inducendo la Bulgaria a cedere Silistra si possa assicurare la pace, secondo Averescu ciò non è del tutto vero; certo, in tale ipotesi, il governo romeno e il paese tutto non sfiderebbero l'Europa con una guerra ma resterebbe il risentimento dei bulgari, obbligati a cedere Silistra, "che non dimenticherebbero, come i romeni non hanno dimenticato la Bes sara bia e come nessun popolo riesce a dimenticare ciò che gli è sta to tolto con la forza delle arrni e con l'azio ne diplomatica".

La Bulgaria avrebbe come obiettivo dominante della sua politica lariconquista dei territori concessi ai romeni: "meglio per noi - afferma A verescu - affrontarla su bito, non appena abbia concluso la pace con la Turchia ed è dunque in condizioni favorevoli per noi come forse non si presenteranno mai più in avvenire e se riuscissimo vittoriosi non Silistra sol a, ma ben più dovremmo pretendere, poiché esse ndo inevitabile avere contro di noi il sentimento irredentista bulgaro, tanto vale che ciò sia per molto che non per poco".

(33) Zampolli, Bucarest 28 febbraio 1913.

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L '/ talia e le guerre balcaniche

Niente può dunque ristabilire buoni rapporti fra bulgari e romeni, A verescu dichiara apertamente all 'addetto militare italiano che spera nel rifiuto delle Potenze europee in merito a Silistra, affinché il suo paese possa avere una motivazione va l ida per dichiarare guerra alla Bulgaria. Malgrado tale affermazione, Zampolli continua a dubitare delle effettive intenzioni dei romeni ed è propenso a credere che la minaccia della guerra sia un pretesto per rafforzare la richiesta delle concessioni territoriali (34).

Il contrasto fra i due paesi, comunque, continua a essere acceso e quando alla fine di febbraio le Potenze vengono chiamate a dirimere il conflitto, anche in questo caso l'interpretazione che viene data nelle due capitali è differente e contrastante; mentre a Sofia si parla di rimettersi alle decisioni delle grandi Potenze, a Bucarest si accenna solo a una mediazione; in altri termini, il governo romeno accetta senz'altro la mediazione, mentre quello bulgaro è disposto ad accogliere le decisioni, a patto che anche la Romania si sottoponga alla stessa fommla.

Questione non secondaria questa e di difficile soluzione. La Romania infatti, nonostante i toni accesi del suo capo di Stato Maggiore, dovrebbe tendere a una rapida conclusione della vertenza, perché se per un ver s o i bulgari, dopo l'eventuale conclusione del conflitto con la Turchia, possono essere vulnerabili, dall 'altro potrebbero utilizzare sul Danubio i reparti militari impegnati fino a quel momento contro la Turchia. Il governo romeno invece dovrebbe ricorrere alla mobilitazione, al richiamo dei riservisti e alla concentrazione delle truppe , inasprendo un 'opinione pubblica interna già fortemente esasperata.

Quando i Gabinetti della T riplice propongono di concedere Silistra ai romeni e Salon icco ai bulgari, il tentativo fallisce e serve solo a innescare la reazione del ministro greco Tanas, il q uale fa sapere in forma ufficiosa che sebbene a Salonicco siano sta nz iati due reggimenti bulgari, l'organizzazione amm inistrativa e militare della città è in mano ai greci, dunque, in sintesi, che Salonicco è greca (35).

Accanto all'annosa lotta fra bulgari e romeni, nel corso dei mesi marzo-gi ugno 19 13, emergono gli elementi di contrapposizioni tra i dive rsi alleati balca ni ci . I serbi sono intenzionati più che mai a farsi riconoscere dalla Bu l garia il possesso dei territori occupati; il ministro serbo a Sofia esprime il timore che la quadruplice alleanza balcanica possa spaccarsi quando si tratterà di dividere la Macedonia. I serb i, infatti, non

(34) Zampoll i, Buc arest 1 marzo 1913

(35) Merrone, Sofia 6 marzo 1913.

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abbandoneranno né Mona stir né Prilep e un dissidio per il possesso di tali territori non sarebbe senza conseguenze: i bulga1i bloccherebbero lo sbocco di Salonicco ai serbi, che resterebbero privi di accesso s ia s ull'Adri atic o che sull'Egeo, cioè in condizioni peggiori rispetto a quando sulla via di Salonicco dominavano i turchi (i quali, prima della guerra, avevano se mpre consentito il commercio serbo verso l'Egeo). Tutto ciò porterebbe la Serbia ad allearsi con l'Austria e il Montenegro - se Scutari non cade prima del trattato di pace con la Turchia - farebbe altrettanto, agevolando in tal modo il progetto austriaco.

"La matassa, dunque, è quanto mai intrigata" - scrive Merrone da Sofia - il quale co munqu e non crede a un rapido cambio di posizione della Serbia, mentre segnala la possibilità di uno scontro aperto fra i paesi balcanici al momento della pace con il comune nemico turco per la spartizione della Macedonia.

I dissidi, le gelosie, i sospetti fra i popoli della penisola, già noti e di vecchia data, si fanno dunque semp re più profondi e inaspriscono l'atteggiamento bulgaro. La Bulgaria, dopo aver lavorato per trent'anni al solo scopo di p repararsi alla guerra contro la Turchia, e dopo aver acquistato, a costo di enormi sacrifici, la fama di più grande forza militare dell'area balcanica, rischia di vanificare i ri su ltati ottenuti perseguendo la realizzazione della Grande Bulgaria. L'atteggiamento dei bulgari, a poco a poco, si caratterizza per la diffidenza generalizzata, causa non ultima del successivo i so lamento, verso chiunque non approvi la conduzione delle trattative con la Turchia, con la Ro mania, con la Serbia, con la Grecia, per l'orgoglio delle vittorie militari, ampiamente esaltate ( Kirk Kilisse , LU!e Burgas), non affievolite dai parziali insuccessi di Catalca e di Adrianopoli (36).

Intanto i serbi che hanno concluso la guerra nel loro scacchiere aiutano i bulgari ad Adrianopoli e i montenegrini a Scutari, mentre i greci si battono con sempre maggiore successo a Joannina - la cui conqui s ta da parte del principe Costanti no il 7 maggio 1913 , pone fine al conflitto grec o-turco. La caduta di Joannina - che potrebbe incoraggiare nuove pretese da parte degli alleati - avrebbe avuto un'influenza maggiore sulle operazioni negli altri teatri di gue rra se si fosse verificata all'inizio della campagna. I greci, al pari dei serbi, hanno ormai raggiunto i loro obiettivi in terra ferma e potrebbero trasferire tre complete divisioni in Tracia o s ulle coste dell'Asia Minore , ma i bulgari che hanno sempre manifestato una certa riluttanza a utilizzare se rbi o grec i in Tracia e nelle

(36) Mcrronc, Sofia 6 mart:o 1913.

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zone limitrofe, sono restii a chiedere o accettare aiuti dagli alleati (37).

Da parte delle Potenze europee si teme, invece, che la caduta di Joannina incoraggi nuove pretese da parte degli alleati e complichi ulteriormente la questione della delimitazione delle frontiere dell'Albania, portando così al differimento della pacificazione della penisola balcanica.

Il successo dei greci a Joannina, che suscita entuasiasmi e considerazioni di ampia portata, non piace invece ai bulgari, i quali ostentano molta indifferenza nei confronti della vittoria del principe Costantino, sminuendone l'importanza specialmente dal punto di vista militare. Tale atteggiamento è frutto di un'autosuggestione collettiva, che porta i militari a parlare di "un grande Stato Maggiore bulgaro" e li porta a paragonare le proprie battaglie e le proprie marce strategiche a quelle tedesche; nei momenti in cui le operazioni di guerra subiscono uno stallo, ciò li espone alle critiche di chi non approva la forte gelosia bulgara nei riguardi degli alleati e rende inviso a tutti un esercito che vanta soldati di grande livello e che però "la parte dirigente del paese mette in falsa luce per false esagerazioni di superiorità rispetto agli eserciti alleati" (38).

A fronte dell'entusiasmo dell'esercito, la popolazione - dopo gli entusiasmi seguiti alle prime vittorie - è stanca e vuole riprendere le proprie occupazioni; le famiglie che hanno subito lutti sono molte, e non solo a causa della guerra. Le epidemie hanno avuto conseguenze disastrose, anche per l'inadeguatezza dei mezzi logistici e degli ospedali. La miseria è aumentata perché la guerra ha interrotto ogni movimento commerciale, i contadini, occupati nell'esercito, non sono riusciti a effettuare la semina d'autunno (nonostante l'aiuto prestato dai contadini turchi) e, per mancanza di braccia, anche quella di primavera è in pericolo; ogni sorta di beni è stata requisita dall'esercito, soprattutto il

(37) Il colonnello Bagnani, addetto militare a Londra, tende a ridimensionare la forza dell'esercito bulgaro: "ho notato anche in certe conversazioni che il prestigio dcll'cscrcilo bulgaro tenuto qui così allo al principio della campagna, tende ad abbassarsi e da parecchi ho udito esprimere l'opinione che l'esercito serbo ha mostrnlo qual ilà veramente superiori finora sconosciute o meglio non ancor.i giustamente apprezzale in confronto a quelle dell'esercito bulgaro (Londra, 9-I7 marzo 1913).

(38) Opinione diffusa in Sofia è che la villoria di Joannina non è dovuta alla riuscita delle operazioni militari, quanto piuttosto alla raffinata abilità diplomatica della Grecia, a proposito della quale si parla di "diplomazia di metallo prezioso". Si tende, in altri termini a stabilire un ipotetico (e fantasioso) interscambio tra i due paesi: la Grecia avrebbe dovuto studiare l'arte militare dalla Bulgaria, questa l'arte diplomatica dalla Grecia (Merrone, Sofia 9 marzo 1913)

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besti ame che verrà restituito solo in minima parte. La popolazione tutta desidera dunque che la pace venga conclusa al più presto. Dal marzo al giugno 1913 (quando cioè si concludono le trattative di Londra) il governo bu lgaro si precostituisce dei precedenti per sottolineare un suo ruolo preminente rispetto agli altri alleati; cessata la guerra, infatti, enfatizza i danni riportati esagerando in ma n iera eccessiva le perdite subite dall'esercito bu lgaro, al chiaro scopo di mostrare che il contributo della Bulgaria è stato superiore a quello dei greci e dei serbi e che dunque essa ha più diritto di altri ai territori macedoni in contestazione (39), dunque a Salonicco e a Monastir. Ma Salonicco viene rivendicata dai greci che la considerano parte integrante della loro nazione per averla avuta sempre in loro possesso. Monastir è reclamata dai ser_bi che intendono mantenerla malgrado il trattato che attribuisce loro Usktib e Monastir ai bulgari.

La situazione, dunque, non è affatto tranquilla, anche perché l'Austria sembra decisa a sostenere le pretese della Bulgaria (40) e la Bulgaria, entrata in collisione con serbi e greci e non potendosi fidare a questo punto della Russia - che appoggia apertamente la Serbia - e dei governi dell' I ntesa, sul piano politico non può fare altro che legarsi alla T riplice Alleanza, mentre sul piano militare si prepara a un eventuale conflitto in Macedonia (41).

La Romania, dal canto suo, mantiene il contenzioso con i bulgari e continua a insistere per l'ottenimento di una nuova frontiera dettata da necessità mil i tari. Mentre perdurano le trattative in merito, cerca di potenziare il proprio esercito: tratta infatti l'acquisto di quattro cacciatorpediniere dai cantieri navali di Pattison di Napoli e precisa i dettagli tecnici del relativo contratto (42); inserisce nel suo bilancio nuove spese per l'armamento e vara un progetto di legge concernente il completamento della rete ferroviaria che prevede un credito straordinario di 405 .000 .000 lei, per la realizzazione di oltre 1.500 c h ilometri di linee ferrate (43) .

Ancora una volta l'Italia non rimane estranea alle sorti dell'area bai-

(39) Merrone, Sofia 6 apri le 1913.

(40) Idem, So fi a 19 ap ril e 1913.

(41) Idem, Sofia 25 giugno 1913. Si allega il numero dei reggimenti delle nuove divisioni e la dislocazione dell'esercito bulgaro (26 giugno).

(42) Idem, Sofia 5 aprile 1913; 25 aprile 1913.

(43) Da Bucarest un lungo e dettagliato rapporto sull'acquisto di 4 cacciatorpediniere dai Cantieri navali Patti so n di Napoli (Zampolli, Bucares t I O maggio 1913).

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canica; l'addetto militare a Sofia ribadisce quanto ha già profetizzato in passato, quando serbi e bulgari erano ancora insieme ad Adrianopoli e montenegrini e serbi a Scutari: "dopo il trattato di pace dei quattro alleati con la Turchia, la matassa balcanica si aggroviglierà ancor di più". Facile profezia, certo, ma sta di fatto che agli italiani non conviene distogliere gli occhi dai popoli balcanici "che si stendono alla frontiera meridionale dell'Austria" e costituiscono dunque un baluardo antiaustriaco. L'interesse italiano, diretto e indiretto, è quello del mantenimento inalterato della quadmplice balcanica e le tensioni fra bulgari, serbi e greciche sottintendono la lotta fra Austria e Russia - richiamano l'attenzione dell'Italia sull'andamento politico-militare e sulle nuove combinazioni deg li equilibri e dell 'assetto nella penisola.

La questione di Scutari, per esempio, costituisce un ulteriore momento nella contrapposizione fra Russia e Austria- Ungheria: quando Scutari viene ceduta alle grandi Potenze per essere inclusa nel territorio della costituenda Albania, il governo montenegrino manifesta propositi conciliativi al fine di riannodare i fili interrotti con la Russia (più saldamente) e con l'Austria; i due Imperi rivali tentano così di riproporre il vecchio gioco che in passato ha dato loro buoni frutti e cercano di accattivarsi le simpatie del piccolo Montenegro: però "Austria e Russia non si trovano più di fronte a una Turchia moribonda, ma a un differente ordine di cose, che sconvolge interamente le loro rispettive vedute ed aspirazioni''. Esperienze amare, illusioni svanite, vecchi risentimenti e nuovi contrasti hanno mutato il quadro complessivo.

La posizione dell'Italia nei confronti del Montenegro esce tutt'altro che rafforzata: l'atteggiamento favorevole manifestato nei confronti dell 'indipendenza albanese determina l'accusa di tradimento e di appiattimento sulle posizioni austriache. Un atteggiamento questo del Montenegro che non tiene conto, o non vuol considerare, quelli che sono gli autentici obiettivi della politica italiana nei Balcani impegnata in un difficile equilibrio tra l 'affermazione della propria presenza e il contenimento dell 'espansionismo austriaco (44) .

Il rappresentante del Montenegro, Popovié, che si trova a Londra, pe r incarico del suo governo protesta contro la dec i s ione delle Potenze

(44) L 'atteggiamento assunto dal Montenegro v iene severamente denunciato da Me rrone che scrive: " ... È arduo modificare in breve tempo un così fatto giudizio formatosi nella mente del popolo montenegrino poco evoluto, che si pasce di idee semplici a base di ero ismo, ha scarso senno e superficiale pensiero, nulla intende e mol to d iscorre di cose poli tich e " (Sofia 14 giugno 1913).

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dall'altra parte, Ismail Kemal- capo del governo provvisorio albanese - recatosi anch'egli da Parigi nella capitale inglese, reclama contro il "tradimento" che pone il nuovo Stato dell'Albania virtualmente alle dipendenze della Serbia e del Montenegro, con un nuovo tracciato del confine per niente valido dal punto di vista strategico ed economico.

La quadruplice balcanica contro i turchi in realtà ha in parte sconvolto i progetti albanesi e ha alterato il programma balcanico dell'Austria; tramonta qui il sogno della grande Albania, comprensiva dei quattro vilayet macedoni - Scutari , Kossovo, Joannina, Salonicco - e gli ambasciatori a Londra hanno il difficile compito di ritagliare, per l'Albania indipendente, il territorio minimo indispensabile, che è ben al di sotto delle ri chieste avanzate dagli albanesi nazionalisti e delle stesse proposte dell'Austria. Nella situazione internazionale di crisi, la posizione dell'Inghilterra è abbastanza ferma: essa non intende compiere alcuna forzatura, sia perché vuole rimanere estranea, per quanto possibile, a una questione c he non coinvolge i suoi interessi immediati, sia a causa dell'azione svo lta dalla Francia che si adopera per impedire che gl i inglesi ricorrano alle mi su re estreme reclamate da Vienna. Al pari della Francia e della Russia, l' Inghilterra è decisa a far rispettare la volontà delle Potenze riguardo all'evacuazione di Scutari da parte del Montenegro, ritiene tuttavia che tale risult ato si possa consegu ire con un'azione prudente che non inneschi reazioni violente; l'obiettivo è sempre quello di allontanare il pericolo di un temuto e temibile grande conflitto mondiale, che è poi il mede simo obiettivo al quale si è informata la politica del ga binetto liberale in tutto il periodo di agitate relazioni internazionali iniziatosi fin dall'epoca della dichiarazione di guerra alla Turchia da parte dell'Italia (45).

La questione del Montenegro, com unque , costituisce uno dei tanti banchi di prova nelle intricate vicende balcaniche, poiché anche in questo caso l'episodio contingente (la sottrazione di Scutari) diventa momento di allarme e di verifica per le grandi Potenze. L a Russia - che nel corso di tutto il 1913 ha avuto per ogni frontiera un programma di politica estera da svolgere e un obi e ttivo militare da rag g iungere - attua diversi cambiamenti di posizione nei co nfronti degli Stati balcanici: modifica, per esempio, la tradiz ionale benevolenza verso il Montenegro e la

(45) Alla Camera dei Lords fallisce il LenLaLivo di provocare esplicitamenLe una presa di posizione del governo in meriLo all'autonomia albanese. Il governo dichiara che il tempo della discussione non è ancora maturo. È significaLivo che tale linea trovi l'assenso dell'oppos izi one (Bagnani, Londra 1° maggio 19 I 3).

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L'Italia e le guerre balcaniche

Bulgaria quando si delinea l'avvicinamento di questi paesi all'Austria, e accresce, di conseguenza, la sua disponibilità nei riguardi dei serbi, che formano una solida avanguardia slava nei Balcani, nonché potenzia l'amicizia con la Romania. Con la Grecia, invece, la Russia non ha grandi affinità di vedute, ma non può rifiutarle il proprio appoggio per le questioni sul tappeto, cioè l'Albania e le isole dell ' Egeo. Il governo zarista, infatti, è decisamente contrario alla formazione del nuovo Stato albanese, ma non pone ostacoli, poiché lo ritiene un elemento creato artificiosamente che può diventare fonte di future complicazioni per gli interessi della politica asburgica (46).

Per tutto il mese di maggio continuano i problemi fra bulgari, greci e serbi in merito alla divisione del territorio macedone e- dopo il trattato di pace dei quattro alleati con la Turchia, siglato il 30 a Londra - la situazione si complica ulteriormente proprio sulla questione della Macedonia. Peggiora dunque la situazione politica e si preparano concretamente le operazioni militari. Sofia tra la fine di maggio e la prima settimana di giugno disloca quattro divisioni di fanteria nello scacchiere Vidin - Kjustendil, la XI divisione in quella di Serres, mentre la X comincia a partire da Catalca e una divisione di cavalleria si mette in marcia verso la vallata dello Stmma. Con battaglioni di deposito, si costituisce la V armata, che rimane a difesa della capitale, e due divisioni a cavallo sorvegliano le vie di accesso (47).

(46) "Germania e Austria, Turchia e Persia, Cina e Mongolia, Manciuria e Giappone, Stati Uniti e Svezia formano - oltre agli Stati balcanici - un cerchio di frontiere sul quale in ogni settore si presentano problemi, tendenze e aspirazioni che la politica estera imperiale deve continuamente affrontare e, ove possibile, risolvere" (Ropolo, Pietroburgo 17 dicembre 1913).

(47) In merito, per l'aspra contrapposizione tra Bulgaria da una parte e Serbia e Grecia dall'altra, le relazioni dell'addetto militare a Sofia, colonnello Merrone, sono frequentiss i me, quasi giornaliere e circostanziate (14, 15, 16, 18, 20, 22 maggio) No n manca qualche rapporto sulla complessa s ituazione della finanza bulgara, dove in s intesi si evidenziano le gravi difficoltà che il paese deve affrontare anche su questo p iano. La Bulgaria esce dalla guerra contro i turchi già fortemente compromessa nella sua finanza e si prepara alla nuova guerra con gli ex alleati che richiede un nuovo, immane sforzo. Approssimativamente, Merrone calcola (sulla base di notizie e comunicazioni del ministero) la somma spesa in 500 milioni fra riserve di guerra, buoni di requisizione, buoni del tesoro, fondi dati al governo dalla Banca Nazionale (a loro volta provenienti da depositi, Casse d i risparmio, casse pensioni); "con la legge di requisizione il governo ha potuto prendere nella cassa del povero e de l ricco" dice Merrone, il quale rifer isce che dal momento della mobi l itazione tutto si paga con

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Nell'arco della prima settimana di giugno tutti i servizi raggiungono la zona di adunata del potenziale scontro con i greco-serbi, mentre ancora il governo e re Ferdinando cerca no ogni mezzo pacifico per ritardare il conflitto e i partiti di opposizione, al contrario, spingono semp re di più verso la gu erra . Il quadro comp lessi vo è preoccupante, tanto che a Sofia si arriva ad ipotizzare un accordo di buon vicinato con gli ex nemici turchi, in funzione antiserba. A tale scopo il gove rno invia ufficiosamente a Costantinopoli Grigor D. Nacovié, che gode della stima e della considerazione dell'ambiente diplomatico ottomano (48).

La Russia propone una conferenza fra i rappresentanti dei quattro alleati, affinché da questa possa scaturi re - se non un accordo.diretto abbastanza improbabile - almeno la decisione di ricorrere a un arbitrato per risolvere le questioni in contestazione; la sede proposta è Pietroburgo, che non viene approvata dalla Bulgaria, contraria pregiudizialmente all'ingerenza del governo russo intanto perché questo (da quanto si conosce in via ufficio sa), prima di addivenire a un arbitrato, ha intenzione di proporre il disarmo, e poi perché esso mira a delineare una frontiera che - pur lasciando Monastir ai bulgari - assegna quasi metà della Macedonia bulgara alla Serbia.

Sulla base di tali considerazioni proseguono i trasporti di trupp e bulgare per l'adunata contro i greco-serbi; in Bulgaria, all' int erno del paese, si innescano proteste contro il proseguimento della guerra in epoca di lavori agricoli, all'interno dell'esercito si verificano atti di indisciplina e ten sioni . L'esercito, ormai, è stanco, povero nei suoi quadri e male assortito: reparti di nuova costituzione si sono aggiunti ai deboli quadri preesistenti, formati in gran parte da ufficiali di riserva, accentuando differenze e diversità di sentimenti e attitudini. Da parte bulgara, ciò rende impraticabile un'attesa troppo lunga in vista dei complicati accomodamenti diplomatici: o si decide per la guerra o bisogna necessariamente procedere a una rapida smobilitazione (49>.

Mentre opera sul piano militare la Bulgaria intanto rispo nd e alla Serbia in merito alle proposte fatte da questa circa la smobilitazione e la rebuoni di requisizioni per un ammoni.are comp lessivo di circa 120 milioni (Sofia, 30 maggio 1913). Con la pace si conferma la perdila da parte della Turchia dei territori a occidente della linea Enos-Midia, Creta viene assegnata alla Grecia mentre rimangono insoluti i problemi connessi alla cessione delle isole dell'Egeo, i confini meridionali dell'Albania e, sop rauuuo, quelli dei nuovi confini tra gli Stati balcani ci.

(48) Merron e, Sofia 1 giugno 1913.

(49) Merrone, Sofia 4 e 6 giugno 1913.

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visione del trattato di alleanza. Essa dichiara che per appianare la vertenza sulla Macedonia bisogna rimettersi ad un arbitro scelto da entrambi. Quanto alle manovre militari in atto, sos tiene che l'invio di truppe bulgare lungo la frontiera serba non è una risposta alle misure adottate dalla Serbia ma che esso ha solo lo scopo di rassicurare la popolazione: la Bulgaria si dice ancora disposta ad accettare la riduzione simultanea degli effettivi (a un quarto), lasciando solo un corpo di occupazione nei territori macedoni formato da soldati bulgari e serbi in numero eguale che dovranno rimanere fino alla decisione arbitrale (50) (50) Mc rrone, Sofia 16 giugno 1913.

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LA SECONDA GUERRA BALCANICA

E LA PACE DI BUCAREST (10AGOSTO 1913)

La questione della smobilitazione non è questione che attiene solo agli aspetti formali del problema o a quelli di reciproca garanzia e controassicurazione; la vertenza è da collegarsi strettamente a motivazioni giuridiche e politiche. I documenti fondamentali - da questo punto di vista - consistono nel trattato di alleanza tra la Serbia e la Bulgaria, con l'annesso segreto del 29 febbraio 1912 e la convenzione militare del 29 aprile 1912, che determinano i quattro accordi conclusi tra lo Stato Maggiore bulgaro e quello serbo: i diritti e i doveri degli uni verso gli altri, in un tutto unico indissolubile, sono specificati in maniera inequivocabile. E' il governo serbo, per primo, a metterne invece in discussione la validità sostenendo che gli accordi conclusi fra gli Stati Maggiori non sono vincolanti in quanto non siglati dai rispettivi sovrani. Ma è proprio l'articolo 13 della convenzione a stabilire che dopo la stipula i capi di Stato Maggiore delle truppe alleate devono accordarsi sulla ripartizione delle truppe mobilitate, sulla concentrazione alle frontiere e perfino sulla costruzione o riparazione delle strade e delle vie di comunicazione necessarie agli spostamenti delle truppe. Se questa è stata la realtà che ha caratterizzato la prima guerra balcanica, la posizione assunta dai bulgari appare fondata: gli accordi fanno parte in maniera integrante della convenzione militare e la contestazione della loro validità non ha alcun fondamento così come appare infondata la pretesa serba di limitare la validità di tali accordi alla sola ed esclusiva detem1inazione del piano di operazioni. Infatti è sempre l'articolo 13 a stabilire che gli accordi non hanno solo lo scopo di determinare il piano di battaglia ma anche laripartizione e la concentrazione delle truppe mobilitate.

Il governo serbo, considerando come obiettivo della guerra contro la Turchia le operazioni nel Vardar, sostiene che la Bulgaria non ha rispet -

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tato l'obbligo di inviare i centomila uomini previsti. In realtà. il problema è mal posto poiché gli articoli 4 e 13 della convenzione prevedono anche la possibilità, per gli Stati Maggiori, di modificare - con opportuni accordi ad hoc - quanto stabilito in precedenza. E' appunto nei due accordi conclusi il 19 giugno e il 15 settembre 1912 che si è stabilito di eliminare tali obblighi di stretta reciprocità preferendo indicare nella Marica la zona di oper azioni bulgara e nel Vardar que1la serba. Una sola divisione bulgara, la VIT, è - per i primi giorni di opera?:ione - prevista per la cooperazione e dopo la ritirata turca sulla linea Uski.ib - CelesIstip essa è stata utilizzata per rafforzare l'armata della Marica. Così la Serbia, cessata l'esigenza di trattenere le truppe sul Vardar, ha rinforzato quelle bulgare inviando ad Adrianopoli due divisioni con l'ai:tiglieria d'assedio. Quindi sia la Bulgaria che la Serbia hanno adempiuto agli obblighi previsti e la seconda - anche ammettendo in via di ipotesi un impegno maggiore rispetto a quanto convenuto - non ha alcuna motivaz ione per chiedere compensi mag g iori di quelli g ià pattuiti. Come prova de l loro buon diritto i bulgar i ricordano che la Serbia non ha avanzato alcuna richiesta di modifica dei patti quando ha inviato le due divisioni ad Adrianopoli e ri s ulta palesemente falsa anche la pretesa serba di veder riconosciuto, come obiettivo principale della guerra, il fronte del Vardar in quanto solo la conquista della Marica rappresenta l'elemento risolutore del conflitto e dunque della successiva vittoria. Appare infatti scontato che, in caso di guerra, i turchi agiscano in Tracia dove possono fare affidamento sulle poderose fortificazioni colà costruite, mentre il controllo del Mar Egeo da parte della flotta italiana prima e di quella greca poi impedisce loro di inviare le truppe d'Asia in Macedonia. Per questo tutte le forze militari ottomane sono concentrate, durante la mobilitazione e la guerra, in Tracia, cioè sulla Marica, mentre nell a valle del Vardar si trova una sola am1ata senza collegamenti perché tagliata fuori, fin dai primi giorni del conflitto, con la presa di Baba- Esci e Liile-Burgas. Il fatto che il quartier generale serbo abbia richiesto pe r il fronte del Vardar solo trentaduemila soldati bulgari dimostra la consapevolezza della superiore importanza del fronte della Marica e dunque è la Bulgaria ad aver sostenuto il peso maggiore della guerra avendo mobilitato, rispetto ai duecentomila previsti, circa seicentomila uomini.

La Serbia al contrario -e pretestuosamente per i bulgari - chiede come risarcimento per il mancato rispetto degli impegni da parte dei bulgari una parte del territorio conquistato dagli alleati; un'altra parte richiede come compenso ai "sacrifici" sostenuti per favorire la Bulgaria, una parte per riequilibrare territorialmente quanto la Bulgaria acquisisce ad est e, infine, un'altra ancora come compenso del territorio perduto ad ovest comprendente il litorale adriatico.

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Una richiesta, come si vede, di non poco conto e che assolutizza il contenzioso con i bulgari i quali, a loro volta, sostengono che le due divisioni serbe presenti ad Adrianopoli sono state un elemento positivo per tutti gli alleati e dunque non solo per la Bulgaria, così come previsto dal trattato di alleanza che sanciva l'obbligo di aiuto reciproco secondo le necessità del momento. Non solo, in caso di un alleggerimento della pressione sugli ottomani nel settore di Adrianopoli, i serbi avrebbero dovuto considerare l'ipotesi, non tanto remota, di una offensiva turca nella valle del Vardar o intorno a Monastir o a Joannina: in questo caso la Turchia non sarebbe stata vinta tanto facilmente mentre i 68.000 uomini che la Bulgaria non ha inviato nella valle del Vardar sono stati utilizzati insieme agli altri 532.000 per sconfiggere le truppe turche. La Bulgaria ha perduto, tra morti e feriti, 93.000 uomini e la Serbia 25.000, la VII divisione bulgara è stata fondamentale nella battaglia di Kumanovo e l'offensiva verso Salonicco non può essere considerata meno importante del contributo serbo ad Adrianopoli. Di conseguenza la Bulgaria non ammette la revisione del trattato di alleanza e la cessione dei territori non previsti dagli accordi. Le compensazioni circa l'acquisizione di nuovi territori sono, per la Bulgaria, argomenti già definiti nell'articolo 2 dell'annesso segreto al trattato dove si stabilisce che la Serbia riconosce alla Bulgaria i diritti sui territori ad est della catena dei Rodopi e del fiume Struma mentre quest'ultima riconosce alla Serbia il diritto sui territori situati ad ovest del monte Sar.

La Serbia, dunque, non può legittimamente invocare la questione di non aver visto riconosciuta la richiesta di uno sbocco sull'Adriatico in quanto frutto di una manifestazione concorde della volontà delle grandi Potenze e non può, di conseguenza, rivendicare i territori a sud, che pure sarebbero determinanti per il suo sviluppo economico . La stessa Bulgaria, oltre al sacrificio dei suoi combattenti che hanno determinato la vittoria sulle armi ottomane, ha dovuto sacrificare la città di Silistra concessa dalle Potenze europee alla Romania. Da parte bulgara, in conclusione, si tende ad accreditare un atteggiamento improntato alla massima disponibilità nei confronti dell'alleato e si sottolinea il sostegno dato alle richieste serbe di uno sbocco sull'Adriatico pur non esistendo impegni precedenti e pur non costituendo, tale questione, un elemento vitale potendo la Serbia fare affidamento sui porti di Antivari e Dulcigno in possesso del Montenegro,

Del pari è destituita di fondamento la pretesa serba secondo cui i termini dell'alleanza si sarebbero modificati per la presenza di due nuovi alleati; dal punto di vista militare la partecipazione della Grecia e del Montenegro ha favorito la Serbia poiché i due paesi hanno operato contro quelle forze turche dell'ovest già tagliate fuori dalle truppe bulgare

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fin dal dodicesimo giorno dell'apertura de11e ostilità e dunque solo le operazioni delle truppe serbe sul Vardar sono state oltre modo facilitate.

Dal punto di vista territoriale le pretese e le occupazioni di fatto dei greci comprendono sia i luoghi incontestabilmente greci sia i territori appartenenti a quelle regioni alle quali, con l'articolo 2 dell'annesso segreto, la Serbia ha preventivamente rinunciato. Infondate dunque le pretese della Serbia ma anche quelle della Grecia che non ha alcun diritto per intervenire nella spartizione territoriale e nel relativo contenzioso serbo-bulgaro. Per quanto riguarda i luoghi ("passi") occupati dal Montenegro, la Bulgaria ritiene di non dover intervenire in quanto di competenza diretta della Serbia e del Montenegro; spetta dunque ai due governi raggiungere un accordo diretto sulla questione.

Nel contestare le pretese serbe i bulgari aggiungono che è da rigettare l'affermazione serba secondo cui la guerra, dopo le prime trattative aperte a Londra, sia ripresa a causa e per diretta responsabilità della Bulgaria la quale avrebbe trasformato Adrianopoli da obiettivo di operazioni militari a questione territoriale detenninando quel prolungamento della guerra su cui la Serbia fonda le sue richieste per un equo e congruo risarcimento: le trattative si sono interrotte e la guerra è ripresa a causa dei contrastanti interessi delle grandi Potenze che non hanno scelto quale linea politica seguire nei confronti dell ' Impero ottomano e degli Stati balcanici. Non è un mistero che la ripresa delle ostilità in Tracia coincide con la decisione serba di inviare proprie truppe a sostegno del Montenegro per l'occupazione di Scutari cosi come le operazioni dell'esercito greco e di quello montenegrino cessano con la fine delle ostilità in Tracia. La questione di Adrianopoli trova un logico fondamento nell'articolo 2 dell'annesso segreto nel quale si stabilisce che il territorio ad est dei Rodopi e dello Struma, spettante alla Bulgaria , deve anche comprendere Adrianopoli poiché questa città costitùisce un punto strategico vitale della valle della Marica e perciò non poteva rimanere in mano ai turchi: le grandi Potenze, nella nota inviata al governo turco prima della rottura delle trattative, avevano riconosciuto questo assunto.

La Serbia va dunque contro il trattato di alleanza quando' afferma che la zona contestata comprende tutto il territorio tra lo Sar, i Rodopi e il lago di Ochrida, che la questione del territorio conquistato è scissa dal trattato e che le clausole di questo, riferentisi ad esso, sono state violate dalle modificazioni apportate agli impegni contrattuali dall'adesione di nuovi alleati e dalle decisioni della grandi Potenze. Secondo l'articolo 2 del trattato e l'articolo 1 dell'annesso tutti i territori conquistati devono essere considerati sotto l'autorità di ambedue gli alleati e la loro sistemazione deve essere decisa entro tre mesi dalla conclusione della pace.

Secondo questi articoli alla Bulgaria spetterebbero i territori ad est

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dello Struma e dei Rodopi e alla Serbia quelli a nord e a ovest del monte Sar. Sia la Bulgaria che la Serbia si sono impegnate ad accettare per le frontiere l'arbitrato della Russia e dunque non essendo in contestazione l'intera Macedonia ma solo una parte del territorio ad ovest e a nord della frontiera oltre la quale la Serbia si era impegnata a non pretendere nulla le sue pretese cadono automaticamente.

A maggior sostegno di quello che ritengono il loro buon diritto i bulgari ricordano, ove ve ne fosse bisogno, che la Macedonia rappresenta la culla della loro civiltà e il territorio "irredento" per eccellenza; che i bulgari-macedoni hanno sostenuto la parte maggiore della lotta nel corso della dominazione ottomana con un immenso contributo di sangue.

Né si possono dimenticare i sacrifici compiuti dai bulgari della zona di Monastir, soggetta alle truppe serbe; la Bulgaria ha sostenuto il peso n~aggiore della guerra contro la Turchia proprio per liberare la Macedonia.

La Serbia dal canto suo ha ottenuto con estrema facilità le terre del Kosovo e del Sangiaccato di Novi Pazar, ha ottenuto una frontiera comune con il Montenegro e in ta i modo avrà a disposizione due porti sull'Adriatico che sono più che sufficienti ad assicurarle libertà e sviluppo economico.

Infine il governo bulgaro si dichiara pronto a dimostrare che lepretese serbe sono antecedenti alla modificazione dell'alleanza con l'ingresso dei nuovi partners. La Bulgaria è infatti in possesso delle direttive emanate dal presidente e ministro degli Affari Esteri serbo sei mesi dopo la conclusione del trattato (15 settembre 1912) nelle quali si invitano i rappresentanti serbi ad appoggiare l'iniziativa austriaca volta a sollecitare la realizzazione delle autonomie della Vecchia Serbia da parte ottomana. A sei mesi e mezzo dal trattato e venti giorni prima della dichiarazione di guerra, dunque, la .Serbia già operava in maniera difforme da quanto pattuito con la Bulgaria e sancito dal trattato e dai successivi accordi. La Vecchia Serbia, infatti, doveva comprendere tutti i territori ora oggetto di contestazione e dunque la Serbia andava già delineando quella che sarebbe poi stata la sua linea politica, volta ad espandere la sua dominazione in Macedonia ancor prima dei risultati del conflitto.

E' dunque la Serbia che rifiuta di attenersi a quanto stabilito, di far rientrare nella spartizione i nuovi alleati (Grecia e Montenegro), di rimettersi all'arbitrato della Russia (1)

La situazione politica dopo l'accordo faticosamente raggiunto a Lon-

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(1) Merrone, Sofia 21 giugno 1913.

dra rimane dunque estremamente fluida, nessuno dei contendenti inizia la smobilitazione, pure necessaria al fine di garantire i lavori nelle campagne, mentre al contrario tutti intensificano la preparazione militare.

La Bulgaria sfrutta le scarse risorse ancora disponibili nei depositi, abolisce le dispense già concesse, richiama alcune classi anziane e arruo la in massa i contadini macedoni, turchi e greci dei territori di recente occupazione con i quali forma brigate "indipendenti" di volontari. Le divisioni vengono portate a quindici di cui sette su tre brigate e otto su due. E' ovvio che alcune di queste hanno una relativ a valenza dal punto di vista operativo perché formate di elementi giovani con quadri ·ufficiali e sottufficiali decisamente insufficienti; le armate vengono portate a cinque comandate la 11! dal generale Kutincev (composta da circa cinquanta battaglioni con 120 pezzi) e dislocata nella zona di Ferdinandovo-Belogradzik; la 2a dal generale lvanov (con quaranta battaglioni e cento pezzi) dislocata da Dojana a Kavala e Catalca la 3a dal generale Dimitriev prima e dal generale To~ev poi (con quaranta battaglioni e ottanta pezzi) nella zona di Kjustendil, di fronte a Egri Palanka; la 4a dal generale Kovancev (con ottanta battaglioni e du ece ntotrenta pezzi), lungo la linea che separa l'occupazione bulgara da quella serba ad est di Zletovka e Istip; la 5a dal generale ToSev prima e Petrov poi (con quaranta battaglioni e centoventi pezzi) di fronte a Pirot (2).

Ma l'esercito bulgaro, nonostante questi numeri, è ben lontano dai livelli dell'autunno 1912 essendosi troppo logorato nel lungo assedio di Adrianopoli: la fanteria non è riuscita a rimpiazzare appieno i quadri ufficiali e sottufficiali, i materiali sono i fucili di vecchio modello, l'artigleria difetta di traini e muni~oni, i servizi non sono riusciti ad adeguare la loro funzionalità alla nuova consistenza numerica. In sostanza il patrimonio di entusiasmo e di fiducia, accumulato con le vittorie di Kirk Kilisse, Li.ile Burgas e Adrianopoli, finisce per agire negativamerite e si sottovaluta perciò la reale consistenza del nuovo nemico, ex alleato, laddove non si tiene in alcun conto che le forze serbe e quelle greche hanno subito un logoramen to minore nella guerra contro la Turchia.

(2) Merrone, Sofia 9 luglio 1913, Situazione politico-mili tare in Bulgaria; Id., Notizie da Adrianopoli, si sottolinea, in particolare la difficile condizione dei soldati. Ne i suoi rapporti Merrone esplicita con g rande chiarezza il suo atteggiamento filobulgaro. Sui contrasti fra gli alleati balcanici cfr M. Batowski, The failure of the Balkan Alliance of 1912 , in "Balkan Studies", 1966, pp. 111 - 122; L. Panajotov, L'alliance balkanique et la guerre de 1912-1913, in "Bulgarian Historical Review", 198 3, pp 23-38

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La Serbia può contare in quel momento su tre armate: la 1a comandata dal principe Alessandro, la 2a dal generale Stefanovié, la 3a dal generale Bojan Jankovié. Il comando serbo non crea nuove armate ma si limita a rinforzare l'organico di quelle esistenti con reclute istruite durante l'inverno mentre i combattenti, che pure sono stati duramente impegnati in Macedonia e Albania, hanno potuto usufruire di un sufficiente periodo di riposo.

L'esercito greco, comandato da re Costantino, si presenta con le sue dieci divisioni (3) ben inquadrate e ben equipaggiate, grazie agli aiuti francesi, e con motivazioni psicologiche e morali decisamente alte: i successi ottenuti hanno fatto dimenticare il negativo esito della campagna del 1897 (4) e hanno stimolato l'idea di una possibile realizzazione del mito della "Grande Grecia".

(3) Dislocazione delle divisioni dell'esercito greco:

- 7a divisione, fra il golfo di Orfano e il lago Besik;

- 6a divisione, fra il capo di Besik e il lago Langaza;

- 2a divisione, Baldza;

- 1a divisione, Gradobor e alture di Dan Thaba;

- 5a divisione, Bulgarjevo;

- 3a divisione, Kadikoj-Dogandzi;

- 10a divisione , Bohemica e Karasuli

- 4a divisione, e brigata di cavalleria a nord -est di Salonicco;

- sa e 9a divisione, ancora in Epiro e in Macedonia meridionale.

(4) Nel 1896 la soppressione di alcune libertà, già concesse nel 1868, in Creta determina una pesante reazione e uno stato insurrezionale che ha immediate ripercussioni in Grecia. La repressione messa in ano dalle truppe ottomane porta i cristiani dell'isola a proclamare l'annessione alla Grecia ritenendo ormai decaduta la protezione garantita dalle grandi potenze le quali, a loro volta, reagiscono imponendo a re Giorgio I le dimissioni del capo di gabinetto Teodoro Deliyann is e a1 governo ottomano i l ripristino dello Statuto del 1868 : un governatore cristiano, una assemblea popolare, la riorganizzazione della gendarmeria (affidata ad una Commissione internazionale europea), la riforma del sistema fiscale, dell'amministrazione della giustizia e dell'amministrazione finanziaria. Soluzioni del tutto inefficaci a sanare i contrasti e nel 1897, con Deliyannis di nuovo al potere, il colonnello Vassos sbarca a Creta per ufficializzare l'annessione. La campagna si conclude negativamente per la Grecia con la disfatta di Domokos. Incidentalmente è interessante notare che chi trae vantaggio dalla situazione sono i futuri alleati serbi e bulgari i quali ottengono importanti concessioni dalla Sublime Porta in cambio della neutralità: la Serbia la sostituzione del metropolita greco di Oskiib (Skopje) con uno serbo e la Bulgaria la costituzione di tre nuovi vescovadi in Macedonia.

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Delle forze armate romene già si e detto in altre parti del volume. E' sufficiente ricordare che la Romania può disporre in questo momento e in caso di conflitto di cinque corpi d'armata attivi e due divisioni di cavalleria per un totale di quaranta reggimenti di fanteria (trentadue strutturati su tre battaglioni) con quaranta battaglioni di riserva e novantasei battaglioni di milizia; venti reggimenti di cavalleria, venti reggimenti di artiglieria da campagna e due da fortezza discretamente equipaggiati con materiali Krupp a tiro rapido da 75 mm, mod. 1903 e fucili Mannlicher da 6,5 mm, mod. 1893.

La Turchia, che come si vedrà, avrà un ruolo tutto partico'tare nel nuovo conflitto, dispone di cinque corpi d'armata con forza variabile da due a sei divisioni dislocate in gran parte sulle linee di Catalca e nella penisola di Gallipoli.

Il 30 giugno, dunque, i bulgari, che si ritengono sacrificati dalla pace di Londra conclusa da appena un mese, passano all'azione e attaccano decisamente gli avamposti serbi sulla Bregalnica ma il giorno successivo i serbi sviluppano positivamente la loro controffensiva: il 1° luglio i bulgari perdono le posizioni di Drenek e il 3 subiscono su tutto il fronte l'offensiva serba. Il 5 e 6 l'esercito serbo sviluppa il massimo della pressione sui bulgari che resistono a Koterinovo ma perdono le posizioni di Kocana, Cera, Bezikovo e il 7 e 8 sono costretti ad una disastrosa, perché non prevista, ritirata verso est. I serbi, dunque, arrestano l'offensiva bulgara e ottengono il successo nella controffensiva sulla Bregalnica. Il successo, però, è solo parziale perché i serbi ignorano o apprendono con ritardo la notizia della ritirata bulgara. Nel frattempo, il 4 luglio , il generale Radko Dimitriev, stimando impossibile prestare soccorso alle armate del sud, decide di richiamare l'attenzione del nemico in altra zona ordinando una offensiva su Egri Palanka dove i serbi resistono con facilità grazie al consistente lavoro di fortificazione apprestato nella zona. Nei confronti della Grecia, sempre il 30 giugno, i bulgari attaccano a sorpresa e occupano gli avamposti della cresta del Besigh dagh (2a armata) e del Kruza Balkan dominanti la strada da Salonicco a Serres e il corso del basso Vardar; l'estrema destra bulgara si spinge su Makukovo e Kalinova. La controffensiva greca si sviluppa decisamente tra il 1° e il 6 luglio e il parziale successo bulgaro su Krivolac è inficiato dal ripiegamento sulla Bregalnica.

Sul tema dei rapporti tra i paesi balcanici, in quel momento, è interessante la riflessione dell'addetto militare a Costantinopoli - un osservatorio peraltro di tutto rispetto - che sottolinea: " ... fino a ieri, 5 luglio, la situazione nei Balcani oltre ad essere confusa aveva un carattere assai strano. Le armate che si fronteggiavano nella zona contrastata avevano aperto il fuoco da parecchi giorni, vere battaglie preordinate erano

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L'Italia e le guerre balcaniche

state vinte e perdute, migliaia di morti e feriti si contavano da ambo le parti, interi convogli di prigionieri e feriti erano internati a Sofia, Belgrado e Salonicco, le relazioni diplomatiche erano state rotte, eppure con tutto ciò non era ancora stata dichiarata la guerra" (5).

In effetti nessuno dei belligeranti ha fino a quel momento dichiarato ufficialmente la guerra, pur essendo questo atto tassativamente prescritto dalla convenzione dell'Aja, alla qual e pure quei paesi hanno aderito. La causa di tale omissione è da ricercarsi, a giudizio dell'ufficiale italiano, nell'influenza esercitata dalla Russia "la quale avrebbe minacciato dei suoi fulmini quello degli alleati balcanici che avesse osato di rompere per primo la pace". Realisticamente si può ipotizzare che nessuno dei contendenti vuole addossarsi la responsabilità del conflitto e nonostante la gravità degli avvenimenti in Macedonia i gabinetti di Sofia, Belgrado e Atene confidano ancora sull'intervento delle grandi Potenze per risolvere le questioni rimaste insolute a Londra. E' la Bulgaria, di nuovo, a rompere gli indugi e il 5 luglio dichiara fom1almente guerra alla Grecia e alla Serbia: "gli sforzi della diplomazia europea sono stati vani ed ormai il suo compito, arduo assai, si riduce a constatare il fatto compiuto ed a cercare di limitare il più possibile le conseguenze".

In questa prima fase che comprende i primi dieci giorni di luglio la Romania (6), le cui posizioni sono ormai incontrovertibilmente legate a quelle della Serbia e della Grecia, continua a perseguire i suoi fini adottando misure di carattere militare sempre più concrete come la mobilitazione, il piano di adunata alla frontiera sud -occidentale tra Turnu Magurele e Vidin, l'approntamento dei materiali per i ponti che il genio dovrà approntare sul Danubio per sviluppare una marcia verso Sofia prescindendo dal concorso delle truppe serbe. Del resto l'addetto militare italiano, Zampolli, già il 26 maggio ha dichiarato la propria certezza circa la partecipazione romena ad una guerra antibulgara mentre a Bucarest si susseguono le manifestazioni per indurre il governo all'azione.

E da Sofia si ha la conferma che qualche giorno prima della mobili -

(5). Mombelli, Costantinopoli 6 luglio 1913.

(6) Zampolli, Bucaresl 3 luglio 1913, Mobilitazione dell'esercito romeno. Gli addeui militari saranno ammessi a seguire le operazioni e Zampolli scrive al comando neJla speranza di non essere sosliluilo in quel momenlo "che sarebbemi grave disappunto d'amor proprio, mentre spero polere per la conoscenza dell'ambiente e della lingua, rendere migliori servizi di altro ufficiale che giungesse affalto nuovo ad uomini e cose di questo paese" Un'annotazione a margine rivela l'impossibilita di soddisfare Lale richiesta in quanto "bisogna ollempcrare all'ordine del Ministero".

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tazione (3 luglio) re Carol ha comunicato all'imperatore d'Austria di non poter più contenere il movimento determinatosi in larghe fasce della popolazione perché la Romania dichiari guerra alla Bulgaria: solo delle precise e inequivocabili dichiarazioni di quest'ultima circa le zone contese avrebbero potuto impedire l'azione militare e in tal senso si muove il governo asburgico che incarica il suo rappresentante a Sofia di consigliare il governo bulgaro a formulare proposte concrete e credibili non essendo vantaggioso, né dal punto di vista politico, né da quello militare, aprire un nuovo fronte di guerra (7). ·

Secondo la versione maggiormente accreditata la classe dirigente bulgara, influenzata dalla russofilia del presidente del consiglio Danev, tergiversa convinta, come è, della superiorità militar e del proprio esercito: posizione del resto perfettamente condivisa da re Ferdinando . "E' da aggiungere solo che la scelta del russofilo Danev a presidente del consiglio - nel mentre il partito stambulovista ed il partito militare in Bulgaria avevano così profondamente lavorato sull'opinione pubblica ed avevano quindi avuto il successo per fare la guerra contro gli alleatifu troppo, forse, fine politica del re Ferdinando ... " il quale con quella designazione vuole dimostrare alla Russia che anche "il più profondo russofilo" non può non seguire altra politica che quella in atto; è la Russia, dunque, che deve cedere immediatamente ai desideri della Bulgaria contro quelli della Serbia se vuole impedire l'aliean za di questa con l'Austria. Ma Danev non è all'altezza della sottile linea che re Ferdinando ha scelto ed ora che l'esercito bulgaro ha conosciuto i primi insuccessi - "non irreparabili, certo, ma fastidiosissimi per lo sciovinismo e l'alterigia che i bulgari avevano acquistato" - è tecnicamente impossibile che la Russia possa modificare le proprie decisioni; l'Austria è decisamente cauta nell'appoggiare le rivendicazioni bulgare e il partito stambulovista e quello militare riprendono corpo opponendosi in quel momento a qualunque accordo pacifico, anche all'ipotesi di un armistizio e vogliono continuare la guerra a oltranza (8) .

La Romania, dunque, il 10 luglio dichiara guerra alla Bulgaria ed è lo stesso principe Ghica - ambasciatore romeno a Sofia - a comunicare al rappresentante italiano, Cucchi di Boasso, di aver consegnato al presidente Danev la nota del suo governo circa il passaggio della frontiera da parte dell 'esercito romeno mentre l'addetto militare romeno, maggiore Dobija, in un colloquio confidenziale con Merrone sottolinea che

(7) Merrone, Sofia 6 luglio 1913.

(8) Merrone, Sofia 9 luglio 1913 .

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la decisione romena è stata determinata dalla notizia diffusa a Sofia circa la richiesta di un armistizio ai serbi. La Legazione romena prevede e organizza la propria partenza per Bucarest per il giorno 11 e affida a quella italiana la cura dei propri interessi.

La notizia, come è inevitabile, si sparge per la città e "l'abbattimento fu grandissimo" anche perché collegata a quella della fine della resistenza sullo Struma che proprio il 1O i bulgari sono costretti a ripassare sotto l'incalzante pressione dell'offensiva greca.

I provvedimenti del governo bulgaro non sono certo di grande rilevanza: anche gli inabili vengono richiamati alle armi mentre sul piano politico riprende consistenza il memorandum presentato dai tre capi dell'opposizione (Tontev, Genadiev e Radoslavov) a re Ferdinando circa la necessità di avvicinarsi all'Austria e alla Triplice Alleanza (9).

In buona sostanza l'intervento dell'esercito romeno annunciato per mesi si realizza nel momento più sfavorevole per i bulgari, e non può essere altrimenti. Esso si realizza tatticamente con la divisione delle forze su due linee d'azione: il V corpo d'armata e una divisione di riserva viene incaricata delle operazioni secondarie mentre il resto dell'esercito, quattro corpi d'armata , due divisioni di cavalleria e due di riserva, deve puntare su Sofia.

Le notizie che provengono dalla capitale bulgara non sono certo confortanti: Danev prende atto del passaggio delle frontiere da parte dell'esercito romeno e degli insuccessi contro i serbi e i greci e dichiara di accettare la mediazione russa: il territorio bulgaro non è più difeso ed è impossibile organizzare qualsiasi controffensiva contro la Romania. Frattanto il generale Savov è richiesto per il comando delle truppe che devono fronteggiare i turchi e il generale Vasov viene nominato ministro della Guerra in sostituzione di Kovatev: una girandola di sostituzioni, insomma, che indica lo stato di disagio che il governo bulgaro sta attra-

(9) Merrone, Sofia, 10 luglio 1913, per il quale Vienna (e Pietroburgo) non potrebbero intervenire a cuor leggero nel conflitto: "Ultimamente nella penisola balcanica, con le amare esperienze fatte, delusioni provate, illusioni svanite, nuovi risentimenti e contrasti nati, Austria e Russia non si trovano più di fronte ad una Turchia moribonda ma ad un differente ordine di cose che sconvolge interamente le loro rispcuive vedute e aspirazioni. Ciò che seguirà da tale profondo cambiamento non è prevedibile, ma si può presumere che un naturale spostamento di interessi politici condurrà a nuovi orientamenti fra gli Stati balcanici, e che la politica cosiddetta delle bascule sarà per ciascuno di loro la peggiore" .

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versando (10). Il V corpo d'armata romeno avanza su due colonne, una per Turtukai (Tutrakan) e l'altra su Dobritc e Balcik, dove giungono il 13 mentre nel pomeriggio il 5° reggimento ussari entra in Silistra e la 2a divisione di riserva inves te, come diversivo, Vidin.

La situazione della Bulgaria è dunque molto grave: i partiti dell'opposizione lavorano attivamente promuovendo una campagna che investe la credibilità del presidente del consiglio, Danev; l'opinione pubblica è esasperata dagli scacchi continui subiti dall'esercito e per le gravi perdite in uomini e materiali; si diffondono voci circa ribellioni in atto da "parte dei soldati contro gli ufficiali; si addebita la responsabilità degli avvenimenti alla politica del re e ... si teme ancora più per quando ritornerà l'esercito dalle front iere!".

Anche se la Bulgaria ha accettato la mediazione russa , una richiesta d'armistizio si presenta comunque difficile e laboriosa. La Serbia condiziona l'accettazione di un tale atto a quella della Grecia la quale ha dichiarato di aderire solo se riceverà come contropartita il terri torio intorno a Salonicco e la città di Serres. La Russia propone allora la linea Vardar

- Istip - Kocana come frontiera ovest della Bulgaria e il territorio di Salonic co fino a Serres alla Grecia. il governo bulgaro , a questo punto, concorda con la Russia sulle cessioni territoriali e sulla necessità di concedere alla Romania la linea Tutrakan - Balcik (11 ).

E non potrebbe essere altrimenti. Il 14 luglio i rom e ni gettano sul Danubio, a Corabia, un ponte che permette il tran sito di materiali pesanti; la 1a divisione di cavalleria e il 5° battaglione cacciatori (generale Bogolan) si spinge su Ferdinandovo e costringe il generale Kutincev, attaccato di fronte dai serbi e a tergo dai romeni , a rip iegare su Sofia per la strada Ferdinandovo - Klisura, mentre la sua retroguardia si arrende.

Il 17 e 18 luglio i greci riparano il ponte sullo Struma e attaccano , il 19, Nevrokop: i bulgari sono battuti, perdono l'artiglieria e non possono ulteriormente resistere nella valle de l Mesta. Solo a Kresna, dov e i bulgari hanno radunato forze, si registra una certa resistenza e per un paio di giorni i greci subiscono rilevanti perdite. Il 26 i greci sferrano l'attacco decisivo con un previdente uso dell'artiglieria ma l'inazione serba permette ai bulgari di spostare ulteriori forze e il 27-28 luglio i greci devono arrestare la loro azione. Il comportamento serbo si spiega

(10) Merrone, Sofia 12 luglio 1913.

(l l) Merrone , Sofia 14 luglio 1913. Nel paese si sviluppa una feroce campagna contro Dan ev, mentre diffuso è il malcontento in Adrianopol i (Id., Sofia 15 luglio 1913) .

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con il fatto che, dopo una prima parte di offensiva positiva da parte dei bulgari sulle frontiere della Vecchia Serbia (Pirot, Zajekar, NiS), questi il 18 iniziano il ripiegamento, il 20 abbandonano Pirot e il 22 escono definitivamente dal territorio serbo. I serbi, nello sviluppo della loro offensiva, si spingono su Vidin e Belogradzik e realizzano il 22 il collegamento con i romeni.

La situazione bulgara, alla fine di luglio, è talmente critica che all'atto della firma dell'armistizio (31 luglio) la 2ll divisione di cavalleria romena è a quaranta chilometri da Filippopoli. La Bulgaria e così costretta arinunciare anche a quei minimi vantaggi che stava conseguendo nella seconda fase della battaglia di Simitli , a nord della gola di Kresna, contro i greci (12).

L'offensiva turca si sviluppa autonomamente anche se contestualmente a quella degli altri paesi balcanici. In altri termini, e paradossalmente, la politica bulgara, al di là dei torti e delle ragioni, della fondatezza o meno dei propri presupposti, riesce a coalizzare contro di sé tutte le forze che in qualche maniera agiscono nella penisola balcanica e avvantaggia la posizione dell'Impero ottomano. Questo, infatti, che alla fine della prima guerra balcanica sembra destinato a scomparire dall'Europa o a conservare giusto Costantinopoli per l'intervento autorevole delle Potenze, si trova, a pochi mesi di distanza, avvantaggiato da quella tecnica dilatoria che ha tirato a lungo le trattative al fine di far esp lod ere quelle contraddizioni intrinseche alla politica estera e alle aspettative di ciascuno dei paesi che si erano alleati e che sono giunti ad un passo dal far cessare la secolare dominazione ottomana sulla penisola balcanica. Il sentimento nazionale, in conclusione, trasformatosi in nazionalismo - in virtù anche del non disinteressato atteggiamento di alcune potenze come l'Austria e la Russia - ha prodotto i suoi effetti negativi vanificando quell'alleanza perseguita e realizz ata attraverso mille e mille difficoltà e che ha dimostrato di poter funzionare.

Il 12 luglio dunque inizia il movimento dell'esercito turco che entra in campagna con la motiva zione formale di liberare i territori assegnati dal patto di Londra e ancora indebitamente occupati dai bulgari. L'avan-

(12) Ferigo, Bucarest 25 luglio 1913. Resoconto di un viaggio sul Danubio organizzalo dal governo romeno per gli addetti militari stranieri allo scopo di mostrare i ponti in costrulione da parte dei romeni. Il viaggio fornisce l'occasione per una dcttagl iat.a descrizione del materiale tecnico utilizzato, del morale delle truppe e la loro dis locaz ion e . Id., Bucarest 4 agosto 1913. Resoconto di un viaggio in Dobrugia meridionale. Osservazioni sulla situazione romena durante l'armistizio.

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zata non incontra ostacoli, il 14 luglio viene occupata Muradli, Lille Burgas il 15, il 19 le punte avanzate delle divisioni ottomane giungono a Kirk Kilisse e un distaccamento di fanteria, guidato da Enver bey, con una memorabile marcia forzata di ottanta chilometri al giorno, il 22 entra in Adrianopoli, insieme alla divisione di cavalleria di Ibrahim bey.

Intanto si diffonde la notizia che le truppe ottomane si muovono per rioccupare Adrianopoli dove l'impatto psicologico è fortissimo; le autorità civili abbandonano il loro posto, quelle militari si rendono irreperibili; la fuga è generale; chiudono tutti gli uffici e i negozi, la città si svuota, la gente comincia ad affluire nei consolati e negli istituti religiosi (circa duecento persone si rifugiano nel consolato italiano). Dopo qualche giorno, si formano pattuglie di volontari bulgari, organizzate dal capo della polizia, che cercano di rassicurare la popolazione diffondendo l'improbabile notizia circa un intervento delle Potenze per òttenere il ritiro dei turchi.

Forse per la prima volta nella storia - dice il console ad Adrianopoli Raguzzi al ministro degli Esteri italiano - l'esercito ottomano viene accolto dalla popolazione cristiana di una città con sincero entusiasmo; i quattro mesi di malgoverno bulgaro, "la condotta tartara dell'esercito durante la occupazione, l'incuria assoluta dei pubblici servizi, il disordine, la rapacità e la corruzione dei funzionari bulgari, sono state tutte ragioni sufficienti per far desiderare il ritorno dell'antico regime".

Nei tre giorni che precedono l'arrivo delle truppe ottomane, la città è presa dal panico per la paura di probabili eccessi da parte dei bulgari costretti ad abbandonarla; essi, infatti, minacciano di incendiare, prima della partenza, i depositi di cereali, di foraggio e di appiccare il fuoco alla stazione, distruggendola completamente.

L'espediente serve in qualche modo a calmare l'atmosfera, pubblici banditori ordinano la riapertura dei negozi sotto la pena di ammende, si riapre l'ufficio del telegrafo, la stazione viene rioccupata dai soldati, mentre un reggimento attraversa la città a suon di musica e le autorità bulgare sostengono che la voce di un prossimo attacco ottomano è solo frutto di fantasia. Ma il 22 lug lio le truppe turche arrivano ad Adrianopoli e si proclama lo stato d'assedio.

Le truppe turche si attestano allora sulle vecchie frontiere che prudentemente non oltrepassano. Il 19 luglio gli ambasciatori a Costantinopoli protestano per la violazione dei patti di Londra ma abilmente il Gran Visir replica che esso è avvenuto per porre fine ai massacri perpetrati dai bulgari i quali nel loro periodo di dominazione in Adrianopoli non hanno certo brillato per lungimiranza imponendo alla popolazione continu i inasprimenti fiscali e, spesso, inutili costrizioni e limitazioni alla libertà di commercio.

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Non solo, la Turchia non ha formalmente firmato la pace con la Bulgaria e non ha in definitiva alcun obbligo di non intervento e la guerra scoppiata tra gli ex alleati fornisce all'Impero ottomano una occasione irripetibile per tutelare i propri interessi e recuperare, almeno in parte, quanto perduto nella recente guerra. Per la Bulgaria si prospetta dunque "la spaventosa probabilità di veder crollare d'un tratto l'edifizio eretto con tanti sacrifizii e tante fatiche. In tal caso soltanto l'energico intervento delle grandi Potenze potrà salvarla da cosi grave pericolo, ma anche in tal caso essa dovrà pagare assai caro il fio della sua cupidigia e in transigenza" (13) .

L a Bulgaria, a giudizio di Mombelli, ha commesso un grave errore nel sottovalutare l'efficienza dell'esercito ottomano: le armate di Bulair e Catalca hanno infatti una consistenza di cinquantamila- settantamila uomini la prima e di centocinquanta-centosettantamila la seconda, rinnovate con reclute e rinforzi e ufficiali, giunti dall'Albania mentre il miraggio della riscos sa "... farà tacere ogni dissenso e riunirà tutti in un solo pensiero: quello di riconquistare le terre perdute e ridonare alle storiche armi ottomane il loro antico prestigio".

La riconquista di Adrianopoli galvanizza l'opi nione pubblica ottomana la quale "abilmente guidata dalla stampa, incomincia a vedere nel contegno ostile dell 'Europa verso i turchi non soltanto un atto di solenne ingiustizia e una minaccia contro l'avvenire dell' Impero, ma anche una sorda lotta del cristianesimo contro l'islamismo, e se tale opinione trova conferma in atti coercitivi delle grandi Potenze, non è da escludersi che il fanatismo musulmano, spinto alla disperazione, prenda il sopravvento e si abbandoni a rappresaglie contro gli europei che vivono in Turchia".

Il 1° agosto ha inizio la conferenza di Bucaresl, nella quale il terna centrale è costituito dalla discussione sulla nuova frontiera serbo-grecobulgara. La differenza fra le richieste dei serbo-greci e le proposte dei bulgari è considerevole (14), tanto che la definizione della vertenza

(13) Mombelli, Costantinopoli 20 luglio 1913.

(14) I delegati serbo-greci chiedono che la f1onliera inizi dall'antico confine turcobulgaro sullo Struma e, seguendo il cor30 del fiume, arrivi fino al mare Egeo a tre chilometri da Makri. Propongono inoltre che la Bulgaria rinunci alle sue pretese sulle isole egee; che conceda un'indennità agli abitanti della zona contesu1ta; che garantisca la loro libertà di culto e di istruzione nei comuni greci della Tracia.

I bulgari, di contro, propongono che la frontiera, cominciando dall'antico confine serbo-bulgaro, scenda lungo Kumanovo-Velcs-I~tip arrivando quasi fino a Monastir e da lì, per Moglen -Gergeli-Kucoc, ar1ivi a est di Scrrcs e seguendo lo Struma scenda al golfo di Orfano (Merrone, Sofia, IO agosto I 913).

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viene attribuita alla Conferenza nel suo insieme, la quale traccia una linea di confine che pressapoco si può considerare a metà fra le richieste dei contendenti ; il 10 agosto si conclude così l'accordo fra il re di Bulgaria da una parte e i sovrani di Grecia, Montenegro, Romania e Serbia dall'altra.

Il trattato di pace, comprendente dieci articoli, in conclusione stabilisce che la frontiera romeno-bulgara partirà dal Danubio per arrivare al Mar Nero a sud di Ekrenè; quella serbo -bulgara, partendo dall'antico confine della montagna di Patarica seguirà la vecchia frontiera turcobulgara e la linea di divisione fra le acque del Vardar e dello S truma (ad eccezione dell'alta valle della Strumica) e arriverà alla montagna di Belasica, dove si ricongiungerà alla frontiera bulgaro-greca; il confine greco-bulgaro partirà da quello bulgaro-serbo sulla cresta della Belasica e sboccherà alla foce della Mesta sul Mare Egeo. Per i bulgari la sconfitta subita è dura, sia per le perdite militari e per la sottrazione di una fascia del proprio territorio a favore degli ex -alleati, sia per le conseguenze che si verificano sul piano dei suoi equilibri interni e internazionali.

La Bulgaria, che dopo la perdita di Stambolov aveva affidato l'intera poli tic a estera al sovrano, gli rimprovera ora la linea seguita e attribuisce la triste condizione postbellica "all'oscillante, obliqua e troppo complessa azione personale di re Ferdinando, ritenuto troppo russofilo dall'Austria". Con la ripresa di un nuovo programma politico centrato tutto sul tentativo di far rientrare il paese nell'orbita austriaca, però, si corre il pericolo di dover allontanare il sovrano ormai inviso all'Austria e rischiare dunque un'ulteriore destabilizzazione dell'equilibrio interno del paese, dove il nuovo governo capeggiato dal liberale Radoslavov, successo a Danev, non gode di un consenso molto ampio. Esso, infa tti, è sostenuto dai contadini, dai commercianti e dai numerosi ma cedoni che si trovano in Bulgaria, ma non gode dell'appoggio della burocrazia provinciale e comunale legata ai partiti del precedente ministero e trova così grandi difficoltà nell'affrontare le nuove elezioni: da una parte l' opposizione interna lo accusa di avere ceduto troppo nelle trattative di Bucarest, dall'altra, la massa di contadini -p roprietari che costituiscono in prevalenza la maggior parte della popolazione, è stanca di dieci anni di guerra che hanno causato la perdita dei raccolti e la privazione di centomila giovani fra morti e inabili. Questa massa di contadini, che ha dato tutte le sue risorse umane, finanziarie ed economiche, ha bisogno di tornare al lavoro e per fare ciò pretende dal governo i mezzi per poter riprendere la produzione, cioè chiede il pagamento dei buoni di requisizione rilasciati dal governo per finanziare la guerra».

La situazione bulgara, dunque, non è facile - come del resto accade in ogni paese che esce sconfitto da una guerra - e d'altronde non è

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L'Italia e le gue"e balcaniche possibile neanche attuare una piena riconversione e passare rapidamente a una economia di pace. La Bulgaria non può attuare una completa e immediata smobilitazione, perché deve assegnare i reparti alla nuova frontiera e, almeno fino alla risoluzione del conflitto con la Turchia, deve mantenere le truppe sufficienti a copertura della vecchia, fra Adrianopoli e il Mare Egeo; circa centomila soldati (almeno cinque classi) sono ancora costretti a restare sotto le armi e non possono tornare alla produzione agricola, insieme a molti ufficiali di riserva, indispensabili a completare l'esercito attivo ormai insufficiente. Sono tutti motivi di preoccupazione e di allarme sociale, che certamente aggravano i problemi di fondo che il governo deve affrontare, quelli relativi alla finanza pubblica. La Bulgaria esce da due guerre con un nuovo debito di circa un miliardo di lire, deve procurarsi le somme da rimettere in circolazione e dunque deve ritirare i buoni del tesoro e consentire alla popolazione soprattutto rurale, di riprendere la produzione (15).

Un'annotazione particolare meritano le numerose relazioni degli osservatori che cercano di stabilire le modalità attraverso le quali si è determinata la pesante sconfitta bulgara che risulta essere una fatale sommatoria di errori politici ma anche di errori non irrilevanti di carattere militare. I bulgari infatti potevano legittimamente considerarsi più forti dei serbi e dei greci ma non avrebbero dovuto sottovalutare la minaccia rappresentata dall'esercito romeno sia oggettivamente sia perché entrando in campagna avrebbe completato l'accerchiamento fatale per la Bulgaria. La Romania, del resto, non poteva rimanere insensibile ai problemi dell'equilibrio balcanico. Del tutto inspiegabile appare, all ' analisi degli esperti, la conduzione delle operazioni. Il comando bulgaro inizia il conflitto operando con uno schieramento a "cordone" del tutto inadatto a separare le forze avversarie: l'unico tentativo che viene posto in essere è sul punto di congiunzione dei due eserciti (serbo e greco) mentre la separazione poteva essere ottenuta con maggiore facilità puntando direttamente sulla Vecchia Serbia e dunque sulla linea dicomunicazione delle armate serbe ottenendo così il vantaggio di combattere su un terreno non preparato dal nemico.

(15) Merrone, Sofia, 10 agosto 1913, Trattato di pace di Bucarest, e Sofia, 12 agosto, Ferigo, Bucarest 12 agosto 1913; l'addetto militare Luciano Ferigo riferisce che sia la stampa che le autorità romene sono molto soddisfatte per l'influenza esercitata dalla Romania nel raggiungimento della pace; esiste però il timore che le grandi Potenze si riservino di rivedere il trattato, vanificando il ruolo che la Romania aveva avuto nella soluzione delle questioni balcaniche.

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A l tro macroscopico errore che viene rilevato è l 'estensione dell'offensiva bulgara su un fronte molto vasto, in direzioni divergenti, e il persistere in essa anche dopo i primi insuccessi. Invece la natura montuosa del terreno avrebbe dovuto suggerire attacchi concentrati su alcuni punti strategicamente importanti per controllare l'intera linea.

E' comunque nell'elemento umano, nell'eccessivo sforzo richiesto ai soldati, nell'uso non sempre accorto delle risorse e nell'errata valutazione delle forze avversarie che si rinviene la spiegazione della situazione bulgara (16).

Paradossalmente chi trae il ma ssi mo vantaggio dalla situazione è la Turchia la quale non ottempera alle disposizioni relative ad Adrianopoli, contenute nel Trattato di Londra. A proposito della frontiera turco-bulgara, le Potenze europee riconoscono la necessità di rettificare la linea Enos - Midia con la speranza che il governo ottomano finisca con l'accettare la linea dell'Ergene, ritenuta sufficiente a garantire la difesa di Costantinopoli. In effetti, commenta Mombelli, tale linea presenta tutte le caratteristiche di difendibilità essendo costituita per i 4/5 della sua l unghezza da due corsi d'acqua (bassa Marica ed Ergene) e allacciata al Ma r Nero dalla regione collinosa del Kara Tepe. Tale linea può facilmente esse re rinforzata con poca spesa attraverso difese artificiali. Se q uesti sono i vantaggi esistono pure, a giudizio dell'ufficiale italiano, degl i inconvenienti assai gravi . La linea di frontiera di uno Stato, per esse re valida, deve rispondere non solo a criteri difensivi ma deve anche "offrire a tergo spazio adatto e sufficiente per la sicura e calma radunata delle truppe e dinnanzi una zona di terreno che non permetta al nemico di concentrare grandi mezzi offensivi in prossimità del confine e presenti anzi ostacoli alla sua avan zat a. Ora la linea dell'Ergene ·soddisfa a tali condizioni pe r la Bulgaria ma assolutamente no per la Turchia".

Le considerazioni esposte giustificano ampiamente la posizione di rifiuto della Sublime Porta: "le grandi Potenze che tanto si sono affaticate per conservare alla Tu rchia un lembo di territorio in Europa, con lo scopo evidente di lasciare nelle sue mani, quasi come pegno di equilibrio europeo, il porto di Costantinopoli e gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, non possono ora non riconoscere la necessità assoluta che tale pegno venga conve nientemente garantito contro le eventuali minacce del turbolento vicino o le mire di qualche Potenza particolarmente interessata". Era perciò auspicabile che l'Europa riconoscesse alla Turchia

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(16) Merrone, So fi a 2 agosto 1913; Id., 10 agosto 1913: Situazione politico -militare i n Bulgaria. Al tri part icolari nei dispacci de l 12 agosto.

l'Italia e le guerre balcaniche

invece della mal sicura frontiera dell'Ergene quella più difendibile della Marica: "Così facendo sembra che le grandi Potenze compirebbero non soltanto un atto di giustizia, ma provvederebbero meglio che in qualunque altro modo a liquidare la questione turco -bulgara con garanzia di equilibrio europeo e di pace duratura". Un'apposita Commissione arbitrale venne infatti costituita con rappresentanti delle sei Potenze (Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria -Ungheria, Italia).

La situazione politico-militare della Turchia rimane stazionaria in attesa che le grandi Potenze trovino modo di risolvere la grave questione di Adrianopoli rioccupata dall'esercito ottomano (17). Ad un primo periodo di speranza e di entusiasmo, nella previsione che la diplomazia europea avrebbe accettato il fatto compiuto, subentra un periodo di disillusione. La rioccupazione di Adrianopoli è stata sfavorevolmente accolta dalle grandi Potenze europee: decisamente ostile la Russia mentre da più parti si afferma che la Turchia meglio avrebbe fatto a rispettare il trattato di Londra. Sembrano quindi profilarsi, da parte europea, misure coercitive contro la Turchia. Questa però si e preparata ad una siffatta situazione rinforzando le sue armate, predisponendo fortificazioni e preparando un piano di operazioni per la difesa dei territori rioccupati. In pratica il governo ottomano si aspetta la ripresa della guerra: "non la temeva, anzi quasi la desiderava. Il suo esercito riordinato, forte, animato da spirito offensivo, sostenuto dalla nazione avrebbe compiuto miracoli. Un'azione energica, rapida, vittoriosa avrebbe risollevato in pochi giorni il prestigio delle armi ottomane e le sorti dell'Impero".

Questa speranza è tuttavia destinata a rimanere tale in quanto le Potenze europee non hanno posto in essere alcuna misura concreta. Del resto, commenta Mombelli, se si fosse attuato un rigoroso blocco finanziario verso la Turchia questa si sarebbe trovata sicuramente in difficoltà ma le conseguenze politico-economiche più gravi le avrebbe subite proprio Europa.

La forte armata organizzata dai turchi si trova quindi in una posizione di stallo aggravando però le condizioni finanziarie dell'Impero. Questa forse è la sottintesa speranza delle Potenze europee. Ma recenti fatti, quali l'iniziata smobilitazione in Bulgaria, permettono al governo ottomano di rallentare la preparazione e quindi anche la spesa (18).

(17) Mombelli, CostanLinopoli 11 agosLo 1913, prot. n. 140; Id., Costantinopoli 14 agosto 1913, prot. n. 142; Mombelli a Garroni, ambasciaLorc d'Italia in Turchia, Costantinopoli 14 agosto 1913, prot. n. 141.

(18) Mombclli, Costantinopoli 20 agosto 1913; prot. N. 148.

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Mentre la situazione militare si presenta stazionaria quella politica presenta un certo dinamismo, soprattutto dopo la decisione del governo di Sofia di entrare in trattative dirette con la Sublime Porta. La decisione viene accolta positivamente anche a Costantinopoli avendo ambedue i governi interesse a liquidare quanto prima le questioni controverse. La Turchia si trova, in quel momento, avvantaggiata dalla consapevolezza che la Russia non intende intervenire per la questione di Adrianopoli mentre la Francia non intende compromettere i suoi interessi in Asia con un rigoroso blocco finanziario; è perciò logico che la Turchia insista più che mai sulla frontiera Marica-Adrianopoli.

La Bulgaria domanda invece che la nuova frontiera si tenga a dieci chilometri dalla sponda sinistra del fiume per garantirsi , la protezione della ferrovia che corre lungo la sponda destra e la possibilità di navigare liberamente il fiume. Chiede inoltre che della città di Adrianopoli rimanga alla Turchia solo la parte situata sulla sponda sinistra della Marica e che dopo Adrianopoli la frontiera scenda obliquamente a Midia lasciando Kirk Kilisse alla Bulgaria.

Posizioni distanti e, a giudizio dell'ufficiale italiano, inaccettabili per la Turchia: la Marica a sud di Dimotika costituisce una linea di confine naturalmente forte perché la Turchia possa rinunciarvi e se è vero che la ferrovia bulgara rimane in questo modo esposta, ciò non giustifica la rinuncia ottomana. Quanto poi alla navigabilità del fiume, il Mombelli si dice certo che la Turchia non mancherà di fare alla Bul garia tutte quelle concessioni necessarie a renderla possibile.

Inoltre la Bulgaria avrebbe dovuto abbandonare ogni pretesa su Adrianopoli sia come città che come piazzaforte. Tuttavia la Turchia spinge troppo oltre le sue richieste quando pretende tutto il territorio compreso tra Dimotika, Ortacheni e Mustafa Pascià nel tentativo di garantirsi, oltre che la difesa di Adrianopoli anche il controllo della linea ferroviaria sulla riva destra della Marica per il tratto CostantinopoliMustafà Pascià. Questo la Bulgaria avrebbe potuto legittimamente rifiutare pur concedendo un sufficiente territorio intorno ad Adrianopoli atto alla difesa della città, per un raggio di dieci-quindici chilometri. Lo stesso discorso vale, a giudizio di Mombelli, per Kirk Kilisse che deve rimanere alla Turchia con le stesse condizioni di Adrianopoli: Kirk Kilisse è infatti importante per garantire la protezione della Tracia.

Del resto, commenta l'addetto militare italiano, il governo di Sofia, dopo aver ceduto su tutta la linea nei confronti degli ex alleati balcanici, non avrebbe avuto nulla da guadagnare in un irrigidimento verso la Turchia. Questa infatti "per impellenti esigenze di ordine politico e militare, si trova nell'impossibilità di fare concessioni maggiori, cosicché, suo malgrado, dovrà ricorrere alla forza per imporre la sua volontà".

178

Approfittando della controversia con la Bulgaria il governo ottomano temporeggia nella conclusione di un accordo definitivo con la Serbia e la Grecia fino a quando "non sia meglio delineata la futura situazione nei Balcani e sia risolta la questione delle isole dell'Egeo".

Con la Serbia la Turchia non ha più confini diretti ma ha un comune nemico: la Bulgaria. Questa, infatti, è interessata tanto alla Tracia, quanto alla rioccupazione di Monastir e a vendicarsi delle sconfitte subite ad opera dei serbi. Un'alleanza tra la Serbia e la Turchia sarebbe stata perciò naturale e conveniente. .

Per quanto riguarda i rapporti con la Grecia, al di là delle recenti profferte di amicizia del Gabinetto di A tene, la Turchia si trova necessariamente a dover diffidare minacciando questa, con l'occupazione delle isole, l'integrità stessa dell'Impero (19).

Infonnando dell'avvenuta finna del trattato di pace tra la Bulgaria e la Turchia , Mombelli sot tolinea coma la nuova linea di frontiera fosse stata un evidente successo del governo ottomano il quale ha infatti mantenuto il possesso di Adrianopoli e Kirk Kilisse ed è riuscito ad includere nel proprio terri torio, sia a nord verso la vecchia frontiera, sia ad ovest, sulla destra della Marica, tutto lo spazio necessario alla valida difesa delle due piazzeforti. Il possesso di Dimotika completa poi il valore difensivo della nuova frontiera occidentale. Dal punto di vista militare la nuova frontiera presenta tutte le caratteristiche positive atte a renderla difendibile : in tutto il suo tracciato settentrionale e per oltre metà del fronte occidentale essa è segnata da corsi d'acqua o dalle creste delle alture: la Marica poi costituisce un ostacolo di seria importanza così come una efficiente preparazione della piazza di Adrianopoli avrebbe ovviato alle deficienze naturali della nuova frontiera in quel tratto.

Se da questo punto di vista quindi le cose volgono ormai al meglio, non è così per le trattative turco-greche : "Il movimento autonomista della Tracia occidentale e i torbidi so1ti in Albania hanno fatto nascere il dubbio che stia per scoppiare una terza guerra balcanica, fra Turchia e Grecia, con probabile partecipazione della Bulgaria in aiuto ali~ armi ottomane e della Serbia in appoggio di quelle elleniche" (20). E noto,

(19) Mombelli, Cosi.antinopoli 5 settembre 1913, prol. n 155; Id., Costantinopoli 19 settembre 1913, prot. n. 166; Id., Costantinopoli 26 settembre 1913, prot. n. 168.

(20) Mombclli, Costantinopoli 1 ottobre 1913, prol. n 168; Id. , 7 ottobre 1913, prol. n. 170; Id., Costantinopoli 13 ottobre 1913, prot. n. 172; Id., Costantinopoli 26 ollobrc 1913, prol. n. 178.

L'Italia e le guerre balcaniche
179

però, che tali timori di una nuova guerra si rivelarono infondati. In conclusione, le guerre balcaniche, iniziatesi con una lega preludio di una più ampia collaborazione, si concludono con violenti contrasti tra gli Stati alleati che non hanno chiarito prima della pace di Londra i limiti delle loro pretese territoriali. La Macedonia rimane al centro degli interessi e dei contrasti tra bulgari e serbi e tra bulgari e greci, per la Macedonia egea. I romeni dal canto loro rivendicano, in cambio della neutralità, quella parte della Dobrugia assegnata alla Bulgaria dal Congresso di Berlino. Nello spazio di un mese (luglio-agosto 1913) la 1ipresa delle ostilità da parte della coalizione anti-bulgara, rapidamente formatasi tra Serbia, Romania, Grecia, Montenegro e Turchia, aveva costretto la Bulgaria a firmare la pace di Bucarest (10 agosto 1913).

La Serbia ottiene la Macedonia settentrionale e centrale con la città di Monastir, la Grecia quella egea con Salonicco e Kavala, la Romania una ulteriore parte della Dobrugia mentre la Turchia, con il trattato di Costantinopoli (29 settembre 1913), recupera gran parte della Tracia con le città di Adrianopoli e Kirk Kilisse.

La prima guerra mondiale approfondirà la divisione tra Grecia, Serbia, Montenegro, Romania e Bulgaria. Le prime infatti si indirizzano verso le Potenze dell'Intesa mentre la Bulgaria, insieme con la Turchia, sceglierà l'alleanza con l'Austria-Ungheria e la Germania, nella speranza di recuperare i territori perduti con le guerre balcaniche.

180

INDICE NOMI

Abdul Hamid [Abd UI Hamid) 55n., 73, 120n.

Abdullah (pascià) 80, 93.

AbduUah 91.

Adalia (golfo di) 138.

Adrianopoli 11, 22EN, 24, 45, 71, 73, 74N, 78, 8IEN, 82N, 84, 8589, 90, 92, 93, 95, 98, 99 , 100, 102, 105, 111, 122N, 126, 128, 129, 131, 135, 136, I 37EN, 138, 139, 140, 143, 144, 148 , 151, 160, 161, 162, 164, 170, 172, 173, 175, 176, 177, 178, 179, 180.

Adrianopol i 102.

Adriatico 9, 36, 37, 105, 107, 109, 110, 115, 126 N, 127, 130, 131, 135, 148, 161, 163.

Adua 39.

Aehre ntal A. 61.

Afghanistan 47.

Africa 30, 39, 40 N, 58, 59, 62 , 63 , 116N.

Aja 121 N, 122 N, 167 N.

Ajdin 54.

Albania 9, 10, 12, 16, 17, 18, 19, 23, EN, 36, 50, 60, 62, 63, 72, 73, 78, 82 N, 106N, 110, 116, 125, 135N, 14 4 , 145, 149, 151, 152, 153, 154, 165, 173, 179.

Albricci G. 89n, 95n, 107n, 118n.

Alessandretta 138.

Alessandro (di Battemberg), 47, 165.

Alessi o 94, 105.

Algeria 79, 89, 1 I6N.

Ali Riza (pascià) 81, 87, 91.

Alpi 37.

Alula 39.

Aly Bcy 36.

Ambcrl (amm) 85.

America 131, 135 N.

Anatolia 80, 81EN, 87, 92.

Andrassy G. 31.

Antivari 87 N, 161.

Antonclli P. 39, 40.

Arab Tabia 42, 43, 44 EN, 45, 142N.

Arabia 106 N.

Arda (vallata dcli') 93.

Ardahan 35.

Armenia 74.

Asia 32, 35 E N , 47, l 18, 137 N, 140, 160, 178.

Asia Minore 13, 67, 73, 74, 84, 93 N , 140 , 148.

Assab 58N.

Atene 15, 46, 116, 121 N, 167, 179.

Auffenburg Von 117.

Austria 7, 8 n, 9c n, 16, 18, 19, 21 , 22, 23, 10, 32, 36, 46, 47, 50, 50 n, 52 N, 55, 57, 58N, 59, 60, 61, 62, 63, 70, 71, 72N, 75, 76, 78, 82N, 84eN, 85, 88, 89, 95N, 101, 102, 104, 105, 107e N, 109, 115, 117, 119, 120, 125 , 127, 132, 135 eN, 142, 148, 150, 151, 152, 153E N, 168, 169E N, 171, 174, 177, 180.

Austria-Ungheria 8, 14, 19 N, 20, 21, 24, 31, 37,45,46,63,84.

Averescu A. 108n, 136, 146, 147.

Aydemir S. S. 55n.

Baba Eski 96, 98.

Baba-Esci 160.

Baghdad 14, 73, 81.

Bagnani U. 70, 71, 72en, 74n, 76n, 77n, 80en, 86n, 88n, 89n, 90n, 93n, 96n, 99n, 100n, 102n, 105n, 107n, 110n, 120e n,

\

123n, 125n, 126 N, 127e n, 128n, 129n, 144n, 149 n, 152n.

Baku 55N.

Bal~ik 124, 133, 134, 142N, 170.

Baldissera A. 39.

Baldza 165N.

Bar 36

Barbarich E. 47n.

Bassora 14.

Batowski 164n.

Bclaxsica 174.

Belgrado 8N, 9EN, 15, 19N, 20, 21N, 46, 89, 93, 101N, 131, 167.

B elogradzik 17 l.

Berane 80, 87, 92.

Bcrchlold 75, 121n.

Berlino 10, 29, 31, 33EN, 34EN, 35, 37, 38, 40, 41, 44EN, 45, 46,

55N, 57, 61, 62EN, 67, 69 , 74, 75, 80E N , 81N, 83, 85EN, 88N, 90EN, 91N, 94EN, 96, 99N, 104EN, 106N, 107N, 109, 120EN, 121N, 132, 133, 180.

Bema80N.

Bertolc Viale E. 32n, 33n, 34e n.

Besigh Dagh 166.

Bcs.ik (lago) 165.

Bessarabia 41, 132, 133 , 146.

Bezikovo 166.

Biagini A. 24n, 31 n, 50n, 54n, 55n.

Bibcsco G. 38.

Biondj 99.

Biovié 73.

Biserta 86N.

Bismark (Schonhauscn O. E.) 58.

Bodrun 138.

Bogoljubov 41, 43, 46.

Bohemica 165N.

Bolèlini I. (ISA) 13.

Bologna 38.

Bono S. 138n.

Bonomi I. 68n.

Borjanovié 74. 182

Bosforo 22, 35, 97, 176.

Boskovié 80.

Bosnia 9, 14, 19, 31, 61, 78, 101N.

Bosnia-Erzegovina 7, 8EN, 14, 18, 31, 55, 56, 60, 107, 122N.

Bossy R. V. 38.

Bosworth R. 69n .

Boulair 141.

Braila 142N.

BriHianu I. C. 108n.

Bregalnica 166.

Brin<lisi 40.

Brooklands 72 N.

Brusati U. 54n, 55n, 57c n.

Brussa 81.

Bucarest 9N, 24, 38, 43 , 44EN, 67, 103 , 104, 107, 108, 109EN, 120N, 123N, 124, 133, 135EN, 136EN, 142N, 145, 146EN, 147EN, 150N, 167EN, 169, 171, 173 , 174 , 175N, 180.

BudapcsL 101.

Bularjcvo 165N.

Bulgaria 7N, 9N, 10, 11, 12, 14, 15, 16EN, 17EN, 18EN, 19EN, 20, 21, 22, 23EN, 24, 25, 30, 33, 34, 35, 39, 40, 42, 45, 46, 47, 48N, 49, 50, 51, 55, 56, 61, 62, 68 , 70, 71 EN, 72EN, 77, 84N, 85, 90, 95N, 102, 103, 104, 106N, 107EN, I08EN, 109, 111, 116, 120N, 121N, 1.22N, 123, 124, 125, 126, 128, 130, 131, 132, 133, 134, 135, 141, 143, 144, 145EN, 146, 147, 148, , 149N, 150, 153EN, 154, 155, 159, 160, 161, 162, 163, 164EN, 165N, 167, 168, 170 , 171, 172, 173EN, 174, 175, 176EN, 177, 178, 179, 190.

Bunar Hissar 94, 98.

Burgas 90.

Caccamo D. 44n.

L'Italia e le guerre balcaniche

Cairoli B. 31, 40, 42n, 43n, 44.

Calcidica (penisola) 102.

Calderoni 80n, 81n, 83, 85e n, 88n, 90n, 9le n, 94n, 99n, 104n, 106n.

Campineanu I. 38.

Carevosclo 89.

Carlo di Romania 33, 43,136n, 142.

Caro\ (Re) 168.

Castrovrahia 102.

Caterina II (di Russia) 37.

Caucaso 118.

Celes 160.

Cera 166.

Cerigo 121 N.

Cerkesskcni 98.

Ccrruti A. 4 7, 48n.

Chabod F. 29.

Chcrmcn (forte di) 91.

Chiaca 13.

Chorlu 97, 100, 102.

Chorlu-Sarai 105.

Churri (pascià) 140.

Cialdea B. 38.

Cialdini E. 39.

Ciatalgia 22, 105, 110, 111, 123, 129, 130, 131, 137EN, 138, 140, 141, 143, 148, 153, 164, 166, 173.

Cina 153N.

Cirenaica 61, 62, 140N.

Cladova 32.

Corabia 170.

Corti L. 31, 35n, 40c n, 41n.

Costantino 148, 149 , 165.

Costantinopoli 10, 11, 14, 15, 18N, 22, 23N, 24, 30, 35EN, 38, 40EN, 43EN, 45 , 46, 48N, 51EN, 53, 54EN, 55N, 56N, 57EN, 73, 76, 80, 81N, 82N, 84N, 85, 90, 93EN, 96, 98, 100, 102, 105, 110, 121N, 122N, 128N , 129, 137EN, 138EN, 139, 140EN, 141N, 143, 154, 166, 164N, 171, 172, 173N, 176, 177N, 178,

179N, 180.

Costantinopoli-Adrianopoli 81EN

Costanza 100, 108.

Crainicanu 109.

Creta 14, 23EN, 86, 88, lOON, 102, 120N, 121 EN, 145, 154N, 165N.

Creuzot 93.

Crispi F. 29, 39, 58, 59n.

Croazia 78.

Cucchi di Boasso 168.

Cuprija 32

Dalmazia 32, 62, 107.

Damasco 81.

Damasi 89.

Dancv S. 12111., 124, 128, 143, 146, 168, 169, 170c n, 174.

Danglin 121n.

Danilo (principe) 100.

Dan imarca 85.

Dan Traba 165N.

Danubio 32, 33, 34, 41, 42, 45, 98N, 104, 108, 124, 132, 133, 134, 142, 147, 167, 170, 171, 174.

Dardanelli 22, 35, 117, 137N, 176.

Dc Giorgis E. Sic n, 52, 53e n, 54en.

Dc Rosa L. 68n.

DcciC80.

Dcdeagach (Alexandroupolis) 18, 102.

Del Mayno L. 33e n, 34e n.

Dcliyannis T. 165n.

Depretis A. 31, 44c n, 45e n, 58.

Dcrkos 105.

Descati 91.

Di Rudini 58, 59.

Dibra 17, 36.

Dimitriev 80, 92, 128, 130, 164.

Dimotica 96, 102.

Dimotika 178, 179.

Djakova 80, 105.

Djakovo 36.

Djcvad (Bcy) 80

Djuma-I-Bala 87.

Dobija 169.

183

Dobravoda 87N.

Dobrich 142, 170.

Dobrie 124, 133.

Dobrugia 24, 32, 33, 35, 39, 40, 42, 44EN, 103, 104 , 105 , 106N , 107, 109 , 124, 133, 134, 141N, 143N, 171, 180.

Dobrugia -Bessarabia 42N.

Dogliotti G. 47e n.

Doiran {lago) 100.

Dojana 164.

O rama 98, 102

Drenek 166.

Ducagini 82N.

Dulcigno 161.

Egeo (isole) 22, 23, 126EN , 136, 143, 153, 154, 179.

Egeo (mare) 11, 17, 37, 121, 127, 148, 160, 173, 174, 175.

Egillo 15, 138.

Egri-Palanka 86, 91, 92, 96, 164, 166.

Ekrcnè 174.

El assona 89.

Elena di Montenegro {principessa) 50.

Elia V. 14, 15n, 51n, 53e n, 54c n , 55n, 56n, 57n.

Enos 145, 154N.

Enos-Midia 22, 176.

Enver Bey 23, 55c n, 136, 137, 138, 139, 140n, 141, 172.

Epiro 87, 91, 96, 121N, 165N.

Ergene (fiume) 98, 99, 176, 177.

Erghcne 145.

Eritrea 39, 40EN, 58N, 69.

Ersingjan 73.

Erzegovina 30, 61, 78.

Erzerum 73, 81.

Er1.indjan 81N.

Er,.infjan 120N.

Essad {pascià) 77, 92, 102.

Europa 22, 32, 37, 38, 41, 46, 61, 67, 69, 79, 80, 83, 86, 89, 91, 96, 98EN, 102, 121, 122N, 184

126N, 132, 146, 173, 176, 177.

Faik (p ascià) 87, 88.

Fava S. 44n.

Ferdinando (Re) 73, 130, 154, 168, 169, 174.

Ferdinando di Bulgaria {principe) 61, 136.

Ferdinandovo 170.

Ferdinandovo-Belogradzik 164.

Ferdinandovo-Kl isura 170.

Ferigo L. 171, 175n.

Ferik Abdullah (pascià) 73.

Fclhi (pascià) 87.

Fi~ev (Gen) 73.

Filippopoli 45 , 46, 73, 77, 92 , 171.

Fircn1.c 40n.

Fisher L. 55n.

FiLcheff (Ficev) 97, 130

Francia 9, 36, 41, 58EN, 59, 63, 67, 68, 70, 72N, 75, 76, 77, 78, 79, 82, 83EN, 86EN, 88, 89, 95N, 105, 106, 115, 117, 127 , 140, 152, 177, 178.

Fr,mcofortc 73.

GalaLi 33, 76.

GalaLi 133.

Galli poli (Penisola) 35, 121, 141, 166.

Galvagua F 35, 40c n.

Garibaldi RiccioLLi 54n.

Garroni C. E. 177n.

Genadiev N. 169.

Gennadios 121n.

Gcrisovits 94.

Germania 20, 21, 24, 36, 41, 55N, 57, 58N, 59, 60, 68, 72N, 75, 76, 78, 83, 84, 89, 91, 106, 107N, 109,115, J°17, 119, 120, 121N, 127, 132, 140, 153N, 177, 180.

L'Italia e le guerre balcaniche

Gesov I. 15, 135.

Ghica (principe) 136, 168.

Giappone 51, 153N.

Giavid 138.

Gilan 94.

Giolitti G. 29, 58, 59, 60, 69n.

Giorgio (principe SonderburgGliicksburg) 121n.

Giorgio I0 (Re) 165n.

Girev 92.

Goikovié 73, 74.

Gola F. 40n.

Goltz (Kolmar Vonder) 73, 91, 93, 97.

Goluchowski 60c n.

Goma Dzumaja 89.

Gostivar 102, 103.

G radobor 165N.

Gran Bretagna 14, 46, 76, 117, 127, 177.

Grecia 7N, 8, 10, 14, 16, 19, 23EN, 24, 46, 48EN, 62, 63, 68, 71, 72N, 78, 85, 86, 102, 111, 117, 120, 121N, 130, 148, 149N, 153EN, 154N, 161, 162, 163, 165EN, 166, 167, 170, 174, 179, 180.

Grevena 77, 100.

Grcy E. 77n, 100, 115, 129, 139.

Grudi 13, 87.

Guida F. 47n.

Gumurdjina 102.

Gurko J. V. 33 .

Gusinje 36, 88, 89, 92.

Gusinje -Plav 36.

Gyurovié 80

Hadi (pa<;cià) 77.

Halil Bey 12.

Halim 139, 140n .

Hans 77.

Harjen 108n.

Havaras (Forte di) 94 .

Hemreich E C. 22n.

Hilmi (pasc ià) 51, 52 , 53, 120n.

Hoti 13.

Hotzendorf 117.

Iavir 80.

Ibrahim Bey 172.

Imbros (isola) 100.

Imperiali di Francavilla G . 54.

India 78, 116, 117.

Indiano (Oceano) 47.

Inghilterra 9, 36, 46, 47, 58 , 61, 63, 67,68, 72N, 75, 76, 78, 83N, 85, 88, 96 , 110, 115, 1 17, 120, 152.

lnstambul 55N.

Tpcc/Ipeck/Ipek 36, 97 , 102, 105.

Isonzo 29.

!strania 100.

ISLip (Ishtip) 81, 87, 96, 98, 164, 170, 173N.

Italia 18EN, 29 , 30EN, 31 , 36, 37, 38, 39, 41, 44EN, 46, 50, 54N, 57, 58EN, 59, 60, 61, 62, 63EN, 67, 68, 69EN, 71, 72EN, 74, 75, 77, 78, 82EN, 83EN, 85, 105, 106, 110, 115, 117, 120, 122N, 127, 128, 131, 135N, 136, 138, 150, 151, 152, 177.

Ivanov 73, 80, 91, 130, 164.

Jancovié B. 165 .

Jankovié (Gen.) 92.

Jantra 33.

Joannina 22EN, 81, 87, 97, 148, 149, 152, 161.

Jonescu I08n.

Jostov 121, 122n, 123, 125, 126, 128n.

Kadikoj-Dogandzi 165.

Kailar 100

Kalambaka 77.

185

Antonello Biagini

Kaliak.ra 128.

Kalinova 166.

Kàmil (pascià) 23, 73, 120n, 127, 128, 136, 137, 138, 140.

Kam Tepe 176.

Karaguez 99.

Karaka 141.

Kamsaid (pascià) 87

Karasuli 165N.

Kardzali 92.

Karctina 100.

Karizam 89.

Kars 35.

Kastrati 13, 87.

Kavala 24, 102, 164, 180.

Kavarna 104, 134, 136N.

Kavarna-Turtukai 108.

Kazan 118.

Kemal I. 152.

Kcsan 131.

Kiev 118.

Kinderlcn -Wachter (Von) 83, 91.

Kirk Kilissc 22EN, 24, 71, 89 , 90, 91, 92, 93, 94, 95, 96, 97, 100N, 111, 123, 148, 164, 172, 178, 179, 180.

Kjustendil 87, 98.

Kjustcndil 153, 164 .

Klcmenli 87.

Kotana 87, 92, 96, 166, 170.

Kocani 81.

Kocerinovo 166.

Kosovo/Kos sovo 52N, 87, 91, 92, 93, 152, 163.

Koti 87.

Kovacev 92, 130, 169.

Kovan~ev 164.

Kozhani 94, 102.

Krcsna 76, 170 , 171.

Krivolac 166.

Krobatkin 117.

Krupp 166.

Kru;,..a Balkan 166.

Kumanovo 22, 92, 93, 94, 161, 173N 186

Kuprulu 87, 92, 97, 98, 99.

Kutin~ev 73, 80, 130, 164, 170.

Kuwait 14

Langaza (lago) 165.

Lanza di Trabia P;, 31.

Laros (Golfo di) 141.

Lcmnos 91.

Libia 55N, 59 , 62, 63, 68, 69, 72, 74, 82, 100, 137N, 138.

Livardo 103.

Lon dra 22, 23EN, 69, 70, 71, 72N, 74E N, 76EN, 77EN, 78, 80EN, 86EN, 87N, 88N, 89EN, 90N, 91, 93, 96EN, 98, 99, 100N, 101, 102, 104, 105N, 107EN, 110N, 111, 115, 116, 117, 120EN, 121EN, 122N, 123N, 125EN, 126EN, 127EN, 128N, 129EN, 130, 132, 133, 138, 14 4N, 145, 149, 150, 151, 152EN, 153, 161, 163, 166, 167, 171, 172, 176, 177, 180.

Losanna 120N.

Liilc Burgas 96, 98, 99, 100, 123, 148, 160, 164, 171.

Macedonia 7EN, 9, 10, 11, 12, 14, 15, 16EN, 17EN, 18EN, 19, 21, 22, 23, 24, 48, 49, 50; 51, 52, 53EN, 54E N, 55N, 56, 63, 70, 71, 72N, 74, 75, 80, 81, 82EN, 85N, 88, 91, 92, 93, 95N, 97, 98, 99, 100, 101, 102, 105, 108, 124, 147, 148, 150, 153, 15 4, 155, 160, 163, 165EN, 167, 180.

Macin 33.

Madjaroff I22n.

Madrid 80.

Maganscià 39.

Mahmud Muhtar (pascià) 87, 94.

Mahmud Sccvket (pascià) 120n, 136, 137, 139.

L'Italia e le guerre balcaniche

Majnoni D'Intignano L. 31, 32e n, 33n.

Makri 173N.

Makukovo 166 .

Malatra (capo) 121.

Malissori 13, 16.

Manciuria 153N.

Mangalia 42, 43, 134.

Mannlicher (fucile) 166.

Mantegazza V. 40.

Marasch (forte di) 94.

Marica (vallata di) 91, 92, 93, 143, 160, 162, 176, 177, 178, 179.

Marica -Adrianopoli 178.

Marinovié 74.

Marmara (mar) 82N.

Marocco 59, 78, 82, 89, 101N, 116N.

Marro P. 57e n, 137n, 138n, 140n, 141n.

Martinovié 80, 82n, 100.

Maserati E. 50n, 54n, 130n.

Massaua 58EN.

Mazza P. 56n.

Mediterraneo 30, 58, 59EN, 116, 117.

Megid-Tabya 134.

Megidiè Tabil.t 142N.

Mekeilvié 74.

Melegari L. A. 31.

Melnik 102.

Menelik 39.

Merrone E . 9, 10, 11, 13, 14, 15, 16n, 17n, 18, 19n, 72, 74, 84n, 85n, 90n, 98n, 130, 131n, 136n, 141, 142c n, 143n, 144n, 147n, 148e n, 149n, 150n, 151 n , 153n, 154n, 155n, 163n164n, 168n, 169e n, 170n , 17 3n, 175n, 176n.

Mesopotamia 15 .

Messina 39N.

Mesta (valle) 170, 174.

Metaxas 12ln.

Metternich (principe cli Clemente), p. 3 7 .

Micutovié L. 122n.

Midia 126, 145, 154, 178.

Minghetti 29.

Mitrovica 94, 96.

Moglen-Gergcli-Kucoc 173N.

Moltke (Helmut Von) 91, 94, 142n.

Mombelli E. 138, 140n, 167n, I73e n176, 177e n, 178, 179e n.

Monastir 17, 52, 53, 87, 97, 98, 99, 102, 105, 111, 135EN, 143, 148, 150, I 54, 161, 163, 173N, 179, 180.

Mongolia 153N.

Montenegro 8, 9, 11, 12, 13, 16, 18, 19EN, 20, 21, 23, 24, 30, 33, 34, 35, 36EN, 50, 62, 63, 71EN, 77, 78 , 80, 82N, 85, 87, 88, 90, 102, 109, 111, 116, 122N, 135EN, 148, 151EN, 152, 161, 162, 163, 174N, 180.

Morava 32.

Mori G. 69n.

Mosca 55N, 118.

Mostar 107N.

Muktar (Bey) 137.

Muradli 171.

MUrzsteg 48, 50, 52.

Mussolini B 69n

Mustapha Pascià 71, 89, 178.

Nacovic G . D. 154.

Nadir Ali (pascià) 92.

N;ipoli 150EN.

Nazim (pascià) 87, 9 J, 92, 96, 97, 99, 105, 126, 137, 139, 141.

Nazluncou 73 .

Ne ro (mar) 30, 41, 42, 81, 100, 111, 132, 134, 142N, 174, 176

Nevrokop 170.

Nicho lson 116.

N icola (Granduca) 33.

Nicola I.[Petrovié -Njcgo~] 12, 13 .

Nicol is di Robilant M. 54e n, 55n, 56n, 57en, 59e n .

187

Antonello Biagini

Nicopoli 32, 33.

Nikolitca A. (122n).

Nikolof 17n.

Nish-Urania 93.

NiS20, 171.

Nord (mare del) 117.

Nova Varosh 92.

Novakovic S. 122n.

Novakovié 120.

Novara 39N.

Novi Pazar 18, 19e n, 84, 88, 93, 95n, 163.

Obcdenaru M. G. 44.

Obrcnovié M . (Re) 19,46.

Ochrida (lago) 162.

Ochrida 19.

Oder (fiume) 73.

Odessa 35N, 55N.

Olt 32.

Orero A. B. 38, 39e n, 40c n, 41 e n, 42e n, 43e n, 44, 45c n, 46.

Orfano (golfo) 173N.

Orsano (golfo) 165N.

Ortacheni 178.

Osman Rifaat (pascià) 33, 120n.

Ostrovo (lago) 88.

Ollolenghi G. 35, 36e n.

Palitis 121n.

Panajotov 164n.

Papa Di Costigiole C. 8n, 9n, 19n, 2 l n,I01n, 103n, I06n, 123n

Paprikoff 122n .

Pa ri gi 30, 38, 69, 70EN, 75N, 76N, 77, 78, 80N, 82EN, 83N, 85, 86N, 88, 89N, 94, 95N, 101N, 104, 105EN, 106N, 107N, 109EN, llON, 121N, 122N, 132 , 152 .

Partev (pascià) 73

PaS ic N. 20.

Patarica 174.

Pattison (Cantier i Nava li) I 50e n.

Pec 9.

Pentepigiana (passo di) 96.

Pcrlepe 102.

Persia 15, 153N.

Persico (golfo) 14, 117.

Pesaro 39.

Petrov 164.

Piemonte 43.

Pietro (Re) 19n, 73, 76, 92.

Pietroburgo 20, 39, 40, 47EN, 61, 69, 79, 88N, 96, 101N, 116, 118, 122N, 153N, 154.

Pindo 49.

Pirot 164, 171.

Planinica 80.

Planitza 87N.

Plav 36.

Plava 80, 89.

Plcvna (Plevcn) 33, 34.

Podgorica 76, , 80.

Poduycvo 91, 92.

Poilnovié 74.

Poincaré 76, 86.

Pola 77 .

Pollio A. 8n, 14n, 16n, 19n, 57e n, 79n, 127.

Popovié 122n, I29e n, 151.

Port Arthur 73.

Posen 118.

Prepolac 89.

Prcveza 89.

Pr ilep 148

Prishtina 89, 92, 96.

Prisrend (Prizren) 36, 77, 100.

Prizren 71, 95.

Prut 42.

Pudujevo 92.

Putnik 73.

Racconigi 61.

Raco Petrov (Gen.) 80.

Radev S. 17.

Radoslavov V. 169,174.

Ragova 80.

Raguzzi 172.

188

L'Italia e le guerre balcaniche

Rasa 89.

Raska 92.

Razlog 92.

Regno Unito 14, 116.

Rcsit (pascià) 121, 127.

Risciuk 142N.

Ristovac 86, 89.

Riza (Bey) 80.

Rodope (I) 15, 19, 71, 89, 161, 162, 163.

Rodosto 81, 111, 121, 126, 131.

Roma 10, 15N, 38EN, 39, 40N, 44EN, 57N, 61EN, 63, 69, 71, 72N , 79N, 82, 84N, 87N, 98, 107N, 120N, 122N, 128.

Romania 10, 19, 24, 25, 32, 34, 35, 39, 40, 41, 42, 43, 44N, 49, 88, 90, 96, 102, 103, 104, 105 , 106N, 107, 108, 109, 119, 120, 122N, 123, 124EN, 125, 131 , 132, 133, 134, 136EN,

142N, 143, 145, 146,

148, 150, 153, 161, 166, 167, 168, 169, 170, 174, I75EN, 180.

Romano S 69n.

Rome i Longhcna G . 54e n, 56n.

Ropolo E. 153n.

Rossi C . 34.

Rozai 97.

Ruben dc Cervin G . 48, 49n, 51, 52n, 53n .

R

Rumel ia

Rusck

Russe 32.

Saint Cyr 73 .

Salaris E. 48e n.

Saletta T. 54

Salih (pascià) 120n.

Salonicco 11, I 8, 20, 22N, 23, 24, 51, 52N , 53, 55, 57N, 87, 88, · 90, 99, lOOEN, 101, 102, 105, 111, 135N, 143,147,148, 150, 152, 161, 165N, 166, 167 , 170, 180.

Salonicco, 102

Salonicco-Monastir 100.

San Giovanni Di Medua 102, 105.

Sanremo 54N.

Sant'Elia 50.

Santo Stefano 11 , 16, 17, 29, 42, 46.

Sarajevo 63, 107N.

Sarantaporos 22.

Savoff 122, 126, 128 .

Savov 80, 130, 143, 169.

Sayfie 77.

Sazanov 75, 86.

Scalanova 138.

Schouvalov P. (Suvalov) P. 45.

Scutari 9, 10, 12, 22EN, 23, 74N, 77, 78, 81, 82N, 88, 89, 92, 94, 100, 102, 105, 120N, 122N, 131, 135, 144, 148, 151, 152, 162.

Scutari (lago di) 82N, 86N .

Sckki (pascià) 73.

Sella 29n.

Scme rskev i 99 .

Sc raj 100.

Serbia 7EN, 8EN, 9EN, , 10, 12, 14, 16, 19EN, 20, 2JEN, 22EN, 23EN, 24, 25, 30, 32 , 34, 36, 37, 38, 40N , 46, 47, 48N, 50, 61, 62, 76, 79, 86, 95N, 102, 105, 106N, 107, 109, 110, 111, 116, 122N, 128, 130, 131, 135EN, 148, 150, 152, 153N, 154, 155, 159, 160, 189

141,
147,
uj an 89, 92.
34, 39, 40, 44, 45,
46, 122, 140.
8N, 9, 13, 16, 19, 20, 21, 22, 23N, 30, 31, 32, 33EN, 36, 41, 44, 45 , 46, 47, 50, 51, 52N, 54N, 58, 60, 61, 70, 71, 72N, 75, 76, 77, 78, 79, 84N, 85, 88, 90,
117, 118, 120, 124,
134
136EN, 144, 150, 151
152, 15 3, 154, 163, 167, 168, 169N, 170, 171, 177, 178.
41. Russia
95N, 101, 107, 115,
127, 133,
,
,

Antonello Biagini

161, 162, 163, 165EN, 167, 168, 170, 171, 174 , 175, 179, 180.

Serpenti (isola) 132.

Serrcs 88.

Serrcs 153, 166, 170, 173N.

Scrvia 88.

Sienjca 20, 94.

Sifilar (forte di) 94.

SilisLra 38, 40, 41, 42EN, 43, 44EN, 45, 104, 108, 124, 133, 134, 145, 146, 147, 161, 170.

Silislria 142N.

Simitli 171.

Siria 138.

Skopje 165N.

Skopje 165n.

Skouloudin 121n.

Skrcli 13.

Slepanovié 73.

Smirne 80, 138.

Sofia 9, 14, 15, 16EN, 17EN, 18N, 19N, 23, 45, 48, 53N, 77, 85N, 87, 90N, 98N , 99N, 102, 106, 121N, 122N, 124, 128N, 130, 131EN, 134, 136, 141, 142N, 143N, 144N , 145N, 147N, 148EN, 149EN, 150N, l51EN, 153EN, 154EN, 155N, 163N, 164N, 167, 168EN, 169EN, 170EN, 173N, 175N, 176N, 178.

Somalia 58N , 69

Sumaja 89.

Sonnino 58.

Sorovictch 88.

Spingardi G. 127.

Sprca (fiume) 97.

SLambolov 174.

SLambulov S. 80.

Stara Zagora 89, 99.

Stati Unili 68, 153N.

Stefanovié 92, 165.

SlciL G. 121n

Struma 19, 87, 92, 153, 161, 162, 163, 169, 170, 173N, 174.

Strumica 174.

Strumnca 102.

Suleiman (pascià) 33.

Sullan Tepé 92.

Sumcn (Sciumla) 32, 45, 133, 142.

Svezia 153N.

Szjel 139.

sar 161, 162, 163.

SeiLan -Tabia 99.

Sipka 45.

SviStov 32.

Tahir (pascià) 41.

Tahsin (pascià) 87, 92.

Talaal (Bey) 77, 136,138.

Tamborra A. 69n.

Tanas 147.

Tanfani F. 34.

TaraboS 86, 89, 93, 94, 97, 99, 100.

Tcodorov 136.

Terapi a 48N, 54N, 56N, 57N.

Tessaglia 48EN, 87, 88, 93, 96.

Tetevo 102.

Thaso (isola di) I 00.

Ti gre 39 .

lirgoviste 103.

Tirolo 32.

Timovo 45.

Tirnovojik 92.

T illoni T. 50, 60, 61 n.

Toki o 80.

Tokorlu 98

Tolomeo R. 47n.

Tolone 86N.

Torna ss i A. 54 , 56n.

Tomru sh 92.

Tontcv 169.

Torino 39N, 103N, 136N.

Torni e lli Brusali di Vergano G., 44n .

Tomu -Seve rin 32.

To~ev 164.

Tracia 14, 22EN, 23N, 24, 71, 80, 82N, 92, 93, 97,99, 102,105, l 10, 128 E N, 130, 135 , 143, 148, 160, 162, 173N , 178,

190

L'l1alia e le guerre balcaniche

179, 180 .

Transilvania 108.

Trentino 29N .

Tripoli 59.

Tripolitania 15, 18, 61, 62, 93, 137, 138, 140N.

Trombi V. 48e n, 54n.

Tunisi 57.

Tunisia 78 , 79, 89, 116N, 121.

Turchia 8EN, 10, 14, 15, 16, 17,

18N, 19, 20, 21, 22, 23EN, 24, 32, 33N, 36, 37, 38, 40N, 45EN, 48, 54N, 55EN, 56, 57, 60, 62, 68, 70, 71, 72EN, 73,

74EN, 75, 76, 78, 80, 82, 83,

84EN, 85EN, 86, 87, 88, 90,

91, 94, 94, 100, 101, 102, 107, 110, 111, 117, 120EN, 121, 124,126,128,129,130,131,

137, 138, 139, 143, 144,

145EN, 146, 147, 148, 151,

152, 153EN, 159, 161, 163, 164, 166, 169N, 172, 173, 175, 176, I77EN, 178, 179, 180.

Turkestan 55N.

Turnun'larelc 167.

Tutrakan 104, 170.

Turtukai 32, 104, 108, 142N, 170.

Tuzi 88.

Ulcinij 36.

Ungheria 78, 101N, 104, 109, 119, 127, 151, 177, 180 .

Uskub 11, 17N, 20, 22, 53, 80, 81, 87, 90, 92, 93, 94, 96, 98, 102, 111, 150, 160, 165N.

Valianu I03n.

Vardar 49, 96, 105, 159, 160, 161, 162, 166, 170, 174.

Vardar-Hassan 87.

Varna 41, 43, 45, 76, 90, 104, 133, 136N, 142N.

Varsavia 118 .

Vasov 169.

Vassif (pa,;cià) 87, 88.

Vassos T. 165n .

Veles 173N.

Velini A. 36, 37, 38c n.

Vcly 77.

Vcnizclos E . 19, 121n.

Verona 98N.

Verria 97, 99, 100.

Vcsnié 128.

Vesnié M. 122n.

Vidin 33.

Vidin 153, 167, 170, 171.

Vienna 10, 19, 21, 23, 31, 32EN , 33, 37, 47, 48EN, 57, 6IEN, 62, 79, 89EN, 93N, 95N, 107N, 109, 117, l 18EN, I20N, 121N, 136N, 152.

Visconti Venosta E. 29, 31.

Vittorio Emanuele (principe) 50.

Vittorio Veneto 68N.

Vìza 94, 100.

Vojnovié 122n, 128.

Volpi G. 69n.

Vranja 20, 86, 87EN.

Vucitcn 94.

Vukovié 80, 94, 97.

Washington 121N.

Webster R. 69n.

Yemen 10, 14 , 56, 93, 139.

Ycnitc 105.

Zaccone 70, 75n, 76n, 82en, 83n, 86n, 87n, 89n, 101a, I06n, 107n, 109n, 1 lOen, 116n.

Zajckar 171.

Zampolli I. Sic n, 103, 107, 109n, 134, 135n, 136n, 146e n, 147e n, 167c n.

Zeki (pascià) 81, 87, 88, 92, 93, 98, 100.

Zlctovka 164. 191

INDICE GENERALE Pag. Presentazione 5 I. L'area balcanica alla vigilia del conflitto ......................... 7 II. La politica estera italiana e il ruolo degli addetti militari .......................... ... .. .. .. . . ................. 29 III. - La prima guerra balcanica .. ...... .............. ... ..... ... ..... ... 67 IV. - Le trattative per la pace e la prosecuzione del conflitto (3 dicembre 1912-30 maggio 1913) .......................................... . .. . .. .. ............ 115 V. - La seconda guerra balcanica e la pace di Bucarest (10 agosto 1913) .. ............ ..... ...... ...... ....... 159 Indice dei nomi ....................... .... ............... . .. . . ......... . .. .. 181

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L'Italia e le guerre balcaniche

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e le guerre balcaniche

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e le guerre balcaniche

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LA POLITICA ESTERA ITALIANA E IL RUOLO DEGLI ADDETII MILITARI

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l'Italia e le guerre balcaniche

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L'Italia e le guerre balcaniche

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L'Italia e le gue"e balcaniche

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I L'AREA BALCANICA ALLA VIGILIA DEL CONFLITIO

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PROPRIETA' LETTERARIA

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