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tragica delle risposte: le artiglierie erano poche e di scarsa efficacia. I soldati dovevano arrampicarsi sui carri armati per tentare di fermarli con le bombe a mano, pagando così un tributo di sangue altissimo. Non fu tuttavia un sacrificio inutile perché le due divisioni impegnarono, attirandole su di loro, notevoli e potenti forze russe, impedendo loro di attaccare la "Tridentina" che stava sostenendo altri combattimenti più a nord e che poi riuscirà a proseguire per Nikolajewka dove romperà l'accerchiamento. I resti della "Cuneense" e della "Julia", vista l'impossibilità di superare l'accerchiamento, si divisero in piccoli gruppi e riuscirono a sganciarsi dai russi raggiungendo, dopo una marcia faticosa e costellata da attacchi nemici, Valujki il 27 gennaio. L'ultima pagina della storia di quei soldati si concluse con l'ordine, dato dal capitano Morena del battaglione "Pieve di Teco", di presentare le armi ai caduti281. Da quel momento la storia dei soldati divenne la storia degli uomini, prigionieri gli uni, carcerieri gli altri. Il 6 marzo 1943, il 5° rgt alp della divisione "Tridentina", da poco sfuggito all'accerchiamento a Nikolajewka, riceve l'ordine dal Comando Tedesco, di presidiare una zona dove i partigiani danno fastidio alla guarnigione tedesca. Gli alpini reagiscono rumorosamente e anche gli ufficiali perdono la pazienza: però devono eseguire l'ordine e partono. Una volta di più le penne nere si sentono carne da cannone per i tedeschi e non riescono più a nascondere l'antipatia e l'odio per gli alleati. Ma accadde un fatto singolare: all'arrivo degli italiani i partigiani interrompono le azioni di disturbo e la popolazione fraternizza con i nostri soldati282
____________________ 281 CATANOSO-UBERTI (s.i.d.) pag. 112. 282 BERTOLDI (1978), vol. 2, pag. 1024.