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della base italiana e ci fa il solito discorso: "O con i tedeschi o in Germania". Sono andato in Germania via Parigi-Amburgo-Colonia in un campo di Konisvord. Anni massacranti: a mezzogiorno si mangiava solo se si lavorava per qualcuno che aveva una zuppa da scaldare lo stomaco. Alla sera 2 etti di pane, 10 grammi di margarina e un litro di zuppa. Nessuno di Isola. Ci liberano il 12 aprile 1945 ma non ritorno subito in Italia. Ci tengono lì e allora facciamo un torneo di calcio con inglesi e tedeschi, ma avevamo voglia di vedere la nostra famiglia, altro che calcio! Al ritorno al Brennero ho visto Disma Rivara che cercava suo figlio, anche lui prigioniero. Sul Pò bisognava fare il ponte a piedi e c'è Aldo Mora a lavorare per la ricostruzione e che mi ha dato notizie dei miei: "Stanno bene, sono invecchiati un po' come me e te!". Arrivo a Isola il 12 settembre e vedo mio fratello Piero che è del '27, poi Enzo Camposaragna e mio padre che a ogni treno mi aspettava. Non sono andato subito a casa ma nello Scrivia, che allora era pulito, e mi sono tolto gli abiti con i pidocchi». La relazione di Stefano (Nucci) Punta è altrettanto interessante per quanto riguarda il periodo della prigionia. Anche per lui, dopo il periodo di presidio a Prevesa, l'8 settembre porta nuovi, tragici avvenimenti: «...euforia e canti di gioia per tutti noi illusi ormai di tornare a casa, senonché il comandante del campo, capitano Luigi Cavanna, subito pensò di raddoppiare il corpo di guardia (ero quella sera capoposto) con il compito di piantonare con due uomini ognuna, le 4 batterie antiaeree a canna puntata a difesa del porto in mano ai tedeschi. Arrivarono dopo due giorni i tedeschi e ci scollegarono e ci disarmarono. Solo la divisione "Acqui", da poco giunta di rincalzo al presidio e dislocata sull'isola di S. Maura oppose resistenza e fu decimata e massacrata sul posto compreso il Ponzoletti di Creverina che ci vedemmo qualche giorno prima. Questo lo facemmo però dietro ordine dei nostri superiori allorché portatici tutti in un esteso uliveto dove, prima gli Ufficiali e poi noi della truppa, accatastammo le armi. Sino a che eravamo armati avevamo la nostra dignità, ma appena disarmati, uno spintone, o magari un calcio là dove finisce la schiena, raggruppati come pecore, e dopo qualche giorno, avviati per la lunga