N. 218

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ari lettori di Trasportare Oggi in Europa, nel numero scorso abbiamo iniziato a parlare della nuova normalità post-virus, ovvero tutti quei comportamenti che, dapprima nuovi e incerti, ma che poi diventeranno un nuovo paradigma, abbandonando al passato remoto le abitudini precedenti, che sembravano indistruttibili. È passato oltre un mese e siamo invece ancora nel mezzo della crisi. Al momento in cui vi scrivo si sta ancora cercando di comprendere se siamo in Fase 1 oppure 2, mentre gli altri Paesi d’Europa sono già praticamente ai blocchi di ripartenza. Diciamo in maniera molto chiara e assolutamente non polemica, ma oggettiva, che sempre di più il termine “Europa” serve a circoscrivere soltanto un pezzo di territorio compreso tra il Mar Mediterraneo, l’Oceano Atlantico, il Mare del Nord e la Russia, anche se non è poi chiaro fin dove quest’ultima appartenga all’Europa o all’Asia. Il Covid-19 ha evidenziato e rimarcato, semmai ce ne fosse bisogno, che questa Europa (attenzione, non intendo che in generale l’Europa non serva… anzi il contrario, ma la considerazione è su questo tipo di organizzazione politica e sui suoi attuali esponenti di spicco) non esiste, non serve a nessun Paese ed è percepita come un ostacolo piuttosto che, invece, come la sola àncora di sopravvivenza. In un momento storico come questo in cui ci sono giganti economici

e politici come USA, Cina e Russia, è inconcepibile come i rappresentanti dei Paesi europei non capiscano che bisogna assumere una massa critica importante per potersi confrontare con questi e poter vincere, anziché soccombere. Invece, ciascuno pensa al suo orticello, sempre più piccolo e sempre più povero. Il risultato è che nemmeno durante una crisi pandemica ci si riesca a mettere d’accordo per una soluzione condivisa che possa rilanciare, rendendole competitive, le nostre aziende e le nostre industrie. Non si sta parlando della Grecia, oppure del debito dei Paesi meno virtuosi, non è una gara tra i bravi e i cattivi. Il Covid-19 è partito dalla Cina ma, presto, si è diffuso su tutto il Globo, paralizzando letteralmente la mobilità e le attività di tutte le popolazioni, in tutti i Continenti.

L’Europa, purtroppo, si è dimostrata ancora una volta solo un’area geografica e non politica. Quale migliore occasione per rilanciare il Brand “Unione Europea”? Proprio ora che tutti i Paesi, nessuno escluso, avrebbero bisogno di una guida superiore che possa traghettarli nel dopo, nella ripresa economica. Di tutte le crisi precedenti, questa, se ci pensate bene, è l’unica senza colpevoli: non è un postguerra dove bisogna ricostruire le

di

Alessandro Musumeci, PSA Group Network Development Manager

non solo TIR

C’era una volta un’Unione senza Corona

perdite dovute alle battaglie perse o vinte con il nemico, non è una crisi nata da speculazioni borsistiche, immobiliari o bancarie dove qualcuno si è arricchito a scapito di altri. In questo caso, non ci sono imputati da accusare, se non un minuscolo esserino invisibile e perfido che si rappresenta ai più piccoli con una corona. Tutti siamo vittime allo stesso tempo e siamo sulla stessa barca desiderosi di uscirne con meno danni possibile. Per questo motivo, è necessario remare nella stessa direzione, stabilire soluzioni pratiche e concrete che aiutino tutti coloro che sono rimasti senza lavoro. Perché un post-covid19 esiste, non sappiamo come è fatto, né come e quando si presenterà e quindi dobbiamo fare in modo di essere pronti a rialzarci, tutti uniti e compatti, poggiando sui valori comuni di un’Europa che ha voluto proteggere le persone da subito, senza mettere davanti a tutto la questione economica, ma piuttosto quella sanitaria. Questi sono i valori condivisi su cui l’Europa deve ragionare – tutti insieme – per la fase di ricostruzione. In questo momento mettere in risalto, come fatto in passato, le differenze tra buoni e cattivi, non solo non serve ma rischia di affondare la barca, quella su cui ci sono tutti i Paesi.

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