Il personaggio di ieri di Massimo Dalledonne
GERALAMO BORTONDELLO
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cienzato, scrittore e presbitero. La figura di Gerolamo Bertondello non può e non deve passare inosservata. Soprattutto per i suoi concittadini di Borgo e della terra dove ha trascorso la sua vita terrena. Quest’anno si ricordano i 330 anni dalla sua morte, avvenuta a Borgo il 21 giugno del 1692 all’età di 85 anni. Come scrive don Armando Costa nel suo volume “Cives Burgi Ausugum memoria digni” studia medicina e filosofia a Padova, laureandosi nel 1630 a Bologna e facendo pratica di medicina a Roma. Per qualche tempo esercitò a Castelfranco Veneto e, una volta rientrato in Valsugana, nel 1636 esercitando a Borgo si impegno nel circoscrivere il contagio della peste che era scoppiata nel vicino territorio di Levico. “Del Borgo – scrive don Costa – fu pure ottimo consigliere comunale per 40 anni e negli anni 1632, 1650 e 1665 coprì degnamente anche la carica di sindaco. Uomo stimato e insigne per profonda erudizione, solida pietà e impegnato nella vita pubblica ricoprì anche la carica di ambasciatore per Borgo presso il municipio di Mantova”. Gerolamo Bertondello fu sposate per ben 56 anni con Anna Maria Buffa dalla quale ebbe 14 figli e due figlie. Ancora don Costa. “Rimasto vedovo, nel 1687, sebbene ottuagenario, per concessione di Papa Innocenzo XI si fece sacerdote e benché prete, ebbe licenza di esercitare la professione di medico”. Scienziato e amministratore. Ma anche scrittore. Sei i libri che portano la sua firma con diverse tavole sulla storia universale, dalla fondazione di Roma al 1669. Scrisse, dedicandola all’allora vescovo Bartolomeo Gera, anche la storia della
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città di Feltre. Il vescovo era figlio della borghesana Elisabetta Ceschi di Santa Croce. “I feltrini, riconoscenti – riporta nel suo libro don Costa – il 9 marzo del 1675 li riconobbero il titolo di nobile cittadino e, alla sua morte, realizzarono una lapide in ricordo nella chiesa cittadina di Ognissanti”. Gerolamo Bertondello scrisse anche un volume sul romitaggio di San Silvestro a Marter ed uno dal titolo “Ristretto della Valsugana”. Porta la sua firma pure una relazione, stampata a Bassano, sulla traslazione dei resti di San Prospero a Borgo, lavoro dedicato all’allora giurisdicente di Telvana conte Carlo Vincenzo Giovannelli. Si occupò anche di tramandare notizie sull’ordine delle Clarisse, il monastero di S. Anna e sul
santuario di Madonna di Onea. Nel corso della sua vita divenne amico dell’arciduchessa Claudia de Mici (1604-1648) e del principe reggente Sigismondo Francesco (1630-1665) “promuovendo – ricorda ancora don Armando Costa – con sincera devozione e zelo i progetti religiosi della venerabile Giovanna Maria della Croce di Rovereto (1603-1673) in Vallagarina e nella comunità di Borgo. Con la sua operosità arrivò a cancellare dalla Valsugana gli ultimi resti striscianti del protestantesimo”. Gerolamo Bertondello morì a Borgo il 21 giugno del 1692 e, trovandosi senza eredi (tutti i suoi figli erano morti), lasciò tutto il suo patrimonio a Giovanni Paolo Hippoliti, sposo di una sua nipote. Impegnando, in questo modo, la famiglia Hippoliti a trasferirsi da Pergine a Borgo Valsugana. Ancora oggi il suo stemma è ben visibile sulla facciata del palazzo ex Hippoliti sul corso Ausugum ed il comune di Borgo Valsugana gli ha dedicato una via che si trova nei pressi dell’ex campo da calcio in viale Vicenza.