Valsugana News 3/2022 Aprile

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Ieri avvenne di Massimo Dalledonne

LA GUERRA RUSTICA

IN VALSUGANA Q

uando si parla di “comunanza dei beni”, delle ribellioni che, all’inizio del 1500, con le dottrine del Mùnzen accesero le prime ribellioni in Germania, quanto di noi hanno subito legato questi fatti alle Guerre Rustiche che interessarono la Valsugana? Una guerra che, i fedeli degli Asburgo, a suo tempo hanno ribattezzato come la “Guerra dei Carnèr”, una chiara allusione al misero sacco di vettovaglie che ciascun combattente portava con sé. Il popolo basso o popolino, come veniva chiamato, che si era stufato dei sopprusi dei feudatari, delle angherie dei capitani dei castelli e dei loro scagnozzi. Così come delle decime ecclesiastiche e dell’eccessiva fiscalità dei tributi civili. Non mancarono i bagni di sangue e le varie Diete, famose quelle di Merano e Innsbruck, per restare vicino a noi a cui parteciparono anche rappresentanti valsuganotti. I loro nomi? Da Levico “el Chemel et Agnol caliaro”, Franiscus de Caldonazzo, Gerardinus Brutus de Madrano e Tommasus di Costasavina di Pergine. Richieste sottoposte all’allora conte del Tirolo duca Ferdinando, messe nere su bianco anche da Franciscus Pilonus detto Clauser di Pergine, il notaro J. Dominicus Valerianus e ser Guglielmus Chimelli di Levico. Diete che, come ricorda Antonio Zanetel, non portarono a nessun risultato per i delegati del popolo. Da qui la decisione si passare dalle parole ai fatti. Siamo nell’agosto del 1525 quando anche in Valsugana la situazione precipita. Dopo una riunione a Pergine, il 25 dello stesso, mese “gli Strignati e i Bienati – come ricorda Zanetel nel Di-

zionario Biografico di uomini del Trentino Sud-Orientale - dopo aver dato l’assalto al Castel Telvana, attesero sul ponte del Chieppena il capitano Giorgio Pueler. Si aprì una disputa chiusa da una schioppettata tirata da Simone de Gentilibus de Strigno che ferì mortalmente il Pueler. Giacomo Snaider, pure di Strigno, finì il malcapitato tagliandoli con una spada le gambe. Il Pueler fu sepolto a Pergine dove, nella parrocchiale, una lapide lo, ricorda ancora”. I suoi resti, come si legge ancora, furono portati in piazza e ogni capo famiglia del contado aveva dato uno schiaffo sul volto del cadavere. Uno solo si rifiutò, un certo “Nicoletti di Ospedaletto” la cui famiglia fu investita, per qualche secolo, del diritto di pesca e di caccia. Ancora Zanetel. “I rivoltosi mossero verso Castel Telvana dove furono respinti dai Welsberg. Una volta unitosi ai rivoltosi di Borgo, condotti da Sebastiano della Sbetta, marciarono verso Cirè d Pergine per unirsi ai rivoltosi di Caldonazzo, Levico, Civezzano, Miola, Vigolo Vattaro e Povo. In 4 mila scesero su Trento, armati come la loro povertà poteva permettere”. Vennero accolti dalle cannonate delle guardie del castello e respinti. Iniziò, poi, l’arresto dei maggiori responsabili con una taglia di 50 ragnesi a chiunque avesse condotto uno di loro alle autorità e l’assoluzione di ogni condanna a chi ne avesse ucciso almeno uno. In tanti fuggirono. Ecco i loro nomi: Vettor de Piero Grande, sindaco di Levico, Vettor de Libardo,

Castel Telvana Borgo

Gasparo de Bontura e Antonio Rosso, Guglielmo del Chimello, Mathio Trentinello, Domenico Valeriano, Matthia de Libardo e Bernardo Barezza. Il 2 ottobre in cinque vennero decapitati a Trento: tra loro Cristello da Pinè e Bartolomeo Salvadori di Caldonazzo. Nello stesso giorno a Pietro Cola di Caldonazzo venne mozzata la lingua, stessa sorte per il pittore Francesco Corradi e suo nipote Gaudenzio di Borgo il 23 dicembre dello stesso anno. Al tagliapietra Filippo di Como, di stanza in Valsugana, furono cavati gli occhi. Il 16 ottobre venne decapitato anche Giacomo Corradi di Borgo. E non è finita. Come scrive ancora Antonio Zanetel “Il 14 aprile del 1526 venne tagliata la testa a Nicolò Federici di Roncogno ed il 15 luglio a Simone de Gentili di Strigno, l’uccisore del Puele. La guerra rustica non fu un episodio staccato ma la compartecipazione della gente anche della Valsugana ad un movimento più vasto che vide protagonista anche Michael Gaismayr, fomentatore della rivolta nel Tirolo. Che, fuggito in quel di Padova, venne raggiunto da emissari prezzolati ed ucciso con quarantadue colpi di spada”.

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