Tra passato e presente di Waimer Perinelli
Tre garofani per Mussolini Ci sono luoghi apparentemente normali in realtà appartenenti alla storia di un popolo e spesso a quella personale. È il caso del ristorante Ai Tre Garofani di via Mazzini a Trento, socio della strada del vino e dei sapori di Trento e Valsugana, chiuso dal quattro novembre scorso. Quella porta, per ora sbarrata, racchiude una parte importante della nostra storia.
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a parte della mia storia di quando, studente universitario, vi cenavo gustando piatti tipicamente trentini da trattoria. Fa parte della storia del socialismo trentino perché era all’inizio del 900 ritrovo dei rivoluzionari socialisti e sindacalisti della città. Qui arrivò il ventiseienne Benito Mussolini, socialista, e il locale entrò nella storia d’Italia. Era questa l’atmosfera che respiravo, quella del garofano della rivoluzione portoghese del 1974 e del garofano di Bettino Craxi : il garofano rosso del socialismo. Il colore che all’inizio del 900 era anche di Benito Mussolini il quale a Trento ed in questo locale dette un importante saggio di intelligenza, versatilità ed opportunismo. Era il febbraio del 1909 quando venne in città, con l’incarico di caporedattore del giornale “Il Popolo”, di Ce-
sare Battisti, stipendiato dalla Camera del Lavoro di cui era stato nominato segretario. Trento con il suo cattolicesimo disturbava il giovane Mussolini, pronto alla rissa ed alla polemica, cosa che fece egregiamente contro il giovane Alcide De Gasperi, direttore del giornale “Il Trentino” e avviato al Parlamento di Vienna. Il futuro Duce, dopo avere conseguito il diploma magistrale nel 1901 presso un collegio di religiosi, aveva maturato un forte sentimento anticlericale. Già nel 1904 aveva pubblicato un saggio dal titolo “Dio non esiste” nel quale veniva riassunta la tesi esposta a Ginevra in un contraddittorio con il sacerdote evangelista Alfredo Taglialatela. Questo sentimento era destinato a rafforzarsi e scatenarsi nel cattolicissimo Trentino. Proprio all’ Osteria Ai Tre Garofani diede una prova di ateismo in forma demagogica e plateale. Le cronache raccontano di una sera in cui, al termine di un lungo dibattito come sfida alla stampa cattolica e per replicare a chi, anche fra i socialisti, sosteneva la tesi dell’esistenza di Dio, egli salì sopra Cesare Battisti, discorso antimilitarista pubblicato su Il Popolo - 28 giugno 1912 un tavolo e pro-
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Benito Mussolini da giovane (da il Dolomiti)
vocò il Padre Eterno. “Io, disse, sostengo che non esiste, ma se così non fosse lo sfido a fulminarmi entro il tempo ragionevole di cinque minuti”. Davanti ai compagni ammutoliti estrasse l’orologio. Naturalmente non accadde nulla, fuori non c’era nemmeno un temporale, e l’azione un po’ fanfarona ebbe clamore e successo. A bocce ferme c’è chi sostiene che il tempo si era fermato e che quei cinque minuti sono tornati a contare nel 1945 quando il Duce, al termine di un conflitto devastante per l’Italia, venne fucilato a Dongo e il suo corpo esposto in piazzale Loreto. Altre e più serie furono negli otto mesi di permanenza a Trento, le sue azioni letterarie anticlericali. Pubblicò alcuni scritti e fra questi il suggestivo