Valsugana News n. 10/2020 Dicembre

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Il Natale di Bontà di Mario Pacher

Echi di un Natale lontano, fatto rivivere in questo patetico racconto Il vecchio Giacomo era organista di un piccolo paese di montagna. Era un uomo alto, con una lunga barba bianca ed era musicista fino in fondo all’anima e durante i bei anni della sua gioventù studiosa, aveva composto una Messa in mi bemolle che doveva assicurargli la gloria. Ma era troppo giovane allora per imporsi al pubblico e troppo poco fortunato anche per far stampare la sua opera. Bisognava attendere. Poi si sposò. Le spese erano aumentate, tuttavia egli economizzava soldo su soldo per far stampare il suo lavoro. Ma più volte fu necessario rompere il salvadanaio, ora era una nascita, ora una malattia, ora un lutto. Il denaro che doveva assicurare la sua gloria servì più di una volta a pagare i debiti e ogni volta davanti ad un salvadanaio nuovo, Giacomo sentiva dentro di se rinascere il coraggio. Tuttavia, un po’ alla volta, il salvadanaio si era di nuovo riempito. Un giorno lo spezzò con mano tremante e tenendo sotto il braccio il fascicolo del manoscritto e carezzando con la mano la pesante borsetta che teneva nella saccoccia, il vecchio Giacomo si avviò alla stamperia. Nel suo cammino passò davanti ad una casa le cui porte e finestre erano tristemente spalancate. Vi entrò e vide due donne in lutto, una vecchia dai capelli bianchi e una giovane dai capelli d’oro. Piangevano serrate una contro l’altra. Il vecchio organista comprese subito tutto il dramma. Con un gesto brusco si avvicinò alle due donne e levando di saccoccia la borsa di cuoio nella quale era stato

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versato il contenuto del salvadanaio della Messa, “prendete questo” le disse. E siccome la donna lo guardava sbalordita, egli insistette: “Prendete vi dico, io sono vecchio. Ho risparmiato questo denaro di cui non so cosa fare”. E scoprendo con un gesto grazioso la sua testa bianca, si allontanò in direzione di casa sua. Ma il buon Dio doveva ricompensarlo della sua generosa azione. Il parroco del paese venne a trovarlo il giorno dopo. S’era alla fine dell’Avvento. Che cosa ci suonerete alla Messa granda la notte di Natale caro Giacomo? Signor parroco, disse il vecchio Giacomo tutto tremante. “Se lei è contendo suonerò una mia Messa, la mia Messa in mi bemolle”. Il parroco esitò un poco. Era la prima volta che Giacomo gli si presentava come compositore. “Ma sì che son contento”, disse dopo un breve istante. “Solamente vorrei che prima me ne deste una prima audizione”. Il parroco lo aspettava con un altro amico, un uomo piccolo, buono, vivace, critico musicale. Giacomo salì la stretta scala della cantoria con una strana luce negli occhi. Dopo qualche istante la melodia saliva verso le volte semibuie del tempio. La voce dell’organo sembrava quella di un vivente. Essa implorava magnificamente al Kyrie mentre accordi di una ricchezza incomparabile si udivano nel Credo e nel Sanctus, così come nell’Agnus Dei. Il parroco e il critico musicale nascosti in uno stallo del coro oscuro, erano inginocchiati con la testa fra le mani in un atteggiamento profondamente commosso.

Come Giacomo, il vecchio organista

Quando la voce sublime cessò di farsi sentire, salirono tutti e due sull’organo. Il vecchio Giacomo era lì, le mani ancora posate sulla testiera, muto con la testa riversata un po’ all’indietro. Un chiarore soprannaturale illuminava la vasta fronte pallida e gli occhi estasiati del vecchio erano fissi verso la volta, dove si vibravano ancora dei brani d’armonia. Parve ch’egli non sentisse i passi né le voci dei due sopraggiunti. Ah, che musica veramente bella signore, diceva il critico, suonatela ad un concerto del conservatorio di Milano e l’indomani sarete celebre, ve l’assicuro. Caro il mio Giacomo avete composto una Messa veramente sublime. Poi, siccome l’organista non si muoveva, il parroco gli toccò la spalla. Il corpo inerte cadde nelle braccia del sacerdote. Il Signore aveva avuto pietà del suo buon servo. Aveva preso il vecchio Giacomo nell’ebbrezza del sogno sublime realizzato e fu in paradiso che all’indomani nella grande festa, il pio e generoso organista eseguì, per la seconda volta, la sua Messa in mi bemolle.


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