Valsugana News n. 2/2021 Marzo

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Società oggi: CHALLENGES MORTALI di Nicola Maschio

I RISCHI ONLINE che mettono

in PERICOLO i PIÙ PICCOLI

I

nternet ha rappresentato, per tutti noi, un’enorme rivoluzione. Si è aperto un vero e proprio nuovo mondo fatto di notizie, immagini, video e social network. Ma anche pericoli. Più di quanti si possano immaginare. Un triste fenomeno su tutti si è diffuso in questi ultimi anni: quello dei giochi online. Tra l’altro, va detto, definirli “giochi” è fuori luogo. Potremmo etichettarli come “sfide”? Forse. Ad ogni modo, qualsiasi termine si decida di utilizzare per descriverli, ciò che è innegabile è la loro grandissima pericolosità. Sul web, ad esempio, vengono definite “Challanges mortali”. Partiamo da quella probabilmente più famosa, la trappola della Balena Blu, più comunemente nota come “Blue Whale”. Ideata dal 22enne russo Philipp Budeikin, studente di psicologia arrestato nel 2017, la sfida comportava una serie di passaggi e di ordini dati dal “curatore” (in questo caso, appunto, il giovane Budeikin) sempre più inquietanti. In un primo momento qualche taglio sulle braccia, poi la visione di video dell’orrore nelle ore notturne. Piccole azioni, ma sinonime dell’inizio della fine. Si perché questa sfida, terminati tutti gli ordini del curatore, portava le persone al suicidio. Nello specifico, all’interno della lunga lista di ordini (50 in tutto, uno al giorno) alcuni erano volti a “preparare” la persona all’atto finale: si doveva per prima cosa scegliere un edificio molto alto, poi salire sul tetto di quest’ultimo, sporgersi leggermente, fino ad arrivare agli ultimi ordini i quali, in modo del tutto surreale, portavano la vittima ad accettare il

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giorno e l’ora della propria morte, stabilite dal curatore. E quel giorno, dopo altre sfide dell’orrore, la “balena” (così erano chiamati i partecipanti al gioco) doveva lanciarsi dal tetto di un edificio. Unitamente a ciò, il soggetto passava giornate intere senza parlare con nessuno, isolandosi dal mondo, procurandosi un dolore sempre maggiore, fino a togliersi definitivamente la vita. Una spirale discendente di orrori, da lasciare basiti ma, soprattutto, increduli nel pensare che qualcuno abbia davvero deciso di seguire tutti questi terribili passaggi. Leggere le testimonianze di chi è riuscito ad interrompere il gioco, ma anche osservare i video di coloro che hanno deciso di togliersi la vita, fa rabbrividire. Ma non è tutto, perché a questa tragica sfida ne sono seguite altre. Molte altre. Le vittime, per la maggior parte, sono state giovani con problemi famigliari alle spalle, che necessitavano di attenzione o con gravi complicazioni relazionali. Pensiamo ad esempio alla Fire Challenge, sfida nata e praticata soprattutto negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che portava i ragazzi a cospargersi di liquido infiam-

mabile e darsi fuoco, rigorosamente filmati dalla propria videocamera. Ancora, va citata la Momo Challenge, con la comparsa di una spaventosa maschera all’interno di video per bambini: il personaggio in questione, per l’appunto Momo, diceva al telespettatore cosa fare per procurarsi dolore fisico, ferendosi e facendosi del male. Fortunatamente, nonostante la paura che anche questo nuovo fenomeno si diffondesse a macchia di leopardo per tutto il globo, i casi di denunce e gli episodi di autolesionismo sono stati pochi. Scampato pericolo? Per nulla. Ultimo episodio in ordine cronologico è stato quello di Johnatan Galindo, personaggio immaginario apparso nella celebre app Tik Tok. Un uomo con la maschera da cane, simile al Pippo dei cartoni animati, che incita alla violenza gli spettatori più piccoli. Anche in questo caso, correndo velocemente ai ripari, si è riusciti ad interrompere il fenomeno sul nascere. Ma i problemi restano e, oggi più che mai visto che spesso siamo costretti a casa, occorre monitorare con cura le attenzioni che i più piccoli riservano al vasto mondo del web.


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