Pittura e arte di Waimer Perinelli
PIETRO VERDINI Il re del bosco William Shakespeare ambienta la commedia “Sogno di una notte di mezza estate” in un bosco. Fra alberi e cespugli vivono Oberon, re delle fate, e la moglie Titania. Al loro servizio è Puck o Goodfellow, un folletto, lo spirito del bosco a cui viene affidato il fiore magico, la viola del pensiero, con il quale combinare e scombinare amori. Vittima dei suoi errori anche la regina Titania che s'innamorerà di un asino.
P
erdonate l’ ardita sintesi di un lungo e divertente intreccio della celebre commedia con il quale voglio introdurvi a Piero Verdini, la cui passione per il bosco e le sue magie mi ha preso sfogliando il libro “ Il re del bosco”di Maria Luisa Clerico illustrato dal pittore trentino. Che proprio trentino non è essendo nato e vissuto a lungo in Lunigiana, sull’appennino toscano, al confine fra Liguria ed Emilia dove nel mare si getta il fiume Magra. Pietro ha disegnato una ventina di tavole dove sono racchiuse le magie, i folletti, gli spiriti del bosco. Piante, cespugli, ruscelli, circondano il mondo fatato dell’artista che, come racconta, ha trovato il vero bosco solo in Trentino, nel bellunese e nel Feltrino, ai piedi delle Dolomiti. “Sull’appennino toscano, dice, la fitta vegetazione impedisce il normale accesso e a parte la presenza di qualche quercia, non si può parlare di vero e proprio bosco”. L’incontro con il vero bosco è avvenuto quando era un giovane allievo finanziere di stanza a Predazzo. Un incontro tardivo ma affascinante. già grandicello. “ E’ accaduto, racconta, durante un’esercitazione nella zona di Paneveggio, Pale di San Martino: Fui colpito da quella foresta fatta di grandi alberi, abeti, pini, larici.” Fu una folgorazione testimoniata da sessant’anni di pittura dove grandi alberi, spogli ma non brulli, si
piegano, a corona, ai due lati di una strada, o solo un viottolo, intrecciandosi al centro: formando cattedrali. E’ stato scritto che si tratta di architetture gotiche ma, nell’interpretazione dell’artista sono solo di foreste sacre nelle quali i veri protagonisti sono gli animali. “Caprioli, orsi, lupi, gufi sono i veri e sacri abitanti del bosco, dice Verdini. Lo abitano lo possiedono e ne sono posseduti”. Il bosco impresso da Verdini sulla tela con i suoi colori originali, il nero, il blu, un po’ di bianco e qualche gocciolina di rosso, è raramente visitato da figure umane. In qualche caso le vediamo con la testa piegata, intente a rimirar le stelle. “Come per Dante Alighieri il quale nel mezzo del cammin di sua vita, che è poi la nostra, si ritrovò in una selva oscura” dice Verdini, e ne uscì proprio davanti alle stelle. Io sono convinto, aggiunge, che anche Gesù sia nato in un bosco ed è per questo che in qualche caso sopra la selva ho dipinto l’angelo che, con un dito indica la via ai pastori”. Una via irta di pericoli nella selva di piante così come in quella della vita. Pietro Verdini racconta spesso dell’esperienza del collegio dei frati francescani di La Verna in Toscana dove entrò seminarista a dodici anni. “In questa località c’è una selva impressionate, fantastica, fitta, capace di impressionare anche il poeta Dino
Fontana, dice Verdini. Il poeta, che io amo, l’ha vissuta intensamente nei pellegrinaggi fra l’Emilia e la Toscana. Vi si fermava spesso, anche per quindici giorni, cibandosi solo di foglie ed erbe. Nei Canti Orfici la descrive in tutta la sua magia e spiritualità”. Due ingredienti della vita che lo porteranno alla follia a stessa che anima il Sogno di Shakespeare nel quale alla fine tutto si risolve per il meglio. Così sono le cattedrali di Pietro ed egli realizzandole le esplora inserendo, come Puck, l’elisir di viola del pensiero nelle cui opere si riflettono immaginazione, realtà e un po’ di viola del pensiero, dona un pizzico di follia che rende sopportabile la vita.
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