Storie di ieri di Mario Pacher
Quanto è bella
l'AMICIZIA Q
uella che vi raccontiamo è una storia vera, di come accadde che tra il capitano della Wehrmacht Hermann Bais e l’alpino Riccardo Negriolli, suo prigioniero di guerra, si stabilirono una patto di pace ed una profonda amicizia. Una vicenda intessuta di angoscia, di speranza, di gioia inaspettata, di fede nella Divina Provvidenza e nel senso di umanità che riescono talvolta a farsi strada anche durante una guerra. A raccontare questo toccante episodio della seconda guerra mondiale sono sia i diari scritti da Maria Deipradi sposata Negriolli, sia le testimonianze dei figli più grandi, che gentilmente ci hanno permesso di vivere l’emozione di una vicenda avvincente. All’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943 tra Italia ed Alleati, anche l’alpino Riccardo Negriolli, nella caserma del suo reggimento in Francia meridionale, fu svegliato dai Tedeschi che ottennero la resa della guarnigione alpina italiana. Riccardo fu assegnato allo smistamento di vettovagliamenti in un magazzino militare, in Provenza. Lì, come scrisse in una lettera del 15 febbraio 1944 alla moglie Maria che viveva a Selva di Levico, si trovava abbastanza bene. Scrive Maria nel suo diario: “Per fortuna Riccardo non mi chiedeva di spedirgli dei viveri, come a molti altri accadeva; per me sarebbe stata una pena non poterlo aiutare, con le modeste 17 lire al giorno del sussidio per me e per i 3 bambini. Un giorno, verso sera, udii
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salire dalla strada delle voci concitate: “ E’ arrivato il Riccardo della Maria!!” Sono corsa fuori, ho guardato verso la piazza, da prima si è visto spuntare un cappello di alpino e, sotto, la sua faccia ridente e la figura imponente. In casa, abbracci e lacrime di gioia!! Poi, una domanda : come aveva fatto a fuggire Il capitano Bais dalla prigionia? E qui Maria ed i suoi due bambini maggiori (Sofia ed Enrico, mentre Romano era ancora troppo piccolo per capire) ascoltarono stupiti e affascinati il papà che raccontava un fatto quasi incredibile per un tempo di guerra. Il comandante del campo, capitano Bais, era diventato suo amico, si stimavano molto, parlavano con nostalgia delle loro famiglie lontane e detestavano chi aveva voluto quella guerra. Finchè un giorno il capitano gli disse: “quando il treno ci trasferirà dalla Francia a Roma, tu scenderai e andrai a casa, dalla tua famiglia, per tre settimane. Ma mi devi promettere che poi ritornerai al campo di prigionia-lavoro a Roma, dove sei destinato e dove io ti aspetterò.” Riccardo lo aveva ringraziato commosso e felice. Sapeva che quel capitano rischiava la fucilazione, per quel gesto di umanità e generosità. Si avvicinava inesorabile la data
entro la quale Riccardo, per mantenere fede alla parola data al capitano tedesco, doveva rientrare in prigionia. Scriveva Maria: “ Da Trento, un treno merci l’avrebbe portato a Firenze e poi Roma. Alla stazione, ci abbracciammo muti, angosciati, pieni di dubbi. Io dovevo tornare subito dai bambini, risalivo con malavoglia, lentamente, il viale della stazione, mi sentivo triste ed impaurita. Ma ecco che, giunta davanti alla chiesetta della Madonna del Pezzo, ebbi come un’illuminazione, una forte emozione ed una voce interiore mi disse “Dio te lo ha mandato a casa e tu lo lasci andare via a morire?.. ” Corsi ansante in stazione, tutto era buio, chiamai; lui mi rispose, vidi avanzare la sua grande sagoma, mi buttai tra le sue braccia e con un soffio gli dissi:”sono venuta a prenderti, andiamo a casa. Ci avviammo verso casa, convinti che era stata la Madonna ad indicarci la