Molti non sanno che pesce e carne surgelati possono essere consumati tranquillamente fino a 2 mesi dopo la scadenza (photo © Paulus N. Rusyanto). yogurt, uova, pasta fresca ripiena, solo per fare alcuni esempi. I termini di conservazione sono stabili dal produttore sulla base della propria esperienza, delle caratteristiche del prodotto e talvolta anche delle proprie esigenze commerciali, come per esempio la necessità di una rotazione frequente nello scaffale. Ma ci sono prodotti che sottostanno a regole rigide che prevedono tempi di consumo predefiniti per legge, che l’azienda produttrice non può scegliere di allungare, nemmeno volendo. Chi vuole mangiare bene, tutelando la propria salute e con un occhio al portafoglio, dovrebbe sapere che il tonno in scatola è ottimo anche dopo qualche mese dal termine indicato sulla confezione, così come pasta e riso. Il pesce e la carne surgelati fino a 2 mesi dopo la scadenza, i succhi di frutta addirittura 6, mentre l’olio può essere consumato ancora per 1 anno dopo che sono trascorsi 18 mesi dall’imbottigliamento. I biscotti, invece, iniziano a perdere la loro fragranza dopo qualche settimana, pur restando perfettamente edibili. Maggiore rigidità è necessaria per cibi che vanno incontro, per loro natura, ad una rapida deperibilità, quali pasta, carni e formaggi freschi, latte e prodotti caseari freschi, insalata in busta e prodotti ittici freschi. Superata la data di
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scadenza, il consumo non solo non è più raccomandato ma potrebbe essere addirittura nocivo, a causa della proliferazione dei batteri. È per questo motivo che la legge ne vieta la vendita oltrepassato il termine. Fanno eccezione gli yogurt, che possono essere consumati fino ad una settimana dopo la scadenza, sebbene le proprietà nutritive risultino ridotte a causa della diminuzione dei fermenti lattici. Alcuni formaggi freschi richiedono un discorso inverso. Se per qualunque motivo la catena del freddo venisse interrotta, anche solo per poco tempo, sia che questo avvenga in ambito logistico, al supermercato, nel trasporto dal negozio a casa o nel proprio frigo, il consumo è vivamente raccomandato prima della scadenza. Il degrado sensoriale in questi casi è infatti assicurato, anche se non necessariamente accompagnato da un tale incremento dei batteri da generare un pericolo per la salute. Al contrario, nei formaggi stagionati e a pasta dura l’elasticità è d’obbligo: oltrepassata la data di scadenza potrebbero formare della muffa, ma è sufficiente rimuoverla con accuratezza per poterli consumare senza pericolo. Nel caso delle uova la scadenza è fissata per legge, perentoriamente, entro i 28 giorni dalla deposizione. Dopo, infatti, le membrane interne cominciano ad alterarsi e aumenta
il rischio di intossicazione da salmonella. Inoltre, se si necessita un utilizzo a crudo, per esempio per maionese, salse o creme, il consiglio è quello di utilizzarle freschissime, ben lontane dal termine ultimo di conservazione. Il pesce e i piatti surgelati in genere possono essere consumati, se ne è prevista la cottura, anche fino a 2 mesi dopo la scadenza, purché la loro conservazione sia avvenuta correttamente. Nel caso in cui il pesce debba essere consumato crudo, invece, è importante attenersi rigidamente alla data esposta. E a proposito di prodotto fortemente a rischio, il salmone fresco affumicato ed affettato è tra i prodotti più delicati a causa della facile contaminazione da Listeria, pertanto non è consentita elasticità alcuna. Stessa cosa dicasi per i salumi affettati in busta in atmosfera modificata, sebbene ci possono essere differenze importanti sulla durabilità, dovute a modalità di lavorazione, umidità e tipologia del salume. Ma in generale, per i cibi freschi, il caldo dei mesi estivi può agevolarne la deperibilità, pertanto può essere opportuno, per gustarli al meglio, anticipare il consumo di qualche giorno rispetto all’indicazione di scadenza. Insomma, quella che nel linguaggio comune tra consumatori è la “data di scadenza” è in realtà spesso un concetto molto meno rigido di quanto si immagini. Lo fa presente una nota insegna tedesca della Grande Distribuzione Organizzata operante anche in Italia, che ha di recente avviato una campagna di sensibilizzazione verso i propri clienti, invitandoli a verificare, quando hanno in frigo un prodotto alimentare, non solo se quel termine di consumazione — il cosiddetto BBD, Best Before Date — è stato effettivamente superato, ma anche se alcuni degli aspetti qualitativi del prodotto sono effettivamente compromessi, come il colore, l’odore o il sapore. Il fatto che quel cibo sia “scaduto” non significa infatti che non abbia più un buon sapore o che sia dannoso. Le regole, tutte di buon senso, sono di verificare i termini
Eurocarni, 10/21