Risiko libico -------------------------------------------------------------------------------------------------------L’avanzata dell’asse turco-russo e la sconfitta dell’Italia nello scacchiere geopolitico nordafricano
Perché ci interessa così tanto la Libia? Ci sono guerre orribili di cui nessuno parla e conflitti irrisolti che macinano migliaia di vittime ogni anno ma che non godono del privilegio di trovare i leader dei maggiori Paesi del mondo schierati con una fazione o con l’altra e che non sono il tema centrale di summit straordinari i cui resoconti riempiono le prime pagine dei maggiori quotidiani internazionali. La Libia, invece, gode di questo particolare e al contempo triste favore, tanto che i due vertici di Mosca e Berlino, in cui si è cercato di far firmare una tregua ai due rivali libici, sono stati seguiti con la massima attenzione ed hanno spesso scalzato le notizie di politica nazionale dai primi secondi dei telegiornali. Il motivo è molto semplice e, a pensarci, oggi fa sorridere il soprannome che ad inizio Novecento, in occasione della guerra italo-turca, Salvemini coniò per la Libia: “lo scatolone di sabbia”. Come ad intendere l’inutilità della zona dal punto di vista delle risorse che vi si potevano sfruttare. Poi, negli anni sessanta, si è scoperto che quella che in era fascista era stata un’inutile colonia italiana era in realtà ricca di giacimenti petroliferi su cui l’Italia, per mezzo dell’Eni, la Francia, gli Stati Uniti e la Turchia hanno prima o dopo mostrato forti interessi. Oggi, dopo la caduta del colonnello Muammar Gheddafi a metà delle rivolte della primavera araba del 20102012, lo “scatolone di petrolio” 16
Scomodo
Gennaio 2020