Le Indie di Modi
-------------------------------------------------------------------Come il primo ministro indiano sta mettendo in pericolo la democrazia più grande del mondo
Con 1,3 miliardi di abitanti, 900 milioni di elettori ed un’ultima tornata elettorale che ha visto i seggi rimanere aperti per 39 giorni, almeno dal punto di vista quantitativo l’India è la democrazia più grande del mondo. Ed anche sulla qualità in realtà ci sarebbe ben poco da eccepire. La Costituzione del 1950 infatti, che ha da poco compiuto 70 anni, definisce l’India come una “repubblica sovrana, laica e democratica” che garantisce ai propri cittadini giustizia, uguaglianza e libertà. Nonostante le drammatiche condizioni di povertà, analfabetismo e sottosviluppo, l’India riuscì già nel 1950 ad instaurare un regime democratico funzionante, laico e moderno, che l’ha sempre ben distinta agli occhi dei paesi occidentali nel confronto con i suoi “cattivi” vicini, essendo alla fine degli anni ’40 l’unico paese democratico dell’intera Asia continentale. L’11 dicembre il Parlamento ha approvato il Citizenship Amendment Bill (CAB): una modifica di una legge di 64 anni fa che impediva ad un immigrato irregolare di diventare cittadino indiano, per stabilire invece una eccezione notevole, cioè la possibilità di ottenere la cittadinanza indiana per i tutti migranti provenienti dai paesi limitrofi — Bangladesh, Afghanistan e Pakistan — ma solamente se di fede Indù, Sikh o Cristiana, escludendo dunque categoricamente i migranti di fede musulmana. In seguito all’approvazione si sono sollevate numerose proteste in tutto il Paese, con diversi tentativi da parte del governo di reprimerle attraverso un grande dispiegamento di truppe, coprifuochi e sospensioni dei servizi internet
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Scomodo
Gennaio 2020