DONNE VISIBILI E DONNE IN CONTROLUCE
Mondi del fare e mondi del sapere, attraverso le protagoniste femminili nella Verona tra Otto e Novecento.
A cura di Maria Luisa Ferrari e Daniela Brunelli
CATALOGO DELLA MOSTRA
Verona, 14 dicembre 2022
Promotori
Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura Verona
Comitato per la promozione dell’Imprenditoria Femminile, Camera di Commercio di Verona
Confcommercio Terziario Donna
Confcommercio Terziario Donna, Verona
Patrocini
Camera dei Deputati
Regione del Veneto
Provincia di Verona
Università degli Studi di Verona
Comune di Verona
Coordinamento
Osservatorio Monografie d’Impresa APS, Verona
Curatela
Maria Luisa Ferrari, Università degli Studi di Verona
Daniela Brunelli, Università degli Studi di Verona
Comitato scientifico
Maria Luisa Ferrari, docente di Storia Economica, Università di Verona
Daniela Brunelli, direttrice del Sistema Bibliotecario, Università di Verona
Marina Garbellotti, docente di Storia Moderna, Università di Verona
Giorgio Gosetti, docente di Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro, Università di Verona
Chiara Bianchini, direttrice dell’Archivio di Stato di Verona
Nadia Olivieri, docente ricercatrice presso l’Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell’età contemporanea
Testi e ricerca iconografica
Daniela Brunelli
Maria Luisa Ferrari
Marina Garbellotti
Giorgio Gosetti
Nadia Olivieri
Coordinamento editoriale
Andrea Dilemmi, Cierre edizioni
Grafica
Serena di Fidio, BananaStudio / Cierre Grafica
Stampa
pannelli: Simeoni Arti Grafiche
catalogo: Cierre Grafica
Allestimento
Basso Architetti
Ringraziamenti
Si ringraziano le Istituzioni di seguito elencate e il personale ivi dedicato che, con competenza e dedizione, ha offerto un prezioso supporto nel corso delle ricerche storiche:
Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona
Accademia Galileiana Padova
AIDDA Associazione imprenditrici e Donne Dirigenti d’Azienda
Archivio di Stato di Verona
Biblioteca Civica di Verona
Biblioteca d’Arte del Museo di Castelvecchio
Biblioteca «Paolo Rigoli» del Conservatorio E. F. Dall’Abaco di Verona
Comunità ebraica di Verona
Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, Milano
Sistema Bibliotecario dell’Università di Verona
Società Letteraria di Verona
Si ringraziano con sentita riconoscenza, inoltre, le persone e i familiari delle donne cui sono dedicate le biografie in mostra per la generosa disponibilità, la preziosa collaborazione e i sostanziali contributi offerti.
L’editore dichiara di aver fatto tutto il possibile per ottemperare ai diritti di riproduzione delle immagini e rimane a disposizione per assolvere eventuali spettanze per le immagini di cui non sia stato possibile reperire la fonte.
© 2022 Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura Verona
C.so Porta Nuova 96, 37122 Verona
Tel. 045 8085011 - Fax 045 8085789
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ISBN 978-88-5520-195-7
© 2022 per la presente edizione: Cierre edizioni via Ciro Ferrari 5, 37066 Sommacampagna, Verona
tel. 045 8581572
https://edizioni.cierrenet.it • edizioni@cierrenet.it
DONNE VISIBILI E DONNE IN CONTROLUCE
Mondi del fare e mondi del sapere, attraverso le protagoniste femminili nella Verona tra Otto e Novecento.
A cura di Maria Luisa Ferrari e Daniela Brunelli
CATALOGO DELLA MOSTRA
Verona, 14 dicembre 2022
Nel 2016 è stata inaugurata a Montecitorio la “Sala delle Donne” dedicata a figure femminili che, per la prima volta, hanno fatto il proprio ingresso nelle istituzioni della Repubblica italiana. La Camera di Commercio di Verona, apprezzando lo spirito di questa iniziativa, ha accolto la proposta del Comitato Imprenditorialità Femminile e ha avvertito l’urgenza di replicare, nell’ambito del proprio territorio di competenza, questo progetto, creando stabilmente una galleria di ritratti di donne che a Verona si sono distinte come protagoniste – ma anche come silenziose artefici – di profondi cambiamenti evolutivi in diversi settori della società, dell’economia, della cultura e della scienza.
Verona merita una “Sala delle Donne” e la Camera di Commercio è orgogliosa di ospitarla, non come spazio temporaneo, bensì come presidio stabile di conservazione della memoria, oltre che strumento attivo, con cui l’Ente Camerale intende promuovere il rispetto e il valore di tutte le Donne.
In qualità di Presidente di Terziario Donna di Confcommercio Verona ho voluto condividere con il Comitato Imprenditorialità Femminile della Camera di Commercio l’idea di portare l’iniziativa della “Sala delle Donne” a Verona, grazie a un partenariato istituzionale tra Terziario Donna e la Camera dei Deputati. Se le donne veronesi, oggi, possono godere di condizioni migliori e contribuire alla prosperità economica e al miglioramento sociale della città di Verona – che, nel frattempo, ha assunto una dimensione europea e internazionale – lo dobbiamo anche al sacrificio, dedizione e coraggio delle figure femminili che hanno caratterizzato il periodo tra l’Ottocento e il Novecento. Non dimentichiamo che parlare di ’800 e ’900 significa ripercorrere periodi di Rivoluzione industriale, di Guerre d’Indipendenza, di conflitti mondiali e conseguenti crisi economiche, del passaggio dalla Monarchia alla Repubblica e del suffragio universale. "Donne visibili", che ricordiamo, e anche "donne in controluce" che, nei tempi passati e oggigiorno, sfuggono all'evidenza e contribuiscono con il silente e fattivo impegno al miglioramento della nostra società iniziando all'interno delle famiglie. Desidero che la “Sala delle Donne” diventi un luogo vitale in cui incontrarsi per ispirarsi dal coraggio espresso dalle storie scritte sui pannelli apposti negli spazi a loro dedicati, per voler mettere al servizio della società di oggi i nostri talenti, le nostre conoscenze, la nostra gioia di condivisione della bellezza della vita, con l’impegno e la dedizione che ci caratterizzano.
Ringrazio tutti coloro che hanno reso possibile questo sogno.
Roberta Girelli, Presidente del Comitato Imprenditorialità Femminile della Camera di Commercio di Verona
2 presentazione
Giuseppe Riello, Presidente della Camera di Commercio di Verona
La mostra intende valorizzare alcune figure femminili che, in forma diretta (donne visibili) o indiretta (donne in controluce), grazie ai loro talenti e abilità, hanno offerto un significativo contributo nello sviluppo sociale, imprenditoriale, commerciale, culturale, artistico e scientifico, nella Verona a cavallo tra Otto e Novecento. La scansione temporale presa in esame è quella che ci consente di assumere la giusta prospettiva storica, né troppo risalente nel tempo, né troppo vicino a noi, per comprendere con un certo equilibrio come si sono evoluti nell’ultimo secolo i mondi del fare e i mondi del sapere, secondo le diverse sensibilità e l’impegno delle nostre concittadine.
Si tratta, per lo più, di donne nate e vissute a Verona o che, sebbene nate altrove, hanno significativamente operato nel nostro territorio. Inoltre, non mancano luminosi esempi di donne veronesi le quali, pur non scordando mai le loro origini, hanno potuto esprimere al meglio i loro talenti spostandosi in città che al tempo potevano offrire maggiori opportunità in alcuni campi del sapere. In tutti i casi, siano donne visibili o in controluce, hanno vissuto in un periodo storico, di poco alle nostre spalle, nel quale i diritti non erano ampiamente riconosciuti, tanto meno considerati paritetici i ruoli sociali e familiari.
Il progetto si articola in due fasi: una mostra permanente nella «Sala delle donne» della Camera di Commercio, con una selezione di sintetiche biografie, e una pubblicazione scientifica, la cui uscita è prevista per il 2023, che prenderà in esame più diffusamente un numero superiore di protagoniste femminili. Per quanto riguarda l’allestimento pannelli, benché molte tra le figure prese in esame non siano schematicamente ascrivibili a un solo àmbito, per ragioni di chiarezza espositiva, si ritiene di poterle suddividere secondo macrocategorie, rinviando al volume di prossima pubblicazione gli approfondimenti biografici e una più ampia scelta di nomi.
In particolare, la mostra ci consente di comprendere come ogni donna rappresentata sia un caleidoscopio di saperi e d’interessi, idealmente rappresentativa di un intero universo femminile. A ciascuna esprimiamo un tributo di gratitudine, per ogni fatica spesa e per le vie tracciate negli ambiti in cui hanno operato, consapevoli che se noi, oggi, possiamo godere di condizioni migliori e contribuire alla prosperità economica e al miglioramento sociale della nostra città – che, nel frattempo, ha assunto una dimensione europea e internazionale – lo dobbiamo anche a loro.
Le autrici e curatrici
3 presentazione
DONNE
NELL’INDUSTRIA E NELL’ARTIGIANATO
La parità femminile
nel mondo del lavoro: una conquista recente.
In Italia alla fine del Novecento il 95% delle aziende è a carattere familiare; qui di norma operano le donne in una condizione di subalternità. Non si deve dimenticare che nel 1865 (fino al 1919) viene introdotto il codice Pisanelli, che sottopone le donne sposate all’autorità maritale nelle questioni economiche e giuridiche. Una condizione che disincentiva l’iniziativa individuale femminile, anche se, in realtà, da secoli le mogli (in assenza dei mariti) e le vedove gestiscono attività imprenditoriali. Sia pure in controluce, il loro contributo è determinante, sia nella conduzione delle aziende familiari, svolta congiuntamente con i coniugi, sia attraverso il finanziamento delle imprese operato da mogli benestanti con la loro dote o i loro patrimoni. Durante le due guerre mondiali le donne acquisiscono una inedita visibilità, sostituendo gli uomini in molte funzioni produttive. Nonostante la retorica del regime fascista le raffiguri secondo gli stereotipi tradizionali di moglie e madre, il numero delle donne proprietarie nel comparto manifatturiero si irrobustisce, soprattutto nei settori tradizionali (moda, cibo, turismo).
Varie leggi nel corso degli anni Settanta sanciscono la parità dei sessi in ambito familiare, ma si deve attendere la legge n. 125/1991 per raggiungere la parità di genere sui luoghi di lavoro. Intanto, il cammino delle donne tra il XX e il XXI secolo non si arresta: emergono imprenditrici e manager che dimostrano sempre più capacità e competenze di rilievo.
MATILDE VENTURINI IN VICENZI
(San Giovanni Lupatoto 1866 –Volon di Zevio 1944)
A San Giovanni Lupatoto, il 2 maggio 1887 sposa Sante Vicenzi, fornaio esperto. Nel 1905, rimasta vedova, ne continua l’attività specializzandosi nella produzione di biscotti e pasticcini. La gamma dei prodotti che Matilde via via acquisisce nel laboratorio artigianale è testimoniata dal suo libro di ricette, che riporta diverse tipologie di dolci e di prodotti: amaretti, savoiardi, sfogliatelle, panettoni “nadalini”, torte, confetture e liquori. Donna “accorta e intraprendente”, riesce a gestire con sagacia e piglio la sua attività, affiancata dai figli Giuseppe e Angelo. Sensibile all’innovazione, introduce sia una prima macchina per fare i biscotti siringati, sia un avanzato forno elettrico della Ditta Orlandi. Si tratta dell’avvio di una crescita imprenditoriale che si sviluppa in collaborazione tra madre e figli. La ditta, che mantiene il nome di “Vicenzi Matilde e figli”, si avvia ad un lungo percorso che la porta ad essere una realtà industriale di primo piano nel panorama italiano. L’attuale marchio di fabbrica riprende una figura iconica della fondatrice.
In alto: la famiglia Vicenzi, in braccio a Matilde il figlio Angelo, che poi continuerà l’attività; a destra logo dei prodotti Vicenzi, figura iconica della fondatrice. Per tutte le immagini: Archivio Gruppo Vicenzi.
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Matilde Vicenzi.
donne nell’industria e nell’artigianato
GIUDITTA BRASSEUR IN PAGLIANI
ANDREINA MONICELLI IN MONDADORI
(Torino 1898 – Verona 1991)
Giuditta, pur frequentando una scuola di computerista commerciale a Torino, può seguire le lezioni di una insegnante di “alta scuola francese” che trasmette le tecniche di produzione di fiori in tessuto molto diffusi, nella decorazione di ambienti di abiti e di cappelli. L’incontro con Giobatta Pagliani, pittore e scultore, trasforma la vita di Giuditta sia sentimentalmente, sia da un punto di vista lavorativo. La coppia nel 1946 si stabilisce a Verona e avvia il “Laboratorio artigianale Pagliani & Brasseur per la produzione di fiori artigianali per l’abbigliamento e l’arredamento”, riscuotendo notevole fama e successo. Ben presto ai genitori si affianca la figlia Luciana (1931), che via via assume un ruolo centrale nel laboratorio. Anche dopo il matrimonio con l’ingegnere Luigi Tosi, da cui ha quattro figli, Luciana mantiene la passione e la determinazione per proseguire l’attività, che dal 1964 viene trasferita in un grande edificio, dove casa e lavoro possono convivere. Pur mantenendo il suo carattere artigianale, negli anni l’impresa si amplia conservando un altissimo livello qualitativo.
In alto: Giuditta Brasseur in Pagliani.
In basso: operaie al lavoro nel laboratorio artigianale di via Redentore a Verona.
Per tutte le immagini: Archivio Pagliani & Brasseur.
(Ostiglia 1892 – Milano 1981)
Moglie di Arnoldo Mondadori, che sposa il 6 ottobre 1916, e sorella del drammaturgo Tommaso Monicelli, Andreina è una tipica donna “in controluce”: apparentemente ‘solo’ moglie di Arnoldo, in verità gli sta accanto con profonda competenza culturale, tessendo relazioni con gli autori di casa Mondadori, intrattenendo carteggi e offrendo loro ospitalità, a partire dagli anni di avvio della fabbrica veronese dal 1917 al 1924, e successivamente a Milano, dove la coppia trasferisce la sede legale dell’azienda. Tra i molti intellettuali con i quali Andreina intrattiene relazioni e carteggi, ricordiamo Gabriele D’Annunzio, Dino Buzzati, Ida Borletti, Valentino Bombiani, Vittore Branca, Vittorio Cini, Alba de Céspedes e altri. Fondamentale anche il ruolo da lei svolto nelle scelte aziendali operate a favore dei figli, oltre alle molteplici attività benefiche operate a favore dei più svantaggiati. È noto quanto la presenza della Mondadori a Verona abbia dato luogo ad un fiorente distretto grafico e tipografico nel corso di tutto il Novecento, favorendo una catena mai interrotta dei più illustri testimoni dell’arte tipografica. Ebbene, anche Andreina Monicelli, con il suo silenzioso impegno, ha senza dubbio contribuito allo sviluppo di tale arte nella città scaligera.
In alto: 25 febbraio 1957, Isola di San Giorgio a Venezia, presentazione dell’edizione dedicata a Carlo Goldoni in quattordici volumi. Andreina ritratta su un balcone veneziano. A destra: ingresso della industria Mondadori a Verona. Tutte le immagini da Il cinquantennio editoriale di Arnoldo Mondadori 1907-1957
5 donne nell’industria e nell’artigianato
DONNE NELL’AGRICOLTURA
Nel mondo contadino, tradizionalmente, le donne operano in ambito familiare, dove svolgono un ruolo complementare agli uomini e polivalente: dalle attività orticole, all’allevamento di animali, alla raccolta dei prodotti dei campi, oltre alla cura della casa. Tali attività comportano una minore professionalizzazione e una scarsa visibilità del lavoro femminile. A partire dalla metà del XIX secolo, soprattutto nelle regioni settentrionali, prende avvio la grande impresa capitalistica, che si avvale in larga misura di braccianti. Anche le donne sono impiegate in attività estremamente gravose. Ricordiamo, tra le molte, le mondine, le tabacchine, le addette alla raccolta di frutta e ortaggi. La crescita industriale del paese e la meccanizzazione del secondo dopoguerra portano un massiccio esodo di manodopera dalle campagne e una riduzione del bracciantato.
Numerosi recenti studi evidenziano l’avvio di una nuova qualificazione del lavoro femminile in agricoltura. Le donne imprenditrici diventano più numerose e manifestano una particolare sensibilità per l’innovazione, sia nell’agricoltura sostenibile, sia nella ricerca della qualità.
In questo percorso, un ruolo di grande rilievo va attribuito alle pioniere della scienza agraria (dalla patologia vegetale, all’entomologia, all’economia...).
Tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX sono varie le ricercatrici che operano in un settore prettamen te maschile, apportando preziosi contributi alla moderna agricoltura.
ASSUNTA BONAFINI
(San Vito al Mantico, Bussolengo 1911 –Pescantina 2002)
Nasce nella contrada denominata Colombara di San Vito al Mantico. Seconda di quattro sorelle, è l’unica a non sposarsi. Il padre, Luigi Bonafini, conduce con l’aiuto della moglie e della figlia rimasta in casa una piccola “azienda” di famiglia di circa 8 campi coltivati (7 campi a pesche e il restante a uva) e una stalla con una decina di mucche. Il 30 ottobre del 1955 muore e Assunta trova naturale raccogliere questa eredità che conserva per anni lavorando in silenzio, senza lamentarsi e con la cura semplice che hanno le donne “di campagna”. Pur nella sua semplicità dimostra capacità e competenza sia nella gestione dell’irrigazione, sia nella coltura delle piante. I familiari la ricordano come esempio della nobiltà del lavoro.
6 donne nell’agricoltura
Un lungo percorso: da “invisibili” a protagoniste.
Una famiglia contadina impegnata nella raccolta di frutta. Archivio privato Chiara Contri.
In alto: Assunta Bonafini. Archivio privato Chiara Contri.
MADDALENA SPARICI IN LANDINI DETTA “LA GRISA”
PAOLA GAMBARO IN IVANCICH
(Roma
Maddalena, madre di cinque figli, nel 1963 decide di dare una svolta alla propria vita; con il marito Remo Landini, noto imprenditore siderurgico, acquista una proprietà di 30 ettari a Sona, già destinata a tenuta di caccia. La giovane donna accoglie con determinazione e impegno la sfida di diventare imprenditrice; dopo essersi adeguatamente documentata, disbosca i terreni e assume la guida dell’Azienda Sparici Landini, che mantiene per circa 40 anni, mettendo a coltura 22 ettari a vigneto e 3 a oliveto. È tra le prime a diventare membro dell’associazione Donne del vino, del Consorzio di tutela del Vino, ricopre la carica di presidente e vicepresidente di AIDDA (associazione donne imprenditrici). È tra le prime donne europee ad essere invitata come imprenditrice dal governo cinese.
(San Martino Buon Albergo 1914 –Bovolone 1996)
AIDDA è la prima associazione italiana nata con lo specifico obiettivo di valorizzare e sostenere l’imprenditoria al femminile, il ruolo delle donne manager e delle professioniste. Dal 1961, anno di nascita di AIDDA in Italia con la Delegazione Piemonte, AIDDA si sviluppa rapidamente e nel 1972 nasce la realtà associativa nel Nord Est: la Delegazione Triveneto che comprende il Friuli Venezia Giulia, il Veneto ed il Trentino Alto Adige. Imprenditrici e dirigenti di impresa costituiscono una presenza economica valida e capace.
In alto: ritratto di Maddalena Sparici in Landini. Archivio AIDDA sede nazionale.
Entomologa agraria e biologa, Paola si laurea in Scienze Naturali nel 1937 e successivamente in Medicina. Concentra le sue ricerche sugli insetti che attaccano le piante: afidi, parassiti, acari, fitofagi ecc. Fino al 1952 svolge la sua attività presso l’Università di Padova, poi prosegue gli studi in modo indipendente, seguendo la sua tenuta di Negrar e poi anche quella del marito Mario Ivancich a Raldon. La sua linea di ricerca, sempre scientificamente rigorosa, è rivolta non solo agli aspetti teorici dell’entomologia, ma tiene in ampia considerazione le ricadute concrete, contribuendo alla realizzazione della “lotta integrata” in agricoltura. Può essere considerata a tutti gli effetti una pioniera in questo ambito di studi. I suoi numerosi lavori (75) sono pubblicati su varie riviste a livello internazionale. Nel 1954 è nominata membro effettivo dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona. Alla sua morte, lascia le sue proprietà a una cooperativa che si occupa di persone con disturbi psichici.
In alto: Paola Gambaro in Ivancich. Archivio Gruppo GAV, Giovani Amici Veronesi.
A fianco: Un’importante pubblicazione di Paola Gambaro Ivanich tra i suoi 75 contributi scientifici. Archivio privato Laura Dalla Montà.
7 donne nell’agricoltura
1922 – Peschiera 2012)
DONNE NEL COMMERCIO
GIOVANNA , GINA E SANDRA CANESTRARI
Secondo un modello ampiamente diffuso in Europa, anche a Verona nel corso dell’Ottocento avviene un’importante trasformazione nel commercio: le botteghe artigiane che uniscono produzione e vendita (collocata in prossimità della porta o sulla strada) lasciano spazio ai moderni negozi in cui le transazioni occupano spazi privati e le merci vengono poste in evidenza in eleganti vetrine. Questo cambiamento porta notevoli trasformazioni anche nell’organizzazione sociale del lavoro.
L’attività della bottega artigiana generalmente coinvolge tutta la famiglia, il nuovo modello può prevedere la presenza dei coniugi, ma anche quello di commessi e commesse.
Accanto a queste imprese solidamente strutturate esistono forme molto più precarie: sia piccole e modeste botteghe sorte con scarsi capitali, sia banchi del mercato, sia banchetti nelle piazze o per le strade, sia la vendita ambulante. Un commercio povero di prodotti alimentari, di manufatti artigianali, di oggetti d’uso quotidiano. In tali ambiti, all’inizio del Novecento le donne trovano spazi di autonomia, infatti, è sufficiente un assenso preliminare da parte del marito per intraprendere l’attività commerciale. Con il boom economico e la crescita dei consumi la presenza femminile trova nuove possibilità di espressione. Sono via via più numerosi gli esercizi anche di prestigio guidati da donne, soprattutto nel campo della moda, della cultura e dell’artigianato. È un fenomeno destinato a crescere nel tempo.
Giovanna Canestrari in Steffenoni (Verona 1924 – 2014)
Gina Canestrari in Pederzoli (Verona 1926 – 1967)
Sandra Canestrari in Bassi (Verona 1929 – 1985)
Avviata da Alessandro Canestrari nel 1920, la gioielleria dalla sua apertura si colloca in via Cappello 35. L’attività cresce con gli anni e il fondatore viene affiancato dalle tre figlie Giovanna, Gina e Sandra. Il negozio offre i migliori marchi di orologi, tra cui Rolex, così come la più pregiata tradizione orafa, un assortimento particolarmente differenziato. Le tre sorelle che si succedono nella conduzione presentano grande competenza. L’attività è una delle più affermate del centro storico di Verona. Giovanna conduce l’attività fino al 1987, quando la gioielleria viene rilevata dai nipoti Gabriella e Sandro Pederzoli.
In alto: La famiglia Canestrari in occasione del matrimonio di Gina, le sorelle Giovanna e Sandra si trovano in primo piano a destra della sposa e indossano entrambe un soprabito bianco e due grandi cappelli guarniti di fiori.
Archivio privato famiglia Pederzoli Canestrari.
L’interno della gioielleria negli anni Trenta. Archivio privato famiglia Pederzoli Canestrari.
8 donne nel commercio
Il settore che offre i primi spazi di autonomia.
MARIA LUIGIA FERRAZZINI IN RIZZO DETTA MARIA ALLONI
CONCETTA (TINA) VITALE
(Albaredo all’Adige 1935 – Verona 2013)
Maria entra nel 1950 come giovanissima commessa nel negozio “Alloni fiori”, che Igino Alloni ha fondato l’anno prima in via Pellicciai 15. Nel 1975 Maria ne diventa titolare con il nome di “Alloni Maria” mantenendo l’insegna del primo titolare e quel cognome, Alloni, finisce per diventare di fatto il suo. Maria trascorre una vita a realizzare con estro composizioni per ogni occasione: dai battesimi ai fidanzamenti, dai matrimoni ai funerali. La “signora dei fiori” sa esprimere una particolare sensibilità nelle sue creazioni in cui riesce a valorizzare la personalità del cliente. Maria conduce il negozio più a lungo possibile con immutata passione, restando un punto di riferimento per i veronesi.
(Verona 1924 – 2014)
Commerciante al minuto in Piazza Erbe, Tina inizia a lavorare a dieci anni con la nonna Gigia Sessa e con la madre Anna. Nel loro banco si vendono selvaggina, funghi, tartufi, carciofi. Nel 1986, alla morte della madre, Tina diventa titolare del banco e qualche anno dopo, in seguito alle leggi restrittive sulla vendita di selvaggina, si concentra sulla preparazione dei fondi di carciofo (“siele”, in termine dialettale). In quest’ambito ottiene dei riconoscimenti locali (membro della Confraternita Enogastronomica delle Antiche Tradizioni Veronesi) e viene premiata da Giorgio Gioco, uno dei più quotati ristoratori della città. Come personaggio emblematico dei “piassaroti” (definita “la regina”) è protagonista di alcuni articoli su diversi quotidiani veronesi e non.
In alto: Tina Vitale illustra a due clienti la preparazione delle “siele” (fondi) di carciofi. In basso: Concetta (Tina) Vitale.
Tutte le foto di Tina Vitale e piazza Erbe: Archivio privato Katia Vignola, dal volume di K. Vignola, Chi ha mangiato l’ultima siela? Tina racconta la sua Piazza Erbe, Roma 2014.
9 donne nel commercio
In alto: Maria Luigia Ferrazzini in Rizzo detta Maria Alloni con i suoi fiori.
Qui sopra: una giovane Anna (detta Rosi) Sessa in Vitale, madre di Concetta, venditrice di uccellini, funghi, carciofi nel suo banco in Piazza Erbe.
DONNE ARTISTE
Fin da tempi remoti, le abilità femminili nei lavori creativi sono largamente note relativamente alle arti così dette minori. Nel Medioevo, per esempio, soprattutto all’interno dei conventi, troviamo un numero elevato di ricamatrici, miniaturiste, illustratrici di libri che hanno tramandato autentici capolavori grazie alla loro perizia artistica e artigianale. Tuttavia, l’accesso alla creatività, quale scelta esistenziale, è stato a lungo inconcepibile e in molti casi osteggiato. Le poche artiste del passato che usualmente si menzionano, infatti, evocano nei nomi quelli dei loro padri, fratelli, o mariti. Solo nel Ventesimo secolo il loro oblio è emendato, grazie a studi che hanno finalmente rilevato il valore di molte di esse. In Italia l’ammissione delle donne alle accademie d’arte è avvenuta in modo diffuso dopo l’Unità, ma il riconoscimento pubblico e l’affermazione dell’autonomia creativa hanno richiesto ancora un lento percorso, necessario per rompere schemi e pregiudizi. Verona, città d’arte che ha ispirato artisti di tutti i tempi, gode di una ricca rappresentatività di talenti artistici femminili che, tra Otto e Novecento, hanno saputo affermarsi precocemente e con rilevanza, non solo nazionale, per la loro originalità espressiva.
Andreina Robotti, Per il movimento femminile a Verona, 1974.
Archivio Cierre edizioni, Verona.
ANDREINA ANTONIOLI IN ROBOTTI
(Iseo
1913 – Verona 1996)
Nata a Iseo (Bs) trascorre l’infanzia e la gioventù a Siena, dove frequenta l’Accademia di belle Arti e familiarizza con l’arte dei pittori della scuola senese. Qui conosce il marito, Pietro Robotti, con il quale negli anni Quaranta si trasferisce a Verona, dove sperimenta diverse forme espressive artistiche, in particolare la pittura e la grafica, acquisendo una riconoscibilità sempre maggiore al punto che le sue opere figurano accanto a quelle di artiste internazionali, quali Marina Abramović, Gina Pane e Niki de Saint-Phalle. Tra gli anni Sessanta e Settanta si avvicina al movimento femminista e la sua arte diventa un mezzo per denunciare la condizione di soggezione coniugale e sociale della donna. Nell’ultimo ventennio si dedica prevalentemente all’acquerello e all’incisione. Celebri le sue opere dipinte su indumenti intimi e biancheria, quali Oltre il beato angelico, la sua vetrata per la chiesa di San Francesco d’Assisi, presso l’Arsenale austriaco di Verona, e l’opera Gotico fiorito. Artista che merita una riscoperta, nel corso della sua attività ha goduto del consenso della critica più attenta (da Dino Buzzati a Giuseppe Marchiori, da Alessandro Mozzambani a Italo Mussa, da Luigi Meneghelli a Neri Pozza).
In alto, a sinistra: Andreina Robotti ritratta di fronte a una delle sue opere. Archivio privato famiglia Robotti.
In alto, a destra: Andreina Robotti, Abiti femminili stilizzati e sovrapposti con volo d’uccelli, 1974. Gabinetto Disegni e Stampe del Museo di Castelvecchio, Musei Civici di Verona, inv. 24594 3c7934.
10 donne artiste
La lunga strada per l’accesso alla creatività, come autonoma scelta esistenziale.
ELENA SCHIAVI IN GAZZOLA
(Mantova 1914 – Negrar 2004)
Sin da giovane coltiva la vocazione artistica frequentando pittori mantovani, quali Arturo Cavicchini, dal quale apprende la grafica, e Alessandro Dal Prato, dal quale impara le tecniche dell’affresco, che poi insegna all’Accademia Cignaroli di Verona. Personalità di elevata caratura letteraria e artistica, originale e difficilmente ascrivibile a correnti predefinite, appena diciottenne esordisce alla Permanente di Milano nel 1932. Espone alla XXII Biennale di Venezia, 1940. Nel 1944 sposa Pietro Gazzola, architetto, studioso e maestro del restauro monumentale. Dagli anni Quaranta, la Schiavi si accosta all’encausto, tecnica pittorica di età greco-romana descritta da Plinio il Vecchio, che si basa sull’uso di colori a base di “cera punica” solubile a freddo, su cui pubblica nel 1961 il volume Il sale della terra, materia pittorica dell’antichità, per le edizioni Hoepli. Gli argomenti proposti dall’artista ancora oggi costituiscono un riferimento per gli studi in materia. Espone in Europa con importanti personali, nel 1957 a Parigi (Galerie de l’Institut), nel 1958 a Zurigo (Grapische Sammlung), nel 1959 a Monaco (Städtische Galerie), nel 1960 (Museo d’Arte moderna dell’Aja). In Italia è la Galleria dell’Obelisco di Roma a proporre una sua personale nel 1963. Nel 1981 Mantova le dedica una grande mostra antologica, nel Museo Civico di Palazzo Te.
(Verona 1934 – Roma 1996)
Nata a Verona, affianca il padre nella fonderia d’arte Brustolin, avviata nel 1926 da Rodolfo Brustolin. Madre di tre figli e imprenditrice in un ambito generalmente poco praticato dalle donne, ha saputo dare slancio all’impresa familiare valorizzando l’altissima qualità delle produzioni artistiche e consolidando la collaborazione con scultori di prestigio come Augusto Murer, Ugo Attardi, Cecco Bonanotte, Pericle Fazzini, Marcello Mascherini, Nag Arnoldi, Miguel Berrocal, Gino Bogoni, Mario Salazzari, Luciano Minguzzi. Tra le opere di quest’ultimo si può ricordare la porta del Bene e del Male di San Pietro in Vaticano, realizzata proprio sotto la sua conduzione. L’enorme prestigio internazionale dovuto alla perfezione dei lavori, porta Osanna a collaborare con artisti le cui opere trovano collocazione in Europa, in Australia e in Asia. Muore a 61 anni, stroncata da un infarto a Roma dove si trova per lavoro.
11 donne artiste
OSANNA BRUSTOLIN IN CAMATTA
In alto: Elena Schiavi in Gazzola. Archivio privato famiglia Gazzola.
Osanna Brustolin. Archivio privato.
Elena Schiavi, Uova su cuscino azzurro, 1961. Archivio privato famiglia Gazzola.
Elena Schiavi, Nastri fondo rosso, 1958. Archivio privato famiglia Gazzola.
Elena Schiavi, Pianta di salvia, 1978. Archivio privato famiglia Gazzola.
DONNE PER LA SCIENZA
Nel sentire comune, il binomio “donna e scienza”
sembra applicabile solo ai nostri giorni, ma non è così.
Con lo sviluppo degli studi di genere, oggi è possibile (ri)scoprire figure dimenticate e valorizzare donne che si sono distinte in ambito scientifico e tecnologico dall’antichità ai nostri giorni. Perciò, se è vero che nel periodo qui considerato, tra Otto e Novecento, per lo più le occupazioni muliebri sono sostanzialmente riconducibili a lavori di cura familiare o, al massimo, all’educazione dei fanciulli, in particolare nelle scuole primarie, non è infrequente imbattersi anche a Verona in donne che hanno avuto accesso all’istruzione universitaria e che hanno lasciato un segno, distinguendosi in una molteplicità di discipline. Appartenenti a famiglie abbienti e culturalmente sensibili, troviamo così donne che, agli inizi del XX secolo, si sono laureate in medicina, in diritto, in fisica, in archeologia, in biologia. Accanto ad esse, ci sono donne che si sono impegnate nelle professioni, o tramite attività di volontariato, per la promozione della scienza e dei suoi risultati. Ebbene, se oggi sono numerose le donne pienamente affermate in tutte le branche del sapere, lo si deve proprio a quelle pioniere che coraggiosamente, non senza difficoltà, si sono dedicate con applicazione e con forte determinazione ai loro studi.
EVAGELINA (EVA) TEA
(Biella
Nasce a Biella, ma si trasferisce bambina con la famiglia a Verona, dove il padre avvocato Alberto Tea è Segretario capo dell’Amministrazione provinciale. Favorita dal milieu culturale familiare, Eva matura l’inclinazione per lo studio della storia dell’arte. Nel 1911 si laurea in storia moderna presso l’Università di Padova, nel 1914 perfeziona gli studi a Roma in Storia dell’Arte medievale e moderna e nel biennio 1920-21 consegue il perfezionamento in Archeologia presso la Regia Università di Roma. Opera come ispettrice archeologa nei più importanti Musei e Soprintendenze d’Italia, ma è l’insegnamento universitario della Storia dell’Arte la sua vocazione e presto ottiene la libera docenza all’Università di Roma. Si trasferisce a Milano, dove insegna per molti anni all’Accademia di Brera (tra i suoi celebri allievi, ricordiamo il giovane artista fiorentino Lorenzo Milani, prima della vocazione sacerdotale) e, pressoché in contemporanea, dal 1929 al 1956, tiene la cattedra anche all’Università Cattolica. Nonostante la vita professionale l’abbia portata a vivere in molti luoghi, Verona rimane la sua città d’elezione. Nel 1954 è la prima donna a essere eletta socio onorario della prestigiosa Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona e nella città scaligera si ritira a vita privata nel 1963.
12 donne per la scienza
1886 – Tregnago 1971)
In alto: Eva Tea. Archivio privato.
A fianco: Diploma per gli studi in Storia dell’arte medievale e moderna, Università degli Studi di Roma, 8 luglio 1918.
Biblioteca d’Arte del Museo di Castelvecchio, Fondo Eva Tea
TIZIANA TOMELLERI IN NOCINI
LINA MARAZZI IN CHIAFFONI
(Verona 1930 – Verona 2011)
Dotata di molteplici interessi, appassionata di letteratura, arte contemporanea e scienze applicate, Tiziana Tomelleri è una donna che occupa un posto di rilievo nell’àmbito dell’imprenditoria veronese del ’900, ma della quale, in questo contesto, desideriamo valorizzare l’aspetto di inventrice. A suo nome, infatti, risultano depositati oltre una dozzina di brevetti europei e internazionali. Tali brevetti, hanno portato allo sviluppo, fra le altre cose, di macchinari legati all’attività di lavorazione di frutta e ortaggi che sono impiegati presso la «Meccanofrutta Italiana», con sede a Grezzana, di cui è proprietaria. Più volte premiata con prestigiosi riconoscimenti, il 23 novembre 1985 viene insignita della medaglia d’oro della Camera di Commercio di Verona «per aver conseguito un brevetto di invenzione di particolare interesse sociale». Si tratta dell’“Alisurf bimarano”, un natante a vela e a motore.
(Piacenza 1925 – Verona 2022)
Le significative battaglie per promuovere la ricerca scientifica e la cultura dell’accessibilità a Verona e nell’Italia tutta ne fanno uno straordinario simbolo, che è doveroso valorizzare. Grande Ufficiale dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana, si è spenta all’età di 97 anni nella città che nel 2011 l’ha insignita di un premio speciale “per essersi spesa a favore delle persone disabili e della ricerca”. Cofondatrice della Sezione di Verona dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, dal 1972 entra nel Direttivo nazionale della stessa associazione con il preciso incarico di promuovere la cultura dell’accessibilità. Insieme al marito, porta avanti l’impegno, dialogando con ingegneri e architetti delle Università di Torino, Milano, Venezia, Firenze, Roma. Grazie al caparbio interesse dei coniugi Chiaffoni, nel 1982 viene inaugurato il primo treno in Italia attrezzato per il trasporto di persone con disabilità. Il treno parte proprio da Verona, che diventa grazie a lei città-simbolo di inclusione a livello nazionale. Sul finire degli anni Ottanta, l’attenzione di Lina Chiaffoni si estende a Telethon, che contribuisce a portare in Italia, non venendo mai meno in lei l’impegno volto a supportare i ricercatori nel campo delle malattie genetiche rare.
In alto: Lina Marazzi in Chiaffoni.
Archivio La Cronaca di Verona
Il logo dell’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare.
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donne per la scienza
In alto: Tiziana Tomelleri in Nocini, Giappone 1984.
Archivio privato Famiglia Nocini .
DONNE IMPEGNATE POLITICAMENTE
Con la lotta di Liberazione, la parità dei diritti politici
La conquista di una piena parità, almeno formale, nella cittadinanza politica delle donne è stata l’esito di una lunga battaglia, che si può far risalire già all’Illuminismo e ai tempi della Rivoluzione francese. La Nuova Zelanda è stato il primo paese al mondo a riconoscere il diritto di voto alle donne, nel 1893; la Finlandia il primo paese europeo, nel 1906. È la grande mobilitazione femminile durante la Prima guerra mondiale a far accelerare il processo di allargamento dell’elettorato nella maggior parte dei paesi europei: la Gran Bretagna riconosce il diritto di voto alle donne nel 1918, la Germania e i Paesi Bassi nel 1919. In quello stesso anno in Italia votano per la prima volta tutti i cittadini di sesso maschile, ma le donne devono attendere la fine della Seconda guerra mondiale per poterlo fare. Un primo decreto luogotenenziale, nel gennaio 1945, prevede soltanto l’elettorato attivo (il diritto di voto) e non quello passivo (il diritto ad essere elette). Scatta la protesta delle associazioni femminili. Alla prima prova elettorale, nelle amministrative del marzo-aprile 1946, duemila donne vengono elette nei consigli comunali e alcune diventano assessore e sindache. 21 sono le donne elette nell’Assemblea costituente; cinque di loro nella Commissione dei 75 che ebbe il compito di redigere la Costituzione. Queste “madri costituenti” avevano partecipato alle lotte antifasciste e, in molti casi, alla Resistenza, come le tre donne che qui ricordiamo.
RITA (ROSENZWEIG) ROSANI
(Trieste 1920 – Monte Comun, Verona 1944)
Nata a Trieste da genitori di origine ceca e di religione ebraica, Rita è una giovane ragazza che ama la montagna e vorrebbe fare la maestra. Nel 1938, a causa delle leggi antiebraiche, viene espulsa dalla Società alpina delle Giulie e, dopo il diploma, le viene impedito l’insegnamento nelle scuole pubbliche. Decide di insegnare nella scuola aperta dalla Comunità ebraica della sua città. All’entrata in guerra dell’Italia, nel giugno del 1940, il suo fidanzato, Giacomo Nagler, viene internato a Ferramonti di Tarsia. Non si rivedranno mai più. Dopo l’8 settembre 1943, quando Trieste viene occupata dai nazisti e annessa al Reich, Rita decide di unirsi alla Resistenza. Si trasferisce nel Veronese e fonda, con il colonnello Umberto Ricca, la banda partigiana dell’Aquila, che opera in Valpolicella. Muore con le armi in pugno, a soli ventiquattro anni, in uno scontro a fuoco con le milizie fasciste impegnate in un rastrellamento, sul Monte Comun di Verona, il 17 settembre 1944. È una delle 19 donne decorate di medaglia d’oro al valor militare, l’unica di religione ebraica.
14 donne impegnate politicamente
In alto: ritratto fotografico di una giovanissima Rita Rosani. Civici Musei di Storia e Arte di Trieste.
Particolare della targa apposta sulla sinagoga di Verona.
BRIGITTE LÖWENTHAL
(Berlino 1916 – Malindi 2000)
Come Rita, anche Brigitte subisce gli effetti delle persecuzioni razziali ai danni degli ebrei. La sua famiglia, originaria di Berlino, è costretta a lasciare la Germania nel 1933. Il padre Robert, eccellente tipografo, grazie all’aiuto di Giovanni Mardersteig nel 1937 viene chiamato a Verona da Mondadori, che lo assume come direttore tecnico e continuerà a sostenerlo economicamente anche dopo il suo forzato allontanamento a causa delle leggi antiebraiche del 1938. A Verona Brigitte entra in contatto con un gruppo di artisti – lei stessa è scultrice – che diffonde materiale propagandistico ed è attivo nella lotta antifascista. Conosce così il futuro marito, Berto Zampieri, che, come gappista, prenderà parte nel luglio del 1944 alla liberazione del sindacalista Giovanni Roveda dal carcere degli Scalzi. Brigitte opera invece con il nome di battaglia “Giuseppina”. Il 28 febbraio del 1945 i Löwenthal, vedendo le milizie fasciste avvicinarsi all’abitazione di Marcemigo di Tregnago presso cui si erano rifugiati, assumono una dose letale di sonniferi. Robert e la moglie Anne Rosenwald muoiono. Solo Brigitte si salva, ma viene arrestata per la sua attività partigiana. Liberata alla fine della guerra, nel 1958 ottiene il riconoscimento della Croce al Merito di Guerra.
In alto: Brigitte Löwenthal accanto al padre Robert. A fianco: splendida immagine di Brigitte Löwenthal in tenuta da escursionista, in posa per terra. Archivio privato famiglia Zampieri.
ELISA (LISETTA) DAL CERO
(Monteforte d’Alpone 1918 – Verona 2002)
Elisa (Lisetta) Dal Cero è figura importante della Resistenza e della vita politica veronese. Nata in una famiglia di umili origini, si laurea in Fisica all’Università di Padova nel dicembre del 1941. Assieme al fratello maggiore Luciano – il famoso comandante “Paolo” – partecipa alla costituzione dei primi nuclei di Resistenza nel Veronese. Nel novembre del 1943 viene arrestata e incarcerata per qualche tempo nell’ambito della retata che pone fine al primo CLN. Attiva in molte rischiose operazioni, alla morte del fratello Luciano diventa comandante della Brigata Manara, guadagnando la medaglia di bronzo al valor militare. Nel dopoguerra si dedica alla politica: nel 1946 diventa responsabile del movimento femminile della DC veronese e nel 1951 entra in Consiglio comunale; fra il 1956 e il 1964 è assessora nelle due giunte Zanotto. Diviene Cavaliere della Repubblica nel 1956, Ufficiale nel 1960, Commendatore nel 1967 e Grand’Ufficiale nel 1968. Già professoressa di matematica, dal 1969 e sino al pensionamento ricopre il ruolo di preside in diversi istituti statali, fra cui quello di San Bonifacio, ora intitolato al fratello Luciano.
In alto: Lisetta Dal Cero come appare nel ritratto sulla Tessera di riconoscimento rilasciatale dal Municipio di Verona in qualità di Consigliera comunale per il quadriennio 1951-1954. Archivio
15 donne impegnate politicamente
La tessera UVAM di Lisetta Dal Cero del 1946. Nelle “Referenze politiche” si riporta, in sintesi, la sua attività da partigiana. Archivio privato famiglia Dal Cero.
privato famiglia Dal Cero.
SCRITTRICI, POETESSE, GIORNALISTE
Che posto occupa la donna nella storia della letteratura del nostro Paese?
Quali, tra le professioni dello scrivere, le sono favorite?
Idealizzata o, con fortune alterne, simbolo del male, la figura femminile è l’oggetto-protagonista di poemi, romanzi, saggi, poesie. Punti di vista maschili, che hanno riempito milioni di pagine di storia della letteratura – dobbiamo ammetterlo – talora con risultati di sublime bellezza. Anzitutto va considerato che, prima dell’Unità, pochi hanno accesso alla scolarizzazione e anche dopo l’unificazione del Paese il processo di alfabetizzazione impiega decenni per affermarsi. Statisticamente, quindi, le donne in grado di scrivere per lungo tempo in Italia non sono numerose e appartengono, per lo più, a classi agiate e a un miliue culturalmente privilegiato. La professione di scrittrice, sia essa autrice di romanzi, poetessa o saggista, stenta ad essere riconosciuta, tanto meno valorizzata; poche le eccezioni, quale l’autodidatta Grazia Cosima Deledda (1871-1936) insignita del Nobel per la letteratura nel 1926. Da sottolineare, invece, che nel periodo considerato autrici di ottimi libri sono spesso le insegnanti, la cui qualità professionale è così eccellente da motivare la scrittura, quale strumento di realizzazione di sé e degli studi compiuti. Verona rispecchia l’andamento nazionale: molte le insegnanti autrici di opere ancora oggi oggetto di studi, alcune delle quali iscritte alla Società Letteraria, antico Gabinetto di lettura che ai primi del Novecento apre finalmente le porte alla presenza femminile.
Particolare dell’Edicola Treves, opera dello scultore Ettore Ximenes e all’architetto Augusto Guidini, riparto Ebraico, Cimitero Monumentale di Milano.
VIRGINIA TEDESCHI IN TREVES
(Verona 1849 – Milano 1916)
Virginia Tedeschi potremmo definirla un “cervello in fuga” ante litteram: figlia di Guglielmo e di Dolce Basevi, il padre è un commerciante di filati, socio della casa editrice Drucker & Tedeschi e fratello di Achille, noto giornalista. Virginia si rivela presto una prolifica scrittrice, un’ottima giornalista e un’abile imprenditrice. Doti che sviluppa con particolare fortuna trasferendosi a Milano, dopo aver sposato l’editore Giuseppe Treves, il quale con il fratello Emilio è il fondatore della più importante casa editrice italiana d’inizio secolo. Tuttavia, recenti studi attestano che è Virginia, grazie alla sua cospicua dote, a consentire proprio l’ampliamento dell’impresa editoriale. Donna visibile, ma anche donna in controluce, dunque. Conosciuta come scrittrice con lo pseudonimo di Cordelia, fornisce un contributo fondamentale al prestigio della casa editrice Treves, fonda e dirige giornali, cura i rapporti con autori quali Gabriele D’Annunzio, Eleonora Duse, Matilde Serao, Luigi Capuana, Arrigo Boito, Ada Negri, Giovanni Verga e altri. Oggi, la sua figura viene studiata, in particolare, quale protofemminista d’inizio secolo.
In alto: foto pubblicata nel necrologio dedicato a Virginia Treves-Tedeschi (Cordelia), in «L’illustrazione italiana», 29 (1916), p. 57. Biblioteca Nazionale Centrale , Firenze, da Internet Culturale.
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scrittrici, poetesse, giornaliste
CATERINA E IDA VASSALINI
OLGA VISENTINI
(Verona 1904 – 1979; Verona 1891 – Milano 1953)
Nate in una famiglia benestante il cui padre, Bartolomeo, è figura nota nel campo dell’economia cittadina in quanto segretario della Camera di Commercio, le sorelle Vassalini si sono distinte come intellettuali di prim’ordine, oltre che come insegnanti di chiara fama. Caterina, docente di greco e latino al Liceo Scipione Maffei di Verona, intrattiene un significativo legame intellettuale con il poeta Salvatore Quasimodo e nel 1976 le viene conferita dal Presidente della Repubblica la “medaglia d’oro ai benemeriti della scuola, della cultura e dell’arte”; Ida, filosofa e indologa, docente presso alcuni licei milanesi, nel 1919 aderisce alla Lega Internazionale Femminile per la Pace e la Libertà (WILPF) con sede a Ginevra. Dell’associazione è segretaria per l’Italia e partecipa alla sua attività, fino al 1927, quando decide di allontanarsene in seguito all’esecuzione di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti negli Stati Uniti. La sua fama è tale che, per onorarne la memoria, il prestigioso Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti di Venezia bandisce un concorso per un lavoro inedito sul tema: “Gli incontri fra la filosofia indiana antica ed il pensiero filosofico dell’Occidente dopo Schopenhauer”. Le sorelle Vassalini hanno lasciato un’ampia bibliografia di scritti, cui ancora oggi attingono molti studiosi.
In alto: Caterina e Ida Vassalini. Archivio privato. Caterina Vassallini,
di
Trevisani.
(Nogara 1893 – Padova 1961)
Cugina in linea materna di Arnoldo Mondadori, nel 1920 si diploma all’Istituto superiore di Magistero di Firenze e, accanto all’insegnamento di letteratura in scuole secondarie di Rovigo, Pavia e Milano, coltiva la passione per la scrittura. Grazie al legame di parentela con Mondadori, fin dal 1914 pubblica volumi dedicati ai più piccoli e ai giovani, fino a divenire una delle più importanti scrittrici per l’infanzia in Italia. Con gli anni Trenta si nota un graduale adattarsi al clima e agli ideali del fascismo, da lei percepito come continuazione e valorizzazione del Risorgimento. Nel 1934 il romanzo Il Falco vince il concorso promosso dal Partito nazionale fascista. Dopo la sua morte, per alcuni decenni, Cerea le ha dedicato un concorso biennale di letteratura per l’infanzia, cui hanno partecipato nel corso del tempo molti importanti autori.
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scrittrici, poetesse, giornaliste
busto
Maria
Da Scritti in onore di Caterina Vassalini, raccolti da Luigi Barbesi, Fiorini, Verona 1974.
Olga Visentini, Regine di poesia, Società Editrice internazionale, Torino 1956.
In alto: Olga Visentini. Da D. Gasparini, Olga Visentini, Le Monnier, Firenze 1968.
Olga e Maria Visentini, Piccoli italiani. Letture per le scuole elementari, Società Editrice internazionale, Torino 1927.
MUSICISTE E CANTANTI LIRICHE
Antiche accademie, prestigiose scuole e teatri musicali fanno di Verona
la città della musica, nella quale anche le donne hanno trovato una precoce realizzazione
La presenza di musiciste e, soprattutto, l’elevato numero di cantanti liriche a Verona tra Otto e Novecento appare sorprendente, ma si spiega con una serie di congiunture favorevoli, peraltro attestate da fonti autorevoli. Anzitutto, la presenza dell’Accademia Filarmonica, fondata nel maggio del 1543 con la fusione di due Accademie preesistenti, l’Incatenata e la Filarmonica, testimonia un interesse spiccato per la cultura musicale degli abitanti, che ha saputo rinnovarsi e arricchirsi nel tempo. Inoltre, la presenza in città, all’epoca di modeste dimensioni, di ben tre teatri, Filarmonico, Nuovo e Ristori, nei quali si eseguono concerti e opere liriche con una programmazione piuttosto regolare, richiama musicisti e cantanti e, al contempo, favorisce il progressivo sviluppo degli studi musicali a Verona. Proprio grazie a questo terreno oltremodo fertile, infatti, tra il 1870, anno di nascita della prima scuola pubblica musicale annessa alla banda cittadina, e il 1927, anno in cui s’inaugura il Civico Liceo musicale, successivamente intitolato a Evaristo Felice Dall’Abaco, Verona diventa un centro importante per la didattica della musica, cui sono ammesse anche le allieve, che vedranno favoriti sbocchi professionali in campo musicale. Non a caso, infine, dal 1913 prendono avvio le stagioni liriche areniane, che ancora oggi proiettano Verona in una dimensione internazionale.
MARIA GAY
(Barcellona 1876 – New York 1943)
Maria de Lourdes Lucia Antonia Pichot Gironés, in arte Maria Gay nata in una famiglia di artisti (pittori e musicisti), è una cantante lirica spagnola (mezzosoprano). Nel 1897 sposa il compositore catalano Joan Gay i Planella, da cui deriva il suo nome d’arte. Nel 1902 a Bruxelles debutta nel ruolo della protagonista di Carmen, divenendone una delle interpreti più apprezzate del suo tempo. Qualche anno più tardi in una rappresentazione alla Scala a Milano conosce il tenore veronese Giovanni Zenatello, con cui stringe una relazione che dura per tutta la vita (per questo motivo frequentemente sono indicati come marito e moglie). Le visite e le esibizioni di Maria a Verona sono frequenti. Varie fonti concordano nell’attribuire non solo a Giovanni Zenatello, ma alla coppia l’idea di avviare rappresentazioni liriche in Arena nel 1913. Alcuni giornalisti si spingono a indicare proprio in Maria, che in Spagna ha avuto occasione di cantare in strutture all’aperto, l’idea di utilizzare l’anfiteatro. Donna sicuramente di grande evidenza come artista nel suo tempo, in questo caso appare spesso solo in controluce. Muore a New dove fonda con Giovanni Zenatello una scuola di canto.
18 musiciste e cantanti liriche
In alto: Maria Gay nel ruolo di Carmen. United States Library of Congress, George Grantham Bain Collection, pubblico dominio da Wikimedia Commons.
A fianco: cartolina di R. Pichot per l’opera Carmen, protagonista Maria Gay Zenatello, 1-16 agosto 1914. Archivio Storico Fondazione Arena di Verona.
CLARICE (CLARA) ZOBOLI IN BOGGIAN
(Modena 1887 – Verona 1964)
Molti sono i motivi per ricordare Clara Zoboli in questo contesto: musicista e didatta della musica, vice presidente dell’Associazione Amici della Musica e della Società Dante Alighieri, fondatrice della sezione Soroptimist di Verona e socia della FIDAPA di Verona. Nata a Modena, si trasferisce a Verona grazie al matrimonio con Umberto Boggian e nella città scaligera lascia un’impronta indelebile del suo operato, in particolare quale musicista e operatrice culturale in àmbito musicale. Fin dagli anni Trenta, nel suo salotto in Stradone San Fermo, vengono invitati intellettuali assai noti e si esibiscono artisti al tempo emergenti, quali il chitarrista spagnolo Andrés Segovia, il pianista prodigio Arthur Rubinstein; il violoncellista Enrico Mainardi, considerato uno dei più grandi della sua epoca. Alla sua morte, dona il Palazzo Boggian al Comune di Verona, affinché venga destinato «a perpetuo uso dell’attività didattica, culturale e musicale dell’allora Civico Liceo Musicale “F. E. Dall’Abaco”», oggi divenuto una delle sedi del Conservatorio “F. E. Dall’Abaco”.
MARIA CALLAS
Nel box: estensione vocale di Maria Callas. Pubblico dominio, da Wikimedia Commons.
(New York 1923 – Parigi 1977)
Difficile ascrivere Maria Cecilia Anna Sofia Kalogeropoulos, in arte Callas ad un unico luogo del mondo, tale è la sua grandezza, ma in questo contesto appare naturale pensarla veronese, soprattutto perché è Verona che ha segnato il suo debutto areniano e, di conseguenza, la sua fama planetaria, oltre al legame matrimoniale con l’industriale veronese Titta (Gianbattista) Meneghini. Tutto ha inizio nel 1945 a New York, dove incontra il tenore Giovanni Zenatello, direttore artistico dell’Arena di Verona venuto negli Stati Uniti in cerca di giovani voci per la prossima stagione italiana. Maria, con il nome scritto con la K (Kallas), ottiene una scrittura per il ruolo di protagonista nella Gioconda di Ponchielli. Al debutto, sabato 2 agosto 1947, l’accoglienza è entusiastica. La città la ricorda ancora oggi con il prestigioso Premio Internazionale Maria Callas, che si svolge in concomitanza con il giorno del suo debutto areniano il 2 agosto di ogni anno.
In alto e a fianco: Maria Callas ritratta in due fotografie di Gaetano Richelli.
Archivio Cierre edizioni, Verona.
In basso: Maria Callas riceve gli applausi del pubblico dopo un’esibizione accompagnata dal direttore d’orchestra Nicola Rescigno, Amsterdam, 1959. Foto di Ben van Meerendonk / AHF, collectie IISG, Amsterdam, pubblico dominio da Wikimedia Commons.
19 musiciste e cantanti liriche
In alto: Clara Zoboli in Boggian. Archivio Accademia Agricoltura Scienze e Lettere di Verona.
PROMOTRICI DI ASSOCIAZIONI E BENEFATTRICI
Con spirito imprenditoriale a servizio delle altre donne e delle persone più bisognose di aiuto.
È impossibile delineare un profilo unico della figura della benefattrice. Sin dall’antichità molte donne si sono dedicate a forme di assistenza ai poveri e hanno finanziato monasteri, ospedali, ricoveri. Nel corso dell’Ottocento, tuttavia, l’importanza dell’azione delle donne in campo educativo e sociale ottiene attenzione teorica e riconoscimento pubblico. Ritenuto naturale estensione della vocazione alla cura, l’impegno nella beneficenza viene incentivato e valorizzato negli ambienti più acculturati del giovane Regno d’Italia. I campi di azione sono i più disparati. In molte delle donne impegnate sul versante sociale, tuttavia, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento si va affermando un’attenzione tutta particolare alla condizione delle altre donne, in un’ottica di emancipazione non solo da condizioni di disagio economico, ma dal più generale stato di minorità politica e sociale in cui le donne ancora versavano. Fra le molte benefattrici che anche a Verona hanno potuto esplicare la loro preziosa attività, ci sono donne che si sono spese per restituire dignità e migliorare le condizioni di vita di altre donne.
EUGENIA VITALI IN LEBRECHT
A fianco: un’immagine della Cooperativa sarte militari, fondata nel 1914 per assicurare una giusta retribuzione alle operaie. Eugenia Vitali Lebrecht ne era la presidente.
Da La città e la provincia di Verona nelle opere di assistenza all’esercito, Verona-Ostiglia, Mondadori 1918, p. 28.
(Ferrara 1856 – Verona 1930)
Appassionata d’arte e di teatro, attenta osservatrice dei fenomeni sociali contemporanei, conferenziera e saggista instancabile, Eugenia Vitali è una donna moderna, attiva tanto sulla scena locale che nazionale. Tra fine Ottocento e inizi Novecento partecipa ai congressi in cui le emancipazioniste italiane discutono di diritto di famiglia – Eugenia si esprime a favore del divorzio, della legittimità della ricerca di paternità, della parità fra figli legittimi e figli naturali – di istruzione, lavoro, impegno nella vita pubblica. Nel 1907 è una delle quattro donne ammesse per la prima volta a pieno titolo alla Società Letteraria. Il suo interesse per la condizione femminile non si limita all’attività di polemista, ma si traduce in azioni positive a favore delle donne: istituisce, per esempio, una scuola domenicale a loro indirizzata e crea la prima cooperativa di lavoro tutta femminile. Negli anni Venti collabora al quotidiano veronese L’Adige, scrivendo di politica e di critica letteraria. Nel testamento dispone elargizioni per enti benefici di Verona e lasciti a favore del Liceo musicale, della Biblioteca civica, del Museo di Castelvecchio, dell’Amministrazione provinciale e della Società Letteraria di Verona.
In alto: Antonio Mancini, ritratto di Eugenia Vitali Lebrecht, olio su tela. Comune di Verona, Galleria d’Arte Moderna Achille Forti.
20 promotrici di associazioni e benefattrici
MARGHERITA PETTENELLA MARIA TRABUCCHI IN CLEMENTI
(San
Nata a San Pietro di Morubio (Vr), durante la Prima Guerra Mondiale la famiglia si trasferisce a Verona, dove Margherita trascorre tutta la vita. Nel primo dopoguerra frequenta i primi circoli della Gioventù Femminile e per una trentina d’anni ricopre l’incarico di segretaria diocesana dell’Unione Donne, divenendo figura di spicco dell’Azione Cattolica. Negli anni Cinquanta il suo impegno è rivolto principalmente ai poveri e alla formazione delle giovani bisognose. Vicepresidente e poi presidente del comitato di Verona dell’ACISJE (Associazione Cattolica Internazionale Al Servizio Della Giovane) nel 1979 dona all’Associazione il proprio palazzo in Via Pigna, per accogliere e aiutare le donne in difficoltà o disagio. Nella casa, inaugurata da Pettenella nel 1980, l’associazione continua ad ospitare donne vittime di violenza o in emergenza abitativa.
(Verona 1909 – Verona 2005)
Nata a Verona e madre di sei figli, avuti dal marito Aurelio Clementi sposato nel 1931, Trabucchi Clementi si è sempre dedicata alle persone più bisognose. Presidente cittadina e regionale del Gruppo di Volontariato Vincenziano, apre nel 1948 la Casa della Carità, ancor’oggi attiva, che fornisce pasti caldi, vestiario e assistenza alle famiglie indigenti. Sin dalla fondazione della sede veronese del Centro Italiano Femminile (CIF) partecipa operosamente alle sue iniziative. Assieme alle amiche Maria Piva Bottagisio e Maria Adelaide Sartori in Buffatti, chiamate le “tre Marie”, ad esempio, apre una colonia estiva per i figli delle famiglie disagiate. Nel 1972 Maria Trabucchi Clementi partecipa alla fondazione dell’associazione Veronesi nel mondo, che si propone di assistere gli emigrati italiani, come pure gli immigrati. Quest’intensa e costante attenzione alle persone più deboli le valse nel 2002, all’età di 93 anni, la Medaglia della Città di Verona, quale riconoscimento per la sua opera di “paladina del volontariato”.
21 promotrici di associazioni e benefattrici
In alto: Margherita Pettenella. Archivio privato.
Pietro di Morubio 1904 – Verona 1989)
In alto: Maria Trabucchi. Archivio privato famiglia Clementi.
A fianco: Maria Trabucchi nella Casa di Carità di via Prato Santo a Verona. Archivio privato famiglia Clementi.
DONNE E LAVORO
A cavallo dei due secoli –Ottocento e Novecento – con il maturare della seconda rivoluzione industriale registriamo un progressivo aumento della visibilità delle donne nel mercato del lavoro.
Sebbene a livello informale e invisibile il lavoro femminile abbia una lunga storia, a partire da quella fase storica è emerso socialmente. Tutt’ora una quota rilevante di lavoro femminile informale e gratuito rappresenta un grande valore sociale e sostiene il lavoro formale. Il lavoro per le donne è stato un’occasione di riscatto sociale, di conquista di uno spazio di autodeterminazione, sebbene anche ai nostri giorni, dentro una società liquida, persistano solide discriminazioni di genere, che penalizzano proprio la componente femminile. Sono tutt’altro che scomparse, infatti, la segregazione orizzontale (la costrizione, di fatto, a occupare soprattutto alcuni ambiti del mercato del lavoro) e la segregazione verticale (l’impossibilità a progredire nella carriera lavorativa, rimanendo sotto un “soffitto di cristallo”). Proprio uno sguardo al lavoro femminile ci aiuta quindi a valutare quanto il lavoro sia dignitoso, ovvero permetta la costruzione e il perseguimento delle aspirazioni.
IMPRENDITORIALITÀ
L’imprenditore è inteso, ad esempio, come: l’iniziatore di processi produttivi, che è capace di intercettare, coinvolgere e orientare le risorse; il coordinatore delle attività dell’impresa, che sa integrare e valorizzare i diversi fattori della produzione; l’innovatore, che sa leggere l’incertezza e indirizzare il cambiamento, esprimendo la propria creatività verso i prodotti e i processi organizzativi. In tutte queste declinazioni si può cogliere la polifunzionalità della figura dell’imprenditore – economica, politica e sociale – che diventa espressione di una soggettività. Talvolta in difficoltà a far convivere compiutamente una doppia razionalità – verso lo scopo economico e verso i valori sociali – quella dell’imprenditore è una figura che può essere adeguatamente compresa solo considerando le specificità del contesto economico e socio-culturale all’interno del quale opera. L’imprenditorialità non rappresenta quindi una condizione, ma un divenire, un modo di esprimersi, che non prescinde dal contesto storico di appartenenza.
A fianco: Lanificio Tiberghien, foto di gruppo delle operaie della Società di mutuo soccorso femminile «Res non verba», costituita il 3 ottobre del 1926. Da N. Olivieri, Il lanificio Tiberghien fra storia e memoria, Cierre, Sommacampagna (Vr) 20182
22 essere imprenditrice
La figura dell’imprenditore cattura da tempo l’attenzione di una molteplicità di discipline, che ne studiano genesi e prassi.
ESSERE IMPRENDITRICE: RIPARTIRE DA ALCUNE DOMANDE
Con il nostro percorso abbiamo intercettato biografie significative di figure femminili emblematiche a cavallo fra due secoli. Allargando di fatto la prospettiva, al fine di cogliere le diverse forme in cui può essere declinata concretamente l’imprenditorialità al femminile, abbiamo individuato un forte radicamento sociale delle esperienze studiate, una tensione a creare discontinuità con routine e tradizioni, un’esplicita volontà di recitare un ruolo significativo in termini di responsabilità sociale, unendo in maniera imprescindibile dimensione economica e dimensione sociale del lavoro. Un modo diverso di concepire l’imprendibilità, che ci fornisce risposte al femminile, ma nello stesso tempo sollecita anche molte domande.
Infatti, alcuni interrogativi in particolare attraversano le nostre biografie: come sono cambiati i caratteri distintivi dell’imprenditorialità e del lavoro? Quali specificità connotano il lavoro imprenditoriale femminile? Qual è il futuro dell’imprenditorialità femminile? Quali dinamiche segnano il passaggio generazionale e di genere nelle nostre imprese, spesso di medio-piccole dimensioni e con alle spalle tradizioni di imprenditorialità maschile?
In basso: sopra, foto di gruppo delle maestre di tessitura; sotto, le “operaie montatrici” del lanificio.
Da N. Olivieri, Il lanificio Tiberghien fra storia e memoria, Cierre, Sommacampagna (Vr) 20182
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BIBLIOGRAFIA MINIMA
Donne nell’industria e nell’artigianato
Chiavegatti F., I Monicelli. Storia dell’Italia del ’900 e di una famiglia della Bassa intrecciata con quella di A. Mondadori, Sometti, Mantova 2021.
Le ricette di Matilde Vicenzi 1905-1985. La storia più dolce degli ultimi 80 anni, EBS/Editoriale Bortolazzi-Stei, San Giovanni Lupatoto (Vr) 1985.
Mondadori C., Le mie famiglie, Bompiani, Milano 2007. Pagliani e Brasseur. Una storia da raccontare, Pagliani e Brasseur, Parona-Verona 2020.
Donne nell’agricoltura
Maddalena, la prima donna del vino, in «La Cronaca», 8-9 giugno 2022.
Sparici Landini Maddalena, in Chi è di Verona 1993, Edizioni Eurobel, Verona 1993, p. 67.
Sparici Landini. La nostra storia, in <https://www.sparicilandini.com/our-story>, cons. il 30.11.2022.
Zangheri S., Paola Gambaro Ivancich (1914-1996), in «Atti e Memorie dell’Accademia di Agricoltura, Scienze e Lettere di Verona», 175 (1998-1999), pp. 47-56.
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Donne nel commercio
In via Pellicciai chiude Alloni Addio alla storica fioreria, in «L’Arena», 30 dicembre 2014.
Concerto omaggio: chiude dopo 99 anni di attività la storica gioielleria Canestrari, in «Veronasera», <https:// www.veronasera.it/eventi/chiusura-gioielleria-canestrari-verona-concerto-omaggio-7-aprile-2019-.html>, cons. il 30.11.2022.
Canestrari chiude. Un secolo scritto nell’oro, in «L’Arena», 25 aprile 2019.
Vignola K., Chi ha mangiato l’ultima siela? Tina racconta la sua Piazza Erbe, Roma 2014.
Donne artiste
Elena Schiavi, Catalogo della mostra (Museo civico di Palazzo Te, 2 marzo-26 aprile 1981), Paolini, Mantova 1981. Meneguzzo V., Osanna Brustolin, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), cit., p. 171.
Piva L., Elena Schiavi e il sale della terra, in «La Biblioteca di Via del Senato», 11 (2014), pp. 16-22.
Zanolli Gemi N., Robotti Andreina, in Dizionario biografico dei Veronesi (secolo XX), cit., pp. 705-706.
Donne per la scienza
Bazzani V., Lina Chiaffoni, la mia vita tra UILDM e Telethon, in «Verona-Pantheon», 25 luglio 2017, <https:// pantheon.veronanetwork.it/personaggi/lina-chiaffoni-la-mia-vita-luildm-telethon>, cons. il 30.11.2022.
Piccoli F., Eva Tea e Verona. Percorsi di ricerca di una giovane pioniera tra arte veronese e orizzonti nordici e mediterranei (1910-1914), in Pioniere nell'archeologia, nella storia, nell'arte italiane. Omaggio a Eva Tea, a cura di
M. Pilutti Namer, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, Verona in corso di stampa.
Premiata alla Camera di Commercio una veronese ingegnosa. Tiziana Tomelleri Nocini ha ereditato dal padre il pallino per i brevetti, in «L’Arena», 22 novembre 1985.
Donne impegnate politicamente
Catania V. (a cura di), Donne partigiane, Cierre-Ivrr-Imsc, Sommacampagna (Vr) 2008.
ISISS Dal Cero, Luciano Dal Cero. Una vita per la libertà. Il pensiero, le testimonianze, i luoghi della memoria. Ricerca storica realizzata da un gruppo di docenti e studenti, ISISS Dal Cero, San Bonifacio 2019.
Sirovich L.I., «Non era una donna, era un bandito». Rita Rosani, una ragazza in guerra, Cierre, Verona 2014.
Intervista a Brigitte Löwenthal in Appunti di storia della Resistenza veronese, dattiloscritto, Scuola media statale di Negrar, Negrar (Vr) 1978.
Scrittrici, poetesse, giornaliste
Calabrese S., Tedeschi Treves Virginia, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 95, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2019, ad nomen
Lollo R., Olga Visentini tra fascismo e Repubblica, Prometheus, Milano 1996.
Scritti in onore di Caterina Vassalini, a cura di L. Barbesi, Fiorini, Verona 1974.
Zampini E., Nel grido d’una gioia. La voce di Ida Vassalini, QuiEdit, Verona 2013.
Musiciste e cantanti liriche
Beghelli M., Callas Maria, in Dizionario Biografico degli Italiani, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma 2012, ad nomen
B.G. [prob. Beltramini G.], Oggi i funerali di Giovanni Zenatello, in «L’Arena», 22 marzo 1949.
Celletti R., Pregliasco Gualerzi V., Westover J., Gay [Pichot Gironés], María, in “Grove music online”, Oxford University Press, Published in print: 26 November 2013, Published online: 25 July 2013.
Reig Corominas R., La soprano María Gay, in «Revista de Girona», <https://raco.cat/index.php/RevistaGirona/ article/view/77912/101767>, cons. il 30.11.2022.
Salotto Boggian 1930-1960, Catalogo della mostra (Protomoteca della Biblioteca Civica di Verona, 27 novembre - 9 dicembre 1987), a cura di M. Materassi, P. Rigoli, S. Tommasoli, Comune di Verona, Conservatorio E.F. Dall’Abaco, Verona 1987.
Donne promotrici di associazioni femminili e benefattrici
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Sodini E., Eugenia Vitali Lebrecht: appunti per una biografia in Storia della Società Letteraria tra Otto e Novecento, Società Letteraria, Verona 2007, pp. 137-160.
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bibliografia minima
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