STYLE MAGAZINE JANUARY 2023 ISSUE

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N / 2 g e n n a o / f e b b r a o –P o s t e I t a i a n e S p A –S p e d n a p –D L 3 5 3 / 0 3 c o n v n L 4 6 / 0 4 a r t 1 , c o m m a 1 , D C B M a n o –g e n n a i o c o n i C o r r e r e d e l a S e r a 2 € ( S t y e M a g a z n e 0 5 0 € + C o r r e r e d e l a S e r a 5 0 € ) N o n v e n d i b l e s e p a r a t a m e n t e N e i g o r n i s u c c e s s v a r c h i e s t a c o n i C o r r i e r e d e a S e r a S t y e M a g a z n e 2 € + p r e z z o d e q u o i d a n o

N 1/2 - GENNAIO/FEBBRAIO 2023 STYLE.CORRIERE.IT
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Preview P/E - Pitti Uomo Moda in mostra - BFRND
JACK DY L AN GR A ZER VIS TO DA MARC HOM ABITI: CANALI
SPRING SUMMER 2023

Mostre (sopra Forever Valentino) e musei: la moda è un raccoglitore di culture pag 134

IL PUNTO DI VISTA

Ci fa bene credere che il passato sia migliore di Lorenzo Tosa

Tutti dicono «I love you». Ma «ti voglio bene»? di Barbara Stefanelli

Libertà e pace: sostantivi femminili di Andrea Rossi

L’indignazione (sui social) è un flusso di aria fritta di Ludovico Manzoni

QUI MONDO

Norvegia. Salmon Eye di Michele Ciavarella

Francia. Vista e gusto con Monogram e cioccolato di Michele Ciavarella

Messico. Relax modernista in un’oasi di verde di Luca Roscini

CHECK

Tv. Verità o bugia di Diego Passoni

Mostre La luce misteriosa di Michele Ciavarella

Cinema. Innocenza perduta di Valentina Ravizza

Musica. Biologia e poesia di Pier Andrea Canei

Podcast. Ascesa e caduta di start-up di Enrico Rossi

Tech design

Cubo di Rubik. Passatempo interattivo di Luca Roscini

COPERTINA

Jack Dylan Grazer. «Non si può dire qualsiasi cosa solo perché si è famosi» di Valentina Ravizza - foto di Marc Hom styling di Fabio Immediato

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66 Menstyle
81 Fashion
16 Contributors 19 Editoriale
Reference - La moda racconta un altro uomo di Michele Ciavarella
- Corpi e tempi di Luca Roscini - foto di Letizia Ragno
news di Giovanni de Ruvo
- Esserci o non esserci di Alessandro Calascibetta
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gennaio/febbraio
Libri. Surrealismo domestico di Severino Colombo SOMMARIO
2023

90 Dialoghi

Alessandro Sartori e Daniel Bailey. Il lusso discreto delle sneakers di Fiorenza Bariatti

GLAM

92 Brand extension. Olio e vino di Fiorenza Bariatti - artwork di Tommaso Trojani 94 La giacca. Strutture da ricostruire di Luca Roscini - artwork di Tommaso Trojani

PERSONAL SHOP

98 Auto. Interpretazioni di stile di Paolo Artemi

100 Orologi. Segni particolari di Diego Tamone

104 Cucino io. Il sapore di un ricordo di Marco Bianchi - foto di Federico Miletto styling di Veronica Leali

106 Menswear. Comfortable di Cristina Manfredi - foto di Federico Miletto styling di Angelica Pianarosa

Portfolio

112 BFRND. Musica senza genere di Michele Ciavarella - foto e styling di BFRND 118 History repeating

Viaggio allucinante. Un microchip per una vita migliore di Andrea Purgatori 122 Design

Tre generazioni. Tre sguardi di Susanna Legrenzi 128 People

Luca De Prà. Lo spirito della modernità di Fiorenza Bariatti - foto di Giorgio Codazzi 130 Scienza

Burnout Bruciare dentro di Valentina Ravizza - illustrazioni di Carla Indipendente 134 Visioni

Mostre e moda. Racconti di vita, di progetti e di ossessioni di Michele Ciavarella

143 SPECIALE PITTI

Anticipazioni. Autunno-inverno 2023-2024 di Veronica Russo

162 Artwork - Muartive. Un mucchio di orologi di Alessandro Brunelli

Loïk Gomez, in arte BFRND, musicista e fotografo, compone le colonne sonore per le sfilate di Balenciaga.

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RISERVATA
© RIPRODUZIONE
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Il mensile del

DIRETTORE RESPONSABILE

A l e s s a n d r o C a l a s c i b e t t a

ART DIRECTOR Tiziano Grandi FASHION DIRECTOR Luca Roscini

CAPOREDATTORE

Fiorenza Bariatti Michele Ciavarella

REDAZIONE

Pier Andrea Canei (vice caposervizio) Valentina Ravizza

REDAZIONE WEB

Antonella Catena (caposervizio) coordinamento Cristina Pacei (vice caporedattore ad personam) lifestyle Angelica Pianarosa (collaboratrice) moda

REDAZIONE GRAFICA

Laura Braggio, Giorgio Fadda, Renzo Poli (vice caposervizio)

PHOTO EDITOR

Chiara Righi

FASHION EDITOR

Carlo Ortenzi (collaboratore) servizi speciali Giovanni de Ruvo (collaboratore)

PRODUZIONI ATTUALITÀ E COORDINAMENTO MODA Silvia Giudici

PRODUZIONI MODA Alessandra Bernabei

SEGRETERIA DI REDAZIONE E CASTING Paola Passoni (segreteria), Rosy Settanni

UFFICIO DI PARIGI Annalisa Gali

CREATIVE CONSULTANT Antonio Meda PROGETTO GRAFICO Tiziano Grandi

ADVERTISING MANAGER: Nicoletta Porta BRAND MANAGER: Chiara Pugliese COORDINAMENTO TECNICO: Emanuele Marini CENTRO SERVIZI FOTOGRAFICI E GUARDAROBA: Eleonora Caglio

VICEDIRETTRICE VICARIO Barbara Stefanelli

VICEDIRETTORI

Daniele Manca, Venanzio Postiglione, Fiorenza Sarzanini, Giampaolo Tucci

STYLE È PUBBLICATO DA RCS MEDIAGROUP S P A

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E AMMINISTRATORE DELEGATO Urbano Cairo

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Rivolgersi al proprio edicolante, oppure ad arretrati@rcs it o al numero 02 25843604 comunicando via e-mail l’indirizzo e il numero richiesto Il pagamento della copia, pari al doppio del prezzo di copertina deve essere effettuato su Iban IT 97 B 03069 09537 000015700117 BANCA INTESA - MILANO intestato a RCS MEDIAGROUP SPA

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QUESTO NUMERO È STATO CHIUSO IN REDAZIONE MARTEDÌ 27 DICEMBRE 2022
MENSILE DISTRIBUITO CON IL DIRETTORE RESPONSABILE Luciano Fontana
HANNO INOLTRE COLLABORATO A QUESTO NUMERO: Silvano Belloni (grafico), Marco Bianchi, Giorgio Codazzi, Marc Hom, Fabio Immediato, Carla Indipendente, Ludovico Manzoni, Letizia Ragno, Andrea Rossi, Veronica Russo, Barbara Stefanelli, Lorenzo Tosa
ABITI: giacca e camicia, Canali FOTO: Marc Hom STYLING: Fabio Immediato

1.

2. 3. 4.

1. Marc Hom

Danese emigrato a New York, ha esordito nel mondo della fotografia con 80 scatti dedicati al balletto di Vienna, passando poi, grazie ad Harper s Bazaar, ai servizi di moda, di cui oggi è uno dei più noti autori.

A pag. 46

2. Ludovico Manzoni

Nasce a Milano nel 1997 ha studiato in Colorado Inghilterra, Cile e Belgio laureato in Economia e Affari europei, è stato Consigliere municipale a Milano Cucina selvaggina, scrive di esteri e resta appassionato alla politica.

A pag. 26

3. Enrico Rossi

Vive a Reggio Emilia dove è nato nel 1984 Ha collaborato con diverse testate Per Style Magazine firma ogni mese la rubrica dedicata ai podcast e scrive di cultura e spettacoli su style corriere it

A pag 42

4. Veronica Russo

Datele un divano una coperta e una serie tv Oppure un viaggio una cena ottima e della cioccolata. Insomma tutto ciò che viene chiamato «piacere della vita». Ne scrive (ogni tanto anche di moda) da 20 anni su varie testate

A pag 143

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DEsserci o non esserci

«DOPO UN VIDEO POSTATO su Instagram nel quale mi sono dichiarato bisessuale ho ricevuto migliaia di messaggi di incoraggiamento e altrettanti di insulti. A distanza di due anni, ho capito di aver commesso un er rore Non puoi dire qualsiasi cosa solo per il fatto di essere famoso». Parola di Jack Dylan Grazer, il giovanissimo attore che abbiamo scelto per la coper tina.

È giusto esporsi? La questione è complessa, se ne potrebbe discutere all’inf inito.

Premesso che le celebrità godono di una protezione maggiore rispetto a tutto il resto del mondo, ragione per cui bisogna riconoscere a Grazer una gran dose di saggezza e maturità nell’ammettere di par tire da una situazione di vantaggio, il dibattito resta aper to: ha senso dichiararsi «potenzialmente a sette miliardi di persone» conoscendo a monte le possibili conseguenze?

I SOCIAL CI PONGONO

quotidianamente davanti a una realtà che a volte preferiremmo ignorare abbandonandoci al rimpianto dei bei vecchi tempi: «Prima o dopo, f iniamo per cadere tutti nella trappola della nostalgia» come scrive Lorenzo Tosa (pagina 21) Ma lo scenario è questo, sarebbe inutile e ingiusto fare f inta di nulla. I social sono il mezzo più rapido per raggiungere l’opinione pubblica e quanto sia impor tante far ne un uso cor retto lo dimostrano alcuni frettolosi e spesso inadeguati cinguettii di molti politici. Avendo, grazie a Dio, opzione di scelta, si può decidere se stare al gioco che gioco non è, oppure avere il coraggio di uscire dalla mischia E scegliere l’assenza.

1 9 S T Y L E M A G A Z I N E © RIPRODUZIONE RISERVATA F O T O: GIO V ANNI BA T TIS T A RI GHET TI
E D I T O R I A L E
(alessandro.calascibetta@rcs.it) (Instagram @alecalascibetta)

Ilpuntodivista

PER PASOLINI ERA «la scomparsa delle lucciole». Nanni Moretti l’aveva associata a quei «sandali blu con quattro buchi di quando ero bambino», in quel capolavoro che è il finale di Bianca. Io, molto più prosaicamente, ogni volta che qualcuno evoca l’elegiaca nostalgia del passato, avver to una specie di istintivo rifiuto. Ecco, mi dico, un altro che decanta il romanticismo dei telefoni a gettone con l’iPhone in tasca e gli Air pod incapsulati nelle orecchie. Lo dicevano anche i nonni di Platone: «Ai miei tempi sì che c’erano dei valori, mica come questi smidollati che parlano di filosofia e girano col tribonio alla spar tana». Ogni generazione è, ciclicamente, più cor rotta e più fiacca di quella precedente, e non si capisce come abbiamo fatto, nel frattempo, a debellare il vaiolo o volare da Parigi a New York nel tempo di una serie Netflix. E allora perché finiamo per cadere tutti nella trappola della nostalgia? Se volete una risposta, cercatela nella chimica. Ognuno di noi produce una quantità variabile di ossi-

Davvero il passato è migliore? No, ma ci fa bene crederlo

La nostalgia è una droga di cui abusiamo come manipolatori patologici

Per approfondire

tocina, or mone neuro-stimolatore che agisce sull’amigdala, generando sensazioni di calore e ricompensa; ad esempio, quando rievochiamo un bel ricordo. È più o meno il principio che regola l’assunzione di stupefacenti. La faccio breve: non solo la nostalgia fa bene, ma se ne può anche diventare dipendenti. Ecco spiegato perché rimpiangiamo la nostra vecchia Vespa a due tempi e tendiamo a rimuovere tutte le volte che ci ha lasciato a piedi. Stiamo semplicemente facendo quello che facevano gli antichi Sumeri cinquemila anni fa quando su tavolette d’argilla criticavano la degenerazione dei costumi: abusiamo di ossitocina. Siamo tossicomani della nostalgia, bugiardi patologici, illusionisti del ricordo, perché nel passato possiamo «manipolare trame e personaggi» come l’Har r y Block di Woody Allen faceva con la scrittura, per scampare allo spaesamento del presente e ingannare un futuro indecifrabile. Ne abbiamo evoluzionisticamente bisogno, non sentitevi troppo in colpa.

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Ilpuntodivista

OGNI MATTINA – finché mia figlia usciva per andare a scuola, prima le medie, poi il liceo – si ripeteva questa scena sulla soglia. Che nel nostro caso, abitando al piano ter ra, dà sul cor tile di una casa di ringhiera. «Ciao mamma, ti amo». Salutava e, impercettibilmente ma tutti i gior ni, rallentava il passo verso il por tone per sentire se ce l’avrei fatta. A risponderle: «Ti amo anch’io». Qui non si discute, naturalmente, del mio amore per lei, creatura di cui mi stupisco e rallegro da quando è venuta al mondo. Bensì dell’uso in scioltezza del «ti amo» Sono cer ta di non averlo mai detto a mia madre, neppure una volta. Si sapeva, non si esprimeva. Non lo avevano insegnato a lei, i suoi genitori severi e sobri (poi nonni affettuosissimi), e di conseguenza lei non a me. E poi, chissà, avremmo rischiato di «umanizzare» la sacralità del vincolo madre-figlia… A ripensarci, anche nelle relazioni sentimentali extra moenia, quante volte noi non-giovanissimi ci siamo lanciati in una dichiarazione così definitiva? «Io ti amo».

Tutti dicono

«I

voglio bene» che fine ha fatto?

Tre parole semplici. Una fase esplorativa nell’attesa della sua più nobile espressione Per approfondire

Come cantava Francesco Guccini, che però si riferiva al sesso, prima di varcare quella frontiera abbiamo navigato moltissimo al largo «filosofando pure sui perché». Quasi sempre, poi, desistendo. Ci fer mavamo volentieri sul pianerottolo del piano sotto: «Ti voglio bene». Sempre tre parole, più semplici. Buone per esplorare, chiarirsi le idee, schiudendo la por ta al livello supremo. Quello che può por tare all’immor talità del «se tu salti, io salto» dalla pr ua del Titanic. Tra l’altro bellissima la versione italiana, desiderante, meglio di quella tedesca - «Ich hab’ dich lieb» - con uso del verbo avere, già possessivo. In inglese tutto questo sfumare e ragionare va giù nell’imbuto: tutti dicono «I love you». E così i ragazzi e le ragazze hanno finito per amarsi subito. Di più? Forse perché impazienti, affamati di assoluto, di colori incandescenti? Rieducati da sé stessi alla brevità di frasi e percorsi? Dei sentimenti stessi? Ora che lei, l’ex bambina dei «ti amo», è andata per la sua strada, io sono qui sulla soglia. Che il cor tile stia a sentire.

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*Vice direttrice vicario del Corriere della Sera
love you»: ma «ti

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NELL’ANNO APPENA TRAMONTATO, a difesa delle nostre liber tà, la mia, la vostra, quella di noi tutti, e per paradosso pure quella dei carnefici, sono scese in piazza le donne, soprattutto le donne. Rischiando la vita, la galera, la felicità: a mani nude contro nemici ar mati e impuniti, br uti e violenti. Odiosi. È accaduto in Afghanistan, sotto il tallone dei Talebani, è accaduto in Iran contro i sicari degli ayatollah, e perciò celebrate dal Financial Times come tra le più influenti al mondo, è accaduto in Cina contro un regime securitario e or welliano

Libertà e pace sono sostantivi femminili: non è un caso

Sono scese in piazza anche in Italia, dove si allunga di ora in ora l’elenco di donne uccise, pestate, umiliate. Ed è stata una donna, Liliana Segre, che Dio la benedica, senatrice a vita, a ricordare al Parlamento i valori della Costituzione e della Resistenza, e il sacrificio di 100mila italiani per la liber tà, pure quella dei fascisti. Sono scese in piazza in tutto l’Occidente, nella fer vente Polonia e negli Stati Uniti quando la Cor te

Ayatollah, fascisti, barbuti, talebani & co.; contro di loro ormai ci sono solo le donne Per approfondire

Suprema ha messo in discussione il diritto all’inter r uzione di gravidanza, e sono scese in piazza in Russia per gridare il loro no alla guer ra voluta da Vladimir Putin e benedetta dal patriarca della Chiesa or todossa Cirillo I, che ha ricordato a tutti, distratti e smemorati compresi, cosa può voler dire il motto «Dio, Patria e Famiglia». E d’altronde, a pensarci bene, liber tà, come pace, è un sostantivo che si declina al femminile, e donna è La libertà che guida il popolo, il quadro più famoso di Eugène Delacroix. Gli aguzzini invece sono tutti uomini, uomini con la barba, senza la barba, uomini che popolano le periferie del mondo o che abitano scintillanti attici di centro città. Uomini. Morale? Il progetto uomo, almeno inteso come maschio, è fallito. E ora, avanti un altro. Anzi no: avanti un’altra (no perditempo e sovraniste).

P.S. Per eliminare la violenza sulle donne, un metodo ci sarebbe: togliere di mezzo tutti gli uomini.

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Ilpuntodivista

SE C’È UN REGALO SGRADEVOLE, tra tutti quelli che ci hanno por tato i social, è stato quello di intrappolarci in un circolo infinito di indignazione. Oggi per la frase, ieri per la foto e domani per il video e via con un torrente di post, foto, dichiarazioni, commenti, condivisioni, fino alla prossima polemica, di cui non resterà neanche la polvere. D’altra par te, è il tema del gior no, dobbiamo essere coinvolti, dire la nostra, non si può rimanere tagliati fuori. L’indignazione va alimentata di continuo, come una belva vorace e insaziabile Alimentata con polemiche sempre più veloci e virali, che esplodono alla velocità della luce, ma di cui non resta nessuna traccia già la settimana successiva. E nulla può restare, perché sotto la polemica quotidiana dedicata allo strafalcione di un ministro, alla provocazione di un gior nalista, all’opinione fuori dalle righe di una star, non c’è nulla. Ma è un nulla di cui si deve comunque parlare, e proprio per ar rivare a tutti il ragionamento e l’elaborazione devono essere an-

(L’indignazione sui social) è un irresistibile flusso di aria fritta

Delle passioni non rimane che un surrogato. Lo sdegno da tastiera è un comodo rifugio Per approfondire

nullati. Perché questo nulla è irresistibile? Perché se al suo posto ci fosse qualcosa, non funzionerebbe allo stesso modo. Un contenuto, una riflessione presuppongono tempo, elaborazione, sforzo. Ma tutto ciò deve essere sacrificato sull’altare della viralità. L’indignazione deve essere immediata e trasversale. E se ci facciamo attrarre da questo nulla, è anche perché abbiamo perso la voglia di indignarci per le cose che davvero contano. Fr ustrati dalla difficoltà di ottenere reali cambiamenti, rimpiangendo malinconici un’epoca di lotte totalizzanti, impegni politici e sociali che catalizzavano speranze e desideri. Ci si rifugia in questo nulla per ottenere un pallido sur rogato di una vera passione. Usiamo questo flusso continuo di indignazione per illuderci di stare comunque facendo qualcosa di significativo, senza doverci confrontare col rischio di fr ustrazione che un tentativo di cambiamento porta con sé. Sarà perché siamo stati delusi troppe volte che fatichiamo a impegnarci ancora e ci rintaniamo in questo confor tevole nulla?

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Cashmere WWW.RICHARDJBROWN.IT

Mecenatismo ed ecologia: Salmon Eye sembra un grande ciottolo metallico scivolato dalle montagne nel fiordo di Hardanger, Sud-Ovest della Norvegia. E invece è una costruzione che contiene un ’ area espositiva per il design nordico trasformabile, all’occorrenza, in un auditorium o in un teatro. Progettata e finanziata da Eide Fjordbruk, azienda di acquacoltura, per il suo programma sulla sostenibilità che coinvolge alimentazione e cultura locale.

di Michele Ciavarella

Q U I M O
F O T O: ROEL V ON T OUR
N D O

I pannelli per insonorizzare l’interno sono studiati e realizzati ad hoc da Kvadrat Acoustic.

N o r v e g i a

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Francia

STIMOLARE I SENSI: LA VISTA E IL GUSTO CON MONOGRAM E CIOCCOLATO

Ciavarella

SI CHIAMA «LV DREAM», è uno spazio per mostre con un trionfo di Monogram aperto al piano terra della sede di Louis Vuitton al 2 di rue du Pont-Neuf a Parigi. A inaugurare questo nuovo luogo dedicato alla comunicazione dello scambio creativo fra l’arte e la moda è un’esposizione che visualizza il dinamismo ideativo del marchio francese, dai disegni per le vetrine e per i bauli su misura fino alle collaborazioni tematiche del progetto Louis Vuitton as Seen By con le stanze dedicate alla moda (Rei Kawakubo) e all’arte (Daniel Buren, Christopher Nemet) Infine, Maxime Fréderic, per Gault & Millau il miglior Maestro Pasticcere del 2022, cura la Chocolaterie che, arredata con piante tropicali, offre pasticcini golosi e cioccolatini confezionati in scatole a tema.

Sopra, un allestimento di Louis Vuitton as Seen By Accanto, un angolo della Chocolaterie

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F O T O: ADRIEN DIRAND COUR TE SY OF L OUIS VUIT T ON
© RIPRODUZIONE RISERVATA di Michele
Q U I M O N D O

Messico

RELAX MODERNISTA IN UN’OASI DI VERDE, SILENZIO E CEMENTO ARMATO

PROBABILMENTE SE CARLO SCARPA fosse passato per il Messico avrebbe lasciato questo hotel come una sua impronta architettonica. Casa To è una str utt ura nei pressi di Puer to Escondido, esattamente nella meta dei surfer di La Punta Zicatela sulla costa orientale del Messico Nove suite si distribuiscono in uno spazio di 600 mq che, secondo il progetto dell’architetto Ludwig Godefroy, richiama per la par te str utt urale la Cister na Basilica di Istanbul, grazie al dialogo tra materia e acqua, e per quella «spirit uale» al tempio Maya di Oaxaca, per la calma che questo luogo emana Una piscina percor re t utte le aree comuni mentre la solidità del cemento ar mato è ammorbidita oltre che da piante locali, anche da scale e aper t ure circolari dalle geometrie escheriane.

L’apparente distonia tra natura e cemento armato conferisce unicità a questo hotel.

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F O T O: J AIME NA V ARRO
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Q U I M O N D O
www.pineider.com
FIRENZE - MILANO - ROMA - NEW YORK

di Diego Passoni

Verità o bugia

IL MONDO CHE ABITIAMO, che sia quello del contraddittorio presente o quello del prossimo e distopico futuro, è un posto in cui ciò che è fragile è in pericolo. Fragile è l’ecosistema, vessato, violato, percosso dal tanto preteso progresso; fragili sono i rapporti tra noi, capaci di darci il meglio e il peggio senza ritegno. E infine sono fragili le nostre identità. Il pianeta sembra non sia mai stato così in pericolo, ma ecco nascere i nuovi eroi, forse non proprio super ma certamente pieni di risorse La capacità di immaginazione delle nuove generazioni, o quella dell’autoironia che sgretola ogni logica A volte sono combattenti nascosti in costumi forse poco credibili, a volte si celano dietro a visi troppo mediocri e bruttini per essere notati Sono eroi ed eroine che cercano giustizia e verità. E in sé portano il gene della speranza. È il caso di La vita bugiarda degli adulti (su Netlix): un altro capolavoro tratto dal romanzo di Elena Ferrante con un cast intenso e una resa super credibile. Sei episodi; Giovanna è adolescente a Napoli negli anni Novanta, e cerca di capire chi è frequentando le due fazioni in cui è divisa la sua famiglia: una borghese, conformista e piena di silenzi, l’altra popolare, disordinata e piena di verità gridate malamente. Edoardo De Angelis dirige la giovane attrice esordiente Giordana Marengo nei panni della protagonista (foto sopra sulla destra, con un’intensa Valeria Golino-zia Vittoria) e Alessandro Preziosi nel ruolo del padre.

LE ALTRE SERIE IN USCITA

Sono Lillo (Prime Video)

Ebbene sì. La creatura nata a Lol, il supereroe Posaman, sotto le cui spoglie si nasconde Lillo, diventa un film quasi autobiografico, in cui troviamo i due Guzzanti, Valerio Lundini, Maccio Capotonda. Un sogno che diventa realtà.

The Last of Us (Sky Atlantic, 16 gennaio)

Una serie tv creata dall’omonimo videogame Portare in salvo la 14enne Ellie potrebbe salvare il pianeta, minacciato dagli umani infettati da un virus che li rende mostri cannibali. Vuoi fare a meno di un horror thriller?

Contra las cuerdas (Netflix, 25 gennaio)

Tripudio Camp per questa vicenda di donne che cercano il personale riscatto attraverso la lucha libre, ovvero il combattimento sul ring, mascherate di glitter e pronte a non farsi mettere alle corde da niente e nessuno

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TIVÙ

di Severino Colombo

Surrealismo domestico

A UN CERTO PUNTO, non importa dove e non importa quando, il cortocircuito tra finzione e realtà arriva. «Credevo che ti piacesse Sapo. No, lo so, scusa, ti chiami Guidubaldo o Guidobaldo. E poi Saporoso, ma guarda che è bello… sarebbe piaciuto a Jarry, no a Jarry no… a Daudet». Non c’è dubbio: ad Alphonse Daudet, autore di racconti sinistri alla Edgar Allan Poe, e pure ad Alfred Jarry, inventore di testi tra il grottesco e l’assurdo, sarebbe piaciuto non solo chiamarsi Sapo, ma pure aggirarsi tra le pagine del romanzo di Matteucci Per futili motivi. Che racconta con abbondanza di verve e ironia la routine familiare del neopensionato protagonista. È la vita poco routinaria di chi ogni giorno sa che deve alzarsi e combattere una battaglia sempre diversa Con la fumosa figlia adolescente Costanza,

Un coniglio nano e altre creature di casa raccontate in Per futili motivi (La nave di Teseo, pp 384, euro 19) da Sapo Matteucci, già autore di libri, saggi, memoir e racconti.

che non ne vuole sapere di studiare; con la rigida moglie Teodora, che lo esorta al fare; con il figlio «bravo in tutto» (e forse non così diverso dal padre); con il coniglio nano che giganteggia tra le mura domestiche; con lo psicanalista, che distilla gocce di sapere («nascere significa cadere nel linguaggio e il nome è il primo passo»); con il nuovo fidanzato della figlia, eterno immaturo di una certa età. Matteucci (Pisa, 1951), giornalista e scrittore, già autore (con Nicolò Bassetti) di Sacro romano Gra (da cui il film Leone d’oro a Venezia), è uno che con parole e storie ci mangia e ci beve, pratico com’è di cucina e alcolici (suoi: Q.B La cucina quanto basta e C’era una vodka). In più ha «il senso della frase» (cit. Andrea Pinketts), che gli permette di surfare sulle onde della letteratura. Disegnando voli pindarici personali che terminano in universali atterraggi di fortuna.

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LIBRI

MOSTRE

La luce misteriosa

LA STORIA DELL’ARTE è ricca di false convinzioni Di Johannes van der Meer noto come Jan Vermeer, ad esempio, si è sempre detto che fosse un pittore maniaco che dava pennellate precise direttamente sulla tela, tanto che non esistono i disegni preparatori dei 38 quadri che ha firmato nella sua carriera. Pochi se si pensa alla fama sua e dei quadri, ma non pochissimi se si pensa che è morto abbastanza giovane nel 1675 (anche se non si conosce la sua data di nascita ma solo quella del battesimo nel 1632 a Delft) Misteriose anche le sue origini e gran parte della vita se si esclude che ha avuto 15 figli con Catherina Bolnes, ricca figlia di famiglia cattolica per la quale abbandonò il protestantesimo A ribaltare un po’ queste vecchie certezze arriva la mostra Vermeer che al Rijkmuseum di Amsterdam, dal 10 febbraio al 4 giugno, mette insieme per la prima volta 28 opere provenienti dai musei in cui sono esposte (Mauritshuis di L’Aia, Städel di Francoforte, National Gallery di Dublino e di Washington, Gemäldegalerie di Berlino, Metropolitan e Frick Collection di New York e Louvre di Parigi) La novità sta nel fatto che, a scapito della reputazione di perfezionista ossessivo che lavora su ogni piccola parte del

Pesatrice di perle (o Donna con una bilancia) è un dipinto a olio su tela (40,3x35,6 cm) che Jan Vermeer ha realizzato tra il 1662 e il 1664 ed è conservato alla National Gallery of Art di Washington

quadro, esami chimici nel laboratorio di imaging hanno scoperto che sotto ogni dipinto c’è un bozzetto preparatorio, per lo più in bianco e nero, e che, nascoste dalla perfezione superiore, ci sono pennellate rapide, spontanee e fitte. Probabilmente è proprio questa la tecnica che gli ha permesso di ottenere quella luce misteriosa che illumina anche il costosissimo blu oltremare, derivato dai lapislazzuli, che ha utilizzato anche negli anni di poca disponibilità economica e che gli ha consentito quella sfumatura che si vede sul turbante della Ragazza con l’orecchino di perla.

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CINEMA

di Valentina Ravizza

Innocenza perduta

UN’AMICIZIA TRADITA SA SPEZZARE IL CUORE QUANTO LA FINE DI UN AMORE

COMINCIA CON UNA PORTA SBATTUTA

in faccia a un caro amico senza alcuna ragione apparente Il resto della trama de Gli spiriti dell’isola si svela nei primi sei minuti del film: da un lato c’è Pádraic, «un tipo semplice e gentile, felice fintanto che gli animali vengono nutriti e in tasca trova qualche spicciolo per bere una pinta e farsi una chiacchierata al pub», come lo descrive il suo interprete Colin Farrell (a sinistra nella foto); dall’altro Colm (Brendan Gleeson, a destra) che si è messo in testa di avere solo altri 12 anni di vita e non vuole sprecarli con qualcosa che non sia la sua musica Una decisione che spezza il cuore proprio come quando si viene abbandonati in una relazione amorosa. «Che senso ha l’arte

se le persone vengono trattate come spazzatura?» si (e ci) chiede il regista e sceneggiatore Martin McDonagh (già candidato all’Oscar per Tre manifesti a Ebbing, Missouri) che conduce i suoi personaggi in una spirale di inquietudine, dolore, tristezza, rabbia e paura che li porteranno a compiere atti spregevoli. Con quale dei due uomini si identificherà il pubblico? Sarà in grado di capire la difficile decisione di Colm o si riconoscerà nella perdita dell’innocenza che vive Pádraic Sullo sfondo, ruggisce da lontano la guerra civile irlandese (1922-23), dove altri amici sono schierati contro gli amici, i fratelli uccidono i fratelli «Perché il dolore genera dolore. La rabbia genera rabbia. La violenza genera violenza».

ALTRE PROPOSTE CINEMATOGRAFICHE

Un bel mattino dal 12 gennaio

La quotidianità del dolore tra drammi familiari e rinascite sentimentali secondo Mia Hansen-Løve Con Léa Seydoux nei panni di una giovane madre vedova che lotta contro la malattia degenerativa del padre

Anche io dal 19 gennaio

Maria Schrader ricostruisce l’inchiesta sugli abusi sessuali del produttore Harvey Weinstein delle giornaliste del New York Times, Megan Twohey e Jodi Kantor, interpretate da Carey Mulligan e Zoe Kazan.

Profeti

dal 26 gennaio

Viaggio nella mente di una foreign fighter (Isabella Nefar), moglie di un miliziano dell’Isis, attraverso lo scontro con una giornalista italiana (Jasmine Trinca) rapita durante un reportage di guerra in Siria.

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MUSICA

Biologia e poesia

CHITARRE ACCAREZZATE e percussioni tropicaliste; ritmi di Bahia e cover di Paul McCartney, bossanova e clorofilla: è pieno di stimoli l’ultimo album del 52enne cantautore brasiliano Lucas Santtana (foto): O Paraiso Ispirazione religiosa? «La terra è già il paradiso. Ma urge ricordarcene. E collaborare alla sopravvivenza della Natura, di cui siamo parte». Pensiero mutuato dal biologo ribelle Lynn Margulis, al centro di un documentario, Symbiotic Earth, celebrazione della via collaborativa alla vita sul pianeta, che si riverbera nelle dieci canzoni dell’album. Quali musiche hanno fatto sentire in paradiso Santtana? «Quelle di John Coltrane, João Gilberto, Claude Debussy, Beatles, José González, Dorival Caymmi… per dirne alcuni; la musica è l’arte più vicina al sublime, perché comunica senza parole». Lui però

ce ne mette, e tante. In canzoni come Biosfera o What’s Life, in portoghese inglese e francese, con ironia ma senza dimenticare il Tropicalismo, corrente musicale e naturalista di artisti come Jorge Ben (di cui qui è riproposta Errare humanum est, ballata del 1974) e Caetano Veloso. «Idealmente vorrei far incontrare i giovani attivisti europei (quelli di Greta Thunberg) con gli indios dell’Amazzonia, che hanno tanto da insegnare; una lotta comune che deve abbracciare anche la giustizia e l’eguaglianza sociale». L’intero album è registrato in Francia, dove si era autoesiliato ai tempi di Bolsonaro: adesso che c’è Lula si è ritrovato? «Il nome dell’ex presidente non lo pronuncio, è come un pesticida. Mentre il Brasile, il bioma più grande del mondo, può e deve diventare il Paese da cui partire per la riforestazione e per l’energia pulita del futuro».

LE ALTRE USCITE

Rush! Måneskin

Con buona pace dei presunti custodi del «vero rock», i quattro 20enni romani rilanciano con gli eccellenti live (il tour riparte dall’Italia a febbraio) e col secondo album (il primo da band italiana più famosa nel mondo).

All the Eye Can See Joe Henry

Forse il miglior

Gran Cantautore

Americano che pochi conoscono: già vincitore di tre Grammy, torna dal Maine con un elegiaco album (tutt’altro che scarno: tra i 20 eccellenti musicisti, i chitarristi Marc Ribot e Bill Frisell).

Time’s Arrow Ladytron

Atmosferica elettronica tra dream pop e dark/industriale: riecco l’arte di quest’altro quartetto di Liverpool. Che è in giro da 20 anni, e la cui Seventeen è già un classico da clip su TikTok

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di Enrico Rossi

Ascesa e caduta di start-up

LA CRISI FINANZIARIA mondiale, dovuta alla bolla immobiliare causata dalla sottoscrizione dei mutui subprime, toccò il suo apice nel 2008. Un effetto domino che coinvolse banche e Stati dando il via alla più grande recessione degli anni Duemila Il podcast Mele marce (prodotto da Will Media e Spotify Studios) parte da quel momento storico per esaminare le storie più incredibili in materia di tech. Sono gli anni delle start-up guidate da founder rivoluzionari e desiderosi di cambiare quella condizione sfavorevole; come Adam Neumann, l’innovatore dietro WeWork, l’azienda protagonista della prima puntata che rilanciò l’idea degli uffici in condivisione. «Neumann e la sua società incarnano perfettamente la Silicon Valley Ideology che si sviluppa in seguito alla crisi finanziaria ed è proprio da lì che volevamo partire»

raccontano gli autori del podcast Riccardo Haupt e Raffaele Coriglione

La parabola delle start-up si basa sulla combinazione di diversi fattori: l’idea iniziale, il successo pressoché istantaneo e, talvolta, la disfatta. «Nelle storie legate alla Silicon Valley c’è un comune denominatore: il successo a tutti i costi, quello del “fake it till you make it” (fingi finché ce la fai) e dell’essere in grado di vivere a pieno la propria contemporaneità». Ma qual è il futuro di questa New Economy? «Le start-up sono e saranno incredibili veicoli di innovazione In questo momento il settore tecnologico sta vivendo una grande flessione e alcuni fallimenti di aziende crypto, ma ciò non fermerà la creazione di nuove aziende che risolveranno nuovi problemi Anzi, proprio in momenti di instabilità e difficoltà ci immaginiamo che possano nascere le migliori start-up».

Mele marce è un podcast in otto puntate scritto da Riccardo Haupt, oggi head of Strategy di Will dove si occupa di Business development e partnership, e da Raffaele Coriglione, per 20 anni nel mondo delle banche d’investimento tra Londra e Milano e poi autore, insieme a Guido Brera e Tommaso De Lorenzis, nel collettivo di narrazione multimediale I Diavoli.

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PODCAST
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GET T Y IMA GES

di Luca Roscini

Uno dei simboli del divertimento degli anni Ottanta diventa digitale e permette sfide online

PASSATEMPO INTERATTIVO (AL CUBO)

43.252.003.274.489.856.000 sono le combinazioni di quello che è il gioco più venduto al mondo. Nonostante ciò il cubo di Rubik, inventato nel 1976, non sf ugge all’evoluzione digital-dar winiana che lo preser va dall’estinzione; lo dimostra Go Cube Edge, cubo interattivo che si connette tramite App allo smar t phone Ogni movimento è tracciato in tempo reale sullo scher mo del cellulare dove si possono sf idare altri giocatori, entrare in classif ica e ottenere dei suggerimenti per la sua soluzione. Prezzo: 115 euro. getgocube com

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T E C H D E S I G N
4 6 S T Y L E M A G A Z I N E © RIPRODUZIONE RISERVATA C O P E R T I N A JDG
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«In una diretta mi dichiarai bisessuale; poi ho capito che non si può dire qualsiasi cosa solo perché si è famosi» di Valentina Ravizza foto di Marc Hom
Jack Dylan Grazer styling di Fabio Immediato
Jack Dylan Grazer, 19 anni, tornerà prossimamente a vestire i panni di Freddy Freeman in Shazam! Furia degli dei. Cardigan, T-shirt, pantaloni e boots, Prada
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PENSARMI COME UN ALIENO ANDROGINO, SENZA ALCUNA PARTE DEL CORPO CHE MI IDENTIFICHI IN UN GENERE PRECISO» C O P E R T I N A L’attore, nipote del noto produttore di Hollywood Brian Grazer, ha esordito nel 2017 nel film horror It Giacca, camicia e pantaloni, Dior Men; sabot, Birkenstock per Dior Men
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Per vedere Grazer in un ruolo drammatico bisognerà attendere l’uscita di Downtown Owl, con la regia di Lily Rabe e Hamish Linklater, tratto dall’omonimo romanzo di Chuck Klosterman.

Giacca e camicia, Valentino

N«NESSUNO TI INSEGNA che cosa aspettarti dal successo». Jack Dylan Grazer l’ha provato sulla propria pelle, «che è decisamente il modo più duro per impararlo», a 14 anni, trasformato precocemente in star dall’horror It, tratto dal bestseller di Stephen King: «Ero un ragazzino incosciente che amava cacciarsi nei guai e ricevere attenzioni perché si era cacciato nei guai. Facevo un sacco di video in cui parlavo a ruota libera e non mi rendevo conto che dall’altra parte c’erano potenzialmente sette miliardi di persone pronte a prendersela con me». E poi ancora a 17 anni, dopo il successo della miniserie diretta da Luca Guadagnino We are who we are (nella quale interpretava un teenager introverso trasferitosi con le sue due madri in una base militare statunitense in Veneto), quando durante una diretta Instagram, si è dichiarato bisessuale «Sarò

in un genere preciso. Non ritengo che la sessualità di una persona coincida necessariamente con la sua identità. So che qualcuno potrebbe non essere d’accordo, e lo rispetto, ma trovo pericolose certe etichette Non pensa che coming out come il suo possano aiutare chi certe affermazioni non riesce a farle?

Ho ricevuto sia messaggi d’incoraggiamento sia di odio, ma il punto è che io non credo ci sia nulla da celebrare Se un ragazzo mi raccontasse che sua madre ce l’ha con lui per aver detto che è gay gli direi che la cosa più importante in questo mondo è essere autentici e che se i suoi genitori non riescono ad accettare questo, allora significa che non riescono ad accettare chi è. Ognuno è il protagonista della propria storia, siamo tutti diversi, speciali, siamo quello che siamo, proprio come il titolo della serie di Guadagnino, We are who we are

onesto: è stata una cosa stupida da fare» ammette l’attore americano oggi 19enne «Non volevo prendere posizioni, semplicemente qualcuno mi ha chiesto se ero gay e io ho buttato lì una risposta senza pensarci troppo. Quando ho visto la mia foto sul Daily Mail e su Hollywood Reporter descritto come “attore apertamente bisessuale” ho capito che non puoi dire qualsiasi cosa solo perché sei famoso».

Una provocazione che le si è ritorta contro? Non voglio che una dichiarazione del genere si rifletta sul mio lavoro, nemmeno in positivo perché non sarebbe giusto che ottenessi un certo ruolo per questo motivo.

Coma vuole definirsi adesso? Preferisco pensarmi come un alieno androgino, senza alcuna parte del corpo che mi identifichi

Una consapevolezza molto Gen Z. Come ha raggiunto questo grado di sicurezza di sé? Con i miei amici faccio un sacco di discorsi ultra analitici super esistenzialisti sulla vita, la politica, l’amore, l’odio, le relazioni Non voglio dire che sono chissà quale intellettuale, solo mi piace affrontare temi che non sono necessariamente difficili ma di cui si tende a non parlare. Più cresco e più faccio fatica a non avere questo tipo di conversazioni. Sono andato a certi pazzeschi party hollywoodiani dove però si fanno solo chiacchiere superficiali. Io invece non voglio più sprecare il fiato parlando di nulla Trovo che gli esseri umani siano estremamente complessi, il nostro primo compito dovrebbe essere quello di indagarli.

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SONO
«NON VOGLIO PIÙ SPRECARE IL FIATO PARLANDO DI NULLA. GLI ESSERI UMANI
ESTREMAMENTE COMPLESSI, ABBIAMO IL COMPITO DI INDAGARLI»

«QUANDO HO TEMPO DI ESSERE IL RAGAZZO CHE SONO, SENTO COME SE CI FOSSE UNA TRAMA DIETRO A QUELLO CHE MI SUCCEDE»

Già protagonista della miniserie We are who we are, girata da Guadagnino in Veneto, Grazer ha dovuto imparare l’italiano anche per pronunciare correttamente le città della Liguria durante il doppiaggio del film Pixar Luca Giacca, camicia e basco, Dior Men

C O P E R T I N A

È quello che cerca di fare come attore? Sto imparando ora a entrare in relazione con i miei personaggi. Prima capitava semplicemente che il Jack 16enne interpretasse un altro 16enne che stava attraversando più o meno le sue stesse crisi d’identità, in una sorta di simbiosi in cui era quasi difficile capire dove finiva il film e cominciava la vita reale. Ancora oggi a volte, quando mi prendo il tempo per essere il ragazzo che sono, per assaporare che cosa significhi essere vivo, mi sento come se dietro a quello che mi succede ci fosse una trama piuttosto che il caso.

Ha mai avuto paura che i personaggi prendessero il sopravvento? Che finissero per definire la sua stessa personalità? Ammetto che a volte devo ricordare a me stesso che recitare è il mio lavoro ma prima di quello c’è il Jack essere umano. Per un ragazzo giovane questo

A 19 anni non si sente mai schiacciato da tutto questo? Certo! Forse il segreto sarebbe non avere aspettative: quando le hai i rifiuti o gli insuccessi possono farti male. Ci sono tante persone sotto i riflettori che vengono ferite dall’odio online. Personalmente a me non importa troppo cosa dice la gente, ma so che per altri è più dura.

Cosa si aspetta dal futuro? Al momento mi trovo in questa posizione sulla soglia dell’età adulta in cui da un lato vedo alle mie spalle il lungo percorso che ho fatto da quando ho cominciato, dall’altro sono impaziente per quello che verrà.

Prossimamente la vedremo nel sequel della saga di supereroi DC Comics Shazam!Furiadeglideie nel drammatico Downtown Owl. E poi? Ho centinaia di pagine di copioni nel cassetto: mi piacerebbe produrre una mia storia, dirigere un film in cui potrei recitare oppure

«ESSERE COSTANTEMENTE SOTTO GLI OCCHI DEL PUBBLICO SIGNIFICA DOVERSI PRESENTARE AL MEGLIO, ESSERE GIUDICATO PER OGNI ERRORE»

mestiere ha molti effetti collaterali. Quando ho iniziato non lo sapevo, e sono stato travolto. Era come se avessi firmato un contratto su cui in realtà non avevo nemmeno mai posato la penna Non dico di non essere felice di com’è diventata la mia vita rispetto a quella che avrei se fossi finito a lavorare in qualche negozio, ma di certo non puntavo al successo, la fama è qualcosa che mi è capitata Che cosa cercava invece? Volevo solo disperatamente recitare, era la mia aria, il mio respiro, la mia unica droga. Ne sono così pesantemente dipendente che è tutto per me Però essere costantemente sotto l’occhio del pubblico significa doversi presentare al meglio, essere giudicato per ogni minimo errore.

coinvolgere dei colleghi o persino amici alla loro prima esperienza, giovani talenti da scoprire. E sto dedicandomi molto anche alla musica: con la mia band stiamo lavorando a un album Come attore invece che cosa l’affascina? Mi piacerebbe interpretare un personaggio che il pubblico fatichi a decifrare del tutto, un ruolo drammatico che affronti quella complessità di emozioni di cui è fatta la realtà, perché niente è mai bianco o nero e la vita è bella e triste allo stesso tempo. Però mi divertono anche le commedie e i western, sogno di interpretare un pirata e persino di indossare il mantello di Batman un giorno! Sento di poter dire con abbastanza sicurezza che potrei fare qualsiasi cosa io mi metta in testa.

Tra le passioni di Grazer c’è anche la musica: «Sto lavorando al primo album con la mia band» rivela.

Camicia, pantaloni e boots, Canali

grooming: colleen dominique @exclusive artists

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CONTRADDIZIONI E CERTEZZE LA MODA RACCONTA

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UN ALTRO UOMO
R E F E R E N C E

LE INTONAZIONI TENORILI,

gli acuti sopranili e i toni del baritono dentro e fuori dal coro. Con quante voci canta la moda maschile della primavera estate 2023? Insomma, sembra proprio che la fatidica domanda «qual è la tendenza della moda maschile di questa stagione?» non sia più retorica ma esprima una preoccupazione che nasce da un disorientamento dovuto alla «con-fusione». Una fusione a caldo che determina una convivenza di elementi contraddittori che, siccome non sono messi alla rinfusa ma in una modalità estremamente ordinata, più che determinare confusione nella mente del consumatore rischierebbe di trasformarsi in una Babele di linguaggi e di messaggi se non intervenisse prontamente e con qualche semplificazione di troppo il senso regolatore del mercato. Che non è sempre la voce della ragione ma è quella che condiziona, nel bene e nel male, molte velleità creative È evidente a chiunque la osservi, ma anche a molti consumatori, che la moda maschile stia attraversando un periodo di preoccupante sconforto: la realtà è che si fa fatica a individuare un marchio che riesca in toto a intercettare il modo di vestire degli uomini di questo periodo storico. Formale – ma quale? Streetwear – ma quale? Urban-sport-freestyle? No. Anzi, New Normal, che poi sarebbe il Normcore del primo decennio del Duemila. E si vede che sono tutte definizioni cha appaiono usurate dal tempo. E sempre che siano ancora in grado di definire qualcosa… L’unico dato evidente è che l’offerta di marchi, aziende e designer appare perfino contraddittoria. Il che può essere la causa che determina uno dei tanti indicatori che danno la moda maschile in calo di attrazione, un indice che non sempre equivale a un calo del fatturato. E, anche qui, ammesso che il fatturato sia un indicatore valido per misurare la salute creativa della moda maschile. Eppure, una risposta alla domanda «come si vestirà l’uomo della primavera-estate 2023?» occorre darla E non possiamo che tentare di costruirla con gli esempi che abbiamo a disposizione.

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L E B O L E U O M O I T

COMPLESSITÀ DEL PRESENTE.

«Il progetto di questa collezione si orienta verso la complessità dell’idea di semplicità» dice Miuccia Prada che fa iniziare la sua sfilata con una lunga serie di completi giacca-pantaloni neri, al limite della restaurazione neoborghese e patriarcale, per poi immettere molte varianti di discontinuità con camicie e soprabiti a quadretti e shorts in pelle. Non c’è dubbio, quindi, che la moda racconti il tempo in cui nasce e che Prada, anche nella co-direzione creativa con Raf Simons, concepisca una collezione che comporta lo svelamento di molte complessità. Che riguardano soprattutto il progetto della moda in generale nella indeterminatezza dei nostri giorni e poi la configurazione di una cultura maschile in questi anni di tensioni e confusioni su ruoli e prospettive. Alla stessa soluzione sembra arrivare Kim Jones con Dior Men che nella sua ostinata ricerca stilistica volta a introdurre le soluzioni classiche della moda femminile della storia del marchio in quella maschile si fa soccorrere dal mondo degli intellettuali di Bloomsbury e disegna un uomo «dandy ma non troppo». In questo modo, mentre descrive la complessità odierna di una cultura maschile in bilico tra restaurazione e rivoluzione, in realtà disegna un uomo che vive molto bene in uno status-quo in cui con le giacche debitrici alla femminilità del tailleur Bar del New Look del 1947 convivono le classiche scarpe derby in bianco e nero e i copriscarpe ricamati. È quindi questo un atteggiamento creativo prudente che rincorre un mercato incerto oppure il tentativo di un rinnovamento che non dà molto nell’occhio? La risposta potrebbe darla Hedi Slimane che con la sua collezione per Celine dà sicuramente una visione più libera rispetto ai tanti «rappel à l’ordre» visti sulle passerelle di Parigi e di Milano ma racconta pur sempre una favola rock che è sicuramente disfunzionale, cioè non corrisponde ai compiti e ai fini della deriva di una moda maschile conservatrice, ma agisce pur sempre in un ambito di trasgressione storicizzata.

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FUGHE IN AVANTI.

L’anello di congiunzione tra il prima e il dopo lo si può scorgere nella proposta di Comme des Garçons dove la sua fondatrice Rei Kawakubo continua con le sue provocazioni di scomposizioni ricomposte, con le giacche che sembrano uscite dalla sartoria ma poi si mimetizzano con altre forme grazie ai «corpi aggiunti», che in questo caso sono i tasconi, fino ad allinearsi con gli aspetti rassicuranti di un trench che modifica se stesso trasformando le maniche che si aprono per formare una cappa; allo stesso modo si comporta una T-shirt che si allunga fino a diventare un miniabito che si ferma all’altezza delle ginocchia E così la designer che ci ha abituato ai vestiti che si trasformano in incubi, o in dichiarazioni programmatiche per un futuro accettabile, procede per tutta la collezione con rassicurazioni alle quali seguono veri shock di forme e volumi per arrivare a sovrapporre una giacca a un soprabito che termina in un orlo che ha un’ampiezza a balza. In questo percorso segnato da una radicalità che non vuole darla vinta alla formalità, Kawakubo è accompagnata dalla visione distopica di Rick Owens che è tutt’altro che pacificata con i tempi ma che, forse per la prima volta, riesce a trasformarsi in una visione ottimistica. Ed è per questo che Owens utilizza giacche e soprabiti sartoriali che producono una nuova versione della sua personalissima scomposizione dei vestiti in segnali trasformisti: giacche in organza trasparente, soprabiti in tulle, pantaloni cargo ma con il taglio che rispetta le regole della sartoria. In questa scia si inserisce anche il messaggio di Jonathan Anderson che fa nascere i vestiti della sua linea JW Anderson da una riflessione sull’Autoritratto con gli occhi smunti del 1630 di Rembrandt, uno degli oltre 50 che l’artista olandese produsse dal 1628 al 1669 quando morì, e che il designer identifica come il primo selfie della storia. Oggi gli autoscatti sono veicolati sui social network dove oltre all’immagine viene inventata una seconda vita a gonfie vele e, molte volte, troppo diversa da quella reale. E così, Anderson trasforma i vestiti in oggetti indossabili sui quali aggiunge altri oggetti improbabili ma possibili: un manubrio di bicicletta o un paio di guanti da lavoro cuciti sul davanti di un maglione, uno skateboard o il cardine di una porta infilato in un cardigan. E così il vestito diventa qualcosa di diverso pur conservando la sua funzione.

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AUTENTICITÀ COME VALORE.

A descrivere l’oggi ci sono anche le storie che narrano l’autenticità dei marchi. L’esempio più eclatante è quello di Dolce&Gabbana che ha rieditato «i pezzi originali dal 1990 al 2006 e, utilizzando un metodo random, li abbiamo rimessi insieme con quelli disegnati per l’occasione» dicono Domenico Dolce e Stefano Gabbana. Il risultato è straniante perché i capi non producono un déjà-vu ma sono l’evidente attualizzazione di un’idea consolidata e, spesso, se non ci fosse l’etichetta con l’anno di creazione non si potrebbe attribuire né l’annualità né la stagionalità. «Dal 1990, quando abbiamo iniziato con l’Uomo, sono passati 30 anni: ci accorgiamo che le nuove generazioni richiedono quel tipo di moda ma non lo trovano. Così, abbiamo pensato di rimettere in ordine il nostro archivio» ribadiscono gli stilisti in una evidente volontà di dare alla loro moda una lettura non passatista della propria storia. Che è anche l’approccio di Donatella Versace con i continui richiami all’heritage del marchio che questa stagione viene rappresentato da completi giacca-pantaloni in tessuti con le caratteristiche righe della pigiameria inglese, camicie e T-shirt con le grafiche e i colori pop, parka in nylon stretti al fondo in una coulisse, pantaloni-pijama in seta rosa e soprabiti in lattice eco-sostenibile. Un processo che in realtà compie anche Silvia Venturini Fendi che per Fendi riesce a costruire una collezione che trova «un equilibrio tra decorazione e semplicità, un senso di libertà nel giocare che è senza età, mentre riscopriamo il lusso del tempo libero». Ed ecco che la moda maschile per la primavera-estate 2023 appare come un puzzle formato di tanti tasselli, spesso regolari ma il più delle volte con irregolarità che sconfinano al centro di altri tasselli. Parlando della collezione Gucci HA HA HA preparata a quattro mani con Harry Styles, Alessandro Michele dice che «la moda ha aperto i battenti al suo significato primo che è quello di essere legata alla vita e che oggi è ancora più evidente di quanto sia un canale diretto con il sociale. Ed è per questo che la libertà diffusa (di cui la moda è espressione, ndr) viene ritenuta pericolosa da chi vuole manipolare». Lasciando perdere il fatto che a leggerle oggi, dopo la separazione da Gucci dello scorso novembre, quelle parole pronunciate nel giugno precedente sembrano profetiche, è proprio vero che la moda riflette anche la confusione di questi tempi in cui l’unica certezza che abbiamo è di vivere in una continua contraddizione. E forse proprio da qui, dalle numerose contraddizioni del presente, occorre ripartire.

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M E N S T Y L E CORPI E TEMPI Dodici espressioni della prossima primavera-estate: ritratti di pluralità maschili di Luca Roscini foto di Letizia Ragno
Cappa in eco pelliccia, abito e canottiera, Gucci. Cappotto in lana, camicia, pantaloni e mocassini con borchie, Bottega Veneta

Giacca, polo in maglia, T-shirt, pantaloni e cappello in rafia, Dsquared2

Camicia e pantaloni in cotone stampato, Louis Vuitton Cappotto doppiopetto, camicia, jeans, cravatta e boots, Celine Homme

Djellaba in tulle con cappuccio, abito in seta, pantaloncini in raso e sneakers, Rick Owens

Giacca in pelle smanicata, pantaloni e slippers, Ferragamo

Trench in cotone con cappotto e felpa con cappuccio, jeans e ballerine, Balenciaga

Cappotto doppiopetto con lavorazioni jacquard, Fendi Maglia in pizzo e canottiera, Dolce& Gabbana Trench in pelle, soprabito stampa Vichy, maglia, pantaloncini, calze e boots, Prada

Giacca, camicia, pantaloni cravatta e mocassini, Giorgio Armani

ha collaborato: giovanni de ruvo; grooming chiara bussei @wmmanagement using davines
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di Giovanni de Ruvo

IL LUNGO NOME, Tod’s x 8 Moncler Palm Angels, dichiara subito chi sono i tre brand protagonisti del progetto di Tod’s-Factory, ossia del laboratorio creativo dove il marchio marchigiano invita designer affermati ed emergenti a dare un nuovo punto di vista sul suo Dna. Non poteva quindi mancare la mano di Francesco Ragazzi, direttore creativo di Palm Angels, il quale prende l’energia creativa e le radici nella cultura Pop americana del suo brand e trasforma proprio le due icone di Tod’s: il famoso gommino e lo stivaletto Winter Gommino. Il risultato sono questi (foto) mocassini fiammeggianti e i boots a cui ha dato i dettagli di uno stivale da neve e il volume di uno scarpone.

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ARRIVANO DIRETTAMENTE dagli archivi degli anni Ottanta ma con una nuova «faccia» le Sonic Spotbilt, sneakers di Saucony Originals indossate e amate da atleti e giocatori di basket. Tornano quindi alla ribalta, must have per i nostalgici e non solo, ma nella nuova versione in pelle con i colori originali (da scegliere tra alte oppure basse). Questo ritorno segna anche una data importante per il brand: 125 anni di Saucony Originals

CELEBRANDO LO SPIRITO DELLA MOBILITÀ due famosi marchi tedeschi hanno collaborato per offrire ai viaggiatori tutto ciò che serve per evadere dalla città. È infatti di Rimowa e Adidas lo zaino in alluminio scanalato pensato con una serie di funzionalità: dagli spallacci imbottiti con moschettone, alle maxi tasche interne, alla fascia elastica che permette di attaccarlo a una valigia A questo si aggiunga la creazione di un paio di sneakers con tomaie in maglia e intersuole flessibili con impresse le coordinate geografiche dei due quartieri generali in Germania.

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LA PRIMA VOLTA NON SI SCORDA MAI. E lo sa bene il designer scozzese Charles Jeffrey (in foto) che il 15 gennaio sfilerà a Milano con la sua linea (nata nel 2015) e la sua estetica f lamboyante, ispirata ai club della Londra anni Ottanta come il Blitz e il Taboo e ad artisti «very stylish» come Boy George e Leigh Bowery, mixata a tessuti tartan in omaggio alle sue origini. La collezione Charles Jeffrey Loverboy autunno-inverno 2023-2024 gira intorno a un farsetto del XVI secolo che incontra una biker jacket e un cantante di fine anni Settanta che urla contro il cambiamento climatico a sottolineare che gli stilisti non sono solo arbitri del gusto, ma anche narratori di storie sui temi importanti del mondo che li circonda. (c.o.)

QUELLA FIBBIA SULL’UOMO. «Per il lancio di una linea maschile Roger Vivier, ho attinto l’ispirazione da uno dei modelli più famosi per reinterpretarlo con una calzatura che non è solo eccezionalmente elegante, ma che può essere anche reinventata ogni giorno». A Gherardo Felloni, direttore creativo di Roger Vivier, va il merito di aver portato nella calzatura maschile la mitica fibbia di Belle Vivier, la scarpa indossata da Séverine (Catherine Deneuve) in Belle de jour, il film di Luis Buñuel che nel 1967 ha svelato la normalità delle perversioni borghesi. (m.c.)

OFF-WHITE VA AVANTI e lancia Off-White EQUIPMENT c/o Post Archive Faction (PAF), Victorinox, Helinox. Un nome così lungo prende forma nel 2020, cioè quando è iniziata la prima collaborazione con il collettivo coreano Post Archive Faction (PAF). Poi sono arrivati Victorinox (azienda di coltelli svizzeri) ed Helinox (creatore coreano mobili). Oggi la collezione comprende 12 progetti funzionali e concettuali che reinterpretano motivi simbolici come la foglia di fico di Adamo ed Eva che, in morbido tessuto bianco o nero, ricopre gli indumenti, gli accessori e gli articoli per la casa della collezione.

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VIRTÙ DELLA MODA

CONTEMPORANEA: esaltare ossimori che richiamano mondi stilistici opposti trasformandoli in capi d’abbigliamento. È così che Fay decide di unire l’immaginario del safari e quello della città attraverso una giacca, la Field Jacket, presentata secondo le sue linee classiche con tasconi davanti in due varianti innovative. Una, più legata al tempo libero, in cotone effetto used tinto in capo, mentre la seconda, dall’aspetto urbano, in tessuto tecnico e fodera stampa camouf lage. I colori sono di tonalità neutre per conferire ai capi un aspetto vintage grazie al khaki, al salvia e alle sfumature del sabbia.

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IL LUSSO DISCRETO DELLE SNEAKERS

Uguale visione creativa, più sartorialità e più futuro

di Fiorenza Bariatti

UN DESIGNER ITALIANO, Alessandro

Sar tori che in Zegna è direttore ar tistico, e un footwear designer e innovatore londinese, Daniel Bailey, anzi Mr Bailey come è di fatto conosciuto, fondatore di Conceptkicks, piattafor ma-studio sulle tendenze del design per calzature Due creativi, visionari anche; il primo fanatico del lavoro ar tigianale, il secondo estremamente tecnico Insieme hanno «giocato a reinventare» tra le due sponde culturali del made in Italy e del made in UK. Sar tori parla di «sinergia creativa», di «Dna di onestà intellettuale comune» riferendosi alla collaborazione con Mr Bailey mentre quest’ultimo racconta della «perfetta ar monia nella nostra ricerca dell’innovazione e nello spingere ciò che è possibile attraverso un ar tigianato altamente qualificato». I due non si conoscevano personalmente ma erano interessati l’uno al lavoro dell’altro poi, incontrandosi, hanno scoper to di condividere gli stessi valori e ciò ha aper to loro

Marracash le ha indossate in anteprima nel corso del suo ultimo tour e Sartori non nasconde che le vedrebbe bene portate da Javier Bardem e comunque da «uomini che hanno un’attitudine verso le novità e che percepiscono l’importanza della modernità come della qualità» Le sneakers Triple Stitch MrBailey (sopra) si distinguono per il classico dettaglio a triplo incrocio, mentre le tomaie sono avvolte alla base da suole esterne applicate a mano. La ricerca dei materiali ha portato al crackle: un effetto screpolato, un «tecnicismo» che rende la pelle densa e irrobustita. Parzialmente foderate in mesh e con chiusura elastica regolabile, ci sono in nero, bianco, grigio e in «vicuña Zegna». Nella pagina a fianco: Alessandro Sartori e Daniel Bailey

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la strada a un dialogo facile e soprattutto proficuo, tanto che Zegna ha messo in discussione le sue sneakers più iconiche, le Triple Stitch, reinventandone la silhouette ma preser vandone l’essenza «Stiamo andando in una direzione di prodotti estremamente lussuosi, ricercati ma mai ostentati. Le Triple Stitch MrBailey, infatti, non esibiscono all’ester no le complicazioni innovative: restano un prodotto pulito, esteticamente puro, semplice nel design ma non nella

costr uzione». «Il mio concetto di lusso» inter viene Bailey «consiste nel for nire un ser vizio sensoriale completo Dall’odore e dal tatto dei tessuti e delle pelli, alla silhouette, al packaging fino al ser vizio clienti Entrambi possiamo definirci creatori e proprietari di marchi quindi dobbiamo assumerci la responsabilità di ogni aspetto del processo, di tutti i dettagli: quelle cose a cui la maggior par te delle persone non ar riva Spetta a noi pensare, ad esempio, a come

reagire ai drastici cambiamenti climatici, come ai diversi tipi di pantaloni cui si abbineranno; tutti questi scenari devono essere considerati durante la creazione del prodotto». Tuttavia, farsi venire un’idea è una cosa, eseguirla è tutt’altro; eppure, dice Sar tori, «questa collaborazione è un esperimento senza precedenti: nata sulla base di un processo ar tigianale unico, rappresenta l’incontro tra materiali di qualità e un design contemporaneo» Movimenti di equilibrio tra il concetto moder no di product engineering e il fascino di un lusso tradizionale. Possibile? Cer to, mettendo in pista impianti manufatturieri classici e lavori ar tigianali (e ci si riferisce a Zegna) con nuove tipologie di costr uzione. Basta guardare le suole, che potrebbero sembrare vulcanizzate mentre, in realtà, si tratta di una singola fascia in pelle, avvolta per tre volte intor no alla scar pa per creare il foxing (la fascia di rinforzo) Di più, le sneakers hanno una texture che combina pelle e suède: spiega Bailey di aver tracciato un parallelo con il Giappone «Il mio amore per la natura e l’apprezzamento per l’ar tigianato sono culminati nel guardare allo yakisugi (tecnica giapponese di conser vazione del legno) come grande ispirazione, in quanto lascia un bellissimo motivo screpolato sulla superficie» E cosi appare anche sulle sneakers.

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IL PRIMO È STATO IL CASHMERE («CUI DEVO TUTTO»), POI L’OLIO E ORA IL VINO GRAZIE ALLA TERRA

NOVEMILA bottiglie di un blend bordolese da uve Caber net Franc, Caber net Sauvignon e Merlot a cui viene aggiunto il vitigno Sangiovese, annata 2018, con etichetta Castello di Solomeo, fr utto di oltre 20mila piante che si snodano lungo f ilari ondulati (che dall’alto paiono come un giardino zen, luogo di pace e meditazione) del vigneto di Solomeo, Per ugia, proprietà di Br unello Cucinelli. Il quale, c’è da immaginare, tratta queste uve come fossero cashmere (anche il vino è «morbido») grazie alla f ilosof ia agricola che l’imprenditore ha fatto sua: una metodologia secondo natura «che mette in pratica la saggezza conser vata nelle mani unendola alla scienza

della tecnica e alla sensibilità dell’animo umano» E, in questo caso, le «mani» sono quelle di Riccardo Cotarella, super enologo di fama inter nazionale, partner nell’«avventura» come lo è stato Giovanni Batta quando hanno deciso di produr re l’olio. «Il vino e l’olio sono il mio modo di trovare un’unione con la ter ra» spiega Cucinelli «Ho trascorso parte della mia vita in campagna, in famiglia contadina, senza luce elettrica Ora è il momento di rigenerare, riparare, riutilizzare. Anche la campagna» E, poi: «Il vino è un nobile valore, genitore di quella Sapienza di cui fu padre Dioniso, e che, regolata da Apollo secondo quanto racconta Nietzsche, è la for ma più umana e completa di conoscenza».

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Olio e vino B R U N E L L O C U C I N E L L I, I M P R E N D I TO R E D E L FA S H I O N M A D E I N I TA LY, A S O L O M E O D E D I C A C I N Q U E E T TA R I A L L’U VA
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di
Fiorenza Bariatti artwork di Tommaso Trojani

FRANK GEHRY, ZAHA HADID, Rem Koolhaas, Daniel Libeskind riuniti a discutere sul f ut uro dell’Architett ura Sembra impossibile ma è successo nel 1988, al MoMA di New York par tendo dal Costr uttivismo r usso degli anni Venti: la mostra si chiamava Deconstructivist Architecture e con essa nasceva la cor rente del Decostr uttivismo, inter pretazione del mondo ar tistico di quello che era il concetto f ilosof ico di decostr uzionismo del f ilosofo Jacques Der rida. Smembrare per costr uire di nuovo in maniera apparentemente disorganica: nasceranno poi da quel Big Bang estetico alcune str utt ure dirompenti come il Guggenheim

Museum di Bilbao o la Casa danzante a Praga Decostr uire si può anche nella moda, perf ino in quella più dogmatica come il for male maschile. Kiton, azienda napoletana dalla qualità sar toriale ricercata, crea una collezione, quella della primavera-estate, intor no alla giacca decostr uita: il capo classico è smembrato e riassemblato per liberarsi dalla sua rigidità. Cambiano i volumi (la silhouette si allarga guardando al leisurewear), cambiano i materiali (i cotoni sono presi dalla camicieria), la vestibilità diventa quella di una maglia pur mantenendo t utti i fondamenti della giacca classica: architett ura e moda continuano a inf luenzarsi.

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SMEMBRARE PER UNIRE DI NUOVO. CON LEGGEREZZA Strutture
ricostruire K I TO N R E I N V E N TA L A G I A C C A D E C O S T R U I TA C O N I L T E S S U TO D E L L E C A M I C I E. E C C O I N U O V I V O L U M I D E L F O R M A L E
artwork
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da
di Luca Roscini
di Tommaso Trojani

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MOTORI - OROLOGI FOOD - MODA

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La nuova Maserati GranTurismo; nella versione full electric Folgore Listino stimato 180-220 mila euro Consegne da maggio 2023.

Interpretazioni di stile

di Paolo Artemi

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A U T O P E R S O N A L S H O P

Maserati GranTurismo Modena, Trofeo, Folgore. Si declina così un altro tassello d’una ricor renza straordinaria, i 75 anni dal lancio della prima Gt del Tridente Unendo eleganza, prestazioni, qualità del viaggio, lusso. Così Klaus Busse, attuale vate massimo del design Maserati, ha pensato l’A6 1500, la super car dell’anniversario È noto che per usare cer ti nomi bisogna davvero credere nei propri mezzi, e l’ultima Maserati se lo può per mettere: non è solo elegante, è una e trina. GranTurismo Folgore è il modello che proietta la Casa del Tridente nel futuro: la prima vettura nella storia del brand che adotta una propulsione 100 per cento elettrica. La Modena, equipaggiata con Nettuno, il rivoluzionario motore sei cilindri a V da 3 0 litri, un Twin Turbo benzina da 490 cavalli, è la soluzione per chi non vuole decidersi tra una comoda berlina di lusso e una grintosa coupé spor tiva a quattro posti. Trofeo è la perfor mante versione basata sempre sul 6V Nettuno, por tato a 550 cavalli, per non far rimpiangere ai gentleman driver dai piedi pesanti le prestazioni del mitico 8V A coprire davanti motore e r uote è il «cofango», ter mine che deriva dall’unione delle parole cofano e parafango, occupa tre mq di superf icie Nell’abitacolo si scopre la cifra Maserati, ergonomia e classe in perfetta sintonia con i rivestimenti in pelle caratterizzati da impunture che disegnano fantasie originali. E poi legno e alluminio, per un cocktail esclusivo per passare dal piacere della guida alla marcia regale a emissioni zero

Rombo della Folgore

La GranTurismo Folgore utilizza una tecnologia elettrica 800 Volt derivata dalla Formula E. La batteria da 92,5 kWh e permette di erogare con continuità fino a 760 cv di potenza, grazie ai tre potenti motori a magneti permanenti. E il rombo del motore viene emulato sinteticamente, arrotondato intorno a frequenze ottimali. Essenziale e multimediale Domina la plancia il display da 12,3 pollici del sistema multimediale Maserati, con comandi vocali e gestuali. Dal tunnel centrale sono stati eliminati tutti i pulsanti.

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MARCIA REGALE A EMISSIONI ZERO: GRANTURISMO FOLGORE IL MODELLO CHE PROIETTA LA CASA DI MODENA NEL FUTURO
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Segni particolari

Un tocco di via Borgonuovo, sede milanese di Armani, spezza il rigore del quadrante: così la moda irrompe nell’orologeria

Un progetto a quattro mani con l’icona elvetica Parmigiani Fleurier

Una piccola trasgressione, l’11 sul quadrante rimanda al nome della collezione: Giorgio Armani 11.

DOVE MENO TE L’ASPETTI spunta un dettaglio fuori dall’ordinario Una piccola trasgressione strappata all’establishment rigoroso delle lancette Un «11» applicato sul quadrante a rompere il ritmo regolare degli indici lineari. Un vezzo, un messaggio, un segno distintivo Ma anche un inequivocabile rimando al nome della collezione, Giorgio Armani 11, e prima ancora al civico della sede del marchio in via Borgonuovo a Milano. Interpretazione di stile (in acciaio, 21mila euro, 50 esemplari) che per la prima volta iscrive il nome dello stilista nell’alta orologeria Grazie a un progetto a quattro mani tra Giorgio Armani, che ne ha curato il design di cassa da 39,5x39,5 mm, quadrante e lancette, e Parmigiani Fleurier, nota realtà elvetica che lo ha realizzato ed equipaggiato con una meccanica automatica di manifattura.

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LA MODA, IL CINEMA O IL FASCINO DEL PASSATO: SUGGESTIONI ESTETICHE
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NEL DESIGN DI QUADRANTI, LANCETTE, CINTURINI. AL RESTO PENSA LA TECNICA
O R O L O G I
di Diego Tamone

Dalla fantascienza cinematografica alla realtà

L’orologio voluto dai fan

UN SALVAVITA, di nome e di fatto, anche se solo nella finzione. Ossia nel mondo della settima arte: ha debuttato infatti come co-protagonista meccanico in Interstellar, film del 2014 diretto da Christopher Nolan. Divenuto realtà per acclamazione del pubblico nel 2019, oggi – sempre su richiesta dell’attivissima community del brand – il Khaki Field Murph di Hamilton (945 euro) torna a palesarsi in scala ridotta, configurato in 38 mm. Immutato nell’estetica così come nella tecnica, che è costituita da un movimento meccanico automatico con 80 ore di autonomia.

Un oblò integrato nel fondello svela il movimento Dettagli di nuovo classicismo

ATIPICO e dunque per diretta conseguenza originale. Per il suo classicismo in purezza perfettamente a proprio agio in un’epoca contemporanea, ma anche per un’apertura sul quadrante a finitura soleil spalancata non tanto sul bilanciere, come da prassi nell’orologeria di un tempo, quanto sulla meccanica di un movimento automatico parzialmente scheletrato, visibile nella sua interezza attraverso l’oblò integrato nel fondello Tratti distintivi unicizzanti dell’Iconic in versione Open Heart (429 euro) di Lucien Rochat, con cassa da 43 mm e bracciale a cinque file in acciaio.

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Hamilton riedita in versione ridotta l’iconico orologio del film Interstellar L’Iconic Open Heart di Lucien Rochat sfoggia un bracciale a cinque file in acciaio
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Fattura all’avanguardia dall’effetto vintage

Linee impeccabili e tecnologia

L’eleganza nostalgica del Record Heritage Crono di Longines è nel quadrante nero opaco

SEMBRA USCITO da una capsula del tempo, consegnata al terreno nel lontano passato e destinata a quell’epoca futura che è il nostro presente. A tradire la fattura moderna del Record Heritage Crono di Longines (3.190 euro), le linee impeccabili della cassa in acciaio da 40 mm così come il dettaglio, pregevolissimo, degli indici tridimensionali applicati su un quadrante nero opaco Ma anche la presenza di un movimento a carica automatica certificato Cosc all’avanguardia, amagnetico perché dotato di spirale in silicio Visibile anche dal lato del fondello.

Il gentleman si riconosce dalla nobiltà del dettaglio Come un oblò in vetro zaffiro

UN’ATTITUDINE sintetizzata in una singola parola, evocativa per Paul Picot di un modo d’essere oggi sempre più in via di estinzione: gentleman. Espressione di sportività opportunamente mediata con il giusto taglio di eleganza, in cui a emergere è la nobiltà del dettaglio. Atout di indiscusso stile pronto a palesarsi, nella versione da 40 mm con bracciale a tre maglie in acciaio (1.758 euro), nelle decorazioni del movimento automatico visibile lato fondello attraverso un oblò in vetro zaffiro così come in un quadrante tipizzato da una finitura soleil verde.

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La finitura soleil nei toni del verde rende unico il quadrante di questo Paul Picot.
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F O T O: AN NE L ISE P HIL LIPS

Sempre al polso, dalle piste al rito dell’après-ski Coordinato con il look alpino

DISTINGUERSI sulle piste ma anche nei più mondani punti di ritrovo montani. Con l’outfit da après-ski ben cucito addosso e ovviamente il giusto orologio indossato al polso. Meglio ancora se chiamati a dialogare tra loro. Coordinati, insomma, come vuole il Defy Classic Fusalp (10.700 euro, in 100 esemplari) con cassa in ceramica bianca da 41 mm e calibro automatico parzialmente scheletrato, configurato da Zenith a braccetto con il brand transalpino di abbigliamento prêt-à-porter e da sci Fusalp, appunto Tradizione votata all’innovazione.

Nomos Glashütte bissa il successo dei 42 mm di diametro con un’esecuzione da 37 mm

Tutta l’eleganza della nuova estetica sportiva Confiniturasoleilcolorpetrolio

L’ANNO SCORSO ha ridefinito in maniera chiara e netta i codici estetici sportivi di Nomos Glashütte, aggiungendo un bracciale a tre maglie (una prima del brand sassone) e posizionandosi con fare generoso sul perimetro dei 42 mm di diametro. Risultato: 92 minuti di applausi Oggi, non contento, il Club Sport neomatik (da 2.480 euro) si appresta a bissare il successo ampliando il suo parterre di fruitori con un’esecuzione da 37 mm, contraddistinta da un quadrante a finitura soleil color petrolio Il movimento, ultrapiatto, è a carica automatica.

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Il nuovo Zenith Defy Classic dialoga con il brand di abbigliamento da sci Fusalp
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Il sapore di un ricordo

DDA BAMBINO abitavo in un palazzo di 12 piani e quando mamma cucinava il cavolf iore lo sentivo già dall’ascensore Allora lo apprezzavo lessato (talmente molle che neanche la schiumarola riusciva a ripescarlo del tutto dall’acqua) e lo condividevo con olio e tanto limone spr uzzato sopra al momento. Da adolescente mi sono innamorato della pasta al cavolf iore con la besciamella e tanto for maggio grattugiato C’è stato poi l’incontro con l’uvetta, i pinoli e un po’ di acciuga: ecco i miei 20 anni, le prime sperimentazioni in cucina, la ricerca di accostamenti che mi ripor tassero a viaggi (in questo caso in Sicilia) e ricordi. L’ho ritrovato 30enne in versione vellutata: cotto in pochissima acqua, fr ullato e condito con un f ilo d’olio extravergine d’oliva (il suo pizzicore in gola mi fa impazzire!), mezzo spicchio d’aglio, pepe nero e una manciata di funghi ar rostiti in padella Inf ine ho scoper to le cimette di cavolf iore cr ude, con olio, sale e pepe, una spr uzzata di limone o aceto balsamico e mezzo cucchiaino di miele Il pinzimonio infatti non è soltanto un piatto estivo, bensì si presta a ogni stagione perché iniziare la cena o il pranzo con un po’ di verdura cr uda offre una marcia in più alla nostra salute: il cavolf iore in par ticolare è fonte di vitamina C e di folati, che andrebbero però a perdersi durante le lunghe cotture. Inoltre è ricco di acqua e f ibre che favoriscono il senso di sazietà, rendendo quindi il pasto più equilibrato, e di glucosinolati, sostanze studiate dai ricercatori di tutto il mondo per la loro azione antiossidante, protettiva dell’apparato digerente e preventiva del cancro alla mammella e alla prostata Insomma, a ogni età il suo cavolf iore, perché dietro a ogni scelta che facciamo a tavola c’è sempre un ricordo inconscio.

OGNI ETÀ HA UN SUO GUSTO, OGNI GUSTO RICORDA

UN’ESPERIENZA SENSORIALE, UN MOMENTO, UN GESTO

COMFORT PASTA

Pulire e lessare un cavolfiore in poca acqua, scolare (non serve che sia troppo cotto, basta solo ammorbidirlo) e frullare con 200 ml di latte, 50 g di pecorino e olio evo fino a ottenere una crema morbida e vellutata, aggiustare di

sale e condire 320 g di pasta di farro al dente Finire il piatto con una macinata di pepe

CAPPUCCINO DI CAVOLFIORE

Cuocere a vapore 600 g di cavolfiore e 300 g sedano rapa a 100° C per circa 15 minuti, una

volta cotti frullarli con 200 ml di yogurt greco fino a ottenere una crema morbida e molto vellutata Servirla in una tazza con 80 g di funghi secchi polverizzati in superficie e 250 g di caprino aromatizzato alla curcuma. Condire con olio evo e sale

*Food mentor e divulgatore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi

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di Marco Bianchi foto di Federico Miletto styling di Veronica Leali
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1. giacca in orsetto, La Martina

2. borsa in pelle intrecciata, Corneliani

3. calze in lana, Gallo

4. berretto in cashmere, Loro Piana

5. dolcevita, L.B.M. 1911

6. stivaletti scamosciati, Callaghan

7. giacca in maglia, Alessandro Gilles

8. dolcevita in lana, Tagliatore

9. giacca in panno, Massimo Alba

10. pantaloni in lana e mohair, PT Torino

11. maglia a trecce, Guess Jeans

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Comfortable

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di Cristina Manfredi foto di Federico Miletto styling di Angelica Pianarosa Mick Jagger a Londra nel 1965 durante una registrazione per la televisione inglese

DUE AGGETTIVI NON PIÙ IN CONTRADDIZIONE: CONFORTEVOLE ED ELEGANTE IL COMFY-CHIC RACCONTA LA MODERNITÀ

I CODICI DEL LOUNGEWEAR hanno trasfor mato i nostri guardaroba e nessuno vuole più rinunciare alla sensazione di sentirsi abbracciato, e non costretto, da ciò che indossa. Materiali morbidi, linee avvolgenti, proporzioni che nascono da un oversize studiato: il comfy-chic è forse la tendenza più universale del vestire contemporaneo, un insieme di input che possono dare vita a diversi risultati estetici, sebbene par tano dallo stesso assunto fondamentale: stare bene. Manager, ar tisti, scienziati... alzi la mano chi oggi ha ancora voglia di inf ilarsi una giacca iper str utturata o dei pantaloni troppo rigidi Tanto che i completi si lasciano contaminare da felpe e track pants in versione semi couture. Le lane spigate, i cashmere e i gessati della tradizione si mixano con tessuti tecnici, neoprene in testa, mentre la maglieria furoreggia. E agli stilisti tocca un compito impor tante: elaborare il mood rilassato con lo spirito di innovazione che anima da sempre il popolo della moda Cardigan, gilet, dolcevita, V-neck. Mai come in questa stagione il k nitwear è un pezzo ir rinunciabile Ci sono i tur tle neck di Prada dalle spalle esagerate o dalla silhouette accostata alla f igura; quelli in f ilati nobilissimi di Her mès o di Loro Piana, questi ultimi con una ricca gamma colori. Mentre chi punta sul cardigan non dovrebbe farsi scappare i modelli del newyorkese Todd Snyder, tra il gr unge e il rétro nelle fantasie a losanghe o macro check

La tuta, grazie anche a Demna che da Balenciaga ne ha fatto un marchio di fabbrica übercool, è or mai entrata a pieno titolo nell’olimpo dei look di stile. Per un incontro tra colleghi funzionano benissimo i modelli di R hude, il marchio fondato a Los Angeles da R huigi Villaseñor che esplora il concetto di eleganza accogliente dalle linee pulite e colori a contrasto. Da Missoni e Berluti i track suit si elevano grazie alla ricercatezza dei materiali, così come da Dior, dove Kim Jones abbina pantaloni con l’elastico alle caviglie a veri pezzi sar toriali.

Quanto ai capispalla, cer to i piumini sono la quintessenza dello chic che «coccola» chi li indossa, ma i cappotti a vestaglia sono un’intrigante alter nativa Da Jil Sander li hanno realizzati con le spalle scese e la lunga cintura che pende sul davanti. Etro li ha proposti in chiave dandy contemporaneo in velluto. E da Kenzo, per la prima volta disegnato dal giapponese Nigo, già fondatore del marchio A Bathing Ape, loungewear e streetstyle si prendono per mano con larghi cappotti dai colori sgargianti, abbinati a baschi parigini per un’allure trés chic. (ha collaborato aurora mandelli)

Inquadrare per scoprire altri capi e accessori di tendenza

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1. giacca double e pochette, Eleventy

2. Chelsea boots, Igi&Co.

3. calze in lana, Gallo

4. borsa in pelle, Pineider

5. cargo in lana, Myths

6. cardigan in lana, Cains Moore

7. cardigan in lana e alpaca, Corneliani 8. sneakers, Geox 9. pantaloni in maglia, Alviero Martini 1A classe 10. overshirt in cashmere, Loro Piana

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STILISTI TOCCA ELABORARE IL MOOD RILASSATO CON SPIRITO DI INNOVAZIONE

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Loïk Gomez, in arte BFRND. È musicista e fotografo e ha appena pubblicato «Elephant», la colonna sonora che ha composto per l’ultima sfilata di Balenciaga, il marchio di cui suo marito, Demna, è direttore creativo di Michele Ciavarella foto e styling di BFRND

MUSICA SENZA GENERE

P O R T F O L I O

Trent’anni, nato nel Sud della Francia, musicista e fotografo autodidatta. In questo servizio veste abiti personali di Balenciaga Couture e di Balenciaga.

A nove anni, BFRND ha iniziato a suonare il suo primo strumento, una chitarra elettrica, e ha iniziato a seguire corsi di composizione online: da allora scrive musica tutti i giorni.

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NON SONO UN MUSICISTA INFLUENCER, PREFERISCO TENERE SEPARATA LA VITA PRIVATA DA QUELLA PUBBLICA

P O R T F O L I O

BFRND, ovvero Boyfriend scritto senza le vocali, alla maniera delle lingue mesopotamiche (sumeriche e semitiche). È il nome d’arte di Loïk Gomez, 30 anni, nato nel Sud della Francia, musicista autodidatta, dal 2017 compositore delle colonne sonore delle sfilate di Balenciaga È stato Demna, il direttore creativo del marchio, a volerlo. Lo stesso con cui, quell’anno, si è sposato in Svizzera BFRND è arrivato così sulla scena musicale a dare una interpretazione originale di un sound minimalista post Philip Glass, post Max Richter, post Michael Nyman, fino a convincere i più scettici, quelli guidati dal pregiudizio del nepotismo «friend&family», con Love in E minor, la musica per la sfilata Balenciaga Couture FW 2022 Ha appena pubblicato un Extended Play con Elephant, la musica che ha composto per la sfilata FW 22-23 di Balenciaga, e si è autofotografato (è anche fotografo) in esclusiva per Style

Qual è la sua formazione musicale? A che età ha iniziato a comporre? Sono un musicista autodidatta, non sono mai andato a scuola di musica, a nove anni ho suonato il mio primo strumento, una chitarra elettrica incredibilmente economica. Ho provato prima a imparare i classici accordi per principianti ma mi annoiavo Volevo suonare le mie melodie E così, ho seguito dei corsi online e ho imparato a comporre. Da allora, non c’è un giorno in cui non registro una nuova musica.

Perché usa sempre lo pseudonimo BFRND invece del suo nome e cognome? Per me è importante tenere separati la mia vita d’artista da quella privata; è una protezione Non sono un musicista influencer, quindi preferisco continuare a vivere tenendo separate le due storie.

Techno DJ e rap, musicista hip hop, mentre si percepiscono elementi sinfonici, soprattutto per le colonne sonore per gli Show Winter 2022e Couture 51stdi Balenciaga. Come definirebbe il suo genere musicale? Non credo sia necessario assegnare le mie composizioni a un genere perché non compongo seguendo un sistema musicale Mi piace mescolare le note per creare suoni nuovi e per parlare di emozioni Il «genere musicale» appartiene al sistema della vecchia scuola creata dalle etichette discografiche che preferiscono incasellare tutto Non è adatto a persone come me che fanno cose fuori dagli schemi Nel 2016 ha conosciuto Demna, direttore creativo di Balenciaga dal 2015. Un anno dopo vi siete sposati (uno ènato in Francia, l’altro risiede in Svizzera: in entrambiiPaesièpossibile ilmatrimonio trapersone dello stesso sesso, ndr) e ha iniziato a comporre le colonne sonore per le sfilate di Balenciaga. Questo incarico come ha cambiato il suo rapporto con la musica? Demna è la persona che crede più in me e la sua opinione su quello che faccio è talmente preziosa che non solo ha cambiato il modo in cui compongo musica ma anche il modo in cui guardo tutto quello che faccio. È naturale: quando ami qualcuno che ti ama, dal momento che ci sono in gioco i sentimenti, puoi solo cambiare in meglio

Lei è reputato uno degli autori più affascinanti della nuova scena musicale e collabora con un marchio di moda del lusso tra i più radicali e innovativi. Qual è il suo rapporto con la cultura del nostro tempo? Non mi trovo molto a mio agio con il sistema dell’attuale industria musicale: penso che manchi la diversità non in termini di criteri fisici ma in termini di generi musicali. Soprattutto per quanto riguarda la musica più diffusa tra il pubblico Negli anni Novanta, nei pomeriggi di MTV trasmettevano un video musicale di Eminem seguito da un altro di Marilyn Manson e di Britney Lance. Perché non è più così? Potremmo divertirci molto di più!

Quali sono le novità di Elephant, l’ultima colonna sonora che ha composto per la sfilata PE 2023 di Balenciaga, che ha appena pubblicato in disco? Penso di essermi liberato dai miei confini, ho imparato a lasciar andare qualcosa che non saprei definire Credo che la musica sia molto chiara al riguardo e lo fa capire anche senza i testi. Mi piacerebbe che la si ascoltasse a volume molto alto mentre chi l’ascolta è impegnato a fare tutto quello che può procurargli uno stato di assoluta liberazione.

Ha dichiarato che a insegnarle i valori della vita è stato suo padre: cioè? Mio padre ascoltava musica sempre ad alto volume. Passava molto tempo a posizionare le casse acustiche in modo che il suono arrivassse nel modo migliore alla sua posizione sul divano Ecco, credo che aver osservato questa dedizione a qualcosa che piace a te e soltanto a te per me sia stato molto stimolante.

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P O R T F O L I O
Dal 2017 BFRND compone le colonne sonore per le sfilate di Balenciaga. Tra i maggiori successi, Love in E Minor, Hedge Fund Trace, Afterlite, La vie en rose, Sunglasses at Night e l’ultima Elephant, appena pubblicata in EP. DEMNA È LA PERSONA CHE CREDE PIÙ IN ME: QUANDO AMI QUALCUNO CHE TI AMA, TUTTO CAMBIA IN MEGLIO © RIPRODUZIONE RISERVATA

Viaggio allucinante: il sottomarino miniaturizzato scende all’interno del corpo dello scienzato russo attraverso l’arteria carotide; sotto, l’equipaggio che deve eseguire l’intervento con Raquel Welch che interpreta Cora Peterson, l’assistente del chirurgo Peter Duval, l’attore Arthur Kennedy, l’agente Grant, Stephen Boyd, e il dottor Michaels, Donald Pleasence

IL MICROCHIP PER UNA VITA MIGLIORE

L’ossessione di Elon Musk, pronto a installare circuiti elettronici nel cervello umano, è una vecchia fantasia che «Viaggio allucinante» raccontò al cinema nel 1966 di Andrea

Purgatori

NNEL 1966 RICHARD FLEISCHER diresse un f ilm che guardava al futuribile della scienza come il romanzo che dalla sceneggiatura ne venne tratto dallo scrittore r usso poi naturalizzato americano Isaac Asimov: Viaggio allucinante (Fantastic Voyage) Il viaggio è quello di un sottomarino, miniaturizzato dagli scienziati della Cia alle dimensioni di una cellula, inoculato nel cor po di uno scienziato sovietico per rimuovere l’embolo che lo ha colpito al cer vello dopo un attentato subito mentre tentava la fuga in Occidente. Il motivo è che gli americani possiedono già la tecnica per ridur re oggetti e persone ma per al massimo 60 minuti, mentre lo scienziato sovietico ha scoper to il modo per mantenere all’inf inito la miniaturizzazione e la Cia vuole salvarlo per impossessarsi del segreto

Il romanzo è forse l’unico che Asimov abbia mai scritto su commissione di una casa editrice (Bantam Books) e soprattutto accettando un’idea non sua. Al punto che nel 1987 avrebbe ripreso lo stesso tema in Destinazione cervello (Fantastic Voyage II: Destination Brain) per mettere a punto diversi passaggi scientif ici che nella sceneggiatura di Har r y Kleiner e David Duncan non lo avevano convinto e anzi ir ritato Anche se l’aspetto davvero più interessante del secondo romanzo è la commistione tra fantascienza e spionaggio che Asimov non ambienta in un futuro lontanissimo come gran par te dei suoi lavori, ma in una Guer ra Fredda che immagina sia ancora in corso nel XXI secolo mentre, invece, iniziò con la costr uzione del Muro di Berlino nel 1961 e f inì nel 1989 con la sua caduta che trascinò nel crollo anche l’impero sovietico: in tutto soltanto 28 anni.

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H I S T O R Y R E P E A T I N G

«VIAGGIO ALLUCINANTE», inter pretato da Stephen Boyd e Donald Pleasence, risultò sor prendentemente avanzato dal punto di vista della messa in scena Infatti, vinse due Oscar, per la Scenograf ia e gli Effetti speciali, e lanciò Raquel Welch, un’attrice che, nello stesso anno, col manifesto di Un milione di anni fa diretto da Don Chaffey, in cui appare con un bikini di stracci, diventerà un sex symbol planetario. Cer to, a rivedere oggi il f ilm dopo gli effetti incredibili creati per la saga di Star Wars tutto può sembrarci risibile: il sottomarino, le tute dell’equipaggio, l’inter no dell’organismo tra ar terie e globuli assassini e il salvataggio della squadra che sbuca da una lacrima dello scienziato sovietico poco prima di tor nare alle dimensioni nor mali allo scadere dei 60 minuti. Ma l’intuizione del ricorso alla miniaturizzazione, no Nel 2018, i ricercatori del Massachussetts Institute of Technology sono riusciti a ridur re di ben 1 000 volte le dimensioni di un oggetto, proprio in vista di una applicazione medica di questa tecnica. Come hanno fatto? Sembra, così spiega la rivista del Mit, che tutto sia nato osser vando la capacità di espansione dei tessuti integrati con un gel assorbente (poliacrilato) usato comunemente nei pannolini dei bambini e inver tendo poi il processo attraverso l’uso del laser f ino a ridurli su scala nanometrica. D’altronde, la corsa a sperimentare microsistemi da inserire nel cor po umano procede a ritmi ver tiginosi. Viaggio allucinante uscì nelle sale cinque anni prima che nascesse Elon Musk, il quale ha annunciato poche settimane fa che la sua Neuralink Cor poration, azienda statunitense di neurotecnologie con sede a San Francisco, è pronta a installare chip cerebrali wireless per consentire ai pazienti gravemente disabili di muoversi e comunicare L’ultima presentazione di Neuralink nel 2021 aveva per protagonista una scimmia dotata di chip che giocava ai videogames. Ma la sua concor rente Synchron, che fa capo a Thomas Oxley, ha fatto sapere che ha già impiantato chip su un malato di Sla e sta procedendo alla sperimentazione con l’autorizzazione della FDA, l’agenzia americana del far maco. Ecco, per quanto la fantasia di Asimov e degli sceneggiatori di Viaggio allucinante fosse proiettata in una fantascienza in cui robot e chip ci avrebbero consegnato una vita migliore, nemmeno loro potevano immaginare che i tempi si sarebbero ridotti tanto velocemente quanto gli oggetti miniaturizzati oggi dai ricercatori del Mit. Ma si sa, il cinema ha sempre anticipato il futuro. Dunque, non è detto che prima o poi la realtà ci consegni anche dei replicanti dotati di chip da destinare ai lavori più faticosi Basta che non vadano fuori controllo come ci ha avver tito la profezia di Blade runner che Ridley Scott ci raccontò, nel 1982, 41 anni fa, 16 anni dopo Viaggio allucinante.

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I RICERCATORI DEL MIT HANNO GIÀ RIDOTTO DI 1.000 VOLTE UN OGGETTO V H I S T O R Y R E P E A T I N G AL AMY
Due scene di Viaggio allucinante: Raquel Welch - Cora Peterson, Arthur Kennedy - Peter Duval e William Redfieldcomandante Bill Owens navigano nelle arterie per eseguire l’intervento; sotto, i medici incaricati dalla Cia esaminano Jean Del Val - Jan Benes, lo scienziato russo colpito da un ictus. © RIPRODUZIONE RISERVATA

TRE SGUARDI, TRE GENERAZIONI

L’autodidatta, la coppia e l’emergente: come immaginare il Design di Susanna

Legrenzi

CHE COSA UNISCE uno specialista dell’abitare, una solida coppia di designer e un giovane talento emergente che ha già disegnato luci, ristoranti e ville caraibiche? Una visione fortemente italiana del progetto, dove alle spalle della creatività c’è un universo di saperi, dal fare impresa al fare artigiano E una cultura «liquida» che non conosce scala Perché il mondo del progetto, prima di essere un universo di artefatti, è uno sguardo in grado di cogliere il cambiamento, suggerendo domande aperte sul mondo che vorremmo

CLAUDIO LA VIOLA, DIARIO DI UN PURISTA. «Sono ormai un vecchio signore che in realtà si sente ancora un ragazzo, uno fortunato perché delle passioni ne ha fatto il suo lavoro. Dalla moda,

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D E S I G N
C
Claudio La Viola (sopra) in Io autodidatta (Electa) scrive che collabora da molto tempo con Mario Nanni e la sua azienda Viabizzuno Nella pagina a fianco il primo progetto con Viabizzuno: la lampada Maria, Premio Lumiére d’or 1998 e Premio Ami 2000

dove già mi definivo un progettista delle mie collezioni e mai uno stilista, sono passato al mondo del design progettando per aziende che ammiravo molto» Autodidatta per formazione, purista per vocazione, Claudio La Viola nasce a Milano, dove vive e lavora dalla fine degli anni Settanta «Il mio credo? Un progetto senz’anima è un progetto qualunque » afferma Celebre nelle collezioni Uomo per la sua capacità di rivisitare il classico nei tagli e nelle proporzioni, negli anni La Viola ha firmato oggetti che abitano l’immaginario dell’abitare come l’evergreen Maria, la sottile

lampada in acciaio inox per Viabizzuno, la collezione di vasi Trasparenze per Zani&Zani, realizzati con un foglio di plastica che viene avvolto, ritagliato e saldato a caldo. Dal design La Viola è passato poi all’architettura, trasformando spazi con grandi potenziali con occhio attento ai dettagli «Ogni incarico è una sfida importante, che si tratti di grandi o piccoli progetti» racconta. «Riuscire a tener conto della funzionalità in tutto ciò che si progetta è fondamentale, così come è importante avere un proprio stile che sappia rispondere alle richieste delle

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Scultura o sgabello? Ambedue secondo Martinelli Venezia (sotto: Vittorio Venezia e Carolina Martinelli) che hanno disegnato Efesto (per DeCastelli) curvando e piegando la lamiera in ottone per poi farla modellare manualmente La finitura lucida serve a sottolineare la forma sinuosa. F O T O: ALBER T O P ARISE; FED E RI CO V L L A

committenze. La mia creatività parte dal cuore» Ultima passione, in ordine di tempo, è la domotica, quella tecnologia invisibile che proietta l’abitare nel futuro «La casa è la nostra culla, renderla intelligente ci regala più tempo per viverla». Ma qual è il filo rosso che unisce un progetto delicato come la serie di porcellane per la manifattura Richard Ginori e un super attico a Milano? «Io ragazzo di oggi ho ancora tanti sogni, mille curiosità, varie situazioni da esplorare e in cui gettarmi a capofitto. Tutto ciò mi dà molta energia, voglia di essere quello che sono con le mie follie».

MARTINELLI VENEZIA STUDIO:

DESIGNER A QUATTRO MANI. Hanno esposto dal Louvre di Parigi alla Aram Gallery di Londra. In coppia dal 2015, Carolina Martinelli e Vittorio Venezia sono lo studio Martinelli Venezia: «Due architetti che condividono vita privata e professionale, lavorando tra Milano e Palermo, esplorando il rapporto tra tradizione e cultura locale, proprietà dei materiali e possibilità tecniche dei processi produttivi». Negli anni hanno collaborato con brand italiani e internazionali, da Abet Laminati a Jannelli & Volpi, a Moleskine «Ciò che accomuna gli oggetti che

disegniamo è la ricerca di qualcosa di inedito: raccontare una storia che nessuno ha ancora ascoltato, per stupire prima di tutto noi stessi Talvolta ci concentriamo sul materiale e sulle tecniche di lavorazione, esasperando tensioni strutturali e dimensioni massime o minime. Altre volte progettiamo oggetti “aperti”, che possono essere interpretati liberamente o che possono essere leggermente modificati da altri progettisti. Altre volte ancora il progetto è solo una scusa per parlare di un luogo». Un esempio? Efesto, lo sgabello in ottone disegnato per DeCastelli, ottenuto

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F O T O: FRANCO SGALL O
La lampadina, prodotto estremamente comune, attraverso la manualità, diventa un oggetto unico e inconsueto La collezione di lampade in vetro soffiato, UNSERIAL.bulbs, è disegnata dallo studio Martinelli Venezia e fa parte di un progetto realizzato per Rita Urso artopiagallery

dalla curvatura, sagomatura e martellatura manuale di una lastra metallica. Ma anche U NSERIAL.bulbs, dieci lampadine in vetro soffiato, disegnate per Rita Urso artopiagallery di Milano come risultato di una ricerca volta a trasformare un prodotto di massa, la lampadina a bulbo, in un manufatto artigianale. La sfida? «Cogliere le tendenze della contemporaneità. Tra le diverse strade, sono due quelle che individuiamo con maggiore evidenza. Da una parte, il prodotto artigianale e la qualità artistica dell’artigiano mescolata con

le tecnologie di stampa 3D; dall’altra, la produzione iper seriale, fatta di oggetti identici, venduti in tutto il mondo, prodotti in aziende che fanno un uso sempre maggiore della robotica. In mezzo c’è il lavoro dei designer, che mediano i rapporti tra elementi a prima vista divergenti o che inventano nuovi futuri possibili».

ANTONIO FACCO E IL NUOVO MADE

IN ITALY. «Il mio approccio al design? Trasversale e multidisciplinare. Credo che un progetto per essere completo, debba essere osservato da punti

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La lampada da terra Mondo di Antonio Facco (sotto) per la svedese Oblure in acciaio e vetro: «Non è soltanto il globo a ruotare intorno al proprio asse a essere sinonimo di cambiamento ma le stesse componenti che concettualmente diventano “programmatrici infinite” di originalità».

di vista differenti. Dai volumi di uno spazio, al dettaglio di un oggetto, il cambio di scala nel progetto è un carattere fondamentale e necessario che mi permette di essere dinamico nel processo creativo, dall’ideazione alla realizzazione».

Nato a Milano nel 1991, Antonio Facco ha all’attivo numerose collaborazioni internazionali: da AugustaWestland per cui ha disegnato il concept di una cabina d’aereo, a Moab, azienda protagonista nel mondo dell’arredo bagno da oltre 30 anni, di cui cura la direzione artistica Il suo mentore? Un nome chiave del

made in Italy: Giulio Cappellini, che durante il percorso di tesi lo ha invitato a lavorare per lui, co-firmando, tra le altre, la collezione di tavolini Luce Oggi Facco guida il suo studio nel segno della sperimentazione Da questa visione sono nati progetti come lampada Mondo per Oblure, quattro maglie metalliche, montate a coppie e sovrapposte, che permettono a chi guarda di interagire con la luce.

O il ristorante Pante, a Madrid, dove «il design, 100 per cento italiano, celebra l’isola di Pantelleria e la cucina mediterranea». La sfida?

«Appartengo a una generazione cresciuta a cavallo del “grande cambio”» afferma, ragionando sui paradigmi del digitale. «A 31 anni ritengo però sia fondamentale gestire la velocità e la superficialità dell’informazione che si rif lette in maniera chiara sul mercato e sul progetto. Sono fortemente dipendente dalla novità e dal cambiamento, ma la qualità e la cultura devono essere sempre imprescindibili». Il lavoro più recente? «Una villa privata ai Caraibi, progettata ponendo grande attenzione ai dettagli coinvolgendo le migliori aziende e artigiani italiani».

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Sotto il nome Less si cela il mobile capiente ma di ridotta profondità disegnato da Facco per Moab È realizzato in diverse varianti, qui in noce naturale con un grande lavabo in acciaio verniciato blu notte

Luca De Prà: ricami e crinoline. Non è nostalgia, è storia

LO SPIRITO DELLA MODERNITÀ

L«L’UOMO APPARE sempre troppo rigido, io vorrei che diventasse più vulnerabile. Anche nell’aspetto». Ventidue anni, originario di Valdobbiadene, Treviso, Luca De Prà è minuzioso, attento alle parole, le dosa parlando con delicatezza; longilineo, indossa una giacca corta stretta in vita e una gonna color panna su calze lunghe rosa, papillon e pochette importante: un look che ha disegnato e cucito per la sua tesi allo Ied di Milano La narrazione del giovane designer parte dall’evidenziare il cor po maschile per poi contraffarlo fino a ottenere abiti che appaiono trasformati ma, comunque, con forme riconoscibili. Qualche mese dopo, infatti, eccolo, soddisfatto di quanto ha fatto, raccontare se stesso («sono scr upoloso, esposto, incontentabile») e la sua moda («un voto al risultato? Per i riscontri ricevuti un bell’otto, mentre io mi do sette») Studia: «Mi piace l’approccio sartoriale di Cristóbal Balenciaga per il suo minimalismo di forme; Alexander McQueen per la sua storia e per come riesce a raccontare le emozioni; poi Tom Browne per come esprime il suo concetto di uomo.

E altri designer, ad esempio Paul Poiret stilista del Novecento, il contemporaneo LùChen e chi si avvicina a quell’estetica queer che in qualche modo entra nel mio lavoro, o almeno io vorrei che entrasse» Intanto, inizia dalle divisioni: Dividit è il nome che ha dato alla sua prima collezione. «Sono partito da Il visconte dimezzato di Italo Calvino, un personaggio “vivo e dimezzato” il cui cor po cambiava forma. Sento la stessa pluralità di stati d’animo e voglio permettermi di essere a volte forte e a volte no e trasmetterlo attraverso gli abiti» E spiega: «Così voglio raccontare la mia storia: trasmutare, sviscerare e scomporre quelli che prima erano i capisaldi del vestiario maschile, perdere l’interezza che li definiva, per poi dare loro una nuova unicità donandogli forme che differiscono dall’originale ma a cui sono riconducibili attraverso i dettagli che prima li rendeva unità a se stanti, partendo da ciò che li compone, cioè il tessuto, la materia di cui sono composti».

Nella sua moda contano le influenze letterarie e artistiche come anche la storia dell’abbigliamento: «La crinolina femminile? La riutilizzo per creare un abito maschile Nel medioevo si usava il farsetto e io, curioso di scoprire come ancora potrebbe modellare il cor po, ne do una mia inter pretazione, approfondisco i concetti funzionali ed estetici: le maniche di queste specie di giubbotti erano estremamente ergonomiche e questa forma così comoda è moder na». Questione di particolari. D’altra parte, secondo De Prà se uno stilista riesce a trasmettere al cliente l’idea che dietro quel capo che sta scegliendo non c’è solo un concetto astratto ma anche un lavoro manuale cui è stato dedicato tanto tempo, allora si può dire che ha fatto centro.

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GROOMING JO S ANNA @GREE NAPPLE IT AL Y

«Per ciascun capo ho cercato un elemento che mettesse in evidenza una parte del corpo maschile»

Luca De Prà indossa un abito della sua collezione Dividit. © RIPRODUZIONE RISERVATA

BRUCIARE DENTRO

La società contemporanea spinge sempre più sulle performance. E quando lo stress diventa stabile si trasforma in burnout

«SIAMO BIOLOGICAMENTE

programmati per reggere lo stress. Anzi, lavorare sotto pressione può addirittura por tare a perfor mance migliori». No, Silvia Pasqualini, psicologa e psicoterapeuta specializzata in analisi bioenergetica, autrice di un libro (Non è niente!, Rizzoli, 2021) che invita a ritrovare il proprio equilibrio mente-cor po, non si è conver tita all’improvviso alla cultura della perfor mance: «Un conto è trovare quelle energie che non avresti mai immaginato di avere per gestire l’emergenza, che sia trovarsi in prima linea come medico durante una pandemia o affrontare le privazioni del sonno delle prime settimane da neogenitori, un altro è quando non si tratta più di un picco, ma di un meccanismo cronico, che richiede una continuità di attivazione per mesi o addirittura per anni». Sarebbe come cor rere una maratona,

scoprendo magari che è pure in salita, con il piglio del centometrista: per quanto la soglia della fatica abbia un’ampia variabilità soggettiva, a un cer to punto bisogna rallentare per non stramazzare sulla strada. O, fuor di metafora, cadere preda di ansia, fr ustrazione, apatia, persino depressione Sono questi infatti i più comuni sintomi psicologici del bur nout, def inizione che richiama a un’altra similitudine, quella con un f iammifero che br ucia f ino a consumarsi e ad accar tocciarsi su se stessi. A essi si sommano quelli f isici, che vanno dalle emicranie ai disturbi gastrointestinali f ino alle der matiti, segnali esteriori di un malessere inter no a cui spesso si fatica a ricondurli «Così piuttosto che allo psicologo si tende ad andare dal medico di base, che misura la pressione, prescrive analisi del sangue, magari un elettrocardiogramma

e un test da sforzo, e poi prescrive di mettersi a dieta, andare in palestra, al massimo prendersi qualche gior no di ferie» spiega Pasqualini. «Consigli giustissimi, per carità, ma che possono diventare addirittura degli impegni in più in vite già sovraccariche Così anziché concedersi un’ora di sonno extra di cui si avrebbe un estremo bisogno, ci si sveglia all’alba per andare a cor rere aggiungendo stress allo stress, in una cur va perfor mativa che tende esponenzialmente verso l’alto» Altrettanto problematico è il ricorso a psicofarmaci o a integratori fitoterapici che aiutano a trattare, ad esempio, i disturbi del sonno o gli attacchi di panico: «Vanno bene f inché si limitano a costituire un aiuto per calmare i sintomi più evidenti mentre si va a scavare alla radice del problema, ma non se diventano una scorciatoia per mascherare la realtà»

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di Valentina Ravizza illustrazioni di Carla Indipendente OGNI RICHIESTA EXTRA DIVENTA UNA FATICA E PUÒ GENERARE SENSI DI COLPA

MA COME SI RICONOSCE il bur nout prima che ci consumi? Pasqualini individua quattro fasi, ciascuna delle quali presenta dei campanelli d’allar me che, se riconosciuti e ascoltati in tempo, potrebbero frenare l’escalation. «Si comincia con il workaholism, la dipendenza da un lavoro che implica un elevato coinvolgimento relazionale e per il quale si prova un grande senso di utilità». Per questo motivo i primi soggetti a cui sia stato diagnosticato il bur nout sono medici, infer mieri, operatori umanitari e questa sindrome è molto diffusa anche tra le madri che si assumono il carico di cura dell’intera famiglia, dai f igli ai genitori anziani: «Sono tutte f igure che, sentendo for te il peso della f iducia che gli altri ripongono in loro, sentono di non potersi sottrar re al loro dovere, e addirittura di non potersene nemmeno lamentare». A f inire in questa spirale tossica, però, può anche essere il manager che f inalmente viene assunto da un’azienda impor tante, verso la quale sente una grande adesione valoriale, e che gli

richiede un intenso investimento personale per dimostrare di meritarsi la f iducia che è stata riposta in lui. «Nello step successivo iniziano a intravedersi le prime crepe: la famiglia o gli amici iniziano a lamentarsi perché si lavora troppo, le aspettative si scontrano con la realtà e s’insinua un senso di disillusione. Da qui alla frustrazione il passo è breve perché il non riuscire a realizzare gli obiettivi troppo alti che ci si è posti porta a sentirsi in trappola e a scivolare in una spirale di senso d’incapacità e d’inadeguatezza, crollo dell’autostima, ma anche di cinismo nei confronti di tutto quello che facciamo e ci sembra che non abbia più senso Ogni ulteriore richiesta non solo non stimola alcun entusiasmo, ma diventa una fatica che non sentiamo di avere la forza di affrontare e questo a sua volta genera senso di colpa per le proprie “mancanze”» Risultato: un costante stato di ansia dato dall’insistere in una perfor mance che non por ta i fr utti sperati, la depressione che scaturisce dalla constatazione del proprio

fallimento (che spesso consiste semplicemente nel non sentirsi abbastanza bravi), la rabbia verso chi ci sta intor no e non riesce ad aiutarci (e da cui, anzi, ci sentiamo addirittura giudicati). «Eppure a volte basterebbe fer marsi un istante e chiedersi: “Quanto tempo sto dedicando al lavoro? Quando è stata l’ultima volta che mi sono concesso un’ora, una serata, un weekend per me?”». Cambiare uno stile di vita così intensivo però non è facile, specie nei casi in cui si sente di non avere la possibilità di prendersi quegli spazi per sé, ad esempio quando il bur nout è genitoriale e non si ha una rete familiare vicina a cui fare aff idamento, ma anche quando quello lavorativo è dato dall’incapacità di fare squadra e delegare Fondamentale allora è intraprendere un percorso di psicoterapia che vada a scavare sul perché non si riesca a dire di no, che spinga a sperimentare il brivido di accettare il proprio non riuscire a fare tutto. Quella tolleranza dei propri limiti che è il primo passo dell’accettazione di sé e della scrittura di una nuova nar razione collettiva

DIVENTA NECESSARIO È IMPORTANTE IMPARARE A SAPER DIRE DI NO

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QUANDO
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RACCONTI DI VITA, DI PR

Mostre e musei: come la moda si sa trasformare in un raccoglitore di culture

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Milan Knížák

Destroyed Music, 1980 L’opera è esposta nella mostra Fluxus, arte per tutti. Edizioni italiane della collezione Luigi Bonotto al Museo del Novecento di Milano

OGETTI E DI OSSESSIONI

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BISOGNA RACCONTARE LA VITA CHE È PARTE DELLA MODA STESSA

CCON MOLTA PROBABILITÀ, la mostra di moda di cui si parlerà molto nel 2023 sarà l’annunciata Bring no Clothes: Bloomsbury & Fashion curata dal giornalista di moda Charlie Porter che consegnerà all’editore Penguin il libro dallo stesso titolo Della mostra non si sanno ancora le date (forse nella seconda metà dell’anno) e non si sa che cosa racconterà del rapporto tra gli intellettuali e gli artisti raccolti nel Gruppo di Bloomsbury e la moda. Si sa che si svolgerà nelle nuove gallerie costruite sul terreno della casa di Charleston, nel Sussex, dove abitava il pittore Duncan Grant, arrivato nel gruppo grazie al suo amante Lytton Strachey, e che proprio in quella casa viveva more uxorio con Vanessa Bell, la sorella di Virginia Wolf, con la quale ebbe una figlia pur senza mai interrompere la relazione con Strachey. La mostra, allora, racconterà proprio la vita che si svolgeva in quella casa dove confluivano contemporaneamente o a turno Virginia Woolf e il marito Leonard, l’economista John Maynard Keynes, il critico d’arte Clive Bell, lo scrittore E.M. Foster, i pittori Roger Frey e Dora Carrington che intrecciavano arte, vita e passioni amorose in totale libertà, con o senza pratiche sessuali pronte a qualificare generi

e sentimenti. Che Porter, autore di What Artists Wear (Penguin), ora indaghi sul rapporto con la moda di quel gruppo spregiudicato che spinse la vita intellettuale verso un decisivo rinnovamento sociale (Strachey inventò l’obiezione di coscienza antimilitarista, Keynes rivoluzionò la macroeconomia, Bell definì il Significant form, il metodo per definire se qualcosa è una forma d’arte), mentre tutti intrecciavano amori o, più spesso, camere da letto (soltanto la poetessa Vita Sackville-West, sentimentalmente legata a Virginia Woolf, non amava frequentare il cottage). La curiosità per questa mostra suscita un’aspettativa che rischia di trasformarsi in delusione nel momento in cui il popolo della moda accorrerà a vederla nel Sussex ma la dice anche lunga sulla necessità che le mostre della moda non siano più fatte semplicemente di vestiti indossati dai manichini alternati a schermi interattivi o video d’epoca. I più avvertono la necessità che le mostre di moda raccontino la vita che è parte essenziale della moda stessa. E per farlo, le esposizioni che celebrano abiti, accessori e monili di epoche passate o di creativi viventi devono raccontare le culture che partecipano alla definizione stessa della moda.

Nella pagina accanto In alto: dalla mostra Lee Alexander McQueen del museo LACMA di Los Angeles (da Style, maggio 2022).

Al centro: dal libro The Fendi Set voluto da Kim Jones per raccontare la sua prima collezione per Fendi Couture con le foto di Nikolai von Bismark (da Style, aprile 2022).

In basso: Shocking! Les mondes surréalistes d’Elsa Schiaparelli, la mostra dedicata alla couturier italiana dal Musée des Arts Décoratifs (da Style, luglio/ agosto 2022).

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© MUSEUM A S SOCIA TE S/L A CM A; © LE S AR T S D É CORA TIFS / JE AN THOL AN CE © AD A G P P ARI S
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HO RS T P HORS T;
ARELLI ARCHI V E
S AL V AD OR D ALÍ FUND A CI Ó
AS AL V AD OR D ALÍ / A D A G P P ARI

UN ESEMPIO DEL METODO con cui procedere potrebbe arrivare da alcune mostre d’arte che si mettono al riparo dal correre il rischio dell’autoreferenzialità. Al Museo del Novecento di Milano è in corso Fluxus, arte per tutti. Edizioni italiane della collezione Luigi Bonotto (fino al 16 aprile). Al di là dei pezzi esposti, la mostra, a cura di Patrizio Peterlini e Martina Corgnati, riesce a raccontare la vita che prendeva forma in quella fine degli anni Cinquanta - inizio anni Sessanta quando l’organizzatore culturale George Maciunas fonda Fluxus, il movimento che provoca una rivoluzione estetica, sociale e di mercato, inventando le «edizioni» e rende democratico l’elitarismo dell’arte. Così, come succedeva in quegli anni nella moda che vedeva nascere nello stesso tempo il prêt-à-porter e i cataloghi di vendita per corrispondenza, le edizioni delle opere di Joseph Beuys, Nam June Paik, Dieter Roth, George Brecht si spedivano per posta dando vita a quel Revolutionary Flood, l’alluvione nella vita quotidiana che la mostra allestita con le opere del più grande collezionista italiano del movimento, Luigi Bonotto, sa raccontare come se fosse

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E ARTE INSIEME PER DESCRIVERE IL MONDO MISTO DELLE CREATIVITÀ

MODA
La sala che racconta il «rosso Valentino» nella mostra Forever Valentino a Doha, Qatar, curata da Massimiliano Gioni e Alexander Fury 200 abiti che, secondo il direttore creativo Pierpaolo Piccioli, «rappresentano una prospettiva e non si pongono come elementi di una retrospettiva» (da Style, dicembre 2022).

UNA MOSTRA SULLA MODA DEVE RESTITUIRE UNA VISIONE DEL DESIDERIO

un video-documentario con un metodo che la moda potrebbe mutuare con facilità

DDURANTE LO SCORSO ANNO, su Style abbiamo documentato molti episodi di questo percorso culturale che sembra procedere verso il racconto di un ambiente culturale e non di semplici abiti esposti. È quello il significato che abbiamo individuato in Virgil Abloh: «Figures of Speech» al Brooklyn Museum di New York (fino al 29 gennaio) che racconta non gli abiti ma la formazione culturale del loro autore, oppure in Shocking! Les Mondes surréalistes d’Elsa Schiaparelli (fino al 22 gennaio al Musée des Arts Décoratifs di Parigi) che mette insieme abiti e opere d’arte per descrivere il mondo misto di creatività degli artisti surrealisti che hanno contribuito a disegnare gli abiti della «italienne». Ma è stata così anche Lee Alexander McQueen: Mind, Mythos, Muse che, fino allo scorso ottobre, al LACMA di Los Angeles, ha messo a confronto 70 abiti del designer inglese con 200 opere d’arte per visualizzare i suoi riferimenti. Una missione che ha svolto bene anche Yves Saint Laurent aux Musées che all’inizio dello scorso anno ha tenuto impegnati sei musei (Louvre, Pompidou, Picasso,

d’Orsay, Art Moderne e Saint Laurent) per cinque mesi per spiegare da dove nasceva la moda fatta di arte, letteratura e ossessioni del genio del Novecento In questi e altri casi è stata superata l’impasse che deriva dal manichino figurativo e utilizzato quel «manichino astratto» che, secondo la curatrice Maria Luisa Frisa, è necessario a una mostra per rendere «una visione del mondo, del corpo e del desiderio Solo così si può raccontare una moda che restituisce un momento perché, oltre al talento e alla visione, una mostra deve raccontare il punto di vista e l’ossessione che servono all’autore del vestito per costruire il suo progetto». E tutto allora rimanda alla più evidente espressione di una mostra di moda che ha saputo raccontare la vita: Savage Beauty, il tributo ad Alexander McQueen partito al Met di New York nel 2011 e aggiornato al V&A di Londra nel 2015. È quella la base da cui partire perché una mostra possa raccontare «che cos’è il vestito» e non il voyeristico senso del «dietro il vestito» Che è un appunto da tener presente per un eventuale Museo della Moda che voglia nascere come un raccoglitore di culture e non soltanto come un archivio ben ordinato di bellissimi vestiti.

Nella pagina accanto In alto: un abito di Craig Green, la scutura L’Age d’Airain di Auguste Rodin e un abito di Wales Bonner S-S 2015 dalla mostra Fashioning Masculinities: The Art of Menswear al Victoria and Albert Museum di Londra (da Style Fashion Issue, novembre 2021).

Al centro: tre oggetti esposti nella mostra Virgil Abloh: «Figures of Speech» al Brooklyn Museum di New York (da Style, dicembre 2022).

In basso: il famoso ritratto nudo di Yves Saint Laurent di Jean Loup Sieff e uno schizzo dello stesso designer esposti nella mostra Yves Saint Laurent aux Musées che a Parigi ha coinvolto sei musei, dal Louvre al Centre Pompidou fino al museo Saint Laurent (da Style, gennaio/febbraio 2022).

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V I S I O N I
F O T O: AMY GW A TKIN; © VIC T ORI A AND ALBE R T MUSEUM, L ONDON F O T O: D E X TER L AN D E R ; © G YMN A S TI CS AR T INS TITUTE; © ES T A TE OF JEANL OUP SIEFF © CENTRE POMPIDO U , MNAMC CI DI S T RMNGRAND P AL AIS / IMA G E CENTRE P OMP ID OU MN AMCCI ; © F OND A TION PIERRE BERGÉ –YVES S AINT L A UREN T, P ARIS © RIPRODUZIONE RISERVATA
1 4 3 S T Y L E M A G A Z I N E testi di Veronica Russo SPECIALE PITTI IMMAGINE UOMO 103 AUTUNNO-INVERNO 2023-2024 ANTICIPAZIONI E TENDENZE P I T T I U O M O

Ritorno al passato: convivono capi classici e dettagli tecnici

NEW YORK E TUTTA LA SUA ENERGIA.

È a questa città, storica capitale delle novità, che s’ispira la collezione di Antony Morato (che ha appena compiuto 15 anni): un viaggio nello spazio e nel tempo, dagli anni Sessanta ai Novanta, con un focus sugli Ottanta e sulla cult ura Pop, proprio come lo sono stati, in quel decennio, l’ar te, la musica, l’architett ura e persino i f umetti e il gaming. Tutto incanalato nei capi iconici di questa stagione, come la camicia «psichedelica» in misto viscosa, le T-shir t over in tessuto tecnico, il cappotto slim in pied-de-poule bianco e nero o la felpa in orsetto (tessuto effetto pelliccia) nei toni del grigio e del blu Tor nando a 40 anni fa c’è anche una capsule collection dedicata al pittore e writer Jean-Michel Basquiat: pennellate aggressive impreziosiscono colorate T-shir t.

Camicia in misto viscosa con stampa psichedelica ispirata ai bagliori delle luci al neon. Sopra: bozzetti della collezione ispirata a New York.

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IL MESSAGGIO DEL BRAND È CHIARO: ARTE E MODA POSSONO ESSERE COMBINATE
A N T O N Y M O R A T O

Una giacca è per sempre. Merito dei tessuti

I TEMPI

SONO IMPREVEDIBILI:

c’è bisogno, anche in un compar to come la moda, di «comfor t dresses», capi durevoli, morbidi, sostenibili contro la moda usa e getta Lo sanno bene quelli di Belvest, azienda di abbigliamento fondata a Piazzola sul Brenta, Padova, nel 1964 Le loro giacche sono eter ne, come la One and half ad esempio, ampia come un cardigan; o la Urban jacket, la giacca-camicia «buona sempre» in doppia lana f inissima air light. Sono i tessuti però la vera anima di questa collezione: a par tire dal cashmere nat uralmente soff ice, in patter n sempre diversi E poi ci sono i misti lana-cashmere, il lana-seta e i feltri morbidi. Completano la collezione le cravatte (in text ure a contrasto), le sciar pe (in cashmere nat urale) e le camicie in jersey con il collo alla coreana.

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UN EMBLEMA DEL BRAND: LA GIACCA SFODERATA E DECOSTRUITA, PREZIOSA
B E L V E S T Particolari di una giacca in lana con motivo a spina di pesce In alto: il doppiopetto Principe di Galles in lana.

Nuovi dettagli e altri elementi costruttivi

IL PORTO, in par ticolare quello di Anversa, Belgio, città in cui è nato il marchio Bik kembergs. È a questo luogo, da cui si salpa e in cui si or meggia, che s’ispira la collezione Sono molti gli elementi distintivi che parlano di approdi: catene, gr u e container che fanno da sfondo a ogni abito, ogni accessorio Come ai maglioni, piuttosto grossi di spessore, con mix di punti che fanno pensare alle unifor mi dei por t uali. Molti sono però anche i pezzi recuperati dall’archivio storico della griffe, ad esempio i capispalla e, più in dettaglio, i caban foderati di shearling o i giacconi di panno di lana I toni sono accesi, come l’arancio, il blu e il verde, e si gioca parecchio con i graf ismi dei videogame, strizzando l’occhio al mondo digitale Completano il look le calzat ure, l’under wear, i gioielli, gli accessori di tessuto e quelli di pelle

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GIACCONI IN MONTONE O IN PANNO DI LANA ACCOSTATI A COMPLETI FORMALI
B I K K E M B E R G S
Caban in tessuto tecnico, foderato in shearling, da abbinare alla camicia in velluto a coste e ai cargo con le maxi tasche

Vestibilità morbide e comode. E poi: denim

I PANTALONI ELEGANTI da uomo, in t utte le loro declinazioni. Briglia 1949, azienda campana (nata dalla passione della famiglia Carillo, oggi con 500 punti vendita nel mondo) propone una collezione sostanzialmente classica ma dai dettagli audaci: i prodotti sono innovativi, eticamente responsabili (molti dei tessuti sono rigenerati, ripor tati a nuova vita), spesso con accostamenti inediti di colori, anche vivaci. Alcuni elementi restano però costanti di collezione in collezione e sono or mai veri diktat per questo marchio: ad esempio l’utilizzo di tessuti pregiati e di grande qualità (come il cashmere) e le vestibilità più morbide, confor tevoli, or mai segno distintivo dell’uomo Briglia Per chi volesse osare un po’ di più c’è anche il denim (caratterizzata da una nuova personalizzazione DNM) ma pur sempre d’ispirazione tailor-made

VITA UN PO’ PIÙ ALTA: NUOVA TENDENZA PER I PANTALONI MASCHILI

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B R I G L I A 1 9 4 9
Pantaloni con «pince baciata» e cinturini laterali in vita.

Maglieria per un look essenziale con rifiniture esclusive

PER LA FAMIGLIA BOSSO, a capo del Gr uppo Airon, azienda di Barletta di maglieria di alta qualità, Claq è un marchio «fashion classic» A loro piace def inirsi così perché alter nano a capi basici maglie più estrose, ad esempio nei toni accesi dello smeraldo, del f ucsia e del giallo. La doppia anima sta anche nell’uso dei materiali: a f ilati pregiati si aff iancano materiali riciclati ripor tati a nuovo splendore. C’è sempre, comunque, tanta tecnologia, grazie all’utilizzo di macchine da maglieria Shima Seiki W holegar ment che per mettono di creare capi senza cucit ure Tra le maglie must di questa stagione c’è una giacca-camicia realizzata in lana merinos super f ine: la lavorazione mostra un punto dritto e rovescio che conferisce un aspetto più materico e ne esalta il disegno a losanghe

A fianco: maglia in merinos super fine, ossia 16,5 micron. Sopra: alcuni colori della collezione.

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CASUAL ALLO STREETWEAR, DAL BASIC AL PREMIUM
DAL
C L A Q

Realizzati per durare. Outerwear provato sul campo

È STATO PENSATO NEL 1914 da quelli di Filson (azienda nata a Seattle, Washington, nel 1897 per equipaggiare al meglio i cercatori d’oro diretti nello Yukon) per t utti coloro che lavoravano nelle foreste e nei luoghi all’aper to. È il Mackinaw Wool Cr uiser, uno dei capispalla più rappresentativi del brand, realizzato, per questa stagione, in una lana patchwork proveniente dagli archivi storici del marchio D’altra parte Filson ˗ la cui sede rimane a Seattle ed è distribuita in Italia da WP Lavori in Corso, azienda fondata 40 anni fa da Cristina Calori con il padre Giuseppe ha un solo obiettivo: realizzare abbigliamento e accessori per l’outdoor che siano indistr uttibili. Oltre alla Mackinaw Wool Cr uiser ci sono il Field Coat, giaccone resistente a pioggia, neve e abrasioni, i gilet imbottiti e i capispalla multistrato in tessuto tecnico

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I VALORI DEL PATRIMONIO AMERICANO ATTRAVERSO UNA PRODUZIONE RESISTENTE
F I L S O N Capi realizzati per affrontare qualsiasi situazione climatica Sopra, si chiama Mackinaw Wool Cruiser ed è il capospalla iconico del brand

Sciarpe e cravatte. E una classica ispirazione esotica

ORMAI È UNA TENDENZA CONSOLIDATA: ben tor nata eleganza classica! E cosa c’è di più classico di una sciar pa da uomo o di una cravatta ben confezionate? Lo sa bene Fiorio, azienda milanese dal 1946 (all’inizio cucivano foulard, il passo verso le cravatte è stato breve). Per le sciar pe dominano f ilati come il cashmere in purezza (o in blend con la seta), mentre le stampe (a disegno cashmere, detto anche Paisley, o geometriche) prendono ispirazione dall’archivio del marchio. Per le cravatte (cucite a mano con sette pieghe e, su richiesta, anche di più) si usano le sete stampate, la lana, il cashmere e persino la maglia, per un aspetto più casual. È c’è anche una capsule collection più eclettica: è stato recuperato dall’archivio Fiorio il disegno di un’isola della Nuova Guinea. Appare su una sciar pa, un giubbotto, un ber retto da baseball e un cost ume da bagno

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I DISEGNI CASHMERE SONO LEGATI ALLE LORO RADICI OTTOCENTESCHE
F I O R I O
Sciarpa in tinto filo jacquard in lana, seta e cashmere Le fantasie possono essere più o meno complesse (a fianco).

Innovazione, tradizione, trasversalità: un brand in tre declinazioni

TRE MACRO TEMI, TRE DIVERSI MODI per inter pretare cappotti, piumini e imper meabili. Sono i mood scelti da Her no, azienda leader nei capispalla di lusso da oltre 70 anni, per questa collezione Si inizia dalla linea Luxur y, quella delle lavorazioni pregiate e dei f ilati più nobili come il cashmere, il cashmere-seta e la seta con trattamento water-resistant, per poi passare alla linea Core: qui si attinge dagli archivi della griffe e siamo in pieno spor tswear, con capi adatti a qualsiasi temperat ura in tessuti tecnici come il neoprene o il nylon. E poi c’è la linea Fashion, la più sor prendente, minimalista o Pop Mountain ’80, con i piumini super imbottiti e oversize, patch colorati e tinte accese Inf ine, Her no da questa stagione è anche lifestyle con i pantaloni, le maglie, gli accessori. A Pitti Uomo anche Her no Globe (prodotti sostenibili al 100 per cento e genderless) e Laminar (dalle alte perfor mance spor tive e anti freddo)

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IL PERCORSO DEL MARCHIO NEL LIFESTYLE SI ARRICCHISCE CON PANTALONI, MAGLIE, ACCESSORI
H E R N O
S T Y L E M A G
Vicini all’arte Nella sede del brand, un’installazione di arte contemporanea realizzata dal coreano Lee Jaeyho A sinistra: fa parte della linea Fashion il giubbotto a tema Pop Mountain ’80

Pronti al freddo dalla quotidianità urbana alla natura del Nord

HÈSKIMO NASCE DALLA PASSIONE della famiglia Bosso per la montagna e per l’abbigliamento tecnico È uno dei nuovi marchi del Gr uppo Airon, nato come maglif icio a conduzione familiare e oggi realtà che espor ta i suoi capi in t utta Europa e in Giappone Il nome del brand è un tributo al popolo degli eschimesi e alla loro resilienza, e il capo d’eccellenza della collezione è proprio l’eskimo, declinato però in chiave ultra moder na: è reversibile, di tessuto Gs-Tech a tre strati, resistente a una colonna d’acqua di diecimila mm (è la misura della pressione di liquido che un materiale può soppor tare prima di assorbirlo); in più ha l’imbottit ura in Sorona, polimeri traspiranti riciclati al cento per cento. E c’è anche una capsule di piumini con imbottit ura da 600 f ill power (è il parametro, alto, che indica quanto caldo sia un giaccone).

Piumino in nylon riciclato dall’effetto cangiante grazie alla costruzione «black warp» per la quale la trama e l’ordito vengono tessuti con due colori differenti.

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A PARTIRE DALL’ESKIMO, LA COLLEZIONE SVILUPPA UNA TRENTINA DI MODELLI TECNICI
H È S K I M O

Maglia in thermocomfort realizzato con una doppia trama, lana all’esterno e cotone all’interno Sotto: una giacca camicia della nuova collezione

Pull classici ma soltanto in apparenza

LA NATURA, IN TUTTA LA SUA BELLEZZA, anche nella stagione più fredda È a essa che s’ispira la collezione Impulso, uno dei marchi del Maglif icio Liliana, azienda specializzata in maglieria fondata a Montichiari, Brescia, nel 1969. La nat ura è anche t utta nella palette di colori scelti per i capi di questa stagione: il bianco optical, il verde countr y e poi inf inite variazioni sul tema del blu I materiali utilizzati per maglie e pullover, apparentemente classici, nascondono un’anima hi-tech: i pull a coste sono impreziositi da un trattamento in tef lon che ne garantisce l’imper meabilità; quelli in ther mocomfor t, realizzati con una doppia trama, lana all’ester no e cotone all’inter no, sono comodi e pratici E poi c’è il giubbino «ibrido» in tessuto tecnico: le maniche, in maglia, si rimuovono e diventa un morbido gilet.

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LA MAGLIERIA È IL PUNTO FORTE MA C’È SPAZIO ANCHE PER I PIUMINI
I M P U L S O

I codici del classico maschile nei colori allegri e vivaci

NESSUN GREENWASHING ma un impegno serio, ben ragionato, che si ripete or mai di collezione in collezione: è la capsule Green, Lebole presente anche in questa stagione, progetto di moda ecosostenibile in cui si riutilizzano i tessuti rigenerandoli, nel rispetto di un’economia circolare Nascono così capi che vogliono essere eter ni, che non si esauriscono nel giro di un paio di stagioni (è t utto eco: anche i dettagli che impreziosiscono gli abiti e persino i bottoni, le etichette e le gr ucce) È un po’ il concetto di giacca preferita: quella classica, cucita bene, che si indossa sempre volentieri e in più è realizzata in lana rigenerata (si prendono vecchi tessuti e si por tano a nuova vita) E poi, ovviamente, ci sono la tradizione sar toriale italiana e t utta l’eleganza di Lebole.

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ECONOMIA CIRCOLARE E SOSTENIBILE: RIUTILIZZO TRAMITE RIGENERAZIONE
L E B O L E La giacca in tweed di lana rigenerata con macro tasche A fianco: bozzetti della collezione.

I filati al centro: effetti, tinture, lavorazioni

Losanghe o trecce per le maglie tinte in capo effetto vintage. In collezione anche i pull a righe

SUGGESTIONI

PROVENGONO dalla ter ra e dalla nat ura: la bellezza della Toscana, con i suoi colori, la campagna, le atmosfere rilassate. A t utto questo si rifà la collezione di maglieria f ir mata Lorenzoni, griffe par te di Maglif icio Liliana Abbondano maglie, dolcevita e pull in cashmere, anche riciclato al cento per cento, con un occhio all’ambiente; poi ci sono i mix di cashmere e seta, o lana e cashmere, e la morbidissima lana merino Le lavorazioni, apparentemente semplici, sono molto complesse: come gli effetti vanisé che danno profondità alla base, una tecnica che utilizza, per creare i maglioni, due f ili di colore o di materiali diversi, uno incor porato nell’altro; o la tint ura in capo per un aspetto «vissuto». Il pezzo più rappresentativo? Il pullover in maglia calata a trecce e losanghe in una nuance lilla: tinto in capo, con collo a cratere e senza cuciture.

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LE TRECCE ELABORATE «MUOVONO» LA SUPERFICIE NELLE MAGLIE PIÙ ESSENZIALI
CHE
storia nuova L O R E N Z O N I
in una

Gusto sportivo e freestyle. Mai nostalgico

LA STORIA DI LOTTO LEGGENDA è sempre stata legata a doppio f ilo a quella del grande spor t italiano. Come nel caso del nostro basket e dei suoi anni d’oro: dai Settanta in poi campioni come Mike D’Antoni, Dino Meneghin e Toni Kukoc (e squadre come l’Olimpia Milano e la Benetton Treviso) hanno indossato in campo (e f uori) le scar pe con l’inconfondibile doppia losanga Proprio le sneakers Hoop Stars celebrano questo connubio: sia nella versione low-cut (le basse, le Rub), che in quella più nuova, le High, quelle alte, più propriamente nel mood del basket appunto. Entrambe hanno la tomaia in pelle e segni distintivi come la losanga a taglio vivo. La suola è caratterizzata da un effetto «usato», che enfatizza il carattere grintoso della scar pa. Sono due i materiali disponibili: un mix di camoscio e pelle, e la pelle craquelé

MUST HAVE DI STAGIONE DAI SEGNI DISTINTIVI SENZA TEMPO

Lotto Leggenda Hoops Stars High e, sopra, nella versione bassa: Hoops Stars Rub

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L O T T O L E G G E N D A

Maxi cappotto con manica raglan stile loden, in lana fantasia Glen Plaid dal caratteristico contrasto nero e color vicuña.

Contemporary heritage: sintesi tra modernità e tradizione

QUELLA DI PAOLONI può essere def inita come nuova eleganza: il brand marchigiano abbina a un rinnovato interesse per la storia dell’alta sar toria maschile, una visione più ecclettica e contemporanea della stessa. Questa f ilosof ia, tradizionale e moder na allo stesso tempo, per mea ogni pezzo della collezione: dal power suit, il classico doppiopetto quattro bottoni che però ha una vestibilità più morbida con proporzioni legger mente anni Cinquanta, al broken suit, lo spezzato che diventa over e decostr uito, all’abbigliamento outer wear, elegante ma altamente tecnico. Il blazer, caposaldo del marchio, ora è un interessante ibrido fra una giacca doppiopetto e un peacot in panno reversibile Ma è il cappotto il capo più sor prendente: il classico loden ora è in lana, con i macro-scacchi a contrasto nero e beige vicuña, e si trasfor ma, ammorbidisce e avvolge

Un esempio di neo sartorialità del brand marchigiano, dove la tradizione viene rivisitata in modo contemporaneo

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IL BLAZER DIVENTA GIACCA CARDIGAN O «JACKOAT» (DOPPIOPETTO-PEACOAT)
P A O L O N I

Semplicità e qualità costruiscono il futuro del

GUARDARE AL PASSATO come base per il f ut uro, riconnettersi con la nat ura apprezzando t utto il comfor t di oggetti semplici ma lussuosi. Come i capi in maglieria di Piacenza 1733, storico lanif icio italiano eccellenza nel mondo In questa collezione i volumi si fanno più morbidi, i f ilati si mischiano e rendono le tonalità sor prendenti: la palette dei colori è «sensoriale», si va dai toni più scuri come il blu mezzanotte, al cobalto, al magenta, al cer uleo o al verde foresta Domina, ovviamente, il cashmere, f iore all’occhiello del brand, ma sono interessanti anche i blend di tessuto, come il cashmere e la seta, o il f ilato ritor to di lana merino pettinata, o l’alpaca in versione «f ur r y» Il capo da por tar via subito è però il cappotto color cammello, puro e semplice: cento per cento cashmere, caldo come una coper ta.

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I MATERIALI SONO AVVOLGENTI, VOLUMINOSI, LEGGERI E CALDI
cashmere I
disegni della collezione e, in alto, il cappotto Chesterfield in cashmere

Lusso garbato, piacere della materia e del gioco

Set di ca da burrac custodia rea in pelle saf In alto, la boutique P a Firenze in della Signo primi del Nov

rte o con lizzata fiano prima ineider Piazza ria nei ecento

SI PARTE DALLE PASSIONI: quella per il gioco e quella per lo spor t. A questi due umani diletti sono dedicate le Passion Box di Pineider, azienda ad alto tasso di ar tigianalità nata a Firenze nel 1774 (all’inizio era una piccola car toleria, poi il suo fondatore, Francesco Pineider, ha iniziato a perfezionare le stampe, lavorare sui rilievi, realizzare monogrammi e oggi, alla car ta, si aff ianca la pelletteria) Le Passion Box (a cui è dedicato l’evento f uori-Pitti presso la boutique del marchio in Lungar no degli Acciaiuoli) si acquistano nei monomarca del brand, in Italia e nel mondo. Dentro si trova t utto quello che ser ve per una par tita perfetta: come nel set in pelle saff iano di car te da gioco per il bur raco, dove c’è anche il blocchetto per i punti, o nel set da poker, con le f iches realizzate nella stessa resina delle penne.

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DALLA CARTOLERIA ALLA PELLETTERIA, FINO AGLI ACCESSORI LUDICI
P I N E I D E R

Antica tradizione tessile giapponese per i cinquestasche che fanno parte della collezione A destra, il giubbino Steve in cashmere

Materie prime ricercate per prodotti made in Italy

IL CASHMERE: MORBIDO, CALDO, PREZIOSO.

E anche eclettico: non è più un’esclusiva dei maglioni ma impreziosisce jeans e giubbini. Come nella collezione di Richard J Brown dove si ritrova il f ilato pregiato, ad esempio, nei pantaloni cinquetasche modello Tokyo, per un comfor t assoluto, o nel capospalla Steve, impalpabile ma adatto alle gior nate più fredde.

E poi ci sono anche il denim con l’esclusiva cimosa (il bordo ester no del tessuto) in rame e il denim «jersey», morbido e confor tevole.

I colori sono un’ode alla nat ura: ricordano il legno, il bambù, il sughero e la canapa.

Il tocco in più sono le salpe (i rettangoli di stoffa sopra una delle tasche posteriori dei jeans su cui viene ripor tato il nome del marchio): realizzate in camoscio o f lanella per rendere i denim RJB davvero inconfondibili.

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SEGNI DISTINTIVI: SALPE, BOTTONI, PROFILATURE INTERNE E PUNTO A MANO
R I C H A R D J . B R O W N

Tessuti imbottiti, flanelle, panno di lana, jersey, piquet di cotone…

PUÒ UNA CAMICIA essere molto classica e contemporaneamente tanto moder na? Si può adattare, allo stesso tempo, a sit uazioni «in» e «outdoor»? Ci riesce quella f ir mata Xacus, azienda nata nel 1956 ed erede della tradizione manifatt uriera tessile del distretto vicentino La blusa in questione è la loro novità: in panno di lana, ha proporzioni over ed è perfetta per gior nate in uff icio o weekend f uoripor ta. È in linea con la nuova f ilosof ia del marchio: capi tradizionali che però guardano al f ut uro per tagli, materiali, colori, consistenze. Largo comunque anche alle camicie tinto f ilo, alle righe e ai check, f ino ad ar rivare al jersey, materiale usato anche per la linea di maglieria dove ci sono il piquet di cotone, il misto-lana e il misto-cashmere, caldo e morbido. Altra chicca: la camicia tailor washed ar ricchita dai bottoni in madreperla.

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UNA
LA MATERIA PRENDE FORMA IN
NUOVA CONCEZIONE DI CAPI CONTEMPORANEI
X A C U S
Punto forte della collezione sono le camicie in panno di lana.

di Alessandro Brunelli

Muartive (Murat Yıldırım, Istanbul, Turchia, 1989)

Il tempo è un’illusione, 2020, 3D Art, 2.000x2.500 px

UN MUCCHIO DI OROLOGI AMMASSATI che segnano tutti la stessa ora: l’artista turco Muartive raffigura l’effetto sliding doors. Scelte e destino disegnano infatti il nostro qui e adesso, a discapito di storie mai nate e momenti mai vissuti

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A R T W O R K
I STYLE MAGAZINE © RIPRODUZIONE RISERVATA
PITTI IMMAGINE UOMO 103 2023-2024 AUTUMN-WINTER THE STYLE SPECIAL: NEWS, BRANDS, PREVIEWS PITTI UOMO
Copy by Veronica Russo Translations by Chris Thompson and David Dickens

Revisiting the past– via a combination of classic garments, technical details

New York and its pulsating energy. This city, the acknowledged capital of the new, has provided the inspiration for a collection by Antony Morato, which has just celebrated its 15th anniversary. It’s a journey through space and time, from the 1960s to the 1990s, with a focus on the 80s and that decade’s Pop culture, showcasing its art, music, architecture, comics and games – all channelled by this season’s iconic garments like the

soft cashmere in a shifting range of different patterns – and certainly not forgetting the wool-cashmere and woolsilk mixes, plus the soft felts. The collection is rounded off by the textured and contrasting ties, natural cashmere scarves and Jersey shirts with Koreanstyle collars.

BIKKEMBERGS - page 145

Maritime details and constructive elements

Soft, comfortable fits. And, as of now: denim

Elegant trousers for men, in all their various expressions. Briglia 1949, a company based in Campania, Italy (established out of the Carillo family’s passion, and currently distributed through 500 stores worldwide), offers a collection that’s fundamentally classic but bold in its details: the pieces are innovative, ethically responsible (many of the fabrics are regenerated, for a new lease fo life), often

psychedelic viscose mix shirt, the oversize t-shirts in technical fabric, the slimline black and white houndstooth jacket and the grey and blue fleece in «teddy bear» plush fabric. Going back 40 years means there’s also a capsule collection dedicated to the writer and painter Jean-Michel Basquiat, with aggressive brushstrokes adorning colourful t-shirts.

BELVEST - page 144

With these fabrics, jackets are forever

These times are so unpredictable –the fashion world finds itself in need of comfort clothes, long-lasting, soft and sustainable garments that reject the idea of short-term, throwaway wear. They’re well aware of this at Belvest, a clothing company founded in Piazzola sul Brenta, Padova, in 1964. Their jackets are eternal – take the One and half, for example, as roomy as a cardigan, or the Urban jacket, a jacket-shirt in superfine air light double wool. The fabrics are the real spirit of this collection, starting with naturally

A port, such as the one at Antwerp, Belgium, the city where the Bikkembergs brand was launched: that busy maritime setting is the main inspiration for this collection. A series of distinctive elements evoke a dockside location –chains, cranes and containers form a background for every garment and accessory, like the rather chunky sweaters

with unconventional, sometimes vibrant, colour combinations. Some aspects, however, form a constant thread through all the collections and have now become this brand’s genuine «non-negotiables»: for example, the use of fine, high-quality fabrics (such as cashmere) and the softer, more comfortable fits which are now the hallmark of the Briglia man. Now there’s also denim (featuring the new DNM customization), for those looking to be a little more daring without losing that tailor-made look.

CLAQ - page 147

Knitwear for a clean look with refined finishing touches

with a mix of stitches that recall stevedores’ uniforms. Many items are drawn from the brand’s archives – the outerwear, for instance, as in the shearling-lined peacoats and woollen cloth jackets. The colours are bright and lively in shades of orange, blue and green, while eye-catching graphics provide an entertaining reference to the world of videogames. Footwear, underwear, jewellery and accessories in fabric and leather complete the look.

For the Bosso family, at the helm of the Airon Group, a high-quality knitwear company based in Barletta, CLAQ is a «fashion classic» brand – this description best fitting their forte: combining basic garments with more extravagant knitwear in bright emerald, fuchsia and yellow. This twofold approach is also reflected by the materials used: select yarns rub shoulders with recycled materials restored to a new splendour. Technology has an important input, with Shima Seiki Wholegarment

II STYLE MAGAZINE
ANTONY MORATO - page 143
1949 - page 146
BRIGLIA

knitting machines that enable the company to create seamless garments with no stitching. One of the knitwear musts for this season is a jacket-shirt in superfine merino wool where the knit and purl stitch creates a chunkier look and emphasises its diamond pattern.

FILSON - page 148

Made to last: outerwear tested in the field

It was created in 1914 by the people at Filson, a company founded in 1897 in Seattle, Washington, to equip gold prospectors heading for the Yukon and all those working in the forests and wild outdoor spaces. The Mackinaw Wool Cruiser is one of the brand’s most iconic outerwear garments, and this season it’s

FIORIO - page 149

Scarves and ties. A classic exotic inspiration

It’s now an established trend: welcome back, classic elegance! And what could be more classic than a men’s scarf or a well-tailored tie? It’s something that’s well-known to Fiorio, a Milanese company founded in 1946 that began by sewing foulards, and soon made the logical move to ties. Yarns like pure cashmere or silk-cashmere blends dominate in the scarves, while the Paisley or geometric prints draw inspiration from

has chosen three moods for its collection. It starts with the Luxury line, using sophisticated production methods and the finest yarns like cashmere, cashmere-silk and water-resistant treated silk. Next is the Core line – now we’re plundering the brand’s archive and are in the sportswear arena, with garments in technical fabrics like neoprene and nylon, suitable for all temperatures. Then there’s the minimalist Fashion line, the most surprising, with the Pop Mountain ’80 down jackets in super padded, oversized, coloured patches and bright colours. Finally, this season Herno has also focussed on lifestyle with pants, knitwear and accessories. Also at Pitti, Herno Globe, 100% sustainably produced and genderless, and Laminar, with high sports performance and low temperature protection.

HÈSKIMO - page 151

Ready for the cold, from urban life to the wild North

the brand’s archive. The ties, hand sewn with seven pleats, or more on request, feature wool, cashmere and even knits for a more casual look. There’s also a more eclectic capsule collection – a drawing of an island of New Guinea has been sourced from the Fiorio archive and features on a scarf, jacket, baseball cap and bathing costume.

HERNO - page 150

Innovation, tradition and versatility: one brand, three dimensions

Three macro-themes, three different ways of interpreting coats, padded jackets and raincoats. Herno, a leading luxury outerwear manufacturer for over 70 years,

Hèskimo is inspired by the passion of the Bosso family for the mountains and technical clothing. It’s one of the new Airon Group brands, launched as a knitwear manufacturer and now a company that exports its garments across Europe and to Japan. The brand’s name is a tribute to the Inuit Eskimo people and their resilience, so the star item in the collection brand is the parka (dubbed

made in a wool patchwork sourced from the brand’s archives. Filson, still based in Seattle and distributed in Italy by WP Lavori in Corso, a company founded forty years ago by Cristina Calori and her father Giuseppe, has just one aim: producing nexarly-indestructible outdoor garments and accessories. The Mackinaw Wool Cruiser is joined by the rain, snow and abrasion resistant Field Coat, padded vests and multi-layer jackets in technical fabrics.

«eskimo» in Italian), now given an ultramodern interpretation – it’s reversible, with triple-layer GS-Tech fabric resistant to a 10,000 mm water column (the scale used to measure the water pressure a fabric can handle before it starts absorbing it). It has padding in Sorona, 100% recycled breathable polymers. There’s also a padded garment capsule with 600 fill power padding – that is the measurement unit indicating the jacket’s exceptional warmth.

III

Classic pullovers – but only in appearance

The winter seas and their thrilling energy. Nature in all its great beauty in the coldest season, too – this is the inspiration for Impulso, a brand from Maglificio Liliana, the knitwear manufacturer, founded in Montichiari, Brescia, in 1969. Nature is also reflected by the range of colours chosen for this season’s garments – optical white, country green and almost endless variations on a theme of blue. Although the sweaters and pullovers have a classic look, the

even the hangers. It’s reminiscent of the idea of the favourite jacket, the classic, well-sewn go-to garment that’s always worn with pleasure. This one is made using regenerated wool from old fabrics brought back to new life. All shaped, of course, by Lebole’s Italian sartorial tradition and elegance.

LORENZONI - page 154

A yarn story: effects, dyes, methods

created by incorporating two yarns of different colour or material. The most representative item is the full-fashioned cable and diamond-knit pullover, in a purple shade. It is garment-dyed with crater neck and no stitching.

LOTTO LEGGENDA - page 155

Sporty, freestyle elegance. Nostalgic? No way!

It’s all about the legend. The brand’s deep ties to the world of Italian sportmost notably its basketball scene in the golden years from the 1970s onwards, when champions like Mike D’Antoni, Dino Meneghin and Toni Kukoc, and teams like Olimpia Milano and Benetton Treviso, wore the sneakers with their unmistakable double diamond. The Hoop Stars sneakers celebrate this legacy, in

materials used to create them conceal a high-tech soul – the ribbed pullovers are enhanced by a Teflon treatment providing rain resistance, and the garments in thermocomfort, made using a double weave with wool on the outside and a cotton interior, are comfy and practical. As for the Hybrid jacket in technical fabric, the knitted sleeves can be removed to transform the garment into a soft gilet.

GREEN - page 153

Men’s classics in bright, lively colours

No greenwashing allowed– instead, a serious, well thought-out commitment enhanced from collection to collection. Also present this season, the Lebole Green capsule is an eco-sustainable fashion project based on the re-use of fabrics, regenerating them in line with the concept of the circular economy. The result is a series of garments that seek to last almost forever, not wearing out within the space of a few seasons. The focus is on ecoawareness, even for the details adorning the garments like the buttons, labels and

Ideas inspired by the earth and nature: the beauty of Tuscany, with its colours, countryside and relaxed surroundings. All this is embodied in the knitwear collection by Lorenzoni, a brand that’s part of Maglificio Liliana, with a dazzling array of cashmere sweaters, turtlenecks and pullovers, all 100% recycled and with an emphasis on environmental responsibility. Plus the cashmere-silk or wool-cashmere blends and ultrasoft merino wool. Although their construction looks simple, in fact these garments include some complex features like the vanisé effect that provides a basic depth, a technique where the sweaters are

both the low-cut Rub version and the newer High models with their more basketball-oriented look. Both have a leather upper and distinctive features like the raw-cut diamond. The sole has a used effect that emphasises the sneaker’s gutsy character. There are two disposable materials, a mix of suede and leather and craquele leather.

PAOLONI - page 156

Contemporary heritage: a mix of modern and traditional

The Paoloni style can best be described as neo-sartorialism, as the Marche-based brand combines a renewed interest in the history of men’s high tailoring, offering a more eclectic, contemporary interpretation. This philosophy, traditional and modern at the same time, is embodied in every garment in the collection, from the classic doublebreasted, four-button power suit with a softer fit and proportions in a slightly 1950s style, to the broken suit that becomes oversize and deconstructed and

IV STYLE MAGAZINE IMPULSO - page 152
LEBOLE

the elegant yet highly technical outerwear. The blazer, this brand’s hallmark item, is now an interesting hybrid between a double-breasted jacket and reversible cloth peacoat. But the overcoat is the most surprising garment – the classic loden coat is now in wool, with contrasting micro-checks in black and vicuña brown, which transforms, softens and enfolds.

1733 - page 157

Tradition and quality combine to create the future of cashmere

Looking to the past as a foundation for the future, reconnecting with nature whilst appreciating all the comfort of simple yet luxurious pieces. Such as the knitwear garments offered by Piacenza 1733, the historic Italian wool mill that’s become synonymous with excellence throughout the world. In this collection the

wool, or the «furry» alpaca, also pique the interest. However, the immediate standout must-have item is the camel-coloured coat, pure and simple: 100% cashmere and as warm as a blanket.

PINEIDER

- page 158

Well-mannered luxury, pleasure in fabric and playfulness

Passion is the inspiration, a passion for games as well as sports. Pineider’s Passion Box range is dedicated to these two pursuits. Pineider, a company with an emphasis on artisanal content, was founded in Florence in 1774 – at first it was a small stationer’s, then its founder, Francesco Pineider, began to develop prints, working on relief motifs and creating monograms, and now leather goods have been added to the range of products on offer. The Passion Box cabinets, to which the fuori-Pitti event at the brand boutique in Lungarno degli Acciaiuoli is dedicated, can be bought in the company’s monobrand boutiques in Italy and throughout the world. They house everything required for a perfect game –like a Saffiano leather playing card set for a session of burraco, including a notebook for keeping track of scores, or the poker set with chips in the same resin material as the brand’s pens.

RICHARD J. BROWN - page 159

The best in raw materials for Made in Italy products

fabric above one of the back pockets on the jeans bearing the brand name – made in suede or flannel to make RJB denim garments truly unmistakable.

- page 160

Padded fabrics, flannels, woollen cloth, Jersey, cotton piquet and more

volumes are softer, the yarns are blended to create a stunning colour palette that rouses the senses, extending from darker tones such as midnight blue through to cobalt, magenta, cerulean and on to forest green. Naturally, cashmere, the hallmark of the brand, features prominently, but fabric blends, such as cashmere and silk, twisted yarn made from worsted merino

Cashmere: soft, warm and precious. Eclectic, too, no longer exclusively for sweaters but also embellishing jeans and jackets. The prestigious yarn can be found in the Richard J. Brown collection’s fivepocket Tokyo trousers, providing outstanding comfort, and the Steve jacket, light yet ideal for the coldest days. Not forgetting the denim with the exclusive copper selvedge along the borders of the fabric and the soft, comfy Jersey denim. The colours are an ode to Nature, evoking wood, bamboo, cork and hemp. An extra touch is provided by the rectangles of

Can a shirt be classic and modern at the same time? Is it possible for it to adapt to indoor and outdoor settings? The answer is «yes» for all garments bearing the name of Xacus, a company founded in 1956 that has picked up much from the Vicenza textile district’s manufacturing heritage and tradition. The short in question is their new arrival – in woollen cloth, it has oversize proportions and is perfect for days in the office or weekends in the open air. It is also line with the brand’s new philosophy of traditional garments whose cut, materials, colours and texture look to the future – which includes all the yarn-dyed shirts, stripes and checks, as well as the jersey fabric used for the brand’s knitwear, along with cotton piquet, the wool mix and and the warm, soft cashmere mix. Another stalwart garment: the tailor-washed shirt with mother-of-pearl buttons.

V STYLE MAGAZINE
PIACENZA XACUS
STYLE MAGAZINE

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