Il Pesce 4-2023

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IL PESCE

PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE

NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE

N. 4/2023
DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO
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23 4/ IL PESCE

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«Da’ un pesce a un uomo ed egli avrà un pasto; insegnagli ad allevarlo e avrà il nutrimento per tutta la vita»

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ANNUARIO del PESCE e della PESCA

2023/2024 N. 34

Annuario del Pesce e della Pesca

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In questo numero: Agenda Sandrigo (VI) 14 Tendenze Reinventare la tradizione del pesce stocco: nella “brioscia cu tuppu” 16 diventa un piatto da passeggio Immagini Orbetello, la sua laguna, la sua gente, le sue produzioni 18 Attualità Oceani sempre più indispensabili per nutrire il mondo 20 Acquacoltura L’IZSVe in missione in Cambogia 25 Sostenibilità Saline, acquacoltura tradizionale ed ecoturismo: Monica Forni 28 un’alleanza per l’ambiente IL PESCE, 4/23 7 A pagina 74. Anno XL Agosto 2023 N. 4
IL PESCE

IL PESCE

8 IL PESCE, 4/23 Pesca Alleanze e reti per una filiera ittica multifunzionale 32 Pesca del tonno rosso del Mediterraneo, la situazione oggi Natale Pipitone 34 La pesca col rezzaglio Josette Baverez Blanco 36 Il pesce in rete Social fish Elena Benedetti 40 Aziende Effelle Pesca: un passo avanti verso il futuro Chiara R. Zaccaroni 43 Antonio Verrini Srl: una realtà di riferimento nel mondo dell’ittico 48 Pallet in plastica: la soluzione ideale per il settore ittico 50 Aitor Olabegoya Estrela, lo chef delle tradizioni gastronomiche 54 Offishina e il suo Garum tra le 100 eccellenze italiane di Forbes 56 Orobica Pesca, tecnologia e servizi per garantire eccellenza e qualità 62 Panini d’amare: pane e pesce nelle ricette di Luciano Di Marco 64 E tu, di che ostrica sei? Lara Abrati 66 Interviste Specie aliene invasive: uniti nella lotta al granchio blu Chiara R. Zaccaroni 68 Aloia Foods e il salmone scozzese Wester Ross: anticipare 74 il futuro offrendo prodotti innovativi Mare Gioioso: entrano in GDO due nuove gamme di prodotto 78 Câr-y-Môr, per amore del mare Jack Coulton 82 Mercati Un gusto ineguagliabile: rinomati nel mondo, ostriche e scampi 86 irlandesi sono molto apprezzati nel nostro Paese Il mercato ittico dell’UE 89
DALLA PRODUZIONE AL CONSUMO N. 4/2023 PERIODICO BIMESTRALE DEDICATO ALLE PRODUZIONI ITTICHE NAZIONALI ED ESTERE, ALLE TECNOLOGIE E ALLE ATTREZZATURE PER LA PESCA E L’ACQUACOLTURA – € 6,67 In copertina: pesca nella
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10 IL PESCE, 4/23 Speciale conserve ittiche Tonno in scatola, analisi ANCIT 102 Conserve ittiche: tutti i perché del loro gradimento 106 Il pesce in tavola A Burano, isola di pescatori, a lezione di sarde in saor Chiara Papotti 108 Cinque ingredienti per un ceviche Giorgia Fieni 110 Locali di gusto Raffilù: quando frollatura vuol dire sostenibilità e futuro Gian Omar Bison 112 Speciale Orbetello Alla scoperta della laguna di Orbetello Massimiliano Rella 118 Una pesca artigianale e innovativa Massimiliano Rella 127 Un giro in bottega Massimiliano Rella 132 A tavola coi pescatori Massimiliano Rella 136 Branzino The Challenge Massimiliano Rella 138 Fiere Arriva SANA 2023: una 35a edizione 140 sempre più internazionale e B2B A pagina 66. www.ilpesce-online.com A pagina 62. A pagina 43.
12 IL PESCE, 4/23 Rassegne Slow Fish 2023, la parola ai pescatori e al mare 144 Tecnologie L’ERP CSB-System rafforza la resilienza e la competitività 148 delle aziende alimentari Track Ittico: una risposta alle sfide della Blue Economy 152 Tre libri Strategie di conservazione e gestione dei salmonidi autoctoni italiani – 158 Il pesce – Costa dei trabocchi www.ilpesce-online.com
A pagina 56. A pagina 78. A pagina 68.

AGENDA

Sandrigo (VI)

Sandrigo (VI) si prepara ad accogliere dal 14 al 25 settembre la 36a edizione della Festa del Bacalà alla Vicentina, l’evento culinario di grande prestigio organizzato dalla Pro Sandrigo, con la partecipazione della Confraternita del Bacalà alla Vicentina e il patrocinio del Comune di Sandrigo e della Regione del Veneto. «La Festa del Bacalà è ormai un atteso appuntamento di settembre e un punto di attrazione per molti turisti e visitatori» ha detto il sindaco di Sandrigo Marica Rigon. «La crescente portata dell’evento esprime la necessità di trovare una nuova ubicazione: lo stand riservato alla degustazione sarà quindi collocato nel cosiddetto Parco 3000».

Per il dodicesimo anno, il Gran Galà del Bacalà, l’esclusiva cena su prenotazione in programma per il 12 settembre, anticiperà l’apertura ufficiale degli stand gastronomici, attivi dal 14 al 17 e dal 21 al 25 settembre. Domenica 17 settembre Villa Mascotto di Ancignano di Sandrigo ospiterà invece Bacco & Baccalà, il banco d’assaggio dedicato ai migliori abbinamenti con il vino, organizzato in collaborazione con Bevande Emmebi di Marostica. Durante la giornata, i partecipanti potranno degustare oltre 120 etichette di vino e birra da accompagnare a deliziose ricette a base di bacalà. Infine, domenica 24 settembre, in Piazza Centrale, dalle ore 10.00 ci sarà la Cerimonia dell’Investitura dei nuovi Cavalieri del Bacalà e la consegna delle targhe ai nuovi ristoranti selezionati dalla Confraternita, precedute dalla sfilata del Corteo del Doge con la partecipazione di sbandieratori, figuranti, tamburini e dei cavalieri del Drago. Saranno presenti Confraternite provenienti da diverse regioni d’Italia, i Bacalà Clubs, autorità norvegesi e produttori di stoccafisso dall’Isola di Røst e dalla regione del Nordland.

>> Link: www.festadelbaccala.com

14 IL PESCE, 4/23
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Il ristorante messinese Casa e Putìa è stato scelto per rappresentare la Sicilia alla manifestazione svoltasi nel cuore del quartiere Garbatella Roma Baccalà (22-25 giugno, 4a edizione), portando così il simbolo della cucina dello Stretto nella Capitale. «Il pesce stocco è un simbolo della nostra identità gastronomica» ha dichiarato ADRIANA SIRONE, socia fondatrice del progetto Casa e Putìa. «Una ricetta che per la sua dimensione culturale, carica anche di risvolti sociali ed economici, nel corso del tempo si è riempita di significati simbolici diventando uno strumento attraverso cui la comunità e il territorio si racconta e si riconosce.

“U piscistoccu ‘a gghiotta” non è solo una ricetta ma una testimonianza di resistenza culturale in grado di contrastare una omologazione gastronomica sempre più diffusa nel nostro paese».

Nel menù di Casa e Putìa lo stocco è sempre stato presente nella sua versione tradizionale. In occasione di Roma Baccalà, i cuochi dell’Alleanza Slow Food di Messina Adriana Sirone, Luigi Delia ed Emanuele Gregorio hanno alleggerito la ricetta originale e creato un'inedita versione da passeggio da mangiare in piedi, rendendo “U piscistoccu ‘a gghiotta” un morbido condimento per un delizioso sandwich, dove le classiche fette di pane sono state sostituite con una morbidissima brioscia cu tuppu, la golosissima brioche che tradizionalmente si accompagna alla granita siciliana. «Sia nella versione classica che nella sua versione da passeggio, “U piscistoccu ‘a gghiotta” resta un'occasione di confronto e scambio sulla sostenibilità della pesca locale e su modi consapevoli, equi, puliti e giusti di fare ristorazione» ha proseguito Andrea Mostaccio (in foto, U piscistoccu ‘a gghiotta nella sua versione da passeggio ovvero usato come farcitura di una brioche “cu tuppu” e la salsa ghiotta a base di sedano, cipolla, olive verdi e capperi di Salina).

>> Link: romabaccala.it

TENDENZE
16 IL PESCE, 4/23
Reinventare la tradizione del pesce stocco: nella “brioscia cu tuppu” diventa un piatto da passeggio
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La laguna di Orbetello è un ecosistema unico, un ambiente “speciale” per la riproduzione naturale e lo sviluppo di tante specie ittiche. Un luogo di grande bellezza ambientale, con oasi protette e pinete ben conservate. E poi il mare e i borghi, insomma, un habitat che convive con la vita di tutti i giorni e le altre attività e, soprattutto, con i flussi del gran turismo, in un gioco di equilibri in cui la pesca è fondamentale per il mantenimento della laguna. Massimiliano Rella ha visitato questo luogo meraviglioso e incontrato e intervistato alcuni dei suoi abitanti. Leggete tutto nello “Speciale Orbetello” da pagina 118 (in foto, la lavorazione delle anguille nei laboratori del Centro di trasformazione della Cooperativa dei Pescatori di Orbetello; photo © Massimiliano Rella).

18 IL PESCE, 4/23
IMMAGINI

Manuel Barange, FAO, indica le opportunità rappresentate dall’acquacoltura

Oceani sempre più indispensabili per nutrire il mondo

L’oceano è la chiave per la sicurezza alimentare globale, il sostentamento di oltre 600 milioni di persone ed è essenziale per trasformare i sistemi agroalimentari. A dichiararlo è, in un video ufficiale, MANUEL BARANGE, direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO). In occasione della Giornata mondiale degli oceani, Barange ha spiegato cosa comporta la Blue Transformation, perché l’oceano è importante e in che modo i cibi acquatici sono una delle maggiori opportunità per combattere la fame nel mondo e persino il cambiamento climatico.

Come scienziato, l’esperto sottolinea che l’oceano è essenziale per un clima stabile, poiché assorbe un quarto delle emissioni di carbonio che emettiamo e il 90% del calore che produciamo. Inoltre, l’oceano occupa i tre quarti del pianeta e il 90% dello spazio abitabile per qualsiasi animale o pianta. «Al giorno d’oggi, non c’è un solo problema, che si tratti del cambiamento climatico, della sicurezza alimentare o della povertà, che possa essere risolto senza considerare l’oceano come parte della soluzione», ha sottolineato Barange.

I cibi acquatici, spiega il dirigente FAO, rappresentano una

“enorme opportunità” in ragione delle 3.000 diverse specie di pesci, molluschi, crostacei e alghe che catturiamo e alle oltre 650 specie che coltiviamo.

Questa notevole biodiversità si accompagna alla domanda di una crescita globale degli alimenti acquatici, per la quale, la risposta più adeguata, secondo Barange, è l’acquacoltura, una pratica che implica uno spirito di adattamento da parte dei pescatori e una più forte opera educativa e formativa rivolta ai consumatori.

Le persone fanno parte dell’ambiente oceanico, sottolinea Barange, ricordando che, a livello globale, circa 600 milioni di persone dipendono dalla pesca e dall’acquacoltura. Circa il 90% di loro vive nel Sud del mondo, molti dei quali in comunità dove vi sono pochissime alternative per il proprio sostentamento e per il proprio cibo, per ciò che concerne l’oceano, i fiumi e i laghi.

«Dobbiamo anche trovare soluzioni che funzionino su larga scala. E per far funzionare queste soluzioni, devi portare i giocatori sul tavolo per diventare gli steward di cui abbiamo bisogno... Senza l’oceano, i fiumi e i laghi, non affronteremo efficacemente i problemi della povertà, della malnutrizione, della sicurezza alimentare e del cambiamento climatico. Abbiamo bisogno di comunità dipendenti dall’oceano attorno al tavolo», ha concluso Barange.

Fonte: EFA News European Food Agency

www.youtube.com/

watch?v=2fvLVNH2wtA&t=4s

20 IL PESCE, 4/23 ATTUALITÀ
Manuel Barange, direttore della Divisione Pesca e Acquacoltura FAO (photo © FAO/Luis Tato).
Non bisogna far violenza alla Natura ma persuaderla. Epicuro Filosofo greco | Samo, 341 a.C. - Atene, 271 a.C. www.trote.it

Granchio blu: da problema a opportunità? L’Emilia-Romagna valuta il riconoscimento come specie di interesse commerciale

Il granchio blu sta imperversando nelle marinerie di Goro e Comacchio, nella provincia ferrarese, rappresentando una perturbazione dell’ecosistema. A riguardo, la Regione Emilia-Romagna si è attivata per la risoluzione del problema costituito dalla presenza della specie alloctona e sta valutando possibili soluzioni, tra le quali l’autorizzazione al prelievo per autodifesa del crostaceo, tramite modifiche alle concessioni demaniali. La decisione di intervenire e di insediare un gruppo tecnico che trovi soluzioni veloci e concrete è stata affrontata, insieme ad altri temi, dalla Consulta Ittica regionale, riunitasi nel mese di giugno a Bologna, convocata dall’assessore regionale all’Agricoltura e Pesca ALESSIO MAMMI. Il settore regionale che si occupa di pesca e acquacoltura, ha già presentato come capofila un progetto sul granchio blu, inserito nel Programma Interreg. Euro-Med, denominato “BlueFood”. Progetto che ha già superato il primo passo di verifica necessario alla definitiva approvazione. “BlueFood” punta sulla possibilità di sfruttamento e utilizzo commerciale e alimentare del granchio blu, oggi già commercializzato da pescatori e acquacoltori con il nome di “Granchio reale”, ma anche a pubblicizzarne l’esistenza, le problematiche e le potenzialità. Inoltre, la Regione Emilia-Romagna promuoverà un’azione presso il Governo nazionale ed europeo diretta a individuare e proporre possibili soluzioni di contrasto al crostaceo, indispensabili a preservare gli equilibri dell’ecosistema marino, per evitare che la specie sia classificata come “invasiva” pur riconoscendola come specie “dannosa”, e mirando a chiederne il riconoscimento come specie di interesse commerciale attraverso l’inserimento nell’elenco approvato con Decreto Ministeriale che regola la materia. Infine, è allo studio la possibilità di mutuare per gli acquacoltori titolari di concessione demaniale marittima (in quanto riconosciuti come imprenditori agricoli) un sistema di indennizzi che consenta l’autodifesa dalle specie dannose e invasive e ne consenta sia l’autoconsumo che lo sfruttamento commerciale. Durante la Consulta Ittica, con le associazioni che rappresentano le cooperative della pesca, è stato trattato il tema della moria delle vongole a seguito dell’alluvione che ha recentemente colpito parte del territorio regionale. Lo sversamento di acqua dolce in mare ha provocato casi di anossia (mancanza di ossigeno) che hanno fatto morire le vongole soprattutto lungo i canali di Comacchio; inoltre, si sono verificati danni anche alle strutture impiegate nella pesca e nell’acquacoltura. La Regione è in attesa che le associazioni dei pescatori presentino una stima dei danni per chiedere l’attivazione del Fondo di Solidarietà Nazionale della pesca. La Regione ha poi dato comunicazione delle risorse FEAMPA, il Fondo europeo per la Pesca e l’Acquacoltura, destinati ai pescatori. Per l’Emilia-Romagna è in campo una proposta di piano finanziario in via di conferma che vale poco meno di 40 milioni di euro (fonte: EFA News – European Food Agency).

22 IL PESCE, 4/23
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Progetto di cooperazione sull’acquacoltura

L’IZSVe in missione in Cambogia

L’acquacoltura è il settore zootecnico in maggiore espansione a livello globale, in particolare nei paesi asiatici e in Sudamerica. Ad oggi, la produzione dell’acquacoltura è in grado di soddisfare circa la metà della richiesta mondiale di prodotti ittici (inclusi molluschi e crostacei), ma l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) prevede che nei prossimi anni il consumo mondiale di prodotti ittici sia destinato ad aumentare.

Da febbraio 2022, l’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle

Venezie (IZSVe) coordina le attività del progetto AQUAE STRENGTH e lo scorso marzo si è svolta la prima missione di campo in Cambogia, uno dei Paesi beneficiari, con un team formato da diverse figure professionali dell’IZSVe: Centro specialistico ittico, Laboratorio di ittiovirologia , Laboratorio GIS , U.O. Ricerca e cooperazione internazionale.

Grazie alla collaborazione dei colleghi cambogiani è stato possibile visitare i laboratori degli istituti locali coinvolti nel progetto e nu-

merosi impianti di acquacoltura, sia di specie ittiche che di crostacei. In Cambogia il pesce copre circa il 70% del consumo di proteine d’origine animale, pertanto rappresenta una significativa forma di sostentamento. La principale fonte di prodotti ittici deriva dalla pesca in acque interne ma purtroppo, a causa dell’impatto antropico e della pesca eccessiva, gli stock ittici stanno sensibilmente diminuendo.

In quest’ottica, ridurre le perdite legate all’impatto delle malattie infettive e promuovere una corretta

Da febbraio 2022, l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) coordina le attività del progetto AQUAE STRENGTH e lo scorso marzo si è svolta la prima missione di campo in Cambogia, uno dei Paesi beneficiari, con un team formato da diverse figure professionali dell’IZSVe: Centro specialistico ittico, Laboratorio di ittiovirologia, Laboratorio GIS, U.O. Ricerca e cooperazione internazionale (photo © www.izsvenezie.it/izsve-missionecambogia-progetto-cooperazione-acquacoltura).

IL PESCE, 4/23 25 ACQUACOLTURA

Rafforzare la sorveglianza epidemiologica degli animali acquatici e sviluppare un’acquacoltura sostenibile: è questa la finalità di AQUAE STRENGTH, un progetto di cooperazione internazionale finanziato dal Ministero della Salute Italiano, supportato dall’Organizzazione mondiale della sanità animale (WOAH) e coordinato dall’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe). Il progetto è iniziato lo scorso febbraio ed avrà una durata di tre anni. L’acquacoltura è un settore in espansione in tutto il mondo e contribuisce in modo significativo al miglioramento della nutrizione umana, alla riduzione della povertà e allo sviluppo sostenibile delle risorse ittiche. Per questo motivo è necessario ampliare la rete di collaborazione fra enti e centri di ricerca internazionali, in modo da adottare un approccio condiviso alla gestione delle malattie dei pesci a beneficio di un’acquacoltura sostenibile. Nel progetto sono coinvolti 7 Istituti zooprofilattici sperimentali italiani: IZS Venezie; IZS Sardegna; IZS Piemonte Liguria e Valle D’Aosta; IZS Umbria e Marche; IZS Lazio e Toscana; IZS Mezzogiorno; IZS Abruzzo e Molise. Gli enti beneficiari sono 4 istituti di Cambogia, Israele, Marocco e Tunisia. Il progetto è seguito inoltre da tre advisor esterni: Norwegian Veterinary Institute (Norvegia), Technical University of Denmark (Danimarca) e il Centre for Environment, Fisheries and Aquaculture Science (Regno Unito).

Gli obiettivi generali di AQUAE STRENGTH

• rafforzare le competenze attraverso la condivisione di know-how professionale e di protocolli per la produzione ittica e la sorveglianza e il controllo delle malattie;

• rafforzare e facilitare la gestione della produzione acquicola;

• implementare un uso avanzato delle tecniche GIS;

• migliorare la sorveglianza epidemiologica e la risposta alle malattie;

• limitare l’uso di antimicrobici e di medicinali veterinari nella produzione ittica;

• sviluppare metodi diagnostici a supporto dell’individuazione e del controllo delle malattie dei pesci;

• rafforzare le collaborazioni internazionali in questo settore.

In Cambogia il pesce copre circa il 70% del consumo di proteine d’origine animale, pertanto rappresenta una significativa forma di sostentamento. Promuovere una corretta gestione degli allevamenti ittici e dell’utilizzo dei farmaci in acquacoltura è pertanto fondamentale per la sanità e il benessere degli animali e per garantire un corretto apporto proteico alla popolazione (photo © www.izsvenezie.it/izsve-missione-cambogia-progettocooperazione-acquacoltura).

26 IL PESCE, 4/23

La missione in Cambogia è un concreto esempio di collaborazione One Health, il paradigma entro cui l’IZSVe da anni promuove numerose attività di cooperazione e ricerca scientifico-sanitaria (photo © www.izsvenezie.it/ izsve-missione-cambogia-progetto-cooperazione-acquacoltura).

gestione degli allevamenti ittici e dell’utilizzo dei farmaci in acquacoltura è fondamentale per la sanità e il benessere degli animali, come anche per garantire un corretto apporto proteico alla popolazione locale, con un alimento che tradizionalmente è parte della loro dieta.

La missione in Cambogia è un concreto esempio di collaborazione One Health, il paradigma entro cui l’IZSVe da anni promuove numerose attività di cooperazione e ricerca scientifico-sanitaria. Nel corso del 2023 verranno svolte nuove missioni di assessment negli altri Paesi beneficiari (Israele, Marocco, Tunisia), prima di procedere alla fase successiva con il training dei colleghi stranieri presso i diversi Istituti Zooprofilattici italiani partner del progetto, al fine di rafforzare le competenze tecniche e soddisfare i bisogni formativi identificati.

Fonte: Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie IZSVe izsvenezie.it

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Saline, acquacoltura tradizionale ed ecoturismo: un’alleanza per l’ambiente

Conosciuta dal punto di vista turistico più per le sue città d’arte dalla meravigliosa architettura moresca o per le sue località costiere che permettono vacanze estive all’insegna del sole e del divertimento, l’ Andalusia in realtà offre una varietà di panorami ben più ampia e variegata: spesso basta deviare di qualche chilometro dagli itinerari più frequentati per scoprirne un lato più autentico e conoscerne aspetti interessanti dal punto di vista na-

turalistico, culturale e storico. Ad esempio, la maggioranza dei turisti che ogni anno visita la provincia di Cadice per godersi il sole e il mare, ignora forse che, alle spalle delle sue belle spiagge dorate, si estende un vero gioiello: il Parco Naturale della Baia di Cadice, una zona umida di più di 10.500 ettari, frutto dell’incontro virtuoso tra uomo e natura. Dichiarata spazio naturale protetto dal 1989, la marisma della Baia di Cadice appare agli occhi del

visitatore come un paesaggio attraversato da un fitto intrico di canali e punteggiato da specchi d’acqua salmastra che sembrano respirare al ritmo delle maree oceaniche, con l’acqua che ciclicamente durante il giorno copre e scopre scuri fondali fangosi.

Zona di contatto tra terra e acqua, il Parco accoglie una gran diversità di specie animali: colonie di eleganti fenicotteri rosa, spatole, avocette, cicogne, aironi cinerini, e

28 IL PESCE, 4/23 SOSTENIBILITÀ
Testi e foto di Monica Forni

molte altre specie di uccelli che trovano qui le condizioni ottimali per vivere stabilmente o per svernare. Ma anche sotto il livello dell’acqua la vita ferve: oltre a diversi tipi di alghe, sono 127 le specie animali tra crostacei, molluschi e pesci che popolano i fondali e i canali della marisma, che si rivela dunque un ecosistema dalla biodiversità eccezionale.

Un ecosistema frutto di una simbiosi prolifica tra natura e uomo che il progresso ha rischiato di cancellare e che oggi, al contrario, si cerca di recuperare a vantaggio dell’ambiente e della sostenibilità.

L’uomo, infatti, ha saputo cogliere da sempre il potenziale insito in questo angolo dell’estremo sud della penisola: alta salinità dell’acqua oceanica, presenza di un vento asciutto per buona parte dell’anno, forte insolazione, sono sempre stati elementi perfetti per fare di questa zona un punto strategico per l’estrazione del sale. Già a partire

dall’epoca fenicia, per proseguire coi Romani e oltre, qui si sviluppò una tecnica di produzione del sale che si è mantenuta intatta per secoli: l’acqua dell’oceano, spinta nella baia dalla forza della mare, era distribuita, tramite una rete di canali di alimentazione e di chiuse, dentro a vasche di diversi livelli di profondità, dove poi l’azione del vento e del sole faceva il resto, provocando l’evaporazione dell’acqua e la conseguente cristallizzazione del prezioso minerale, necessario per la conservazione della carne e del pesce quando ancora non esistevano congelatori e frigoriferi alla portata di tutti.

Nel corso dei secoli, poi, per non dipendere esclusivamente dalle maree, vennero creati all’interno della marisma enormi bacini, chiamati “esteros” (da leggere con l’accento sulla seconda “e”), in cui veniva raccolta l’acqua marina da poter distribuire alle vasche delle saline al momento del bisogno.

Una conseguenza particolare e inevitabile era che queste vasche, oltre a riempirsi di acqua, si riempivano anche di forme di vita: anguille, sogliole, gamberetti, piccoli granchi e altri crostacei trovavano in questi bacini un habitat perfetto in cui crescere indisturbati.

Quando poi, al termine della stagione salinifera, circa a novembre, le vasche venivano ripulite, si dava inizio al rito del “despesque del estero”: si pescavano i pesci che erano entrati come avannotti ed erano cresciuti alimentandosi di ciò che l’ambiente offriva loro (plancton, alghe, piccoli crostacei), si organizzava un pranzo comunitario e il pesce restante veniva distribuito tra i lavoratori delle saline.

Era l’inizio di una pratica di acquacoltura sostenibile che, insieme all’attività salinifera, ha contribuito per secoli alla creazione e al mantenimento di un ecosistema biologicamente produttivo e in costante equilibrio.

Equilibrio che iniziò ad incrinarsi agli inizi del secolo scorso, quando, con la comparsa dell’industria del freddo e il conseguente cambiamento nelle modalità di conservazione dei cibi, la richiesta di sale calò dra-

sticamente e molte saline vennero abbandonate. Da quel momento alcune piccole imprese familiari situate nella zona cominciarono a considerare l’opportunità di riconvertire le vasche delle saline in spazi idonei per l’acquacoltura: un tentativo di recuperare questi enormi bacini, ormai abbandonati, per sviluppare un’attività redditizia che potesse essere al tempo stesso compatibile con l’ambiente circostante. Si consolidò così la pratica dell’acquacoltura negli esteri, realizzata secondo le tecniche tradizionali, in spazi completamente naturali, senza l’apporto di alimentazione artificiale e senza l’intervento dell’uomo, fatta eccezione per il momento finale del posizionamento delle reti e della realizzazione della pesca nei mesi di novembre e dicembre.

Oggi, per ottimizzare la produzione di questo tipo di acquacoltura senza snaturarne le caratteristiche essenziali, si pratica un allevamento “estensivo migliorato”: si intro-

IL PESCE, 4/23
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Azienda leader nella
di impianti per acquacoltura off-shore chiavi in mano

In alto: il Parco Naturale della Baia di Cadice. La baia si estende per circa 5 km, tra Punta de San Felipe e il castello di Santa Catalina, nel Puerto di Santa Marìa. L’insieme presenta zone dalle caratteristiche ambientali differenziate e l’unione dei diversi habitat è uno degli elementi di alto valore a livello ecologico. A destra: chiusa.

ducono negli esteri gli avannotti di specie economicamente più valorizzate sul mercato (come l’orata, la spigola e la sogliola) rispetto a quelle naturalmente presenti ma meno pregiate, come il cefalo, cercando però di mantenere la stessa densità popolativa e somministrando del mangime complementare all’alimentazione naturale.

Tuttavia, nonostante i progressi effettuati nelle tecniche di produzione, l’allevamento ittico estensivo non è sempre redditizio e di conseguenza risulta poco attrattivo a livello economico; è per questo che attualmente solo il 10% dell’estero è utilizzato per questa forma di acquacoltura, che, se non supportata da progetti

imprenditoriali coraggiosi e dall’aiuto di investimenti pubblici, rischia di scomparire, creando un danno non solo economico ma anche ambientale. Sì, perché saline, vasche, esteri sono elementi necessari per salvaguardare la biodiversità della zona: abbandonare tutto significherebbe rischiare di perdere un inestimabile patrimonio paesaggistico, culturale e naturale che ha bisogno della mano dell’uomo per potere continuare ad esistere.

Ultimamente la forte sensibilizzazione rispetto alle tematiche ambientali sta spingendo nella direzione del recupero delle saline e della valorizzazione dell’acquacoltura tradizionale, considerati come

elementi strategici per la gestione sostenibile del territorio locale.

Diverse sono le fondazioni di ricerca (per citarne alcune CTAQUA e SALARTE) e le associazioni ecologiste che con la loro azione di divulgazione promuovono pratiche politiche e imprenditoriali sostenibili che possano salvaguardare la biodiversità della zona e, al tempo stesso, generare benefici economici e sociali con la creazione di ricchezza di nuovi posti di lavoro, specialmente se si riescono ad individuare formule nuove e creative per diversificare le attività. Un esempio emblematico da questo punto di vista è il recupero della salina Santa Marìa de Jesus (salinasdechiclana.es), a Chiclana de

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la Frontera, un terreno di 45 ettari che sarebbe finito per essere una discarica a cielo aperto se qualcuno non lo avesse rivitalizzato e che oggi invece è diventato un’attività multiforme: produzione e vendita di sale, ristorante con menu a base di prodotti dell’estero, centro benessere con bagni di sale, punto di riferimento in cui organizzare visite didattiche ed eventi di richiamo turistico, come ad esempio le giornate durante le quali è possibile assistere all’operazione del “despesque” e di seguito godere di un buon pranzo a base di “pescado de estero”.

Un’altra operazione importante è stata la creazione del marchio “Pescado del Estero Tradicional” da parte del “Centro Tecnológico de Acuicultura de Andalucía” (CTAQUA), per cercare di promuovere e valorizzare sul piano commerciale un prodotto d’eccellenza che si distingue non solo per la sua sostenibilità ma anche per le sue caratteristiche organolettiche, visto che il pesce dell’estero, date le condizioni in cui viene allevato e l’alta salinità dell’acqua in cui cresce, ha una carne più grassa e saporita e un sapore decisamente pieno e succulento.

Già diversi produttori della zona hanno aderito all’iniziativa, che prevede un regolamento che dettaglia non solo i parametri fisico-chimici, biologici e tecnici che devono essere rispettati nelle operazioni di allevamento e manipolazione del pesce,

ma anche un calendario di pesca che permetta di organizzare strategicamente l’attività di distribuzione e commercio.

Nella provincia di Cadice sono sempre di più i ristoranti di alta cucina che propongono nei loro menu piatti elaborati con i prodotti tipici dell’estero: orate e spigole in primis, ma anche anguille, cefali e sogliole, i cui esemplari più grandi vengono cucinati al forno o alla piastra, mentre quelli più piccoli vengono fritti.

Negli esteri vivono però anche crostacei e molluschi che sono ben presenti nella gastronomia popolare della zona: non si può andare nella Baia di Cadice e non assaggiare la “tortilla de camarones”, una frittella croccante a base di gamberetti minuscoli, farina di ceci, cipolla e prezzemolo che si può trovare ovunque e che è un piatto povero tanto semplice quanto sfizioso.

Per fortuna sono sempre di più le iniziative imprenditoriali della zona che coniugando gastronomia, cultura e ambiente offrono al visitatore un ventaglio di possibilità interessanti per scoprire, al di là delle mete più conosciute, tesori naturali che vale la pena rivitalizzare e proteggere, in un circolo virtuoso nel quale l’ecoturismo è la modalità perfetta per saldare insieme, in modo sostenibile, tradizione e innovazione, economia e ambiente

Fonti

F ÉRNANDEZ G ONZALEZ C., El arte del despesque: entre esteros y salinas en el corazón de Cádiz, www.traveler.es/articulos/artedespesque-esteros-salinas-cadiz, 18/01/2022.

Mª NIMO A., El tesoro desconocido (y en riesgo) de la Bahia de Cádiz , in planetainteligente. elmundo.es/personas/el-tesorodesconocido-y-en-riesgo-de-labahia-de-cadiz

La acuicultura potencia en los mercados de San Fernando el pescado de estero tradicional para frenar el abandono de las salinas y esteros, in www.ctaqua. es, 29/09/2021.

Desarrollo sostenible en el Parque de la Bahía de Cádiz, in www.ecoturismo.com/parque-natutal-dela-bahia-de-cadiz, 16/02/2021.

Nuevo impulso a la marca “Pescado de Estero Tradicional” en la Bahía de Cádiz, in www.ctaqua. es, 31/05/2022.

Fomento de la acuicultura de esteros como generador de empleo en la Bahía de Cádiz, in www. ecologistasenaccion.org/153813/ fomento-de-la-acuicultura-deesteros-como-generador-deempleo-en-la-bahia-de-cadiz/, 19/10/2020

Los esteros fuente de riqueza pesquera y de turismo gastronómico, in europa-azul.es/esteros-andalucia/ 18/02/2019

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Alleanze e reti per una filiera ittica multifunzionale

Progetti e prospettive future nell’evento conclusivo del progetto Fish Med Net

Il futuro della pesca passa anche attraverso la multifunzionalità, ad iniziare dal turismo per arrivare ai servizi alla collettività, la trasformazione e l’acquacoltura. Sono questi i 4 cluster su cui ha lavorato Fish Med Net , progetto euro-mediterraneo nato per dare valore al settore, che sono stati al centro dell’incontro organizzato a Palazzo Merulana (Roma) da LEGACOOP AGROALIMENTARE, evento finale di un percorso iniziato nel 2019 che ha coinvolto Italia, Francia, Tunisia, Libano e Palestina. «Un ruolo chiave del percorso per dare valore all’attività della pesca può essere svolto dalla cooperazio-

ne» ha sottolineato il presidente di Legacoop Agroalimentare CRISTIAN M ARETTI . «Tra settori, imprese, Paesi, generazioni. La ricetta cooperativa è lo strumento per tramandare la capacità di fare impresa».

Il progetto: innovazione e cooperazione

L’obiettivo di Fish Med Net è quello di contribuire a creare occupazione e migliorare la capacità delle piccole e medie imprese che compongono il mondo della pesca del Mediterraneo attraverso le opportunità dell’economia blu e dei mercati globali dove elementi chiave sono la tecnologia,

innovazione, sostenibilità, integrazione e cooperazione. In quest’ottica è fondamentale creare alleanze commerciali transfrontaliere su prodotti e servizi innovativi ad alto valore aggiunto nel quadro del processo di diversificazione dell’attività di pesca. Elementi condivisi dai partner del progetto: la Comunità dei Comuni del Sud della Corsica (ente capofila), Legacoop Agroalimentare, l’associazione di cooperazione allo sviluppo Haliéus, il Centro Internazionale degli Studi Agronomici del Mediterraneo di Bari, l’Associazione tunisina per lo sviluppo della pesca artigianale, il Ministero dell’Agri-

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coltura del Libano e il Centro per lo sviluppo economico e sociale della Palestina

«Il progetto ha lavorato in maniera congiunta e sinergica con l’intero Partenariato Mediterraneo e con altri progetti per agire attivamente nell’ambito del programma ENI CBC Med per un bacino Mediterraneo più competitivo, innovativo, inclusivo e sostenibile a livello economico, sociale ed ambientale», ha spiegato FRANCESCA OTTOLENGHI, presidente di Haliéus, stuttura di Legacoop per la cooperazione internazionale.

«Occorre agire insieme per un Mediterraneo con un’economia di competizione e reciprocità, rivolta al pianeta e alle persone, al benessere individuale e collettivo, ai diritti e alla libertà di vivere e amare la vita e il proprio lavoro. Un’economia che riduce le divisioni e le disuguaglianze sociali, fondata su modelli di business sostenibili e inclusivi (come le cooperative), imprese in armonia con

Fish Med Net, Fishery Mediterranean Network è il progetto cofinanziato dall’Unione Europea nell’ambito del Programma ENI CBC MED “Bacino del Mediterraneo” 2014-2020. L’obiettivo è sviluppare e supportare le attività di diversificazione del settore della pesca artigianale restituendogli una nuova dimensione. Fish Med Net ha infatti identificato 4 cluster: turismo, acquacoltura, servizi per la comunità, e settore alimentazione. Il progetto, attraverso delle alleanze commerciali Mediterranee, una piattaforma commerciale, una formazione mirata, e il rafforzamento di strategie e partenariati pubblico-privati, supporta le piccole e medie imprese attive nel settore di diversificazione, per aumentare il loro potenziale di diversificazione e integrazione e favorire lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi.

>> Link: www.fishmednet.com

il futuro, la società, l’ambiente e le persone». Sfruttare l’attrattività del mare e il fascino del mestiere di pescatore da vivere in presa diretta, in prima persona, sono alla base del pescaturismo e dell’ittiturismo che trovano spazio sempre maggiore tra le marinerie e riscontrano un interesse del mercato sempre maggiore.

Nel corso dell’evento, sono state presentate buone prassi che mirano allo sviluppo della multifunzionalità nella filiera ittica, declinate secondo la vocazione dei territori del partenariato. Sono infine stati illustrati i risultati concreti del progetto tra i quali la piattaforma www.fishmednet.com e il pacchetto di moduli formativi multilingue (inglese, italiano, arabo e francese).

Pesca del tonno rosso del Mediterraneo, la situazione oggi

Nel settore della pesca, quando ci si trova in presenza di una problematica, vi sono costantemente pareri discordanti: ognuno ha una propria filosofia, una spiegazione scientifica che mescola verità e propaganda. E, se è pur vero che i cambiamenti climatici e l’inquinamento dell’ambiente sono indiscutibili, è altrettanto vero che nell’essere umano c’è sempre la volontà di trovare un capro espiatorio da mettere alla gogna, al fine di distogliere l’opinione pubblica dal fulcro del problema.

Attualmente uno dei problemi nella pesca è la bassa riproduzione delle specie autoctone e nessuno ad oggi ha approfondito correttamente le giuste cause, adottando invece soluzioni poco realistiche. In Sicilia è storia di questi giorni l’avvistamento di squali sotto costa: l’eco

della notizia ha subito dato avvio ad alcuni pareri scientifici, scatenando clamore sui social, nei quali l’evento è stato enfatizzato al fine di ottenere i famigerati like, non curandosi dell’affidabilità delle notizie e delle corrette valutazioni, e meno che mai dei fondamenti scientifici alla base del fenomeno.

Per coloro che vivono stabilmente il mare, la spiegazione scientifica c’è ed è piuttosto ovvia: gli squali sono grandi predatori e per questo sono al vertice della catena alimentare marina. Godono di detto privilegio perché hanno pochi nemici da cui difendersi: tra questi le orche, che fortunatamente sono limitate nel Mediterraneo e la cui presenza è stata notata in sparuti esemplari nei pressi dello stretto di Gibilterra.

Mentre tutti si concentrano sugli squali, viene trascurata la specie concorrenziale che si sposta in branco, a volte milioni di individui, mettendo a dura prova tutta la catena alimentare a causa della loro smodata voracità. Stiamo parlando dei tonni ed in particolare del Thunnus thynnus, meglio conosciuto come Tonno rosso del Mediterraneo, un pesce pregiato su tutti i mercati mediterranei e in grado di destare il maggiore interesse anche dei mercati giapponesi. I tonni rossi sono animali migratori e si spostano in branchi: ritroviamo una miriade di individui in movimento che, provenendo dal Golfo del Messico, ogni anno seguono la Corrente del Golfo, entrano nel Mediterraneo dallo stretto di Gibilterra e seguono le coste del Nord Africa, per riprodursi nel Mediterraneo e poi fare ritorno in

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Photo © OCEANA / Keith Ellenbogen

Atlantico. Negli ultimi anni, a causa dei cambiamenti climatici, si è verificato un aumento della temperatura globale del pianeta che ha sconvolto anche l’habitat marino. Detto effetto ha generato l’aumento della salinità marina, dovuto all’eccessiva evaporazione dell’acqua, con conseguenze anche sulle correnti marine. Il cambiamento climatico ha accentuato il ciclo idrologico e biogeochimico dell’evaporazione, condensazione, precipitazione e infiltrazione, per cui ci troviamo a subire gli effetti catastrofici nelle anomale copiose precipitazioni.

Mentre il mondo cambia, il settore della pesca non si evolve: da diversi anni studi scientifici hanno stabilito che la scorta ittica del tonno rosso fosse a forte rischio di estinzione, spingendo l’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas) ad adottare decisioni altamente cautelative regolando la pesca dei grandi pelagici, con la conseguente limitazione delle quote di prelievo destinata ai paesi che aderiscono a detto ente, praticamente tutti i paesi del mondo. L’attuata limitazione della pesca del tonno ha portato recentemente l’ICCAT a stabilire che lo stock della specie non fosse più in afflizione, aumentando gradatamente le quote del pescato, passando da un regime di recupero ad uno di mantenimento.

A causa del cambiamento climatico, anche i tonni hanno modificato

le loro abitudini, da migratori sono divenuti in gran parte permanenti, trovando nel Mediterraneo l’ecosistema adatto alle loro esigenze alimentari ma sconvolgendo al contempo le abitudini alimentari di altre specie, che si vedono ora costrette a cacciare sotto costa, non trovando in mare aperto la loro fonte di sopravvivenza. Lo squalo ad esempio, essendo di grandi dimensioni, presentandosi in acque basse mette a rischio la sua stessa sopravvivenza, con perdita di orientamento, il rischio di arenarsi e andando contro alle caratteristiche della specie che ha necessità di nuotare in continuazione.

A parere dello scrivente, e dall’attenta analisi della problematica, ne consegue che sia la voracità dei tonni a sconvolgere la catena alimentare dell’habitat marino, con la conseguente diminuzione del pescato che interagisce anche con il ciclo della riproduzione, un fattore che colpisce la piccola pesca artigianale che non riesce a recuperare le spese della battuta di pesca e che mette a rischio la sopravvivenza delle marinerie locali.

Le soluzioni adottate dagli scienziati dell’ICCAT ignorano le cause del depauperamento ittico, concentrandosi sull’inquinamento marino e il cambiamento climatico, affrontando la problematica con una visione ristretta, priva del supporto degli studi di biologia marina, acustica in ambiente marino, impatto ambien-

tale dei campi magnetici terrestri e di quelli generati dall’uomo, del reale popolamento marino di alcune specie, non avendo certezze sul comportamento della flora e della fauna marina in riferimento al cambiamento climatico.

Attualmente ci si limita ad una visione unilaterale del problema perdendo di vista l’obiettivo primario, lo studio delle varie modifiche del sistema terra/mare, non valutando la necessità di interfacciarsi per un confronto costruttivo con le categorie del settore della pesca, visto che sono le uniche che vivono realmente il mare e che nel mare hanno l’unica fonte di sostentamento, ciò che tiene in piedi le marinerie e le famiglie dei pescatori.

Sono tutti bravi a cavalcare l’argomento ambiente per la risoluzione dei problemi, pur non proponendo le giuste e corrette soluzioni e valutazioni attuative, aspettando che sia il mare a diluire i danni generati dall’uomo, nella speranza della famigerata attribuzione della bandiera blu, malgrado si abbia la consapevolezza degli scarichi abusivi in mare e/o del mal funzionamento dei depuratori. Sono tutti bravi ad imitare chi, anziché pulire, preferisce nascondere la polvere sotto il tappeto.

Natale Pipitone Presidente Federazione Armatori Siciliani della Provincia di Palermo

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La pesca col rezzaglio

Andando al mare in Toscana, ad esempio, o sulla costa adriatica, capita di osservare, al mattino presto o al tramonto, due attività di “raccolta” piuttosto caratteristiche: la pesca delle arselle o telline, effettuata con uno specifico rastrello che termina con una sacca a maglia fine e che viene trainato per il manico mentre si procede all’indietro (ed

Quella con il rezzaglio, detto anche sparviero o giacchio, è una tecnica di pesca conosciuta già dagli antichi Egizi che può essere svolta sia dalla spiaggia che dalle foce dei fiumi che persino dalla barca. La corretta manovra di lancio si impara dopo molto esercizio e pratica piscatoria

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è una attività, questa, rigidamente disciplinata da una normativa che regola la cattura dei molluschi bivalvi al fine di garantirne la sopravvivenza con uno stop durante la stagione di riproduzione e altre limitazioni riguardanti frequenza della pesca, dimensione del rastrello e caratteristiche della maglia, ecc…, NdR), e la cosiddetta pesca con il rezzaglio, anche detto sparviero o giacchio, gli appellativi cambiano a secondo delle regioni, uno dei più antichi strumenti da pesca ideato dall’uomo. Si tratta infatti di una tipo di pesca molto umile, che ha permesso alla popolazione rivierasca più povera di alimentarsi, ma che sta poco a poco scomparendo.

A testimoniare le sue origini antiche la troviamo raffigurata nella Camera del Cervo, lo studio privato di papa Clemente VI all’interno del Palazzo dei Papi di Avignone affrescato dal pittore viterbese MATTEO GIOVANNETTI tra il 1344 e il 1345 (immagine a lato). Ancora prima, il retiarius, letteralmente “l’uomo con la rete” o “il combattente con la rete”, era una delle classi gladiatorie dell’antica Roma che combatteva, insieme ad altre armi, con un equipaggiamento simile a quello utilizzato dai pescatori, ovvero proprio una rete munita di pesi per avvolgere e immobilizzare l’avversario.

Ritroviamo reti simili in America latina, Brasile e Messico, a Cuba e negli Stati Uniti, utilizzata dagli indiani

Navajo. In Italia ne esistono varianti diverse, tra le quali spicca quella usata alla foce del fiume Magra con una danza a spirale tipo lancio del martello e particolarmente grande.

Ma che cos’è il rezzaglio? È in effetti una rete fatta a campana, lanciata di solito con un particolare gesto e la torsione del busto, che ricordano i movimenti del seminatore, sul branco di pesci avvistati. Le zavorre sistemate ai suoi apici fanno sì che, una volta in acqua, la campana si chiuda, imprigionando i pesci. L’Italia ha numerose coste adatte a questa pratica che necessita di acque poco profonde, non superiore al ginocchio, con fondi sabbiosi o pietre levigate e tanta, tanta pazienza! Ci si ferma infatti col rezzaglio in spalla, tenendo bene aperti gli occhi. Si osserva la superficie del mare e, soprattutto, quello che si muove a fior d’acqua. Appena avvistato il branco di pesci, si prende l’apice della campana “indossata” e la si lancia con un largo gesto, facendola prima roteare in alto. Sembra facile, ma così non è! Come per tutto, infatti, ci vuole allenamento ed esperienza prima di ottenere un cospicuo bottino!

È necessario padroneggiare la tecnica tenendo conto di tante variabili, delle condizioni marine, del vento… Non è neanche evidente avvicinarsi ai pesci senza farli scappare o lavorare in acque agitate o melmose. Il pescatore si deve spostare sempre alla ricerca di nuove prede dato che

spesso il pesce spaventato sfugge. La pesca può essere più abbondante e più facile alle foci dei fiumi dove circolano anche spigole, salpe, orate e muggini in entrata e in uscita.

Questa pesca è comunque troppo faticosa per essere utilizzata a fini commerciali. I pesci vivi così catturati sono spesso innescati per pescare il pesce serra e la leccia amia, pesce predatore d’acqua salata che può raggiungere 2 metri di lunghezza e pesare circa 70 kg.

La pesca col rezzaglio può essere effettuata anche dalla barca per pescatori provetti e tutta l’arte risiede proprio nel lancio (la rete va lanciata e non calata anche dalla barca, perché è proprio nel lancio la caratteristica distintiva di questo tipo di pesca, NdR), che apre la rete a modo di ombrello e che si deve stendere coprendo la massima superficie. Qualche anno fa abbiamo sentito dire però che al lago Trasimeno, giovani pescatori professionisti avrebbero dichiarato la funzionalità e l’infallibilità di questo strumento antico di almeno 2.000 anni.

L’arte nell’avvicinamento alla preda senza farsi percepire dalla vittima designata potrebbe far pensare alla caccia con l’arco. In Giappone, gli sciovinisti e i moderni samurai si allenano con queste reti sui prati utilizzandole come cultura zen ma anche organizzando competizioni di abilità.

I gusci dei muscoli spezzini diventeranno materiale da costruzione

Il segretario generale dell’AdSP Federica Montaresi, invitata recentemente alla trasmissione di Radio24 “Si può fare”, ha illustrato il progetto “Greenlife4seas”, che coinvolge Italia e Grecia ed è realizzato dal Politecnico di Bari in collaborazione con i centri di ricerca del Politecnico di Zurigo, Eth. Le miscele di sedimenti, cementi e farine di gusci di muscoli, grazie al progetto, diventeranno infatti nuovi materiali green che, nell’ambito del progetto, verranno ulteriormente ottimizzati e trasformati in prototipi di prodotti industriali. Nel corso della trasmissione, l’ing. Montaresi ha spiegato come il porto della Spezia sia stato individuato come uno dei siti dedicati per la sperimentazione del progetto. «Il settore della mitilicoltura, che caratterizza il nostro Golfo, è fondamentale per economia del nostro territorio. Quando il Politecnico di Bari ci ha proposto di partecipare al progetto abbiamo accettato senza indugi perché risolve in maniera innovativa due problemi: lo smaltimento dei sedimenti derivanti dai dragaggi portuali e quello dei gusci del muscoli. Miscelati assieme anche ad una parte di cemento, danno vita ad un nuovo materiale utile ed altamente resistente utilizzabile per la realizzazione di blocchi di pavimentazione in ambito portuale, massi per frangiflutti, rinforzi per le banchine. Per consentire la composizione di questa miscela, verrà realizzato un piccolo impianto sul Molo Garibaldi che servirà a costruire una porzione della pavimentazione sulla testata dello stesso molo. Nelle attività verrà coinvolta anche la Cooperativa Mitilicoltori Spezzini Spezia, stakeholder del progetto».

L’Italia è tra i primi dieci produttori mondiali di cozze e ostriche con il 10% della itticoltura totale (fonte: FAO-Fishstat). Di tale prodotto complessivo, mediamente oltre il 50% diventa scarto, anzitutto gusci. I sedimenti dei porti sono usualmente dragati per garantire la navigabilità e/o per rimuovere i contaminanti presenti. In Italia ci sono circa 50 milioni di metri cubi di sedimenti da dragare, con un incremento annuo di circa 5 milioni (fonte: Assoporti). Attualmente, i sedimenti dei porti sono gestiti come rifiuti e conferiti in vasche di colmata, con conseguente dispendio di ingenti risorse per lo smaltimento. Il progetto “Greenlife4 seas (GREen ENgineering solutions: a new LIFE for SEdiments And Shells)” è stato proposto all’Agenzia esecutiva europea per il Clima, le Infrastrutture e l’ambiente da un consorzio di 9 partner, guidato dal Politecnico di Bari, composto da enti di ricerca, enti pubblici e aziende italiane e la presenza dell’Autorità portuale del Porto del Pireo (Grecia), uno dei più grandi porti del Mediterraneo. Il progetto è stato ammesso al finanziamento europeo, con oltre 4 milioni di euro per l’arco temporale 2023-2028, nell’ambito del programma LIFE, il più rilevante strumento dell’Unione Europea per il finanziamento a progetti inerenti azioni su ambiente e clima (fonte: portlogisticpress.it; photo © Gil Ndjouwou x Unsplash).

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Pesca: verso un sistema di quote pluriennali

Il semestre di presidenza spagnola dell’UE incentiverà il sistema di Catture totali ammissibili (TAC) nella pesca. Lo ha annunciato il ministro spagnolo dell’Agricoltura e della Pesca Luis Planas (in foto), nel corso della partecipazione all’ultimo Consiglio dei ministri europei dell’agricoltura della presidenza svedese a Lussemburgo. Planas ha ricordato che è stata la Spagna a proporre un sistema di quote di pesca pluriennali per le popolazioni nelle acque comunitarie, con l’obiettivo di aumentare l’efficienza e la prevedibilità dell’attività della flotta europea. Il fatto che la Commissione europea abbia accettato questa proposta dimostra che «possiamo iniziare questo viaggio con una visione del futuro e uno spirito costruttivo durante il prossimo semestre».

In generale il livello di sostenibilità biologica delle acque marine, ha aggiunto Planas, ha raggiunto dei progressi, pertanto ora «si deve continuare a rafforzare anche la dimensione socioeconomica di questa sostenibilità», perché, ha sottolineato, «senza redditività non c’è sostenibilità». Per questa ragione, il ministro ha proposto alcune modifiche al Fondo europeo per la pesca marittima e l’acquacoltura (FEMPA) per sviluppare il necessario processo di ammodernamento e decarbonizzazione della flotta nei prossimi anni. Nella riunione i ministri hanno affrontato anche il contenuto del pacchetto sulla politica comune della pesca (PCP) che la Commissione ha presentato a febbraio e al quale la Spagna, dopo la sua pubblicazione, si è opposta. Adesso, Planas ha assicurato di sostenere la formulazione dell’ultima proposta, che ha ritenuto «realistica» e più equilibrata. Il ministro ha informato che la Spagna ha partecipato al loro dibattito con un «approccio costruttivo», in linea con le ultime conclusioni del Consiglio, che riconosce che l’applicazione della strategia per la biodiversità 2030 del Patto verde è perfettamente compatibile, nelle aree marine protette europee, con l’esercizio di un’attività di pesca sostenibile e responsabile, compresa quella praticata con reti a strascico. Sulla necessaria decarbonizzazione del settore della pesca, Planas ha spiegato che è importante avere un quadro ambizioso di finanziamenti e cambiamenti normativi che consentano di promuovere la transizione energetica del settore e di ridurne la dipendenza dai combustibili fossili (fonte: EFA News – European Food Agency; photo © lamoncloa.gob.es).

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1. Sustainable Shrimp Partnership

Sustainable Shrimp Partnership (SSP) è un gruppo di aziende leader che intendono trasformare il futuro dell’allevamento dei gamberi. Con base in Ecuador, i membri della SSP si impegnano ad ottenere e promuovere prodotti di altissima qualità, realizzati secondo elevati standard ambientali. Link: sustainableshrimppartnership.org (photo © facebook.com/pyscis.conserves).

2. Pyscis

L’azienda austriaca Pyscis GmbH (pyscis.com) produce conserve gourmet, in quantità limitata, combinando la qualità antica con un approccio moderno. “Le specie ittiche e i frutti di mare che non sono più al centro dell’attenzione dell’industria e dei consumatori ci interessano per le loro proprietà culinarie, per i fattori di sostenibilità e per l’approvvigionamento responsabile e tracciabile. Il packaging ecologico delle nostre confezioni riflette il contenuto: qualità, tradizione e artigianalità per una dispensa moderna”. Da seguire su instagram. com/pyscis.conserves

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Social di Elena
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IL PESCE IN RETE

3. Il tonno di Fratelli Carli

Fratelli Carli Spa (oliocarli.it), storica azienda olearia ligure specializzata nella consegna a domicilio, oltre all’olio, prodotto di punta, offre anche una serie di prodotti ittici: tranci, ventresca e filetti di tonno ovviamente tutti in olio di oliva Carli (photo © instagram.com/robilant).

4. Antica Acquacoltura Molin di Bucchio

Non si può non seguire la pagina Instagram dell’Antica Acquacoltura Molin di Bucchio su @antica_acquacoltura. Un progetto di acquacoltura sostenibile alle sorgenti dell’Arno, nelle magnifiche Foreste Casentinesi. Anche su facebook.com/anticaacquacolturamolindibucchio. “Nessun farmaco, acqua pura, bassa densità e mangime Bio. Non ci sono trucchi o segreti, la qualità non accetta compromessi”.

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Effelle Pesca: un passo avanti verso il futuro

«Nel giro di fiere degli ultimi mesi, il mercato estero ha risposto veramente bene all’offerta di un prodotto italiano di nicchia come il nostro»: mi accolgono così LUCA

B ERGAMINI e R AOUL C OSTANTINI , rispettivamente presidente e responsabile vendite di Effelle Pesca,

azienda di Bosco Mesola (FE) che si occupa di commercio di prodotti ittici. «E abbiamo capito che, se vogliamo continuare a crescere e ad allargare la nostra clientela, dobbiamo spostarci sul mercato europeo e mondiale con i prodotti pastorizzati».

Prodotti che, grazie alla loro shelflife, vi consentono di conquistare maggior tempo utile alla distribuzione e vendita?

«Esattamente. Tutto nasce dal fatto che con i Freschissimi in retina abbiamo una shelf-life molto ridotta, che ci consente una distri-

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A 22 anni dalla fondazione, l’azienda ferrarese si prepara a crescere per cogliere le opportunità che i nuovi mercati le offrono
Franco e Raoul Costantini con il presidente di Effelle Pesca Luca Bergamini.

buzione limitatissima al mercato italiano — dove, per altro, pur continuando ad acquisire clienti importanti, siamo distribuiti in maniera soddisfacente — salvo alcune eccezioni come Dubai ad esempio, dove, già da diversi anni, forniamo un cliente molto importante che distribuisce a hotel di lusso con chef italiani frutti di mare freschi e freschissimi in retina».

In quanto tempo arrivano i vostri prodotti a Dubai?

«Entrano in distribuzione in circa 24 ore, il che significa che il prodotto parte da Effelle appena uscito dalla produzione, in un’ora e mezza viene consegnato all’aeroporto di Venezia e alla sera alle 23:00 è all’aeroporto di Dubai, dove viene distribuito già dalle prime ore del mattino agli chef italiani. Però, a parte questa eccezionalità, dovuta alla forza economica e all’organizzazione di un Paese che dà molto valore alla qualità della materia prima, non ci sono altre possibilità all’estero per un prodotto freschissi-

mo come il nostro. Il trasporto aereo è diventato carissimo ed è necessario concentrarsi su altri vettori come le ruote per la UE e il cargo per clienti extra-UE, come quelli del mercato americano, peruviano e addirittura cileno che ci hanno già contattato.

Il trasporto tramite cargo richiede però 2/3 mesi e per questo motivo abbiamo cominciato a focalizzarci sul prodotto pastorizzato che ha sì una shelf-life che ci permette di arrivare nel paese estero senza problemi ma poi… come risolvere la questione della scadenza dopo la distribuzione? Da questa domanda è nata la sfida da cogliere come un’opportunità: il nostro futuro sarà quello di trattare i nostri prodotti surgelandoli».

Mi spiegate il processo?

«I nostri prodotti entrano in catena e vengono depurati in modo molto accurato, dopodiché vengono conditi seguendo le nostre ricettazioni, chiusi in vaschette, pastorizzati in forni a vapore e quindi surgelati per raggiungere una shelf-life di 18

mesi. E con 18 mesi puoi andare dove vuoi! Un elemento che è necessario puntualizzare è che Effelle Pesca ha ottenuto una shelf-life di 25/30 giorni solo con la pastorizzazione e senza l’utilizzo di alcun tipo di additivo o conservante.

Il fatto che il nostro sia un prodotto completamente naturale ci distingue dai prodotti pastorizzati simili grazie all’aggiunta di diversi additivi e conservanti. Questa caratteristica ci porta un ulteriore vantaggio: nonostante il prezzo dei nostri prodotti sia più alto rispetto a quelli dei competitors, il mercato tenderà a privilegiare un prodotto italiano completamente naturale per eliminare, via via, i prodotti che utilizzano additivi e conservanti.

Ovunque nel mondo i clienti pongono sempre maggiore attenzione ai prodotti naturali e/o biologici (la nostra linea di prodotti biologici pastorizzati ha anch’essa una shelf-life di 25/30 gg.), soprattutto se si aggiunge il plus del made in Italy».

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Lupini dell’Adriatico della linea “Le Bontà da Amare” Ho.re.ca.

Al momento vi state appoggiando a terzi o avete già messo in essere la linea del surgelato?

«In questa prima fase ci appoggeremo ad una ditta esterna che non farà altro che prendere il nostro prodotto già confezionato, surgelarlo e spedirlo. In questo modo anche tutta la parte della promozione e della riconoscibilità del nostro brand resta intatta e questo è un grande vantaggio per noi. Con il consolidamento delle commesse programmeremo via via gli investimenti che, per la realizzazione di una nostra linea del freddo, saranno abbastanza importanti».

Il FEAMPA 2021-2027 vi potrà aiutare in questo?

«Sì, perché ci darà la possibilità di ottenere agevolazioni su una parte dell’investimento totale. Da quando è nata Effelle Pesca nel 2001 — oltre ad una visione imprenditoriale estremamente orientata alla crescita — i finanziamenti a fondo perduto sono stati l’opportunità che ci ha permesso di crescere e strutturarci per arrivare alla copertura distributiva attua-

le. Oggi siamo arrivati al punto che, dopo aver depurato i prodotti della pesca, li condiamo e li trasformiamo in un prodotto cotto e pronto all’uso, anche biologico. Cosa possiamo fare di più se non sviluppare molto bene il prodotto pastorizzato?

Perché, per quanto riguarda la retina, non c’è più niente da scoprire e questo vale anche per i prodotti sottovuoto — su cui abbiamo concentrato anni del nostro lavoro — e anche sui pack che, dopo un susseguirsi di diversi materiali, oggi sono completamente riciclabili.

Diciamo però che siamo molto attenti alle soluzioni innovative sostenibili che le industrie del packaging propongono».

Quando avete cominciato a lavorare sul materiale riciclabile?

«Ormai sono 5 anni, ovvero da quando è c’è stata la necessità di utilizzare materiali biodegradabili. Noi, come tu ben sai, siamo un’azienda che ha sempre lavorato sull’innovazione e questo ci è riconosciuto dal comparto perché tutto quello che

c’è di sottovuoto o di cotto, prima che cominciassimo a lavorarci noi, non esisteva. Lavorare sul congelato significa aprirci ad un’infinità di possibilità — sia in termini di prodotti che di ricette — e ad un’espansione economica che ci stimola a crescere ed investire. Riteniamo che il mercato ittico si stia spostando verso questa direzione. Non possiamo più, quindi, concentrarci solo sui frutti di mare, perché guarda cosa sta facendo il granchio blu e immagina cosa farà se non debelliamo tempestivamente questa specie dall’Alto Adriatico.

Di questi tempi e con il cambiamento climatico possono sopraggiungere delle problematiche imprevedibili e che corrono il rischio di far diminuire il lavoro di aziende che, come noi, lavorano prevalentemente vongole veraci, cozze, fasolari e lupini. Se viene a mancare improvvisamente un articolo che ti fa fatturato, diventa difficile andare avanti. Ti faccio un esempio: se Effelle si fosse fermata ai frutti di mare in retina, oggi molto probabilmente saremmo ancora nella vecchia sede

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Vongole veraci di Goro della linea “Le Bontà da Amare” Ho.re.ca.

e forse, con i tempi che corrono, con un’azienda ancora più piccola di come eravamo partiti. Il fatto di avere sempre differenziato, di avere creato nuove linee di prodotto, di avere puntato sull’innovazione ci dà anche la possibilità di far crescere volumi e fatturato. Negli ultimi anni i costi energetici di produzione sono triplicati e, nonostante ci siano pannelli fotovoltaici su tutta la superficie di Effelle, con una copertura di 280 KW, tutto questo non ci mette al riparo dal ricevere bollette stratosferiche… Senza pensare a quanto aumenteranno le bollette quando avremo la linea del congelato! Bisogna innovare per mantenere (e migliorare) il trend di crescita».

Raoul, quali sono i paesi extra-UE pronti per un mercato di qualità come quello dei prodotti italiani surgelati?

«Tanti in Asia: per esempio abbiamo un cliente ad Hong Kong

— organizzato con i trasporti più o meno come Dubai —, che è interessato anche ai nostri prodotti cotti; altre richieste le abbiamo ricevute da Cina e Giappone ma è fondamentale individuare il cliente ideale e cioè disposto a dare valore ad un prodotto di nicchia e di qualità come il nostro, ovvero realizzato con i prodotti dell’Adriatico che sono completamente diversi, per esempio, dalle vongole del Pacifico o dalle cozze cilene, ma con un prezzo molto più abbordabile rispetto al nostro. Negli Stati Uniti, dove c’è molto interesse per il made in Italy, stiamo aprendo nuove trattative, che sicuramente richiederanno tempo, ma siamo molto fiduciosi.

Ormai non è più praticabile il trasporto aereo per i prodotti freschi o freschissimi perché incide di circa di 4/5 €/kg di prodotto: il cargo è l’unica soluzione sostenibile per il mercato. Come già accennato in precedenza,

a meno che non si parli di Paesi ben organizzati, che a fronte di una quantitativo di prodotto consistente riescono a calmierare l’incidenza del trasporto sul prezzo.

Questi ultimi mesi di fi ere ci hanno mostrato quanto il mercato sia pronto a ricevere l’offerta di un prodotto italiano di nicchia surgelato e Effelle Pesca è pronta a cogliere l’opportunità».

Via della Manifattura 12

44026 Bosco Mesola (FE)

Telefono: 0533 795465

E-mail: commerciale@effellepesca.com

Web: www.effellepesca.com

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Effelle Pesca Srl Cozze della linea “Le Bontà da Amare” Ho.re.ca.

Glaice, ghiaccio sintetico multiuso e riutilizzabile

La Glaice Srls è un’azienda di recente costituzione che si occupa della produzione e commercializzazione di articoli per l’imballo utili alla spedizione di prodotti alimentari e non, che necessitano del mantenimento della catena del freddo. «Il nostro ghiaccio sintetico Glaice-dry, nella forma disidratata da attivare in acqua o Glaice-gel in busta, pronto da congelare, in vari formati e grammature, è la soluzione ottimale, semplice ed economica, rivolta a tutte le aziende che devono trasportare i loro prodotti a temperatura controllata» specificano su glaice.it. «La nostra attenzione si concentra soprattutto verso il settore alimentare, dell’e-commerce, del catering e delle consegne porta a porta. A noi si rivolgono le aziende del settore farmaceutico e i laboratori biologici. Suscitiamo interesse in varie società che si occupano di logistica integrata. A tutte queste aziende, oltre al ghiaccio sintetico, proponiamo una gamma di contenitori isotermici e buste termiche in grado di rispondere alle varie esigenze e tipologia di trasporto che si vuole effettuare».

Il ghiaccio sintetico non ha nessuna limitazione di trasporto, essendo un prodotto innocuo e non tossico, può tranquillamente essere impiegato, assieme ai contenitori isotermici, per preservare le spedizioni di merci deperibili ovunque, su strada, navi, aerei e treni. Tutte le materie prime sono certificate e compatibili per il contatto diretto con prodotti alimentari.

>> www.glaice.it

BERNARDINI GASTONE SRL - CENAIA CRESPINA (PISA) - TEL. 050 644100 WWW.BERNARDINIGASTONE.IT

Antonio Verrini Srl: una realtà di riferimento nel mondo dell’ittico

Descrivere la realtà della ANTONIO VERRINI SRL significa parlare di un mondo intero che spazia dalla commercializzazione di pesce locale a km 0 all’importazione di prodotti provenienti da continenti lontani, dal rapporto quotidiano coi pescatori in banchina ai contatti con fornitori esteri internazionali, dal servizio quotidiano alle pescherie ed ai ristoranti ed hotel di alta fascia, alla consegna diretta alle principali catene dei supermercati della GDO italiana. Il valore aggiunto di questa

azienda è proprio la sua versatilità. In 70 anni di attività, la Antonio Verrini Srl è diventata un’azienda di riferimento nella distribuzione di prodotti ittici freschi, congelati e conservati in tutto il Nord Italia e parte della Francia: il territorio servito comprende infatti Liguria, Toscana, Piemonte, Valle d’Aosta, Lombardia, Costa Azzurra e il Principato di Monaco. Le filiali sono collocate in Liguria nelle località di Arma di Taggia, Savona, Genova e Casarza Ligure ed in Toscana a Viareggio,

tutti luoghi strategici poiché vicini a porti e banchine da cui l’azienda si rifornisce quotidianamente. Grazie ad una flotta organizzata di oltre 50 mezzi refrigerati, la Verrini ha la capacità di consegnare prodotti che sono stati pescati solo poche ore prima, valorizzando dunque la materia prima e gratificando al massimo il cliente finale. Il mercato è in continua evoluzione e con necessità sempre più varie e diversificate, ma la forza della Antonio Verrini Srl, l’esperienza delle persone che ne fanno parte,

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In 70 anni di attività, la Antonio Verrini Srl è diventata un’azienda di riferimento nella distribuzione di prodotti ittici freschi, congelati e conservati in tutto il Nord Italia e parte della Francia.

oltre che l’appartenenza al Gruppo MARR, leader nella distribuzione alimentare al foodservice in Italia, permettono di superare le sfide offrendo sempre il miglior servizio ed il miglior prodotto possibile.

>> Link: www.verrini.com clienti@verrrini.com

Grazie ad una flotta organizzata di oltre 50 mezzi refrigerati, la Verrini ha la capacità di consegnare prodotti che sono stati pescati solo poche ore prima, valorizzando la materia prima e gratificando al massimo il cliente finale.

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Pallet in plastica: la soluzione ideale per il settore ittico

Lavabili, leggeri, nestabili e riciclabili, questi prodotti sono una risorsa capace di creare valore

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RELICYC, fra i più competenti attori nella gestione del materiale da pallet, è l’unica azienda in Italia ad avere un ciclo virtuoso gestito in maniera diretta, dal recupero del prodotto alla sua reintroduzione nel mercato. Questo permette di garantire una serie di plus, tra cui sostenibilità, tracciabilità e qualità Il modello adottato nasce da un’esigenza di attenzione verso l’ambiente che mira a riutilizzare le risorse a fine vita e indirizzarle correttamente al riciclo, in modo che possano trovare nuovi impieghi. Grazie a questo modus operandi, Relicyc si pone come partner ideale permettendo ai clienti di ottimizzare il proprio business creando nuova efficienza e nuovo valore. L’intera filiera viene gestita sotto controllo diretto e questo permette a Relicyc di prestare massima attenzione alla fase di raccolta e macinazione, in modo da rendere il processo produttivo più efficiente e ottenere articoli di alta qualità, dove i polimeri sono selezionati accuratamente e indirizzati all’utilizzo più opportuno.

I pallet in plastica proposti da Relicyc con il marchio Logypal vantano una serie di accorgimenti produttivi che li rendono ideali in particolare nell’ambito del settore ittico. Si tratta infatti di un contesto prevalentemente “bagnato” in molte fasi della lavorazione e quindi questo materiale è ideale in quanto non assorbe liquidi e umidità mantenendo una tara costante. Inoltre, essendo facilmente lavabile, risulta particolarmente igienico. Il pallet in plastica garantisce anche un controvalore a fine ciclo vita, a differenza di quello in legno che tende a deteriorarsi col tempo e l’utilizzo, con conseguenti limitazioni d’uso e costi di smaltimento.

Ma i vantaggi per il settore ittico non finiscono qui. Questi prodotti, infatti, non hanno parti ferrose, come ad esempio i chiodi, che possono arrugginire facilmente durante lo stoccaggio per periodi prolungati nelle vicinanze delle zone marine Inoltre, nei magazzini di lavorazione spesso sono impiegate molte donne, che vengono così agevolate nel lavoro con un pallet più leggero a parità di

I pallet in plastica proposti da Relicyc con il marchio Logypal vantano una serie di accorgimenti produttivi che li rendono ideali in particolare nell’ambito dell’ittico. Si tratta infatti di un contesto prevalentemente “bagnato” in molte fasi della lavorazione e questo materiale è ideale in quanto non assorbe liquidi e umidità mantenendo una tara costante e garantendo un controvalore a fine ciclo vita

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La quarantennale esperienza di Relicyc, con sede a Tombelle (VE), le consente di progettare pallet in plastica con caratteristiche che rispondono alle più ampie esigenze della clientela.

portata (5 kg rispetto ai quasi 15 kg di uno in legno) e, in generale, il pallet in plastica risulta molto più comodo e maneggevole per tutti.

Infine, molti magazzini si trovano nelle vicinanze dei porti, dove lo spazio è generalmente molto limitato; questi pallet risolvono il problema in quanto sono nestabili e riducono l’ingombro fino a 2/3. Innovazione e performance quindi si uniscono, diventando valide alleate del settore ittico e offrendo una risorsa ecosostenibile, riutilizzabile al 100%, capace di diventare fonte di valore durante e anche dopo l’utilizzo.

Per la produzione dei pallet in plastica Logypal Relicyc utilizza

esclusivamente plastica poleolefine, in prevalenza polipropilene e polietilene ad alta densità, derivata dal riciclo principalmente di prodotti quali cassette per ortofrutta e pallet in plastica.

La produzione dei pallet avviene tramite stampaggio ad iniezione, dove la materia prima viene prima portata ad una temperatura tra i 210 e i 240° per poi essere iniettata all’interno dello stampo con l’utilizzo di presse da 1500 tonnellate.

La quarantennale esperienza di Relicyc ha consentito dunque all’azienda di progettare pallet in plastica con caratteristiche che rispondono alle più ampie esigenze della clien-

A sinistra: Riccardo Parrini, CEO di PlasticFinder®, Alessandro Minuzzo e Stefano Chiaramondia, rispettivamente AD e presidente di Relicyc.

tela; maneggevolezza, nestabilità, mancanza di spigoli vivi, accorgimenti per evitare i ristagni dei liquidi, bordini per contenere le merci sono tra le maggiori richieste che Relicyc riesce a soddisfare in un unico pallet.

>> Link: www.relicyc.com/it

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Aitor Olabegoya Estrela, lo chef delle tradizioni gastronomiche

Ben 24 ore di volo, dalla Cina verso il Belpaese, per raggiungere il suo amico A LESSANDRO C UOMO . A ITOR

OLABEGOYA ESTRELA è uno chef basco che coltiva la passione per la cucina fin dalla più tenera età. Una spiccata determinazione che lo ha portato, a soli 19 anni, sul gradino più alto del podio al concorso internazionale giovani cuochi della Spagna. Dopo aver lavorato al fianco di uno dei più grandi chef del mondo, FERRAN ADRIÀ, chef Aitor esprime il suo estro gastronomico in Oriente, conquistandone i sofisticati palati tra le cucine di lussuose catene alberghiere. Executive chef al Migas Restaurant di Pechino, Culinary director al Doors Restaurant a Phmon Penh in Cambogia e al Quemo Restaurant di Hong Kong, Aitor Olabegoya elabora sofisticati menù basati su pietanze dai gusti decisi, impiegando materie prime e sapori della tradizione.

Mosso da una costante ed ambiziosa ricerca della genuinità e dell’innovazione, chef Aitor atterra in Italia per incontrare Alessandro Cuomo, inventore dei dispositivi Stagionello ®, con cui scoprirà e condividerà una profonda umiltà e conoscenza del mondo rurale.

L’inventore dell’omonimo metodo per la maturazione del pesce e della carne, ha riportato il suo ospite a quelle che sono state definite “esperienze d’origine”. Un vero e proprio ritorno al passato a contatto con i pescatori, i contadini ed i cuochi delle trattorie di paese.

È lo stesso Aitor che confesserà poi ad Alessandro di aver rivissuto con lui i profumi e le emozioni di gioventù, quando apprendeva con entusiasmo e attenzione i segreti celati nelle mani dei suoi nonni; dei tempi in cui accompagnava lo chef Ferran Adrià al Mercato della Boqueria di

Barcellona per scegliere le verdure e il pesce del giorno, riassaporando le tecniche ed il sapere della tradizione. Ritrova tutto questo sapientemente concentrato all’interno degli innovativi dispositivi brevettati Stagionello®, definiti dallo stesso chef “l’unico strumento per garantire ai clienti alimenti gustosi ma soprattutto sicuri in ogni momento”.

Nel suo soggiorno in Italia, presso la Stagionello® Academy, al fianco di un nutrito team di tutor Stagionello®, lo chef approfondisce le tecniche artigianali applicate all’alta tecnologia. Ben presto fa suo l’innovativo metodo Cuomo, in una full immersion all’interno della millenaria ed ancestrale cultura gastronomica mediterranea. Lo chef della prestigiosa catena alberghiera Marriott Hotel , assieme ai tutor della Stagionello® Academy, LUCA, JORDY, ANTONIO E CLAUDIA, lavorano

Lo chef basco Aitor Olabegoya Estrela durante il suo soggiorno presso la Stagionello® Academy, al fianco dell’esperto di produzione Luca Carvello.

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all’unisono per dar vita a nuove e sorprendenti combinazioni di gusto. Ecco che, dopo essersi recati al farmers market locale ed aver fatto visita ai pescatori di Crotone, hanno unito le conoscenze dando forma alla ‘Nduja di merluzzo e alici, a prosciutti affumicati di ricciola, a salami di gamberi e mortadelle di tonno e totani. Alimenti ready to eat sicuri e di qualità grazie al “metodo che porta ogni antico sapere ad un nuovo livello”

Oggi Aitor Olabegoya continua a studiare e sperimentare con la tecnologia scelta nelle cucine del lussuoso JW Marriot Hotel, grazie al sapiente utilizzo del microclima: parametri naturali quali umidità, temperatura, velocità dell’aria, tempo e pH che gestisce singolarmente ottenendo infinite combinazioni essenziali per esaltare gusti e consistenze di carne, pesce e molto altro! Tutto questo grazie ad una tecnologia 100% made in Italy sempre più

affermata nel mondo perché unica capace di analizzare, verificare e gestire il pH degli alimenti, che per lo chef rappresenta «non un semplice impianto ma uno strumento ricco di possibilità».

«Il Cuomo Method è un linguaggio»: chef Aitor non ha dubbi sul metodo e sulla tecnologia che hanno rivoluzionato il suo universo gastronomico. È determinato a far crescere, al fianco di Alessandro Cuomo, l’ambizioso progetto di una cucina genuina di ritorno alla tradizione: una vera e propria “dieta per curarsi e vivere bene”, dove la tecnologia naturale e sicura di Stagionello® è la chiave per un futuro gastronomico etico, sostenibile e tradizionalmente innovativo.

>> Link: stagionellostore.com

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La tecnologia Stagionello® all’interno del lussuoso Ristorante del JW Marriot Hotel a Hangzhou, Cina.

Offishina e il suo Garum tra le 100 eccellenze italiane di Forbes

Officina Ittica Srls , la giovane start-up salentina specializzata nella produzione di insaccati di pesce conosciuti sul mercato con il brand Offishina, la scorsa estate ha ricevuto una e-mail da FORBES. La global media company informava l’azienda, che ha sede a Matino (LE), che era entrata a far parte delle “100 Eccellenze Italiane 2023”. «È stato qualcosa di incredibile, non eravamo pronti a tanto, ma il fatto che tutti i nostri sforzi, la dedizione e l’impegno siano stati riconosciuti ci ha gratificato molto» ci racconta PAMELA ROMANO, che insieme ai fratelli

DANILO e VALERIO gestisce l’attività. «Forbes seleziona accuratamente i prodotti richiedendo il rispetto di determinati requisiti.

Questa selezione ci ha dato modo di avere una maggiore visibilità e di ricevere richieste anche da parte di chef stellati. E abbiamo scelto Forbes come trampolino di lancio per due nuovi prodotti: il primo, il Garum dei Romano, è stato messo in commercio ad inizio giugno, mentre il secondo è in fase di perfezionamento e verrà commercializzato probabilmente a fine anno» precisa Pamela.

Il Garum dei Romano

Il Garum dei Romano, in appena un mese, ha già conquistato non solo gli chef italiani ma anche i ristoratori in Svizzera e Olanda. Si tratta di un elisir-condimento da tavola a base di pesce fermentato, insaporito semplicemente con sale di miniera extra puro ed erbe aromatiche mediterranee. Le confezioni numerate sono prodotte in serie limitata. «Dalla prima produzione abbiamo ottenuto solo 250 bottigliette» prosegue Pamela. «Un “esperimento” ben riuscito, iniziato tra il 2017 e il 2018. Durante la lavorazione per

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Valerio, Pamela e Danilo Romano. Il loro brand, Offishina, la scorsa estate ha ricevuto una e-mail da Forbes che informava l’azienda, che ha sede a Matino (LE), che era entrata a far parte delle “100 Eccellenze Italiane 2023”.

i nostri prodotti sfilettiamo pesci interi, ma molto spesso succede che in alcuni punti sia difficile riuscire a ricavare tutta la polpa, nonostante i vari utensili utilizzati e il minuzioso lavoro manuale. Sarebbe un vero spreco destinare queste preziose parti anatomiche allo smaltimento di Categoria 3, dato che possono essere sfruttate per qualcosa di veramente grandioso. E così, invece di smaltirle, le abbiamo trasferite in un recipiente e le abbiamo fatte fermentare insieme a piccoli pesci difficili da lavorare.

Mescolando costantemente tutti i giorni e filtrando manualmente il composto abbiamo scoperto, col passare del tempo, la formazione di un liquido che, tramite diversi travasi, abbiamo reso sempre più limpido. Una vera magia perché, oltre alla possibilità di recuperare quasi tutto il pescato, fatta eccezione per le lische più grosse, si può ottenere una salsa dal gusto gradevole prodotta senza emissione di CO2. Infatti, è il tempo l’artefice di questa trasformazione e non c’è bisogno dell’utilizzo di macchinari, basta avere molta,

molta pazienza e tutto si realizza. La curiosità poi ci ha spinto a fare delle ricerche per scoprire se già in passato qualcuno avesse prodotto qualcosa di simile. Abbiamo richiesto anche l’intervento di una docente esperta in letteratura antica che, attraverso la ricerca nei vari testi latini, ci ha permesso di risalire all’originale ricetta del garum contenuta nel “De Re Coquinaria” del cuoco romano APICIO e alla descrizione del famoso condimento che ne fa PLINIO IL VECCHIO nella sua “Naturalis historia”».

Gli antichi Romani erano ghiotti di garum. Essendo l’elemento principe dei loro banchetti, vennero edificate vere e proprie fabbriche fuori dalle mura urbane, adibite alla produzione di questo elisir. I Romani furono infatti i primi a realizzare delle caratteristiche vasche, solitamente scavate nelle rocce per essere impermeabili, in cui le interiora di pesce e il piccolo pescato venivano lasciati a fermentare sotto il sole anche per diversi mesi.

In questa rete di lavorazione venivano impiegati molti operai: c’era chi si occupava dell’eviscerazione

dei pesci, chi della salatura e chi del filtraggio. Il quantitativo di sale era importante per non far imputridire il pesce e veniva dosato nei giusti quantitativi affinché la salsa non risultasse molto sapida.

Una funzione importantissima era svolta dalla presenza delle interiora che, grazie agli enzimi contenuti all’interno, permetteva la fermentazione naturale. Sebbene le origini fossero veramente antichissime, infatti, già in Oriente si preparava questa salsa: i Romani, con le conoscenze ottenute attraverso i Fenici e i Greci, ne fecero un vero e proprio business.

Esistevano diverse ricette, quella con i pesci e le spezie più pregiati, a volte addolcita con il miele, per i nobili, una versione più comune per il popolo e una dal gusto più deciso, ottenuta da pesci più economici e meno filtrata, destinata agli schiavi. Una delle versioni più raffinate era destinata a combattenti e cavalli che andavano in battaglia.

Il motivo per cui questa salsa prodigiosa era così amata? Già all’epoca alcuni studiosi si erano occupati di elencare le molteplici proprietà benefiche del garum. Come testimoniano i testi del sopraccitato Plinio il vecchio, le proprietà curative erano infinite, tanto che nelle antiche farmacie sono stati rinvenuti diversi contenitori di garum. «E questi sono i motivi per cui noi, famiglia Romano, abbiamo deciso di chiamare la nostra salsa: “Garum dei Romano. L’evoluzione arriva dal passato”» puntualizza Pamela Romano.

«Anche noi abbiamo condotto delle indagini: dalle analisi in laboratorio abbiamo scoperto un incredibile concentrato di probiotici e, dallo studio effettuato per determinare i valori nutrizionali, è emerso che la percentuale di sale contenuta è veramente bassa. Confrontando le etichette con prodotti simili come la colatura di alici o altre salse di pesce, la differenza è notevole.

Il minimo quantitativo di sale extra puro di miniera rende la salsa poco salata, proprio perché è un sale naturale di cava e non è trattato chimicamente. Inoltre, gioca a nostro favore sia l’alta qualità della

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Il “Garum dei Romano. L’evoluzione arriva dal passato” è l’ultima novità prodotta da Offishina®.

Qualità. Tradizione. Autenticità.

Specialisti nella lavorazione dello stoccafisso e del baccalà da 3 generazioni.

Realizziamo un prodotto che coniuga qualità, tradizione e autenticità. Traguardo raggiunto grazie a una tecnica di lavorazione artigianale, curata nei minimi dettagli.

Per maggiori informazioni: +39 02 54106033 | www.ittix.it | info@ittix.it

Il “Garum dei Romano” è un liquido ambrato, che ricorda il rum alla vista. Il sapore è lontano dal pesce, con note dolci e speziate, un piacevole mix tra liquirizia e salse orientali. Anche il profumo ricorda quello dei distillati. Innumerevoli sono gli usi in cucina, a crudo che in cottura, in sostituzione del classico dado da cucina, per la marinatura di carne, pesce, verdure, come insaporitore per piatti e zuppe, insalate, sushi, svolgendo anche un’azione lievitante durante la panificazione. Inoltre, è un forte ricostituente, rafforza la flora batterica, stimola l’appetito e molto altro.

materia prima pesce che il delicato uso di spezie mediterranee. Per di più ha una lunga conservazione: praticamente non scade mai!».

Il Garum dei Romano, prima ancora di essere commercializzato, aveva già partecipato a dei test con degustazione alla cieca nel 2021, ricevendo la medaglia d’oro e il top 50 al mondo nel concorso “International Taste Awards”; in seguito, sono arrivati altri prestigiosi riconoscimenti, tra i più recenti quello di Forbes.

«Inoltre, ha suscitato l’interesse delle telecamere di Geo, che sono entrate nel nostro laboratorio per documentare alcune fasi di lavorazione e, nella prossima stagione, verrà trasmesso un interessante servizio» prosegue Pamela.

«La commercializzazione è avvenuta solo adesso per diversi motivi. Dovevamo creare un packaging ad hoc: infatti abbiamo scelto le bottiglie “antica farmacia”, con tappo contagocce in legno per richiamare appunto un po’ lo stile di una volta e poi volevamo avere più informazioni possibili, grati per essere riusciti a

risalire attraverso questo splendido percorso storico». Nel frattempo il garum ha fatto il suo affinamento nei cariteddhi, botticelle di rovere usate in Puglia per conservare il vino. Il risultato finale è un liquido ambrato, alla vista ricorda il rum, il sapore ormai è lontano dal pesce, con note dolci e speziate, un piacevole mix tra liquirizia e salse orientali e il profumo ricorda quello dei distillati.

«Possiamo affermare che siamo, in un certo senso, riusciti a far rivivere la storia. Infatti, grazie al tempo, il Garum dei Romano non è più una salsa dal gusto sapido e dall’odore forte che deve essere per forza diluita con altri elementi per diventare commestibile, ma diventa così un concentrato di “umami”, esaltatore di sapori.

Innumerevoli sono gli usi in cucina: sia a crudo che in cottura, in sostituzione del classico dado da cucina. È indicato nella marinatura di carne, pesce, verdure, per primi piatti e risotti, zuppe, insalate, poke e sushi ed inoltre svolge un’azione lievitante durante la panificazione».

Si scopriranno sapori talmen-

te sorprendenti che sarà difficile non averlo nella propria cucina! Sostituisce l’uso del sale, quindi è indicato nelle diete iposodiche, è un forte ricostituente, rinforza le difese immunitarie, rafforza la flora batterica, stimola l’appetito e molto altro. È una fonte di ricerca e ci auguriamo che presto venga studiato dalle università.

In passato abbiamo effettuato degli studi sul nostro Pescatorino® (fermentato di tonno e pesce spada con aggiunta di ricciola e altri pesci pregiati, NdR) tramite l’Università di Ancona, finanziati dalla Regione Marche e le scoperte sono state notevoli. Avremmo voluto continuare gli studi con il Garum, dato che abbiamo delle ottime basi a sostegno di ciò, ma la Regione Puglia non ci ha aiutati. Un vero peccato: con rammarico abbiamo trovato chiusa questa porta ma ci auguriamo che qualcuno ci sostenga in questo progetto. Nel frattempo perfezioniamo il prossimo lotto di Garum e ci concentriamo sui prodotti futuri».

>> Link: www.offishina.it

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Orobica Pesca, tecnologia e servizi per garantire eccellenza e qualità

Da 58 anni Orobica Pesca rappresenta una delle principali realtà italiane specializzate nella distribuzione e commercializzazione di prodotti ittici e alimentari. Un marchio da sempre sinonimo di freschezza che negli ultimi anni ha investito risorse per migliorare la qualità dei propri servizi e garantire un’offerta sempre maggiore in termini di varietà ittiche al proprio mercato di riferimento. Dal 2021 infatti Orobica Pesca ha avviato un percorso di rinnovamento in attrezzature e tecnologie con il trasferimento della propria sede operativa presso l’Hub

di Stezzano, altamente specialistico ed attivo nell’utilizzo di risorse rinnovabili. Con oltre 3.000 m2 di celle frigorifere di ultima generazione, il deposito di Orobica Pesca permette la movimentazione di 20.000 kg di prodotto giornaliero assicurandone una perfetta conservazione e tracciabilità. L’affidabilità della rete commerciale e l’accurata consegna garantiscono la piena soddisfazione dei clienti più esigenti.

A Stezzano si trova anche il Cash & Carry dedicato ai ristoratori e concepito come un vero e proprio showroom dove poter accogliere

la clientela in spazi innovativi e confortevoli ed offrire una vasta scelta di prodotti d’eccellenza che spaziano dal pesce alla carne, dai salumi ai formaggi, dall’ortofrutta alla pasticceria.

L’offerta ittica resta la punta di diamante di Orobica Pesca, che oggi seleziona le migliori materie prime provenienti dal Mar Mediterraneo fino al Mare del Nord, all’Oceano Atlantico ed oltre, offrendo un’ampia gamma di prodotti che raggiungono quotidianamente la sede di Stezzano. Una menzione speciale va alla collaborazione con lo chef

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Con oltre 3.000 m2 di celle frigorifere di ultima generazione, il deposito di Orobica Pesca permette la movimentazione di 20.000 kg di prodotto giornaliero assicurandone una perfetta conservazione e tracciabilità.

La collaborazione con lo chef Francesco Gotti fornisce ai professionisti della ristorazione una consulenza mirata e la produzione di semilavorati volti a velocizzare e semplificare tempistiche e procedure.

FRANCESCO GOTTI, che, grazie alla sua conoscenza del settore, fornisce ai professionisti della ristorazione una consulenza mirata e la produzione di semilavorati volti a velocizzare e semplificare tempistiche e procedure, senza rinunciare alla qualità delle materie prime.

Grande esperienza e conoscenza del settore hanno portato Orobica Pesca a posizionarsi come leader nell’import-export del mercato ittico italiano e divenire un interlocutore affidabile in grado di rispondere velocemente alle esigenze di una clientela in continua evoluzione. Tutto ciò risulta fondamentale in un periodo difficile e di grandi cambiamenti, permettendo all’azienda di continuare con proficuo il percorso di crescita ed innovazione avviato nel lontano 1965.

>> Link: www.orobicapesca.it

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L’offerta ittica resta la punta di diamante di Orobica Pesca, che seleziona le migliori materie prime provenienti dal Mediterraneo all’Atlantico e oltre.

Pandittaino e Fidagel: due brand siciliani legati da un’attività di co-marketing

Panini d’amare: pane e pesce nelle ricette di Luciano Di Marco

Dieci ricette inedite realizzate dallo chef palermitano LUCIANO DI MARCO, volto noto di Masterchef, celebrano la Dieta Mediterranea, giocando con due ingredienti principali: pane e pesce, tipici della tradizione gastronomica siciliana, da riscoprire in una nuova veste. Nasce così il ricettario “Panini d’amare”, con cinque ricette pubblicate e condivise anche sui social, frutto dell’attività di co-marketing realizzata dai brand made in Sicily PANDITTAINO e FIDA-

GEL (divisione RIPOSTO PESCA SRL) per valorizzare la rispettiva brand awareness, intercettare i consumatori attraverso la comunicazione sia on-line che off-line e potenziare la presenza sul territorio dei marchi. L’operazione di co-marketing prende spunto anche da un gioco di parole, da mare e d’amare, che diventa un’idea per l’estate per un pranzo al sacco sotto l’ombrellone, con alcune proposte facili da realizzare e da condividere in famiglia e con gli amici.

Luciano Di Marco, ambassador di campagna, si è occupato di cucire e cucinare “sartorialmente” ricette dal mare su misura, valorizzando i prodotti delle due aziende. L’idea alla base è infatti di rappresentare positivamente i marchi in una moltitudine di contesti, guidare le rispettive community on-line alla scoperta di prodotti dal forte legame territoriale, fornire feedback e informazioni sulle referenze coinvolte. «Abbiamo voluto assecondare nuovi trend di

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consumo valorizzando la moda del fish burger attraverso il linguaggio contemporaneo dei social in grado di arrivare ad un vasto e diversificato pubblico» afferma GIUSEPPE

SANTONOCITO, direttore commerciale Pandittaino. «Abbiamo scelto alcune nostre referenze, le più idonee per una sperimentazione in cucina come quella portata avanti in questa attività che coinvolge i punti vendita di 4 insegne sul territorio siciliano (Coop, Decò, Despar e Sisa) con una comunicazione anche all’interno dei supermercati». «Il marchio Fidagel propone pesce senza nessuno strato di ghiaccio per non alterarne il sapore e fornire un prodotto fresco come in pescheria» spiega CARMELO

D’A ITA , ideatore e responsabile

Fidagel. «Siamo presenti in tutte le catene più importanti della Sicilia con prodotti unici nel loro genere, in grado di valorizzare al meglio la tradizione gastronomica siciliana. Per quanto riguarda il brand Fidagel vogliamo continuare a espanderne la presenza conquistando nuove aree geografiche anche al di fuori dei confini siciliani».

Il ricettario è scaricabile sul sito dedicato, accessibile anche attraverso QR-Code, inserito nel visual della campagna all’interno dei punti di vendita coinvolti tramite materiale POP. Alle ricette pubblicate on-line in formato reel su Facebook, Instagram e TikTok si affiancano quelle condivise sulla landing page del progetto nella quale sono disponibili anche consigli culinari dello chef.

Sul sito si evidenzia, inoltre, il plusvalore delle referenze e delle aziende coinvolte: da un lato il pane di Pandittaino, cooperativa di soci produttori di grano duro fondata nel 1976 con lo scopo di valorizzare la preziosa materia prima e di verticalizzare l’intero processo produttivo, dallo stoccaggio del grano alla macinazione alla panificazione; dall’altro, il pesce senza ghiaccio aggiunto di Fidagel, prodotto surgelato senza glassatura. Le ricette visibili nei reel sono:

* Polpo e panelle con il Pan Burger farcito con tentacoli di polpo arrostito, panelle, salsa allo

yogurt, erbetta cipollina, menta e scorza di limone;

* Panzanella di mare con Pagnotta del Dittaino DOP realizzata con tocchetti di pesce spada, calamari, pomodorino giallo e rosso, olive verdi, basilico, capperi e concentrato di pomodoro;

* Hamburger di pesce spada con Pan Burger condito con erbette aromatiche (prezzemolo, timo, basilico ed erbetta cipollina), maionese di peperone rosso, cetrioli marinati e soncino;

* Frittola di mare con Muffolette classiche, straccetti di calamari in tempura, tentacoli di polpo e cozze in tempura, maionese al prezzemolo e insalata di campo;

* Calamaro e zucchine con Pan Prò, calamaro panato e arrostito, crema di zucchine alla scapece, mozzarella di bufala, misticanza e senape. Si aggiungono nel ricettario:

* Polpo e pomodorini secchi con Pan Prò, polpo arrostito, pomodorini secchi ripassati in padella ripieni di muddica aromatizzata con caciocavallo e prezzemolo, stracciatella olive verdi, scorza di limone e misticanza;

* Cotoletta di mare con Muffolette, fetta di pesce spada panata con una panure aromatizzata con timo limone, prezzemolo, origano e caciocavallo, adagiata su un letto spinacino ripassato in padella con aglio e concassè di pomodoro;

* Picchio pacchio e cozze con Fetta di Pandittaino DOP tagliata spessa e tostata, pomodorino giallo e rosso pic pac, cozze, salsa di basilico e menta (una sorta di tarantina siciliana), bufala;

* Dischi di calamari farciti con ortaggi e purea di patate con Muffolette, calamaro ripieno di ortaggi (una sorta di insalata russa ma al posto della maionese una purea di patate), tagliato a rondelle e adagiato su un battuto di acciughe, prezzemolo e scorza di limone grattugiata, uovo sodo e cetrioli;

* Cozze fritte con Pan Burger, cozze panate e fritte, songino, e crema di pecorino.

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E tu, di che ostrica sei?

Sono lontani i tempi in cui veniva servita un’ostrica

Si chiama Oyster Academy e, insieme al Master, è solo l’ultima delle opportunità nate dal genio di LUCA NICOLI, fondatore e titolare di I love Ostrica, azienda che ormai da un

decennio opera per la diffusione della cultura dell’ostrica in Italia. «Sono passati ormai 12 anni da quando abbiamo dato vita a questo progetto» racconta Nicoli.

«L’esigenza è nata il giorno in cui mi sono accorto che, anche nei migliori ristoranti, veniva proposta un’ostrica generica, senza fare riferimento alla sua tipologia. In genere un prodotto molto salato e gommoso alla masticazione, che non era affine a tutti i gusti».

Dopo una precedente lunga esperienza nel mondo del commercio del pesce, Luca approccia alla cultura francese in materia di ostriche e qui la folgorazione: scopre le basi dell’affinamento, le zone cru, ma anche le numerose tipologie e etichette Scopre che in Francia le ostriche vengono categorizzate in relazione a tutti questi elementi, che variano in relazione alla tipologia delle acque, ma anche dei territori stessi e del processo con cui vengono lavorate nella fase di finissaggio, in modo molto simile a ciò che avviene ad esempio nel mondo del vino.

La sua lungimiranza e la sua visione gli hanno permesso di focalizzare l’argomento e di scommettere sulla diffusione della cultura dell’ostrica in Italia. E il successo è subito arrivato, sia per le numerose attività legate alla formazione, che per la commercializzazione on-line e non delle ostriche e dei migliori prodotti che il mercato ittico mette a disposizione. Alcuni di essi vengono lavorati e porzionati nel laboratorio in provincia di Bergamo prima di essere consegnati anche direttamente a casa, con un packaging curato nell’estetica e nel garantire la corretta gestione della catena del freddo. E poi gli Oyster Bar itineranti, curati in tutto e per tutto da I Love Ostrica

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qualsiasi, generica, senza fare riferimento a nome e caratteristiche gustative. Ed è nata la figura del sommelier dell’ostrica e un’Academy dedicata al prestigioso bivalve
Luca Nicoli, fondatore e titolare di I love Ostrica.

Le attività di divulgazione della cultura dell’ostrica sono numerose e partono dal mondo off-line per arrivare anche e soprattutto all’online. Dal sito web, dove è possibile fare un piccolo quiz per determinare la propria ostrica preferita, fino ai canali social, ove vengono

pubblicati molti contenuti inerenti il mollusco e il suo consumo, grazie anche alla figura DAVIDE, alias il Sommelier dell’ostrica, il quale, al termine di una bella esperienza nel mondo del vino, ha dedicato le sue competenze a questo meraviglioso mondo.

Dopo gli Oyster Bar, è nata quindi la Oyster Academy: percorsi one shot formulati su misura e spesso abbinati ad altri prodotti come il vino, in cui vengono affrontati diversi argomenti: dalla sua nascita, dal prodotto stesso, fino alla sua lavorazione e al suo consumo. Attimi divertenti e conviviali (l’assaggio come ovvio che sia non manca mai) attraverso cui scoprire tutto su questo prodotto.

Dall’esperienza dell’Academy nasce poi il Master, un percorso approfondito con più appuntamenti, perfetto per chi dovrà poi operare con questo prodotto. Al momento gli appuntamenti vengono organizzati solo su commissione, per eventi speciali o momenti di condivisione privati.

Promuovere la cultura dell’ostrica a 360° è l’obiettivo di Luca Nicoli e di I Love Ostrica, nelle sue declinazioni, anche le più particolari: non solo vino, ma anche whisky (I love Ostrica è partner ufficiale del tour italiano di Talisker), gin e molto altro ancora.

E tu, hai scoperto di che ostrica sei?

Lara Abrati

>> Link: www.iloveostrica.it

Dalla Bretagna e dalla Normandia, dall’Irlanda e dal Mediterraneo, la selezione di I Love Ostrica è davvero ampia ed esclusiva (photo © 2022 Gorbun).

Specie aliene invasive: uniti nella lotta al granchio blu

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Intervista a Massimo Genari, direttore generale CO.PE.GO. e presidente CON.UNO

Nel 2007, quando venne avvistato il primo granchio blu nella Sacca di Goro, era quasi impossibile prevedere che sarebbe diventato da lì a pochi anni la “specie aliena invasiva” che avrebbe compromesso il delicato ecosistema delle Sacche dell’Alto Adriatico, cibandosi prima di tutte le specie autoctone — come cefali, gamberetti e anguille — e poi, una volta esaurite queste risorse, arrivando a nutrirsi di vongole veraci, cozze e ostriche. Questa impossibilità la si comprende dai dati: dal primo avvistamento alla vendita all’asta di un granchio blu al mercato ittico di Goro bisogna arrivare al 2015, quando furono venduti, in un anno, 9 kg di prodotto; alla fine del 2016 ne erano stati venduti 36 kg, per poi passare ad un 2017 scarso con una vendita di soli 7 kg. Alla fine del 2018 il mercato gioiva perché di granchio blu ne erano state vendute, ad un ottimo prezzo, 23 tonnellate, ai Cinesi, che di questa specie ne andava ghiotta. Nel 2019 i numeri raddoppiano matematicamente, mentre nel 2020/21 le vendite passano da 46 tonnellate a 300/369 tonnellate. Ma è nel 2022 che il mercato ittico registra il dato impressionante di 898 tonnellate.

I dati di quest’anno ancora non sono stati prodotti ma, se si considera che Consorzi e Cooperative delle Sacche — prima di Scardovari e poi di Goro —, si stanno muovendo per salvare gli allevamenti attraverso la richiesta di autorizzazioni eccezionali vuol dire che la situazione è arrivata ad un limite che richiede tempestività. Ne va della salvaguardia di un ecosistema delicatissimo e del sostentamento di migliaia di famiglie che dalla mitilicoltura, dalla piscicoltura e dalla pesca ricavano ogni risorsa.

Incontriamo per questo il direttore generale di CO.PE.GO. Massimo

Genari: sono giorni convulsi, perché tutte le cooperative della Sacca di Goro e delle Valli di Comacchio — unite sotto il coordinamento del CON.UNO, Consorzio Unitario

Novellame — si stanno organizzando per ottenere urgentemente da parte del Ministero, di Regione Emilia-Romagna e sindaci vari le autorizzazioni

a procedere alla raccolta dei granchi blu e al loro smaltimento come rifiuto speciale della mitilicoltura.

Che ruolo svolge il Consorzio CON. UNO in questo contesto?

«Fondamentale. CON.UNO nasce nel 2020 con lo scopo di gestire la produzione e la raccolta del novellame nella Sacca di Goro e rappresenta circa l’80% di pescatori e molluschicoltori operanti sul territorio, affermandosi — con 54 cooperative consorziate — come uno dei più grandi Consorzi di molluschicoltura d’Europa. Tra i vari compiti di CON.UNO, di cui sono l’attuale presidente, ci sono la gestione delle aree nursery che Regione Emilia-Romagna ha riservato a tutela degli allevamenti, il confezionamento in reti per tutte le cooperative consorziate, la pulizia delle zone di allevamento con la raccolta delle alghe e, da adesso, anche la gestione della raccolta e dello smaltimento di questi granchi blu per tutti i 1700 attori che ci sono in Sacca di Goro

con il coordinamento centralizzato per quote cooperative.

In questa fase CON.UNO si sta occupando soprattutto della delicata questione della presentazione delle richieste a procedere alla conversione temporanea delle licenze delle imbarcazioni, da quinta categoria a quarta categoria, per la sola pesca di una specie. Le autorizzazioni da parte del Ministero dovrebbero arrivare tra circa 60 giorni, mentre l’autorizzazione straordinaria alla raccolta negli ambiti di pertinenza del Comune di Goro arriveranno tra un paio di giorni».

Quindi, fino a che non arriva l’autorizzazione da parte del Ministero, della Regione e del sindaco, voi non potete attivarvi?

«No, perché per procedere con la raccolta del granchio blu all’interno delle nostre concessioni ci vuole una licenza di quarta categoria e in Sacca di Goro tutti gli acquacoltori hanno invece una licenza di quinta categoria che consente di allevare, raccogliere

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Massimo Genari, direttore generale CO.PE.GO. e presidente di CON.UNO.

e portare a terra i molluschi. Per pescare pesce e raccogliere questo tipo di granchio occorre un altro tipo di licenza, quella di quarta categoria appunto, che nell’intera Sacca di Goro, su circa 1700 attori, solo 100/150 hanno. Quindi il passaggio che CON.UNO sta facendo con la Regione Emilia-Romagna e il Ministero consiste nell’occuparsi di questa parte istituzionale, per poter aumentare il numero di imbarcazioni concentrate nella raccolta senza incappare in sanzioni da parte della capitaneria.

La situazione è molto grave e bisogna intervenire tempestivamente perché alcune delle nostre cooperative — quelle con gli allevamenti più interni alla Sacca di Goro in cui la concentrazione di acqua dolce, fango e alghe ha incentivato lo sviluppo dei branchi — hanno perso il 100% della produzione. E questi sono solo alcuni dei consociati: la maggior parte di noi ha perso il 50, il 60 e anche il 70%

dell’allevamento. Che non significa solo perdere il lavoro di quest’anno e fermare l’economia, ma anche perdere il lavoro dei prossimi anni, dato che i granchi blu come prima cosa si nutrono dell’avannotteria e poi di vongole e cozze di dimensioni adulte. Per questo è fondamentale agire in fretta per ridurre i granchi ad un numero tale da non recar danni agli allevamenti e all’intero ecosistema».

È possibile prevedere quanto tempo ci vorrà per la raccolta dei granchi?

«Questo non lo sappiamo, perché non è facile stimare la quantità di granchi che ci possono essere sottacqua: noi ne vediamo tanti ma i branchi vivono nel fango e si sollevano solo per cibarsi. Si tratta di una specie che si riproduce 3/4 volte all’anno ed ogni femmina produce per ciclo riproduttivo migliaia di uova. Per questo è difficile fare una stima in termini di tempo, ma certa-

mente le autorizzazioni ministeriali che stiamo attendendo dovranno servire solo per il tempo necessario a riportare in sicurezza le Sacche di Goro e di Scardovari».

Altri Paesi europei si sono trovati nella nostra stessa situazione e, se sì, come hanno contrastato la colonizzazione di questa specie aliena invasiva?

«La Francia diversi anni fa si è trovata a far fronte all’invasione di questa specie aliena e l’unica soluzione efficace è stata quella della raccolta e dello smaltimento della specie fino a ripulire tutte le zone in cui i branchi sussistevano. Ad oggi in Francia, dopo due anni di raccolta e smaltimento intensivi, si può dire che il granchio blu sia ancora presente ma non sia più un pericolo».

Tra un paio di giorni arriverà la prima autorizzazione a procedere attraverso l’ordinanza straordinaria del sindaco di Goro Maria Bugnoli, come vi state organizzando e come vi coordinerete nella raccolta dei granchi blu, vista la vastità del territorio su cui dovete intervenire?

«Una volta arrivata l’ordinanza straordinaria cominceremo la raccolta per quota cooperativa. Ora stiamo organizzando i punti di raccolta a terra e quelli di stoccaggio. Una volta raccolti, i granchi blu, verranno stoccati all’interno dei

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La Sacca di Goro è una delle lagune salmastre di maggiori dimensioni dell’Alto Adriatico con i suoi circa 2000 ettari.
«La situazione è molto grave e bisogna intervenire tempestivamente perché alcune delle nostre cooperative hanno perso il 100% della produzione… Il cambiamento climatico ci sta mettendo dinanzi a nuove sfide da affrontare: il granchio blu è solo un esempio»

Superior in every way.

Pescati nelle acque pure e selvagge al largo delle coste Irlandesi, i nostri scampi, congelati a bordo, soddisfano i più elevati standard di freschezza e di qualità. Sofrimar – Superior Irish Seafood.

Sofrimar Kilmore Quay, Co. Wexford, Ireland T: +353 053 912 9660 info@sofrimar.ie Invicem Viale del Lavoro, 33, 37036 San Martino Buon Albergo VR, Italy T: +39 045 879 1111 F: +39 045 879 1197 info@invicem.com

bins e riposti in celle frigorifere per un paio di giorni. A questo punto la ditta incaricata allo smaltimento li ritirerà per portarli all’inceneritore, con un costo per noi che varia dai 20 ai 30 cent./kg, in base ai km da percorrere, la frequenza dei viaggi e il peso dei rifiuti da smaltire».

Piuttosto che smaltirli, non sarebbe possibile venderli per ricavarne almeno la copertura delle spese di raccolta visto che c’è sempre più bisogno di proteine, per esempio nella formulazione di mangimi oppure di fertilizzanti per l’agricoltura?

«Per venderli ci stiamo informando. Per adesso abbiamo chiesto la conversione alla quarta categoria esclusivamente per la raccolta e lo smaltimento, poi il Ministero deciderà se darci anche l’autorizzazione alla vendita, ma non credo che ce la darà.

Per ricollegarmi alla tua domanda, però, al momento siamo stati contattati da un paio di mangimifici a cui abbiamo spedito dei campioni di prodotto per le analisi sulla quantità di polpa al fine della lavorazione. Saranno loro probabilmente — a fronte della copertura delle spese di trasporto — che prenderanno tutto il quantitativo di granchio raccolto».

Il cambiamento climatico ha contribuito alla proliferazione della specie nell’Alto Adriatico?

«L’aumento della temperatura dell’acqua sta generando molti problemi, non solo per la sussistenza di specie autoctone, ma anche perché la scarsità delle piogge ha concentrato la salinità nelle acque in Sacca — e

Aggiornamento

questo si riflette nella difficoltà di attecchire per il seme allevato — e sta generando le condizioni ideali per la proliferazione delle specie aliene. Fino a gennaio/febbraio 2023 il granchio blu era una risorsa per CO.PE.GO. e più in generale per i mercati ittici locali, poi la situazione è peggiorata drasticamente con le inondazioni della Romagna quando sono arrivati in Sacca quantitativi di acqua dolce tali da risvegliare e potenziare la riproduzione e l’aggressività dei granchi fino a portarle a fare tabula rasa delle risorse dell’habitat. Ciò che ci ha allarmati di più, subito dopo le alluvioni, sono stati gli avvistamenti di migliaia di granchi di piccole dimensioni e questo può significare solo che, se non ci attiviamo ora, la situazione volgerà velocemente al peggio.

Il cambiamento climatico ci sta mettendo dinanzi a nuove sfide da

In data 8 luglio il sindaco di Goro Maria Bugnoli ha firmato l’Ordinanza straordinaria di pesca al granchio blu, con deroga immediata alle norme vigenti, per consentire a titolari di concessione demaniale marittima o affidamento ex art. 45-bis Cod. Nov., nella Sacca di Goro, di prelevare, trasportare a terra e smaltire il granchio blu. Goro è la prima area produttiva di vongole veraci in Italia e in Europa e la seconda nel mondo. La raccolta è così iniziata nel comprensorio della Sacca di Goro il 12 luglio, data che tutti i pescatori e gli allevatori coinvolti ricorderanno per generazioni.

affrontare e dobbiamo prepararci: il granchio blu è solo un esempio».

L’improvvisa carenza di prodotto come sta influenzando le quotazioni di vongole e cozze sul mercato e cosa vi aspettate per il 2024?

«Quest’anno sull’allevamento di vongole e cozze non si vedono grandi flessioni di prezzo perché è da gennaio che abbiamo cominciato a registrare i primi problemi. Già quest’anno avevamo registrato il raddoppio dei costi delle cozze perché c’era stato, nel 2022, il dimezzamento dei numeri di produzione. Per la vongola, invece, i numeri di produzione sono addirittura migliorati rispetto all’anno precedente, motivo per cui il prezzo d’asta si è conservato ancora abbastanza buono. Se ora non riuscissimo a fermare i granchi blu e quest’anno fossimo impossibilitati a seminare — proprio perché i granchi blu se ne nutrono — il mercato ne subirà le conseguenze già a partire da fine anno e anche le vongole veraci vedranno il raddoppio dei prezzi in asta per scarsità».

CO.PE.GO.

Consorzio Pescatori di Goro

Via dell’Industria 18

44020 Goro (FE)

Telefono: 0533 793111

E-mail: info@copego.it

Web: www.copego.it

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Il granchio blu è una specie molto prolifica e nei nostri mari non ha predatori.

Con Giandomenico Aloia, CEO del gruppo omonimo, alla scoperta di Wester Ross

Aloia Foods e il salmone scozzese Wester Ross: anticipare il futuro offrendo prodotti innovativi

La bussola nel DNA di Aloia Foods

L’antica tradizione mercantile degli Amalfitani — coloro che, nel 500 d.C., crearono una fitta rete di commerci in tutta l’area del sud del Mediterraneo — li portò a perfezionare, nel 1200, la tecnologia della bussola cinese, facendola diventare lo stru-

mento di orientamento marinaro magnetico “a secco” e contribuendo, da lì, alla sua diffusione in tutta Europa. Ed è proprio in questi valenti marinai e armatori con lo spiccato orientamento al commercio e la capacità connaturale di intercettare e sviluppare le tendenze future che Aloia Foods affonda le sue radici.

Siete nel commercio internazionale da 5 generazioni, da quando negli anni ‘20 del Novecento la vostra famiglia cominciò ad importare il grano dagli Stati Uniti e il pesce conservato dal Nord Europa. In Aloia Foods il saper intercettare le future tendenze di mercato e la capacità di svilupparle consolidandole in un

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Tra i prodotti rappresentati da Aloia Foods c’è il salmone scozzese Wester Ross, per il quale il gruppo campano detiene l’esclusiva per l’Italia e la Spagna. L’apposizione di un tag su ogni singolo pesce permette di conoscerne tutte le caratteristiche e di averne la piena tracciabilità.

territorio sono entrati a far parte del vostro DNA. Cos’è diventato il gruppo Aloia oggi?

«Il gruppo Aloia oggi rappresenta la sintesi perfetta tra la determinazione della nuova generazione e la solidità della tradizione. In azienda abbiamo un’età media di 37 anni e andiamo fieri della tradizione familiare dalla quale traiamo ispirazione ogni giorno. Inoltre, considerato che su un organico di 12 persone, 10 sono donne, siamo orgogliosi di definirci Pink Company. Questo è un aspetto che nel nostro settore è profondamente innovativo. In Aloia amiamo accettare le sfide difficili cogliendo con entusiasmo le nuove opportunità che il mercato ci presenta e ciò è dimostrato dal fatto che l’azienda negli ultimi anni sta vivendo una forte espansione sia in termini di nuovi prodotti che di nuovi fornitori. Oggi rappresentiamo in esclusiva per il mercato italiano 18 produttori europei ed extraeuropei. Negli anni abbiamo selezionato partner commerciali affidabili per la precisione e serietà nel mantenere gli impegni. In Aloia l’obiettivo è crescere con i nostri partner commerciali, generando nuovo valore».

Quante gamme di prodotto commercializzate e in quale modo selezionate i prodotti per distinguervi in un panorama competitivo come quello del settore ittico?

«La nostra offerta è composta da un’ampia gamma di prodotti, divisi in 9 categorie: affumicato, congelato, fresco/decongelato, essiccato, salamoia, salato, scatolame e vivo.

La scelta dei produttori è frutto di un meticoloso lavoro del Team Aloia: alcune aziende collaboravano già con mio padre e mio nonno e sono cresciute e si sono affermate in Italia insieme a noi, altre, invece, sono state individuate negli ultimi anni per la loro particolare affidabilità e precisione nel rispettare gli impegni. La distribuzione avviene attraverso una rete capillare di distributori, puntando su realtà dove riscontriamo impegno, precisione, serietà e passione. La gran parte dei nostri produttori e dei nostri clienti proviene da tradizioni familiari molto consolidate: da sempre in Aloia la stima interpersonale viene anteposta agli affari».

Tra questi prodotti c’è il salmone scozzese Wester Ross, per il quale avete l’esclusiva per Italia e Spagna. Cosa rende questo salmone uno tra i più pregiati e ricercati al mondo?

«Abbiamo inserito nella nostra offerta il salmone Wester Ross poiché possiede una serie di caratteristiche al passo con i tempi. Cresce in un ambiente naturale protetto, nelle selvagge Highlands scozzesi, dove le forti maree atlantiche avvengono due volte al giorno — tutti i giorni —, garantendo un’acqua fredda e totalmente incontaminata in cui il salmone può crescere sano. Inoltre, da più di 3 generazioni gli allevatori di salmoni Wester Ross lavorano fianco a fianco, condividendo conoscenze e idee, per migliorare le condizioni e i metodi di lavoro negli allevamenti. Wester Ross è l’unico allevamento scozzese a conduzione familiare: oggigiorno, la maggior parte del personale attivo nella cura dei salmoni è costituita dai nipoti dei componenti della squadra storica, che intrapresero l’attività nel lontano 1977. In tal modo è rimasta intatta la tradizionale tecnica della

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Wester Ross garantisce volumi adeguati alle richieste del mercato: il loro salmone viene infatti esportato in tantissimi Paesi nel mondo.

A sinistra e in basso: il salmone Wester Ross cresce in un ambiente naturale protetto, nelle selvagge Highlands scozzesi. Inoltre, il personale dell’azienda nutre a mano i salmoni, utilizzando mangimi del tutto naturali composti da ritagli di pesce destinati al consumo umano, senza antibiotici, ingredienti OGM e promotori della crescita. A destra: Giandomenico Aloia, CEO presso Aloia Srl e Aloia International Srl.

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nutrizione a mano e della pulizia delle reti con metodi naturali. Grazie al suo gusto sopraffino con un tono dolce e alla compattezza della sua carne, il salmone Wester Ross è riconosciuto, dagli chef stellati della guida Michelin e dai critici più acclamati come uno dei migliori salmoni disponibili sul mercato».

Come vengono allevati i salmoni Wester Ross e in che modo l’azienda riesce a produrre in maniera così sostenibile?

«Il segreto della qualità Wester Ross è la stretta collaborazione tra uomo e natura. Gli allevatori Wester Ross, infatti, si prendono cura sia del benessere del salmone che della salubrità dell’ambiente in cui vive. Il loro compito consiste nel far sì che la natura faccia il suo corso. Per garantire la purezza dell’acqua, ad esempio, il team Wester Ross utilizza reti prive di antivegetativo. Inoltre, dopo anni di ricerca, Wester Ross è in grado di ricreare negli allevamenti la naturale relazione simbiotica tra i salmoni e i pesci pulitori wrasse. I wrasse sono ormai una parte essenziale del team Wester Ross, in quanto un solo wrasse si prende cura di oltre 100 salmoni. Il loro benessere è fondamentale per mantenere il salmone sano e per aiutarlo nella crescita. E ancora: il personale Wester Ross nutre a mano i salmoni, utilizzando mangimi del tutto naturali composti da ritagli di pesce destinati al consumo umano, senza antibiotici, ingredienti OGM e promotori della crescita.

I salmoni vengono catturati dopo oltre due anni di vita e vengono trasportati nello stabilimento di produzione più vicino. Sono poi spediti a Glasgow e Londra dove vengono imbarcati per la destinazione finale. L’apposizione di un tag (etichetta opercolare) su ogni singolo pesce permette di conoscerne tutte le caratteristiche e di averne la piena tracciabilità. Tutti gli aspetti della produzione rispettano gli elevati Welfare Animal Standard Rspca (Royal Society for the prevention of Cruelty to animals), dal BAP (Best Aquaculture Practice) e dal Friend of the Sea e dal Global Gap».

Data l’artigianalità dell’allevamento e la competitività di produzione degli allevamenti norvegesi, cileni e canadesi, i quantitativi di salmone Wester Ross destinati all’Italia e alla Spagna sono in grado di soddisfare la crescente richiesta di salmone?

«Il lavoro degli allevatori Wester Ross garantisce volumi adeguati alle richieste: il salmone Wester Ross viene infatti esportato in tantissimi paesi nel mondo. L’Italia e la Spagna, i mercati di nostra competenza, sono molto importanti per Wester Ross in quanto sono in continua crescita. È per questo che noi e Wester Ross puntiamo molto su entrambi per i prossimi anni. In Aloia il lavoro giornaliero fatto con clienti seri e competenti, scelti nel corso del tempo, permette di prevedere con una certa affidabilità quali potranno essere i consumi e quindi riuscire a dare continuità al mercato».

Qual è il futuro del salmone Wester Ross?

«Riteniamo che il salmone Wester Ross sia il futuro concreto e tangibile del settore ittico. In un mondo, come il nostro, attento alla qualità degli alimenti e alla preservazione dell’ambiente naturale, un salmone allevato in maniera del tutto ecoso-

stenibile, nutrito con mangimi naturali (ritagli di pesce), senza impiego di prodotti chimici per la pulizia delle reti, rappresenta una valida opzione che permette di coniugare la tutela dell’ambiente con la costante disponibilità sul mercato.

Sono convinto che la transizione dell’allevamento ittico verso la piena sostenibilità, senza penalizzare i mercati in termini di quantità e di prezzo, rappresenta il prossimo passo che tutti noi operatori del settore ci stiamo impegnando a compiere. La scelta di inserire il salmone Wester Ross nella nostra offerta commerciale è la sintesi perfetta della nostra mission: anticipare il futuro offrendo prodotti e servizi innovativi».

Aloia Foods

Centro Direzionale F3

80143 Napoli

Telefono: 081 7348050

E-mail: mail@aloia.eu

Web: www.aloia.it

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Per garantire la purezza dell’acqua, il team Wester Ross utilizza reti prive di antivegetativo e la loro pulizia avviene con metodi naturali.

Mare Gioioso: entrano in GDO due nuove gamme di prodotto

Dal 2016 ad oggi SEBASTIANO GIOIOSO non soltanto ha creato un’azienda come Mare Gioioso ma ha anche avuto la lungimiranza di espandere e differenziare i propri servizi fino a farli diventare veri e propri rami d’impresa: è nato così un nuovissimo centro di spedizione e di depurazione di molluschi a Torre Canne di Fasano (BR), da cui i molluschi vengono lavorati e spediti in tutta Italia; ha

creato partnership con Università e istituzioni; investito in tecnologia; individuato 7 gamme prodotti strategiche; aperto 4 pescherie e 3 ristoranti. Di tutto questo parliamo con PIETRO TAVAGLIONE, responsabile GDO della Mare Gioioso:

Fish Possible: visitando il nuovo sito della Mare Gioioso si viene accolti, prima di tutto, da questo claim.

Come è nato e con quale intento?

«In un’ottica di innovazione, abbiamo sentito l’esigenza di rinnovarci anche in termini di comunicazione. Il rinnovamento non è solo digitale (social, sito, ecc…) ma, soprattutto, motivazionale, nel senso che con “Fish Possible” l’idea che vogliamo trasmettere a tutti, tramite i nostri assortimenti, e che col pesce si può fare tutto».

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Ne parliamo con il responsabile GDO dell’azienda pugliese che punta su materia prima eccezionale, lavorazioni a regola d‘arte e innovazione
Pietro Tavaglione, responsabile commerciale per la GDO della Mare Gioioso.

Materia prima eccezionale e sette gamme di prodotto: come sta rispondendo il mercato a questa differenziazione? Quali sono i prodotti maggiormente apprezzati?

«È proprio la materia prima eccezionale che ha dato vita a 7 gamme di prodotti (ad oggi). I Marinati e il Sushi sicuramente sono delle categorie molto apprezzate e che abbiamo sul mercato già da qualche anno. Negli ultimi mesi, però, abbiamo fatto due nuovi lanci: le Coccole di Mare e i Pronti a Cuocere e da queste ci aspettiamo molto, non tanto i termini economici, quanto in termini di visibilità e di riconoscimento a livello di qualità».

Pronti a Cuocere golosissimi: avete creato una sinergia con gli chef dei vostri ristoranti per la preparazione delle ricette dei pronti a cuocere? Su cosa avete puntato?

«Premetto che, prima ancora di aprire i ristoranti, avevamo già uno chef qualificato in azienda che si occupa tutti i giorni di sperimentazione e ricettazione. Dai nostri ristoranti Gaudium, Porta de Ma e Yorokobi ma, soprattutto, dalle nostre pescherie Forchetta di Mare, abbiamo cercato di capire le esigenze dei consumatori finali. I risultati di queste ricerche ci hanno portato a lavorare sulle ricette tradizionali e di uso popolare, tipiche della cultura mediterranea, e a dargli un contenitore capace di conservare al meglio i sapori e i profumi del territorio».

Quali tecnologie di conservazione applicate ai preparati?

«La ricetta per la conservazione è semplicissima: materie prime fresche selezionate, lavorazioni a regola d’arte e chiusura delle confezioni in atmosfera modificata per garantire per più giorni il mantenimento delle qualità organolettiche dei prodotti».

Essere responsabile della GDO significa anche conoscere le esigenze del consumatore e, attraverso il packaging, attrarlo per indurlo a provare un prodotto per la prima volta. Ci

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I “Pronti a Cuocere”, l’ultima creazione della Mare Gioioso.

parla del packaging dei prodotti della Mare Gioioso e della nuova campagna di comunicazione?

«Il consumatore finale è al centro della nostra attenzione e facciamo tutto ciò che va in questa direzione. Il nostro packaging è semplice e funzionale. Per due terzi dei nostri prodotti utilizziamo una confezione completamente trasparente che permette al consumatore di vedere il contenuto da tutti i lati, così da poter percepire la freschezza e la qualità anche visivamente.

Per quanto riguarda l’etichetta stiamo puntando su qualcosa di colorato, fantasioso e meno invasivo possibile poiché, come dicevo poc’anzi, la visibilità del prodotto è al primo posto. Nel caso specifico dei “Pronti a Cuocere”, non potendo utilizzare un contenitore trasparente, ci siamo concentrati sulla sua utilità, adoperandone uno utilizzabile sia in forno che al microonde per permettere al consumatore un veloce e facile utilizzo.

Al contempo, stiamo concentrando le campagne pubblicitarie

principalmente sui social, con video che, pur nella loro sinteticità, riescono ad esprimere l’intera filiera. Il peschereccio che arriva in porto con la materia principe (il pesce), lavorato e preparato da mani sapienti di collaboratori professionisti e che, tramite gli scaffali della GDO, arrivano alle cucine delle famiglie e quindi al tavolo per un consumo facile e gustoso».

Da quanto tempo sono entrati i pronti a cuocere in GDO e come sta rispondendo il mercato?

«I “Pronti a Cuocere” sono l’ultima creazione della Mare Gioioso. Una linea di prodotti innovativa che abbiamo lanciato sul mercato solamente il 15 giugno. I primi riscontri sono molto positivi ma è ancora presto per fare un bilancio».

Vista l’espansione della Mare Gioioso in neanche sette anni, che obiettivi vi siete dati per il prossimo futuro?

«Il core business della Mare Gioioso da sette anni è il pesce da banco tradizionale; pertanto, il pri-

mo obiettivo è consolidare i risultati ottenuti. La ricerca e lo sviluppo di nuove linee di prodotto e gli investimenti fatti in tale direzione ci portano ad avere degli obiettivi ambiziosi. In primis quello di portare in poco tempo nelle cucine e sui tavoli degli Italiani (e non solo) i nostri prodotti confezionati che, anche se presenti sul mercato solo da due anni, hanno già conquistato la presenza sugli scaffali della GDO di buona parte del Sud Italia».

70043 Monopoli (BA)

Telefono: 080 4174806

E-mail: info@maregioioso.it

Web: www.maregioioso.it

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Mare Gioioso Srl di Sebastiano Contrada Baione Sn Insieme a i Pronti a Cuocere, le Coccole di Mare rappresentano l’ultimo lancio sul mercato della Mare Gioioso. «Da queste due linee ci aspettiamo molto, non tanto i termini economici, quanto in termini di visibilità e di riconoscimento a livello di qualità» puntualizza Pietro Tavaglione.

Câr-y-Môr, per amore del mare

Câr-y-Mô r (carymor.wales) è un allevamento di alghe e molluschi al largo della costa del Pembrokeshire, in Galles. È un’attività pionieristica nel settore: coltiva le alghe impiegandole in una vasta gamma di utilizzi e mira a ispirare le comunità costiere a investire nelle alghe come alternativa ecologica alla pesca. Il nome dell’attività significa “per amore del mare”: un amore che si manifesta attraverso una serie di pratiche rispettose dell’ambiente volte a creare circuiti positivi per il bene sia della terra che del mare: due ecosistemi profondamente interconnessi. Ne abbiamo parlato insieme a NIKKI SPIL, proprietaria di The Seaweed Farmers e membro dell’amministrazione di Câr-y-Môr

Come ti sei avvicinata alla coltivazione di alghe e perché?

«Sono nata e cresciuta nell’Olanda settentrionale, circondata dal mare. Fin dall’adolescenza mi sono dedicata alla pulizia delle spiagge vicino casa e la quantità di spazzatura che trovavo mi preoccupava tantissimo. Il mio turbamento, scaturito dalla situazione che trovavo sulle coste olandesi, è stato esacerbato dalla presenza di una grande acciaieria nei pressi del porto di Amsterdam che stava inquinando le acque. A quel punto mi sono chiesta “Cosa posso fare per aiutare il nostro ecosistema?”. Così ho iniziato a studiare le alghe come sistema di filtrazione naturale. I benefici del consumo di alghe per la salute sono noti, ma sono stata colta di sorpresa quando ho scoperto che le alghe coltivate nei

mari intorno all’Olanda settentrionale non erano adatte al consumo umano, a causa degli alti livelli di tossine che assorbivano dall’acqua inquinata. È allora che ho iniziato a interessarmi a tutte le altre applicazioni possibili delle alghe, dal loro utilizzo come materiale per l’isolamento degli edifici al loro potenziale come biostimolante per le colture».

Cosa sono i biostimolanti?

«I biostimolanti sono sostanze che vengono spruzzate sulle colture per stimolare l’assorbimento dei nutrienti, migliorare la tolleranza allo stress e ridurre la necessità dell’uso di fertilizzanti. Come tutti i prodotti a base di alghe, sono estremamente vantaggiosi dal punto di vista am-

bientale, poiché le alghe vengono coltivate senza bisogno di terra o acqua dolce. E, utilizzando estratti di alghe piuttosto che altre forme di fertilizzante, possiamo anche ridurre la nostra impronta sulla terra e lo sfruttamento delle risorse idriche. Come architetto, mi sono messa in contatto con un socio e, insieme, abbiamo realizzato un progetto per una raffineria in grado di trasformare le alghe grezze in estratto biostimolante. Stiamo già lavorando con un coltivatore di tulipani nei Paesi Bassi che lo utilizza come fertilizzante. Ma le alghe possono fare molto più di questo: possiamo pressarle, usarle nello stampaggio a iniezione e creare, da esse, alternative alla plastica. Il loro potenziale è enorme».

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Lo sapevi che le alghe non sono solo buone da mangiare, ma fanno bene sia agli ecosistemi terrestri sia a quelli marini? Capiamo come insieme a Nikki Spil, proprietaria di The Seaweed Farmers e membro di Câr-y-Môr
Nikki Spil, titolare di The Seaweed Farmers (photo © behindthechange.org).

E quindi come sei finita a lavorare con Câr-y-Môr?

«Mi sono approcciata a Câr-yMôr perché stavano tentando qualcosa che mi interessava molto, ovvero la produzione di alghe su larga scala. Il loro obiettivo, infatti, era quello di aumentarne la produzione abbastanza da rendere le attività secondarie, come la raffinazione, economicamente accessibili. Allo stesso tempo, sono stata attratta dalla prospettiva di allevare alghe in acque più pulite: perché la fresca corrente dell’Atlantico crea condizioni meravigliose per la crescita delle piante, il che le rende perfettamente commestibili».

Per chi non ha familiarità con la lingua gallese, cosa significa il nome?

«Si traduce approssimativamente in “per amore del mare” Câr-y-Môr è un’azienda avviata da OWEN HAINES, che in precedenza era stato coinvolto nella gestione di allevamenti di acquacoltura in Scozia. Owen aspirava ad un metodo di produzione di cibo più sostenibile e sapeva di un allevamento di granchi e aragoste a St. David’s, nel suo paese nativo in Galles, che avrebbe potuto prendere in gestione. Così, con l’ideazione di Câr-y-Môr, ha esteso l’attività all’allevamento di cozze, ostriche e, naturalmente, alghe. Una cosa importante da sottolineare è che Câr-y-Môr è la prima coltivazione oceanica di proprietà della comunità del Galles: non si tratta semplicemente di un’attività a scopo di lucro, ma di una Community Benefi t Society , con l’obiettivo di contribuire alla rigenerazione dell’ambiente costiero nel Pembrokeshire e del benessere della comunità, anche attraverso la creazione di posti di lavoro».

Parli delle alghe come di un sistema di filtrazione naturale. Anche le cozze e le ostriche svolgono un ruolo simile. Come si differenziano?

«Nella misura in cui alghe e molluschi costituiscono del cibo per l’uomo, sono simili, in quanto il loro ruolo di filtri e pulitori del mare li rende inadatti al consumo umano. Questo perché i livelli di contaminazione e di inquinamento dell’acqua

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Câr-y-Môr è la prima coltivazione oceanica di proprietà della comunità del Galles che si pone l’obiettivo di contribuire alla rigenerazione dell’ambiente costiero nel Pembrokeshire (photo © facebook.com/CarYMorWales).

sono troppo alti. Dobbiamo sempre tenere presente che le alghe sono piante, non animali: assorbono energia dal sole attraverso la fotosintesi ed estraggono anidride carbonica dall’acqua, producendo ossigeno utile sia per gli animali marini che per l’atmosfera. Inoltre, estraggono nitrati e fosfati dall’acqua, che è ciò che li rende utili come fertilizzante sulla terraferma.

Anche i molluschi possono trattenere il carbonio nei loro gusci riducendo, in questo modo, l’acidità nell’acqua del mare. Sfortunatamente, però, gli alti livelli di anidride carbonica presenti nell’acqua limitano la loro capacità di crescere, innescando quindi un pericoloso ciclo vizioso. Il Mare del Nord sta diventando troppo acido, in parte proprio a causa della mancanza di molluschi. Le loro popolazioni sono state decimate dalla pesca intensiva e questo contribuisce a incrementare l’acidificazione degli oceani. Ciò, a sua volta, ostacola la rinascita delle popolazioni di molluschi».

Ma invertire questa tendenza si può: in che modo?

«Ad oggi Câr-y-Môr dispone di una linea di produzione che realizza vasi da fiori biodegradabili con un sostituto della plastica a base di alghe. Stiamo lavorando con Notpla, un’azienda di Londra che ha fatto delle alghe la loro arma migliore contro il cambiamento climatico,

producendo packaging alimentari sostenibili. Inoltre, stiamo studiando un’alternativa ecologica all’amianto da utilizzare come materiale da costruzione… Insomma i progetti ci sono, abbiamo solo bisogno di più alghe e coltivatori!».

Si tratta di una questione di volume: dobbiamo aumentare il numero di coltivatori di alghe. Forse è più facile a dirsi che a farsi.

«I potenziali coltivatori sono dissuasi dal farsi coinvolgere perché è estremamente difficile ottenere i permessi. In aggiunta, ogni metro quadrato del Mare del Nord è già stato occupato da parchi eolici e zone di pesca. Ma mentre ci stiamo muovendo verso un futuro in cui, purtroppo, ci saranno sempre meno pesci, e quindi meno pescatori, vorremmo prendere parte ad un ripensamento del mare e riqualificare i pescatori come coltivatori di alghe e molluschi. Sarebbe un’evoluzione sia per l’ambiente, che per l’occupazione stessa».

Coltivare alghe sarebbe un inizio. Ma poi c’è la questione della raffinazione: molti degli utilizzi che hai descritto per le alghe richiedono impianti di raffinazione.

«Beh, in realtà non si ha bisogno di tante raffinerie quante sono le coltivazioni. Noi, ad esempio, coltiviamo 60 tonnellate di alghe all’anno a Câr-y-Môr, ma ci impieghiamo solo 27 giorni per raffinarle. Abbiamo

quindi la capacità di raffinare i raccolti di molte altre coltivazioni… il problema è che siamo gli unici a coltivarle! Le alghe stanno lentamente diventando una moda, ma meritano di essere prese molto più seriamente come soluzione a una varietà di problemi del sistema alimentare, sia sulla terra che in mare. Se usassimo fertilizzanti a base di alghe sulla terraferma, il deflusso agricolo non sarebbe così tossico per il mare. I bovini nutriti con mangimi a base di alghe diminuirebbero la produzione di metano e ridurrebbe la necessità di mais e soia importati. Come dicevo, tutto ciò di cui abbiamo bisogno è il volume».

Oltre a Slow Fish, a quali altre iniziative state partecipando per diffondere questo messaggio?

« Patagonia sta conducendo una campagna per promuovere una legge sul Ripristino della Natura a livello europeo e ha prodotto un documentario su una serie di organizzazioni, tra cui Câr-y-Môr, che stanno già lavorando per ripristinare l’ecosistema naturale. Abbiamo un desiderio comune: vogliamo che la lobby ittica ripristini ciò che ha danneggiato, ripristini la salute dei banchi di ostriche e dei mitili nel Mare del Nord e ripianti le praterie di posidonia. Il documentario dovrebbe uscire a breve».

Jack Coulton Fonte: slowfish.slowfood.it

Prodotti ittici irlandesi: qualità, gusto e attenzione alla sostenibilità

sono

Paese

L’Irlanda, grazie alla sua conformazione geografi ca insulare e la vicinanza alle fredde e incontaminate acque dell’Oceano Atlantico, ha accesso ad una delle zone di pesca più ricche d’Europa. Queste condizioni permettono di ottenere delle materie prime di ottima qualità come le ostriche e gli scampi irlandesi: conosciuti e famosi in tutto il mondo dal punto di vista del gusto, della nutrizione e del controllo. I prodotti ittici irlandesi, infatti, assicurano un rigoroso rispetto dei più elevati standard di qualità e di sicurezza alimentare, garantendo allo stesso

tempo la difesa dell’ambiente marino e della biodiversità.

Le ostriche irlandesi presentano delle caratteristiche uniche, conferite loro dalle acque dell’oceano in cui vengono allevate: la corrente costante dell’Atlantico contribuisce a dargli una perfetta forma allungata e una conchiglia molto resistente, con uno smalto liscio dal colore bianco perlato Il contenuto di carne all’interno di un’ostrica, infatti, è influenzato dalla sua forma: più profondo è il guscio, più spazio c’è per consentire lo sviluppo del mollusco.

Ma, oltre che per l’aspetto, le ostriche irlandesi si riconoscono anche per il gusto ineguagliabile che rende ogni assaggio un’esperienza sensoriale unica al palato: il loro sapore ricco, immediatamente riconoscibile, nasce dalla dolcezza e persistenza dello iodio, che si combinano ad un leggero tocco di note agrumate. Un sapore unico, dunque, che si combina ad eccellenti qualità nutrizionali: sono ricchi di proteine e poveri di grassi, con livelli straordinariamente elevati di elementi quali iodio, ferro, rame, selenio e zinco

86 IL PESCE, 4/23 MERCATI
Un gusto ineguagliabile: rinomati nel mondo, ostriche e scampi irlandesi
molto apprezzati nel nostro

Quando parliamo di prodotti ittici irlandesi non possiamo non menzionare anche gli scampi : la posizione geografi ca dell’isola permette ai pescatori irlandesi di avere accesso alle migliori qualità di scampi esistenti in Europa e le acque dell’Atlantico conferiscono a questi crostacei molto apprezzati un sapore dolce e raffinato.

L’uso diffuso dell’ innovativa tecnologia Frozen-at-Sea fa in modo che gli scampi possano essere congelati a bordo dei pescherecci nel giro di sole due ore dalla cattura, garantendo un prodotto ottimale per qualità e gusto. L’etichettatura per lotto fornisce la tracciabilità alla fonte e permette di portare scampi irlandesi freschi sul mercato rapidamente, con maggiori garanzie di qualità e sicurezza per clienti e consumatori.

La stretta collaborazione tra pescatori e aziende produttrici facilita anche le pratiche di pesca responsabile, aggiungendosi alla crescente reputazione internazionale per la qualità dell’industria ittica locale. Infatti, la Ireland’s Seafood Development Agency lavora insieme all’industria ittica irlandese per ridurre sempre di più l’impatto ambientale della pesca e sviluppare un sistema di tracciabilità degli scampi lungo l’intera filiera.

Le ostriche e gli altri prodotti ittici sono estremamente importanti per

l’economia nazionale: basti pensare che il loro valore di mercato è di oltre 1 miliardo di euro; di questi, circa 487 milioni provengono dalle esportazioni. I principali importatori sono Francia (23%), Italia (10%), Cina (9.2%) e Spagna (9%). Il settore dei crostacei, in particolare, ha avuto un importante incremento nelle esportazioni, che sono aumentate del 48%, per un valore di circa 180 milioni di euro.

L’Italia è un partner commerciale chiave per l’Irlanda per quanto riguarda il pesce: si posiziona come secondo mercato di importazione al mondo di ostriche irlandesi e, secondo una recente stima di BORD BIA, l’ente governativo per la promozione del Food & Beverage irlandese nel mondo, circa il 20% del consumo annuale nel nostro Paese avviene nel periodo natalizio con un ulteriore picco intorno a febbraio (San Valentino).

Per quanto riguarda gli scampi, l’Irlanda ha raggiunto una quota di

circa 7.000 tonnellate nel 2020, garantendo una forte capacità di offerta per i mercati. Gli scampi congelati hanno rappresentato il 9% dell’esportazione totale di pesce irlandese, che nel 2019 ha raggiunto il valore 57 milioni di euro. L’Italia rappresenta oltre i due terzi di questo mercato di esportazione, seguita da Spagna, Regno Unito e Francia.

I prodotti ittici irlandesi sono inoltre certificati in conformità al programma Origin Green, l’unico programma di sostenibilità al mondo che opera su scala nazionale e si conformano ai principi di acquacoltura sostenibile. Grazie a verifiche indipendenti periodiche, Origin Green consente ai produttori irlandesi di stabilire e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale, fornendo un servizio più efficace alle comunità locali e tutelando la straordinaria ricchezza delle risorse naturali che la terra può offrire.

Bord Bia, Irish Food Board, è un ente governativo dedicato allo sviluppo dei mercati di esportazione dei prodotti alimentari, bevande e prodotti ortofrutticoli irlandesi. Lo -scopo di Bord Bia è quello di promuovere il successo dell’industria Food & Beverage e dell’orticoltura irlandese attraverso servizi di informazione mirati, la promozione e lo sviluppo dei mercati. Nel 2022 le esportazioni dell’industria Food & Beverage irlandese sono arrivate a quota 16,7 miliardi di euro, con una crescita del +22% in più rispetto all’anno precedente. L’Italia rappresenta uno dei mercati più importanti per l’export di manzo irlandese in Europa con scambi valutati, nel 2022, a 448 milioni di euro e una crescita del 26%.

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>> Link: www.irishbeef.it
I prodotti ittici irlandesi sono certificati in conformità ad Origin Green. Grazie a verifiche indipendenti periodiche, questo programma consente ai produttori irlandesi di stabilire e raggiungere obiettivi misurabili di sostenibilità, riducendo l’impatto ambientale, a tutela della natura
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Il mercato ittico dell’UE

Durano gli effetti della pandemia sul consumo di prodotti ittici Nel 2021, la spesa delle famiglie dell’UE-27 per prodotti della pesca e dell’acquacoltura è aumentata del 7% rispetto al 2020, confermando l’andamento crescente già registrato dal 2019 al 2020. Il tasso di crescita della spesa per tali prodotti ha superato di gran lunga quello registrato dai loro prezzi (+1,5%), il che indica che l’aumento non è solo dovuto all’inflazione, ma che le famiglie UE hanno effettivamente speso di più per l’acquisto di prodotti ittici. Infatti, le famiglie UE hanno dovuto trascorrere più tempo in casa per il protrarsi della pandemia di Co-

vid-19, e questo molto probabilmente ha inciso sul consumo domestico. Inoltre, secondo le stime di EUROMONITOR, per i prodotti ittici processati è in crescita anche il consumo fuori casa tramite i servizi di ristorazione (+15% dal 2020 al 2021), e se ne prevede una stabilizzazione solo nel periodo 2024-2026.

Deterioramento del saldo commerciale dell’UE

Il 2021 è stato caratterizzato da un incremento del valore totale dei flussi commerciali dell’UE di prodotti ittici (importazioni extra-UE + esportazioni extra-UE + flussi commerciali intra-UE), dovuto all’inizio della

ripresa economica dalla pandemia di Covid-19 iniziata l’anno precedente. Occorre precisare che, sebbene la maggior parte delle transazioni sia effettuata in dollari statunitensi (USD) o in corone norvegesi (NOK), in questo rapporto i dati sono riportati in euro (EUR). Osservando l’andamento dei tassi di cambio mensili, si può notare che l’euro si sia rafforzato nel corso del 2020, per poi subire un leggero calo nel 2021, pur mantenendo un valore superiore a quello del 2019. C’è stato poi un crollo iniziato nel febbraio 2022, a seguito dell’aggressione militare russa in Ucraina. Nel 2021, a causa sia dell’aumento delle importazioni sia

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Edizione 2022 by EUMOFA. Highlights e consumo

della diminuzione delle esportazioni, il valore del disavanzo commerciale dell’UE (esportazioni extra-UE meno importazioni extra-UE) è aumentato del 10%, ossia di 1,80 miliardi di euro, rispetto al 2020, mentre in termini reali è aumentato del 31% rispetto a dieci anni prima. Gli Stati Uniti hanno registrato un aumento delle importazioni e una diminuzione delle esportazioni, e per la prima volta in dieci anni sono stati il principale importatore netto di prodotti ittici nel mondo. Subito dopo troviamo l’UE, dove l’aumento delle importazioni è stato meno significativo. Infatti, dal 2020 al 2021, le importazioni UE di prodotti ittici sono aumentate più in termini di valore che di volume a causa di un aumento dei loro prezzi medi, un rincaro che può essere in parte spiegato dal deprezzamento del 5% dell’euro rispetto alla corona norvegese nel corso del 2021 che ha reso le importazioni dalla Norvegia più costose.

Non solo: la Norvegia è uno dei paesi da cui l’UE importa le quantità più elevate di prodotti ittici, quindi

l’apprezzamento della valuta norvegese ha contribuito ampiamente all’aumento complessivo del valore delle importazioni extra-UE, a fronte di una certa stabilità in termini di volumi importati. Si è registrato inoltre un aumento significativo delle importazioni delle specie più pregiate, destinate principalmente al settore HO RE CA

2021, anno record per i flussi intra-UE di prodotti ittici Nel 2021, per la prima volta in dieci anni, le esportazioni intra-UE hanno superato le importazioni da paesi terzi. In confronto al 2020, il valore dei flussi commerciali fra Stati membri è cresciuto del 15%, ossia di 3,4 milioni di euro. Questo potrebbe essere stato dovuto ad un aumento della produzione UE e quindi ad un intensificarsi degli scambi interni all’Unione. Infatti, le esportazioni intra-UE sono aumentate più di quanto sono aumentate le importazioni da paesi terzi, sia in termini di volume che di valore. Tuttavia, non è ancora possibile confermare questa lettura, poiché i dati consolidati

sulla produzione ittica nell’UE sono disponibili solo fino al 2020.

È invece possibile dimostrare che i flussi commerciali di prodotti ittici all’interno dell’UE consistono in gran parte in ri-esportazioni di prodotti originariamente importati da Paesi Terzi che sono spesso oggetto di molteplici scambi e fasi di lavorazione da parte degli Stati Membri una volta entrati nel mercato UE. Il valore aggiunto lungo le catene di approvvigionamento, spesso anche molto complesse, assieme alla moltiplicazione dei flussi transfrontalieri, contribuisce infatti a gonfiarne il valore.

Minimi decennali per l’approvvigionamento e per il consumo apparente Ogni anno, EUMOFA stima l’offerta totale di prodotti della pesca e dell’acquacoltura per i consumatori dell’UE (catture + produzione acquicola + importazioni; in linea con le linee guida di EUROSTAT sulla produzione e la diffusione di dati statistici da parte dei servizi della Commissione dopo il recesso del Re-

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Secondo le stime di Euromonitor, per i prodotti ittici processati è in crescita anche il consumo fuori casa tramite i servizi di ristorazione (+15% dal 2020 al 2021) e se ne prevede una stabilizzazione solo nel periodo 2024-2026.

gno Unito dall’UE, poiché il periodo di riferimento più recente è il 2020, il Regno Unito è escluso dalle aggregazioni UE di ogni anno. Inoltre, i dati dell’UE includono la Croazia dal 2013, data dell’allargamento dell’UE a questo Paese). Sottraendo le esportazioni, questa formula fornisce un’approssimazione del consumo apparente nell’UE. Come già detto, i dati consolidati sulla produzione ittica nell’UE sono disponibili fino al 2020, pertanto anche queste stime sono state elaborate fino al 2020.

Dal 2019 al 2020, sono crollate sia le importazioni che la produzione di prodotti ittici, ed è stata proprio la diminuzione della produzione interna a contribuire maggiormente alla diminuzione dell’offerta totale di prodotti ittici, che nel 2020 ha raggiunto uno dei valori più bassi in dieci anni.

Anche in questo caso, l’andamento negativo è uno degli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul settore. Infatti, la pandemia ha reso più complessa la logistica nei diversi

stadi della catena di approvvigionamento e nei flussi internazionali di merci, e le attività produttive, in particolar modo la pesca. Le esportazioni sono diminuite a loro volta; ciononostante, nel 2020 il consumo apparente nell’UE si è attestato al minimo decennale di 10,41 milioni di tonnellate di peso vivo equivalente.

Per quanto riguarda il consumo pro capite, si stima una diminuzione di 1,7 kg di peso vivo dal 2019, che l’ha portato ad un totale di 23,28 kg (di cui 16,79 kg costituiti da prodotti selvatici e 6,49 kg da prodotti di allevamento). Secondo le stime di EUMOFA e delle amministrazioni nazionali, ancora una volta il Portogallo si è distinto come il principale consumatore UE di prodotti della pesca e dell’acquacoltura, nonostante un consumo apparente inferiore rispetto a quello del 2019. Contrariamente alla tendenza negativa a livello UE, alcuni Paesi hanno riportato lievi aumenti di consumo apparente, il più alto tra i quali quello stimato

per la Bulgaria (+6%). Gli sbarchi di prodotti ittici, ivi compresi quelli di specie non destinate all’uso alimentare e quelli di alghe, hanno raggiunto 3,55 milioni di tonnellate, per un valore di 5,36 miliardi di euro. Si tratta del valore più basso registrato nel periodo 2011-2020, sia in termini nominali che in termini reali, un minimo decennale probabilmente dovuto sia agli effetti della pandemia di Covid-19, che ha causato una riduzione degli sforzi di pesca sia ad una generale riduzione delle relative quote dal 2019 al 2020.

Dinamiche recenti per alcune specie principali

Il valore delle importazioni UE di salmone è aumentato di quasi il 10% dal 2020 al 2021, fino a raggiungere un picco storico di 6,5 miliardi di euro. In termini di volume, si è registrato un aumento meno significativo (+2%), il che indica che l’aumento ha riguardato prodotti destinati al settore dell’HO RE CA., in ripresa dopo le chiusure del 2020 dovute

Corfù Sea Farm

ISO 22000 ISO 9001 ISO 14001 La qualità attraverso il miglioramento continuo è sempre stata la nostra massima priorità. Crediamo che i consumatori abbiano diritto ad un pesce gustoso, di alto valore nutrizionale, sicuro e sottoposto a severi controlli che ne garantiscano anche la sostenibilità verso l’ambiente. Siamo quindi impegnati ad implementare i migliori sistemi di Certificazione per la Sicurezza Alimentare e la Protezione del Consumatore. Spigole e orate di grossa pezzatura e di qualità Corfù Sea Farm Vathi, Kassiopi 49081 Corfù, Grecia Tel.: +30 26630 81764 Fax: +30 26630 81763 info@corfuseafarm.com www.corfuseafarm.com

Il tonno è di gran lunga la specie più consumata all’interno dell’UE. Il suo consumo riguarda prevalentemente tonno d’importazione e, solo in misura minore, tonno prodotto internamente che consiste principalmente in tonni catturati dalle flotte spagnola e francese.

alla pandemia di Covid-19. Le importazioni dalla Norvegia e dalle Isole Faroe sono state le principali responsabili dell’aumento del valore e del volume delle importazioni di salmone nel 2021.

Un’altra specie importante per il settore UE della trasformazione ittica è il pollack d’Alaska. Nel 2021, le importazioni UE hanno toccato il minimo decennale di 266.305 tonnellate, con un calo del 4% rispetto al 2020. Una probabile causa di questa riduzione risiede nella minore accessibilità del prodotto dalla Cina a seguito della chiusura dei porti cinesi alla Federazione Russa e delle misure restrittive per il Covid adottate da Pechino. Inoltre, durante la pandemia, il pollack prodotto negli Stati Uniti ha guadagnato popolarità

nel suo mercato interno potendo contare su un prezzo favorevole, con una conseguente riduzione della disponibilità di tale prodotto sul mercato UE. Allo stesso tempo però, dal 2020 al 2021, sono aumentate le importazioni UE di pollack d’Alaska dalla Russia, a tassi di crescita del 29% in termini di volume e del 31% in termini di valore, e nella prima metà del 2022, nonostante la guerra con cui la Russia ha aggredito l’Ucraina, esse hanno toccato dei picchi storici (a settembre 2022, l’Unione Europea ha vietato solo le importazioni di caviale russo e dei suoi sostituti e di alcuni crostacei).

Nel 2020, per la prima volta, le importazioni UE di filetti di tonno avevano superato quelle di tonni interi ed è stato così anche nel 2021: le

importazioni di filetti si sono attestate agli stessi volumi che avevano registrato nel 2020, ovvero circa 190.000 tonnellate, mentre quelle di tonni interi sono crollate del 21% rispetto all’anno precedente. A fine agosto 2022, il divario tra le due categorie era ancora più ampio. Dal 2020 al 2021, i prezzi all’importazione del tonno intero e del tonno in filetti sono aumentati rispettivamente del 7% e del 3%, pur rimanendo a livelli inferiori a quelli registrati nei due anni precedenti alla pandemia. Nei primi otto mesi del 2022, si sono registrati nuovi rincari.

Nel 2021, le esportazioni UE di sgombro atlantico hanno raggiunto il valore più alto degli ultimi quattro anni, ovvero 180.169 tonnellate. Il prezzo medio all’esportazione ha raggiunto 1,69 €/kg, con un calo del 3% rispetto al 2020. Nei primi otto mesi del 2022, poi, i prezzi sono aumentati di circa il 20%, sostenuti dalla forte domanda dei mercati asiatici e africani. Per il 2022, il CIEM (Consiglio internazionale per l’esplorazione del mare) ha proposto una riduzione del 7% delle quote di pesca dello sgombro atlantico, per un totale di 794.920 tonnellate. Come per il 2021, gli Stati costieri che pescano lo sgombro atlantico non sono riusciti a raggiungere un accordo sulle quote. Per la fine di settembre 2022, gli sbarchi di questa specie in Norvegia, Islanda, Isole Faroe e Regno Unito avevano registrato un aumento del 3% rispetto allo stesso periodo del 2020.

Si stima che nel 2021, la produzione acquicola di spigola e orata dell’UE sia aumentata più della produzione mondiale (ivi compresa quella dell’UE; fonte: KONTALI, Rapporto mensile su spigole e orate, ottobre 2022. Infatti, la produzione dell’UE è aumentata di circa il 10%, mentre la produzione mondiale del 5%. In confronto al 2020, i flussi commerciali tra Stati Membri hanno registrato un aumento del 6% dei prezzi per la spigola, mentre i prezzi dell’orata hanno subito un ribasso del 3%. Si prevede che la produzione UE di entrambe le specie continuerà a crescere nel 2022, ad un tasso annuo compreso fra il 3% e il 7%.

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Consumo apparente dei prodotti più consumati (2020)

di quasi 1,00 €/l e arrivando anche a toccare dei picchi ben superiori (fonte: Dashboard macroeconomica di EUMOFA). L’indice dei prezzi al consumo dei prodotti ittici nell’UE ha registrato una tendenza al rialzo nel 2021. Da gennaio 2021 a dicembre 2021, i prezzi sono aumentati del 2,4%, ma nei primi nove mesi del 2022 sono aumentati addirittura dell’8,3%. Il 2021 è stato a tutti gli effetti il primo anno col Regno Unito fuori dall’UE. Ad inizio anno, questo ha determinato il verificarsi di ritardi significativi alle frontiere. Poi la situazione è progressivamente tornata alla normalità, anche se le barriere non tariffarie successive alla Brexit (come ad esempio i dazi amministrativi o sanitari) hanno avuto un impatto negativo sui flussi commerciali. Infatti, le importazioni UE di prodotti ittici dal Regno Unito sono diminuite dell’11% in volume e del 14% in valore dal 2020 al 2021, e le esportazioni sono crollate del 29% in volume e del 38% in valore.

Come per molte altre specie, i prezzi delle esportazioni intra-UE della spigola e dell’orata sono aumentati vertiginosamente nella prima metà del 2022 (dati fino ad agosto 2022), registrando rincari del 21% e del 12%, rispettivamente.

Tendenze macroeconomiche

A differenza del 2020, nel 2021 l’euro si è deprezzato rispetto a tre valute importanti per gli operatori del settore ittico, ovvero la corona islandese, la sterlina britannica e la corona norvegese, mentre si è apprezzato rispetto al dollaro statunitense. Più nel dettaglio, si è apprezzato di quasi il 4% rispetto al dollaro statunitense, ma si è deprezzato del 3% rispetto alla sterlina britannica, del 5% rispetto alla corona norvegese e del 3% rispetto alla corona islandese. Dopodiché nei primi tre trimestri del 2022, si è deprezzato nei confronti di tutte e quattro le valute.

Il tasso di interesse della Banca centrale europea (BCE) è rimasto fisso a –0,5% da settembre 2019 a luglio 2022. Da luglio 2022 a novem-

bre 2022, il tasso è stato aumentato tre volte per contenere l’inflazione, fino a raggiungere l’1,5%. Complessivamente, nell’UE-27, l’inflazione è passata dallo 0,7% nel 2020 al 2,9% nel 2021. Tuttavia, ha subito un’accelerazione nel 2022 e a settembre il tasso medio su 12 mesi ha raggiunto il 7,7%.

Dopo il crollo dei prezzi del gasolio per uso marittimo nel 2020, causato dal calo della domanda durante la pandemia di Covid-19, i prezzi hanno iniziato a salire nel 2021, portando gradualmente a un aumento del costo del carburante per la flotta di pesca dell’UE. In media, i prezzi dei carburanti per uso marittimo sono aumentati del 48% dal 2020 al 2021, pur rimanendo leggermente inferiori alla media del 2019. Tuttavia, nel 2022, a causa dell’aggressione militare russa in Ucraina, i prezzi dell’energia, ivi compresi quelli del carburante per uso marittimo, sono saliti a livelli record. Nei primi nove mesi del 2022 sono più che raddoppiati rispetto al 2021, raggiungendo una media

Con 23,28 kg di peso vivo, nel 2020 il consumo apparente pro capite ha raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci anni Nel 2020, il consumo apparente di prodotti della pesca e dell’acquacoltura nell’UE è sceso a 10,41 milioni di tonnellate di peso vivo, continuando la tendenza al ribasso iniziata nel 2018. Il consumo di prodotti catturati ha rappresentato il 70% del totale, con 7,52 milioni di tonnellate di peso vivo, mentre quello di prodotti acquicoli il 30%, con 2,90 milioni di tonnellate di peso vivo. Nel complesso, il consumo apparente di prodotti ittici nell’UE è diminuito del 6% dal 2019 al 2020, riducendosi di circa 720.000 tonnellate di peso vivo. Questo crollo è stato dovuto sia ad una minore produzione della pesca e dell’acquacoltura, sia ad una diminuzione delle importazioni da paesi terzi. L’andamento negativo della produzione e delle importazioni è uno degli effetti che la pandemia di Covid-19 ha avuto sul settore. Infatti, la pandemia ha reso più complessa la logistica nei diversi stadi della catena di approvvigionamento e nei flussi internazionali di merci, e

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Fonte: elaborazione EUMOFA di dati Eurostat (codici dataset fishaq2a, fishcamain e DS- 575274) e FAO.

le attività produttive, in particolar modo la pesca. Si stima che dal 2019 al 2020, il consumo apparente pro capite di prodotti ittici sia diminuito di più di 1,7 kg di peso vivo, arrivando a raggiungere un totale di 23,28 kg di peso vivo, ossia il livello più basso del decennio in analisi. Di questi, 16,79 kg di peso vivo costituiti da prodotti della pesca (–9% rispetto al 2019) e 6,49 kg di peso vivo da prodotti d’allevamento (+1%). Secondo le stime EUMOFA e delle fonti nazionali, il Portogallo è di gran lunga il paese in cui si consumano più prodotti della pesca e dell’acquacoltura all’interno dell’UE. Lo confermano anche le stime relative al 2020, nonostante mostrino un calo in confronto all’anno precedente. In contrasto con l’andamento negativo a livello UE, in alcuni Paesi il consumo apparente pro capite ha registrato lievi aumenti, il più significativo quello del 6% in Bulgaria (si veda Tabella a pagina 93).

Tonno

Il tonno è di gran lunga la specie più consumata all’interno dell’UE (il consumo apparente di salmone è in realtà al primo posto. Tuttavia, in questo capitolo, la dicitura “tonno” comprende diverse specie di tonno, quindi il consumo apparente totale di “tonno” è superiore a quello del salmone). Il suo consumo apparente è stato in media di 3,10 kg di peso vivo pro capite, con un picco decennale di 3,17 kg di peso vivo pro capite raggiunto nel 2019, a causa di un significativo aumento delle forniture da parte di Paesi Terzi. Nell’UE, infatti, si consuma prevalentemente tonno d’importazione, e solo in misura minore tonno prodotto internamente, che consiste principalmente in tonni catturati dalle flotte spagnola e francese.

Occorre però precisare che la maggior parte di tali catture viene sbarcata all’estero in prossimità delle zone di pesca, dove i tonni subiscono

processi di trasformazione prima di essere esportati nuovamente. Si tratta prevalentemente di importazioni di tonno in scatola e più specificatamente di tonnetto striato, il cui consumo apparente ha raggiunto 1,64 kg di peso vivo pro capite nel 2020, e di tonno pinna gialla, il cui consumo apparente si è attestato a 980 grammi di peso vivo pro capite

Il calo del 3% di consumo pro capite di tonno registrato dal 2019 al 2020 è stato dovuto alla diminuzione delle catture.

PESCI DEMERSIALI

Merluzzo nordico, pollack d’Alaska, nasello, merluzzo carbonaro

Oltre un quinto del consumo apparente di prodotti ittici nell’UE è costituito da quattro specie demersali: il merluzzo nordico, il pollack d’Alaska, il nasello e il merluzzo carbonaro. Il consumo UE di merluz-

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Una specie importante per il settore UE della trasformazione ittica è il pollack d’Alaska.

zo nordico dipende principalmente dalle importazioni. A partire dal picco di 2,40 kg di peso vivo pro capite registrato nel 2016, esso ha seguito un andamento al ribasso dovuto ad una diminuzione sia delle catture sia delle importazioni nel periodo 2017-2020. Nel 2020, ha raggiunto 1,72 kg di peso vivo pro capite, ovvero il suo livello più basso dopo quello del 2011. Ad essere diminuite sono state anche le catture e le importazioni di nasello, determinandone una riduzione in termini di consumo apparente: il livello raggiunto nel 2020, pari a 1,03 kg di peso vivo pro capite, è stato il secondo più basso del decennio analizzato. Il consumo apparente di pollack d’Alaska nell’UE è stimato semplicemente sottraendo alle importazioni alle esportazioni, in quanto non ne esiste una produzione propria da parte degli Stati Membri. Durante il decennio analizzato, esso si è mantenuto in media a 1,71 kg di peso vivo pro capite. In linea con una sostanziale stabilità delle importazioni e della produzione di merluzzo

carbonaro, il consumo apparente di tale specie è rimasto pressoché stabile dal 2011, attestandosi nel 2020 a poco meno di 350 grammi di peso vivo pro capite, in leggero calo rispetto al 2019 dovuto sia alla minore produzione interna che alle minori importazioni.

PICCOLI PELAGICI

Aringa, sgombro, sardina La disponibilità di piccoli pelagici sul mercato UE è fondamentalmente legata all’andamento delle loro catture. L’aringa, ovvero la specie più consumata di questo gruppo di prodotti, è anche quella che mostra le catture più instabili nel tempo. Nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente pro capite di aringa ha toccato due dei livelli più bassi del decennio analizzato, crollando, nel 2019, a 1,07 kg di peso vivo pro capite e, nel 2020, a 1,10 kg di peso vivo pro capite. Nel 2019, il calo rispetto al 2018 è stato dovuto alla diminuzione delle catture, ridottesi per effetto

della riduzione del 35% delle quote di pesca dell’aringa nell’Atlantico nord-orientale (Baltico compreso), che ha interessato tutti i produttori principali, ovvero Danimarca, Paesi Bassi, Svezia, Germania e Polonia. Dall’altra parte, nel 2016, anno in cui le catture per uso alimentare avevano raggiunto picchi in due dei maggiori produttori, ossia Danimarca e Svezia, il consumo apparente di aringa aveva raggiunto il suo livello più elevato del decennio in analisi, ovvero 1,43 kg di peso vivo pro capite Per quanto riguarda lo sgombro e la sardina, il consumo apparente annuo pro capite è rimasto inferiore ad 1 kg di peso vivo per tutto il decennio. Nel 2020, entrambe le specie hanno registrato un consumo pro capite inferiore a 600 g di peso vivo.

SALMONIDI

Salmone, trota

Il consumo apparente di salmone è aumentato negli ultimi anni, sostenuto principalmente dalle importa-

zioni e dalla produzione acquicola in Irlanda. Per il 2020, se ne stima un consumo pro capite di 2,44 kg di peso vivo, un picco decennale proprio nel primo anno di pandemia, quando i produttori e gli operatori del settore della trasformazione europei si sono trovati a dover affrontare nuove sfide che non sembrano però aver scalfito la capacità di gestione dei problemi che ne sono derivati lungo la filiera.

Per quanto riguarda la trota, il consumo apparente nell’UE si è mantenuto intorno ai 500 grammi di peso vivo pro capite annui nel decennio analizzato, in linea con una sostanziale stabilità della produzione acquicola negli Stati Membri principali.

BIVALVI

Cozza, vongola

La cozza è tra i prodotti d’allevamento più consumati nell’UE, seconda solo al salmone. Le cozze consumate nell’UE sono principalmente di produzione spagnola. Infatti, la ripresa registrata dal consumo totale di cozze (catturate e allevate) è iniziata proprio nel 2014, anno in cui l’acquacoltura spagnola si è ripresa dopo il crollo del 2013 causato dalla “marea rossa” (fioriture algali). Negli anni più recenti (2019-2020), il consumo apparente di cozze si è attestato poco sotto a 1,20 kg di peso vivo pro capite, a causa di un crollo nella produzione. Il consumo apparente di vongola nell’UE si è mantenuto leggermente

al di sopra dei 300 grammi di peso vive pro capite nel 2018, nel 2019 e nel 2020, in linea con un andamento pressoché stabile delle importazioni e della produzione.

Occorre notare che, nel 2017, quando la produzione acquicola in Italia era ad uno dei livelli più alti del decennio, il consumo di vongola era più elevato, arrivando a sfiorare i 400 grammi di peso vivo pro capite.

ALTRI PRODOTTI

Gambero, calamaro, surimi Il consumo di gamberi comprende parti uguali di prodotti catturati e prodotti allevati e si basa in gran parte sulle importazioni dall’Ecuador, dall’India, dal Vietnam, dalla Thailandia, dall’Indonesia, dall’Argentina e dalla Groenlandia. Nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente di gamberi ha sfiorato i 1,5 kg di peso vivo pro capite, dopo il picco decennale di 1,60 kg di peso vivo pro capite che aveva toccato nel 2018.

Il calo del consumo apparente di gamberi dal 2018 in poi è stato in gran parte dovuto alla diminuzione della produzione olandese e tedesca di gambero Crangon. Tuttavia, per le specie di gamberi più importate nell’UE e quindi disponibili per il consumo, ovvero i gamberoni, le mazzancolle e il gambero rosso argentino, congelati o preparati/ conservati, il consumo apparente non ha mostrato variazioni di rilievo nello stesso periodo.

Per quanto riguarda il calamaro, la produzione UE è cresciuta significativamente dal 2019 al 2020; le catture spagnole di totano atlantico sono aumentate addirittura del 530%. Ciononostante, per effetto di una riduzione delle importazioni, il livello di consumo apparente nel 2020 (620 grammi di peso vivo pro capite) è stato il più basso del decennio in analisi. Infine, per quanto riguarda il surimi, poiché è costituito da diverse specie e non esistono statistiche che si riferiscano specificamente alla sua produzione, il consumo apparente viene calcolato sottraendo le esportazioni dalle importazioni.

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Nel 2021, il Portogallo ha registrato 285 euro di spesa pro capite per i prodotti ittici, quasi il triplo della media UE. Portogallo e Lussemburgo hanno registrato gli aumenti di spesa pro capite più significativi (in foto, crostacei alla Cervejaria Ramiro di Lisbona).

Nel 2018, nel 2019 e nel 2020, il consumo apparente pro capite di surimi nell’UE è stato in media di 650 grammi di peso vivo, composto in gran parte da surimi importato dagli Stati Uniti.

Spesa delle famiglie e prezzi Nel 2021, la spesa delle famiglie dell’UE per i prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha raggiunto 58,5 miliardi di euro. Se da un lato si è registrata una crescita del 7% rispetto al 2020, rispetto al 2021 l’incremento in termini reali è stato di oltre il 25%46. Il 2021 ha confermato la tendenza al rialzo registrata dal 2019 al 2020. La ragione principale per cui le famiglie dell’UE hanno speso di più per prodotti ittici nel 2021 rispetto al 2020 può essere ricondotta alle restrizioni seguite alla pandemia Covid-19, che hanno portato ad un aumento del consumo domestico. Nel decennio analizzato, infatti, non si era mai verificato un aumento simultaneo della spesa in tutti i Paesi dell’UE. Inoltre, è da notare che mentre a livello UE l’aumento è stato solo del 7%, ben 10 dei 27 Stati Membri hanno registrato aumenti del 10% o superiori e 6 Paesi hanno registrato aumenti inferiori al 7%.

L’Italia, che storicamente è il Paese con la spesa totale per prodotti ittici più elevata nell’UE, ha registrato l’incremento più significativo in termini assoluti, con un aumento di oltre 880 milioni di euro dal 2020 al 2021.

In termini relativi, i tre Paesi in cui la spesa per pesce è più alta — ovvero Italia, Spagna e Francia — hanno tutti registrato tassi di crescita del 7%. In Spagna, l’aumento in termini assoluti è stato di 724 milioni di euro, mentre in Francia di 649 milioni di euro. Nel 2021, il Portogallo, storicamente il Paese UE col consumo pro capite di prodotti ittici più elevato, ha registrato 285 euro di spesa pro capite, quasi il triplo della media UE, che si è attestata a 131 euro pro capite. Il Portogallo e il Lussemburgo hanno registrato gli aumenti di spesa pro capite più significativi, con incrementi rispettivamente di 21 euro e di 17 euro.

Prodotti della pesca e dell’acquacoltura vs carne

In tutti i Paesi dell’UE la spesa per i prodotti ittici è storicamente inferiore a quella della carne, così come lo sono i volumi consumati. Uno dei motivi per cui vengono consumati meno prodotti ittici è che, nel corso degli ultimi dieci anni, i prezzi al consumo dei prodotti ittici sono cresciuti molto più di quelli della carne. In media, per acquistare prodotti ittici, le famiglie UE spendono circa un quarto dell’importo speso per la carne. Nel 2021, infatti, queste hanno speso 231 miliardi di euro per la carne e 58,5 miliardi di euro per i prodotti ittici.

Il Portogallo è lo Stato Membro in cui il rapporto tra le due categorie di prodotti è più equilibrato. Nel 2021, la spesa per prodotti della pesca e dell’acquacoltura ha rappresentato il 45% dell’importo totale speso per i prodotti ittici e per la carne, e la carne il restante 55%. Gli squilibri più accentuati si sono registrati in Ungheria, dove la spesa per prodotti ittici ha rappresentato il 6%, e in Romania e Cechia, dove ha rappresentato rispettivamente il 6% ed il 9% del totale.

I quattro Paesi con il consumo di pesce più elevato — cioè Italia, Spagna, Francia e Germania – presentano modelli di spesa diversi. In Italia, la spesa per prodotti ittici rappresenta un quarto di quella per la carne, in Spagna meno di un terzo, in Francia meno di un quinto, e in Germania circa un sesto. I dati del 2021 confermano queste percentuali.

Dal 2012 al 2021, i prezzi al consumo dei prodotti della pesca e dell’acquacoltura sono aumentati in media del 2,1% all’anno, un tasso di crescita maggiore rispetto a quello dell’1,5% registrato per i prezzi della carne e per quelli di tutti i prodotti alimentari in generale. Ciò significa che nello stesso periodo, i prezzi dei prodotti ittici sono cresciuti del 30% in più rispetto ai prezzi della carne e dei prodotti alimentari in generale. I prezzi medi dei prodotti ittici hanno cominciato a crescere in modo significativo a partire dal 2016 e, nel 2021, si sono attestati ad un

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In tutti i Paesi dell’UE la spesa per i prodotti ittici è storicamente inferiore a quella della carne, così come lo sono i volumi consumati. Uno dei motivi per cui vengono consumati meno prodotti ittici è che, nel corso degli ultimi dieci anni, i prezzi al consumo dei prodotti ittici sono cresciuti molto più di quelli della carne.

livello superiore del 20% rispetto a quello che avevano registrato nel 2012, in termini reali. Tale incremento è in linea con l’aumento dei prezzi all’importazione, dato che la domanda dell’UE di prodotti ittici viene soddisfatta essenzialmente attraverso le importazioni. Nello stesso periodo, sono aumentati anche i prezzi della carne e in generale quelli dei prodotti alimentari, anche se a tassi molto più bassi.

È inoltre interessante notare che, dal 2020 al 2021, la spesa per prodotti ittici è cresciuta in maniera significativa (+7%), e in misura maggiore dell’inflazione dell’1,5% riportata dai prezzi di tali prodotti nello stesso periodo. Si potrebbe quindi desumere che l’aumento di spesa registratosi dal 2020 al 2021 non sia stato un mero effetto dell’inflazione, ma che le famiglie UE abbiano effettivamente speso di più per l’acquisto di prodotti ittici. Questo risulterebbe coerente col fatto che le restrizioni seguite alla

pandemia di Covid-19 hanno portato ad un incremento della spesa per consumo domestico a scapito dei servizi di ristorazione. Secondo dati più recenti, nei primi cinque mesi del 2022 c’è stato un aumento notevole dei prezzi dei prodotti ittici (+5,9%), in linea con l’aumento dei prezzi della carne e di altri prodotti alimentari, un fenomeno da ricollegarsi al forte rialzo dei prezzi dell’energia e in generale dei costi che ha colpito la maggior parte degli operatori di questi settori produttivi.

Guardando ai diversi Paesi, i cambiamenti più significativi da un anno all’altro sono stati osservati a Cipro e in Irlanda. A Cipro, la quota di spesa per i prodotti ittici è cresciuta del 58%, mentre in Irlanda del 38%, grazie ad aumenti che hanno riguardato la quota di spesa per prodotti ittici di tutti gli stati di conservazione.

In Ungheria, si è osservato un aumento del 26%, dovuto ad un incremento del 71% registrato per

la categoria di prodotti congelati. In Portogallo, ovvero nel Paese con la quota di spesa per prodotti ittici più alta nell’UE, si è registrato un aumento del 9%, dovuto ad un incremento del 27% registrato per la i frutti di mare freschi e refrigerati.

Consumo di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie

Nel 2021, il consumo di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie negli 11 Paesi oggetto dell’analisi, ovvero Spagna, Italia, Francia, Germania, Portogallo, Polonia, Paesi Bassi, Danimarca, Irlanda, Svezia e Ungheria (elencati a partire dal Paese che ha registrato il consumo maggiore nel 2021), ha totalizzato 1,43 milioni di tonnellate, in calo di 23.587 tonnellate rispetto all’anno precedente (–1,6%), un’inversione di tendenza dopo due anni di crescita che aveva fatto registrare aumenti dello 0,7% dal 2018 al 2019 e del 4,3% dal 2019 al 2020. Il forte aumento registrato nel 2020 e poi il calo nel 2021 sono

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probabilmente correlati all’aumento del consumo domestico durante le prime ondate della pandemia per tutto il 2020, quando le restrizioni nei servizi di ristorazione erano più severe. I Paesi in cui il consumo è diminuito maggiormente sono stati la Svezia, soprattutto a causa di un calo del consumo di salmone e aringa, e la Spagna, soprattutto a causa del calo del consumo di nasello e sardina. In termini di valore, il consumo ha raggiunto un valore di 14,7 miliardi di euro, il più alto raggiunto nel quinquennio preso in analisi. Gli aumenti più considerevoli dal 2020 al 2021 si sono verificati in Italia e in Polonia: in Italia, l’incremento di valore è stato dovuto principalmente all’aumento dei prezzi di quasi tutte le principali specie consumate ed in particolare del nasello, mentre in Polonia la crescita è riconducibile al notevole aumento del prezzo della carpa (+42%). Il salmone è stata la specie più consumata in otto degli undici paesi analizzati, ovvero Danimarca, Francia, Germania, Irlanda, Paesi Bassi, Polonia, Spagna e Svezia. Le specie più consumate negli altri paesi monitorati sono riportate nei paragrafi seguenti.

Focus sui primi tre Paesi consumatori

Spagna

Il consumo in Spagna, Italia e Francia ha rappresentato nel 2021 quasi l’80% del volume e del valore complessivo di prodotti ittici freschi consumati dalle famiglie degli 11 Paesi analizzati. Del totale di prodotti ittici freschi consumati da parte delle famiglie in questi 11 Paesi, solo la Spagna ha rappresentato il 41% dei volumi e il 35% del valore. Nel 2021, le famiglie spagnole hanno consumato 590.616 tonnellate di pesce fresco per un valore di 5,16 miliardi di euro, con un calo del 9% in volume e del 3% in valore rispetto al 2020. Tuttavia, come già detto, nel 2020 si era registrato un picco da considerarsi eccezionale, a causa della pandemia Covid-19. Nel quinquennio analizzato, il fenomeno principale è stato il continuo decremento del consumo di nasello,

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diminuito in media del 10% all’anno, accompagnato da una crescita costante del consumo di salmone. Infatti, nel 2021 per la prima volta il consumo di salmone ha superato quello di nasello. Il consumo di salmone aveva registrato un notevole aumento dal 2019 al 2020 (+28%). Nel 2021, si è attestato a 68.449 tonnellate, il picco del quinquennio in analisi, mentre il suo prezzo è diminuito del 2% rispetto al 2020, fino a raggiungere una media di 9,77 €/kg, uno dei prezzi più bassi per il salmone fresco nei paesi presi in esame, secondo solo al prezzo pagato dalle famiglie portoghesi.

Per quanto riguarda il nasello, il consumo ha continuato a registrare un calo annuo del 10%, crollando a 62.495 tonnellate nel 2021, mentre il suo prezzo, in aumento di anno in anno dal 2017, ha raggiunto i 9,25 €/kg, con un rincaro del 9% rispetto al 2020. Nonostante gli aumenti di prezzo registrati di anno in anno nel quinquennio analizzato, il continuo andamento negativo in termini di volume ha generato diminuzioni annuali in termini di valore totale. La sardina, terza specie più consumata dalle famiglie spagnole tra

i prodotti ittici freschi, ha raggiunto nel 2021 un picco quinquennale in termini di prezzo, attestandosi a 6,24 €/kg. Rispetto al 2020, il rincaro è stato significativo (+20%), a fronte di una riduzione del 12% dei volumi consumati, crollati a 56.463 tonnellate, ovvero la quantità più bassa degli ultimi cinque anni. Il consumo di orata, dopo essere aumentato del 21% dal 2019 al 2020, non ha subito variazioni rilevanti dal 2020 al 2021, mentre è stata registrata una crescita considerevole per quanto riguarda il consumo di merluzzo nordico: con un incremento del 46% dal 2020 al 2021, esso ha raggiunto il picco quinquennale di 39.179 tonnellate. Anche in termini di valore si è osservato un picco quinquennale, nonostante il prezzo sia diminuito del 10% e abbia raggiunto 8,40 €/kg, il più basso nel periodo in analisi. Da notare che il prezzo del merluzzo nordico in Spagna è di circa la metà di quello degli altri Paesi esaminati, probabilmente perché in Spagna viene consumato prevalentemente merluzzo nordico poco lavorato.

Italia

L’Italia copre quasi un quarto del consumo totale di prodotti ittici freschi da parte delle famiglie dei paesi oggetto dell’indagine, sia in termini di volume che di valore. Nel quinquennio in esame, l’andamento del consumo delle famiglie italiane è stato altalenante: prima è diminuito dal 2017 al 2018, poi c’è stata una ripresa nel 2019, e poi un’altra diminuzione nel 2020. Il calo del 2020 è stato dovuto ad una riduzione dell’offerta, in quanto i problemi logistici e di trasporto nelle fasi iniziali della pandemia di Covid-19 hanno avuto un impatto sui prodotti con una breve durata di conservazione, come il pesce fresco. Nel 2021, il consumo è cresciuto nuovamente attestandosi a 324.426 tonnellate, in aumento del 5% rispetto al 2020. L’aumento è stato in gran parte dovuto all’incremento dei consumi di orata e spigola, ciascuno in crescita del 13% rispetto al 2020. Per l’orata, l’aumento del consumo è stato accompagnato da un leggero calo del prezzo (–3%), che ha raggiunto i 9,32 €/kg, mentre

il valore totale ha raggiunto il picco quinquennale di 366 milioni di euro. Per la spigola, il prezzo ha raggiunto il picco quinquennale di 10,25 €/kg grazie ad un rincaro del 7% rispetto al 2020, contribuendo così al picco quinquennale che è stato registrato in termini di valore. Questo è stato anche il prezzo più alto della spigola tra i paesi esaminati. Anche il consumo di salmone ha registrato una crescita significativa in termini di volume, raggiungendo un picco quinquennale di 22.653 tonnellate e un aumento del prezzo del 3%, che ha raggiunto i 14,50 €/kg.

Francia

Nel 2021, il consumo di prodotti freschi della pesca e dell’acquacoltura da parte delle famiglie francesi ha raggiunto un picco quinquennale, con una crescita del 6% in volume e del 5% in valore rispetto all’anno precedente. A generare questo aumento è stato soprattutto il consumo di salmone. Dopo l’aumento del 27% registrato dal 2019 al 2020, i volumi di salmone fresco consumati in Francia sono continuati ad aumentare nel 2021 (+12% rispetto all’anno precedente), attestandosi a 34.342 tonnellate. Il prezzo medio ha continuato ad abbassarsi, attestandosi a 17,40 €/kg nel 2021, in calo del 3% dal 2020. Ciononostante, in termini di valore totale, il consumo di salmone ha comunque raggiunto un picco quinquennale attestandosi a poco meno di 600 milioni di euro.

Il merluzzo nordico, la seconda specie più consumata in Francia, ha visto il suo consumo riprendersi nel 2021 dopo tre anni di declino, con un aumento in termini di volume di 17.532 tonnellate (+7%) rispetto al 2020. Il prezzo medio è sceso del 2%, raggiungendo 17,70 €/kg, ma il valore totale del consumo è aumentato del 5%. Il consumo delle altre specie principali in Francia non ha registrato variazioni significative nel periodo in esame.

Il mercato ittico dell’UE Edizione 2022

EUMOFA – European Market Observatory for Fisherie and Aquaculture products

www.eumofa.eu/it/home

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Il mercato ittico dell’UE, Ed. 2022.

Tonno in scatola, analisi ANCIT

Produzione e consumi in calo per l’incremento dei costi ma cresce il valore di mercato e regge l’occupazione

Sono un patrimonio di storia, tradizione mediterranea ed eredità culturale nonché un comparto strategico del made in Italy con un retaggio antico e un saper fare unico al mondo. Il settore delle conserve ittiche fa scuola nel mondo, rappresentando un valore per il territorio e per il nostro Paese. E quello del tonno in scatola, che guida produzione e consumo, si conferma come uno dei settori più virtuosi dell’industria alimentare italiana: l’Italia è il secondo produttore europeo dopo la Spagna, nonché uno dei più

importanti mercati per il consumo di questo alimento a livello globale. Ma sono anche acciughe sotto sale e sottolio, sgombri, sardine, salmone, vongole e antipasti di mare a fare del comparto il simbolo della tradizione gastronomica italiana, contribuendo al prestigio del made in Italy in tutto il mondo.

Eppure, caro prezzi, inflazione e inarrestabile aumento dei costi produttivi hanno avuto il loro impatto. Secondo le elaborazioni di ANCIT (Associazione nazionale conservieri ittici), l’industria del tonno in

scatola nel 2022 ha registrato una produzione nazionale di 77.411 tonnellate, in flessione del –7,70% sul 2021 e il volume del prodotto totale disponibile per il mercato italiano è sceso a 150.660 tonnellate (–5% sul 2021), circa 2,55 kg di consumo pro capite, mentre i consumi sul canale retail (GDO + Discount) hanno sostanzialmente tenuto, a fronte di un valore totale di mercato, che include tutti i canali, di circa 1.550 milioni di euro (+11,91% sul 2021), per un settore che conta circa 1.500 addetti.

102 IL PESCE, 4/23 SPECIALE CONSERVE ITTICHE

Nello stesso arco di tempo, le esportazioni hanno raggiunto quota 31.824 tonnellate (–4,47%), in cui prevalgono i Paesi dell’UE come Germania e Grecia, sui Paesi Terzi come Canada, Arabia Saudita ed Emirati Arabi. Mentre le importazioni sono cresciute a 100.613 tonnellate (+7,86%).

Per quanto riguarda il comparto conserviero ittico che, oltre al tonno in scatola, comprende anche le altre conserve, quali sgombri, acciughe, sardine, si stima un fatturato 2022 di circa 1.875 milioni di euro (+5,33%

sul 2021). «Il settore ha resistito contenendo al massimo l’impatto ma ha risentito pesantemente della crisi in atto» ha commentato SIMONE LEGNANI, presidente di ANCIT. «Scendendo nel dettaglio, il fatturato è aumentato perché guidato dall’inflazione e la produzione italiana è diminuita rispetto agli anni precedenti pur rimanendo positiva rispetto al pre-Covid, mentre il consumo, soprattutto a livello pro capite, si è riallineato con il 2019.

Anche le esportazioni hanno subito un arresto al trend di crescita e le importazioni sono aumentate come conseguenza ovvia della situazione. Benché il nostro settore si sia comportato meglio di altri, permane forte la preoccupazione che il 2023 confermi le tendenze del 2022. Il panorama produttivo è diversificato e, solo per il tonno all’olio d’oliva, i costi di produzione sono aumentati mediamente del 20-30%; di questi, solo la metà è stata assorbita dalla GDO con relativa contrattazione, la restante parte è stata assorbita dalle aziende. E, purtroppo, l’incremento di alcune materie prime, in particolare dell’olio, lascia presumere che la situazione si accentuerà ulteriormente».

L’impegno del settore: garantire gli stessi standard qualitativi di sempre I costi dell’attività produttiva hanno raggiunto livelli intollerabili. Pur non risultando un settore altamente energivoro, il settore conserviero ittico ha sofferto i continui rialzi energetici dell’ultimo anno, delle materie prime utilizzate dal comparto a partire dal pesce, fino all’olio ed ai materiali di imballaggio (lattine, vasetti in vetro, carta che sono prodotte da filiere energivore). Inoltre, ulteriore elemento di criticità, la scarsezza di piogge che ha colpito l’Europa ha determinato un raccolto di olive scarso con ripercussioni sulla disponibilità di olio di oliva, il cui impiego è indice di tradizione, e con conseguente sensibile incremento del prezzo che oscilla tra i 6 e i 9 euro al chilo (fonte: ISMEA, quotazione del 16 maggio 2023). Si tratta di un aumento incontrollato di una delle materie prime secondarie. Nella se-

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conda parte del 2022, a peggiorare ulteriormente le cose, si è aggiunto l’apprezzamento del dollaro USA nei confronti dell’euro.

«Temiamo che questa situazione permanga e che caratterizzi anche la seconda parte di quest’anno —continua Legnani — ma faremo di tutto per contenere ancora l’impatto negativo, compatibilmente con le difficoltà che ci troveremo a fronteggiare. Quella delle conserve ittiche è una filiera e proprio le sue caratteristiche non ci consentono di vedere la luce a breve termine. A fronte di questo scenario, non possiamo che sperare in una riduzione dei costi a monte».

Il settore chiede anche un aiuto alle istituzioni per superare l’ingiusta penalizzazione che colpisce le industrie che trasformano e commercializzano prodotti ittici in materia di aiuti di “stato de minimis”. «Dobbiamo poter beneficiare degli stessi massimali previsti per le

altre imprese, a partire dal quadro temporaneo di aiuti alle imprese concesse a seguito dell’aggressione della Russia all’Ucraina. Nonostante tutto — conclude Legnani — il nostro impegno sarà quello di continuare a garantire al consumatore la sicurezza alimentare, la qualità, l’eccellenza e gli stessi standard alti per cui tonno in scatola e conserve ittiche sono fortemente apprezzati anche in momenti di difficoltà».

È la conferma che l’incremento dei costi non avrà alcuna conseguenza sulla qualità e che il tonno in scatola continuerà ad essere un alimento accessibile a tutti, versatile, pratico e di un ricco profilo nutrizionale (Omega-3, vitamina D), prezioso come fonte proteica (25,2 grammi per 100 grammi di prodotto sgocciolato) a fronte di un costo contenuto.

Grazie alla capacità di resilienza di questo settore e la responsabilità dell’industria, i conservieri ittici confidano di non far mai mancare

il tonno in scatola sulle tavole agli Italiani, riuscendo ad assorbire gran parte dell’aumento fuori controllo dei costi di produzione e contenendo al minimo le ricadute sul consumatore.

Innovazione verso tradizione: il capitale umano dietro una scatoletta di tonno

La storia delle conserve ittiche è frutto di secoli di memoria e cultura di un Paese, tramandati di generazione in generazione: un saper fare antico che risponde a regole precise, ancora valide. Il comparto delle conserve ittiche ha saputo evolversi, adeguandosi alle esigenze moderne, con l’avvento di nuove tecnologie e tecniche di produzione che hanno permesso di innalzare ai massimi livelli gli standard qualitativi e igienico-sanitari, pur restando fedele alla tradizione. Macchine di ultima generazione a raggi infrarossi, impianti automatizzati, barriere tecnologiche alle contaminazioni, certificazioni di qualità, protocolli sanitari per l’alimentazione: anche se l’innovazione ha fatto passi da gigante, in tutti i processi, anche i più automatizzati, è l’elemento umano ad essere insostituibile per controllare un sistema di produzione sempre più complesso e sono tante le professionalità che concorrono al successo della scatoletta di tonno.

Una curiosità: nell’industria ittica è alta la presenza di personale femminile. Uno dei patrimoni del comparto è rappresentato, infatti, in maniera esemplare dalla capacità e dall’abilità delle donne. Tradizionalmente, merito della grazia e delicatezza delle mani femminili, le donne erano addette soprattutto alla pulitura e selezione dei tranci di tonno per l’inscatolamento e alla cosiddetta “arringatura” delle alici. Oggi a queste figure, con l’evoluzione del settore, se ne affiancano anche altre che rivestono ruoli di responsabilità e compiti direttivi nella produzione e nell’amministrazione. Il settore delle conserve ittiche, per la sua storia, da sempre applica il sistema delle “quote rosa”.

Fonte: ANCIT – Associazione Nazionale Conservieri Ittici

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Grazie a capacità di resilienza del settore e responsabilità dell’industria, i conservieri ittici confidano di non far mai mancare il tonno in scatola sulle tavole agli Italiani, assorbendo gran parte dell’aumento dei costi produttivi e contenendo al minimo le ricadute sul consumatore
Secondo ANCIT, l’industria del tonno in scatola nel 2022 ha registrato una produzione nazionale di 77.411 t, in flessione del –7,70% sul 2021.

Conserve ittiche: tutti i perché del loro gradimento

Le conserve ittiche sono prodotti sicuri, salutari e totalmente naturali, che non necessitano la presenza di conservanti, perché non ne hanno bisogno. Vanno conservate in dispensa perché le confezioni, una volta riempite, vengono chiuse ermeticamente e, grazie al processo termico di sterilizzazione e all’utilizzo di 2 ingredienti come sale e olio o acqua (nel tonno o nelle altre conserve al naturale), non è necessario nessun altro tipo di agente, garantendo una conservazione sicura per diversi anni.

Le scatolette in banda stagnata o alluminio offrono al consumatore praticità e lunga conservazione,

mantenendo nel tempo l’integrità e le proprietà organolettiche del pesce fresco. I progressi tecnologici compiuti dalle aziende produttrici hanno comportato una costante riduzione

Sicure, pratiche e con una lunga shelf-life, democratiche, contemporanee e interpreti di valori attuali quali versatilità e assenza di stagionalità, accessibili e anti spreco: sono le conserve ittiche, il cui settore fa scuola nel mondo, rappresentando un valore per il nostro Paese

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1. Sono sicure 2. Sono pratiche e hanno una lunga shelf-life

del peso dei contenitori. Il peso medio del contenitore metallico è diminuito del 6%, favorendo e agevolando la trasportabilità del prodotto. Il peso di una scatoletta monoporzione è di 24,5 grammi di acciaio (nel formato di 80 grammi di tonno), può essere trasportato facilmente. Il metallo è estremamente resistente garantendo il 100% di protezione contro ossigeno, gas, luce, umidità e altre contaminazioni. La deperibilità delle conserve ittiche risulta azzerata. Non scadono mai e hanno una shelf-life di diversi anni

3. Non conoscono limiti geografici e culturali

Le conserve ittiche sono “democratiche” : non hanno barriere culturali, geografiche o religiose, sono protagoniste di tante diverse culture alimentari (dall’araba all’asiatica, alla mediterranea). E sono un problem solver del pasto: perfette per occasioni di consumo fuoricasa, come il pranzo in spiaggia, in barca o un trekking in montagna, ma ideali

anche nelle cene last minute da soli o tra amici. Sarà anche perché non vanno cotte, refrigerate e condite e, nel caso del tonno in scatola, è il preferito dai principianti ai fornelli. Non mancano mai nella cambusa di un buon marinaio e sono ideali per gli amanti dell’aria aperta che praticano il campeggio.

4. Sono contemporanee e interpreti dei valori attuali Le conserve ittiche sono in armonia con lo spirito dei tempi Nei nuovi stili di vita che si vanno sempre più affermando c’è sempre meno spazio e tempo per cucinare e dedicarsi alla preparazione del cibo. Le nuove famiglie e le ultime generazioni si affidano sempre più a soluzioni facili, capaci però di rispettare alcune importanti regole alimentari e dietetiche. Le conserve ittiche sono espressione di importanti valori attuali: tempo (nel senso di risparmio), facilità, salubrità, convenienza, gusto e praticità

A questi elementi si aggiungono la versatilità e l’assenza di stagionalità

5. Sono accessibili e anti spreco Conservano nel tempo le proprie caratteristiche qualitative, riducono gli sprechi alimentari e garantiscono un importante risparmio di risorse a monte, non necessitano di energia per la conservazione, consumarle non richiede dispendio di energia, perché non è necessario cuocerle e i materiali per il confezionamento sono totalmente riciclabili La deperibilità del contenuto ne risulta azzerata e sono disponibili in confezioni monouso che evitano lo spreco del pesce: solo l’1% finisce nel cestino. L’acciaio è riciclabile al 100% e praticamente all’infinito. Grazie al riciclo del metallo è possibile risparmiare fino al 75% (acciaio) e fino al 95% (alluminio) dell’energia utilizzata per produrre la materia prima.

Fonte: ANCIT – Associazione Nazionale Conservieri Ittici

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A Burano, isola di pescatori, a lezione di sarde in saor

Burano si trova nella parte settentrionale della laguna di Venezia, a circa 10 km da Piazza San Marco. Subito si rimane abbagliati dalle casette colorate con tinte vivaci e dalle barche ormeggiate lungo i canali. Tra i tanti venditori di souvenir, sull’isola resistono alcuni pescatori che continuano a portare avanti il rito più importante della laguna: quello della pesca. La cooperativa dei pescatori riunisce coloro che si dedicano ancora a raccogliere ciò

che la laguna produce, nonostante la loro attività sia troppo spesso disturbata dai vaporetti carichi di turisti. Il mare della Serenissima è tuttora capace di stupire e di regalare reti piene, nonostante negli ultimi decenni la pesca in questo tratto di Adriatico sia molto cambiata.

Storicamente la pesca lagunare si è sempre distinta per essere un’attività multi-attrezzo e multi-specie. A seconda del periodo stagionale, infatti, i pescatori si dedicavano

a specie diverse, utilizzando una moltitudine di attrezzi.

Le due tecniche più diffuse erano quella con le reti e quella a strascico. Tra le reti più utilizzate si annoverano la “seragia”, la “trèssa” e la “chebe”, che rimanevano nell’acqua per lunghi periodi prima di essere tirate dai pescatori. Dalle barche si pescava con la “togna”, cioè la lenza arrotolata su di un pezzo di legno o di sughero. Mentre per la pesca notturna si utilizzava una fiaccola

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I colori sgargianti delle casette di Burano.

di canne, la “fàgia”, da cui deriva il nome di una tecnica di pesca tuttora utilizzata, il “fagiarotto”1

La pesca tradizionale a Burano viene ancora praticata soprattutto nei periodi di Quaresima e “fraìma”

Il primo va dalla fine dell’inverno all’inizio dell’estate (marzo-giugno); il secondo coincide con i mesi autunnali (settembre-novembre). La Quaresima coincide con l’entrata in laguna (montata) delle specie a riproduzione marina e con il periodo riproduttivo delle specie a riproduzione lagunare. Il secondo tempo, invece, sfrutta i comportamenti migratori delle specie verso le acque lagunari più profonde e il mare, in conseguenza della diminuzione di temperatura dell’acqua sui bassi fondali lagunari.

Chi pesca ancora con i metodi tradizionali lavora quasi esclusivamente con attrezzi fissi da posta, che vengono controllati e salpati regolarmente per la raccolta del pescato. Il lavoro dei pescatori comincia il pomeriggio, poco prima del calar del sole, quando escono al largo per la giornata di lavoro. Si dirigono verso la laguna oppure verso le bocche di porto e da lì, a seconda che siano “seragianti” (pescatori di granchi o gamberi che stendono le reti in acque basse), “caparozzolanti” (raccogli-

tori di caparozzoli, le famose vongole di laguna), o “maranti” (coloro che vanno a pesca di scorfani, passarini, sarde e sardoni), organizzano la pesca. Proprio le sarde pescate in mare sono le protagoniste di uno dei piatti più conosciuti da queste parti: le sarde in saor.

Anche nota come “sardella” o “bianchetto”, la sardina appartiene alla famiglia Clupeidae. Può raggiungere una lunghezza massima di 20 cm, ha una carne semigrassa ed è fra i pesci più ricchi di proteine nobili, sali minerali (fosforo, potassio, calcio e selenio) e vitamine del gruppo B. In cucina viene impiegata in diversi modi: fritta, al forno, arrosto, marinata o come base di sughi. In commercio la si può trovare salata o sottolio ad un prezzo molto popolare, dovuto all’abbondante reperibilità sui mercati.

La versione “in saor” di Burano ha un sapore agrodolce, dovuto alla presenza di aceto e cipolla, necessari per garantire la lunga durata della pietanza. La buona conservazione è, infatti, la ragione che ha portato alla nascita di questa ricetta tradizionale. Mentre oggi i pescatori escono al tramonto e rientrano a notte fonda, un tempo, quando le barche erano spinte solo dalla forza dei remi, stavano al largo anche per

40 giorni. Il saor (letteralmente “in sapore”) era, quindi, l’unico modo per nutrire i pescatori, che restavano in barca per tanto tempo, senza avere la possibilità di procurarsi del cibo o di conservare a lungo quello a bordo. A questo si aggiunge il fatto che i marinai erano soliti consumare cipolle per scongiurare lo scorbuto, una carenza vitaminica molto diffusa tra chi andava per mare, perché non aveva la possibilità di nutrirsi in modo appropriato.

Sulle imbarcazioni le sarde si gustavano con la polenta, cotta nell’acqua di laguna. Alcuni storici fanno risalire questo piatto straordinario, addirittura, al 1300.

La ricetta tradizionale prevede un primo passaggio di pulitura dei pesci: si tolgono le interiora e la testa, mentre viene mantenuta la coda. Le sarde vengono quindi lavate sotto acqua corrente e lasciate sgocciolare per qualche minuto; si infarinano una ad una e si friggono in olio bollente, fino a quando risultano rigide e perfettamente croccanti. Per preparare il saor, invece, si tagliano le cipolle a fette sottili e si friggono in olio, un pizzico di sale, due bicchieri di aceto e un cucchiaio di zucchero. La cottura è lenta e a fuoco basso, fino a quando le cipolle non risultano del tutto cotte e restano croccanti. Alla fine, si posizionano le sarde in una teglia, alternandole a strati di cipolle con il liquido di cottura. Alcuni aggiungono altro aceto, finché i pesci non risultano completamente sommersi. Le sarde così preparate vengono lasciate riposare per un paio di giorni prima di essere servite.

La versione veneziana del “saor” si unisce a ricette simili come il “carpione” dei laghi lombardi, lo “scapece” del Mezzogiorno d’Italia o lo spagnolo “escabeche”. Tutte antiche preparazioni accomunate dall’idea di trattare il pesce con aceto per esaltarne le caratteristiche e allungarne la conservazione. Rimedi dovuti alla necessità ma pur sempre creazioni geniali.

1 www.isoladiburano.it/it/pesca. html

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Sarde in saor (photo © Hans Geel).
Nota

Pesce, sale, limone, cipolla

e peperoncino

Cinque ingredienti per un ceviche

Il pesce crudo è gioia e dolori. I dolori li affrontiamo subito, ricordando batteri, virus e altri parassiti che può contenere se non viene rispettata la catena del freddo. Ma anche la difficoltà nel tagliarlo in maniera corretta e nel presentarlo nel modo migliore. La gioia si chiama tartare, carpaccio e ceviche. O seviche. O cebiche. Scegliete la pronuncia e la ricetta che più preferite, dal Perù (dove nel 2004 è stato dichiarato Patrimonio Nazionale Culturale e dal 2008 ha un giorno ufficiale, il 28 giugno) ad altri Paesi dell’America Latina. Ma non privatevi di questo pesce marinato agli agrumi e piccante servito come antipasto o come portata principale.

Nato in età precolombiana, quando il succo era di frutta locale fermentata mescolata ad acqua di mare, ha tra i componenti principali limone (o lime) e cipolla rossa, a cui si è aggiunto il peperoncino. Il pescato del giorno è perfetto, compresi i frutti di mare: parliamo di branzino, tonno, sogliola, sardina, capasanta, crostacei, cernia, dentice e sgombro, tra gli altri.

Inizialmente non si prestava molta attenzione al taglio , ma quando il ceviche è arrivato all’attenzione dei pescatori di Okinawa, l’hanno impreziosito con la loro perfezione nel crearne dei cubetti simmetrici.

Il servizio al momento garantisce una carne soda e profumata al punto giusto, ma se viene preparato in anticipo la commistione dei sapori sarà superba. A casa si consiglia un tempo che va da 30 minuti alle 2 ore: osserva e assaggia per trovare

quello adatto a te (non esagerare o diventerà gommoso).

La marinata agli agrumi è ciò che differenzia il ceviche dagli altri piatti di pesce crudo, ma ho letto di esperti del settore che usano birra o aceto di mele o succo d’uva (NIGELLA

LAWSON aggiunge Mexicola: «Non posso dire di avere una formula esatta per preparare questo semplice drink: io verso e basta. Ma annoterò quello che faccio di solito, giusto per far procedere le cose chiaramente. Metto un bicchierino di Tequila in un bicchiere, la copro con dei cubetti di ghiaccio e aggiungo molte fette di lime, poi riempio con Coca Cola o Pepsi molto fredde»).

Prima però il pesce deve essere trattato con sale e leche de tigre, che lo fanno trasudare e gli danno un sapore acido e cremoso. Come contorno, mais e patate dolci, canchita (pop corn peruviano), chips di platano fritte, tortillas croccanti. E il liquido può anche diventare l’ingrediente di un originale cocktail.

In Italia il ceviche è arrivato nei primi 2010s, diffondendosi nei ristoranti gourmet delle principali città, per poi estendersi ovunque, anche nei chioschi di street food etnico fino ad arrivare a vere e proprie cevicherias.

Lo amiamo ormai in tutte le sue versioni, variegato sia negli ingredienti che nella presentazione. JAMIE PASQUE, chef peruviano, nel 2016 ne offriva ben sette tipi diversi nel suo locale, tra cui il più originale era l’Hulk, chiamato così per il colore verde e composto da ostriche, capesante, cozze, quinoa nera e leche de tigre di erbe. DANIEL CANZIAN ha

modellato tonno, branzino, avocado e ombrina marinata con acqua allo zafferano a forma di cubo di Rubik. JORGE MUÑOZ ha colorato il pesce del mercato con melograno, olio d’oliva, mandorle, coriandolo messicano e peperoncini spagnoli.

CARLO PERSIA cuoce al vapore la rana pescatrice e nella salsa ci sono peperoni, frutto della passione e jalapeño VICTOR ALBISU serve ceviche hamachi in crosta con sale all’ibisco. ELLY MCCAUSLAND, ceviche di salmone con bergamotto, avocado, coriandolo e pinoli tostati. CLAUDIO SADLER, ceviche di astice, salsa verde e veli di nervetti di vitello. ROBERTO VALBUZZI, ceviche di capesante, tartare di mela e brodetto di sedano speziato.

MERET BISSEGGER lo usa per farcire i pomodori. TOM HUNT, infine, usa verdure estive: “Con le patate viola, i pomodori gialli e il coriandolo verde, questo piatto è vivace e ha i colori dell’arcobaleno. I funghi orecchioni bianchi fungono da spugna, assorbendo l’intenso latte di tigre per creare un’insalata rinfrescante perfetta in estate”.

In cucina, noi possiamo aggiungere al ceviche che abbiamo preparato elementi quali avocado, mango, maionese e/o salsa piccante per una consistenza più cremosa (e per sostituire il leche de tigre), latte di cocco, pomodorini ciliegia… anche il cioccolato. D’altronde, in certe zone il piatto è considerato un afrodisiaco, per cui potrebbe anche essere un’ottima occasione per preparare qualcosa in coppia, divertendosi e “giocandoci” sperimentando. Perché no?

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Il ceviche è una ricetta messicana a base di pesce crudo oggi diffusa in tutto il mondo (photo © Adri Valls x Unsplash).

Raffilù: quando frollatura vuol dire sostenibilità e futuro

In pieno centro a Peschiera del Garda (VR), Fabio Gambini mette in tavola la sua idea di cucina circolare, etica e sostenibile. L’obiettivo è esaltare il gusto del pesce, dalla testa alla coda, e ridurre al minimo lo spreco alimentare.

Come? Serve la giusta cultura di frollatura e lavorazione di prodotto

Raffilù, ristorante in pieno centro a Peschiera del Garda (VR), è il palcoscenico dove va in scena l’ultimo atto di un’opera teatrale che FABIO GAMBINI ha iniziato a scrivere al Vecchio Mulino Beach, l’altro locale storico di famiglia con annesso laboratorio

di trasformazione. In quello che un tempo era un edificio scolastico con una vista magnifica sul canale di mezzo e sul famoso Ponte dei Voltoni, il protagonista è il pesce, dalla testa alla coda, e il tentativo, si fa per dire, è quello di avvicinarlo sempre di più

al maiale: non si butta via niente, o quasi, quinto quarto compreso. Dal 2018 i primi esperimenti di cucina circolare, essiccando le spine dalle quali ricavare una polvere di mare estremamente sapida da usare come condimento sui secondi

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di pesce al posto del sale. I test sul primo prosciutto di pesce risalgono al 2019. Nel 2020 l’inaugurazione di Raffilù con un menu simile a quello della struttura principale. L’introduzione della salumeria e della frollatura del pesce solo nel 2021, dopo 12 mesi di prove a porte chiuse, analisi ed errori, discussioni con consulenti e biologi che segnano la svolta gastronomica del ristorante con l’obiettivo di mappare ogni pesce, ogni scarto, ogni calo peso con un metodo scientifico «Ogni preparazione — spiega Fabio Gambini — è spinta al limite per affrontare e superare le problematiche di un sistema di frollatura lunga, in particolare per quanto riguarda la corretta durata della conservazione (shelf-life). Un’ombrina, ad esempio, è stata certificata con la totale assenza di batteri e contaminazioni 45 giorni dopo la sua lavorazione. La mortadella di pesce è certificata a 2 mesi di scadenza, ma opera su cicli di produzione di 3 settimane. Lo jamón di ricciola ha una shelf-life di 4 mesi».

La frollatura del pesce si divide in due principali processi tra i quali non esiste una netta distinzione temporale: la maturazione e la frollatura vera e propria. «Con la maturazione — spiega Gambini — si perde il tipico sapore di pesce fresco e si sviluppano sapori secondari. Una ricciola, ad esempio, avrà un sapore più intenso e persistente. I principali attori in questo processo sono le reazioni enzimatiche, fortemente influenzate dal pH del pesce, dall’ultimo pasto, da come è stato pescato, da come è morto ed è stato poi conservato.

La percentuale di glucosio nei suoi muscoli è molto importante perché sarà il combustibile per tutte le reazioni chimiche che ci interessano. Se le condizioni della sua morte sono state traumatiche, si sarà sviluppato acido lattico che, non solo rovinerà le carni, ma non fornirà tutti gli zuccheri necessari a far partire le reazioni enzimatiche.

La frollatura parte circa dalla seconda settimana. Qui il combustibile delle reazioni enzimatiche che interessano si è già esaurito e si può solo lavorare sulla perdita d’acqua

libera. Alternando momenti con bassa temperatura e bassa umidità a momenti con più alta temperatura e umidità, si permette ai liquidi all’interno del pesce di migrare, per osmosi, verso l’esterno, riequilibrando l’umidità interna dell’animale fino al raggiungimento del peso desiderato. In questo modo — continua — si avrà minor proliferazione batterica (meno acqua libera) ed una consistenza più ferma e corposa. I grassi evolveranno in maniera decisiva per accompagnare il gusto evitando l’irrancidimento che rovinerebbe il pesce».

In base alla percentuale di grasso e alla pezzatura, il pesce può frollare dai 7 giorni alle 3 settimane. Una discriminate importante è il calo di peso, che di solito si aggira dal 10 al 18% (perdita di liquidi).

I pesci molto grandi vengono frollati in camere separate per con-

formare le curve di temperatura ed umidità ai loro bisogno specifici. Grazie al processo di frollatura si è arrivati, da Raffilù, ad usare l’80% circa del pesce, scartando solamente alcune parti: branchie, pinne, spine.

Tutti gli scarti e le interiora, come per gli animali di terraferma, vengono utilizzate per la salumeria ed un quinto quarto di mare. Il cuore, ad esempio, segue un processo analogo regalando dei sentori più simili ad un cioccolato extrafondente che ad un pesce. Le lische possono diventare brodo, essere servite come entrée per il loro midollo (a seconda della pezzatura). Ed ecco quello che si realizza con le altre parti:

* vescia natatoria in chips;

* milza come entrée o salumeria;

* trippe da intestini e stomaco;

* fegato in antipasto, salume o patè;

* bottarga dalle uova;

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In alto: uno dei salumi di mare di Raffilù. A pagina 112: il pesce durante il processo di maturazione e affinamento (photo © Francesco De Marco).

* testa servita come piatto, spolpata e servita come antipasto;

* collare servito come piatto in selezione a vassoio;

* ventresca come vassoio oppure salumeria;

* coda come boccone del capitano, servita nella selezione a rasoio;

* ritagli vari di lavorazione che diventano tartare, buzzonaglia in vaso per antipasti o insalate.

«Il risultato per noi — sottolinea Gambini — è una cucina più essenziale, etica e sostenibile, priva di spettacolarizzazioni, che punta ad esaltare il gusto e che parte da una catena di approvvigionamento che valorizza il pescato buono (amo-rete responsabile-piccolo produttore) rispetto allo strascico e alle navi fabbrica. Questo vuol dire: non avere sempre tutto il pesce disponibile e non pagarlo il minor prezzo sul mercato; instaurare un rapporto di fedeltà con i fornitori; fare ad ogni consegna della merce una valutazione qualitativa, dando feedback a pescatori e commercianti. Pen-

siamo in definitiva che il programma di frollatura di Raffilù sul pesce dia la possibilità di parlare al cliente di catene di approvvigionamento, di metodi di lavorazione e di scarto alimentare».

Non tutto il pesce che arriva può essere frollato. Infatti, per accedere alle camere di maturazione un pesce deve essere freschissimo e rispettare i seguenti criteri: pescato da meno di 48h (ottimo 24h); avere un pH attorno al 5; interiora sode e prive di mucosa (la visione delle interiora racconta la vita e la morte del pesce); privo di Anisakis o altre malattie. «All’interno della nostra proprietà — evidenzia Gambini — non arriva mai il pesce di lunedì, perché è risaputo che la domenica le barche non pescano. Inoltre, il pesce non viene mai prenotato, perché anche questo vuol dire che la materia prima è già stata pescata.

Tutto ciò avviene grazie a fornitori con cui abbiamo rapporti da anni che lavorano nelle aste del pesce. Una volta stabilita la tipologia

di pesce e il prezzo massimo, viene concordato l’acquisto in base anche alla quantità.

I pesci arrivano ogni giorno, dal martedì al venerdì, e vengo personalmente avvisato in tempo reale se qualche barca ha pescato ciò che è stato richiesto, dove è stato pescato e il momento di arrivo. Alcune volte il contatto e il legame con alcuni pescatori ci permette di essere contattati per pesci particolarmente grandi provenienti da Africa/Portogallo o Spagna. Questi pesci vengono recapitati entro le 48 ore dalla pesca».

Il primo furgone del pesce arriva all’alba presso il laboratorio a Peschiera del Garda e solitamente è lo chef IGNAZIO LEONE — viene da Gragnano (NA) e ha diversi trascorsi nella ristorazione da Nord a Sud Italia —, a controllare la materia prima dai documenti alla provenienza fino al peso. Ogni parte di lavorazione viene destinata a un fine ben preciso con lo scopo di eliminare completamente lo scarto alimentare. «Riusciamo ad

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Fabio Gambini.

utilizzare quasi l’80% abbondante del pesce, quando la media è di poco superiore al 50% — sottolinea Leone — e all’interno del menu di Raffilù proponiamo pietanze che generalmente non vengono utilizzate in cucina. Il desiderio di ridurre al minimo lo spreco alimentare rientra infatti nella nostra filosofia tesa a sfruttare ogni parte della materia prima. Crediamo sia realmente possibile ridurre la quantità di pescato con la giusta cultura di frollatura, conservazione e lavorazione dei prodotti».

Fabio Gambini ha iniziato da zero dopo aver preso e lanciato, come detto, il Vecchio Mulino e creato un laboratorio di lavorazione e trasformazione. «Siamo arrivati al punto — conclude — di avere tante cose da dire nel settore e con un locale solo non ci riuscivamo. Per questo abbiamo acquistato il Raffilù che conta una cinquantina di coperti al chiuso e una ventina all’aperto. Un inizio non esattamente fortunato, considerato lo scoppio della pandemia. Ma proprio la chiusura dei locali ci ha permesso di lavorare ancora di più nelle sperimentazioni per un anno considerato che la frollatura,

che funziona nel pesce in maniera molto simile a come funziona per la carne, si divide in due fasi: nella prima migliori il sapore e nella seconda la consistenza. Abbiamo una cella di frollatura in sala nel ristorante e quattro in laboratorio.

Come novità, al momento stiamo lavorando sui pesci di fondale e pesci di lago. Il vantaggio è che il lago ce l’abbiamo a pochi metri, la difficoltà è che c’è tutta una catena di approvvigionamento da costruire e sviluppare in maniera adeguata. Sono tutti capaci di lavorare col tonno e la ricciola, ma farlo con la carpa, la tinca e il pesce gatto richiede idee chiare, preparazione e tecnica raffinata. Credo che quello che facciamo noi a livello italiano oggi sia praticato da quattro realtà e non di più. E spero che questa nostra visione faccia breccia nella ristorazione che deve essere sempre più sostenibile. Andiamo a mangiare nei ristoranti di carne e vogliamo solo il filetto, niente testa, coda o quinto quarto. Lo stesso nel pesce. Dobbiamo riuscire a fare apprezzare anche una mentalità e un approccio responsabile senza che ovviamente vengano meno i sapori e la qualità del cibo».

Il menù del ristorante è ricco e variegato, cambia di continuo e si conforma alla disponibilità del momento. Sugli scudi, tra i crudi di mare troviamo la Tartare di ombrina corba rossa del Gargano dry age servita con salsa allo yogurt e limone fermentato, chips di tapioca al nero di seppia; tra la salumeria la Mortadella di tonno, pistacchi e calamari e il Carpaccio di spada alla barbabietola; tra i primi, Dalla testa alla coda: risotto di gallinella e il suo sashimi; tra i secondi, Guancetta di pescatrice brasata al Valpolicella su crema di patate e una batteria di pesce frollato come la Ricciola, frollata 20 giorni, radicchio tardivo e salsa di gallinella al mandarino Tra i dolci un ottimo gelato fiordilatte caramellato, mantecato al momento e per concludere un’ampia selezione di caffè monorigine. Il tutto servito e spiegato con dovizia di particolari dal maître MARCO BOTTURA.

Raffilù – Grandi Pesci ed Altro

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Web: raffilu.com

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116 IL PESCE, 4/23
In
alto:
il menù di Raffilù è ricco e variegato, come da filosofia fondante del locale, cambia di continuo e si conforma alla disponibilità del momento (photo © Francesco De Marco). A destra: lo chef Ignazio Leone.
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Alla scoperta della laguna di Orbetello

Testi e foto di Massimiliano Rella della laguna: 27 km2, un immenso specchio d’acqua sottoposto a una pressione antropica che ne rende complessa la gestione.

La laguna di Orbetello è un ecosistema unico, un ambiente “speciale” per la riproduzione naturale e lo sviluppo di tante specie ittiche, anche un luogo di grande bellezza ambientale, con oasi protette, pinete ben conservate e inanellate da percorsi di cicloturismo e tappa di migrazione invernale dei fenicotteri rosa: uno spettacolo tra novembre e dicembre. E poi il mare e i borghi, insomma un habitat che convive con la vita di tutti i giorni e le altre attività e, soprattutto, con i flussi del gran turismo, in un gioco di equilibri in cui la pesca è fondamentale per il mantenimento

La laguna ha la forma di un trapezio, come “basi” la costa tirrenica e il promontorio dell’Argentario, e come “lati” i due cordoni sabbiosi, detti tomboli, della Giannella e della Feniglia. Al suo interno è tagliata in due — la laguna di Levante e di Ponente — da un istmo in parte naturale e in parte artificiale (la diga voluta da Leopoldo di Toscana nell’Ottocento), su cui ricade la cittadina di Orbetello, e potrebbe

essere paragonata a due polmoni che assorbono acqua dal mare, per infiltrazione, anche attraverso le sabbie dei tomboli.

All’inizio degli anni ‘90, dopo una grande moria di pesci, fu bonificata con raschiamento del fondo per liberarla dalle alghe presenti in misura massiccia.

La gestione cooperativa

In questo contesto, dal ‘46 opera la cooperativa La Peschereccia, fusa nel ‘60 con altre coop in un unico soggetto più grande. Attualmente conta 40 soci e altrettanti dipendenti,

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tra pescatori, servizi di ristorazione, amministrazione, trasformazione prodotti e manutentori impianti. Nel 2022 ha fatturato 1,8 milioni di euro dalla sola pesca, l’80% dalla vendita del fresco e il 75% rappresentato dalla sola orata. A seguire spigole, latterini, cefali, anguille. Proprio sull’anguilla c’è oggi un’attenzione particolare.

In generale in laguna c’è poca riproduzione di pesce e nessuna per i pesci importanti perché le acque hanno salinità elevata, così le specie principali si riproducono per lo più in mare. Nelle peschiere sono pre-

senti però idrovore che le puliscono e alzano il livello della laguna, che così s’arricchisce d’ossigeno. Ma il problema principale è di tipo ambientale: il rischio di anossia, causata dal surriscaldamento delle acque (36° nel 2015) e dalla presenza di alghe Valonia e Chaetomorpha. Nel 2015, in particolare, si verificò grande moria di pesci per anossia, habitat ripopolato inserendo avannotti di orata e spigola.

«Registrammo due anni di perdita importante di fatturato, con un recupero progressivo a partire dal 2018 grazie alle semine e alla

gestione» ricorda il presidente della Cooperativa Pescatori di Orbetello PIERLUIGI PIRO. «Tra il 2016 e il 2017 riuscimmo ad introdurre 600.000 avannotti, con una perdita prevista del 10%. L’obiettivo è di arrivare a 1 milione».

Oggi il ripopolamento si fa per le orate ma non per le spigole, che non hanno manifestato problemi di spopolamento. Sono impiegati avannotti di 5-7 grammi (acquistati nel Brindisino) svezzati fino a 30 grammi in un impianto d’ingrasso nella peschiera di Nassa, poi spostati in vasca coperta da reti anti cormo-

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Orbetello vista dal convento dei Passionisti, sul monte Argentario.
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A sinistra: il Centro degustazione

“I Pescatori di Orbetello” e il presidente della cooperativa Pierluigi Piro. In questa pagina: in alto, vasche di stabulazione con reti anti-cormorano nella peschiera di Nassa. In basso, orata e branzino.

rano, tra i 30 e gli 80 grammi di peso; in primavera sono infine lasciati liberi in laguna, dove si alimentano in modo naturale competendo con gli altri pesci. Le orate sono pescate dopo 18-24 mesi, al raggiungimento dei 450-500 grammi di peso.

Lo “scatto” dell’anguilla

Se il fatturato è ripartito nel 2018 grazie a orate e spigole, dal 2020 c’è stato un incremento di anguille e cefalo muggine. Un Mugil cephalus da bottarga impiega minimo 5 anni per arrivare al peso ideale di 1,5 kg, men-

tre per portare sul banco un’anguilla servono almeno 8 anni. L’anguilla si comincia a radunare ad agosto verso le sponde più vicine alla peschiera, perché vuole uscire in mare e andare a riprodursi nei Sargassi. Da gennaio a giugno in Italia, però, c’è il fermo

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pesca, allungato di 3 mesi rispetto ad altri Paesi d’Europa. «Ma non è una soluzione per ripopolare, anzi stimola il bracconaggio e il mercato nero», puntualizza Luigi Piro. Secondo il presidente, si dovrebbe puntare su prevenzione e vigilanza perché le cieche, i piccoli di anguilla, sono ambite sul mercato nero: 400 €/ kg, 1 kg uguale 4.000 cieche.

Un’altra minaccia è rappresentata dai cambiamenti climatici. Insomma la combinazione di vari fattori porta il tasso di mortalità al 95% tra bracconaggio, clima e predatori naturali, come i cormorani. «Se catturate e cresciute in laboratorio fino al raggiungimento della misura dei ragani, cioè alla dimensione di piccole anguille, e

poi venissero rilasciate in natura si potrebbe invertire la tendenza», sottolinea Piro.

Da qualche tempo la specie è al centro di ricerche e attenzioni da parte della cooperativa, in collaborazione con OLIVIERO MORDENTI, professore di Acquacoltura all’Università di Bologna, per esperimenti sui tempi di accrescimento delle

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Lavorazione delle anguille nei laboratori del centro di trasformazione della Cooperativa dei Pescatori di Orbetello.

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Spinatura dei filetti di cefalo prima della salagione e dell’essiccazione nei laboratori del Centro di trasformazione della Cooperativa Pescatori di Orbetello.

124 IL PESCE, 4/23

anguille di Orbetello — studio in corso — le quali, si è visto, abbiano una bella popolazione di maschi che manca nell’Adriatico. Il team del professore ha inoltre sviluppato una App che, partendo dalla fotografia dell’occhio dell’anguilla, indica se l’esemplare è pronto alla migrazione verso i Sargassi. Questo permette di rispettare gli obblighi europei che prevedono che il 40% delle anguille catturate venga rilasciato a fini riproduttivi. «Il punto però — sottolinea il professor Mordenti — è che non tutti sanno distinguere quando l’anguilla è pronta alla migrazione, mossa dall’istinto riproduttivo».

Lo studio ha immagazzinato una gran mole di dati sulle morfometrie (20.000), da cui si è visto che la discriminante principale per individuare lo “scatto” verso i Sargassi è la dimensione dell’occhio, da cui, nel 99% dei casi, si può capire se l’anguilla sia realmente migrante. La App, di recente presentata ad un convegno a Liverpool, dopo l’estate sarà a disposizione degli utenti, sca-

ricabile dal web in versione anche Android. Il nome? Simpatico: Free Eel, cioè anguilla libera.

Idee e progetti di laguna

Per sostenere la qualità di questo ambiente particolare secondo i pescatori bisognerebbe muoversi almeno in tre ambiti, come già richiesto a Comune e Regione. Il primo aspetto riguarda il cambio della flotta natanti, incaricata sia di raccogliere le alghe che della risospenzione dei fanghi. «La flotta in uso ha 45 anni di vita — evidenzia Piro — ci sono criticità per reperire i pezzi di manutenzione e si tratta di mezzi pesanti in acque caratterizzate da fondali bassi: una profondità media di laguna di 70 cm».

Il secondo aspetto riguarda l’escavazione di nuovi canali di congiungimento tra le lagune di Ponente e di Levante per favorire il ricambio idrodinamico, oggi limitato; servirebbero inoltre pompe acceleratrici dei flussi di ricambio.

«I canali esistono già — insiste Piro — ma sono interrati e non efficienti.

C’è poi il problema di dove stipare i fanghi, che sono rifiuti speciali».

Terzo aspetto: l’ asportazione delle alghe, che sono una possibile risorsa come concime e biocompost, oppure in campo cosmetico e per l’industria cartiera. Ma oggi non sono sfruttate. Il problema è che il 95% del peso delle alghe è dato dall’acqua, vanno quindi asciugate prima d’essere immesse ad altri usi. «C’è interesse della Regione e del Comune a riattivare un impianto di asciugatura e lavaggio. Chiediamo di accelerare i tempi».

La laguna è infine sede del progetto LIFE, finanziato dall’Unione Europea, per la salvaguardia e conservazione di ambienti e specie d’importanza comunitaria e il ripristino di vegetazione di interesse naturalistico. Attorno al progetto si sono aggregati il Comune di Orbetello, la Regione Toscana, la Provincia di Grosseto, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Istituzione Nazionale per la Fauna Selvatica.

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Testi e foto di Massimiliano Rella

In laguna di Orbetello la pesca avviene con strumenti oggi moderni, anche nei materiali, ma con tecniche invariate nel tempo, le uniche in grado d’assicurare in questo habitat eccezionale attività sostenibili per l’ambiente, l’economia e la comunità dei pescatori. I metodi tradizionali di cattura, come il lavoriero, il martavello, il tramaglio, seppur ammodernati, mantengono invariati requisiti di sostenibilità: il pesce entra in laguna secondo le maree e la stagionalità, senza l’uso di mangimi esca.

Il lavoriero è uno sbarramento tradizionalmente in legno, oggi meccanizzato, posizionato in corrispondenza dei canali che permettono lo scambio d’acqua tra la laguna e il mare. «È una complessa struttura di pesca che permette di gestire la marea» sottolinea SERGIO AMENTA (in foto), direttore della Cooperativa Pescatori di Orbetello. «Con la bassa marea il pesce entra dal mare in laguna, mentre con l’alta marea viene pescato nel momento in cui cerca di far ritorno al mare». La marea ha intervalli di 6 ore, tra

un fenomeno e l’altro. L’ingresso dell’acqua marina in laguna attira i branchi verso lo sbarramento e li incanala in un sistema di camere “degli inganni” che conducono alla “cassa di cattura”, dove ancora vivo e in acqua il pesce è selezionato per taglia e issato con le reti, oppure rilasciato. In alcune stagioni, oltre all’alta marea, è l’istinto riproduttivo a spingerlo a uscire verso il mare. In tal caso gli esemplari più maturi sessualmente sono lasciati passare affinché raggiungano la costa per riprodursi: da qui, i “piccoli”, con

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Acquacoltura in Toscana

L’acquacoltura in Toscana era praticata già dagli Etruschi e, soprattutto, dai Romani. In epoca imperiale le specie marine erano allevate in prossimità delle ville sul mare in vasche semisommerse (piscinae); resti appena affioranti si ritrovano non distante dalla villa romana a S. Liberata (Monte Argentario), dove si faceva l’ingrasso di murene e triglie, a scopo ornamentale e alimentare. Inoltre ai piedi del promontorio di Ansedonia, dove ricerche archeologiche hanno portato alla luce resti di un porto (Portus Cosanus) del 273 a.C. L’acquacoltura intensiva di specie marine come la intendiamo oggi nasce in Italia verso metà anni ‘70 sulle coste della bassa Toscana, nell’area di Orbetello. Inizialmente si allevavano anguille, in seguito sostituite da spigole (Dicentrarchus labrax) e orate (Sparus aurata), per assecondare le richieste del mercato. L’acquacoltura toscana riveste ancora oggi un ruolo di primo piano per specie pregiate marine per qualità e quantità (oltre il 20% della produzione nazionale).

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In alto: alimentazione con farine di pesce nelle vasche di stabulazione alla Peschiera di Nassa.

A destra: la camera di cattura della Peschiera di Nassa e il ritiro della rezzola.

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la bassa marea potranno entrare in laguna.

La Peschiera di Nassa è la struttura più importante e produttiva della cooperativa pescatori, posta sul canale d’immissione principale per lo scambio delle maree. Il pesce dal mare deve solo entrare; quando vuole uscire viene fermato e selezionato. La Peschiera ha un volume di 1.500 q/anno tra orate, spigole, cefali e un po’ di saraghi. La camera di cattura ha griglie larghe che consentono agli esemplari sotto taglia di essere convogliati nei canali di rientro, in laguna aperta. Invece i più grandi sono raccolti con la

I numeri

rezzola, una rete con due pali che mentre viene spostata manualmente si stringe verso un punto di raccolta, dove è pronto il pescatore con un coppo (retino).

Tra novembre e gennaio, periodo di massima risalita delle orate verso il mare, spinte dall’istinto di riproduzione, i branchi nuotano verso le peschiere, dove col sistema sopradescritto sono selezionati e raccolti. Poiché non possono essere venduti tutti assieme, viste le grandi quantità di pescato, in parte sono convogliati con un “ittio-pompa” e un sistema di condutture nelle vasche di stabulazione, alimentate con acqua

La cooperativa ha una flotta di 20 barchini e tre impianti fissi (peschiere) in gestione esclusiva, in concessione dal Comune, proprietario delle strutture. Sono gli impianti di Ansedonia, sulla laguna di Levante, e gli impianti di Fibbia e di Nassa (il più grande). La cooperativa è l’unico soggetto autorizzato a pescare in laguna.

di laguna; questo permette di razionalizzare la commercializzazione.

In questi tre mesi le orate non sono alimentate e perdono dunque 30-40 grammi di peso ciascuna. Se fossero alimentate sarebbe pesce d’allevamento; «ma non vogliamo pesce d’allevamento, soltanto pesci che rimangano selvaggi» puntualizza Amenta. Questi sono ri-pescati dunque quando hanno raggiunto un peso di 400-50 grammi, venduti a 9 €/kg all’ingrosso, sul banco a 16-18 €/kg. Da febbraio a giugno le stesse vasche di stabulazione sono utilizzate per l’accrescimento degli avannotti, fino a 100 grammi, poi immessi in laguna.

Tramagli, martavelli e tesi

Torniamo alle altre tecniche. Se con il lavoriero si pescano tutte le specie ittiche presenti in laguna, lo stesso avviene col tramaglio, una rete da posta fissa costituita da tre strati di maglie usata prevalentemente in estate e nei mesi di novembre, dicembre e gennaio. Le tre reti — il

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Raccolta e selezione dei pesci dalla camera di cattura della Peschiera di Nassa.

“panno” in mezzo a due “maglioni” di parete — hanno la funzione di insaccare il pesce quando batte sul panno centrale, rimanendo intrappolato. Le maglie sono da 55 (11 cm di ampiezza) e da 60 (12 cm), adatte per pesci di pezzatura da 400 grammi in su. La schietta è invece una rete di sbarramento composta da una sola maglia, una lunga parete assemblata da tanti pezzi, combinabile anche con parti di tramagli (tre reti), fino a comporre sbarramenti lunghi 9001.000 metri.

In estate le reti sono calate di notte, d’inverno nel pomeriggio; il raccolto sempre all’alba. Si pescano cefali gargia doro, celeta (cerina), muggine, Mugil cephalus da bottarga, spigole, orate, qualche sogliola, salpe e saraghi, che entrano dal mare, soprattutto verso la Peschiera di Nassa. Da metà estate anche mazzancolle, fino a novembre, pescate con i martavelli (bertavelli). Martavelli e nasse sono sistemi di pesca più selettivi: posizionati in laguna catturano solo anguille, femminelle (granchi invernali), mazzancolle e bavose. Caratterizzati da una rete a imbuto con camera finale, sono inseriti in “strutture d’inganno” realizzate con reti, canne e pali; in estate sono inseriti in strutture meno complesse dette crocioni, che si possono spostare molto velocemente, anche giorno per giorno. I tesi invece sono sistemi fissi: lunghe reti di sbarramento di 400-500 m, a cui sono collegati fino a 40 martavelli ciascuna.

A Orbetello si pratica anche l’acquacoltura — 4 allevamenti privati, a ridosso della laguna — attività che però non rientra tra quelle della Cooperativa Pescatori, che ha solo un piccolo impianto intensivo per l’integrazione delle spigole fino a 100-150 g in vasche in un’area circoscritta della laguna, poi liberate nelle stesse acque passando ad un sistema di allevamento estensivo vallicolo. Dopo l’immissione del novellame, l’accrescimento è affidato alla loro capacità di procacciarsi il cibo in situazione di naturale competitività con le specie presenti nei bacini lagunari.

Un giro in bottega

Tanto fresco — non solo sulle rotte della Grande Distribuzione — e ottimi prodotti da banco, trasformati, marinati, affumicati, in barattolo e naturalmente piccole bontà presidio Slow Food. Dove? Alla “bottega” della Cooperativa Pescatori di Orbetello, tra sughetti in barattolo e bottarga di cefalo, passando per anguille affumicate, spigole e orate di giornata. Ma andiamo con ordine. Partiamo col fresco, che è disponibile durante l’anno a seconda della stagionalità: mazzancolle d’inverno e in primavera, femminelle e calcinelli (latterini) d’inverno, cefali, anguille e spigole tutto l’anno. La pesca alle anguille, nel 2023, però, è stata sottoposta ad un fermo più lungo del solito. Qualche dato? In media la Cooperativa cattura ogni anno 2.000 quintali di orate, 300 di spigole, 300

Alla bottega della Cooperativa Pescatori di Orbetello tanto fresco di giornata e ottimi prodotti da banco, trasformati, marinati, affumicati, sughi in barattolo, bottarga e naturalmente piccole bontà presidio Slow Food

di anguilla, 150 di cevina, un cefalo invernale, e 200 di muggine gargia d’oro, un cefalotto con una striscia dorata sopra le branchie; inoltre, 100 quintali di cefalo da bottarga, tra agosto e settembre, di pezzatura di 4-5 kg. Il pescato è venduto a marchio OPL-Orbetello Pescatori di Laguna, circa il 30% assorbito dalla GDO, il resto da commercianti storici, soprattutto a Napoli, Roma e Genova.

C’è poi una linea di trasformati a marchio, di filiera cortissima e controllata, dalla barca alla tavola si potrebbe dire: sono affumicati, marinati, sughi pronti, tutti prodotti lavorati a mano con tecniche di conservazione tradizionali (sfumatura col peperone, ecc…) e golose ricette gelosamente custodite, in parte eredità di un passato lontano, quando Orbetello era la capitale dello Stato dei Presidi del Regno di Spagna,

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Testi e foto di Massimiliano Rella

c oz z e , Vo n g o l e e lu p i n i cozze, Vongole e lupini

Il fresco del mare! Il fresco del mare!

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un piccolo territorio fortificato, strategico militarmente, a difesa dei possedimenti spagnoli in centro Italia, tra il XVI e il XVII secolo.

Risalgono ad allora, forse, tecniche di conservazione come la scavecciatura con aceto, rosmarino, aglio e peperone per far scorta di cibo durante i lunghi viaggi in mare. Più antica è invece la produzione artigianale della bottarga: gli scritti comunali sui diritti di pesca in laguna datano al 1414. Ma la bottarga di Orbetello, oggi presidio Slow Food,

è un prodotto dalle radici ancor più lontane, il cui nome deriva dall’arabo botarikh (uova di pesce salate). Si ottiene esclusivamente dalle sacche ovariche del Mugil cephalus, pescato tra agosto e settembre, quando le uova giungono a maturazione. È una specialità in grado di valorizzare a prezzi interessanti (270-280 €/kg la più pregiata) il “povero” comparto del cefalo, un pesce semigrasso, che non è in cima alle preferenze dei consumatori nonostante sia una buona fonte di Omega-3.

Un’altra linea di prodotto riguarda i sughi pronti: di palamita, di sugarello, di orata e di spigola, oltre alla crema di palamita, insomma piccole bontà in barattolo di vetro per una cucina espresso, nate da un’attenta selezione della materia prima e da ricette tipiche della gastronomia orbetellana. Senza conservanti, né additivi.

Nell’area “industriale” di Orbetello la Cooperativa gestisce un impianto di lavorazione moderno e a norma con le certificazioni di processo e di prodotto. Qui il pescato arriva in cella d’accoglienza, dove è assicurata una temperatura costante di 4 gradi centigradi. I pesci sono eviscerati in camera primaria e le parti scartate smaltite in una cella dedicata. Alcuni vanno in lavorazione immediata, secondo le richieste del mercato, altri dritti in frigorifero a –25 gradi centigradi, in attesa delle lavorazioni.

Quali? Vediamone alcune. Le anguille una volta eviscerate in camera primaria sono essiccate per 24 ore, capitozzate, tagliate a pezzi e fritte in olio di semi per 30 minuti. Per spennellare le anguille allo scaveccio (dallo spagnolo escabece) si usa una concia bollita d’aceto, vino, spezie (alloro, rosmarino, peperoncino, aglio); il fritto rimane 3-4 giorni sommerso in questa salsa dentro recipienti ad hoc.

Invece l’anguilla sfumata si fa con anguille eviscerate spaccate sulla spina, lavate e messe sotto aceto e sale per un’ora e mezza, infilate in spiedi e posti su carrelli per l’essiccazione (24h) e infine spennellati con una salsa piccante di olio evo, aceto, peperoncino. Ultimo tocco: 2 ore d’affumicatoio e poi sono confezionate.

Infine: i filetti di cefalo. Dopo la spinatura manuale, le “baffe” vanno in salagione per un paio d’ore, a seconda della pezzatura, riposte in baldresche, dei carrelli a rete per l’essiccazione, per 3-4 giorni. Sono affumicati in legno di faggio 2-3 ore e speziati con peperoncino frantumato e confezionati. Hanno un periodo di consumo di 3 mesi.

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Massimiliano Rella Il punto vendita della Cooperativa Pescatori di Orbetello.

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A tavola coi pescatori

Testi e foto di Massimiliano Rella

Alla Cooperativa La Peschereccia lavorano 40 soci e altrettanti dipendenti, in estate complessivamente una novantina di persone compresi gli stagionali, soprattutto per l’impennata di domanda legata al Ristorante/Centro Degustazione e alle attività di pescaturismo, molto richieste in bella stagione.

La tavola dei pescatori, una bontà di ricette di giornata all’orbetellana, si trova proprio sulla riva lagunare all’imbocco del paese, in una strut-

tura che ingloba lo spaccio e vecchi casotti dei pescatori che sono oggi al centro di un progetto di recupero per farne un “villaggio pescaturistico”.

La cucina è diretta dallo chef DAVIDE SERGIO, di Orbetello, 38 anni, da 21 al servizio della cooperativa, e che prepara piatti di solo pesce di laguna, stagionale e freschissimo.

In carta sono sempre presenti una quindicina di portate (conto medio 35 euro), tra cavalli di battaglia come l’anguilla marinata o fritta (una spe-

cialità di Orbetello), il capitone sfumato, la tartare di spigola, pomodori e asparagi saltati, i calcinelli fritti, gli antipasti marinati e l’antipasto del pescatore (crostini, ceci e ombrina, mousse di patate con bottarga). Naturalmente troviamo qualche primo piatto al sugo di spigola o di cefalo affumicato, i tagliolini alle zucchine con bottarga di Orbetello presidio Slow Food e tra i secondi vanno per la maggiore spigole e orate alla brace. Il menu cambia a seconda del periodo

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Il menu del ristorante della Cooperativa cambia a seconda del periodo dell’anno. Tra i cavalli di battaglia senz’altro l’anguilla marinata o fritta, gli antipasti marinati e i primi piatti al sugo di spigola o cefalo affumicato.

dell’anno e della stagione di pesca. Il ristorante fa numeri di 45.000 clienti l’anno… In inverno è aperto dal venerdì alla domenica (chiuso domenica sera); in estate da lunedì alla domenica tutte le sere, a pranzo solo nel fine settimana.

Un’altra attività connessa è il pescaturismo, un servizio offerto da qualche anno. Con un’imbarcazione dedicata, si esplora la laguna fino alle strutture dei lavorieri, sul punto di incontro tra le acque marine e le acque lagunari, dove i cefali sono pescati. Promosso tra la primavera e l’autunno, il pescaturismo è praticato da una decina d’anni, con un trend di partecipanti in crescita. Adesso è in progetto un villaggio dei pescatori per una vacanza tutta legata al mondo della pesca, con pernottamento in una decina di camere nei vecchi magazzini della cooperativa, nell’area del Ristorante/Centro Degustazione.

«In futuro vediamo un mix crescente di degustazioni, pescaturismo

e ittiturismo» spiega il presidente della cooperativa Pierluigi Piro. «Abbiamo un progetto per la creazione di un villaggio ecosostenibile con 9 camere doppie/triple per un’esperienza completa. Un investimento da 450.000 euro, per ora fermo perché gli edifici ricadono su terreno demaniale e non sono accatastati».

Già adesso sono proposte minicrociere sul Remus, un’imbarcazione per massimo 38 passeggeri per visite guidate di circa un’ora, con spiegazioni sull’attività di pesca in laguna, inserita nel contesto storico e sociale. In estate i turisti sul Remus possono anche assistere alle operazioni di ritiro delle reti e assaporare la “colazione del pescatore” (pesci alla brace più crostata casalinga), ad un prezzo 20 euro per persona; oppure fare aperitivi in battello con musica e assaggi di pesce e vino, a 25-30 euro a persona. Mediamente partecipano 1.200 persone l’anno.

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Massimiliano Rella Davide Sergio e Tiziana Pantini con Sergio Amenta.

Branzino The Challenge

Testi e foto di Massimiliano Rella

L’ultimo capitolo di questo speciale sulla laguna di Orbetello riguarda la pesca sportiva, un’attività legata al turismo e alla promozione che ha lo scopo finale di far conoscere il territorio e le risorse ittiche, le problematiche e le opportunità. La pesca sportiva da sponda si può praticare ogni anno tra aprile a ottobre, con date variabili. Si pesca a canna sul lato della laguna di Levante, in aree delimitate, secondo quanto previsto nel regolamento concordato con il Comune di Orbetello.

L’attività si colloca all’interno del rapporto convenzionale che regolamenta il diritto di pesca in laguna: i residenti di Orbetello che ne fanno richiesta, a dicembre di ogni anno per l’anno successivo, possono pescare con diritto di uso civico.

Un’altra attività di pesca è lo spinning, praticabile in tutta la laguna e all’interno dell’oasi naturale, ma nel rispetto di protezione delle specie ittiche. Le uscite si effettuano con barca e conduttore, potendo raggiungere gli angoli più nascosti per l’ambita spigola. Ma con tecnica no kill, cioè del catch and release La pesca a spinning è infatti una pratica con accompagnatore al seguito, dalla barca, massimo quattro persone. Negli ultimi anni è possibile pescare anche a mosca, massimo due pescatori a uscita.

La manifestazione principale che ormai da sei edizioni valorizza la laguna di Orbetello e la pesca sportiva, gettando un faro di attenzione anche sulla pesca artigianale e professionale qui praticata tutto

l’anno, è Branzino The Challenge (www.branzinothechallenge.com), la più importante in Europa di pesca alla spigola da kayak con esche artificiali. Un appuntamento annuale che si disputa inizio maggio, per un fine settimana, tra oltre 100 partecipanti.

Alla competizione, oltre agli iscritti di “annata”, provenienti da Italia, Francia, Germania e Spagna, si aggiungono i campioni individuali e i team impalmati delle passate edizioni. Patrocinata dall’amministrazione comunale, organizzata da Inside-fishing, Branzino The Challenge si svolge presso l’area del Circolo Canottieri di Orbetello dove viene allestita una struttura d’accoglienza per le attività e gli appuntamenti. Molte le sorprese per

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Branzino The Challenge è la più importante competizione internazionale di pesca alla spigola che si svolge da kayak esclusivamente con esche artificiali nella laguna di Orbetello. La vocazione no kill dell’evento, che richiede il rilascio del pesce, ha imposto un sistema di certificazione delle catture tramite la misurazione della lunghezza delle spigole con l’immagine fotografica scattata direttamente dal partecipante e inviata immediatamente via WhatsApp agli organizzatori.

i partecipanti e i turisti che arrivano in laguna nel fine settimana: uno spazio dedicato all’enogastronomia per degustare specialità locali preparate da chef stellati, attività dimostrative e workshop. Ad esempio, sulla sicurezza per la navigazione in kayak, su come scegliere l’equipaggiamento adatto, su come destreggiarsi nella scelta delle esche…

Le fasi salienti della gara sono poi trasmesse in streaming da BranzinoLive sulla pagina Facebook di Branzino The Challenge. La sfida aderisce al no kill, quindi, per facilitare il rapido rilascio delle spigole, il termine di verifica della lunghezza si basa sulle immagini fotografiche scattate direttamente dai partecipanti in kayak, muniti di telefono, tramite applicazione WhatsApp per spedire l’immagine in tempo reale al recapito di riferimento degli organizzatori. La gara individuale o in team è aperta a tutti, unico limite aver compiuto 14 anni e, chi è sprovvisto di kayak, può noleggiarlo grazie alle aziende Bolsena Yachting e Ozone Kayak

IL PESCE, 4/23 139

Arriva SANA 2023: una 35a edizione sempre più

internazionale e B2B

Dal biologico all’healthy food, dalla blockchain alle soluzioni contro gli sprechi alla cosmesi green: sono alcuni temi che il Salone internazionale del biologico e del naturale approfondirà a BolognaFiere dal 7 al 9 settembre insieme ad aziende e professionisti del comparto Organic & Natural Food

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Tornano a SANA Rivoluzione Bio, Sanatech, La Via delle Erbe e le iniziative legate ai momenti di consumo della colazione e dell’aperitivo bio. New entry 2023: la Veg Area e lo spazio dedicato al mondo Free From.

Sana alimentazione e salvaguardia dell’ambiente, ricerca della qualità e rispetto delle materie prime, filiera corta e andamento dei prezzi: le preferenze dei consumatori sono guidate da motivazioni e necessità che cambiano nel tempo, ma che sembrano sempre più influenzate dai principi della sostenibilità e dello stare bene. Si inserisce in questo contesto la 35a edizione di SANA, Salone internazionale del biologico e del naturale, da quest’anno interamente B2B: produttori, distributori, buyer, istituzioni e organismi di controllo si danno appuntamento a BolognaFiere per restare aggiornati sulle ultime tendenze e novità.

L’area Organic & Natural Food, aperta dal 7 al 9 settembre, presenterà all’interno dei padiglioni 29 e 30 i migliori prodotti per un’alimentazione biologica, salutare e sostenibile, a filiera controllata, DOP, DOC e IGP. L’area Care & Beauty e la sezione Green Lifestyle , con soluzioni e servizi per vivere tempi e spazi della quotidianità in modo sostenibile, amplieranno e completeranno la proposta espositiva della manifestazione e saranno anche domenica 10 settembre.

Organizzata da BolognaFiere in collaborazione con F EDER B IO , ASSOBIO e COSMETICA ITALIA, SANA

2023 è la storica e unica vetrina di riferimento per il mercato italiano del bio e del naturale, realizzata con il patrocinio del Ministero dell’Agricoltura, della Sovranità alimentare e delle Foreste, del Ministero dell’Ambiente e della sicurezza energetica, della Regione Emilia-Romagna e del Comune di Bologna. Secondo il presidente di BolognaFiere, GIANPIERO CALZOLARI, «35 anni fa, quando abbiamo avuto la felice intuizione di promuovere una fiera internazionale del biologico e del naturale, abbiamo fatto la scelta giusta. Il tema della sostenibilità ambientale, così come quello di una sana alimentazione, oggi è cruciale per il benessere delle persone e il futuro del pianeta. SANA, con Rivoluzione Bio e gli Stati Generali del biologico, insieme ai dati dell’Osservatorio SANA che presentiamo ogni anno, è il luogo in cui l’intero settore fa il punto della situazione e discute, anticipando i trend di mercato. La svolta B2B dell’evento è una scelta coraggiosa e importante per sostenere il business e l’export delle imprese espositrici. Anche per questo, in questa edizione, abbiamo voluto dare un supporto alle aziende agricole della Romagna colpite dall’alluvione, offrendo loro gratuitamente lo spazio espositivo, per aiutarle a ripartire».

IL PESCE, 4/23

Internazionalizzazione!

Nel 2023 SANA punta a potenziare il proprio ruolo sui mercati internazionali. Col sostegno e l’attiva collaborazione di ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane si sta, infatti, promuovendo la presenza in fiera di sempre più numerosi e qualificati buyer esteri, favorita anche dall’azione del network di agenti di BolognaFiere al lavoro in questi mesi. L’obiettivo è quello di incrementare la partecipazione di grandi importatori di prodotti biologici, rappresentanti della GDO e operatori attivi nell’ambito della cosmesi naturale e del food service, e provenienti dai principali mercati europei ed extraeuropei (ad esempio, Canada, USA, Giappone, Corea, Indonesia, Israele, Singapore, UAE, Cina, Marocco, Tunisia e America Latina). Sul fronte degli espositori è già confermata la presenza di importanti aziende e collettive in arrivo da Austria, Germania, Giappone e Sudafrica.

Formazione e cultura di prodotto

Focus-novità di SANA 2023, realizzato in collaborazione con V Label Italia, la Veg Area dedicherà uno spazio espositivo a tutto ciò che è veg, dal vegano al vegetariano, dal

raw vegan al plant based, valorizzando gli ultimi trend di consumo e le innovazioni di prodotto. Il secondo focus-novità di questa edizione sarà incentrato su intolleranze e sana alimentazione. Organizzato in collaborazione con la World Gluten Free Chef Academy del gluten free specialist FRANCESCO FAVORITO, il focus darà visibilità ai prodotti rivolti alle persone allergiche, intolleranti o sensibili alla salubrità dei consumi alimentari, attraverso presentazioni e approfondimenti dedicati ai prodotti free from e rich in Dopo l’esordio positivo dello scorso anno, sono, inoltre, confermate le aree Breakfast e Aperitivo (in partnership con SLOW WINE), che riproporranno, naturalmente in versione bio, prodotti di alta qualità destinati a questi specifici momenti di consumo. Per il secondo anno consecutivo CARREFOUR rinnova la propria partecipazione a SANA non solo nell’area espositiva, ma anche nelle aree eventi legate al consumo (aree Breakfast e Aperitivo) e al Free From. In coordinamento con le iniziative di SANA legate al breakfast e al free from, FONDAZIONE SANT’ORSOLA coordinerà un convegno sulle innovazioni nella “sana” ristorazione collettiva in ospedale, coinvolgendo altre importanti strutture

ospedaliere italiane. Inoltre, presso il Centro Servizi di SANA, la Fondazione realizzerà un Charity Desk teso a raccogliere fondi per finanziare i propri progetti per il benessere dei pazienti e il cibo che cura. SANA 2023 darà spazio anche al tema della riduzione degli sprechi, trasversale, in realtà, a tutta la manifestazione e di sempre maggiore attualità. Saranno oggetto di approfondimento le diverse modalità di recupero e riuso degli scarti di lavorazione, con l’obiettivo di favorire il contrasto allo spreco alimentare e non solo.

Iniziative e progetti speciali SANA prenderà il via sotto i riflettori di Rivoluzione Bio, gli Stati Generali del biologico, organizzati in collaborazione con FederBio e AssoBio e realizzati con Nomisma, nel quadro del progetto Being Organic in EU gestito da FederBio in partenariato con NATURLAND DE e cofi nanziato dall’UE nell’ambito del Reg. EU n. 1144/2014. Rivoluzione Bio ospiterà la presentazione dei dati dell’Osservatorio SANA, promosso con il sostegno di ICE. Si rinnova anche l’appuntamento con Sanatech, il Salone professionale dedicato alla filiera agroalimentare, zootecnica e del benessere biologico ed ecosostenibile, con molteplici

142 IL PESCE, 4/23
Dopo l’esordio positivo dello scorso anno, confermate le aree Breakfast e Aperitivo in partnership con Slow Wine.

categorie merceologiche e momenti di formazione. Promosso da BolognaFiere con il supporto di FEDERBIO SERVIZI e in collaborazione con AVENUE MEDIA, Sanatech si occuperà di agricoltura biologica e di precisione, di tracciabilità, economia circolare e di tecnologie per la cosmesi naturale, aprendosi ai temi emergenti come il mondo del bio-controllo e il settore del bio-packaging. È previsto, inoltre, un approfondimento sulla blockchain, in particolare sul progetto TrackIT Blockchain a cura di ICE. L’intera sezione scientifica di SANA valorizzerà le competenze e le esperienze femminili, con la partecipazione di innumerevoli esperte, che interverranno in qualità di relatrici ai convegni e ai workshop in programma.

Novità

SANA darà risalto alle novità di prodotto proposte dagli espositori attraverso l’area SANA Novità e, nella valorizzazione dell’intera filiera, si rivolgerà non solo ai visitatori italiani, ma anche a quelli internazionali grazie alla piattaforma di networking B2Match, per tradurre in opportunità di business il loro interesse verso i prodotti esposti in fiera. Inedito pure New on SANA, lo spazio per le start-up e le giovani imprese che puntano sull’innovazione e lo sviluppo sostenibile. L’iniziativa intende coinvolgere tali realtà, supportando i processi e i progetti a forte valenza innovativa nei segmenti agroalimentare, cosmetico, del confezionamento e di tutto ciò che è green

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IL PESCE, 4/23
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Slow Fish 2023, la parola ai pescatori e al mare

Un successo di visitatori interessati a conoscere un mondo già proiettato al futuro per questa 11a edizione della manifestazione. «La politica

«C’è un mondo di persone che hanno già capito che questo sistema di produzione e distribuzione del cibo è anacronistico, che ragionare di crescita infinita non ha più senso di fronte alla finitezza delle risorse che dovrebbero garantirla. Sono le mitilicoltrici e i pescatori, le ostesse e gli artigiani, le esperte e i ricercatori che abbiamo incontrato in questi quattro giorni a Slow Fish e che stanno già facendo la conversione

ecologica delle loro attività, ricercando, sperimentando, inventandosi soluzioni adeguate da un punto di vista economico e rispettose da quello ambientale». Lo ha dichiarato

BARBARA NAPPINI, presidente di Slow Food Italia, al termine della quattro giorni di inizio giugno che ha portato al Porto Antico di Genova decine di migliaia di visitatori. «Quello che chiediamo oggi è che la politica, a tutti i livelli, prenda atto di questo mondo,

che faccia la sua parte per sostenere i semi del cambiamento che è già in atto. La manifestazione di Genova è un palcoscenico che allestiamo per raccontare queste esperienze, per costruire una rete in cui tutti i nodi si danno forza a vicenda. E lo facciamo insieme ai consumatori di tutte le età a partire dal piacere di conoscere e di degustare i prodotti della pesca, gli oli, i vini e i pani delle reti Slow Food di tutta Italia».

144 IL PESCE, 4/23 RASSEGNE
sostenga i pescatori che stanno già facendo la conversione ecologica»

«Slow Fish è ormai un appuntamento fisso nel panorama degli eventi genovesi» ha aggiunto MARCO BUCCI, sindaco di Genova. «Un evento che porta con sé non solo la consapevolezza di un’enogastronomia di qualità, ma apre sempre a temi di stretta attualità sui quali la nostra società deve riflettere e le amministrazioni di ogni ordine sono chiamate a dare risposte. Ancora una volta la partecipazione e l’interesse di addetti ai lavori e del pubblico hanno dimostrato l’importanza di questa manifestazione che l’amministrazione comunale vuole consolidare sempre di più nella nostra città».

Cuore della manifestazione è stata l’area MASAF, realizzata grazie al Po FEAMP 2014-2020, Fondo Europeo per gli Affari Marittimi e la Pesca, che ha ospitato le conferenze della Slow Fish Arena, gli showcooking con i cuochi dell’Alleanza Slow Food e la Ludoteca con le attività per bambine e bambini. Nelle conferenze e nei Laboratori del Gusto, abbiamo ascoltato ad esempio la storia di NIKKI SPIL (si veda l’articolo “Câr-

y-Môr, per amore del mare” a pag. 82), che nel Nord dell’Olanda ha messo in piedi una Ocean Farm in cui coltiva ostriche, capesante e alghe in un sistema integrato. Un’idea che le sarebbe venuta in mente quando suo padre un giorno le ha detto «qui stanno morendo tutti i pesci, dobbiamo fare qualcosa».

Ma nel capoluogo ligure sono arrivate anche le cuoche e i cuochi che dal Sud al Nord Italia stanno sperimentando in cucina — con ottimi riscontri — le cosiddette specie aliene, trasformando una minaccia ecologica in un’opportunità gastronomica: le Mariscadoras con il granchio blu, DANIELE PROVEZZA di Dispensa Franciacorta sul Lago d’Iseo con il pesce siluro e, dalla Puglia, ERNESTO PALMA con il pesce serra.

E poi ci sono le bambine e i bambini arrivati a Slow Fish per partecipare ai laboratori organizzati alla Città dei bambini e dei ragazzi e all’Acquario in collaborazione con UniCredit e alle attività della Ludoteca. «Cosa ci aspetta nel 2100? Nessuno lo sa andando avanti di

Organizzato da Slow Food e Regione Liguria con il patrocinio della Città di Genova, Slow Fish 2023 si è svolto al Porto Antico di Genova nelle giornate dall’1 al 4 giugno. L’evento tornerà con la dodicesima edizione nel maggio del 2025.

IL PESCE, 4/23 145

questo passo, anche se ci sono diversi scenari. Di certo è un peccato che le bambine e i bambini di domani non possano godere di tutta la biodiversità di cui abbiamo beneficiato noi da piccoli. I giovani di oggi sono nati già con la consapevolezza della crisi climatica e ambientale, il nostro ruolo di adulti è quindi innanzitutto dare il buon esempio, e poi far loro sperimentare il rapporto con l’acqua, la terra, le piante e gli animali» ha ricordato MARIROSA IANNELLI, del Water Grabbing Observatory

Nuovo evento a Taranto: in ottobre va in scema Slow Med Il prossimo palcoscenico che Slow Food allestirà per i protagonisti degli ecosistemi acquatici è un nuovo evento che coinvolgerà un’altra importante città di mare: a Taranto, dal 6 all’8 ottobre prossimi, si terrà infatti la prima edizione di Slow Med, manifestazione dedicata ai temi del mare, delle produzioni e della cultura dei popoli del Mediterraneo.

Un patto contro lo spreco

Un aspetto che non manca mai nelle manifestazioni Slow Food

sono le politiche locali del cibo, e in questa edizione di Slow Fish in particolare la tematica che riguarda lo spreco di cibo, un fenomeno inaccettabile per via delle risorse sprecate — acqua, terra, energia —, del cibo gettato via e del numero di persone che nel mondo soffrono di fame o malnutrizione.

A Slow Fish è stato siglato un accordo con Ricibo , un’associazione con cui Slow Food collabora già da alcune edizioni e che, grazie a decine di volontari, ogni giorno ritira l’invenduto da supermercati, negozi e botteghe per distribuirlo a oltre 35 associazioni che operano nei vari quartieri di Genova. Ogni associazione si occupa poi di consegnare prodotti e preparati a famiglie in difficoltà, mense di solidarietà e senzatetto. Un lavoro volontario incredibile per far sì che a Genova non si sprechi nulla ma allo stesso tempo si aiuti chi è in difficoltà.

>> Link: slowfish.slowfood.it

Nota

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Photo © Oliver Migliore, Marco Del Comune, Greta Stella. Tanta partecipazione e attenzione come sempre ai laboratori di Slow Fish dedicati ai bambini.

L’ERP CSB-System rafforza la resilienza e la competitività delle aziende alimentari

«Il più grande nemico del progresso non è l’errore, ma l’inerzia», ha detto lo storico britannico HENRY THOMAS BUCKLE. Questa frase non si applica certamente all’industria alimentare che sia durante che dopo la pandemia si è distinta per la sua grande resilienza. La situazione nel complesso, però, resta tesa. Le tensioni politiche a livello internazionale hanno aggiunto nuove sfide per le aziende alimentari: catene di approvvigionamento sotto costante stress, costi energetici alle stelle, carenza di lavoratori qualificati ed elevate esigenze di produttività intensificano ulteriormente la pressione sui prezzi. In questo contesto sono emersi i vantaggi derivanti dalla digitalizzazione L’impiego dell’ERP e di soluzioni

digitali CSB-System può sicuramente supportare le aziende del settore ittico perché garantisce tre cose.

1. fl essibilità : le tecnologie digitali consentono alle aziende di gestire efficacemente l’atteso e l’imprevisto;

2. efficienza: soprattutto nei mercati just-in-time, i margini già ridotti non devono essere consumati da processi inefficienti;

3. trasparenza: un buon sistema KPI fornisce non semplici numeri ma vere e proprie informazioni alla base di processi decisionali giusti.

CSB-System offre una vasta gamma di soluzioni I clienti CSB-System che hanno investito nell’integrazione e nella

digitalizzazione dei propri processi grazie all’ERP ora lavorano meglio con i loro partner. Le catene di approvvigionamento digitalizzate sono una buona difesa contro l’incertezza della pianificazione o i ritardi di consegna. Idealmente, la digitalizzazione dovrebbe essere estesa a quanti più processi possibili: dalla ricezione delle materie prime alla produzione, dalla preparazione dell’ordine alla consegna, rendendo la lavorazione degli alimenti il più flessibile, efficiente e trasparente possibile.

La softwarehouse CSB-System è in grado di accompagnare l’azienda nell’implementazione di una vasta gamma di soluzioni digitali per tutte le aree aziendali. Per esempio:

• il controllo digitale delle materie prime al ricevimento della

148 IL PESCE, 4/23 TECNOLOGIE

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Email : ftmilano@delanchy.fr

merce consente una valutazione continua dei fornitori: un fattore essenziale quando si ha a che fare con materie prime freschissime e che non hanno una qualità standardizzata;

• la chiara identificazione tramite codici a barre, chip RFID, sensori per il riconoscimento delle immagini garantisce totale consapevolezza della merce a disposizione e una documentazione completa. Allo stesso tempo, è garantita una tracciabilità senza lacune, poiché i dati vengono instradati elettronicamente da una fase di lavorazione all’altra;

• la produzione supportata dall’ERP e la sua pianificazio-

ne su scenari temporali diversi aiutano ad ottimizzare l’intero processo (risorse umane, materie prime e set-up delle macchine) anche in presenza di lotti di produzione dalle dimensione ridotte;

• l’ottimizzazione digitale del magazzino aiuta ad evitare scorte eccessive, garantendo allo stesso tempo un riordino tempestivo;

• monitorando da remoto gli impianti, è possibile anticipare i problemi e pianifi care i lavori di manutenzione necessari. Ciò riduce al minimo i tempi di fermo e consente il raggiungimento della massima efficacia dell’impianto (OEE);

• l’ERP CSB-System “comunica”

con le linee di peso-prezzatura, con gli impianti di produzione e con il picking. I sistemi pick-byvoice e pick-by-vision guidano i dipendenti nell’area giusta del magazzino e segnali luminosi o numeri segnalano la posizione esatta degli articoli;

• l’introduzione dell’automazione e della robotica supporta l’interazione efficace dei flussi di dati e merci. Numerosi clienti CSBSystem hanno già implementato standard innovativi nell’intralogistica, in particolare sistemi automatizzati di produzione e confezionamento, sistemi automatici di depallettizzazione, sistemi di smistamento e magazzini a scaffalature alte per pallet o singole scatole anche multiprodotto.

Sempre con lo sguardo al futuro Nonostante le soluzioni CSB-System per la digitalizzazione e l’automazione siano all’avanguardia e già collaudate nella pratica, il gruppo CSB-System continua ad investire in ricerca e sviluppo perché in questo settore c’è da fare ancora tanto: Intelligenza Artificiale (AI), Internet of Things (IoT), big data e blockchain sicuramente giocheranno un ruolo ancora più centrale nei prossimi anni. Sapientemente combinato, tutto questo rinforzerà l’industria alimentare con chiari vantaggi economici sotto forma di controllo dei processi, aumenti delle vendite e margini più elevati.

Referente:

• Dott. A. MUEHLBERGER

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150 IL PESCE, 4/23
In alto: CSB Rack Multifunzione in impianto. In basso: grazie all’ERP CSBSistem i dati diventano vere e proprie informazioni.

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Track Ittico: una risposta alle sfide della Blue Economy

La tracciabilità dei prodotti ittici nella Blue Economy è fondamentale oggi per regolare un mercato che muove 184,6 milioni di tonnellate di prodotti ogni anno. Prodotti derivati dalla produzione mondiale di pesca e acquacoltura.

Nel mercato ittico globale le produzioni europee si caratterizzano per un’elevata tecnica e un’attenzione sempre crescente alla gestione delle acque, l’alimentazione artificiale, il controllo della sincronizzazione delle deposizioni di uova, i vaccini. Nella Blue Economy la ricerca scientifica e quella tecnologica lavorano insieme per migliorare la qualità dei prodotti e ridurre l’impatto ambientale. In

questo panorama si inserisce Track Ittico di Z UFFELLATO T ECHNOLOGIES, software di tracciabilità ittica progettato per il controllo di ogni fase dell’allevamento ittico e della lavorazione della materia prima. Chiediamo a ENRICO ZUFFELLATO, CEO di Zuffellato Technologies, che cosa c’è stato alla base di questo sviluppo.

«Tutto è nato da un’idea. Come in tutte le cose, le idee sono il motore per far crescere progetti e svilupparli. In questo caso l’idea di un nostro collaboratore, oggi in pensione, che ha avuto la grande capacità di ascoltare un cliente. Ancora una volta si dimostra quanto sia importante ascoltare

i clienti, con attenzione, e cercare di portare loro soluzioni concrete che portino risultati».

Quali sono state le tappe più importanti del percorso di Track Ittico sul mercato e le sfide più difficili che ha dovuto affrontare?

«Quando si inizia un nuovo progetto le difficoltà bisogna metterle in conto, ma, allo stesso tempo, si vive un’importante fase di entusiasmo, perché nel mondo software creare qualcosa di nuovo è appassionante e coinvolge tutta l’azienda. In ogni settore che abbiamo analizzato e nel quale abbiamo avuto modo di confrontarci ci sono state difficoltà, ma

152 IL PESCE, 4/23
Nella Blue Economy ricerca scientifica e tecnologica lavorano insieme per
migliorare la qualità dei prodotti
e ridurre l’impatto ambientale. In questo panorama si inserisce Track Ittico di Zuffellato Technologies, software di tracciabilità ittica progettato per il controllo di ogni fase dell’allevamento ittico e della lavorazione della materia prima.
Milanese snc Viale I Maggio, n. 3 – 33032 Bertiolo (UD) Tel. +39 0432 917224 – Fax +39 0432 917034 – E-mail: milanese@milaneseitalia.com – Web: www. milaneseitalia.com MILANESE snc dal 1953 produce e commercializza una vastissima gamma di attrezzature per l’acquacoltura, che esporta in ben 40 paesi di tutto il mondo. Inoltre progetta e costruisce su misura sistemi di automazione per l’allevamento del pesce

sapevamo sin dall’inizio che sarebbe stato un bellissimo viaggio.

Track Ittico è l’ultimo nato in casa Track e rappresenta una grande sfida per futuro. È ormai chiaro a tutti che la Blue Economy ha una rilevanza enorme nel settore alimentare in generale. La sicurezza di un prodotto fresco come il pesce non può prescindere da un programma flessibile ma allo stesso tempo super affidabile. Vediamo un grande sviluppo in questo settore e per questo stiamo investendo molto sul prodotto Track Ittico e sulle sue procedure».

Quali sono i punti di forza di Track Ittico?

«Possiamo davvero dire che sono tanti e diversi tra loro: l’affidabilità, la sicurezza delle procedure e del dato, la fl essibilità del prodotto, progettato per accogliere le richieste degli operatori. Ma invece che parlare di punti di

forza vorrei concentrarmi sugli sviluppi futuri: vogliamo migliorare le tecnologie, la user friendly, la capacità di produrre e analizzare dati sintetizzandoli e fornendoli al responsabile e al titolare. Per Track Ittico la gestione dell’allevamento e della trasformazione del prodotto pesce nelle vasche è il punto di forza della nostra soluzione specifica per il settore. Questo perché l’articolo

pesce non è mai lo stesso ed evolve nel ciclo di vita della produzione».

Qual è il vostro cliente tipo? Parliamo di PMI o realtà molto più grandi? «Le realtà con le quali ci confrontiamo sono molto diverse, non solo per dimensione e struttura, ma soprattutto per esigenze. Spesso lavoriamo con imprese dello stesso settore e della stessa dimensione

Per Enrico Zuffellato, CEO di Zuffellato Technologies, «Track Ittico, l’ultimo nato in casa Track, rappresenta una grande sfida per futuro. È ormai chiaro a tutti che la Blue Economy ha una rilevanza enorme nel settore alimentare e la sicurezza di un prodotto fresco come il pesce non può prescindere da un programma flessibile ma allo stesso tempo super affidabile»

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In Track Ittico la gestione dell’allevamento e della trasformazione del prodotto pesce nelle vasche è il punto di forza. Questo perché l’articolo pesce non è mai lo stesso ed evolve nel ciclo di vita della produzione.

ma con necessità completamente diverse. Ancora una volta ascoltare le persone che lavorano all’interno delle aziende è fondamentale. In ogni caso, il nostro mercato principale riguarda le PMI fino a 100 mln di euro di fatturato, aziende che hanno incredibili capacità di innovazione e che ancora oggi affrontano il mercato con coraggio e portano nel mondo il nostro made in Italy».

La tracciabilità alimentare è diventata obbligatoria in tutta l’Unione Europea dal 1o gennaio 2005. Le aziende italiane di oggi percepiscono la normativa su tracciabilità e rintracciabilità come un obbligo o sono pronte a vederla come un’opportunità?

«La normativa sulla tracciabilità esiste ed è molto chiara, è un obbligo, ma questo non significa che le aziende non ne percepiscano le potenzialità.

L’innovazione tecnologica e la crescita digitale che questo obbligo ha comportato sono sotto gli occhi di tutti: se oggi molte aziende possono parlare di sicurezza, sostenibilità, made in Italy, qualità e tutela del prodotto, è anche grazie a software e processi che garantiscono al 100% questi aspetti . La tecnologia, usata nel modo giusto, dà sempre una mano».

Abbiamo vissuto sulla nostra pelle

come cambiamenti inaspettati possono stravolgere vite e processi produttivi. Le aziende devono sempre avere un attento occhio al futuro per prevedere o rispondere velocemente a questi cambiamenti: può dirci quali sono le nuove tecnologie e le nuove tendenze della tracciabilità alimentare in Italia e in Europa? Quali sono le sfide del futuro che le aziende devono essere pronte ad affrontare?

«Effettivamente le recenti alluvioni che hanno devastato un territorio come quello emilianoromagnolo ci hanno fatto capire quanto sia difficile oggi prevedere i cambiamenti, soprattutto climatici. Dobbiamo renderci conto che il cambiamento climatico ha un impatto importante sul settore alimentare in generale e ancora di più su queste aziende che fanno della natura la loro sopravvivenza. Ed ecco che le tecnologie possono aiutarci a ridurre il rischio: software basati su tecnologie cloud come Track, nuove modalità di gestione dei magazzini che velocizzano la rotazione del prodotto, l’utilizzo delle etichette RFId che miglioreranno e velocizzeranno ulteriormente le fasi di produzione e l’evasione degli ordini. Insomma, le sfide sono tante, ma le tecnologie esistono per aiutarci ad affrontarle, anche quelle più complesse!».

Enrico Zuffellato, AD di Zuffellato Technologies. L’azienda di Ferrara opera in ambito IT come system integrator dal 1975. Negli anni ‘90 inizia l’avventura con Track, una suite che si dirama nei 4 settori del comparto agroalimentare: Track Carni, Track Agri, Track Ittico e Track Alimenti.

• Track è un software di Zuffellato Technologies Via Bela Bartok 12 44124 Ferrara

Telefono: 0532 904711

E-mail: info@zuffellato.com

>> Link: www.trackanyfood.com

>> Link: www.zuffellato.com

156 IL PESCE, 4/23
ITTICO ITTICO

GIUSEPPE COMI e EDO D’AGARO (Curatori)

Strategie di conservazione e gestione dei salmonidi autoctoni italiani

Forum Edizioni

240 pp. – EAN 9788832833171

SILVIO GRECO

Il pesce

Disegni: SERGIO STAINO

Collana: Slowbook

Editore: Slow Food

144 pp. – ISBN: 9788884993984

Costa dei trabocchi

Il mare d’Abruzzo

Collana: Assaggi

Editore: Slow Food

224 pp. – SBN: 9788884997968

Il volume illustra le principali tendenze nell’ambito della conservazione e gestione delle popolazioni di salmonidi autoctoni in Italia, tema di estrema attualità in relazione all’entrata in vigore di nuove norme a livello europeo che indicano la necessità di tutela delle specie locali, con prospettive innovative per la produzione qualitativa e quantitativa di stock ittici per i ripopolamenti. In particolare, viene presentata un’analisi approfondita sulle tecniche di gestione delle specie autoctone, il miglioramento genetico, l’applicazione dell’alimentazione di precisione e dell’intelligenza artificiale nell’allevamento ittico. La pubblicazione si propone anche come guida pratica anche per le diverse fasi che precedono e seguono il periodo di allevamento, come la gestione degli acquisti, il marketing, la trasformazione e i controlli qualitativi dei prodotti ittici. Risultato di numerose attività di ricerca e didattiche condotte da esperti ittiologi e docenti universitari, il libro si rivolge a studenti e ricercatori, agli operatori del settore e a tutti gli appassionati di pesca sportiva.

Può forse sembrare un paradosso che uno dei massimi biologi marini italiani e un fumettista di fama internazionale si siano uniti in questa impresa che parla di come pescare, acquistare e cucinare il pesce. A ben guardare, però, la cosa non stride, tutt’altro. Perché se è vero che abbiamo bisogno di esperti che ci guidino — e qui entra in campo SILVIO GRECO — là dove le nostre semplici forze di cittadini non arrivano, è altrettanto vero che questo non può essere uno sforzo costante: fare la cosa giusta (in questo caso imparare) deve essere reso piacevole, bello da fare e da vedere e questo è il contributo di SERGIO STAINO al libro, uno strumento di crescita.

La parte dell’Abruzzo bagnata dal mare è nota per l’utilizzo dei trabocchi, terrazze sospese sul mare cristallino e ricco di fauna ittica che sono delle formidabili macchine da pesca. Questi marchingegni enormi, che oggi ospitano anche ristoranti e sono diventati dei punti panoramici incredibili, appaiono quasi come dei grandi ragni di legno nei punti più pittoreschi del litorale. Il libro, sullo stile inaugurato dei precedenti capitoli di questa collana innovativa dedicati alle Eolie e all’Elba, è un viaggio fotografico e narrativo, a partire dal mare, dalle sue risorse, dalle sue fragilità, dalle infinite esperienze indimenticabiliche può restituire al turista, per addentrarsi poi a terra, raccontando le meraviglie nascoste — paesaggistiche, gastronomiche, agricole — di questa magica porzione d’Italia. Un territorio tutto da scoprire, per un viaggio prima virtuale, con il gusto della lettura e il sogno delle immagini, poi reale, se si vuole partire per una vacanza fuori dal comune.

158 IL PESCE, 4/23 TRE LIBRI

ANNUARIO del PESCE e della PESCA 2023/2024 N. 34

3, Impasse de la Vigie 35400 Saint Malo Tel.: +33 299 892 885 – Fax: +33 299 891 354 E-mail: togie@wanadoo.fr Web: www.togie.fr
Cocci Luciano Srl -Via Maranello 147853 Coriano (RN)+39 0541 659249cocci@cocci.it VIGO, SPAGNA | 3-5 Ottobre 2023

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