L’ETÀ DI AUGUSTO
3. Orazio
dai confini della strofe metrica, diversamente dai moduli più semplici e misurati della poesia di stile tenue (di cui può costituire un esempio significativo l’ode di congedo dal I libro [ T14]). PROFILO STORICO
Orazio poeta-vates Pindaro rappresenta, agli occhi di Orazio, un esempio di vates, di poeta sacro ispirato da forze superiori, guida spirituale di una comunità: da lui deriva anche, non a caso, il tema dell’immortalità della poesia, sul quale si conclude la raccolta dei primi tre libri delle Odi [ T19]. È anche questo un segno del profondo mutamento di indirizzo artistico e culturale intervenuto nell’età di Augusto: Orazio, come Virgilio, è un poeta di formazione alessandrina e neoterica che si orienta verso tematiche di maggior respiro e di più alto impegno civile rispetto alla poetica ellenistica del lusus e del divertissement erudito. Alla poesia, in assenza di speranze ultraterrene, viene dunque affidato l’altissimo compito di vincere il tempo e la morte, di esprimere una forza salvifica, simboleggiando l’armonia e l’ordine universale delle cose. Rapporto con i modelli Un modello, per i poeti latini, non rappresentava uno schema vincolante da seguire in maniera passiva, ma un orizzonte, una stella polare che definiva un orientamento, senza per questo limitare la libertà compositiva dell’autore. Il rapporto di Orazio con i modelli classici ed ellenistici si sviluppa attraverso i tradizionali procedimenti allusivi diffusi in Roma dall’esperienza della poesia alessandrina e neoterica: l’imitazione si traduce allora in emulazione, in una sfida al modello preesistente, che non viene occultato bensì esibito, proprio perché il lettore sia messo in grado di verificare la novità e l’originalità delle soluzioni adottate. Giorgio Pasquali ha indicato nel «motto» uno dei procedimenti più caratteristici di Orazio lirico: alludere vistosamente nei primi versi di un carme a un componimento greco, per poi distaccarsene immediatamente prendendo una strada diversa. I versi del poeta greco funzionano come un motto, una «formula elegante» (Pasquali) che dichiara aperta la gara con il modello. Si vedano a questo proposito gli esempi di I, 9 [ T10] e di I, 37 [ T13], dove il motto, in entrambi i casi, corrisponde a una “citazione” da Alceo. Varietà di temi e motivi Le Odi, in tutto 103, svolgono temi e motivi molto vari. La preminenza che possiamo accordare agli uni piuttosto che agli altri dipende almeno in parte dal nostro gusto di lettori moderni, portati a privilegiare la poesia di ispirazione privata e autobiografica su quella di ispirazione pubblica e civile (le odi romane, le celebrazioni di Augusto, i carmi di soggetto religioso-sacrale). Gli interessi filosofici, già presenti nella produzione epodica e soprattutto in quella satirica, continuano a prevalere nella poesia delle Odi. Non mutano gli orientamenti: la ricerca dell’autosufficienza interiore (autárkeia) e della tranquillitas animi, perseguibili solo attraverso la pratica della moderazione (modus). Aurea mediocritas (II, 10, 5) chiama il poeta, con fulminante sintesi poetica, tale regola di vita: mediocritas traduce il termine greco metriótes («il giusto mezzo», dunque la moderazione); ma l’aggettivo aurea conferisce al concetto uno splendore sconosciuto al discorso filosofico. Destinata storicamente a ugual fortuna è l’espressione aequa mens (II, 3, 1-2 [ T15 ONLINE]), che designa l’animo imperturbato (aequus, cioè che non muta, che resta sempre uguale a se stesso) nella sventura come nella prosperità. L’affinità con il mondo delle satire è tuttavia solo di ordine contenutistico; cambiano invece il tono e il codice espressivo: nelle Odi «non si argomenta, 184 © Casa Editrice G. Principato