Inferno
gli avari e i prodighi
N
el quarto cerchio c’è a far da guardia un brutto demone con aria assai beffarda, che, pronunciando parole senza senso, invoca forte il Signore del Tormento. Se ‘can che abbaia non morde’, chi lo sa, cane che parla cosa mai farà, quel gran cagnaccio feroce e ciarlatano, nelle fattezze sembra quasi umano. La bestia urla, e Virgilio, indifferente, dice al suo orecchio cosa che lui sente e gli procura un portentoso effetto, stramazza al suolo dopo quanto detto. Solo al sentire che è voler di Dio, quell’incredibile, precoce viaggio mio, lui non ha retto e, dalla rabbia preso, come uno straccio a terra adesso è steso. File infinite di anime dannate spingono massi di misure esagerate, qualcuno sale e c’è chi invece scende e insulti e offese ognuno all’altro rende. Sono gli avari col pugno chiuso stretto che oro e denaro tennero protetto, e al senso opposto son gli spendaccioni, che hanno speso i capelli oltre ai fiorini. Avari e prodighi, costretti all’infinito a andar su e giù e ripeter questo rito, spingono massi da valle fino in cima per poi rifare ciò che han fatto prima.
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