Inferno
i violenti e i traditori
È
l’ora di riprendere il cammino, Virgilio mi chiama, gli vado vicino e mi ritrovo in un bosco strano, di secchi alberi e spine col veleno.
“In vita sono stato fedele servitore di Federico II, il grande imperatore, ma, per fare giustizia e punire i traditori, finii, per calunnia, dalla parte dei malfattori.
Su sporchi nidi, malconci e puzzolenti, covan bestiacce brutte e impressionanti, insieme donne e uccelli spennacchiati, ma non vedo ombra alcuna di dannati.
L’ingiustizia subita mi lacerò il cuore ché persi la fiducia dell’amato imperatore; così, per riparare a un male mai commesso, feci alla mia persona un atto disonesto”.
Il Maestro, attento, mi legge nel pensiero, ed è con me schietto e sincero: “Del cerchio dei violenti è questa parte, e ci stan quelli che si diedero la morte”.
Il ramo adesso tace e io son tanto triste, guardando tutto intorno ancora mi stupisce che in ogni ramo secco, ritorto e sofferente, c’è l’anima che piange di tanta e tanta gente.
Appena poco prima, oltrepassata Dite, paludi di sangue abbiamo attraversate, in esse erano immerse le anime violente che avevan torturato in vita tanta gente. Adesso – è molto strano – si sentono lamenti, però non si distinguono i corpi dei violenti; Virgilio allor mi invita a rompere un rametto ed ecco, all’improvviso, di sangue uscire un getto. Non può esser Pinocchio, è ancora un po’ prestino, eppure ora quel legno parla come il burattino: “Perchè mi spezzi?” dice, urlando di dolore, e sangue e voce escono con grande mio stupore. Svelato il mistero agli occhi miei è d’un tratto: è un uomo e non un pero, pur se così è fatto; allora chiedo scusa e ascolto la sua storia: è Piero della Vigna, poeta che ebbe gloria.
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