N U OVA RI VISTA DI C OU NSE L IN G F ILO SOF ICO, N. 16 , 2 0 20
Il valore salvifico della frattura Alice Fossati1
L
e crisi improvvise possono a posteriori svelarsi come epifaniche, come manifestazioni di senso.
È interessante notare la derivazione etimologica del termine “crisi” dal verbo greco κρίνω, il cui significato primario è “separare”, ma che si declina poi, con sfumature differenti, in “discernere”, “giudicare”, “scegliere”. Si stabilisce quindi un nesso diretto tra rottura, separazione, scisma, e riflessione, introspezione, decisione. Tutto ciò che distrugge le certezze spinge a porre in discussione i principi fondativi. Il più grande pericolo, al contrario, è rappresentato dalla stasi, dal volo a mezz’aria, dalla consuetudine. Vivere nel tempo ordinario, in un perenne equilibrio può portare a un lento e inesorabile stillicidio. I momenti di rottura scarnificano e impongono la riflessione. Gli eventi inattesi che sconvolgono e turbano l’ordine, sia a livello teorico che pratico-esistenziale, creano conflitto, lotta e confronto e, di conseguenza, arricchimento. Il discrimine sta nella consapevolezza, nella capacità di utilizzare la crisi come occasione di meditazione con presenza di sé. Il flusso continuo, il brusio si interrompe, e nel silenzio assordante è possibile porre attenzione al proprio mondo interiore e a quello esteriore, per verificare se vi sia tra questi accordo. È una sorta di tempo cairologico che indirizza all’esame della propria visione del mondo e dei principi che regolano la propria azione. In questo senso, la frattura può rivelarsi salvifica, può essere sfruttata come momento di rivoluzione ed evoluzione. Può portare a una maggiore auto-consapevolezza, a ravvisare una eventuale mancata coerenza tra il proprio sentire e il proprio agire. Si ha l’opportunità di vestire i panni dell’uomo in rivolta di Camus, dell’uomo che si
Counselor Filosofico in formazione (II anno) SSCF & ISFIPP, laureata in Filosofia presso l’Università degli Studi di Torino. 1
96