N.25 OTTOBRE 2019

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Ricostruire la democrazia tramite i beni comuni Parlare di beni comuni in un’ottica di amministrazione condivisa è un pensiero rivoluzionario sia per l’economia che per la politica: in un mondo dominato dalla sfiducia, la responsabilità di una partecipazione diretta potrebbe aprire la strada ad un nuovo modo di vedere e vivere la res publica. Le democrazie del nostro tempo stanno attraversano momenti difficili, la crisi del ruolo del Parlamento, delle leggi nazionali e dell’economia hanno generato un clima di paura e di individualismo, in cui derive populiste possono facilmente proliferare. Proprio in questo momento e in questo mondo allora, cosa vuol dire ripartire dai beni comuni? vuol dire prendere una posizione e contrapporre alla chiusura e all’isolamento un’idea di cooperazione e cittadinanza. Dietro tutto questo c’è, a ben vedere, un progetto politico, una visione imperniata sulla fiducia, che da un lato significa fiducia del cittadino verso i suoi rappresentanti, dall’altro la fiducia che il pubblico deve restituire alla popolazione. Secondo la Costituzione francese dell’anno III la democrazia si fonda sulla “lealtà” dei pubblici poteri e sulla garanzia della “vigilanza” dei cittadini, sono questi i due pilastri del rapporto Stato-Cittadino che regge il sistema democratico: io cittadino mi sento parte di uno stato che mi rappresenta e verso cui svolgo attivamente un controllo. Nel rapporto in questione però sempre più messo in discussione, ormai imperniato in una logica conflittuale, il cittadino si sente come mai distante dal processo decisionale e dalla gestione del bene comune, generando così un distacco che fa venir meno la “vigilanza”. Se dunque si priva di uno dei due pilastri un rapporto già complesso, questo inevitabilmente crolla, considerando che gli scandali politici, la progressiva perdita di potere decisionale della politica nazionale sono solo alcuni dei fattorichehannofattovenirmenoilpilastrodella“fiducia”, 6

il singolo si trasforma in un “consumatore politico” che assiste a dibattiti politici e sceglie alle elezioni l’offerta migliore, una “democrazia del pubblico”, per riportare le parole di Bernard Marin. In un tale quadro dunque il cittadino è relegato ad un marginale ruolo di spettatore-votante. Per invertire questa tendenza è necessario porre il singolo al centro di una dinamica argomentativa piuttosto che di mera approvazione. Portare la politica alla cittadinanza significa anzitutto rispondere ad un bisogno di ascolto delle esigenze particolari, ma significa anche responsabilizzare, favorire una nuova politica costruttiva attraverso un dialogo tutt’altro che facile, ma che sia capace di valorizzare e dare dignità alle diverse componenti etnico-sociali del territorio. In questo cambiamento è bene ricordare che il pubblico non fa e non deve fare un passo indietro, al contrario si fa garante dell’amministrazione condivisa proprio per quel compito di “rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona” di cui parla l’articolo 3 della Costituzione. A tal proposito riportiamo l’esempio virtuoso della regione Lazio, la prima ad approvare una legge che prevede ed incentiva espressamente l’amministrazione condivisa dei beni comuni, che sarà poi resa effettiva da un regolamento attuativo. Legge che individua la regione sia come un soggetto che può formulare patti di collaborazione per i beni regionali, tra i quali figurano ad esempio l’Appia antica, sia come tutrice per comuni minori della regione, che può avvenire con diversi strumenti, dal finanziamento della formazione per i funzionari cittadini alla creazione di banche dati, fino all’attribuzione di vantaggi economici ed altre forme di sostegno ai patti di collaborazione. Potremmo insomma immaginare per il parco dell’Appia Antica un patto di collaborazione tra la regione Lazio e le comunità di abitanti. Potremmo immaginare che tutti, dagli anziani, ai bambini, agli immigrati, si riuniscano per curare il parco ed i suoi spazi ricreativi, realizzando quindi un meccanismo che rigeneri sia la socialità che i suoi luoghi. Cosa significa, in conclusione, questa gestione partecipata di cui si e trattato finora? Innanzitutto non significa, come si potrebbe pensare, autogestione: il potere pubblico non è assente in nessuna delle esperienze, anzi ha il duplice ruolo di dialogare con la comunità –in piccola scala- e di predisporre le forme e i mezzi della partecipazione –sul piano statale e regionale. Scomodo

Ottobre 2019


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