N.25 OTTOBRE 2019

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La gestione condivisa dei beni comuni può allora essere il terreno di prova per recuperare un rapporto Stato-cittadinanza ad oggi incrinato, può portare a ricostruire i due pilastri di cui parlava la costituzione francese di “lealtà” e “vigilanza”. La nostra generazione è cresciuta in un clima di generale sfiducia nei confronti dello Stato, un pensiero economico-politico prevalente che ha generato un’immagine di cittadino disilluso e spettatore e ha fondato il suo dominio sulla presunta incapacità delle collettività di cooperare ed autorganizzarsi, avva-

lorata tanto dalla gestione del bene comune statalizzata quanto da quella liberalizzata. In questo scenario è proprio la nostra generazione a reclamare a gran voce un cambiamento di sistema per contrapporre al cittadino disilluso e spettatore un’immagine di cittadino partecipe. di Chiara Falcolini

Il Comune come modo di abitare Asserragliate da piattaforme di sharing economy e dal turismo di massa, le città possono ritrovare la propria dimensione di collettività ed una nuova “democrazia del Comune” tramite la riappropriazione e la gestione diretta dei beni comuni. La crisi economica del 2008, propagatasi sul mercato immobiliare e sulle condizioni finanziarie degli enti locali, ha prodotto ripercussioni sulla gestione delle aree urbane, che nel corso degli anni sono state soggette ad abbandono e deterioramento. Dalla guida pubblica, il ruolo assunto dalle istituzioni è diventato strettamente economico, finalizzato all’attrazione dei mercati, tralasciando quella che è la vera ricchezza delle città: le persone che la attraversano. Saranno proprio queste a dar vita ad un processo di riappropriazione degli spazi urbani a favore di forme di coordinazione alternative allo Stato e al mercato, per una restituzione, di questi spazi alla fruizione collettiva e al soddisfacimento degli interessi generali. Questo processo di partecipazione dal basso comincerà da un’innovativa funzione amministrativa, adottata per la prima volta dal comune di Bologna, città simbolo di un fenomeno nazionale, una realtà cittadina ormai da qualche tempo fatta di case malmesse, costi esorbitanti e ricerche senza fine. Nell’arco di una decina d’anni, tra l’accordo promosso dal Comune dell’Aereoporto Marconi con la compagnia di voli Low cost Ryanair, la nascita di AirBnb e il numero sempre crescente della popolazione studentesca e non, è venuto delineandosi uno scenario sempre più complesso della città, in cui decifrare la concatenazione degli eventi non risulta immediatamente visibile. Scomodo

Ottobre 2019

Stando ai dati del 2018, Bologna sfiora le 50 rotte aeree Ryanair al giorno ed un afflusso turistico che ammonta a 3/4 milioni di individui ogni anno, rendendola di fatto una meta turistica per eccellenza; il fenomeno non può che tradursi in motivo di vanto per i cittadini fino a quando i diritti di quest’ultimi, non vengono più considerati la priorità per il benessere della città, sostituiti dal diritto al consumo per coloro che non costituiscono una spesa, sotto forma di servizi pubblici e welfare ma rappresentano per la città esclusivamente una forma di guadagno. Nell’arco di 10 anni, la crescita della popolazione residente di 15 mila persone - di cui 3600 studenti non essendo stata accompagnata da un adeguato piano abitativo, ha portato ad un costante innalzamento dei prezzi degli alloggi, rendendo la possibilità di vivere questa città un lusso per pochi; centinaia sono gli studenti e le studentesse costrette ad abbandonare la città per impossibilità economiche o per mancanza di alloggi adeguati, nonostante 10/14 mila risultino essere gli edifici sfitti o invenduti secondo il censimento ISTAT, le misure adottate dal Comune: il Piano Mille Case, gli esperimenti di sharing economy e cohousing sembrano non aver compreso l’entità della questione: tutt’alpiù aggirandola. Se da un lato le possibilità economiche degli studenti si misurano con affitti esorbitanti, proprietari selettivi (per utilizzare un eufemismo) e appartamenti limitati, dall’altro il turismo sembra essere incentivato - stando ai dati di Inside AirBnb - dai 4300 alloggi offerti da Airbnb, di cui il 65% interi appartamenti, senza contare il restante gestito da altre piattaforme. 7


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