La realtà composita del digital divide Questione di banda Il processo italiano di digitalizzazione, non solo per quanto riguarda la Pubblica Amministrazione ma anche per la diffusione nella popolazione, è stato poco unitario fin dagli esordi. Questa mancanza di omogeneità non è sicuramente un fenomeno unicamente italiano, ma assume delle caratteristiche peculiari di paese in paese, andandosi a scontrare con particolari dinamiche sociali e territoriali. Oggi in Italia l’accesso alla Rete è garantito pressoché ovunque. La maggior parte del territorio italiano è coperto dalla banda larga, ad eccezione di pochissime aree remote che sono totalmente escluse da Internet. Tuttavia, la banda larga non basta per svolgere molte attività online di uso corrente, divenute fondamentali durante il lockdown; per esempio, le video chiamate, la didattica a distanza, lo streaming video. Il termine banda larga ha quindi assunto un valore relativo, per cui la tradizionale banda larga è adesso considerata ‘stretta’. Per poter utilizzare Internet in maniera agevole oggi c’è bisogno della ben più potente banda ultra larga, presente in maniera disomogenea sul territorio. Sotto questo aspetto, l’Italia è molto indietro rispetto agli altri paesi europei: secondo il DESI, l’indice della Commissione Europea che valuta il grado di digitalizzazione su diversi parametri, nel 2019 l’Italia si è classificata ventiquattresima su ventotto. Per rendere più chiara la distribuzione della Rete e lo stato degli investimenti privati, l’Unione Europea ha deciso di dividere il territorio in aree bianche, grigie e nere. Nelle aree nere è presente, o lo sarà nei prossimi anni, più di una rete a banda ultra larga, nelle aree grigie una sola rete a banda ultra larga, mentre le aree bianche sono a fallimento di mercato. Sono principalmente queste zone, dunque, a far scendere l’Italia nella classifica del DESI, e ad essere svantaggiate nell’accesso ai servizi rispetto alle aree nere, in un mondo nel quale il digitale acquista sempre più importanza. Scomodo
Maggio 2020
Per colmare questo gap è necessario l’intervento statale, e a tal proposito nel 2015 è stato elaborato il piano BUL, per garantire la connessione in tutte le aree bianche, in atto seppur con qualche ritardo, grazie a fondi europei, nazionali e regionali. Tuttavia, fornire una buona connessione non significa automaticamente che la popolazione sia connessa. Il problema del digital divide è infatti ben più complesso, di carattere non solo infrastrutturale ma anche e soprattutto culturale. Le diseguaglianze nella domanda e nell’offerta È evidente che la divisione in aree sopra citata non sia così netta, ma si tratti invece di una realtà composita. Il grado di digitalizzazione a livello territoriale può quindi variare tantissimo, da regione a regione, ma anche da Comune a Comune. I fattori che acuiscono o mitigano il digital divide a livello geografico-territoriale sono quindi molteplici. Tra questi, il tradizionale divario Nord-Sud, che, seppur meno evidente rispetto ad altri settori produttivi, è riscontrabile anche nell’ambito della digitalizzazione. Secondo i dati ISTAT, se al Nord il 70,6% della popolazione possiede un abbonamento fisso a banda larga, al Sud si scende al 62,5%. Un’altra forte disparità mai colmata è quella tra grandi città e le aree interne. Va da sé che nelle aree urbane l’utilizzo di Internet aumenta, non solo per la Pubblica Amministrazione ma anche tra gli individui e le famiglie. Nelle aree metropolitane il 78,1% delle famiglie ha una connessione a banda larga, valore che scende a 68,0% nei Comuni con popolazione inferiore ai 2.000 abitanti. Inoltre, le regioni più digitalizzate sono Lombardia e Lazio, in quanto hanno le aree urbane di maggiore densità di tutta Italia. 9