N. 32 MAGGIO 2020

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CPR, detenuti senza permesso -------------------------------------------------------------------------------------------------------La detenzione amministrativa degli “irregolari” in Italia costituisce un buco nero in cui vengono meno diritti fondamentali

Malik è arrivato in Italia del Senegal 30 anni fa, da allora ha lavorato in fabbrica e poi aperto una partita Iva come commerciante di vestiti e oggetti africani in un mercato a Bari. Allo scadere del suo permesso di soggiorno inizia quello che lui definisce in modo forte come “periodo di schiavitù senza diritti”, viene fermato a Macerata e fatto recludere nel CPR di Bari. Descrive il centro di reclusione come un “manicomio degli anni ‘50” e racconta di un business di persone che gestiscono le strutture di reclusione per ricevere fondi. Esistono posti in Italia dove persone come Malik, a cui scade il permesso di soggiorno, o persone che arrivano nel nostro paese in cerca di asilo o rifugio vengono trattate in modo disumano e degradante. In politica dei Centri di Permanenza per i Rimpatri si parla poco. Il cono d’ombra è anche e soprattutto informativo: non v’è possibilità di avere accesso a dati precisi e informazioni sui casi specifici, e questi luoghi sono descritti dunque attraverso sporadiche testimonianze. Si dà spesso per scontato che dopo l'arresto di migranti irregolari si passi direttamente al rimpatrio, ma in mezzo c'è un passaggio gestito poco e male, un posto dove vengono perpetrate quotidianamente violazioni dei diritti umani: in mezzo ci sono i CPR. 18

Scomodo

Maggio 2020


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