Storia e Politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa - xxxi, 2016
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Marco Bresciani
Tra “guerra civile europea” e “crisi eurasiatica”: Benito Mussolini, la rivoluzione russa e il bolscevismo
A un secolo di distanza, a nessuno ormai sfugge il valore di cesura di quella “crisi mondiale” che attraverso la guerra scoppiata nel 1914 e la rivoluzione cominciata nel 1917 inaugurò il Novecento1. Resta invece ancora aperto il dibattito intorno alle sue radici e alle sue forze motrici, alle sue conseguenze e alle sue implicazioni di medio e lungo termine. Non può però non sorprendere che la profonda trasformazione storiografica che negli ultimi decenni ha completamente ridefinito le coordinate interpretative della Grande Guerra e della Rivoluzione russa – e delle loro lunghe e persistenti eredità – in una visione più complessiva ed integrata della storia europea, abbia solo sfiorato il campo di studi del fascismo. Infatti, questi tendono tuttora ad eludere i conti con la svolta europea e globale del 19171923, la quale, legando i nodi della guerra a quelli del dopoguerra e investendo soprattutto gli spazi imperiali e post-imperiali dell’Europa centrale e orientale, continuò a dispiegare i suoi effetti, con intensità e in forme variabili, nei decenni successivi2. Il dibattito sul fascismo italiano e sulla sua possibilità di comprensione all’interno del quadro europeo è stato profondamente – anche se indirettamente – condizionato dall’Historikerstreit che lacerò la comunità degli storici tedeschi tra il 1986 e il 1988, a partire dalle discusse – e più che discutibili – posizioni di Ernst Nolte3. Lo storico conservatore tedesco si era essenzialmente focalizzato sui rapporti tra nazionalsocialismo e bolscevismo, intesi come i principali attori della «guerra civile europea» combattuta tra 1917 e 1945. In un gioco di connessioni causali del tutto arbitrario, Hitler si presentava come una reazione a Lenin, Auschwitz come una «risposta per eccesso» alla Kolyma. Contro questo schema interpretativo, in cui le intenzioni della comprensione finivano per sovrapporsi, quasi per identificarsi, con le ragioni della giustificazione, non mancò una veemente reazione da parte degli altri storici – tedeschi, ma non solo – che qui non è possibile seguire nel dettaglio.
1 Da questo punto di vista, Elie Halévy, Perché scoppiò la prima guerra mondiale, con un saggio di Marco Bresciani, La Porta Editore, Pisa 2014, offre tuttora la chiave di lettura più lucida e stimolante. 2 Cfr. John Horne-Robert Gerwarth (a cura di), Guerra in pace: violenza paramilitare in Europa dopo la grande guerra, B. Mondadori, Milano 2013. 3 Vedi Ernst Nolte, Nazionalsocialismo e bolscevismo: la guerra civile europea, 1914-1945, con un saggio di Gian Enrico Rusconi, Sansoni, Firenze 1988.