Storia e Politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa - xxxi, 2016
309
Vittorio Strada
Un centenario anomalo
Il centenario che ricorre quest’anno – gli eventi rivoluzionari del 1917 a Pietrogrado – è per vari motivi singolare: lo Stato senza precedenti cui quegli eventi diedero i natali, noto con l’acronimo URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche), fondato per dar vita a una nuova era storica, cinque lustri or sono, dopo quasi tre quarti di secolo di esistenza, è scomparso con una sorprendente rapidità simile a quella della sua comparsa; lo spirito che lo aveva animato e che si compendiava nel concetto programmatico di “rivoluzione mondiale”, di cui quello Stato voleva essere l’antesignano, è svanito dopo aver subito una trasformazione sostanziale che dalle sue origini internazionalistiche lo aveva portato a diventare ambiguamente “nazionale” – russo; l’inattesa comparsa sulla scena europea di una nuova forza politica, anch’essa antiliberale, il fascismo e l’affine nazional-socialismo, che nel comunismo videro un modello formale da imitare e un avversario sostanziale da combattere, spingendo alla fine il comunismo a una paradossale alleanza militare con quel capitalismo che la “rivoluzione mondiale” voleva annientare; i partiti che nel mondo erano nati per sostenere ed espandere in modo organizzato e centralizzato (Komintern) il movimento rivoluzionario del 1917 col proposito di monopolizzare, adeguandoli ai propri fini, i valori e i simboli dei tradizionali partiti socialisti dai comunisti osteggiati, dopo la fine dell’URSS hanno cessato di esistere o hanno subito una trasformazione che ne ha stravolto il carattere originario; persino la ricorrenza degli eventi rivoluzionari del 1917, sempre celebrata con solennità là dove si svolsero e ovunque tra i loro propugnatori, è ora cancellata dalle festività del calendario in Russia, dove quel fatto storico è reinterpretato in un modo che ne muta radicalmente il significato originario; infine, a differenza di altre rivoluzioni, in particolare di quella francese, cui quella russa del 1917 si è più o meno giustificatamente richiamata per autolegittimarsi, le idee e gli ideali di quest’ultima sembrano dissolti senza lasciare traccia nella successiva realtà. Si aggiunga che lo stesso termine “rivoluzione russa” non regge a una riflessione analitica: per la sostanza degli eventi pietrogradesi dell’ottobre 1917 si deve parlare di “colpo di Stato” e quanto al loro luogo si dovrebbe parlare di “Impero russo”, concetto diverso da “Russia” per le sue caratteristiche politiche. Eppure è vero che nel 1917 una rivoluzione – anzi due: a febbraio e a ottobre, ma la seconda fu quella decisiva – ebbe inizio, una rivoluzione che, coinvolgendo enormi masse, sarebbe durata sette e più decenni e avrebbe sconvolto il mondo, come è vero che la Russia fu la protagonista di quella lunga rivoluzione, dalla quale venne radicalmente trasformata. Data questa situazione, priva oltre tutto di quella ricchezza di libera riflessione storica e intellettuale che ebbe la rivoluzione francese e solo di recente aperta a una ricerca indipendente – ma oggi di nuovo pregiudicata – là