Storia e Politica. Annali della Fondazione Ugo La Malfa - xxxi, 2016
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Giorgio Petracchi
L’impatto della rivoluzione russa e bolscevica in Italia tra guerra e primo dopoguerra
Il 6 novembre 1917, un martedì, erano convenuti a Rapallo, oltre a Vittorio Emanuele Orlando – Presidente del Consiglio dal 30 ottobre – e al Ministro degli Esteri Sidney Sonnino, i primi ministri di Francia e Gran Bretagna, Painlevé e Lloyd George, con un seguito numeroso di generali e d’esperti. Per due giorni il Consiglio interalleato, in riunione d’emergenza, esaminò la situazione italiana e quella più generale dell’Intesa alla luce del disastro di Caporetto e della Russia di Kerenskij. Sotto l’incubo della rotta di Caporetto, Sonnino accettò la costituzione del Supremo Consiglio di Guerra alleato. Su un punto, però, Sonnino e Orlando s’irrigidirono, là dove l’art. 1 prevedeva la possibilità per la Russia di partecipare al Consiglio supremo: «Bisogna guardare le cose in faccia – esordì Sonnino – Possiamo fidarci nelle presenti torbide circostanze del governo russo? [...] Possiamo noi predisporre dei piani di guerra alla presenza, per esempio, di un delegato del Soviet?»1. É bene precisare che la Russia a cui si riferiva Sonnino, non era la Russia bolscevica. Si trattava – e la puntualizzazione non è senza significato – della Russia di Kerenskij. Nessuna informazione era giunta a Rapallo il 7 novembre – 25 ottobre secondo il calendario russo vecchio stile – della riuscita occupazione del Palazzo d’Inverno da parte dei bolscevichi, né il giorno dopo al convegno di Peschiera, alla presenza di Vittorio Emanuele III. Nessuno ancora sapeva del cambiamento di regime in corso in Russia. Soltanto dopo il loro ritorno a Roma, i ministri italiani raccolsero notizie frammentarie sugli avvenimenti decisivi a Pietrogrado. Ma gli elementi raccolti non bastavano a farsi un’idea della nuova situazione. L’ambasciata italiana comunicava ad intermittenza, tacque addirittura per diversi giorni. La corrispondenza fra Pietrogrado e Roma ritornò a farsi più regolare soltanto dopo il 17 novembre. La stessa incertezza aleggiò sui ministri francesi e inglesi. Fintanto che furono assenti dalle loro rispettive capitali, nulla seppero dei giorni decisivi a Pietrogrado. Il governo francese, inoltre, era dimissionario dal 28 ottobre e da Parigi non venne nessuna apprezzabile reazione fino al 15 novembre. La prima risposta alla rivoluzione d’Ottobre venne, infatti, dalla nomina a Presidente del Consiglio e a Ministro della Guerra di Georges Clemenceau, il più risoluto avversario dell’estrema Sinistra sia interna sia internazionale2. In Inghilterra, il Gabinetto non ebbe notizie precise sui fatti di Pietrogrado fino al 9 novembre 1 Luigi Aldrovandi Marescotti, Guerra diplomatica. Ricordi e frammenti di diario, 1914-1919, Mondadori, Milano 1938, p. 165. 2 Maxime Mourin, Les relations franco-soviétiques, 1917-1967, Payot, Paris 1967, p. 58.