CENTRO ISTRUZIONE E FORMAZIONE
ANNUARIO 2020/2021
CON FIDUCIA VERSO IL FUTURO
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CENTRO ISTRUZIONE E FORMAZIONE
ANNUARIO 2020/2021
CENTRO ISTRUZIONE E FORMAZIONE Annuario n. 12 Fondazione Edmund Mach T. 0461 615453 - F. 0461 615490 - www.fmach.it/CIF - Email info.cif@fmach.it
CURA DEL PROGETTO Luana Budano
TESTI Alessandra Alagna, Ivano Artuso, Stefano Bacchi, Raffaele Bertè, Alberto Bianchini, Paola Bridi, Barbara Centis, Silvia Ceschini, Daniele Chiodega, Andrea Corradini, Michele Covi, Maria Crespi, Federica Dallagiacoma, Paolo Dallavalle, Marco Dal Rì, Valentina Filosi, Damiano Fratton, Niccolò Laghi, Anna Maria Llupi, Alessandra Lucianer, Eva Lavinia Maffei, Nicolò Mantovan, Romina Menapace, Emma Meraner, Beatrice Miccoli, Gianni Moscon, Andrea Panichi, Manuel Penasa, Francesco Peterlana, Martina Piotto, Leonardo Rigon, Esther Riz, Costanza Salvetti, Don Renato Scoz, Andrea Segnana, Elisa Sicher, Francesco Spagnolli, Nicola Zadra, Daniela Zanetti, Ettore Zanon, Filippo Zibordi.
REVISIONE TESTI Luana Budano
FOTOGRAFIE Ivano Artuso (pag. 155-156), Bogna Sudoloska (pag. 128), Mauro Bragagna (pag. 28-29-44-45), Francesco Conforti (pag. 20-21-52-53-88-89-100-101-108-109-114-115-136-137), Marco Scoz (pag. 25-26-27), Vlaďka Bartošová (pag. 130 “Mufloni”). Archivi personali: Alberto Bianchini (pag. 24), Giulia Debiasi (pag. 92-93-94), Romina Menapace (pag. 30), Emma Meraner (pag. 123-124-125), Beatrice Miccoli (pag. 83-85), Gianni Moscon (pag. 112), Manuel Penasa (pag. 41-42-43), Don Renato Scoz (pag. 110-132-133-134) Elisa Sicher (pag. 69-70-71-72-73-74), Gabriele Sontacchi (pag. 117-118), Tavernini Tommaso (pag. 96-97-98), Daniela Zanetti (pag. 120). Archivio fotografico Artistica Deflorian (pag. 26) Archivio fotografico Biblioteca CIF (pag. 77-79-80-81) Archivio AAFF (pag. 126-127-128-129-130-131) Archivio fotografico DIPS (pag. 121-122) Archivio fotografico FEM (pag. 8-9-11-12-13-14-22) Rivista “Der Schlern” (pag.15-16)
PROGETTO GRAFICO E REALIZZAZIONE ESECUTIVA IDESIA - www.idesia.it
STAMPA LA GRAFICA SRL, Mori (TN) ISSN 20-38-551X © 2021, Fondazione Edmund Mach, via E. Mach 1, 38098 San Michele all’Adige (TN), Italia È vietata la riproduzione in qualsiasi forma
Si ringraziano tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo progetto ed in particolare. Gli autori dei testi, gli autori delle fotografie, e tutti coloro che hanno partecipato a vario titolo alla realizzazione di questo Annuario.
INDICE ANNUARIO CENTRO ISTRUZIONE E FORMAZIONE 2020/2021
Prefazione
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STORIA ANTICA
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La nascita dell’Istituto Tecnico Agrario Segni d’arte alla FEM Franco De Francesco
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STORIA RECENTE
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Il mio ricordo personale del professor Sergio Ferrari ... ecco i miei primi 40 anni di lavoro Sei opere dei Deflorian alla FEM
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LA REALTÀ
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La sostenibilità nell’Articolazione Produzioni e Trasformazioni Un lavoro eccezionale Prevenire i conflitti, in un progetto europeo
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CANTUCCIO CORSO ENOTECNICO
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IV Concorso Valorizzazione Vini e Territorio - 13 e 14 maggio 2021
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PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Innovazione all’istruzione e formazione professionale: Operatore e Tecnico della produzione di bevande Esperienze didattiche di gruppo e attività laboratoriali, in periodo di distanziamento sociale L’esperienza CAPES a sei anni dalla sua attivazione Start-up projects: a look into the future Una strada in salute! Incontro con la storia: I bambini di Svevia di Romina Casagrande Nuova immagine per i prodotti della scuola Progetto pollaio didattico Tirocinio Formativo Estivo presso Orto e Pollaio Didattici Sant’Antonio Abate La Biblioteca: un anno di incontri e attività, tra didattica a distanza e in presenza La gestione del convitto in tempo di pandemia A come API La mia esperienza alla guida della formazione professionale
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IL MONDO DEL LAVORO
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Brevetto professionale per imprenditori agricoli: occasione formativa per lo sviluppo di progetti imprenditoriali in agricoltura
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INDICE
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UNO SGUARDO SUL MONDO
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Tirocinio in Spagna e Irlanda: l’Erasmus + progetto Plus-Muse & Smart
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L’ANGOLO U.D.I.A.S.
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Lettera del Curato Gianni Moscon: quel bambino pedalatore che da grande voleva fare il contadino
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OLTRE LA SCUOLA
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OrientaDay 6: la modalità a distanza come punto di forza per una manifestazione completamente virtualizzata e più accessibile Il progetto provinciale “Tutor Sportivo” nel nostro Istituto “Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto” Corsi brevi nel settore del verde ornamentale Arte per tutti Un master innovativo per comunicare ambiente e fauna, con il CIF Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino: puntare all’eccellenza Don Renato, una vita per l’Istituto Agrario
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ALBUM FOTOGRAFICO
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Classi terminali anno scolastico 2020-2021
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STAFF 154 Il personale di segreteria
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Agli studenti, il cuore pulsante della scuola
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PREFAZIONE
IVANO ARTUSO Dirigente del Centro Istruzione e Formazione
Scrivo nel mio ultimo giorno di lavoro, 31 agosto 2021, poi, da domani, inizio il terzo periodo della vita di una persona, la “Pensione”. È un salto nel buio, passerò improvvisamente da un’attività professionale molto impegnativa, frenetica, di responsabilità ad una di riposo, dove riempire le giornate con momenti gratificanti e significativi sarà la priorità. Scrivo pertanto questo mio “Saluto” con un po’ di “stretta al cuore”, lascio non solo il Lavoro, ma San Michele, o meglio l’Istituto Agrario di San Michele, la mia seconda casa dove ho passato 35 anni della mia vita (dal 1 ottobre 1986). Un’esperienza di vita e professionale straordinaria, di duro lavoro, ma che mi ha permesso di imparare e di crescere. Esperienze forti e determinanti. Ho ricoperto vari ruoli di coordinamento e di responsabilità che mi hanno sempre gratificato. Ruoli che non ho mai cercato o richiesto, ma che mi sono sempre stati offerti e puntualmente li ho sempre accettati. “Sfide” impegnative che ho saputo superare lavorando con onestà, determinazione, serietà, passione e forse anche con un certo grado di equilibrio e “buon senso”. Scrivo volentieri perché l’Annuario rappresenta la storia della nostra scuola. È una raccolta di articoli che riportano le attività didattiche più significative che si sono svolte nell’arco di un anno scolastico, ma l’Annuario va oltre e racconta eventi, presenta immagini, esprime emozioni e riflessioni e “scava” anche nel passato. È un documento che rimane per sempre negli archivi dell’Istituto. Mi preme fare una riflessione sull’Insegnamento, l’essenza di tutta la professione e la professionalità del Docente. In questi anni di lavoro ho imparato molto. Ho cercato di entrare nel merito delle modalità, delle emozioni, delle criticità, ma molti dubbi rimangono. Insegnare è difficile e faticoso, non sono sufficienti le conoscenze disciplinari e delle regole, le riunioni, gli aggiornamenti, il voto di laurea, l’età del docente, il programma, il profitto, ecc., il bravo insegnante va oltre e “ama” i propri studenti, li accoglie, entra in profonda empatia con loro, entra in aula sereno e si rapporta con tutti, è cordiale ed equilibrato, è giusto, cerca di far emergere il meglio (e non il peggio), cerca di individuare le capacità di oggi, ma si proietta in quelle di domani. Cerca di far ragionare e riflettere, pone problemi e aiuta a risolverli e non “sazia” gli studenti di sole sterili conoscenze. Non sta alla cattedra, ma fra i banchi. Non fa lezioni “televisive”, ma spiega e interagisce. Conosco molti giovani che a scuola erano in difficoltà, ma che poi si sono dimostrati degli ottimi imprenditori, professionisti, tecnici e alcuni si sono laureati. Pertanto auspico per tutti i docenti di San Michele di essere dei “Bravi Insegnanti” e di entrare col “Sorriso” in tutte le classi. Viene riportata, nella pagina a fianco, la Lettera che ho scritto in occasione della conclusione dell’anno scolastico 2020/2021. Raccoglie le mie riflessioni, considerazioni e ringraziamenti. Auguro agli Studenti, al Personale CIF, al Nuovo Dirigente... BUONA SCUOLA!!! Il Dirigente del Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Edmund Mach prof. Ivano Artuso
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Saluti del dirigente scolastico San Michele all’Adige, 21 giugno 2021 Care Studentesse, Cari Studenti, Gentili Famiglie, Egregi Docenti e Personale scolastico. L’anno scolastico 2020/2021 sta giungendo al termine. Le lezioni sono da poco concluse e sono in corso gli Esami di Stato e gli Esami della Istruzione e Formazione Professionale. Un anno indimenticabile che rimarrà nella storia dell’Umanità e della Scuola. Caratterizzato da sofferenze, incertezze, didattica digitale integrata e periodi di alternanza tra presenza in aula e permanenza a casa (con la ormai famosa “Didattica a Distanza” - DaD). È stato un anno difficile, ma esprimo grande soddisfazione. Il bilancio è positivo, considerando l’emergenza globale, inattesa e nuova. Tutta la Comunità scolastica è stata messa a dura prova, ma ha trovato soluzioni adeguate e innovative. I Docenti hanno saputo reagire prontamente, rimodulare i programmi, riorganizzarsi e inventare un nuovo modo di fare scuola. Hanno portato a termine, con grande professionalità, un anno scolastico veramente critico. I nostri Giovani sono stati molto bravi, hanno dovuto affrontare la sfida più difficile, imparare attraverso una modalità sicuramente anomala, alle volte isolati con le condizioni di apprendimento e di interazione con i docenti e i compagni di classe non sempre ottimali. Le Famiglie hanno saputo affrontare e supportare i loro figli. La Segreteria e tutto il Personale scolastico, per far fronte alla costante incertezza, hanno lavorato alacremente, alle volte “dietro le quinte” e anche oltre il normale orario di lavoro. I Coordinatori di Dipartimento sono sempre stati preziosi per la costante attività svolta e il concreto contributo dato per trovare strategie idonee. Per quanto detto, a Tutti, esprimo un sentito Ringraziamento. Nonostante la prolungata situazione anomala e di emergenza, si è riusciti ad apportare nella Scuola degli elementi di innovazione. Ne cito solo alcuni. Potenziamento della Rete Wi-Fi sia nell’edificio scolastico che in Convitto. Introduzione del Registro elettronico con la messa a disposizione, a tutti i docenti, di strumenti informatici. Realizzazione di una nuova “Area Didattico-Zootecnica” nella quale sono state introdotte oltre 20 galline di cinque razze diverse. Questa Area fa parte dell’inizio di un “Progetto” che darà maggior sviluppo al settore Zootecnico della Scuola. È stata progettata una nuova Serra didattica che dovrebbe essere realizzata nel corso del prossimo anno scolastico. È stato progettato e finanziato un nuovo Sistema di video-sorveglianza per il Convitto che dovrebbe essere installato nei prossimi mesi estivi. Sono stati progettati i Nuovi Piani di Studio della Istruzione e Formazione Professionale. Sta arrivando anche per me, l’Ultimo Giorno di Scuola, infatti col primo settembre sarò in pensione. Come sempre ho fatto nella mia vita, prima come studente, poi come lavoratore, ho affrontato con impegno e dedizione le varie esperienze. Ho dovuto far fronte a numerose “sfide” e non mi sono mai sottratto alle proposte che l’ambito lavorativo mi offriva. A conclusione di una vita lavorativa, mi ritengo fortunato per le soddisfazioni professionali e le gratificazioni personali che ho ricevuto. Mi sono affezionato e ho sempre creduto nell’Istituto Agrario, una realtà complessa, articolata e meravigliosa. Grazie. Per le Studentesse e gli Studenti auspico un percorso scolastico vivace e interessante e un futuro professionale ricco di soddisfazioni. Un affettuoso abbraccio. Buona Scuola. Il Dirigente del Centro Istruzione e Formazione della Fondazione Edmund Mach prof. Ivano Artuso PREFAZIONE
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Lezione di potatura fine anni 50’ Archivio fotografico FEM
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STORIA ANTICA STORIA ANTICA
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La nascita dell’Istituto Tecnico Agrario
ANDREA SEGNANA Docente di Materie letterarie
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Prima di raccontare le vicende che hanno portato alla decisione di istituire un Istituto Tecnico Agrario a San Michele, innovando con tempismo e lungimiranza la tradizionale scuola agraria esistente, è opportuno ricordare le caratteristiche della situazione economica trentina, e in particolare dell’agricoltura negli anni ‘50, che costituiscono la cornice di riferimento della nascita dell’Istituto Tecnico Agrario. La scelta, infatti, derivò dalla constatazione che stava cambiando rapidamente il quadro di riferimento dell’agricoltura trentina e occorreva preparare una nuova generazione di tecnici che potessero raccogliere le sfide del dopoguerra e rispondere alle nuove esigenze. All’inizio degli anni ‘50, la Provincia di Trento possedeva ancora una struttura economica arretrata, per la scarsità delle risorse naturali, per la grande differenza esistente tra le aree in cui era diffuso un certo benessere e le zone depresse periferiche, e per la notevole disoccupazione che determinava un costante e considerevole fenomeno migratorio. L’economia trentina si basava ancora prevalentemente sull’attività agricola e su quella forestale nelle quali era impiegato circa il 40 per cento degli occupati. La Democrazia Cristiana trentina, che governava la Provincia e la Regione, non era molto incline all’industrializzazione, perché temeva la formazione di un proletariato politicizzato e la rottura dei tradizionali equilibri legati al mondo contadino, per cui puntò prevalentemente ancora sull’agricoltura, almeno fino alla fine del decennio. Molto presente su tutto il territorio provinciale era il movimento cooperativo cattolico, con il SAIT che a quel tempo era il più importante ente economico-commerciale della Provincia. L’agricoltura trentina era caratterizzata da una redditività scarsa e una bassa competitività sui mercati. La sua arretratezza derivava anche da un modesto livello di meccanizzazione, da una scarsa specializzazione
delle colture, dalla parcellizzazione della proprietà privata e dalla perdita degli sbocchi commerciali tradizionali dell’Europa centro-orientale a causa della Guerra fredda. Le aziende erano quasi tutte piccole e dedite alla coltivazione promiscua e si verificava un progressivo abbandono della terra che stava portando al graduale spopolamento delle zone di montagna. Dalla metà degli anni ‘50, però, fu avvertita l’esigenza di imprimere una svolta all’agricoltura locale, nella direzione di una sua razionalizzazione e modernizzazione, per aumentarne la competitività. Anche perché, con la firma del Trattato di Roma che prevedeva la nascita della Comunità Economica Europea nel ‘57, divenne urgente mettersi in grado di sostenere le sfide all’interno del futuro mercato comune europeo. L’Istituto Agrario fu uno degli strumenti usati per dare impulso alle trasformazioni in atto, che videro negli anni ‘50 in Trentino la diminuzione consistente della superficie dedicata ai seminativi (soprattutto alla patata) e un incremento della coltivazione specializzata di melo e vite. In realtà, nel dopoguerra l’Istituto aveva vissuto un periodo molto difficile e la sua situazione economica era stata sull’orlo del baratro, tanto che nel ‘47 erano mancati per un po’ i soldi per pagare gli stipendi ai dipendenti e il CdA era arrivato a discutere la sospensione dell’attività per l’anno scolastico ‘47-’48. Il Presidente Giulio Catoni si era recato a Roma da De Gasperi, con il “cappello in mano”, come si usava dire a quei tempi, per chiedergli di trovare una soluzione. Per quanto riguarda la scuola, la nascita della Regione autonoma aveva già nel ‘49 suggerito al CdA di studiare dei provvedimenti per dare all’esistente Scuola Tecnica Agraria un nuovo assestamento e proporre delle alternative alla questione del finanziamento statale, visto che l’Istituto era gestito dal 1926 da un Consorzio tra Stato e Regione, con lo Stato spes-
so riluttante a fare la sua parte. Catoni riteneva che occorresse puntare ad elevare la scuola a Istituto Agrario Statale, sia per risolvere il problema dei finanziamenti sia per permettere il conseguimento del titolo di Perito Agrario al posto di quello di Agente rurale che non era riconosciuto dallo Stato nei concorsi e non consentiva alcuna abilitazione e iscrizione all’albo professionale. Per Catoni, si doveva far nascere un Istituto Tecnico specializzato in viticoltura, frutticoltura e zootecnia. In quest’ultimo settore, non vi erano esempi in Italia, per cui sarebbe stato il primo ad avere tale specializzazione. L’assessore provinciale all’agricoltura Italo Tranquillini, esponente della Democrazia cristiana, era d’accordo e così venne dato l’incarico a Enrico Avanzi, ex Direttore dell’Istituto e professore universitario ben introdotto nel Ministero, di interloquire direttamente con il Governo per sostenere la riforma. Quando poi Tranquillini venne nominato Presidente dell’Istituto Agrario al posto di Catoni dimissionario, nel suo programma il primo punto fu dedicato proprio al potenziamento della scuola. Il CdA decise di studiare a fondo la questione per individuare il tipo di scuola da mettere in piedi e nella seduta del 5 aprile 1951 incaricò il direttore Bonetti e il consigliere Guglielmo Banal, assessore provinciale democristiano alla pubblica istruzio-
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ne (Democrazia cristiana) di studiare la possibilità di dar vita a un Istituto Tecnico Agrario. I due visitarono assieme i principali istituti del Nord Italia per comprendere le peculiarità di tale indirizzo scolastico, ma alla fine non se ne fece nulla. I tempi non erano ancora maturi. Il 24 agosto 1953 si insediò un nuovo CdA e la presidenza dell’Istituto passò all’assessore provinciale democristiano all’agricoltura Luigi Della Rosa che affermò di voler “continuare la via dell’ascesa dell’Istituto Agrario”, sviluppando l’idea di Tranquillini. Ma mancavano i fondi per poter investire, i conti della scuola erano ancora in rosso e lo Stato nicchiava e non contribuiva a ripianare le perdite. Si arrivò così, come extrema ratio, ad aumentare considerevolmente il costo della retta per il convitto. Gli ex studenti di San Michele nel ‘46 avevano costituito l’UDIAS (Unione Diplomati Istituto Agrario di San Michele) e negli anni successivi avevano manifestato, a nome del mondo agricolo trentino, una duplice esigenza: lo sviluppo di un nuovo e più avanzato modello di formazione e una più puntuale attività di ricerca e sperimentazione agraria. Alla fine del ‘55 un gruppo di ex licenziati tra il ‘30-’31 e il ‘35-’36, con il titolo di Agente rurale, chiesero ufficialmente al Ministero della Pubblica Istruzione il riconoscimento del titolo di Perito agrario, naturalmente previo superamento de-
A: Fine anni ‘50: stalla in costruzione B: Vista dell’azienda agricola nei primi anni ‘60
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STORIA ANTICA
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Laboratorio scolastico alla fine degli anni ‘50
gli esami integrativi necessari. Il CdA sostenne questa iniziativa e chiese ancora ad Enrico Avanzi di perorare tale causa a Roma. Ma solo nel 1968 gli Agenti rurali poterono iscriversi all’albo dei Periti agrari. Nell’assemblea del 30 dicembre 1956 la stessa UDIAS, allora presieduta da Bepi Andreaus e grazie anche all’impulso di Cornelio Galvagnini e Ferdinando Tonon, votò un OdG che invocava sia l’istituzione dell’Istituto Tecnico Agrario sia l’adeguamento della scuola alle attese dell’agricoltura locale, e che fu inviato all’avvocato Della Rosa, presidente dell’Istituto Agrario. L’UDIAS nei mesi successivi fece pressione sulla Giunta provinciale affinché si decidesse ad attivarsi. Per poter diventare tecnici, molti licenziati dell’Istituto dovevano sostenere le spese di un percorso scolastico fuori regione. Le accennate trasformazioni dell’agricoltura trentina richiedevano un numero sempre maggiore di tecnici di settore. Erano gli anni in cui si manifestava un aumento abnorme dei consorzi ortofrutticoli, anche grazie ai contributi della Regione, con la costruzione di numerosi magazzini, e cresceva il ruolo delle cantine sociali che, a differenza dei singoli produttori o commercianti, disponevano delle risorse necessarie per modernizzare le proprie attrezzature, assicurare ai propri soci un costante aggiornamento tecnico ed effettuare un monitoraggio dei mercati. Nascevano i primi consorzi di secondo grado: nel
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campo frutticolo il Consorzio delle Cooperative dei Produttori Agricoli (CCPA) e in quello vitivinicolo il Consorzio delle cantine sociali del Trentino, con la Grande cantina viticoltori di Trento che fungeva da centrale. In questo modo, aumentò la richiesta dei tecnici di settore e si crearono anche delle opportunità nel campo della consulenza agricola. Insomma, in Trentino c’era una domanda di profili di tecnico agrario che non si riusciva a soddisfare a pieno. Il cambio di passo e la determinazione a realizzare l’Istituto Tecnico si palesarono finalmente, e con forza, nel maggio del ‘57 in seguito alla nomina alla Presidenza dell’Istituto Agrario dell’avvocato Bruno Kessler, allora Assessore provinciale alle Finanze. Subito, il nuovo Presidente chiese di poter visitare tutti gli altri Istituti Agrari per poter rendersi conto di quali fossero le realtà esistenti e poter poi proporre un piano di sviluppo. Nei mesi successivi sondò il terreno a Roma e il 14 aprile 1958 fece approvare dal CdA la richiesta formale al Ministero della Pubblica Istruzione di autorizzare l’apertura di un Istituto Tecnico Agrario non statale a indirizzo ordinario, dicendosi determinato a seguire la pratica fino in fondo. La motivazione a sostegno era che “la necessità di dar vita in Regione a una scuola del genere si rende quanto mai evidente, essendo un tale ordine di studi più confacente per una nuova preparazione tecnica e professio-
nale quale è richiesta dal progresso tecnico attuale dell’agricoltura”. Si decise di far partire la prima classe con l’anno scolastico successivo, cioè il ‘58-’59, sempre che il Ministero della Pubblica Istruzione fosse d’accordo. Ma ci fu un intoppo. A Roma si decise in un primo momento di istituire a San Michele un Istituto Tecnico Statale, non cioè regionale, come richiesto. Era la vecchia idea di Catoni, che però non era più attuale perché a Trento e a San Michele ci si era resi conto che la gestione in autonomia avrebbe potuto permettere una maggiore libertà di decidere nel merito e, soprattutto, un maggior potere di indirizzo da parte della Giunta provinciale. Kessler riuscì a far sospendere un decreto ministeriale che era già stato emanato in tal senso e ricevette le assicurazioni dal Direttore generale dell’istruzione che la pratica relativa all’istituzione di un istituto non statale sarebbe andata presto in porto. Per l’assessore provinciale all’istruzione Banal si sarebbe dovuto distinguere nettamente il nuovo Istituto Tecnico, destinato a formare professionisti che avrebbero dovuto ricoprire ruoli direttivi, dalla vecchia scuola tecnica adatta a preparare operai agricoli altamente qualificati e che si sarebbe dovuta trasformare in un centro di istruzione professionale, come stava avvenendo in tutta Italia secondo gli indirizzi ministeriali di allora. Per la parte finanziaria, la Provincia
assicurò contestualmente il pieno appoggio alla nuova iniziativa, impegnandosi a sostenerla anche se lo Stato avesse deciso di non contribuire limitando il suo apporto alla vecchia scuola. I principi sui quali si sarebbe dovuto basare il nuovo indirizzo di tecnico agrario erano per Kessler l’estrema serietà degli studi, il massimo impulso alla parte pratica e l’insegnamento praticamente obbligatorio della lingua tedesca, soprattutto per facilitare l’assorbimento dei diplomati nel mondo del lavoro. Al momento, in quell’estate del ‘58, si ritenne prematuro affrontare la questione della specializzazione da attivare, quantunque l’Istituto Tecnico fosse attrezzato specialmente per l’enologia, la viticoltura e la frutticoltura, mentre si scartò la proposta di formare tecnici in economia montana, perché i quadri del reparto forestale erano carenti di operai più che di personale direttivo. A differenza che nella proposta di Catoni del ‘49, non si prese nemmeno in considerazione l’ipotesi della zootecnia. Il rappresentante del Consiglio degli insegnanti, il dott. Aldo Baruchelli, insegnante di Educazione fisica, intervenendo in CdA ricordò come gli insegnanti avessero espresso inizialmente dei dubbi sull’istituzione dell’Istituto Tecnico, ma che le motivazioni addotte da Kessler e Banal avevano contribuito a fare chiarezza e a risolvere
Foto di fine corso fine anni ‘50: il direttore Silvio Bonetti (in prima fila il quinto da sinistra) e il Presidente Italo Tranquillini (in prima fila il settimo da sinistra)
STORIA ANTICA
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C: Il presidente Kessler in mensa con suor Fabiola (a sinistra) D: 1956 foto di gruppo in occasione della rifondazione dell’UDIAS
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tutti i dubbi. Purtroppo, la mancanza della lettera degli insegnanti al CdA nell’Archivio della FEM non ha permesso di conoscere nel merito quali fossero le perplessità degli insegnanti. Kessler in quell’estate lavorò alacremente. Pensando a una scuola d’eccellenza, chiese al professor Luigi Manzoni, insigne agronomo e Preside della Scuola enologica di Conegliano, di accettare l’incarico di Preside a San Michele, ma l’inventore del vitigno Incrocio Manzoni declinò l’offerta a causa delle sue condizioni di salute e propose di designare suo figlio Giovanni, professore di viticoltura ed enologia sempre a Conegliano. Manzoni junior (così veniva indicato nei verbali del CdA) consegnò una relazione su come si sarebbe potuto sviluppare il nuovo Istituto Tecnico e, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, accettò la proposta. Sandra Tafner, nel volume da lei dedicato alla storia dell’Istituto, scrive che Manzoni disse a Kessler che sarebbe venuto in Trentino solo se ci fosse stata l’intenzione di costruire un istituto migliore di quello di Conegliano e il politico solandro accettò senza esitazioni la sfida. Prima che nell’autunno del ‘58 iniziassero le lezioni della nuova e unica classe prima di 36 studenti, ci si pose il problema che il nuovo Istituto avrebbe avuto bisogno di una nuova sede, visto che aule e convitto già riempivano l’edificio del monastero. La Provincia stanziò subito 60 milioni
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per il nuovo edificio, sollecitata anche dall’Ispettore ministeriale che aveva constatato la carenza di spazi durante la sua visita di controllo. Nella seduta del CdA del 13 maggio 1959, Kessler comunicò che la costruzione, nella quale avrebbero trovato uno spazio idoneo anche i nuovi laboratori di chimica, non sarebbe stata ultimata prima dell’autunno 1961, per cui nel frattempo sarebbe stato necessario ricavare quattro nuove aule nell’edificio “Casa nuova”, per le classi degli anni successivi, e ampliare il convitto. In realtà, per realizzare la nuova scuola ce ne vollero molti di più e l’inaugurazione avverrà all’inizio dell’anno scolastico 67’-’68. Si possono ricondurre quindi i meriti della scelta di istituire l’Istituto Tecnico a un insieme di fattori concomitanti di carattere politico, economico e professionale. Certamente l’attivismo e la determinazione di Bruno Kessler furono decisivi, ma egli operò sulla base delle sollecitazioni sempre più forti che provenivano dagli stake holders di allora: la parte più avanzata e innovativa del settore agricolo, il mondo della cooperazione e l’UDIAS. Una convergenza sinergica che permise di poter dare una risposta alle attese di un mondo contadino che stava per affrontare un periodo di grandi cambiamenti. Una scommessa vinta da Kessler che negli anni successivi come Presidente della Giunta provinciale porterà avanti altre riforme che trasformeranno il Trentino.
Segni d’arte alla FEM Volendo percorre la val d’Isarco, una volta usciti dalla galleria del Virgolo a Bolzano, vediamo davanti a noi una spettacolare montagna con le svettanti Punta Santner, il monte Castello e l’ampio massiccio dello Sciliar, in tedesco Schlern. Nella forma stilizzata era il logo del vescovo di Bolzano Bressanone mons. Egger. “Der Schlern” è il nome della storica rivista culturale dell’Alto Adige - Sud Tirol, mensile, giunta ora all’anno 94. Nel numero 10 dell’ottobre 2019 viene presentata dalla dottoressa Maria Hoelzl Stifter la figura del pittore Rabensteiner: Umfangreich und vielfaeltig. Der Kuenstlehrer Hans Rabensteiner (1849-1930) und seine Werke. Umfangreich vuol dire: voluminoso, esteso, ampio e vielfaeltig è per dire vario, svariato. 81 anni di vita intensa con opere di pittura a Merano, Chiusa (nasce a Vilandro), Innsbruck, Val d’Ultimo, Bolzano (duomo, chiesa del sacro Cuore, cappuccini), Andriano, Frangarto, Laives, Anterselva, Campo
Tures, Termeno, Sabbiona, in Austria a St. Veit in Drefreggen e a Bad Ischl, a Bressanone nel Vinzentianum, a Riffiano, a Gais, Teis e a San Michele all’Adige nella Cappella dell’Istituto agrario. Alle pagine 54, 55 56 la dottoressa Stifter indugia descrivendo i dipinti che tuttora ornano il luogo di
DON RENATO SCOZ Già docente di Religione e padre spirituale della comunità scolastica
IN ALTO: Hans Rebensteiner: L’adorazione dei Magi A SINISTRA: Copertina della storica rivista culturale altoatesina “Der Schlern”
STORIA ANTICA
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preghiera. È la segretaria del Presidente Signora Marina Rigotti che trova le iniziali del pittore alla base del dipinto che raffigura sant Urbano, il prof Segnana Andrea scopre, cercan-
Hans Rebensteiner: Sant’Urbano in atteggiamento di benedire l’Istituto agrario
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do in archivio, il nome del sacerdote presente accanto al Papa patrono della viticoltura, che è don Johannnes Gamper il Kaplan del Convitto nel 1903 anno della realizzazione dei dipinti, chi scrive ha messo a disposizione le foto. La Stifter sceglie tra le diverse foto che raffigurano la Pentecoste, gli evangelisti, la Trinità, sceglie L’adorazione dei Magi (cm 226X268) e sant Urbano in atteggiamento di benedire l’Istituto agrario (m 126X 268). (Misure a cura di Marina Rigotti e Flavio Redolfi). Lo stile di Rabensteiner è immediatamente narrativo con colori vivaci, ambientazione spontanea e lineare e tutto concorre ad accontentare chi viene in chiesa a pregare e a riflettere su pagine del Vangelo, della tradizione popolare con riferimento all’ambiente dove rimane l’opera. Riporto la foto del pittore dalla pagina N 5 di Der Schlern, la copertina ( cm 26X19 per 80 pagine) e i due dipinti pubblicati. Incoraggio a girare per i vari luoghi citati alla scoperta di Hans Rabensteiner.
Franco De Francesco Un “grande” che ha fatto grande S. Michele Ho conosciuto ed ho avuto modo di apprezzare le sue pressoché inimitabili capacità didattiche nell’aprile del 1969. Allora De Francesco era direttore del laboratorio di analisi e ricerca, che proprio lui aveva fatto ampliare e poi portato a livello europeo se non addirittura mondiale, superando di gran lunga altri consimili in quanto a fama e reputazione scientifica: frequentavo il sesto anno dell’ITA (specializzazione viticoltura ed enologia) e il prof. Romano Janeselli (docente di chimica viticolo-enologica), alla cui cattedra, tra l’altro sarei subentrato nel 1981, in vista dei “rinnovati” Esami di Stato, chiamò De Francesco per farci un “approfondimento”sul PH (in particolare del vino). Rimasi letteralmente folgorato dal modo in cui De Francesco sapeva trasmettere ai discenti le sue profonde conoscenze scientifiche, e, soprattutto dalla capacità di farle capire come se altro non fossero che le cose più semplici e banali del mondo: le differenze tra attività degli ioni H+ e concentrazione idrogenionica delle soluzioni acquose (diluite) le ho imparate proprio in quell’occasione e me le sono portate appresso, senza dimenticarle quindi, fino ad oggi.
Ma facciamo un passo indietro; De Francesco (classe 1926, quindi coetaneo del suo e mio grande amico Luigi Veronelli) è stato chiamato a S. Michele (era nel reparto del laboratorio d’igiene di Trento) dal neo-presidente dell’Istituto Agrario, Bruno Kessler, nel 1958, con il preciso incarico di “riordinare, ampliare e potenziare (anche sul piano della credibilità internazionale) il laboratorio chimico (allora annesso alla Stazione Sperimentale) per farne un “gioiello” dell’Istituto Agrario e quindi della Provincia. Ma Kessler conosceva molto bene le capacità diplomatiche di De Francesco, tanto che quando si presentò la necessità di “andare a pescare” un preside per il neonato Istituto Tecnico Agrario che subentrava (anche su pressioni UDIAS) alla Scuola Tecnica, alla fine di agosto 1958, lo incaricò, assieme al direttore Bonetti di contattare quel professor Luigi Manzoni che tanta fama si era guadagnato all’Enologica di Conegliano (ITAS G.B. Cerletti). Nonostante le sue innate doti di organizzatore ed abile stratega ed i supporti di convincimento dal punto di vista economico (garantiti da Kessler), l’ambasciata nella “città d’arte e
FRANCESCO SPAGNOLLI Già Dirigente del Centro Istruzione e Formazione
Inizio visita. Da sinistra a destra, il Sindaco Zeni, Autorità provinciale, Prof. Franco De Francesco, Ministro Gui, Prof. Giovanni Manzoni, Presidente Bruno Kessler
STORIA ANTICA
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del vino” si concluse con l’accordo di portare al C. di A. di S. Michele la proposta di assumere con l’incarico (inizialmente part time) non “El Bauco” (soprannome rifilato dagli studenti dell’Enotria al preside Luigi) quanto piuttosto “El Baùchet”, cioè il figlio. Dalle indiscrezioni trapelate (riferitemi personalmente da De Francesco) il “professore” avrebbe proferito proprio in quell’occasione “mi son vècio, però gàvaria me fio…” La sua ammirazione per il vino era tanta e tale da farlo risultare tra i soci fondatori della Confraternita della vite e del vino di Trento, ancora nell’aprile del 1958. Fu in quel periodo (era da poco approdato a S. Michele) che si dedicò anche a mettere a punto la tecnica di preparazione della versione trentina dell’uvaggio bordolese, quella stessa che di lì a poco avrebbe portato alla concretizzazione del mitico Castel S. Michele, supportato nelle sperimentazioni dal neo-direttore della cantina Riccardo Zanetti e soprattutto (per l’aspetto degustativo dal neo-preside Manzoni: tre “neo” ma tutt’altro che neo sotto il profilo enologico! Con Manzoni, De Francesco “legò” subito, tanto che, vista la sua innata dote di docente, e l’ammirazione da parte del direttore Bonetti, ebbe l’incarico di insegnare chimica generale agli alunni del nascente ITA, oltre che quello di vice-preside, quasi a tempo
Brochure del XXXI convegno enotecnico nazionale
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pieno visto il part-time con cui il preside Manzoni doveva condividere l’insegnamento di viticoltura ed enologia nella “statale” di Conegliano. Dal lavoro sul Castel s. Michele, ed in maniera scientifica, come solo lui sapeva fare, diede un ampio resoconto in occasione degli incontri-dibattito sui vini trentini organizzati dalla CCIAA di Trento nella primavera del 1974: “dieci anni di esperienze sull’uvaggio Cabernet-Merlot” fu il titolo della relazione nella quale descrisse, anche con una poderosa dose di dati analitici, tutte le esperienze, annata dopo annata, realizzate presso la cantina dell’Istituto. anche questo dimostra come, a S. Michele, De Francesco abbia rappresentato quanto mai una figura “trasversale” da scienziato della chimica, potenziando e portando ai massimi livelli il “suo” laboratorio, alla scuola, insegnando la “sua” materia presso il neo-nato ITA, sperimentando in cantina e pubblicando una numerosa serie di lavori di notevole spessore scientifico che contribuirono in maniera decisiva ad attirare su S. Michele l’attenzione dei più conclamati centri di ricerca europei operanti nel comparto della viticoltura e dell’enologia. Non solo, ma De Francesco fu anche un uomo di grande carisma e mediazione diplomatica, al punto di riuscire ad ottenere dal Ministero dell’agricoltura quella fiducia che gli consentì di
far affidare a S. Michele il Servizio repressione frodi (oggi ICRF), di cui fu direttore per diversi anni. Intorno agli anni sessanta la fama di De Francesco era all’apice (che comunque fu tutt’altro che effimero), tanto che l’editore Dino Fossi lo contattò per coordinare un gruppo di lavoro che avrebbe dovuto predisporre il materiale per dar luce all’Enciclopedia dell’agricoltura: nell’accettare il prestigioso quanto non agevole incarico, De Francesco coinvolse un gruppo di giovani entusiasti professori dell’ITA ed altri “personaggi” di S. Michele (Tarcisio Corradini, Giovanni De Stanchina, Sergio Ferrari, Livio Marchesoni) cui poi si sarebbe aggiunto anche Mario Bauer; il supporto organizzativo e logistico era stato affidato (dallo stesso Editore) a Paolo Magagnotti, il quale, ovviamente, si era tutt’altro che dimenticato il suo professore di chimica. A questo punto voglio, però, raccontare un fatto personale che di interseca profondamente con l’esperienza sanmichelotta di De Francesco:nell’autunno del 1971, il sottoscritto, studente di biologia a Padova, appena entrato in internato all’istituto di botanica, concordò con il prof. Curti di svolgere la tesi di laurea sul “marciume nobile dell’uva” e del suo determinante contributo ai grandi vini provenienti dagli acini infavati (Sauternes, Beerenauslese e Trockenbeerenauslese, Tokai, etc..). Contattai De Francesco, il quale si dimostrò subito entusiasta di potermi dare una mano: concordammo schema e modalità operative per fare il lavoro (botanico e chimico) che secondo lui avrebbe dovuto “far impallidire francesi e tedeschi”. Purtroppo qualche mese dopo mi chiamò urgentemente a S. Michele per riferirmi laconicamente: “cancella tutto e fatti cambiare tesi”! Lì per lì non mi fornì nessuna spiegazione, ma, dopo un po’ di tempo, continuando comunque a frequentarci, capii perfettamente il motivo della sua decisione: si stava, infatti, predisponendo il Regolamento organico dell’Istituto (dopo un non fa-
cile iter burocratico sarebbe stato approvato nel 1974), e, dai colloqui avuti con Kessler, De Francesco intuì ben presto che il “direttore” (anche su forti pressioni sindacali) doveva essere un laureato in agraria: vistosi tagliato fuori dalla corsa a quel posto di prestigio (candidato unico rimarrà Manzoni), abbandonò S. Michele per rientrare nel laboratorio d’igiene, portandosi appresso però alcuni fidati collaboratori come Casagranda (che poi gli succederà alla direzione), Giacomelli, Malfer, Sperandio, con i quali continuò la sua attività di ricerca sia sul vino che sugli spumanti in via Piave, 5 a Trento. La sua libera docenza universitaria in chimica bromatologica gli permise di continuare a godere di grande fama nel mondo accademico consolidando la sua personalità di “grande”, primeggiando come relatore in svariati convegni a livello internazionale. Non a caso, anche lui riteneva che uno dei “suggelli” più prestigiosi alla sua ricerca scientifica, era rappresentato dal conferimento, da parte dell’Associazione Enotecnici Italiani, del “grappolo d’oro”, avvenuto in occasione del XXXI Congresso AEI (Riva del Garda, 1976). Ed era con giusto orgoglio che quel “grappolino” scintillante, che Ezio Rivella gli aveva appuntato all’occhiello della giacca, ebbe modo di esporlo in più occasioni quando doveva relazionare (scientificamente e dottamente) sul vino. La sua scomparsa nel 2008, tra l’altro quasi contemporaneamente a quella dell’ex Preside Manzoni e del suo successore, dopo Margheri ed Avancini, alla direzione del Laboratorio, cioè Giuseppe Versini, lasciò un vuoto enorme in chi lo aveva conosciuto e stimato: fu anche per questo che mi misi a scrivere un accorato ricordo di tutti e tre che di lì a poco venne pubblicato sull’Enologo, probabilmente il posto più adatto per non dimenticare quanto De Francesco è riuscito a fare per migliorare e diffondere le conoscenze sul vino, per trasferirle ai suoi studenti ed a tutti coloro che hanno avuto modo di conoscerlo e apprezzarlo.
STORIA ANTICA
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Vista sulle Pale di San Martino Archivio personale Francesco Conforti
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STORIA RECENTE STORIA RECENTE
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Il mio ricordo personale del professor Sergio Ferrari
MARCO DAL RÌ Già Dirigente del Centro Istruzione e Formazione
Festeggiamento per il 50° dell’Istituto Tecnico Agrario nel 2008. Sergio Ferrari è il secondo da sinistra in seconda fila. Assieme a lui alcuni docenti coetanei e nelle file posteriori i primi diplomati dell’Istituto Tecnico Agrario
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Il giorno 11 febbraio 2021 dopo breve malattia, inaspettatamente, il professor Sergio Ferrari ci ha lasciato. La sua dipartita ci ha visti increduli in quanto fino a poche settimane antecedenti alla sua morte era ancora, nonostante l’età, dedito alla sua attività di giornalista agricolo appassionato e viscerale, con un’attenzione particolare al suo “grande amore” da sempre: l’Istituto Agrario di S. Michele a/A (ora Fondazione E. Mach). Personalmente sento il bisogno di ricordarlo con una breve nota sull’annuario della scuola (nella quale lui è stato per tanti anni docente). Ho avuto modo di conoscere abbastanza bene il prof. Ferrari con il quale mi sono rapportato in diverse fasi della mia vita: prima come suo allievo negli anni ’70, quando ero giovane studente dell’Istituto Agrario, successivamente come collega, quando mi trovai anch’io nelle vesti di Docente di
Botanica e Fitopatologia nella stessa scuola nella quale mi ero diplomato e infine, dopo il suo pensionamento, come amico. Il nostro rapporto è comunque sempre stato di grande rispetto reciproco e nel tempo anche di particolare confidenza; tuttavia, per me, è sempre rimasto il prof. Ferrari. In questa breve nota vorrei quindi ricordare Sergio Ferrari attraverso questi tre momenti della mia vita. Da studente lo conobbi nel 1973, anno in cui iniziai il terzo anno del sessennio enologico; in realtà la sua fama l’aveva preceduto in quanto, già nel biennio, noi studenti sapevamo attraverso i racconti dei più vecchi che in terza avremmo avuto “il Sergio” (così era soprannominato dagli studenti) un professore molto severo ed esigente. In realtà l’impatto che io ebbi fin dalle prime lezioni, al di là del timore derivato dalla sua fama, fu positivo in quanto avvertii
una grande passione nel suo modo di insegnare e un approccio alla didattica quasi di tipo universitario che mi stimolò immediatamente l’interesse e la voglia di approfondire la materia che lui insegnava, suscitando in me la passione per Botanica, anche in quegli aspetti di fisiologia vegetale più complessi. Ricordo ancora un’interrogazione di fine anno in seguito alla quale ricevetti come voto nove: lo stesso Ferrari dichiarò che era la prima volta nella sua carriera di docente che dava quel voto. Negli anni successivi l’interesse suscitato per le materie fitopatologiche fu ancora maggiore in quanto il prof. Ferrari riusciva a farci comprendere e toccare con mano lo stretto rapporto tra queste discipline e la futura attività professionale in campo come tecnici agricoli. E’ ancora vivo in me il ricordo di quanto diceva a noi studenti: se alla fine di questo corso voi sarete capaci di andare al bar e discutere, davanti ad un buon bicchier di vino, con gli agricoltori della difesa del frutteto o del vigneto non avete bisogno di tante interrogazioni e verifiche scolastiche. Io penso che devo proprio al prof. Ferrari la scelta che feci successivamente al diploma di laurearmi in Scienze Agrarie con un piano di studi di difesa delle colture e la tesi in quel settore in modo da poter accedere, dopo l’abilitazione specifica, all’insegnamento proprio di quelle materie. Entrato come docente all’Istituto Agrario di S. Michele su una cattedra parallela a quella del prof. Sergio Ferrari ne divenni collega condividendone con orgoglio l’ufficio. Per diversi anni, fino al suo pensionamento, avvenuto nel 1994, ho avuto il piacere di condividere con il prof. Ferrari tanti momenti belli, coinvolgenti ed importanti per la mia crescita di docente. Durante il primo periodo del mio incarico di docenza, quando mi era possibile, mi permetteva di seguire le lezioni che teneva a suoi studenti. Questi momenti sono stati molto utili e mi hanno permesso di perfezionare il mio approccio alla didattica ma soprattutto mi sono ser-
viti per “tarare” meglio i programmi e gli argomenti da sviluppare a lezione: come succede alla maggior parte dei neo-docenti, anch’io nei primi anni di insegnamento ero portato spesso a dare molta importanza a tanti contenuti a scapito dell’interazione con gli studenti e del conseguente lavoro di approfondimento con loro. Il prof. Ferrari, forte della sua esperienza, mi mostrò fin da subito cosa è importante e cosa non lo è nell’impostazione del programma di Botanica e soprattutto di fitopatologia. Di questo gli sono ancora molto grato. Devo inoltre dire che spesso mi coinvolgeva, nelle sue lezioni, per approfondire alcuni argomenti nei quali ero particolarmente preparato grazie anche all’attività di sperimentazione nel settore della difesa della vite che parallelamente svolgevo presso l’Istituto (in quel periodo era possibile svolgere l’attività di docente-ricercatore). Questo coinvolgimento era per me motivo di orgoglio e soddisfazione. Dopo il suo pensionamento, il prof. Ferrari ed io restammo frequentemente in contatto sia telefonicamente sia incontrandoci nelle varie occasioni in cui era possibile. In questo periodo del nostro rapporto di amicizia, devo dire che l’ho sentito molto vicino soprattutto quando assunsi l’incarico di dirigente del Centro Istruzione e Formazione; mi chiamava spesso al telefono per sapere le novità e quali erano gli sviluppi dell’attività didattica presso la FEM. Percepivo che condivideva la mia visione e la modalità di direzione delle attività didattiche e talora, quando avvertiva la mia stanchezza o la delusione, mi incitava ad andare avanti e non mollare perché mi diceva che stavo andando nella giusta direzione. Questo, in breve, il mio ricordo personale del professor Sergio Ferrari, uomo certamente non dal carattere facile, ma che per me rimarrà sempre colui che mi ha aiutato a crescere professionalmente ed anche umanamente con attenzione e affetto quasi paterni.
STORIA RECENTE
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... ecco i miei primi 40 anni di lavoro
ALBERTO BIANCHINI Coordinatore del Dipartimento Istruzione Secondaria Tecnica
Il Prof. Bianchini premia uno studente alla cerimonia di consegna dei diplomi
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Chi mi conosce sa che sono schivo di indole e sintetico di carattere, il che può spiegare anche la riservatezza con cui mi accingo a ripercorrere i miei 40 anni di carriera lavorativa all’Istituto Agrario di San Michele all’Adige. Sono molte le persone che mi hanno accompagnato in questo percorso, sarebbe forse impossibile citarle tutte e rischierei probabilmente di dimenticare qualcuno. Voglio però esprimere la mia gratitudine a chi è stato davvero determinante in questi 40 anni di lavoro. Ero in effetti poco più di un ragazzo quando venni chiamato per ricoprire una cattedra dall’allora professore di Educazione Fisica Virgilio Tamanini. E’ anche grazie a lui che ho scoperto la passione per l’insegnamento e ricordo questi anni con piacere; ho avuto infatti il privilegio di incontrare generazioni di studenti che ho aiutato a crescere e che a loro volta mi hanno arricchito; mi auguro di aver lasciato in ognuno di loro un buon ricordo. A quel tempo non avrei certo immaginato che ad un certo punto, grazie alla fiducia che ha riposto in me il preside Francesco Spagnolli, la mia carriera lavorativa sarebbe improvvisamente mutata; ho accettato con
entusiasmo la sfida di assumere il ruolo di Coordinatore di Sezione, lavoro che mi ha impegnato molto e che mi ha fatto conoscere ed apprezzare ancor più da vicino il mondo della scuola. In questi anni non mi sono mai mancati l’appoggio, la stima e l’amicizia del preside Marco Dal Rì, con cui da subito è nato un rapporto di collaborazione e grande sintonia. Questo rapporto è diventato ancora più prezioso quando infine la mia vita privata mi ha messo a dura prova; ho accettato pure questa ennesima sfida, anche se non è stato sempre semplice. Ho scoperto però attorno a me colleghi che si sono dimostrati amici e che mi hanno sostenuto con affetto. A tutti loro va il mio sincero ringraziamento. Pur essendo uno sportivo non sono abituato a fare bilanci, perché sono convinto che in realtà le esperienze non si possano mai considerare concluse completamente, ma restino piuttosto in noi e continuino ad arricchirsi; credo però di poter guardare con serenità e soddisfazione a questi miei 40 anni di lavoro, che mi hanno dato tanto, rendendomi quello che sono e a cui ho sempre cercato di rispondere con impegno, serietà e coerenza.
Sei opere dei Deflorian alla FEM Ben sapendo che le parole servono poco a “leggere” un’opera d’arte e nella convinzione che possono annoiare, tuttavia, seguendo il cammino percorso nella presentazione delle varie botti della cantina storica della FEM, dico brevi presentazioni circa le 6 opere degli artisti di Tesero, Deflorian Felix (padre) e Davide e Tiziano (figli). Mi sono recato a Tesero sede degli artisti, paese di origine che insieme con le botteghe d’arte di Cavalese e Pozza divulgano a turisti e residenti le doti straordinarie di intagliatori. Aspetto le 16.00 orario di apertura a Tesero dopo aver visitato in val san Nicolò (località Sauch) Antonio ex allievo di san Michele impegnato nell’alpeggio estivo. E’ lunedì 19 luglio e leggo all’albo della chiesa parrocchiale gli annunci per il ricordo della triste esperienza del bacini di Stava. Mi reco al cimitero presso la chiesa di san Leonardo ed ecco il grande stupore davanti all’opera di Felix creata nel 1987, tre anni dopo la disgrazia, come spiega la scritta ai piedi dell’opera e il ricordo della Fonderia IDEARTE bronzo Verona. Tornano alla mente le parole di don Vittorio Cristelli scritte su Vita Trentina: questo è il moderno Laocoonte. Non hai tempo per dire se si tratta di
un’opera moderna o tradizionale. Sei coinvolto nei sentimenti dell’artista che vive l’esperienza dei suoi compaesani, dei numerosi turisti per scoperchiare il grande mistero della sofferenza, del dolore. E’ sempre la nostra CARNE che come gode, talvolta soffre in maniera inspiegabile. Il paesaggio intorno fatto di erba verde, di alberi, di una grande casa poco sopra dice che nonostante la grave sofferenza la vita va avanti, avanti senza dimenticare e con l’intento di imparare dagli errori commessi. E’ una riflessione sul corpo, sui corpi che si intrecciano per l’impeto del fango e per la buona volontà di darsi una mano per difendersi. Più volte con le classi della Scuola agraria di san Michele ho visitato Stava preparando i giovani con la visione dei vari filmati a disposizione e registrati dai canali RAI. Le informazioni si intrecciavano con storie personali nelle quali erano coinvolti anche degli studenti. Durante una di queste uscite, che furono numerose, ho deciso di andare a conoscere Felix. Avevo una registrazione in VHS di un documentario che parlava dei presepi di Tesero, trasmesso dalle emittenti locali, ho masterizzato su di un DVD e Felix contento ricambiava donandomi un interessante cavaturaccioli, opera
DON RENATO SCOZ Già docente di Religione e padre spirituale della comunità scolastica
Monumento in ricordo delle vittime della tragedia di Stava (Tesero). Foto a cura di Marco Scoz
STORIA RECENTE
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A: Ritratto di Felix B: L’artista al lavoro Foto messe a disposizione da Artistica Deflorian A
sua. Alle 16.00 si apre il negozio e ho il piacere di parlare con la gentile Signora Marisa che commenta dalle foto i lavori dei Deflorian alla FEM. In Aula Magna campeggia il busto in bronzo (cm 61X56) del primo Direttore Edmund Mach, opera di Felix. Le varie foto dell’epoca, siamo alla fine del 1800, e il medaglione messo dagli ex allievi all’ingresso della originaria scuola, ora cortile del Museo, hanno ispirato l’artista per comunicare un’idea di fierezza per il compito attuato nel trapiantare in Trentino il metodo della scuola renana con la speranza di un solido futuro. Sullo sfondo il grande quadro di Schweizer del quale ci occuperemo in futuro. Sempre nell’Aula Magna, all’ingresso notiamo il pannello UDIAS (cm 159X 56, misure a cura di Cristian)) pure opera di Felix raffigurante il mondo contadino con il centro un gagliardo seminatore, ai lati vigneti e frutteti, in basso lo
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stemma dell’associazione degli ex allievi dei san Michele con la vigna che si arrampica sulla torre a pan di zucchero caratteristica del vecchio castello. Ancora notiamo lo stemma i san Michele e in questo caso lo stemma del Preposito Pilati di Tassullo con il leone che afferra un cigno e i quarti nobili che furono già dei Conti di Appiano: la mezza luna e la mezza stella. Una curiosità la parte bassa è corretta mentre quella alta a sinistra è invertita frutto di una “licenza poetica” dello scultore. Nella cantina storica ammiriamo le quattro botti scolpite da Felix, Davide e Tiziano: porta la firma di Felix la botte che ricorda il presidente Guido Bettini, vigne rigogliose fanno da cornice al castello di Rovereto, origine di Bettini, e ai simboli della cooperazione e della città della Quercia. La botte che ricorda il Presidente Aldo Ongari con la costruzione del
C: Il busto di Mach presente nell’Aula Magna dell’Istituto D: La botte di Guido Bettini Foto a cura di Marco Scoz C
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Il pannello UDIAS presente nell’Aula Magna dell’Istituto. Foto a cura di Marco Scoz
nuovo settore per lo spumante (barrique e pupitre, il vigneto in quota di Maso Togn con la casa dei contadini. Porta la firma di Felix e Tiziano: Tiziano ha fatto un lavoro da certosino, mi spiega Marisa) intagliando nel duro noce i vari particolari e rendere l’idea della nuova iniziativa, quella dello spumante trentino. Un’altra botte (di Davide e Tizian) è stata scolpita in occasione dei 130 anni dell’Istituto nel 2004 e raffigura una sontuosa vite con tralci e grappoli messi a cornice degli stemmi della Provincia Autonoma di Trento- Aquila di san Venceslao-, lo stemma ancora del Preposito di Tassullo Pilati. Sullo sfondo il complesso che fu dei monaci agostiniani con chiesa e convento, la cantina con le botti e i responsabili del tempo impegnati in un brindisi: G. Gius, L. Delai e G.Valentini. Ricordiamo per concludere la botte del Primo Direttore questa volta nominato all’italiana Edmon-
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do Mach (di Felix e Davide) giragli di tranci di vite con grappoli circondano il busto scolpito di Mach in giacca e cravatta con barba e baffi e la scritta che ricorda gli anni della vita 18441901. Le misure delle botti sono state presentate nei numeri precedenti dell’Annuario: capacità 15 ettolitri, cm 170X130, forma ovale. Alla FEM Istituto Agrario di san Michele all’Adige sono custodite queste 6 opere degli artisti di Tesero: Marisa tiene a ripetere una frase di Felix: L’arte con la scienza è il più grande dono che Dio ha fatto all’uomo. Nulla è frutto del caso bensì conseguenza di dono di natura e di impegno generoso. Felix (08 01 1936- 28 03 2008) ha passato gli anni della giovinezza alla scuola di Cirillo dell’Antonio, Davide (1965) ha studiato a Pozza e Tiziano (1970) a Firenze. Ringrazio e saluto dopo aver avuto la possibilità di copiare 2 foto di Felix.
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E: La botte di Aldo Ongari F: La botte commemorativa dei 130 anni G: La botte del Primo Direttore Foto a cura di Marco Scoz
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STORIA RECENTE
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Vista sulla Piana Rotaliana Archivio personale Mauro Bragagna
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LA REALTÀ LA REALTÀ
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La sostenibilità nell’Articolazione Produzioni e Trasformazioni
ROMINA MENAPACE Docente Referente dell’Articolazione Produzioni e Trasformazioni
Attività in aula magna con il dott. A. Dalpiaz
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La sostenibilità è, da anni, il filo conduttore interdisciplinare che ritroviamo nei diversi percorsi. E’ un concetto di largo respiro, talmente ampio, che il rischio di banalizzare è alto. Nell’articolazione PT nel quarto anno il focus è l’azienda agricola, e le scelte che l’imprenditore fa. Si analizzano quindi le varie possibilità, considerando l’impatto ambientale, economico e sociale, che le scelte imprenditoriali hanno, ad esempio nelle tecniche di coltivazione, negli allevamenti, ecc. In quinta, il livello da aziendale diventa “territoriale” e i ragazzi sono invitati a considerare la rete di attività, aziende, enti pubblici, ecc che si trovano in un determinato contesto locale. E così, la sostenibilità diventa un concetto molto più complesso, quello “sviluppo sostenibile”, inteso come la capacità di sistemi locali, complessi e dinamici di durare nel tempo, e di
riuscire a superare gli ostacoli che ciclicamente si ripropongono. Inevitabilmente lo sguardo si alza per osservare le dinamiche globali, e si avvia il confronto con i 17 goals che l’ONU ha esplicitato nell’Agenda 2030. I ragazzi delle quinte PT, dopo essersi approcciati con gli obiettivi ONU, hanno avuto la possibilità di cimentarsi in un “Laboratorio di Futuro”, dove, seppur in videoconferenza, a gruppi si sono confrontati su quali siano gli elementi che caratterizzano l’agricoltura e il paesaggio trentino che in un futuro potrebbero andare in crisi, su come immagino il contesto provinciale rurale nel 2040, su quali ostacoli debbano essere rimossi e su cosa si debba investire oggi. Lo scopo del lavoro è stato quello di declinare a livello locale le dinamiche globali, ragionando sul posizionamento del trentino rispetto ai Goals dell’Agenda 2030.
Parlando di sostenibilità, è sorta spontanea l’esigenza di capire come l’agricoltura trentina si posiziona in tal senso, non solo a livello di percepito o di comune sentire, ma basandosi su dati il più possibile obiettivi. Abbiamo quindi invitato il direttore di Assomela Italia, dott. Alessandro Dalpiaz, per illustrare il secondo bilancio di sostenibilità del settore frutticolo trentino, redatto conformemente agli standard indicati dall’organizzazione non profit Global Reporting Initiative (GRI). I cluster analizzati nel Bilancio di Sostenibilità 2020, sono stati diversi, come la qualità del suolo e delle acque; l’impronta carbonica, il ricorso ormai totale a fonti di energia rinnovabile, i risultati nel settore del biologico con la concentrazione in grandi oasi biologiche, la biodiversità, l’introduzione delle varietà resistenti, l’apicoltura, la riduzione delle emissioni e dei fitofarmaci, il legame con il turismo, la situazione occupazionale. Il percorso è stato valorizzato negli elaborati degli studenti discussi all’Esame di Stato, dove la sostenibilità, sia relativa ai processi produttivi, sia allo sviluppo locale, è stata oggetto di analisi e riflessioni critiche. I titoli degli elaborati presentati per l’Esame conclusivo, sono stati: • La sostenibilità nella coltura della vite • Il cambiamento delle abitudini alimentari nel corso degli ultimi 100 anni. • L’evoluzione del settore vitivinicolo • La riduzione dell’impatto ambientale nella filiera vitivinicola • La comunicazione della sostenibilità nella produzione di un vino di qualità • La sicurezza alimentare in un prodotto lattiero caseario e confronto con un prodotto frutticolo • Sostenibilità nelle coltivazioni, un confronto tra due filiere • La valorizzazione dei prodotti espressione del territorio • L’acqua in agricoltura e nella trasformazione alimentare • La filiera della birra: un confron-
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to sulla sostenibilità rispetto alla filiera viticola enologica La produzione dello spumante in Trentino L’introduzione della viticoltura in contesti territoriali specializzati a altre coltivazioni La filiera dei prodotti lattiero caseari e un confronto, sull’impatto ambientale, con una coltivazione arborea o arbustiva L’uso sostenibile dell’acqua nella filiera vitivinicola La valorizzazione dei pascoli attraverso i prodotti lattiero caseari, con un confronto con altre coltivazioni Produzione e valorizzazione dello spumante legata alla promozione e sviluppo di un territorio La produzione vitivinicola e progetti di sostenibilità sociale e ambientale La sostenibilità del settore frutticolo, con riferimento alla biodiversità dei suoli e utilizzo dei microrganismi nella vinificazione Analisi della sostenibilità in un territorio altamente specializzato nella produzione frutticola, e l’ipotesi di un prodotto enologico che valorizzi le peculiarità pedoclimatiche. L’agricoltura sociale in Trentino e una sua possibile applicazione riferita ad un’azienda agricola della Val di Non La sostenibilità economica e sociale di alcune produzioni agro-alimentari in Trentino Agenda 2030, implicazioni nel contesto agroalimentare Antiche tradizioni ed evoluzione delle tecniche nella produzione agroalimentare Filiera dell’olivicoltura trentina Il ruolo delle imprenditrici nell’Agricoltura trentina La cooperazione come promotore della sostenibilità nel settore lattiero caseario trentino: un confronto con la viticoltura L’acqua risorsa fondamentale e da salvaguardare in agricoltura La valorizzazione della montagna attraverso i prodotti tipici
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La sostenibilità nel settore viti enologico La gestione degli esseri viventi, dai micro ai macro Agenda 2030, goals 12 - Produzione e consumo responsabili nella filiera vitienologica trentina L’azienda Agricola multifunzionale nella valorizzazione del territorio Il ruolo della zootecnia trentina per la valorizzazione del territorio in un’ottica di sostenibilità. Ricadute della ricerca nel settore viti-enologico Valorizzazione del territorio con prodotti alternativi rispetto a quelli tradizionali del territorio Sinergie possibili tra mondo frutticolo e zootecnico Innovazioni possibili nel settore viti enologico Produzioni tipiche per la valorizzazione del territorio Analisi di sostenibilità del settore frutticolo della Val di Non e possibili esperienze innovative Bellezza e agricoltura, un binomio possibile?
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Valorizzazione del territorio attraverso l’introduzione di prodotti innovativi La produzione della birra, l’impatto ambientale e confronto con un altro settore nella produzione agricola Innovazione della tradizione Impatto di alcune politiche europee in agricoltura. Il concetto di naturale e artificiale nella filiera vitivinicola La sostenibilità come processo, nel settore viti-enologico L’olivo, ambasciatore dell’alto Garda Trentino Il miglioramento genetico nel settore vitivinicolo: opportunità o pericolo? La multifunzionalità come elemento centrale dello sviluppo del territorio Produzione biologica e integrata nel settore viti-enologico Il lavoro: aspetti contrattuali e di sicurezza nel settore frutticolo e nella trasformazione agroalimentare.
Un lavoro eccezionale Nel corso di Gestione Ambiente e Territorio, nell’articolazione Produzione e Trasformazioni, gli studenti sono stati invitati a redigere una riflessione critica e argomentata, scegliendo tra alcune tematiche proposte. Esther Riz, Studentessa della 5A PT, ha approfondito questo tema: “La comunicazione dei risultati della ricerca ai portatori di interesse e ai cittadini deve essere orientata a comprendere, stimolare ed elevare il tenore partecipativo verso l’inno-
vazione, favorendo stabilirsi di un rapporto di fiducia tra mondo della ricerca, dell’innovazione e pubblico. La scarsa accettabilità dell’innovazione ha ripercussioni sulla competitività delle aziende. Si deve investire in comunicazione per attenuare la paura dei consumatori e dei cittadini nei confronti dell’innovazione in agricoltura.” Essendo stato, quello di Esther, un lavoro eccezionale, lo riportiamo integralmente nell’annuario.
L’innovazione in agricoltura L’innovazione agricola è un’espressione di accezione negativa per la maggior parte dei cittadini ma probabilmente è necessario innanzitutto comprendere come si sia evoluta nel tempo ed è opportuno partire dall’inizio, proprio dalla Preistoria. Per ironia l’agricoltura stessa come concetto medesimo-pratico fu un’innovazione avvenuta nel Neolitico quando l’homo sapiens sapiens iniziò a formare i primi insediamenti stabili e sostituì la caccia e la raccolta con l’attività agricola. In Mesopotamia, intorno al 6’000 a.C. l’uomo iniziò ad allevare i buoi per agevolare l’attuazione delle pratiche agronomiche primordiali. La situazione restò immutata fino all’anno mille quando, durante l’alto Medioevo, si presentò un aumento demografico per l’innalzamento della temperatura globale e per la cessazione delle invasioni barbariche nel continente europeo, così nacque la necessità di innovare le tecnologie agricole. La rotazione triennale (che andava a sostituire la rotazione biennale e permise di sfruttare al meglio i terreni, diminuire la possibilità di infezioni da parte di agenti patogeni ed evitare la destrutturazione del terreno) e l’aratro
pesante (in modo da poter sfruttare i terreni compatti che precedentemente non potevano essere impiegati e lavorati) furono le prime e maggiormente rilevanti innovazioni agricole della storia. Altre innovazioni tecnologiche che hanno caratterizzato questa cosiddetta rivoluzione agricola furono l’impiego del cavallo da tiro, l’invenzione di collari a spalla per il bestiame da lavoro, lo sfruttamento di nuove fonti di energia come la forza idrica ed eolica e la ferratura degli zoccoli. In seguito, intorno al 1750 vengono introdotte nell’agricoltura europea nuove colture provenienti dall’America, quali il mais, pianta poco esigente anche se sensibile al freddo e molto più produttiva rispetto al frumento; la patata, coltura con una produzione eccezionale di un bene particolarmente energetico; il pomodoro e la zucca. Vennero anche introdotte le prime trebbiatrici e seminatrici arcaiche che determinarono l’inizio dell’impiego e sfruttamento dell’energia meccanica e l’aratro costituito interamente di ferro. Molti storici ritengono che la rivoluzione agricola avvenne parallelamente alla rivoluzione industriale e ne fu estremamente influenzata, infatti nella società preindustriale il 70-90% della
ESTHER RIZ Studentessa classe 5A PT
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popolazione era impiegata nel settore agricolo ma a partire dalla prima metà del 1800 la quota di popolazione occupata in agricoltura era inferiore al 50% in alcuni paesi come la Gran Bretagna. Queste novità dell’agricoltura resero possibile l’introduzione dei grandi cambiamenti sociali che caratterizzarono quei secoli, infatti secondo la piramide di Maslow prima si dovettero soddisfare i bisogni fisiologici di sazietà energetica giornaliera, poi i bisogni di sicurezza sanitaria per le frequenti epidemie di quell’epoca e solo in seguito le persone ebbero la possibilità di instaurare pensieri e movimenti culturali, sociali, politici e filosofici come l’illuminismo. In seguito, intorno all’anno 1930, il mondo andò in contro ad una forte globalizzazione e nel frattempo viene introdotta la chimica in agricoltura con la sintesi di fertilizzanti chimici e diserbanti, in più vengono progettati i primi prototipi di trattori (anche se il Trentino rimarrà poco meccanizzato per altri 15 anni). A partire dagli anni ‘60 l’impiego della chimica è consolidata e comune a tutti i territori facendo uso regolare di trattamenti fitosanitari chimici e si riscontrano i primi risultati del miglioramento genetico. Circa 10 anni dopo iniziano a verificarsi, però, dei problemi agronomici legati all’ipofertilità del terreno e all’inquinamento delle acque. Di conseguenza si sviluppano delle forme di agricoltura maggiormente sostenibile e vengono definite le prime norme riguardanti l’utilizzo e l’impiego di prodotti chimici in agricoltura. Progressivamente poi si applicò l’elettricità, la meccanica, il motore a scoppio e molte altre scoperte al settore primario. Ai giorni nostri il 3-5% della forza lavoro europea si occupa della coltivazione della terra nonostante le produzioni siano in continuo aumento ed è per questo che si aspira ancora ad un’ulteriore e costante innovazione nel mondo dell’agricoltura applicando soprattutto le biotecnologie
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e le tecnologie digitali, in quanto si aspira ad un’agricoltura il più possibile produttiva e sostenibile. Tutto questo excursus storico per dire che le innovazioni agricole sono sempre avvenute nel corso del tempo e sono normali e naturali in quanto l’agricoltura si è sempre evoluta di pari passo con lo sviluppo delle conoscenze tecnico-conoscitive dell’uomo. L’intreccio relazionale tra ricerca, innovazione e cittadini può quindi essere identificato come un andamento piuttosto irregolare in tendente crescita verso la complicità tra i diversi soggetti. Si intende il fatto che inizialmente i cittadini, che corrispondevano prevalentemente ai contadini, tentavano di aspirare a delle innovazioni a livello territoriale molto ristretto che potessero rendere il lavoro meno duro e faticoso come avvenne per la prima rivoluzione industriale in cui le innovazioni furono introdotte dai cittadini stessi. Con il passare del tempo la popolazione non ebbe più la necessità di produrre autonomamente dei beni per l’autoconsumo in quanto il surplus delle produzioni agricole aveva permesso di commercializzare una parte dei beni agricoli alimentari e quindi rendere possibile a molte persone ad aspirare ad un lavoro diverso dall’agricoltore. Con il passare del tempo si formarono dei veri enti di ricerca per l’innovazione e la crescita tecnologica che andò a sostituire il ruolo primordiale dei contadini, allontanandoli per sempre dalla possibilità di innovare direttamente il settore dal punto di vista interno come lavoratori in agricoltura che devono affrontare e conoscono in prima persona le problematiche, le avversità e le debolezze da risolvere. Così si iniziò a creare una sorta di competizione identificata quasi come supremazia della ricerca sugli agricoltori, in questo modo i due soggetti iniziarono ad allontanarsi, ne è una conferma la seconda rivoluzione industriale la cui avvenuta fu possibile esclusivamente per le
scoperte di veri e propri scienziati e non era più una voce proveniente dal proletariato. Successivamente quindi, l’agricoltura di sussistenza si tramuta in estensiva, la quale mira a produrre quanto più possibile e quanto più il terreno permette. Nel frattempo il resto della popolazione che non si occupava professionalmente del settore, rimase passiva all’argomento e ne era indifferente ma dall’altra non esisteva interesse di informare i cittadini. Con lo scandalo della mucca pazza, intorno agli anni ‘90, i cittadini iniziarono a preoccuparsi della loro sicurezza alimentare fino a diventare un’ossessione radicale che è tuttora presente nella nostra società. Tale evento causò un certo astio del popolo nei confronti degli agricoltori e dei centri di ricerca e innovazione che con lo scorrere del tempo peggiorò maggiormente, incrementato dalla trasformazione dell’agricoltura in intensiva e dal morboso diffondersi di notizie parzialmente errate o distorte dagli enti di gestione dei mezzi di comunicazione (basti pensare come ogni giorno all’interno dei giornali o sui social media vengono divulgati nuovi scandali alimentari di uno specifico alimento). Ad ogni modo ritengo di fondamentale importanza la catena del trasferimento tecnologico nella sua interezza, dalla ricerca che si pone domande generali, alla trasposizione scientifica di queste ultime sul campo sperimentando direttamente sul territorio, alle imprese che trasformano in prodotti vendibili e applicabili tutti i risultati derivati dalla ricerca e dalla sperimentazione fino ai consumatori che possiedono il diritto di scelta e preferenza all’interno del mercato e possono direttamente influire sullo stesso. Infatti solo con un legame saldo e solido tra i distinti soggetti è e sarà possibile risolvere i problemi globali di sprechi idrici e raggiungere gli obiettivi mondiali che aspirano a sconfiggere la fame (secondo obiettivo dell’Agenda 2030). Non solo, sarà essenziale che
gli enti collaborino esternando le proprie competenze, i ricercatori dovrebbero essere liberi di compiere il loro mestiere, le aziende libere di scegliere gli strumenti necessari a stare sul mercato per essere maggiormente competitive all’interno di esso. La verità è che persiste nella mentalità comune, a livello generale, una sorta di rifiuto storico per l’innovazione. Sembra assurdo in quanto da sempre è avvenuto il cambiamento e sempre sarà così, oppure saremmo dovuti rimanere bloccati nell’età della pietra. L’estrema velocità dell’evoluzione e dell’innovazione nell’ultimo trentennio è palpabile e indiscutibile ma ciò non significa sia sempre un male e non significa neppure sia sempre un bene in quanto si dovrebbe analizzare caso per caso, all’interno del singolo contesto, considerando anche la sfera etica e sociale. A livello generale quindi si riscontra una certa paura per l’innovazione soprattutto in ambito agroalimentare forse perché si vorrebbe preservare in un certo modo, il senso di appartenenza alla storia alle tradizioni che in realtà non sono altro che le innovazioni dei nostri antenati. Se si analizza in maniera concreta le preferenze del consumatore medio si può osservare come le persone prendono le decisioni in base alle emozioni del momento, ai sentimenti, alle sensazioni e allo stesso modo avviene davanti allo scaffale di un supermercato quando la scelta di beni alimentari è così ampia che per impulso si sceglie un prodotto piuttosto che un altro. Il marketing ne è a conoscenza di questa reazione spontanea e la sfrutta, ma questo non è il punto. A volte le persone effettuano le scelte senza un’analisi intellettiva critica e senza rendersi conto di ciò che stanno rifiutando o acquistando. Da sempre l’uomo trova nel cibo un rifugio sicuro, una consolazione, un mezzo per rimembrare ricordi speciali e probabilmente per questo si atteggia in modo così aggressivo verso le innovazioni del sistema agro-
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alimentare. La gente però non è a conoscenza del fatto che non esiste niente di tradizionale. Se pensiamo ad un piatto tipico italiano come la pasta al ragù siamo sicuri sia davvero così nazionale e naturale come tutti credono che sia? Il frumento per la produzione della pasta deriva da una modificazione genetica della maggior parte dei geni di due piante selvatiche, avvenuta per caso senza l’intervento dell’uomo, il pomodoro è una pianta di origine americana e per ottenere la carne, i bovini sono stati nutriti con mangimi per i due terzi provenienti dall’America; per le cipolla, le carote e ciò che è necessario per la riuscita di un buon sugo, l’Italia importa alte quantità di ortaggi dalla Spagna, soprattutto durante i mesi più freddi dell’anno. Esempi del genere sono infiniti ma in fondo viviamo in un mondo completamente globalizzato che teme il cambiamento e si nasconde all’evidenza, si nasconde dai problemi globali ma la novità è essenziale, è la vita, è la natura. Le specie animali e vegetali si evolvono per sopravvivere, nuove tecniche vengono inventate per migliorare la qualità della vita. L’unico ostacolo è superare i pregiudizi. Secondo il dizionario Treccani: (ant. pregiudìcio) s.m.[dal lat. praeiudicium, comp. di prae- «pre-» e iudicium «giudizio»] Idea, opinione concepita sulla base di convinzioni personali e prevenzioni generali, senza una conoscenza diretta dei fatti, delle persone, delle cose, tale da condizionare fortemente la valutazione, e da indurre quindi in errore. In poche parole concetti preesistenti nelle menti che alimentano l’ignoranza popolare. Come disse Albert Einstein: è più facile spezzare un atomo che un pregiudizio. L’unica arma che le aziende possiedono è la divulgazione di verità attraverso qualsiasi mezzo a disposizione. D’altronde i conservatori sono sempre stati presenti, anche all’interno della politica e della società come Verga ad esempio, il quale diffidava
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completamente della tecnica e della scienza nonostante vivesse in un epoca che prende il nome di positivismo in cui la scienza veniva divinizzata e considerata la soluzione a qualsiasi problema. Lo scrittore credeva nell’immobilità tecnologica e il progresso veniva da lui paragonato come un fiume in piena (la cosiddetta fiumana del progresso) che travolge chiunque provi ad approcciarsi. Anche se la metafora ha uno sfondo eccessivamente iperbolico, in un certo modo azzecca esattamente il fatto che le innovazioni una volta scoperte, invadono società e dopo essere tramutate in normalità, in quanto incrementano uno stile di vita migliore, più semplice, più salutare ecc., sono difficili da cambiare di nuovo. È evidente però che tale rifiuto non ha alcun senso in quanto sarà strettamente necessario un cambiamento nella produttività per ettaro dal momento che, secondo accurate stime, nel 2050 la domanda di cibo aumenterà del 50% a causa di un picco demografico che raggiungerà 9,8 miliardi di persone ed è chiaro come l’agricoltura attuale non sarà in grado di soddisfare i fabbisogni alimentari richiesti. Le innovazioni si stanno effettuando per soddisfare i bisogni etici dei consumatori stessi, per rispettare la sensibilità ambientale-economica-sociale dei cittadini odierni. Nel fare questo discorso è evidente abbia generalizzato alquanto dal momento che siamo tutti diversi e come persone uniche, quali siamo, possediamo una sensibilità discordante rispetto a determinate tematiche. Alcuni possono essere maggiormente impauriti dagli OGM, altri possono assumere un atteggiamento esclusivamente indifferente e passivo ed altri ancora ammirano e quasi divinizzano le novità, ne è una conferma il recente sviluppo e la diffusione della ristorazione gourmet la quale favorisce l’impiego di beni particolari, rari e raffinati che sono completamente slegati
dalle tradizioni ma stanno richiamando l’attenzione popolare, nonostante si stia parlando di beni agroalimentari, verso i quali l’uomo tende a riporre una richiesta di immobilità per la tradizione. Per un’altra parte della popolazione questo tipo di approccio culinario risulta essere anticonformista e assolutamente da evitare. Allo stesso modo avviene nei confronti delle innovazioni tecnologiche, come dice Umberto Eco, l’atteggiamento dei cittadini si suddivide in due fazioni: gli apocalittici e gli integrati. I primi si oppongono drasticamente all’idea di cambiamento come se fosse un’apocalisse, appunto, mentre i secondi si atteggiano in modo positivo e molto entusiasta rispetto alla novità, quasi esaltandola al suo estremo. In base al contesto ambientale, storico e sociale l’equilibrio può tendere verso una fazione rispetto all’altra. In più vorrei anche aggiungere che le innovazioni tecnologiche non possono essere sempre considerate positive a prescindere ma sono necessarie delle norme e legislazioni per limitarle e identificarle. Ad esempio l’invenzione del motore a scoppio ha rivoluzionato l’intera economia a partire dalla seconda metà dell’800 ma a livello ambientale è stato il primo vero disastro le cui conseguenze si riescono a percepire tutt oggi. E ancora, la costruzione dei treni a vapori nelle terre dell’America Occidentale era innovazione ma obbligò interi popoli di nativi americani a scappare e tentare di sopravvivere all’attacco degli invasori. Certamente si rientra nel contesto etico il quale è difficile da smentire ed è piuttosto personale in base alla sensibilità oggettiva, come già argomentato sopra. Allo stesso tempo non si dovrebbe neanche estremizzare la negatività delle innovazioni in quanto in agricoltura si deve innovare quasi per obbligo e necessità, perché i patogeni mutano nel tempo e quindi si ha l’esigenza di nuove soluzioni per la lotta, perché alcuni processi di produzione
con il tempo risultano incompatibili con le sfide del pianeta, perché è in corso il cambiamento climatico che si traduce in fabbisogni ed esigenze colturali mutevoli da soddisfare. Tra l’altro oggi all’agricoltura si chiede, o meglio si pretende, di produrre di più senza aumentare la superficie coltivabile, senza aumentare la la tensione sull’ambiente, mantenendo o addirittura aumentando la qualità del prodotto, a costi accessibili per soddisfare dei consumatori sempre più esigenti (ossia la cosiddetta agricoltura sostenibile). Simultaneamente si esige l’immobilità della tradizione. Non è altro che un paradosso in termini pratici, non è una teoria applicabile ma spero che sia ormai evidente. In fondo nel sistema agroalimentare i consumatori hanno un’alta influenza sul mercato e, anche se sono le GDO a spuntare i prezzi e possedere un potere contrattuale maggiore, la loro domanda incide sull’intera produzione quindi ogni singolo consumatore possiede una forza e un potere incredibile semplicemente scegliendo un bene piuttosto che un altro solo in base alla paura del nuovo. Così mi sorge spontanea una domanda: Come mai al supermercato nel reparto ortofrutta si vedono ogni mese delle novità di incroci fra specie diverse come il pomelo cinese, il cacomela o il nashi asiatico ma se invece si parla di ibridi di mais le persone si allarmano, si preoccupano e finiscono per non comprare più prodotti derivati dal granoturco? Ad ogni modo forse non sono solo i consumatori a possedere una certa responsabilità nei confronti della competitività mondiale delle aziende italiane, anche tutti gli altri soggetti possiedono una larga frazione di reità. La comunicazione ai cittadini svolge un ruolo estremamente influenzante sulle decisioni dei consumatori. L’informazione è probabilmente il metodo più efficace per combattere l’ignoranza anche se spesso viene trascurata dalle imprese, mentre al-
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tre volte viene distorta in base ai vantaggi di una singola grande azienda. Un esempio innovativo per una comunicazione efficace verso i consumatori è il codice QR per riportare in maniera accurata la tracciabilità dei prodotti agroalimentari, così da sfatare ogni possibile credenza con l’evidenza scritta e rassicurare anche i cittadini sulla genuinità e qualità del bene. Esiste comunque un possibile effetto negativo della divulgazione di informazioni contrastanti rispetto alle idee tradizionaliste e radicate nei cittadini è ottenere l’effetto chiamato “bias cognitivi”. Secondo studi psicologici la mente umana tende a crearsi una realtà soggettiva personale o comune ad un gruppo più o meno ampio, per aderire alle proprie ideologie che può non corrispondere alla vera ed evidente realtà. Esso è un meccanismo mentale di distorsione della realtà in base ai desideri personali, al numero di persone che condividono la stessa convinzione, alla prima informazione che ci viene fornita, alla convinzione di individuare certi schemi errati che possano semplificare il mondo, alla sovrastima delle informazioni a nostra disposizione usate come tesi. A volte si instaura nelle menti umane un meccanismo di razionalizzazione e giustificazione delle scelte palesemente sbagliate o sconvenienti. Questa tendenza rafforza i principi errati ed infondati delle persone portandole a commettere all’infinito le stesse scelte poco consone, solo per essere costanti rispetto alle scelte del passato. I prodotti fitosanitari sono stata una potente innovazione che ha permesso all’agricoltura di raggiungere produzioni incredibili. A partire dal 1960 l’utilizzo di agrofarmaci è incrementato esponenzialmente ma i cittadini non comprendono quanto siano essenziali per il sistema agricolo, per la produzione di beni sani, di qualità e visivamente accettabili, come richiedono i consumatori. Non c’è una vera ragione di preoccuparsi per la loro
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incisione sulla salute umana, le regolamentazioni dell’UE sono parecchio accurate e restrittive anche rispetto ad altri paesi come gli Stati Uniti. Secondo delle analisi statistiche riportate nel Registro Tumori di popolazione evidenzia che dal confronto dei tassi di incidenza standardizzati (persone affette, considerando qualsiasi tipo di tumore) non fa emergere differenze significative tra i distretti di coltivazione delle diverse zone del Trentino e la provincia, per entrambi i generi e per qualsiasi età(compresi i tumori infantili e adolescenti). Ciò non significa altro che i prodotti fitosanitari impiegati in modo consono, seguendo i vari disciplinari e le varie regolamentazione, non sono statisticamente cancerogeni. Come detto, il ministero della Salute italiano, il ministero dell’Ambiente e l’Unione Europea prestano molta attenzione all’approvazione di nuovi prodotti agrofarmaci, investendo oltre €250.000.000 per verificare la compatibilità delle richieste di garanzia sulla salute e sull’ambiente del singolo prodotto. Il rigido sistema autorizzativo fa dedurre che le molecole già autorizzate e presenti sul mercato sono state ampiamente selezionate, infatti i tempi di verifica sulla salubrità sono spesso di durata maggiore di 15 anni per verificare in maniera il più possibile accurata la sicurezza totale. Certamente per ottenere una sicurezza sanitaria pari al 100% i tempi dovrebbero essere maggiormente estesi in quanti i tumori si possono verificare solamente nel lungo periodo ma dall’altra parte l’agricoltura ha l’esigenza di impiegare nuovi prodotti in grado di sostenere determinati effetti del cambiamento ambientale sulle colture o di evitare certi effetti di patogeni aggressivi mutati recentemente e in più non si possono sacrificare dei veri esseri umani per testare la cancerogenicità in quanto sarebbe eticamente improprio. “Non sono stati individuati ed evidenziati rischi reali”, sono le parole riportate di Mario Cri-
stofolini, presidente Lilt (Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori) e di Silvano Piffer, direttore del Registro Tumori Trentino ed esperto epidemiologo, in un articolo del quotidiano Adige il 15 ottobre 2019, anche se ritengono, giustamente, che è opportuna una maggiore attenzione all’utilizzo dei fitofarmaci tradizionali e una tendenza alla conversione verso un’agricoltura più sostenibile. In più affermano che risulta complicato effettuare una ricerca tumorale in zone circoscritte (ad esempio una ricerca sullo sviluppo tumorale nelle Valli di Non e Fassa) in quanto la popolazione risulta essere numericamente eccessivamente ridotta e poco rappresentativo a livello statistico, in più i fattori incidenti e confondenti sono eccessivamente numerosi. Ad ogni modo nel particolare l’impiego di insetticidi nel settore agricolo, a partire dal 2015 sta diminuendo per lasciare spazio a tecniche innovative come la confusione sessuale in modo da poter contemporaneamente salvaguardare le api, specie indispensabile per l’impollinazione di innumerevoli specie di piante. Vorrei soffermarmi anche sull’interessante accezione negativa a cui le persone associano la parola pesticidi che non ha nulla a che vedere con il termine “pesticides” utilizzato nei paesi inglesi. In Italia se si parla di pesticidi i cittadini si allarmano mentre se si parla di prodotti fitosanitari la gente tollera maggiormente il concetto e forse lo percepisce in maniera diversa, ciò non è altro che una conferma del fatto che le menti di un popolo ignorante in materia può essere facilmente influenzata semplicemente dalla fonetica di una parola così innocua ma di fondamentale divulgazione. In maniera opposta accade con il termine “pesticides” che accolto e sentito con pensiero positivo e realista dai popoli inglesi; la differenza avviene probabilmente per un diverso approccio culturale il quale, quindi, fornisce speranza alla
possibilità di cambiare la mentalità del popolo italiano. Questo è ciò che si ha la necessità di divulgare e far conoscere all’intero pubblico per combattere l’ignoranza con la vera e reale informazione. Allo stesso modo si dovrebbe parlare delle varietà resistenti, una delle innovazioni più importanti derivate dal miglioramento genetico che però è vista dai consumatori come qualcosa di inappropriato, non naturale, ma in fondo cosa significa naturale? Senza chimica? Assolutamente no dal momento che la chimica si trova ovunque ed è qualsiasi cosa, noi stessi siamo chimica, il nostro corpo, il nostro metabolismo, le sinapsi nel nostro cervello. Naturale forse significa che proviene dalla terra? O forse è rappresentato dal ciclo della vita? A dirla tutta in termini reali qualsiasi bene agroalimentare non è naturale: l’agricoltura e l’allevamento non sono naturali dal momento in cui sono nati, essa è un processo esclusivamente artificiale che non ha niente a che vedere con la crescita spontanea di piante selvatiche o il pascolamento di animali liberi. Ad ogni modo le varietà resistenti sono una tecnologia innovativa in grado di ridurre drasticamente i trattamenti fitosanitari, in grado di migliorare l’adattabilità termica, idrica, ambientale, patologica della coltura. Esse sono approvate dalla legge italiana e una parte degli individui del popolo sono concordi al loro impiego, mentre la grande maggioranza non conosce neppure la loro esistenza. Queste varietà sono derivate da ibridazione, ossia incrocio artificiale tra diverse cultivar. Detto ciò mi risulta ridicolo che il consumatore medio ritenga “naturale” tale processo ma discrimina a prescindere gli Organismo Geneticamente Modificati. Risulta ridicolo anche il modo diverso di approcciarsi alle innovazioni agricole che si trovano in un certo senso sullo stesso piano dal momento che viene modificata la genetica.
LA REALTÀ
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Rifiutando alcuni OGM sicuri è come se si rifiutasse l’innovazione che riduce l’impatto ambientale, un esempio è il mais BT il quale è una varietà modificata geneticamente ed è in grado di proteggersi autonomamente dalla Piralide, rendendo inutile qualsiasi trattamento atto alla lotta contro questo insetto. Risulta assurdo la non ammissione di tale coltura nonostante abbia un risvolto ambientale palese e palpabile. La percezione della scienza da parte del pubblico è molto distorta. La gente crede di sapere e conoscere più degli scienziati stessi. La più importante associazione scientifica americana l’AAAS (American Association for the Advancement of Science) ha effettuato degli studi a riguardo (riportati nella figura in basso). Ne emerge che la gente non ha fiducia nella scienza, nonostante non rientri nelle sue reali competenze. Ma questo non è altro che un ulteriore effetto dei bias cognitivi: la credenza di conoscere più di quanto effettivamente sappiamo o anche essere inconsapevoli di quanto non siamo a conoscenza. La mancanza di fiducia nei ricercatori, negli scienziati, ecco cosa manca alla nostra società. Perché crediamo nell’evoluzione e non alla sicurezza degli OGM? Parlare di fiducia per gli scienziati non può essere possibile ma è la verità, neppure gli scienziati stessi possono sapere tutto della scienza ma appartengono ad una sfera di competenze particolare. Un fisico non sarà mai in grado di confermare l’efficacia delle varietà resistenti, come un SCIENTISTS VS PUBLIC GMOs safe to eat
Animal Research
Human Evolution
Childhood Vaccines
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biologo non potrà mai riaffermare la teoria che il cibo molecolare ci potrà sfamare in futuro. Alimentare la fiducia è il perno su cui si deve fare leva per rassicurare le persone e far capire loro che le innovazioni servono per migliorare il modo di vivere, la salute, il modo. Solo così diminuirà l’idea di pensiero complottista che è presente nelle menti di tutti i cittadini mondiali. Probabilmente la stampa e i giornalisti hanno un potere incredibile sui consumatori. Una conferma ne è la pubblicazione odierna e costante di nuovi scandali alimentari spesso infondati o distorti. La percezione che ogni consumatore ha del cibo varia a seconda di ciò che ci viene detto, perché in fondo non si tratta più di un metodo errato di ricerca delle informazioni, o almeno solo parzialmente, in quanto le notizie ci vengono somministrate ogni giorno attraverso i giornali, in televisione, attraverso i social media. A volte sembra che il mondo creda che qualsiasi cosa sia un complotto, che ci sia sempre qualcuno pronto a investire tutti i propri soldi per sabotare la nostra integrità e la nostra salute. Forse è più facile incolpare gli altri dei problemi mondiali per non sentirsi addosso la responsabilità che ognuno di noi possiede e senza il bisogno di trovare delle soluzioni, delle innovazioni per risolverli. Le persone necessitano di informarsi e aprire la visione in cui vedono il mondo, cambiare prospettiva. Il mondo ha la necessità di una ventata di freschezza, ha bisogno di novità e ha bisogno di noi giovani che siamo l’innovazione del futuro. Cambiare il pensiero delle persone è sbagliato e contorto ma dare loro una prospettiva reale e veritiera significa fornire speranza alla gente, per un mondo ancora in grado di sostenere il forte fardello che siamo noi umani. Concludendo si può affermare che l’agricoltura, come il mondo ha bisogno dell’innovazione, l’agricoltura è innovazione, l’agricoltura significa innovare le tradizioni.
Prevenire i conflitti, in un progetto europeo Le foreste sono una risorsa preziosa delle Alpi ed il loro positivo influsso sulla qualità della nostra vita è fondamentale e diversificato, spaziando dall’attività ricreativa, al fondamentale contributo sulla qualità dell’acqua e dell’aria, alla biodiversità, ecc. Le foreste sono la casa di animali e piante e contribuiscono all’economia della regione alpina con prodotti di vario tipo. Tuttavia, gli interessi contrastanti su un bene con così numerose funzioni, nonché l’importante ruolo che possono giocare rispetto agli impatti dei cambiamenti climatici stanno mettendo sempre più a dura prova le nostre foreste.
esigenze ricreative e turistiche o tra l’attività forestale, quella agricola e l’espansione urbana incontrollata; tutte queste funzioni sono legate a interessi molto divergenti. Se poi consideriamo che i boschi devono, ma soprattutto dovranno, affrontare rischi crescenti come l’aumento del numero e della forza di tempeste, la siccità e l’arrivo di nuovi parassiti… capiamo quanto questa risorsa sarà difficile da gestire in futuro. È quindi più che mai fondamentale avviare un dialogo tra tutti i portatori di interessi rispetto alle foreste delle regioni alpine, come base per prevenire e superare i conflitti.
Il progetto REDIAFOR
La Fondazione Edmund Mach è partner del progetto e nel 2020 ha coinvolto anche la scuola, considerando che le giovani generazioni che transitano dall’Istituto Agrario di San Michele all’Adige rappresentano probabilmente parte dei futuri amministratori locali e dei futuri gestori dei beni silvo-pastorali. Nello specifico sono state coinvolte due classi quinte dell’Istituto tecnico agrario dell’articolazione Gestione ambiente e territorio (GAT), classi che affrontano ampiamente queste tematiche negli ultimi anni del loro percorso di studi. L’idea iniziale è stata quella di utilizzare il tirocinio collettivo che i ragazzi svolgono la prima settimana del loro quinto anno, con lo scopo di approfondire le tematiche di interesse direttamente sul campo, immersi nella realtà dell’altopiano
Il progetto europeo REDIAFOR si propone di identificare ed analizzare i conflitti di interesse e i rischi emergenti dall’uso multifunzionale delle nostre foreste con l’introduzione di un approccio basato sul dialogo volto a rafforzare le capacità degli attori e delle parti interessate a stabilire, sviluppare e promuovere strategie che promuovano un percorso di confronto. Esiste un forte dualismo d’interesse tra chi, come l’industria forestale e della lavorazione del legno, sfida la stagionalità e la situazione competitiva del mercato e chi, come una buona parte della società, si aspetta una gestione forestale sempre più sostenibile e un uso del legno limitato e locale. Molte altre sono le tensioni su questo bene prezioso, come tra
MANUEL PENASA Docente referente dell’Articolazione Gestione Ambiente e Territorio
I futuri gestori partecipano
Il Dott. Francesco Gubert durante il suo intervento in aula magna sulla tematica dell’Alpicoltura.
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del Vezzena. Questa prima ipotesi, già progettata nei minimi dettagli, è purtroppo naufragata rapidamente a settembre quanto l’emergenza sanitaria ha compromesso la possibilità di svolgere attività sul campo…
Un efficace piano “B” Alcuni insegnanti del GAT sono riusciti a ridefinire in tempi strettissimi un progetto alternativo che ha avuto ragione di essere in quanto organizzato nei dintorni della scuola. Oltre ad un doveroso ringraziamento a chi lo ha reso possibile, va anche un plauso particolare ad un piano “B” che in realtà ha raggiunto risultati ed un grado di approfondimento ben oltre le previsioni, vista l’urgenza nell’organizzazione. Nel dettaglio, i ragazzi il primo giorno sono stati coinvolti in un’attività all’aperto nel bosco di San Michele, nei pressi dell’Istituto. Le attività della mattinata sono state gestite da due funzionari forestali che hanno approfondito importanti aspetti di gestione forestale legati alla multifunzionalità del bosco. Il giorno successivo i ragazzi hanno visitato la ditta “Vender Legnami” di Mezzocorona con la finalità di approfondire le regole e l’organizzazione della filiera foresta-legno con la possibilità di osservare e classificare il prodotto legnoso, capendone il valore e le finalità economiche.
Incontrare e ascoltare gli esperti La giornata successiva si è invece svolta in aula magna dove il focus era l’alpicoltura nel contesto alpino, incontro curato dal dott. Francesco Gubert; diverse le tematiche trattate dalla gestione dell’alpeggio, al suo ruolo di mantenimento ecologico-ambientale,
Visita alla falegnameria “Vender Legnami” di Mezzocorona
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alla produzione di prodotti di nicchia con un forte legame territoriale che possono ridare importanza a questi importanti presidi del territorio. Parlando di conflitti, si introduce il problema della gestione dell’alpeggio in aree frequentate dai grandi carnivori. Questa tematica è stata affrontata in maniera dettagliata il giorno successivo dal dott. Manzoni del servizio foreste e fauna della PAT. Con l’occasione si è introdotta anche la problematica generata dalla presenza del cinghiale in provincia di Trento. L’ultimo incontro è stato condotto da Ivan Callovi (Parco Nazionale dello Stelvio) che ha concentrato l’intero incontro sulla tematica della gestione dei grandi carnivori. La giornata ha permesso di sviluppare molti spunti di discussione e chiarimento rispetto a stereotipi e prese di posizione personali che spesso hanno poco a che fare con i dati scientifici e statistici, elementi fondamentali sui quali invece il tecnico deve basare il proprio lavoro.
Pensiero sistemico e megatrend Tutte queste attività sono state propedeutiche ad un laboratorio di anticipazione dei conflitti sull’uso delle foreste di tipo interattivo e partecipativo basato sull’approccio del pensiero sistemico e sulla valutazione dei megatrend. Il pensiero sistemico è una disciplina utile a comprendere la complessità della realtà, in pratica comporta l’esplorazione delle relazioni tra elementi di un “sistema” per comprenderne le conseguenze e identificare interventi efficaci nel lungo periodo. I megatrend sono cambiamenti e tendenze (trend) dotati di grande inerzia, che promettono di proseguire nei prossimi decenni
Lezione in aula magna
o addirittura per generazioni; qualsiasi progetto o piano che implichi processi e risultati attesi nel medio e lungo termine dovrebbe tenerne conto per adattarsi ai loro impatti locali. Il laboratorio è stato organizzato attraverso due incontri il primo dei quali ha innanzitutto spiegato la teoria e la logica che sta dietro a questa tipologia di laboratorio andando a definire cosa si intende per “conflitto d’uso delle foreste alpine” e variabili collegate (variabili “conseguenza” e variabili “causa”); successivamente si è introdotto il concetto di megatrend e per ogni argomento sono stati ordinati e valutati secondo la rilevanza per i conflitti d’uso delle foreste.
Le questioni sul tavolo Ogni gruppo ha identificato un argomento, identificato le principali variabili causa/conseguenza e individuato i megatrend che più possono influire sull’andamento futuro della tematica trattata. I temi selezionati riguardano: • la foresta e gli impatti da eventi climatici estremi; • la foresta ed i lavori in bosco; • turismo e grandi carnivori; • attività zootecniche di montagna e grandi carnivori. Nel secondo incontro i ragazzi sono partiti dal lavoro già svolto con lo scopo di definire delle dinamiche nel tempo (come percepite al momento, dai partecipanti) definendo dei diagrammi causali che includono le variabili chiave e i megatrend più rilevanti, cercando possibili feedback ovvero processi per cui il risultato dall’azione di un sistema si riflette sul sistema stesso per correggerne o modificarne il comportamento.
Lo scopo è quello di creare uno schema della problematica in cui le variabili siano interconnesse consentendo di capire il modo più corretto per intervenire al fine di ridurre o eliminare un problema attraverso ipotetici interventi sistemici (interventi che possono cambiare la “struttura”), basati sui feedback individuati. Questo lavoro è stato coadiuvato dall’intervento di esperti del territorio che hanno partecipato al laboratorio sostenendo e aiutando i ragazzi.
E allora facciamo un video Il progetto iniziale aveva come obiettivo quello di valutare i singoli lavori redatti dai ragazzi e selezionare il più meritevole per partecipare ad un incontro con tutti i partner di Rediafor a Nizza. Anche in questo caso la pandemia ci ha “aiutato” a trovare una soluzione diversa rispetto a quanto ipotizzato in un primo momento per dare pubblicità al risultato di questo lavoro. La scelta è ricaduta sulla creazione di un video in cui, dopo una piccola presentazione del progetto, i ragazzi spiegano il risultato emerso dai loro lavori. Sicuramente la pandemia ha fortemente influenzato il normale svolgimento del progetto ma grazie a persone motivate ed alla collaborazione degli esperti il tutto è stato portato a termine riuscendo a raggiungere gli obiettivi prefissati ovvero trasferire competenze ed esperienza ai ragazzi sul modo di affrontare problematiche complesse, sulla valutazione di dettaglio delle variabili in gioco, sulla gestione dei conflitti in essere anche alla luce dei principali megatrend. Forse la miglior dimostrazione che per ogni problema esiste una soluzione..
LA REALTÀ
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Filari di vite nel Campus dell’Istututo Foto Mauro Bragagna
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IV Concorso Valorizzazione Vini e Territorio - 13 e 14 maggio 2021
ANDREA PANICHI Coordinatore del Dipartimento Istruzione Post Secondaria (DIPS)
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Quello che andate a leggere è il quinto articolo che vado a scrivere sul concorso, nonostante siano state svolte quattro edizioni … Se per lo scorso annuario ho reputato surreale scrivere di un evento che poi non si è svolto, stavolta dal mio punto di vista lo è ancor di più, dato che non ho partecipato all’evento direttamente anche se a modo mio ero presente e né ho curato l’organizzazione. Chi avrà la pazienza di leggere fino in fondo scoprirà dove mi trovavo... In sintesi le parole che mi ha inviato via WA una mia cara amica giornalista Sara Missaglia racchiudono il concorso: “tutto OK, evento stupendo, grazie di avermi invitata, vini, studenti e organizzazione perfetta, mancavi solo tu”. Potrei terminare l’articolo qua… ma non renderebbe merito a chi si è impegnato tanto per far si che il messaggio di Sara fosse scritto. Come per le altre edizioni, già nel
mese di ottobre, con il supporto del comitato organizzatore composto dai i due presidenti di Assoenologi del territorio Goffredo Pasolli per il Trentino e Stephan Filippi per l’Alto Adige, l’inossidabile Salvatore Maule assieme a Luciano Groff e la competenza del prof. Fulvio Mattivi, abbiamo deciso che nonostante fossimo in piena pandemia era giusto provare ad organizzare questo evento. Lo era perché è doveroso che gli studenti ricevano il massimo da chi la possibilità di darglielo. Io stesso, anche se ormai sono passati più di vent’anni e mi trovavo in una altra regione ho fatto studi agrari alle scuole secondarie e successivamente una laurea in enologia e se posso e devo essere franco l’aspetto pratico è sempre stato un po’ trascurato nella mia preparazione … Quindi era doveroso nei confronti degli studenti del Corso Enotecnico provare, almeno provare, ad organiz-
zare. E poiché siamo sempre persone di estrema fiducia nei nostri mezzi e inguaribili ottimisti abbiamo deciso come gruppo di lavoro non solo di farlo ma di aumentare le categorie, allo storico Teroldego rotaliano che ci accompagna dalla rassegna del 2016 abbiamo mantenuto le categorie dell’edizione non svolta del 2020 ovvero Merlot e Traminer aromatico sia del Trentino e che dell’Alto Adige andando ad aggiungere due grandi autoctoni Nosiola per il Trentino e Sylvaner per Alto Adige. Cinque vitigni in purezza divisi in nove categorie. Ed ora inizia il bello… cercherò di essere sintetico … siamo in ottobre… il DG della FEM dott. Mario Del Grosso Destreri anche a nome del Presidente Mirco Maria Franco Cattani accoglie favorevolmente la proposta di provarci, Il DS prof. Artuso è entusiasta all’idea che si possa fare, il MIPAFF nonostante la pandemia raccomanda di monitorare la situazione sanitaria ma accoglie la domanda e autorizza il concorso. … Siamo già a fine gennaio… inizia la salita … crea i moduli, cerca gli sponsor, manda gli inviti alle aziende, cerca i commissari… Febbraio… cerca gli sponsor, manda gli inviti alle aziende, cerca i commissari…. Marzo …. cerca i commissari…. Su questo punto mi soffermo per raccontare la tipica telefonata: “Ciao, buongiorno, sono Andrea Panichi dall’Istituto agrario di San Michele All’Adige, ti ricordi… per il concorso …”, “carissimo come stai, come è la situazione…”, “Dai tutto procede per il meglio … senti per il concorso avremo bisogno della tua competenza sia per i nostri studenti che per la tua capacità sensoriale...”… “Ma sei sicuro di farlo???”… “Ma sei sicuro di farlo” … la frase che ho più sentito negli ultimi 6 mesi in merito al concorso… lo comprendo … vado avanti... Aprile… ultimi giorni di zona rossa in Trentino… “Si, lo facciamo”… iniziano ad arrivare le adesioni, e qui devo ringraziare sicuramente Sergio Valgoi (lo sceriffo del PRC) … i 138 vini complessivi in gara (due cartoni per vino) li ha sentiti tutti… non degustati, ma sentiti
sicuramente, dato che li ha pazientemente archiviati nel deposito vino…. Le domande le ha registrate Claudio della segreteria … (so perfettamente che fa Scaramuzza di cognome, ma per tutti è Claudio della segreteria). Rino… il prof. Minutolo … si è reso disponibile con il collega Rossano Sandri ad ospitarci in cantina didattica in quanto la sala degustazione non poteva ospitare più 25 persone da protocollo Covid. Per inciso ringrazio Rino per la disponibilità e la professionalità dimostrata nell’aiutarmi a gestire alcuni aspetti delicati del concorso tra cui l’anonimizzazione dei campioni e il servizio dei vini e non solo. Si comprano i bicchieri… si comprano le ceste per lavare i bicchieri (che sono arrivate il pomeriggio prima del Concorso… fiuuu...) si trovano i tavoli e si allestisce la sala… Sorge il problema delle pause per permettere di sanificare la sala e per far riposare le papille sensoriali dei nostri 30 commissari… occorre prevedere due momenti, uno per giorno di ristoro a metà mattina… mi viene in soccorso i docenti del gruppo ALI in particolare il collega Manuel Penasa e i suoi studenti … occorre anche definire un scaletta dell’evento e la gestione delle persone nei momenti di non degustazione… qui la collega Romina Menapace da il suo contributo, come la dott.ssa Silvia Ceschini nel rendere l’accoglienza un’esperienza unica. Il simbolico sigillo del Notaio Luigi Rivieccio certifica la correttezza del nostro lavoro svolto… è mercoledì sera ore 17.00 si apre il sipario con l’arrivo dei commissari provenienti dalle altre regioni: Manuela Zennaro, Lara Moro, Antonella Danzo, Sara Missaglia, Paolo Stecca, Casimiro Maule, Ivano Asperti, Umberto Rosanelli, Rocco Lettiri a cui si aggiungono qualche ora dopo gli enologi Nicolò D’Afflitto, Eleonora Marconi, Claudio Gori e Gabriele Pazzaglia… tutti ospitati nei bellissimi B&B della Piana Rotaliana e di Faedo. Qui non posso non citare il ruolo fondamentale di Costanza Salvetti che ha avuto il suo battesimo nel Concorso ricevendo in Fondazione i commissari e facendo gli onori di casa … la ringra-
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zio per la pazienza e la disponibilità enorme nei tre giorni dell’evento… La rassegna si è aperta il mercoledì sera dentro la maestosa cornice del museo degli usi e costumi della gente trentina dove alcuni produttori hanno presentato agli ospiti da fuori regione i loro vini e il consorzio turistico della Piana rotaliana rappresentato da Rosa Roncador e supportato dal comune di Mezzolombardo nella persona di Andrea Tait hanno presentato il territorio e offerto specialità locali. Per inciso e correttezza hanno ripetuto l’evento e l’ospitalità anche nella sera del giovedì con nuovi produttori, stavolta dentro al monastero dei frati di Mezzolombardo. Semplicemente bravi mi viene da dire. Ed eccoci al cuore della competizione: 30 commissari ufficiali e 10 studenti. Commissari a valutare e studenti ad osservare ed apprendere i segreti dei grandi esperti enologi e giornalisti del settore. L’esperienza di Salvatore Maule come capo delle commissioni a guidare e dare il ritmo alla competizione. Luciano Groff di fianco con la sua decennale esperienza. Rino Minutolo dietro le quinte a gestire circa 828 bottiglie (bisogna aver provato per capire la difficoltà) … i bianchi in frigo i rossi a temperatura ambiente, ogni bottiglia resa anonima dai codici che solo il prof. Maines poteva decriptare dalla sala di regia, gli altri studenti in divisa impeccabile a versare il vino … bravi, seri professionali anche grazie al sommelier Marco Larentis che esigentemente ha richiesto la perfezione a ha trasmesso loro la corretta modalità di servizio. Il tutto in piena sicurezza grazie al supporto del referente covid della scuola Daniele Bellini. Non ha senso stare a raccontare come è andata… si raccontano i preparativi … poi si alza il sipario e tutto magicamente funziona.. come sempre… Di seguito trovate i nomi dei vincitori… Quello che mi preme sottolineare oltre il risultato tecnico sono tre aspetti: 1. è bello aver ritrovato una par-
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venza di normalità dopo più di un anno … spero che sia il primo passo verso la fine di questo periodo sicuramente impattante. il livello dei vini a detta degli esperti è stato sopra la media … una competizione serrata con punteggi altissimi … indice della bravura dei viticoltori trentino alto atesini. i complimenti che sono giunti agli studenti per la loro serietà, curiosità e competenza sono sicuramente un motivo di soddisfazione per il Centro Istruzione e Formazione, è gratificante vedere il risultato di anni di lavoro e la soddisfazione negli occhi degli studenti del Corso enotecnico davanti ai loro idoli: Casimiro Maule, Nicolò D’Afflitto e tanti altri enologi ed esperti del settore ripaga tutti del lavoro svolto.
Giunti alla fine un lettore attento e paziente avrà notato un particolare … hanno fatto tutto gli altri… io non ci sono mai stato… in un film si vedono gli attori … si osserva la sceneggiatura … si giudica quanto si vede … se è un buon film è perché alla base c’è una buona storia da raccontare e gli attori recitano bene il loro ruolo… io ho fatto contro la mia volontà il regista… e l’ho fatta da casa.. il destino ha voluto che dopo 6 mesi passati a rispondere: “Si lo facciamo”!!! dovessi modificare la frase in: “Si… fatelo”… ero al casa con il covid… in quarantena … a rispondere al telefono …. a dare mano per quanto potevo… ad attendere… Sapevo che sarebbe andata bene.. Lavoro con persone serie e competenti… è la dimostrazione che se si coinvolgono persone motivate non è l’evento ma le persone che partecipano all’evento a determinare il successo… Quindi grazie di cuore a tutti… Studenti, colleghi, amici… Di solito chiudevo il mio articolo citando al prossimo anno per la prossima edizione… Un caro amico mi ha fatto riflettere riporto qui le sue parole: “quest’anno è stato il Concorso migliore… per forza… mancavi te” ….
Forse è il mio ultimo articolo sul Concorso… ho contribuito ad idearlo, l’ho organizzato e sviluppato, ho scritto il regolamento, ho preso i contatti al ministero, ho creato i moduli, ho trovato i commissari e insegnato agli studenti a muoversi nel contesto, ho fatto molto altro… ho seguito quattro
edizioni e due rassegne… credo che sia doveroso farsi da parte… Auguri a chi dedicherà il suo tempo libero a idealizzarlo, realizzarlo, gestirlo e molto altro... che anche se non si è mai visto, ha reso possibile le 4 edizioni precedenti … a Voi scoprire a cosa mi riferisco….
CONCORSO VINI DEL TERRITORIO 2021 Trentino DOP Nosiola e Vigneti delle Dolomiti IGP Nosiola 1. Vigneti delle Dolomiti IGP Nosiola 2016 Nome del vino: L’Ora Produttore: Cantina Toblino Località di produzione: Madruzzo Punti: 85,7 2. Trentino Nosiola DOP 2019 Nome del vino e Produttore: Maso Poli Località di produzione: Pressano-Lavis Punti: 85,3 3. Vigneti delle Dolomiti IGP Nosiola 2020 Nome del vino: Madonna delle Vittorie Località di produzione: Arco Punti: 85,2 Südtirol-Alto Adige DOP Sylvaner 1. Südtirol Eisacktaler-Alto Adige Valle Isarco DOP Sylvaner 2019 Nome del vino: Praepositus Produttore: Abbazia di Novacella Località di produzione: Vahrn-Varna Punti: 86,9 2. Südtirol Eisacktaler-Alto Adige Valle Isarco DOP Sylvaner 2019 Nome del vino e Produttore: Griesserhof Località di produzione: Vahrn-Varna Punti: 86,2 3. Südtirol Eisacktaler-Alto Adige Valle Isarco DOP Sylvaner 2020 Nome del vino e Produttore:
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Kellerei Bozen-Cantina Produttori Bolzano Località di produzione: Bozen-Bolzano Punti: 85,3 Südtirol Eisacktaler-Alto Adige Valle Isarco DOP Sylvaner 2019 Nome del vino e Produttore: Kuenhof Località di produzione: Brixen-Bressanone Punti: 85,3
Trentino DOP Traminer Aromatico 2019-2020 1. Trentino DOP Traminer Aromatico 2019 Nome del vino: Clinga Produttore: Cantina di LaVis e Valle di Cembra Località di produzione: Lavis Punti: 88,3 2. Trentino DOP Traminer Aromatico 2019 Nome del vino: Bottega Vinai Produttore: Cavit Località di produzione: Trento Punti: 87,7 3. Trentino DOP Traminer Aromatico 2019 Nome del vino e Produttore: Gaierhof Località di produzione: Roveré della Luna Punti: 87,0 Trentino DOP Traminer Aromatico 2018 e annate precedenti 1. Trentino DOP Traminer Aromatico 2018 Nome del vino e Produttore: Klinger
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Località di produzione: Pressano-Lavis Punti: 87,2 Trentino DOP Traminer Aromatico 2017 Nome del vino: Clinga Produttore: Cantina di LaVis e Valle di Cembra Località di produzione: Lavis Punti: 87,0 Trentino Superiore DOP Traminer Aromatico 2018 Nome del vino: Musivum Produttore: Nosio Località di produzione: Mezzocorona Punti: 86,5
Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2019-2020 1. Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2019 Nome del vino: Nussbaumer Produttore: Kellerei Tramin-Cantina Termeno Località di produzione: Tramin-Termeno Punti: 89,4 2. Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2019 Nome del vino: Vigna Windegg Produttore: Josef Brigl Località di produzione: Eppan-Appiano Punti: 88,3 3. Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2020 Nome del vino: Kleinstein Produttore: Kellerei Bozen-Cantina Produttori Bolzano Località di produzione: Bozen-Bolzano Punti: 87,5 Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2018 e annate precedenti 1. Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2016 Nome del vino: Brenntal Produttore: Kellerei Kurtatsch-Cantina Produttori Cortaccia Località di produzione:
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Kurtatsch-Cortaccia Punti: 89,0 Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2018 Nome del vino: Kleinstein Produttore: Kellerei Bozen-Cantina Produttori Bolzano Località di produzione: Bozen-Bolzano Punti: 88,5 Südtirol-Alto Adige DOP Gewürztraminer 2018 Nome del vino: Sanct Valentin Produttore: Kellerei St.Michael-Eppan-Cantina Produttori San Michele Appiano Punti: 88,0
Trentino DOP Merlot 1. Trentino DOP Merlot 2019 Nome del vino: Castel Firmian Produttore: Nosio Località di produzione: Mezzocorona Punti: 86,4 2. Trentino DOP Merlot Riserva 2016 Nome del vino e Produttore: Cantina Aldeno Località di produzione: Aldeno Punti: 86,1 3. Trentino DOP Merlot 2018 Nome del vino, Produttore: Vivallis Località di produzione: Rovereto Punti: 84,9 Südtirol-Alto Adige DOP Merlot 1. Südtirol-Alto Adige DOP Merlot Riserva 2016 Nome del vino: Brenntal Produttore: Kellerei Kurtatsch-Cantina Produttori Cortaccia Località di produzione: Kurtatsch-Cortaccia Punti: 89,2 2. Südtirol-Alto Adige DOP Merlot Riserva 2017 Nome del vino: Gant Kellerei Andrian Produttore: Kellerei Terlan-Cantina Terlano
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Località di produzione: Terlan-Terlano Punti: 88,3 Südtirol-Alto Adige DOP Merlot Riserva 2017 Nome del vino, Produttore: Landesweingut Laimburg-Cantina Laimburg Località di produzione: Pfatten-Vadena Punti: 87,3
Teroldego Rotaliano DOP 20172018 1. Teroldego Rotaliano DOP 2018 Nome del vino: Teroldigo Produttore: Azienda Agricola Fedrizzi Cipriano Località di produzione: Mezzolombardo Punti: 88,7
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Teroldego Rotaliano DOP Superiore Riserva 2017 Nome del vino: Maso Cervara Produttore: Cavit Località di produzione: Trento Punti: 87,6 Teroldego Rotaliano DOP 2017 Nome del vino: Clesurae Produttore: Cantina Rotaliana di Mezzolombardo Località di produzione: Mezzolombardo Punti: 86,2
Premio Studenti Corso Enotecnico Teroldego Rotaliano DOP Superiore Riserva 2017 Nome del vino: Maso Cervara Produttore: Cavit Località di produzione: Trento Punti: 88,4
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Nebbie e giochi di luce presso Malga Arza Archivio personale Francesco Conforti
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PROTAGONISTI DELLA SCUOLA PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Innovazione all’istruzione e formazione professionale: Operatore e Tecnico della produzione di bevande
MICHELE COVI Coordinatore del Dipartimento Qualifica Professionale Agricola
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Con la fine dell’anno formativo 2020/ 2021 si è chiuso il cantiere di riforma dell’ordinamento e dei Piani di studio dell’Istruzione e Formazione professionale trentina. Le novità introdotte riguarderanno anche l’offerta formativa del Centro Istruzione e Formazione della Fondazione E. Mach a partire dall’autunno 2021. Diversi insegnanti della Formazione professionale sono stati coinvolti nei mesi scorsi in un lungo ed articolato lavoro di revisione dei Piani di studio con la supervisione di esperti della Provincia Autonoma di Trento. Definiti nel 2012, i Piani sono stati aggiornati con le nuove figure introdotte nel Repertorio provinciale del 2020, fra cui quella di Operatore e di Tecnico della produzione di bevande. Proprio l’avvio di uno specifico percorso teso alla formazione di Operatori e di tecnici della produzione di bevande costituisce la novità di maggior rilievo connessa all’avvio del nuovo anno formativo all’interno del Centro di Formazione professionale Fem. Partirà quindi a settembre 2021, all’interno dei corsi ALI relativi alla trasformazione agroalimentare, il nuovo insegnamento della produzio-
ne di bevande. Andrà a sostituire il corso della trasformazione vegetale che per anni è stato attivato accanto a quelli relativi alla lavorazione delle carni e alla lavorazione del latte. L’operatore e il tecnico della produzione di bevande si formeranno con un percorso rispettivamente triennale e quadriennale durante i quali acquisiranno specifiche competenze di settore e gestionali che consentiranno loro di inserirsi nel mondo del lavoro sia come collaboratori che come imprenditori. La formazione, a partire dal terzo anno, sarà arricchita da ampie esperienze di alternanza scuola-lavoro. La riforma del sistema di Istruzione e Formazione professionale trentino riguarda anche l’ampliamento e lo sviluppo verticale dal primo al quarto anno dei risultati di apprendimento delle competenze di base, la modifica dei quadri orari, il potenziamento delle lingue straniere, la completa ridefinizione dell’area matematica e scientifica specifica e dell’area tecnico professionale, nonché l’introduzione del laboratorio digitale nell’area tecnico professionale nel primo biennio.
Esperienze didattiche di gruppo e attività laboratoriali, in periodo di distanziamento sociale Il gioco di ruolo Nell’ambito del Progetto di Articolazione, previsto per le classi terze dell’articolazione Produzione e Trasformazione, nell’anno scolastico e pandemico 2020- 2021, si è sviluppato il tema ‘NOI E IL VIRUS’; argomento in cui siamo stati immersi, che ha condizionato ogni nostra azione e che grande impatto sta avendo sulla vita e sullo sviluppo anche sociale dei nostri ragazzi. Lo sviluppo di questo tema ha messo in risalto molti aspetti di comportamento civile; dal punto di vista didattico ha chiare afferenze con la Educazione Civica e alla Cittadinanza. L’approccio al tema non è stato solo con didattica tradizionale, ma fondamentalmente improntato sulla modalità didattica del gioco di ruolo. Il sistema del gioco di ruolo permette di affrontare le tematiche in modo interdisciplinare, con partecipazione attiva di tutti i ragazzi e in tempi molto più contenuti, rispetto ai sistemi tradizionali; contribuisce a far raggiungere importanti competenze trasversali oltre a quelle della tematica principale affrontata. In particolare, il gioco di discussione del tipo PlayDecide sviluppa competenze legate al dibattito, prese di decisioni comuni, confronto democratico su idee e punti di vista, permettendo di confrontarsi su argomenti controversi, in modo semplice, rispettoso e basandosi sui fatti. Come primo passo, è stato proposto agli allievi un gioco PlayDecide già strutturato, per permettere ai ragazzi di impratichirsi con questa modalità didattica alternativa. Io, assieme ad alcuni miei colleghi coinvolti, che più avanti nominerò, ho potuto seguire questa parte di progetto che mi ha permesso di apprezzare la efficacia di questo approccio laboratoriale per studiare una tematica e che mi ha indotto a condividerne,
qui, alcune riflessioni. La scelta del tema del gioco preesistente è caduta su: ‘Trasmissione epidemica del virus HIV, responsabilità comportamentali ed interventi legali per il contenimento del rischio di trasmissione’. E’ stato proposto questo gioco di ruolo, strutturato sull’HIV, per poi potersi traghettare verso le problematiche del Coronavirus, sulle quali i ragazzi poi, nel proseguo del progetto, hanno realizzato un similare gioco su: ‘Coronavirus, responsabilità civile e legalità; emergenza sanitaria e agricoltura’, che hanno intitolato: “Restrizioni da applicare per la pandemia”. Contestualmente, è stata anche colta l’occasione per riavvicinarsi al problema dell’AIDS, con riflessioni sugli interventi proposti per tentare il contenimento della diffusione del virus, con discussione su questioni etiche e legali; tutte riflessioni spendibili nell’affrontare poi le problematiche dell’attuale pandemia. e focalizzare l’attenzione su aspetti di comportamento civile, di interventi legali con conseguenti risvolti etici, infine intravedere ripercussioni sulla produttività in agricoltura. L’attività si è svolta nei giorni venerdì 5 Marzo 2021 (classe III A PT) e lunedì 15 Marzo 2021 (classe III B PT), durante le 4 ore di laboratorio di Trasformazione dei prodotti / Biotecnologie, nell’atrio situato al piano terra dell’Istituto, in rispetto delle norme anti-Covid sul distanziamento sociale, Gli insegnanti interessati per la preparazione e conduzione del gioco sono stati: Alessandra Alagna, Michele Cristellon, Anna Zuccatti, Flavia Liuzzi, Luca Russo, con la partecipazione allo svolgimento di Ausilia Vitagliano. A consuntivo, si può riportare che l’attività è stata ben accolta dai ragazzi che, provati da tanti mesi di DAD, hanno potuto vivere un’esperienza scola-
ALESSANDRA ALAGNA Docente di chimica e trasformazione dei prodotti
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stica, fuori dall’isolamento sociale. Il gioco si è svolto senza problemi. I tempi previsti per l’esecuzione, sono risultati adeguati per la maggior parte dei partecipanti. Gli studenti sono riusciti a prendere visione di tutto il materiale e hanno avuto poi il tempo per confrontarsi, discutere ed elaborare anche nuove strategie di azione. La discussione sulle varie problematiche ha riguardato tutti i ragazzi che vi hanno partecipato con coinvolgimento, con educazione e civiltà, rispettando le regole del dibattito. Tutti i gruppi sono riusciti a raggiungere il consenso su una strategia comune in merito al tema proposto. Quasi tutti i gruppi non si sono limitati ad aderire ad una strategia proposta dal gioco, ma la hanno arricchita ed in parte modificata; alcuni gruppi hanno elaborato nuove proposte. Solo sporadici sono stati gli atteggiamenti dissacratori sull’efficacia del gioco di ruolo, manifestati in una classe. Dopo lo svolgimento del gioco, è stato possibile analizzare insieme le conclusioni raggiunte. La modalità del gioco è stata, in seguito, analizzata dai partecipanti; tra i punti di forza di questa proposta didattica, riscontrati dai ragazzi è opportuno segnalare: • efficacia del metodo, che permette di mantenere inalterata l’attenzione di tutti su una tematica per diverse ore; risultato considerato dai ragazzi irraggiungibile con approcci tradizionali di lezione, seppur supportati, ad esempio, da presentazioni con immagini o filmati; • acquisizione di nuove conoscenze sul tema; • apprezzata la costituzione spontanea dei gruppi; • condivisione di idee e soluzioni, in rispetto delle opinioni di tutti; • possibilità di dialogo tra compagni, soprattutto in questo periodo di grande isolamento; • tempi adeguati. Nel complesso, l’attività ha riscosso un buon gradimento da parte di tutti
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gli attori del gioco, sia insegnanti che allievi. La validità di questa modalità didattica sta proprio nel ‘gioco’: attività che coinvolge pienamente i ragazzi che partecipano all’attività di apprendimento con piacere e spesso entusiasmo, senza sottrarsene, completamente aperti al dialogo educativo; imparano volontariamente e senza accorgersene, raggiungono abilità e costruiscono competenze, piacevolmente.
Il laboratorio Quello che più mi sta a cuore, però, alla fine di questo mio report sulla stimolante attività di insegnamento vissuta, è condividere alcune riflessioni sull’attività di laboratorio. Dall’esperienza descritta, ho ottenuto una ulteriore conferma alla mia convinzione, maturata in ormai 35 anni di insegnamento all’Istituto Agrario di S. Michele a/A, ora Fondazione E. Mach, della validità e insostituibile valenza dell’attività laboratoriale per lo sviluppo di una didattica efficace. L’attività laboratoriale coinvolge gli allievi, li rende protagonisti del loro percorso di apprendimento, motivandoli. Ritengo valida questa attività in ogni ambito disciplinare; il report prima esposto lo conferma, ma risulta, a mio avviso, imprescindibile nello sviluppo di discipline scientifiche come la Biologia, la Chimica, la Fisica e discipline tecniche; in particolare ne ho potuto fare lunga esperienza anche nell’ambito della Trasformazione dei prodotti. Le attività in laboratorio fanno in modo che lo sviluppo della disciplina mantenga un costante riferimento all’esperienza quotidiana, per attribuire senso di concretezza e utilità a ciò che lo studente sta imparando. Lavorare in questo ambiente, permette all’allievo di acquisire quelle abilità pratiche che serviranno da fondamento per un loro futuro affinamento professionale. La professionalità di lavoro così acquisita ha senz’altro anche funzione educativa. Infatti l’attività laboratoriale permette di raggiungere competenze specifi-
che, quali, ad esempio, l’indipendenza nella raccolta e gestione critica di dati sperimentali, oppure il controllo della qualità delle produzioni agroalimentari sotto il profilo chimico-fisico, ma anche generali e afferenti all’Educazione Civica e alla Cittadinanza come, ad esempio, l’adottare i comportamenti più adeguati per la tutela della sicurezza propria, degli altri e dell’ambiente in cui si lavora. Gli attuali piani di studio prevedono il raggiungimento di competenze con il processo educativo; per sviluppare competenze, bisogna imparare a riflettere sull’esperienza, attraverso l’esplorazione, l’osservazione e l’esercizio al confronto. Le indicazioni ministeriali convergono in questo senso; prova ne sia che in situazione di emergenza che ha imposto la Didattica a Distanza, si è sentita l’esigenza di salvaguardare l’attività laboratoriale, permettendone lo svolgimento in presenza, fatte salve le norme anti-Covid. La attuale impostazione organizzativa, nel Centro Istruzione e Formazione, dei laboratori scolastici di Chimica (che io ho potuto frequentare, per effettuare la mia attività di insegnamento) e di Biologia ad essi accoppiati, prevede lo sdoppiamento delle classi
e la presenza di un ITP che svolge importanti funzioni di co-progettazione didattica di esperienze laboratoriali, preparazione di campioni d’analisi, di materiali e strumentazione per l’esecuzione delle esercitazioni in laboratorio, prima e durante lo svolgimento delle ore ad esso destinate. Questa organizzazione permette di fornire un ottimo servizio agli allievi, che si trovano a lavorare nelle migliori condizioni: gli studenti possono lavorare singolarmente in piena sicurezza ed efficienza ed essere seguiti anche personalmente dagli insegnanti, che possono fornire, in diretta, anche attività di recupero, senza ricorrere ad ulteriori ore di sostegno. Questo sistema organizzativo si è dimostrato vincente anche nella situazione emergenziale che ci ha coinvolti, permettendo la frequenza dei laboratori, in rispetto delle regole del distanziamento sociale. Termino la mia lunga e fin troppo articolata riflessione con questa considerazione: quello di cui mi sono convinta in tanti anni di esperienza sul campo, lo aveva già affermato Confucio, il saggio filosofo, millenni fa, che con abbagliante sintesi ammoniva: “Se ascolto, dimentico; se vedo, ricordo; se faccio, imparo”.
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L’esperienza CAPES a sei anni dalla sua attivazione
ANDREA SEGNANA Docente di Materie letterarie
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Un po’ di note tecniche per capire di cosa stiamo parlando. Nel febbraio 2013 il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e le Province autonome di Trento e Bolzano hanno sottoscritto un protocollo d’intesa che definiva i criteri generali per la realizzazione di corsi annuali per gli studenti che avessero conseguito un diploma professionale al termine del percorso di Istruzione e formazione professionale quadriennale e intendessero sostenere l’esame di stato. A partire dall’anno formativo 20142015, perciò, nella Provincia di Trento sono stati attivati dei CAPES (Corso Annuale per l’Esame di Stato) nelle articolazioni “Industria e artigianato” e “Servizi”. Nell’anno successivo anche la FEM ha deciso di far partire un Corso nell’ambito dell’”Agricoltura e ambiente”, che portasse al diploma di “Servizi per l’agricoltura e per lo
sviluppo rurale”, equipollente al diploma di Istituto professionale, che in Trentino da parecchi anni ormai non è più conseguibile per la scelta della PAT di diminuire il numero degli Istituti professionali (ad esempio, a San Michele è scomparso l’Istituto Professionale per l’Agricoltura e l’Ambiente). Attivare il corso per la FEM non è stata una scelta scontata, perché a differenza degli altri CFP trentini, che si occupano solo di formazione professionale, da noi già esisteva l’Istituto Tecnico e vi erano delle remore ad attivare un nuovo percorso che portasse studenti, che sicuramente avevano una preparazione molto diversa rispetto a quelli del Tecnico, al traguardo della cosiddetta “maturità. Erano contrari i dirigenti e gli insegnanti che ritenevano sbagliata la scelta della PAT, timorosi che potesse rivelarsi una scorciatoia allettante e comoda per bypassare la frequenza
del quinquennio del Tecnico, scenario che, però, finora non si è verificato. Il percorso CAPES ha l’obiettivo di formare gli studenti in tre aree di apprendimento teoriche (linguistica, matematica-scientifica, storico-socio-economica) e in un’area tecnico professionale che porti all’elaborazione di uno specifico project work, che possa valorizzare le competenze tecnico-professionali a partire dai risultati di apprendimento del percorso precedente, conclusosi con il diploma professionale di tecnico e, a San Michele, anche con l’acquisizione del brevetto di imprenditore agricolo. Accanto all’attività di Project work, il piano di lavoro individua come discipline caratterizzanti anche Economia agraria e dello sviluppo territoriale e Scienze integrate (in parte insegnata in modalità CLIL), le sole in cui è previsto possa svolgersi la seconda prova scritta d’esame. Vi sono poi Lingua inglese e Matematica e un numero di ore di Letteratura italiana e Storia doppie rispetto a quelle previste nel quinto anno del Tecnico. Insomma, come rivela la stessa denominazione del corso, si punta a preparare gli iscritti alle prove d’esame facendo recuperare loro competenze che non avevano potuto sviluppare in precedenza. L’accesso non è libero, ma legato al superamento di una selezione mirata all’accertamento del possesso di prerequisiti (da appurare attraverso due prove scritte di Italiano e Matematica) definiti dalla PAT per garantire uniformità di valutazione in tutti i CFP presso i quali sono attivati i corsi. Inoltre, non sono ammessi più di 25 studenti per corso, ma finora alla FEM non è stato necessario escludere nessuno. Nel corso degli anni è aumentata la percentuale di studenti in uscita che si iscrivono alle selezioni. Per l’anno 2021/2022 si è attestata sul 40% e ha riguardato soprattutto studenti provenienti dal corso per tecnici imprenditori agricoli (anche frequentato in modalità duale, cioè in alternanza scuola/lavoro), anche se non mancano i tecnici alla trasformazione agroalimentare.
Il CAPES è certamente un’opportunità per i tecnici professionali in possesso di discrete competenze di base. Non si tratta di transitare dal sistema dell’Istruzione e formazione professionale a quello dell’Istruzione, come del resto rimane sempre possibile fare, ma di intraprendere un percorso che possa portare comunque ad ottenere un titolo che consenta, oltre che l’accesso all’Università, magari al corso di laurea in Viticoltura ed Enologia afferente al C3A (Centro Agricoltura, Alimenti e Ambiente, in convenzione tra FEM e Università di Trento), anche di iscriversi ai percorsi di Alta Formazione attivati sempre presso FEM (Tecnico superiore del verde e Bevande) o di sostenere l’esame per il conseguimento del titolo di Perito Agrotecnico, importante soprattutto per gli studenti che possiedono un’azienda agricola e possono così integrare il loro reddito con un’attività di libera professione. La tendenza all’aumento delle adesioni, però, è dovuta anche all’esigenza di un surplus di formazione culturale. Infatti, parecchi studenti si dicono principalmente mossi dal desiderio di completare la loro preparazione e, una volta terminato il CAPES, si immettono nel mondo del lavoro senza utilizzare il loro nuovo diploma. Certamente, le difficoltà per gli studenti durante il CAPES non mancano. Innanzitutto, può succedere che qualcuno si ritiri, magari dopo poche settimane o pochi mesi, perché si rende conto della mancanza di una forte motivazione che lo dovrebbe sorreggere o valuta come insormontabili le difficoltà riscontrate. Inoltre, a volte, con il tempo svanisce la presa delle legittime aspirazioni e pressioni dei genitori che hanno spinto inizialmente il figlio a superare la selezione e frequentare il percorso… Nel corso degli anni, però, si è notata una progressiva diminuzione di coloro che decidono di interrompere la frequenza e questo può dipendere da una maggiore capacità di valutare in modo realistico, prima dell’iscrizione, le proprie competenze o la propria determinazione a frequentare il corso.
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Poi, possono pagare lo scotto, almeno in partenza, di un’impostazione legata a una didattica più tradizionale e frontale, anche più nozionistica, rispetto a quella cui erano abituati. Mancano le attività laboratoriali, all’aria aperta, le uscite didattiche, i tirocini. Anche il loro modo di operare cambia rispetto agli anni di formazione precedenti. Si richiede loro di possedere un metodo di studio adeguato alla necessità di rielaborare i contenuti delle lezioni a casa, nei pomeriggi liberi e nel fine settimana. Le verifiche sono più impegnative e, specie all’inizio dell’anno, si nota il loro sforzo di adattarsi alla situazione, cercando di comprendere come riuscire ad avere successo modificando il loro approccio: prendere più appunti, fare mappe e connessioni, gestire una nuova e diversa complessità. Arriva sempre un momento dell’anno in cui qualcuno entra in crisi, si chiede se ha fatto la scelta giusta e ha bisogno di essere spronato a insistere e a far leva sulla sua forza di volontà.
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In questi casi, riuscire a fare gruppo e sostenersi a vicenda aiuta, perché crea sinergie e mobilita anche risorse interiori latenti. In primavera, gli studenti hanno la possibilità di partecipare al viaggio d’istruzione di fine corso all’estero che ha la finalità di offrire loro un approfondimento culturale e che viene vissuto sempre con entusiasmo, rivelandosi un’occasione per avvicinarsi con spontaneità e stupore alle meraviglie artistiche e alle tradizioni culturali delle città visitate. Al termine dell’anno, pur preoccupati per l’incipiente esame, sono in genere fieri di essere riusciti a portare a termine l’avventura e, anche a distanza di tempo, ritengono di avere fatto la scelta giusta e si dichiarano contenti di aver frequentato il Capes. La loro soddisfazione, certo, non è garanzia della qualità dell’offerta formativa, ma è un importante indice di gradimento che serve a rafforzare la convinzione della validità del CAPES e della sua proposta complementare a quella dell’Istituto Tecnico.
Start-up projects: a look into the future Se è vero che quest’anno il “fare” ha dovuto subire un brusco rallentamento a causa della pandemia, i ragazzi delle classi quarte GAT hanno però saputo lavorare e realizzare un progetto basato sulle loro conoscenze, esperienze e, soprattutto, sulle loro idee e sulla loro creatività. Come? Alla nostra richiesta di pensare e progettare un’attività economica che potesse rispettare le esigenze ambientali, economiche e sociali dell’area in cui vivono, hanno risposto con idee interessanti, concrete e calate nella realtà territoriale, sfruttando letture ed incontri proposti durante l’anno dalle varie discipline. Hanno lavorato in coppia o in gruppo condividendo attenzioni e sogni per il loro territorio, analizzando la realtà pre-esistente, la possibilità di valorizzarne o migliorarne alcuni aspetti, individuando i possibili interessi ed interlocutori da chiamare in causa a sostegno dei loro progetti; li hanno poi concretizzati in una presentazione in cui immagini e parole hanno guidato compagni ed insegnanti in un viaggio virtuale attraverso luoghi, storie e tradizioni. E lo hanno fatto in lingua inglese. Il progetto “Start-up project: an ecofriendly activity you would like to set up in your area” è stato infatti proposto all’interno del programma di lingua inglese dopo alcune letture e quale collegamento con le discipline tecniche proprie dell’articolazione GAT, che quest’anno ha proposto, fra gli altri, il tema del turismo di montagna. Il fine ultimo, per la disciplina lingua
inglese, era non solo saper parlare in lingua di temi trattati all’interno delle discipline tecniche, ma anche di farlo davanti ad un pubblico, strutturando la presentazione in tempi e modi ottimali per sostenerne l’attenzione. I lavori sono cominciati nel mese di gennaio 2021 e, accanto ad alcune ore di lezione a scuola, i ragazzi hanno dovuto trovare tempi e modi per lavorare insieme a distanza, online, per essere pronti alla presentazione dei loro progetti di fronte ai compagni e ad un pannello di esperti formato da alcuni insegnanti dell’Articolazione e da una esaminatrice esterna madrelingua. I voti sono stati attribuiti seguendo una griglia di valutazione condivisa. Dopo vari spostamenti dettati dalla situazione di pandemia, le presentazioni, in Aula Magna, si sono infine svolte il 13 marzo 2021. Ai ragazzi vogliamo dire: “Bravi ragazzi, avete dimostrato di aver lavorato con impegno ed è stata una soddisfazione ascoltarvi!”. Vogliamo anche ringraziare i colleghi che hanno potuto intervenire e hanno attivamente partecipato, ma anche chi ha dato la sua disponibilità e sostegno ma a causa dei cambi continui di orario non ha potuto assistere e partecipare alla fase finale. Un grande grazie anche al nostro fotografo. Qui di seguito riportiamo qualche articolo che noi insegnanti di inglese abbiamo chiesto di scrivere ai ragazzi coinvolti quale feedback personale sul progetto. In English, of course!
MARIA CRESPI Docente di lingua inglese
PAOLA BRIDI Docente di lingua inglese
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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ANDREA CORRADINI
Projects for our eco-friendly future
VALENTINA FILOSI
Sustainability is the future. So what could we do to make our daily life more eco-friendly? A great way to achieve this goal is to change our view on tourism; so this is what the start up projects were based on. Making tourism sustainable through creative projects proposed by young people like us is just a win-win! It is useful on both the environmental and the economical and social side. In addition, this was a great chance to learn how to work with and listen to other people. On the other hand, these were sadly just ideas that have very low chances of becoming real. But we can always hope, can’t we? Even if it was sometimes hard to find an agreement with the mates but in our end everything went for the best. Personally, we thought that this was an amazing way of sensitizing students on this important issue; and also a chance of learning speak in front of other people.
(IV A GAT)
NICOLÒ ZADRA
Start-up project: our idea of the future
NICCOLÒ LAGHI
The objectives of this project were mainly to make us speak in front of an audience to make us work in a group to create a startup. The advantages were those of working in a group and therefore being able to help each other, improving our knowledge of English, and also sharing our opinions, sometimes different. The disadvantages, on the other hand, were due to the pandemic: it was difficult to work together, to organize the meetings online and to make decisions. Our personal feedback is that it was certainly a good opportunity and it was very useful because it allowed us to present our ideas and opinions in front of many people, speaking and exposing them in English, and taught us to work in a group. Our next goal? Make these projects come true!
(IV A GAT)
Studenti della IV A GAT
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Start-up project an ambitious way of marketing
DAMIANO FRATTON
Are you one of those people who like to earn a lot with its own business? Our startup project is the solution for your goal. At the beginning we have to say that the project has been suggested by our English teachers. The aim of the project was to give us a chance to challenge ourselves with the job world. One of the great things of the experience was work and study in group, share different ideas in order to find out a final complete project. However the most exciting part of this experience has been studying our territory to find innovative ideas that can improve the touristic and productive offer. In conclusion this experience was wonderful, a great way to introduce us in the job world and built our future. What do you think about it? Can it be a work that interests you?
DANIELE CHIODEGA
Start-up project
LEONARDO RIGON
Have you ever wondered what a startup project is? The main aim of the project was to develop a business that could improve the territory. We also had to include in that project the valorisation of ecotourism. That project helped us to develop our speaking skills in front of a party. Although due to various problems, we had to postpone the presentation some weeks later. One thing we really enjoyed doing was thinking about something that in the future could become our own business and increase the tourist attraction of our territory. We found interesting also thinking about innovative ideas to improve people’s lives. A disadvantage was the short time given to us to present the project to the public. Due to that, we had to sum up the ideas, so we couldn’t present the whole project we developed. Just contact us if you want to find out more about it!!
NICOLÒ MANTOVAN
(IV B GAT)
(IV B GAT)
Studenti della IV B GAT
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Una strada in salute! Progetto salute a.s. 2020-2021
FEDERICA DALLAGIACOMA Docente di scienze motorie e sportive
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L’organizzazione mondiale della sanità ha definito la salute come “uno stato di totale benessere fisico, mentale e sociale” e non semplicemente “assenza di malattia o infermità”. La promozione del benessere fisico, mentale e sociale dei ragazzi riveste quindi un ruolo di primo piano nei compiti educativi della scuola e si realizza nelle varie attività proposte. Promozione della salute vuol dire sviluppare concetti quali salute, benessere, stili di vita, sostenibilità ambientale, salvaguardia del pianeta, capacità di vita, emozioni, relazioni e scelte critiche. Migliorare e proteggere la salute e il benessere di tutta la comunità scolastica vuol dire maggior benessere per tutti, salvaguardia dell’ambiente, una migliore qualità di vita, una riduzione della frequenza delle malattie e meno disagi e sofferenze nella comunità. I progetti svolti nel nostro istituto
spaziano dalla promozione del benessere, della salute e degli stili di vita sani, alla prevenzione dei comportamenti a rischio fino alla gestione delle patologie e delle dipendenze: • Educazione ad una sana e corretta alimentazione: approfondimento sul tema dell’alimentazione con particolare riguardo alla composizione degli alimenti, agli sprechi alimentari, all’impatto delle nostre scelte sul pianeta e alla consapevolezza di ciò che si mangia. In particolare, quest’anno è stata svolta un’assemblea di istituto con tutte le classi prime in collaborazione con l’associazione ASSIFRON. •
In punta di piedi sul pianeta: incontri in collaborazione con l’azienda sanitaria, con l’obiettivo di far riflettere sui determinanti di salute e sugli stili di vita
personali, familiari e comunitari, sostenere lo sviluppo delle Capacità di Vita (Life Skills) con obiettivo di favorire scelte critiche e responsabili a favore di benessere, qualità della vita personale e famigliare ma anche sostenibilità sociale, ambientale e promuovere senso di responsabilità individuale e collettiva di studenti, insegnanti, genitori nella comunità di appartenenza. Particolare attenzione è stata rivolta alla capacità di gestire le proprie emozioni riguardo alle scelte degli stili di vita (alcol, fumo, alimentazione, gioco d’azzardo, conflitti non gestiti, relazioni, ecc). durante gli incontri è stato inoltre approfondito l’impatto che gli stili di vita hanno sulla salute, sul benessere e sulla salvaguardia del pianeta. •
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Conoscere il consultorio: incontro con le operatrici del consultorio che hanno presentato le finalità del Consultorio e le professionalità presenti e le attività rivolte agli adolescenti. Sono state inoltre approfondite tematiche inerenti la prevenzione in ambito affettivo – sessuale. Approccio al Primo soccorso: incontri con gli operatori del 118 che prevedono la formazione alla rianimazione cardiopolmonare e alla defibrillazione
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precoce e la certificazione degli studenti. Associazione Donatori di Midollo Osseo: incontro con ADMO in cui i ragazzi hanno potuto ascoltare le testimonianze di alcuni volontari dell’associazione e di alcuni pazienti o famigliari. Malanova: progetto che, attraverso la rappresentazione teatrale vuole sensibilizzare sulla relazione di genere. La storia parla di una ragazzina vittima di abusi e violenze che trova il coraggio di denunciare il suo aguzzino in un contesto socio-culturale difficile. Servizio di psicologia scolastica: il servizio è stato rivolto a tutti gli studenti, genitori ed insegnanti del Centro di istruzione e Formazione con l’obiettivo di prevenire il disagio personale scolastico e di essere d’aiuto nell’azione educativa di genitori ed insegnanti. #liberalascuola4.0: recentemente il Centro di Istruzione e Formazione ha accettato di entrare in questa rete di scuole che vuole sensibilizzare i ragazzi sul tema delle dipendenze. I ragazzi delle classi terze, hanno svolto un incontro-dibattito con alcuni ragazzi di San Patrignano che, giunti al termine del loro percorso di recupero dalla tossicodipendenza, hanno portato la loro testimonianza.
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Incontro con la storia: I bambini di Svevia di Romina Casagrande
FRANCESCO PETERLANA Studente VB PT
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Ventunesimo secolo, epoca di profondi cambiamenti: la progressiva digitalizzazione e l’incessante avanzamento tecnologico contribuiscono a sospingere costantemente la nostra società verso un futuro che si paventa radicalmente diverso dalla situazione a cui siamo abituati. Gli effetti che però questi processi oramai irreversibili esercitano sulla nostra quotidianità non sono da considerarsi del tutto positivi. Come effetto collaterale infatti, essi stanno per esempio comportando una rapida estinzione, che rischia persino di passare quasi inosservata. Mi riferisco all’inesorabile quanto tangibile regressione che ha visto la Letteratura come sfortunata protagonista. Utilizzando quella che potrebbe apparire come un’iperbole, posso affermare infatti che, ad oggi, questa forma d’arte è in grave pericolo. Non avendo né lo spazio né le conoscenze necessarie per approfondire adeguatamente il fenomeno, peraltro ampiamente trattato da numerosi studiosi e letterati, mi limiterò semplicemente ad illustrare il valido progetto che la mia professoressa di Italiano propone con cadenza annuale per far fronte a questa greve problematica. Tutti gli anni infatti, viene concessa a noi studenti la possibilità di conoscere meglio un determinato autore precedentemente individuato. L’approfondimento non si limita solamente alla lettura di una delle sue produzioni letterarie, ma permette di conoscere fisicamente lo scrittore, provando così ad eliminare quel concetto di astrazione che vincola la lettura di un libro. Da studente, nel corso del Triennio sono potuto entrare in contatto con diverse opere e con altrettanti autori. Nonostante il rapporto con questi testi non sia sempre stato idilliaco, quanto piuttosto di odio/amore, devo riconoscere ammirato che il grandissimo punto a favore di questo pro-
getto risiede proprio nella possibilità di incontrare fisicamente l’autrice o l’autore del romanzo. In virtù di alunno di un Istituto Tecnico e per inclinazione personale, ho spesso avuto la tendenza a considerare erroneamente le opere letterarie come produzioni fini a sé stesse, completamente distaccate dalla realtà delle cose e pertanto sono sempre stato più portato a reputarle come prive di scopo o da mettere in secondo piano rispetto ad elaborati più concreti, tangibili e di riflesso con maggiori risvolti pratici. Avere la possibilità di conoscere gli autori dei romanzi, poter comprendere come siano anch’essi persone fisiche, essere in grado di apprezzare ed apprendere tutte le storie che si celano dietro ad una precisa opera, sono aspetti che indubbiamente hanno effetti positivi sulla considerazione generale che qualcuno può nutrire per la Letteratura intesa, in senso lato, come forma d’arte. Scrivere in effetti non è un “semplice” insieme pleonastico di artifizi stilistici fini a sé stessi, quanto piuttosto una nobile forma di espressione del proprio personale pensiero, una via efficace per dipingere la realtà delle cose, per esternare emozioni e sentimenti. Così è stato anche quest’anno: la professoressa Zanetti ha deciso di farci conoscere l’autrice Romina Casagrande, che con il suo ultimo romanzo “I bambini di Svevia” ci ha permesso di toccare con mano, in maniera più o meno figurata, un gravissimo problema sociale che ha afflitto le zone dell’arco alpino ed in particolare quelle della nostra Regione. La vicenda, che ha come protagonisti appunto dei fanciulli costretti al duro lavoro agreste in un disperato tentativo di rifuggire dalla miseria, tratta appunto di lavoro minorile, di sfruttamento, di soprusi e fortunatamente anche di riscatti. In questo racconto si parla quindi di una vita difficile e
problematica: attraverso una trama complessa e articolata, viene fornito al lettore un vero e proprio spaccato su due società (o meglio tra due sfaccettature della medesima) così vicine nel tempo, ma allo stesso modo così diverse nei modi di fare e nei costumi. Presentando i personaggi e proseguendo nel racconto sono proposti spunti, analogie, similitudini tra passato e presente, quasi con un figurato augurio che in un futuro la situazione possa migliorare. Le storie dei personaggi si fondono armoniosamente con un ambiente circostante variopinto, ricco, mobile, a tratti nitido e ad altri sapientemente soffuso, sfocato. In ogni caso, non mi soffermerei tanto sul contenuto del testo, quanto piuttosto sugli spunti di riflessione che la lettura dello stesso può generare. Parlando più da futuro cittadino che si affaccia alla porta della Società che da studente alla fine di un ciclo, posso affermare che ho davvero apprezzato e ammirato la riflessione a cui la lettura del romanzo ha condotto la nostra classe, ma sono sicuro che situazioni medesime siano successe parimenti anche nelle altre sezioni. Riuscire a realizzare che vi è una sorta di nesso tangibile tra le piaghe sociali che hanno caratterizzato la nostra Regione fino a pochi decenni fa e quelle che sono proprie oggigiorno di alcuni Stati del Terzo Mondo è stato senza dubbio un traguardo importante, ad ennesima riprova del fatto che la Letteratura non è fine a sé stessa, quanto piuttosto un valido
strumento che ci può permettere di sviluppare un pensiero critico che tenga in considerazione la maggior parte delle discriminanti che caratterizzano la società odierna. Nel corso dell’incontro avvenuto tramite Meet il 13 aprile 2021, la stessa autrice si è spesa nel migliore dei modi possibili, aprendosi al dialogo, fornendo spunti ed incitando a pensare, ad agire in maniera ordinatamente curiosa. Dal punto di vista invece strettamente personale, sento di dover ammettere che ho apprezzato il romanzo ed in maniera particolare il modo di pensare dell’autrice; la vicenda infatti si è rivelata un improbabile inno alla vita, vita in grado di penetrare ovunque, vita in grado di superare ogni barriera, vita in grado di abbattere qualsivoglia limite imposto dall’uomo e soprattutto occasione in grado di presentare molteplici possibilità di redenzione; non è mai troppo tardi infatti per poter tentare di cambiare la propria posizione ed Edna, la protagonista, in questo caso ne è la prova lampante. A sostegno di ciò, vorrei citare una frase di Fedor Dostoevskij, il quale scrisse una volta: “Vado fra gli uomini, ignoro il domani, ma sento che comincia una nuova vita”. Con questa sorta di augurio a tutti, studenti, professori e personale scolastico, voglio concludere il mio breve resoconto e i miei ben più lunghi cinque anni trascorsi in questa Scuola. Abbiate sempre il coraggio di cambiare!
Foto dell’incontro con la scrittrice Romina Casagrande
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Nuova immagine per i prodotti della scuola
ROMINA MENAPACE Docente Referente dell’Articolazione Produzioni e Trasformazioni
MANUEL PENASA Docente referente dell’Articolazione Gestione Ambiente e Territorio
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Aristotele afferma che “Ciò che dobbiamo imparare a fare, lo impariamo facendolo”; e questo succede nella nostra scuola, dove gli studenti, producendo vino, birra, formaggi, salumi, ortaggi ecc imparano i processi produttivi e le tecniche per valorizzarli. In quest’ottica, è nata l’esigenza di creare un marchio ad hoc, che identifichi i prodotti degli studenti, che possa veicolare dei concetti peculiari della nostra scuola, ovvero la tradizione, l’innovazione e la tecnica. Nasce quindi una collaborazione tra il nostro percorso agroalimentare e Gianluca Bragagna, ex studente della Libera Accademia delle belle arti di Brescia, per il conseguimento del diploma di primo livello in Graphic design e multimedia, ha presentato un lavoro dal titolo “ 1874 Una nuova
immagine per il prodotto degli studenti”. La proposta di Gianluca Bragagna è stata apprezzata dalla scuola: gli insegnanti del corso Agroalimentare, a seguito di un approfondimento sulla normativa vigente nell’ambito dell’etichettatura con l’Istituto Zooprofilattico delle Tre Venezie, hanno chiesto delle modifiche all’autore per creare un’etichetta utilizzabile per tutti i prodotti. Nella proposta si ricorda l’anno di fondazione dell’Istituto, ma con una forte connotazione contemporanea data dal carattere utilizzato, e nell’immagine, che riprende una carta tecnica che simboleggia lo studio e la conoscenza del territorio, con un richiamo alle origini del catasto Austro Ungarico.
Progetto pollaio didattico Il progetto pollaio è nato principalmente dall’esigenza di offrire ai ragazzi che frequentano la nostra scuola delle esercitazioni nel settore zootecnico. E’ stato scelto l’allevamento avicolo perchè, rispetto ad altri allevamenti è di facile gestione ed inoltre ci permette di seguire tutta la filiera del processo produttivo dall’allevamento alla vendita del prodotto. Le galline vengono allevate all’aperto nel rispetto della normativa che prevede una superficie minima di 9 mq a gallina nel pollaio e minimo 4 mq a gallina di pascolo. Attualmente sono presenti 23 galline ovaiole di diverse razze ed incroci: Livornesi, Sassex, Amrock e alcuni esemplari tipo “Pollo Trentino”. Le uova prodotte vengono vendute sfuse presso l’atrio del centro didattico. Il progetto è stato seguito da diverse classi del nostro istituto sia della Formazione Professionale che dell’Istituto Tecnico, utilizzando alcune ore didattiche e pomeriggi liberi da impegni scolastici.
Gli obiettivi didattici del progetto sono molteplici: • Poter svolgere attività pratiche in modo particolare con i ragazzi della formazione professionale. Tutti i lavori di realizzazione: montaggio struttura del pollaio e recinzione anti predatore sono stati interamente realizzati dagli studenti in particolare del biennio della formazione professionale e dalla terza B ota ad indirizzo zootecnico.
ELISA SICHER Docente di Zootecnia
Inoltre il progetto ci ha permesso di svolgere diverse altre attività legate ad un contesto reale come ad esempio: • Conoscere l’iter burocratico per la costituzione di una azienda zootecnica e seguire tutti gli aspetti logistici e normativi di gestione di allevamento, come ad esempio la realizzazione di un manuale di autocontrollo- HACCP- per la produzione e la vendite delle uova. L’analisi dei punti critici del manuale è stata analizzata dai ragazzi delle quarte del corso PT du-
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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rante le ore di alternanza scuola lavoro. Alcune classi hanno potuto partecipare ad un controllo ufficiale dei veterinari dell’APSS su un audit relativo al rispetto del benessere animale in allevamento e un audit relativo al rispetto delle corrette prassi igieniche per la vendita delle uova. Vedere in pratica alcuni aspetti degli argomenti trattati in teoria in classe come ad esempio: im-
A: Il terreno oggetto dell’intervento ricade nel Comune di San Michele a/A in una frazione della pf 150/12 adiacente all’ orto didattico B: La rete metallica è stata ripiegata per 50-80 cm orizzontalmente sul terreno e all’estremità superiore posizionata in obliquo al fine di evitare che predatori come volpi e faina riescano ad oltrepassare la recinzione C: Realizzazione recinzione antipredatori
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con pali in castagno
A
B
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C
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postare una razione alimentare, selezione genetica, eseguire i piani di accoppiamento, messa in incubazione delle uova fecondate, nascita dei pulcini ecc… Avere un allevamento a ciclo chiuso producendo le materie prime necessarie e utilizzando gli scarti dell’orto didattico. Inoltre le deiezioni prodotte vengono utilizzate come concime organico per lo stesso orto o per
•
altri appezzamenti in Istituto. Proporre idee per la diversificazione delle attività agricole e l’importanza della multifunzionalità nelle future aziende.
Facendo un ricerca storica lo possiamo considerare anche un “ritorno alle origini” perchè nel 1927 presso l’Istituto agrario di San Michele a/A era presente un “pollaio provinciale”. I pollai provinciali vennero istituiti, in
tutta Italia, con regio decreto del 3 settembre 1926 con l’obiettivo di potenziare le razze locali. Un altro obiettivo del nostro progetto nei prossimi anni, in collaborazione con le associazioni presenti sul nostro territorio come l’Associazione Avicoltori Trentini e l’Associazione Pollo Trentino sarà anche quella di fare una ricerca storica sul “pollo Trentino” e cercare di recuperare questa razza e mantenerla in purezza.
D: I ragazzi della classe III B del corso GAT hanno realizzato interamente una bacheca con pali di castagno, capriate in larice e tetto in scandole per la presentazione dell’area didattico zootecnica.
D
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Tirocinio Formativo Estivo presso Orto e Pollaio Didattici
MARTINA PIOTTO Docente di produzioni vegetali e ortofloricoltura
ELISA SICHER Docente di Zootecnia
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Anche a termine dell’anno formativo 2020/2021 i docenti di ortofloricoltura dell’Istruzione e Formazione Professionale della FEM, Martina Piotto e Gianluca Zadra, si sono impegnati per creare e offrire agli studenti un tirocinio formativo da svolgere presso l’orto didattico nei mesi estivi. L’attività è stata possibile grazie alla collaborazione e disponibilità di vari altri docenti del Centro di Istruzione e Formazione: Elisa Sicher, Tommaso Manfrini, Elisa Zadra e Luigino Widmann. La proposta era strutturata su 2 giornate settimanali, mercoledì e giovedì per un totale di 7 ore giornaliere, articolate in 12 turni da giugno a settembre per coprire tutte le settimane in modo da poter garantire continuità nella gestione dell’orto e del pollaio. Gli studenti iscritti sono stati davvero numerosi: ben 62 (di cui 22 ragazze) delle classi prime, seconde e terze dell’ITA e dell’IFP (sia Agri, che Ali), raggiungendo nel secondo turno
ben 45 richieste, numero massimo nella storia decennale del tirocinio formativo, suddividendoli in gruppi più piccoli e ruotando tra varie attività pratiche. Questo tipo di organizzazione ha garantito contemporaneamente sia il distanziamento e il controllo dal punto di vista della sicurezza operativa, che di consentire ad ogni ragazzo di essere seguito con maggior puntualità da parte dei docenti, per dare così maggiori occasioni di protagonismo ad ogni studente. E’ giusto ricordare che le attività hanno trovato interesse anche da parte di vari studenti BES, con certificazione 104, che sono stati accolti e per i quali, grazie al piccolo gruppo, si è riusciti a dare risposta specifica sia per quanto riguarda le attività didattiche proposte che sono state svolte con grande interesse e partecipazione ma anche dal punto di vista dell’integrazione relazionale. Le proposte didattiche erano diversificate tra orto e pollaio, si trattava di
attività di manutenzione e gestione delle aree (semine, messa a dimora teli pacciamanti, vangatura e livellamento del suolo, selezione piantine di mais, riassetto serra/tunnel, scerbatura, lettura di articoli tecnici di approfondimento nel dopopranzo...). Un’interessante novità annessa all’area dell’orto didattico è quella relativa alla gestione dell’ allevamento avicolo di galline ovaiole realizzato durante questo anno scolastico. Questa proposta didattica è stata un’importante occasione per coinvolgere gli studenti appassionati all’area zootecnica. Questa attività ci ha permesso di svolgere diverse attività pratiche come la raccolta giornaliera delle uova, la pulizia del ricovero zootecnico e la preparazione della razione alimentazione. Oltre alle attività pratiche abbiamo affrontato e approfondito alcuni aspetti tecnici come l’importanza del rispetto del benessere animale infatti gli animali vengono allevati all’aperto con una superficie di pascolo molto ampia, il corretto bilanciamento della razione alimentare e gli accorgimenti da adottare per garantire biosicurezza e la sicurezza alimentare delle uova.
Inoltre abbiamo attivato alcuni semplici sistemi di gestione automatizzati come l’erogazione dell’acqua per gli abbeveratoi, il sistema che consente la chiusura e l’apertura del pollaio in maniera automatizzata, la gestione dell’irrigazione regolabile da remoto. Questi sistemi assieme al lavoro settimanale dei ragazzi ci hanno permesso di gestire in maniera ottimale tutta l’estate il nostro allevamento. Gli studenti hanno mostrato interesse, partecipazione e hanno collaborato positivamente tra loro, creando momenti di confronto e di aggregazione ed amicizia al di là del centro formativo e della classe di appartenenza. Un paio di impressioni tra tutte quelle emerse che mi hanno colpita sono state: • ”Non credevo fosse così approfondito e formativo, mi è piaciuto molto”; • “Però che bello l’orto, una volta finiti tutti i lavori, non me lo aspettavo!” Speriamo si possa continuare a trasmettere agli studenti passione, competenza e senso civico, anche attraverso le attività estive tecnico-pratiche.
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Sant’Antonio Abate
RAFFAELE BERTÈ Docente di Religione
Sant’Antonio Abate1 è nato a Qumans in Egitto nel 251 circa, e la sua vita fu una vera avventura. Le fonti che ci tramandano la storia di Sant’Antonio sono principalmente la biografia “Vita Antoni” scritta da Sant’Atanasio contenuta nella Patrologia Graeca nel XXVI volume. La vita di questo gigante dell’antichità è raccontata anche nei passi degli Apophthegmata Patrum e nella Historia Lausiaca di Palladio2. Nato da una famiglia di agiati agricoltori, capisce l’importanza del lavoro già da piccolo e fino alla maturità rimane con la famiglia a lavorare nei 1
campi. Morti i genitori si trova a gestire l’enorme patrimonio famigliare di circa 80 ettari e la sorella minore. Sente la chiamata a dedicarsi totalmente a Dio in chiesa mentre vi era la lettura del Vangelo: Se vuoi essere perfetto, và, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri...poi vieni e seguimi”3 e dopo aver venduto le proprietà e affidato la sorella a una comunità inizia la vita da eremita dedicandosi anima e corpo alla preghiera. Si ritira nelle montagne del Pispir vicino al Mar Rosso, coltivando varie cose in terre libere da dazi e pregando continuamente. Il deserto diventa
AA.VV., Bibloteca Sanctorum, vol.I, Roma, 1962, pag.115-116, Citta nuova, Roma, 1965.
Vedi anche: Alfredo Cattabiani, Santi d’Italia, Vol. 1, pag.105-110, BUR, Milano, 2001. Boesch Gajano, Agiografia Altomedioevale, Il Mulino, Bologna, 1976. Per uno sguardo generale: Bihlmeyer K.-Tuechle, Storia della Chiesa, 4 vol, Morcelliana, Brescia, 1967, vedi il vol I, da pag. 431 a 452. Lenzenweger J. Stockmerier P., Storia della Chiesa Cattolica, San Paolo, Milano, 1989. AA.VV., Enciclopedia Europea, vol.I, ed.Garzanti, Milano, 1976, pag.513. Pollaio didattico
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Bihlmeyer K. Tuechle, Storia della Chiesa, I vol, pag.470.
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Vangelo di Matteo, cap. 19,21 in: AA.VV., La Bibbia, ed. Garzanti Editore, 1974, pag. 1589.
la sua casa e il luogo dove combatte spiritualmente con il Diavolo. Atanasio scrive che Antonio vince le varie prove e tentazioni ripetutamente affidandosi in preghiera a Gesù. La sua vita fu notata da molte persone e grazie anche a diversi miracoli molti iniziarono a seguirlo4. Dato il notevole numero di persone che vogliono imitare le sue orme è costretto per cercare la solitudine a spostarsi sempre più all’interno del deserto, ma allo stesso tempo fonda due monasteri sulle sponde del Nilo, per guidare e aiutare spiritualmente gli eremiti riunendoli così in comunità. Non dobbiamo però pensare a un monastero tipo il nostro a S. Michele, era una comunità nel deserto dove ogni monaco aveva una propria grotta e orto, ed era seguito e aiutato nel cammino spirituale da un monaco più anziano e tutti ascoltavano i consigli di Antonio quando tornava dall’eremo nel deserto. Antonio dà così un contributo decisivo nella formazione dei cenobi orientali. Questi monaci saranno poi chiamati antoniani. Solo due volte si allontanò dai suoi eremi nel deserto la prima durante la persecuzione di Massimino Daia del 311 e la seconda per correre ad aiutare i fratelli martiri e l’amico e discepolo Atanasio nella disputa con gli Ariani nel 335. Antonio è una delle rare personalità dell’antichità a superare i 100 anni infatti muore alla veneranda età di 105 anni e per sua volontà fu seppellito in un luogo sconosciuto. Dopo alcuni secoli alcuni monaci riusciranno a trovare il suo corpo e le sue reliquie diverranno meta di milioni di pellegrini ad Alessandria e dopo l’invasione araba furono traslate in francia nella Chiesa di Vienne. Sant’ Antonio è molto venerato in occidente ma ancor di più in oriente, ed è riconosciuto dalla devozione popolare come il Santo patrono di tutti co4
loro che lavorano con le bestie e con gli animali domestici. Questo patrocinio particolare lo si deve a una serie cause, alcune legate alla vita del santo, altre da vicende storiche particolari. La prima motivazione è agiografica. Nella vita spirituale diverse volte Antonio affronta il nemico che li appare in tentazioni con sembianze animalesche e riesce nella cronaca di Atanasio a uscirne vincitore grazie alla sua fiducia in Gesù. La devozione quindi lo invoca contro le forze avverse della natura. Il secondo motivo lo troviamo nella regola di S. Antonio. 1. “Prima di ogni cosa prega senza interruzione e ringrazia sempre Dio per tutte le cose che ti capitano. 2. Quando ti alzi ogni giorno di buon mattino, prenditi cura dei malati che son presso di te.”5 Antonio è un Santo invocato contro diverse malattie ma gli è attribuito un patrocinio particolare contro l’Herpes Zoster denominato in dialetto trentino foc de sant’Antoni. Alla porta dei monasteri fondati dal Santo molti ammalati vanno a cercar rifugio e lo trovano ricevendo aiuto e beni di prima necessità. Ed è qui il punto, per prendersi cura dei malati i monaci iniziano ad allevare bestie e un pò alla volta studiano e sperimentano le modalità di allevamento che consentono una resa sicura senza doversi allontanare troppo dalla comunità. Lo sviluppo successivo di questi allevamenti si avrà poi con le grandi abbazie medioevali e gli ordini benedettini, agostiniani, cistercensi, e l’ordine degli Antoniani di Viennie. In questi centri si forgeranno le attività agricole della futura europa e sono considerati dal punto di vista storico
Iacopo da Varazze, Legenda Aurea, curata da Alessandro e Lucetta Vitale Brovarone,
pag.127-132, Giulio Einaudi, Torino, 1995. 5
Atanasio di Alessandria, Vita Antoni, a cura di Salvatore di Meglio, Classici della Spirito, ed.
Fabbri editore, 1998, la regola è aggiunta dopo la conclusione del libro a pag. 183. Versione online in https://ora-et-labora.net/regulaantoniiit.html
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gli inventori di diverse discipline che studiamo ancora oggi e del pollaio e della stalla come noi comunemente pensiamo6. Il terzo motivo è una conseguenza del secondo. Nel 1088 l’Abbazia Benedettina di Montmajeur presso Arles viene incaricata di assistere i pellegrini e vi fu la guarigione miracolosa del figlio di un nobile di nome Gaston de Valloire dal fuoco di Sant’antonio dopo aver invocato il santo. Gaston decise di costruire un ospìtale per i malati e fondare la confraternita di Sant’Antonio di Viennie per soccorrere e aiutare corporalmente i malati e gli infermi. La confraternita diventerà poi un ordine e verrà approvato da Papa Urbano II nel 1095 con il titolo di ordine ospedaliero dei Canonici Regolari di Sant’Antonio di Viennie.7 Annessa a questa approvazione vi è l’aggancio con l’immagine del Santo nell’arte perché l’ordine riceve anche lo specifico permesso di allevare ma6
iali per soccorrere i bisogni dei malati. Infatti nei documenti pontifici vi è una menzione particolare per i suini che potranno pascolare liberamente liberi dai dazi perché verranno utilizzati per ungere, benedire e sfamare i malati. Vi sono molte feste, sagre e consuetudini in onore a S. Antonio in tutto il mondo. In Trentino vi sono oltre 30 Chiese sotto il suo patrocinio e un evento molto sentito è la tradizionale benedizione degli animali e di coloro che lavorano con loro per la sua festa in Duomo e nelle parrocchie. Questa avviene il 17 Gennaio quando terminata la messa festiva il sacerdote esce sul sagrato della Chiesa e benedice le bestie che vengono portate devotamente sul piazzale con l’acqua e il sale santi. Per tutti questi motivi abbiamo deciso di apporre l’immagine di Sant’Antonio nel nostro pollaio della Scuola di San Michele all’Adige. Sant’ Antonio prega per noi.
Per approfondire l’importanza del ruolo delle abbazie medioevali nello sviluppo dell’a-
gricoltura moderna vi sono molti testi specifici. Si veda ad esempio: Thomas E. Wood, “Come la Chiesa Cattolica ha costruito la civiltà occidentale”, ed. Cantagalli, Siena, 2007, in particolare il capitolo 3. Si veda anche “Monachesimo, frutti del” in: AA.VV, a cura di G.Barra, M. Iannacone, M Respinti, Dizionario elementare di Apologetica, ed. Istituto di Apologetica, Milano, 2015, da pag.355 a 361. oppure AA.VV, a cura di G.Barra, M Iannacone, M Respinti, Dizionario ele-
mentare della Civiltà Cattolica, ed. Istituto di Apologetica, Milano, 2015, tante sono le voci da consultare si veda ad esempio il ruolo dei monaci nella costruzione e diffusione degli ospitali da pag.362 -366. Per una inquadratura storica si veda tra gli altri: Bihlmeyer K. Tuechle, Storia della Chiesa, cit., vol. I, origini del monachesimo e sviluppo in oriente e occidente, da pag. 429-501 e seg. Per approfondire la spiritualità monastica: A. Portaluppi, Dottrine Spirituali, ed. Pia Società San Paolo, Alba, 1943, da pag.13 a 80. Oltre in testi specialistici il ruolo delle abbazie nello sviluppo del pollaio e dalla stalla è riportato anche nei classici (e più semplici) manuali delle razze animali nelle introduzioni storiche come ad esempio in: -AA.VV, Enciclopedia dei Polli, ed. Rebo international, Olanda 2003 e tradotto da ed. White Star spa, Vercelli, 2006, da pag. 11 a 15. 7
L’abito dell’ordine ospedaliero dei canonici regolari di Sant’Antonio sarà un saio nero con
una croce blu appesa vicino all’altezza del cuore che poi è anche il classico abito del pellegrino medioevale.
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La Biblioteca: un anno di incontri e attività, tra didattica a distanza e in presenza Anche in Biblioteca, l’anno scolastico è stato fortemente condizionato dalla pandemia da Covid-19 e dalle misure per il suo contenimento. Per molti mesi la didattica si è alternata tra attività in presenza e a distanza, con turni settimanali delle classi; a ciò si è aggiunto il contenimento delle attività integrative in presenza, il divieto di libera circolazione degli studenti nella scuola, il contingentamento dei posti in sala di lettura. E’ così stato quasi impossibile mantenere le consuete attività, incontrare studenti e classi in biblioteca alla ricerca di documenti e informazioni necessarie per un progetto o per la tesina, o semplicemente a fare i compiti, sfogliare qualche rivista, cercare un film, lavorare insieme e confrontarsi su testi e articoli per un lavoro di gruppo.
Potenziando la flessibilità degli interventi e la disponibilità di servizi online, la Biblioteca ha cercato modalità nuove per rispondere alle necessità della scuola. Abbiamo aumentato i servizi da remoto per docenti e studenti, acquistato molte risorse online (ebooks su MediaLibraryOnLine, le edizioni digitali di riviste professionali, enciclopedie e dizionari sulla piattaforma Ubidictionary, i video di JoVE Science Education Library) rendendoli accessibili in tutta la scuola, se possibile anche da casa. Abbiamo organizzato un google site dedicato alla Scuola per distribuire queste risorse, con guide all’utilizzo e tutorial; abbiamo incontrato gli studenti e le classi via google meet per singole lezioni e seminari o per un aiuto individuale nella ricerca bibliografica per le tesine e per i progetti di articolazione, e preparato regolar-
ALESSANDRA LUCIANER Responsabile della Biblioteca
La febbre di Gennaro - Incontro in Aula Magna
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La febbre di Gennaro - La nuvola di parole degli studenti
mente bibliografie e sitografie su richiesta o in occasione delle giornate nazionali e internazionali di interesse per la Scuola (Alimentazione, Foreste, Acqua, e così via) Di seguito illustriamo tre attività
La febbre di Gennaro: testimonianze nella Settimana dell’accoglienza 2020 Una nuvola di pensieri, riflessioni ed emozioni ha accompagnato l’incontro del 2 ottobre 2020 con Gennaro Giudetti, operatore umanitario di Medici senza Frontiere, e con Fabrizio Bettini, volontario dell’Operazione Colomba, Corpo Nonviolento di Pace della Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII. Per le misure di sicurezza, tre classi erano presenti in Aula magna con gli ospiti, altre otto hanno seguito l’incontro in collegamento dalle rispettive aule; oltre 200 studenti con i loro docenti hanno partecipato con grande attenzione, tempestando di domande i relatori. Gennaro Giudetti, 29 anni, da oltre dieci anni si occupa di migrazioni e difesa dei diritti umani in zone di conflitto. Una grande sete di giustizia, un’urgenza profonda di non stare a guardare le ingiustizie vicine e lontane e una partecipazione personale al dolore degli ultimi della Terra lo hanno spinto, giovanissimo, a mettersi in gioco là dove i diritti umani sono calpestati. Dal suo racconto e dal dialogo con i ragazzi è emersa la sua storia: la scelta di lasciare la famiglia e gli amici nella sua Taranto
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alle missioni, come volontariato, in tante zone di povertà e di guerra in vari paesi (Albania, Kenya, Colombia, Palestina, Libano, R.D. del Congo, Repubblica centrafricana), fino all’esperienza all’ospedale di Codogno nei primi mesi della pandemia; tanti viaggi e incontri che ritornavano, spesso in modo emozionante. Nel 2016 ha accompagnato a Trento le famiglie di profughi siriani in Libano, come mediatore culturale ha partecipato alle missioni nel Mediterraneo con la ONG Sea Watch, soccorritore e testimone del naufragio del 6 novembre 2017. Dalla sua vicenda è stato tratto il docufilm La febbre di Gennaro (2020), che gli studenti avevano visto prima di incontrarlo, per prepararsi a dialogare con lui. «Tutte queste mie esperienze hanno in comune la sofferenza delle persone, che ha varie forme e luoghi diversi, ma che sempre rivela sempre – ha detto Gennaro - una comune umanità e la possibilità di relazioni forti che possono salvare, al di là delle differenze di nazionalità, lingua, cultura”. Il valore da riscoprire è quello della solidarietà, che tutti possiamo vivere nelle piccole esperienze di ogni giorno, con il nostro vicino di casa o con chi viene da più lontano, e che fa bene prima di tutto a noi stessi. Una solidarietà che anche i volontari di “Operazione Colomba” portano nelle proprie missioni allo scopo di “accendere una luce su una zona d’ombra”, là dove sono violati i diritti umani delle persone più indifese. Fabrizio Bettini ha raccontato come questo avvenga nelle diverse realtà
che lo hanno visto presente in Albania, con i pastori palestinesi a Gaza e nel progetto a sostegno del popolo Mapuche in Cile, in difesa della terra e dei contadini colombiani, che lo vedrà coinvolto per tre anni con l’intera famiglia. Un messaggio che i ragazzi hanno sentito particolarmente vero, per la difesa della terra e della dignità di un lavoro tanto simile a quello per cui stanno studiando. L’incontro è stato organizzato in collaborazione con la Fondazione Demarchi (Trento) per la Settimana dell’accoglienza 2020 e proposto dalla Biblioteca nel percorso di Educazione civica e Cittadinanza.
Le attività di Educazione civica e alla cittadinanza La nuova disciplina curricolare istituita con la L. 92/2019 contribuisce al raggiungimento di molte competenze trasversali riconosciute essenziali da tempo anche dall’Europa In piena sintonia con quanto indicato dall’art. 1 della legge 92/19 “L’educazione civica contribuisce a formare cittadini responsabili e attivi e a promuovere la partecipazione piena e consapevole alla vita civica, culturale e sociale delle comunità, nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri” la Biblioteca collabora con i docenti attraverso la messa a disposizione
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di documentazione e con proposte relative alle diverse competenze di cittadinanza. Un ambito peculiare di attività è legato alla “competenza informativa”, ovvero alla capacità di riconoscere i propri bisogni informativi e di saper cercare, valutare, utilizzare le informazioni in ogni formato, in modo competente e responsabile. Si tratta di una competenza davvero trasversale e assai rilevante nell’attuale società dell’informazione, necessaria a tutti per esercitare pienamente sia i diritti/ doveri di cittadinanza, sia per svolgere ogni professione e per l’aggiornamento lungo tutto l’arco della vita. Alcuni Consigli di classe hanno richiesto la collaborazione della Biblioteca per organizzare unità didattiche integrate nel programma scolastico, all’interno di diverse discipline. Nei mesi invernali le lezioni si sono svolte, nelle prime settimane dell’anno scolastico e nel mese di maggio, invece, abbiamo potuto lavorare in biblioteca o in classe, sempre a partire da argomenti concreti, concordati con i docenti. Di seguito i temi affrontati, affiancando a momenti di lezione frontale, esercizi, questionari e prove per mettere in gioco i ragazzi e far loro sperimentare quanto spiegato: 1. La ricerca di informazioni tra fake news e attendibilità (classi
A: Studenti in biblioteca B: Gruppi di lavoro in biblioteca
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2.
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terze PT, nel programma di italiano e storia) L’informazione nelle immagini: dalla ricerca all’utilizzo (tutte le classi seconde e 1E, nel corso di Scienze) L’edicola di MLOL: leggere il mondo attraverso i giornali (classi prime IFP, nel corso di Comunicazione) La ricerca di informazioni: strategie e strumenti (classi quarte GAT, nel progetto di articolazione)
E’ stata un’esperienza stimolante che, accanto ad abilità specifiche volte all’utilizzo del catalogo, degli ebooks e delle riviste online della biblioteca, ha offerto occasioni di riflessione su come ciascuno si relaziona con il mondo pervasivo e complesso/oscuro delle informazioni in rete e nei social media.
Il progetto Wikipedia Da qualche anno i laboratori di scrittura su Wikipedia sono una proposta fissa della Biblioteca; giunti quest’anno alla quinta edizione, sono un’occasione di formazione e di pratica attiva delle abilità di ricerca, di utilizzo delle informazioni e di scrittura, ora pienamente inserito nel curriculum di Educazione civica e alla cittadinanza, anche digitale. Il metodo di lavoro è
Wikipedia: lavoro in biblioteca
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partecipativo e si avvale del supporto di esperti, sia di ambito disciplinare che wikipediani. Quest’anno la ricerca si è svolta all’interno del progetto “Gli ultimi della Grande Guerra: memoria in rete” finanziato su Bando CARITRO e che ha coinvolto il Museo storico italiano della guerra di Rovereto (ente capofila), l’Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT), il Centro Astalli, l’Associazione Forte delle Benne e tre Scuole superiori trentine: l’Istituto agrario, il Liceo Galilei di Trento e il Liceo Depero di Rovereto. Il lavoro ha consentito agli studenti di approfondire una vicenda poco nota nella nostra storia del Novecento, quella delle migliaia di prigionieri di guerra serbi e russi della Prima guerra mondiale, i quali, in condizioni di estrema privazione, furono costretti al lavoro coatto dall’esercito austro-ungarico lungo il fronte alpino, per costruire forti, trincee, linee ferroviarie e strade; le tracce del loro lavoro sono presenti oggi nella toponomastica e nel paesaggio trentino. Gli studenti della classe 3VE, dopo una lezione introduttiva dello storico Marco Abram (OBCT), hanno approfondito lo studio su documenti storici e diari presenti in Biblioteca. Lavorando in gruppo, hanno raccolto
Wikipedia: lavoro a distanza
dati e immagini e rielaborato le informazioni; guidati dal tutor wikipediano Niccolò Caranti e dalla docente di lettere prof.ssa Milena Maines, hanno imparato a trasformare le informazioni raccolte in testi divulgativi, redatti secondo le regole di Wikipedia e corredati dalle fonti, per diffondere a tutti in rete i risultati delle loro ricerche. Il lavoro delle tre scuole ha prodotto o arricchito ben 13 voci, tutte consultabili in Wikipedia. Il progetto si è concluso il 26 maggio con un seminario online organizzato dal Museo storico italiano della guer-
ra di Rovereto, nel quale gli studenti dei tre Istituti hanno presentato il loro lavoro e le voci realizzate. Una grande soddisfazione, che traspare anche dai commenti dei nostri studenti “Siamo fieri del risultato, contenti di aver dato valore a luoghi del Trentino e una storia ormai dimenticati. Speriamo che tutti possano averne consapevolezza nel ricordo degli “ultimi della Grande guerra”. Maggiori informazioni sul sito della Biblioteca www.fmach.it/Biblioteca e nella pagina dedicata ai progetti Wikipedia.
Wikipedia: incontro con l’esperto
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La gestione del convitto in tempo di pandemia
ANNA MARIA LLUPI Responsabile del convitto FEM
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A settembre 2020 con l’inizio del nuovo anno scolastico, anche il Convitto ha riaperto le porte agli studenti, che aspettavano trepidanti da marzo di poter riprendere le lezioni in presenza. Purtroppo l’euforia per avere ricominciato le lezioni in presenza è svanita con la chiusura delle scuole dai primi giorni di novembre e tutto il personale del Convitto si è dovuto organizzare per sostenere gli studenti mediante video chiamate. Non è stato semplice gestire una situazione che ha portato scompiglio emotivo ed economico nelle famiglie dei nostri convittori, soprattutto per coloro che lavorano in attività turistiche ed impianti sciistici, sono stati penalizzati fortemente dalla chiusura ed il problema si è riversato preponderante anche sugli studenti. I ragazzi sono stati costretti a reinventare il loro tempo, a fare a meno della presenza fisica dei compagni e dei professori e non hanno accettato di buon grado la didattica a distanza, ma erano consapevoli che la situazione era molto difficile e preoccupante per tutti. Dopo le vacanze di Natale sono rientrati con la didattica in presenza al 50%, una settimana a casa ed una a scuola, alcuni studenti hanno preferito seguire la DAD rimanendo in convitto e li abbiamo accolti con piacere. Comunque con la ripresa in parte delle lezioni in presenza, il loro umore è cambiato e si sono sentiti già meno ansiosi e preoccupati. In Convitto, seppure con spazi ridotti e tutte le precauzioni del caso, abbiamo cercato di alleggerire la pesante
situazione con passeggiate all’aperto, karaoke, e vari giochi da tavolo. Siamo stati sempre disponibili, anche gli educatori della cooperativa Pro. Ges. di Trento che collaborano con noi, a parlare con tutti i convittori cercando di aiutarli nell’elaborare sentimenti propositivi ed ottimismo, e anche stemperando l’ansia che alcune volte era palpabile. Seppure con pochi spazi a disposizione e dovendo eliminare dal nostro programma annuale i laboratori di pittura, fotografia e scrittura creativa, abbiamo fornito ai Convittori la rete Wi Fi in modo che potessero collegarsi al Computer dalle loro stanze, anche la sera la sala Cinema e le due sale TV sono rimaste aperte seppure con posti ridotti, per consentire la visione di film e programmi televisivi. I ragazzi delle prime classi hanno comunque usufruito di sale studi nei piani, organizzate nei corridoi e nelle sale TV il pomeriggio, chiunque abbia chiesto di essere aiutato nei compiti è stato supportato. Fortunatamente a maggio sono rientrati in presenza tutti gli studenti, già dal 19 aprile le prime classi, poi dal 3 maggio le maturità e dal 17 maggio anche le seconde classi. I maturandi non si sono scoraggiati, hanno affrontato l’esame, seppure solo orale, molto preparati e i risultati finali hanno soddisfatto pienamente le loro aspettative. Gli studenti hanno affrontato un anno denso di difficoltà, ma che ha permesso loro di acquisire nuove consapevolezze e mettere in campo capacità di problem solving.
A come API A come API, insetti speciali che donano vita. B come biodiversità, necessaria per la salute dell’ambiente, delle api e dell’uomo. C come clima impazzito che quest’anno ha messo a dura prova il lavoro delle api e quello degli agricoltori. D come danza delle api, il loro modo di comunicare è così efficiente che tutte le nostre reti e applicazioni impallidirebbero al confronto. E come estasi, che si prova nel degustare il miele. F come fiore, “C’è un’ape che se posa su un bottone de rosa, lo succhia e se ne va, la felicità tutto sommato è una piccola cosa” Trilussa. G come gusto, c’è un miele adatto ad ognuno di noi, sarà un bellissimo viaggio alla ricerca del nostro miele preferito.. lasciamoci incantare! H come Health, la salute del pianeta, delle api e la nostra dipendono solo da noi e dal nostro atteggiamento. I come incontro tra apicoltori e agri-
coltori affinché ciascuno capisca le esigenze dell’altro. L come laboriose, l’aggettivo più azzeccato per descrivere questi insetti meravigliosi. M come melata, l’unico miele che non proviene dal nettare. N come nostalgia dei tempi in cui l’apicoltura era una pratica diffusa a livello famigliare. O come operaie, la casta più numerosa dell’alveare, in base alla loro età svolgono compiti diversi, ma tutti di pari dignità e utili per la famiglia, proprio come dovrebbe essere all’interno di ogni società. P come Paternoster Andrea, il vuoto che hai lasciato è grande quanto i tuoi insegnamenti, vola leggero insieme alle tue api. Q come qualità, parola forse inflazionata, ma della quale è necessario riscoprire il valore. R come ronzio, la api ronzano in frequenza aurea, ecco perché è così rilassante sentire il “rumore” dell’alveare.
BEATRICE MICCOLI Tutor d’aula IV IeFP
Arnie slovene donate dall’Ambasciata della Repubblica Slovena alla FEM (a destra nella foto)
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S come sciamatura, un fenomeno tanto affascinante quanto ancora poco conosciuto. T come trofallassi, lo scambio di nettare e informazioni tra un’ape e l’altra. U “Ubi apis ibi salus”, che significa “Dove ci sono le api, lì c’è salute” Plinio il Vecchio. V come Viaggio, che ci è concesso fare ogni qualvolta osserviamo lo sciame. Z zzzzzzzzzzzzzzzz chiudi gli occhi e ascolta, il suono della natura! Quest’anno nella giornata mondiale delle api che si celebra il 20 maggio, presso il giardino del CIF, vi è stata l’importante cerimonia di inaugurazione delle due bellissime arnie slovene, ho visto moltissimi di voi avvicinarsi per capire il contenuto di questa insolita “casetta” particolarmente decorativa apparsa da un giorno all’altro! Per raccontarvi come si siano svolti i fatti utilizzo le parole del comunicato stampa della dott.ssa Silvia Ceschini: “Inaugurazione questa mattina a San Michele all’Adige delle due arnie tipiche slovene che l’Ambasciata della Repubblica di Slovenia in Italia ha donato al Trentino e, in particolare alla Fondazione Edmund Mach, come omaggio e segno di collaborazione per la tutela delle api. Il prezioso dono testimonia il comune impegno e la volontà di collaborazione nell’ambito della tutela delle api, ma vuole essere anche una felice occasione per celebrare un antico rapporto culturale, tra Slovenia e Trentino, due territori accomunati da una apicoltura diffusa e dal grande valore sociale oltre che produttivo. Nel parco dell’Istituto Agrario hanno presenziato alla cerimonia di posizionamento sua eccellenza Tomaž Kunstelj, ambasciatore della Repubblica di Slovenia in Italia, l’assessore provinciale all’agricoltura Giulia Zanotelli, il direttore generale Mario Del Grosso Destreri, il dirigente del Centro Trasferimento Tecnologico, Claudio Ioriatti, l’entomologo Paolo Fontana, la ricercatrice Urska Vrhovsek, ambasciatrice per la scienza in Slovenia,
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Costantino Moretti, segretario generale dell’associazione Omnia Tuscia, Aljoša Ota direttore dell’ente sloveno per il turismo in Italia.” È stata inoltre l’occasione per rinnovare i supporti delle arnie della scuola, rendendo il nostro piccolo apiario davvero grazioso! Quest’anno l’attenzione alla tematica “salvaguardia delle api” è stata molto elevata dal punto di vista mediatico, a tal punto che Tezenis insieme a 3Bee hanno lanciato una linea di intimo e pigiami a tema “api”, con il progetto “Pollinate the Planet!”, “con una spesa minima di 50€ o con l’acquisto di un capo in cotone organico della linea dedicata proteggi 100 api!” Questo lo slogan utilizzato dalla famosa casa di moda. Il progetto infatti finanzia il controllo a distanza degli alveari attraverso il sistema “3B Hive Tech”, un monitoraggio accurato della vita delle famiglie che comprende la valutazione del volo, della temperatura interna, del peso perso o assunto dall’arnia in una giornata e così via. Possiamo solo auspicare che non si tratti soltanto della moda del momento ma che sia un piccolo tassello posto per una collaborazione continua e proficua tra il mondo apistico e tutto il resto! Dal punto di vista apistico, ma anche agricolo, l’annata agraria 2021 è stata caratterizzata da diverse problematiche: dalle gelate primaverili che hanno compromesso la produzione di miele di tarassaco e melo, di ciliegio, di acacia e naturalmente di frutta in particolar modo mele e ciliegie per quanto riguarda il nostro Trentino. Sono poi perdurate condizioni atmosferiche pessime per tutto il mese di maggio che hanno impedito alle api di bottinare, nelle poche giornate “buone” hanno volato a vuoto in quanto, le temperature notturne troppo rigide non hanno consentito alle piante di produrre nettare. L’ultima settimana di maggio e le prime due decadi di giugno sono state invece positive sia per quanto riguar-
da la produzione di miele di tiglio e di castagno sia per il miele di melata; É arrivato quindi il turno delle forti grandinate che hanno rovinato il lavoro di un anno di frutticoltori e viticoltori. La cronaca estiva ha visto un’Italia divisa in due con alluvioni e fenomeni estremi legati a grandine e dissesti idrogeologici al nord e siccità e fiamme che hanno divorato ettari e ettari di territorio al sud. Tutto ciò ha determinato a livello Nazionale una riduzione drastica, se non un annullamento totale della produzione di miele con conseguente riduzione anche del numero di alveari per gli apicoltori professionali che, stremati da anni di incertezze stanno piano piano abbandonando sempre più il settore; costretti a spendere per nutrire le proprie api (per evitarne la morte) e con anni alle spalle di produzioni nulle o quasi, rimane loro un’unica alternativa: la vendita della arnie e delle famiglie con il rischio quindi che vada sempre più diminuendo il numero di api allevate e, di conseguenza, un impoverimento consistente del patrimonio apistico: da leggersi come un impoverimento generale a livello ambientale; le api non impollinano infatti soltanto le piante produttive, ma anche tutte quelle che fanno dell’Italia un uniqum inestimabile di biodiversità a livello botanico. Per non parlare del grido di dolore degli agricoltori del Sud Italia che hanno visto la loro terra bruciare e il
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loro lavoro svanire nel nulla in poche ore, a volte anche per mano di qualche scellerato che, approfittando del lungo periodo di siccità sfoga la propria frustrazione, appiccando incendi. Non possiamo più ignorare il fatto che il cambiamento climatico stia mettendo a rischio tutti noi, dobbiamo agire nel concreto ogni giorno per salvare le nostre api, le nostre colture, le nostre vite… il nostro pianeta! Sono sicura che voi studenti avete in mano tutti gli strumenti e la sensibilità necessari per farlo, anche attraverso le attività che fate dedicate alle api: Da ormai 14 anni i ragazzi del quarto anno della Formazione Professionale seguono un corso approfondito sull’apicoltura: dalle lezioni teoriche di biologia dell’alveare alle visite all’apiario scolastico, dalla degustazione di miele alla valorizzazione dei prodotti dell’alveare e dulcis in fundo un’uscita didattica nelle più importanti aziende apistiche Trentine. Prosegue anche l’attività del gruppo apicoltura formato da alcuni insegnanti che, su richiesta dei colleghi, dedicano il loro tempo e le loro competenze per interventi mirati nelle classi dell’istituto tecnico, ad esempio quest’anno le IV PT hanno potuto approfondire, durante le lezioni di chimica, la tematica della composizione del miele e dell’analisi sensoriale di questo prodotto tanto ricercato dal mercato.
A: Studenti impegnati in una lezione pratica di apicoltura B: Impollinazione
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La mia esperienza alla guida della formazione professionale
MICHELE COVI Coordinatore del Dipartimento Qualifica Professionale Agricola
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Mi è stato chiesto di scrivere della mia esperienza alla guida della Scuola di formazione professionale di San Michele all’Adige, esperienza che si è conclusa a fine settembre 2021. E’ una storia lunga 14 anni, iniziata a settembre 2007. Il prof. Renato Brugnara, stimato docente dell’Istituto agrario, aveva appena raggiunto il meritato traguardo del pensionamento, seguendo di appena un anno il prof. Francesco Spagnolli, ex Dirigente scolastico. Nel quinquennio precedente, su mandato del Consiglio d’amministrazione presieduto dal dott. Giovanni Gius, avevano prima progettato e poi aperto la nuova scuola di formazione professionale del settore Agricoltura e Ambiente. L’obiettivo era molto chiaro: realizzare una scuola per i figli degli imprenditori agricoli trentini che aiutasse il ricambio generazionale. Quando nella primavera del 2007 il nuovo Dirigente dell’epoca, prof. Marco Dal Rì, mi chiamò e mi chiese la disponibilità a collaborare nella gestione e nello sviluppo della nuova scuola di formazione professionale, i primi studenti si stavano preparando ad affrontare l’esame di diploma professionale del quarto anno. Si concludeva un ciclo. A settembre assunsi la responsabilità del Dipartimento Qualificazione professionale agricola. Raccoglievo un’eredità importante, rinfrancato dalla fiducia e dal pieno supporto del Dirigente Marco Dal Rì che, fin dal suo insediamento, non ha lesinato energie, entusiasmo e competenza nel governare il Centro scolastico di San Michele all’Adige. Ho sempre creduto che al centro di ogni scuola devono essere posti i ragazzi, tutti, ma in particolar modo i più fragili. Tutto deve ruotare attorno a questo assunto. Fin da subito non sono mancate le occasioni e gli stimoli per rendere la scuola inclusiva, attenta a non lasciare indietro nessuno.
Impresa non semplice che negli anni si è realizzata solo grazie alla sensibilità e competenza di un corpo docenti attento ad attuare una didattica innovativa. Anche a San Michele si iniziò a familiarizzare con le problematiche connesse ai bisogni educativi speciali, al disagio sociale, comportamentale e alla disabilità. Occorreva attrezzarsi per fornire nuove risposte di qualità, naturalmente rispettose della mission formativa della scuola. Il numero degli iscritti negli anni è cresciuto considerevolmente, complice l’avvio di nuovi indirizzi, la diversificazione dell’offerta formativa e la contestuale chiusura dell’Istituto professionale per l’agricoltura e l’ambiente. Sotto la regia ed in piena sintonia con il Dirigente, la Formazione professionale si è arricchita dapprima dell’indirizzo dell’ortofloricoltura e del vivaismo e, a distanza di qualche anno, dei percorsi della trasformazione agroalimentare nei settori della lavorazione delle carni, della trasformazione lattiero-caseraria e della trasformazione vegetale-agriturismo. Il cantiere per la realizzazione delle strutture (nuovi laboratori di trasformazione agroalimentare, serre, tunnel, orto, …) operava accanto ad un altro cantiere, quello delle riforme didattiche che si realizzavano, su stimolo ed in piena sinergia con gli uffici provinciali competenti. Innumerevoli incontri e tavoli di riflessione e discussione con i docenti che operavano nella scuola di Formazione professionale; uno sforzo grande, a volte estenuante e fonte di qualche insofferenza che ha consentito però di sviluppare e rinsaldare il senso di appartenenza non solo ad una scuola, bensì anche ad un progetto culturale di formazione ed educazione dei futuri imprenditori agricoli. Mentre il cantiere delle costruzioni ad un certo punto si è chiuso, quello delle riforme dei piani di studio della Formazione professionale restava aperto. La scuola è viva
solo se è in continua evoluzione, attenta a realizzare la propria mission e a rispondere ai mutevoli bisogni della propria utenza. Dalla scuola a cui per un certo tempo potevano accedere solo i figli degli imprenditori agricoli, si è giunti ad una scuola aperta. Sono nati, fra i primi in Provincia di Trento, i percorsi quadriennali senza uscita al terzo anno del Tia (Tecnico imprenditore agricolo), i percorsi del biennio iniziale Agri ed i terzi anni Ota, il filone della trasformazione agroalimentare Ali articolato nel triennio iniziale di qualifica professionale e nel quarto anno di tecnico; seppur fra mille resistenze, anche il Settore agricolo ha visto nascere a San Michele l’opportunità del quinto anno Capes e, negli ultimi anni, l’avvio dell’esperienza del sistema duale nel quarto anno Tia. Costante è stata l’attenzione anche all’apertura verso altre scuole di formazione professionale, sia in Trentino con, in particolare, alcuni centri di formazione professionale Enaip (Cles, Ossana, Tesero) e l’Istituto alberghiero provinciale di Levico, ma anche in Valle d’Aosta con l’Istitut Agricole Regional di Aosta e in Piemonte con l’Istitu-
to lattiero caseario e delle Tecnologie alimentari di Moretta, in provincia di Cuneo. Particolarmente significativa è stata la partecipazione della scuola di Formazione professionale della Fem alla Rete delle scuole professionali agrarie dell’Euregio che ha visto lo sviluppo di una proficua collaborazione con vari Istituti di formazione agricola del Tirolo e del Sudtirolo, in aggiunta allo storico gemellaggio con l’Istituto di Rotholz in Austria. Un sistema complesso, articolato, aperto, inclusivo: questa è oggi la Scuola di Formazione professionale agricola di San Michele all’Adige. Come tutte le esperienze umane, anche la mia alla guida di questa realtà si è conclusa. Restano tanti sentimenti, ma fra tutti prevalgono la riconoscenza verso coloro che, dandomi fiducia, mi hanno coinvolto in quest’esperienza per me straordinaria e altamente formativa e l’orgoglio di aver contribuito a costruire, assieme a tanti validissimi docenti e con la regia dei Dirigenti prof. Marco Dal Rì e prof. Ivano Artuso, un pezzo della storia della formazione agricola del Trentino.
PROTAGONISTI DELLA SCUOLA
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Presso Lago del Careser, sullo sfondo il Monte Vioz, il Palon de la Mare e il Monte Cevedale Archivio personale Francesco Conforti
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IL MONDO DEL LAVORO IL MONDO DEL LAVORO
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Brevetto professionale per imprenditori agricoli: occasione formativa per lo sviluppo di progetti imprenditoriali in agricoltura
PAOLO DALLA VALLE Dipartimento Qualificazione Professionale Agricola
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In questa edizione dell’annuario vogliamo proseguire la presentazione di alcune realtà di impresa agricola avviate da giovani che hanno maturato la scelta in età adulta, dopo aver avuto esperienze diverse da quella della frequentazione di percorsi scolastici di carattere agrario. Come più volte descritto nelle annate precedenti, la Fondazione per questo tipo di utenza e da circa 35 anni, propone un itinerario formativo dedicato che ha l’obiettivo di garantire alcune competenze imprenditoriali specifiche sia per quando riguarda la parte produttiva che per quella gestionale-economica. Di conseguenza, come nel 2019, vogliamo illustrare un paio di questi progetti che riteniamo significativi in quanto realizzati da giovani prove-
nienti da esperienze diverse dall’agricoltura e che hanno frequentato nel periodo 2019/21 il Brevetto Professionale per Imprenditori Agricoli. La descrizione riporta in buona parte le relazioni di fine percorso BPIA dei corsisti che illustrano in modo esauriente le loro attività e le aspettative per il futuro. Prima di passare alle esperienze dei nostri due corsisti intendiamo peraltro fornire alcune brevi informazioni in merito all’intervento formativo a cui hanno partecipato. Il corso è iniziato a metà novembre 2019 e si chiuso a fine ottobre 2021 con le ultime attività di recupero. La prima parte del programma è stata quasi tutta realizzata in presenza ad esclusione di quella prevista dopo i primi dieci giorni di marzo.
Passato il lungo periodo di lockdown dovuto all’emergenza sanitaria, a giugno sono state proposte regolarmente le iniziative di approfondimento (incontri pratici, rilevazione tecniche, ecc.) utili a completare le competenze acquisite nella prima parte, a consentire ad alcuni corsisti di colmare le lacune evidenziate e ad impostare l’attività della seconda parte del percorso formativo che è iniziata a fine ottobre 2020. Purtroppo in questa fase è stato possibile lavorare in aula solo la prima settimana di novembre; tutto il resto dell’attività prevista, ad eccezione di alcuni incontri di carattere pratico, è stato realizzato a distanza tramite il servizio google meet che ha comunque consentito di proseguire in modo adeguato, anche se non ideale, l’attività. A metà giugno 2021 gran parte degli iscritti (71 totali compresi quelli che hanno frequentato solo parte del corso grazie ai crediti formativi dimostrati) hanno ottenuto la certificazione del B.P.I.A.; un secondo gruppo ha invece concluso positivamente il corso solo il successivo mese di ottobre con il recupero dei debiti formativi in sospeso. Un altro gruppo di partecipanti non sono invece riusciti a completare, per vari motivi, l’intero percorso e di conseguenza dovranno eventualmente iscriversi ad una successiva edizione del corso, facendo valere i crediti formativi maturati in questa occasione. Per quanto concerne l’andamento generale dell’iniziativa, va sottolineato il fatto che il gruppo è parso fin dall’inizio abbastanza motivato e desideroso di approfondire le tematiche proposte. Gli accorgimenti adottati (adeguata informazione sul “contratto formativo”, impostazione più mirata degli argomenti per limitare sovrapposizioni e/o contraddizioni, incontri di ripasso sugli argomenti affrontati nei singoli moduli, valutazione del superamento dei singoli moduli con test scritto, interventi di sostegno per i corsisti in difficoltà di apprendimento, materiale didattico di sintesi, ecc..), opportunamente adattati durante il periodo di DAD, hanno comunque contribuito a migliorare la
gestione del gruppo dei frequentanti permettendo inoltre maggior chiarezza nei rapporti con gli stessi. La realizzazione dell’attività finora descritta è stata gestita in buona parte dai coordinatori del corso (Dalla Valle, Dalpiaz, Micheli, Widmann) sia per quanto riguarda le docenze che per il coordinamento d’aula e l’organizzazione complessiva. Va sottolineato comunque che sono stati coinvolti circa 50 collaboratori (in particolare per le docenze specifiche) che hanno contribuito in maniera decisiva alla buona riuscita dell’iniziativa e a rispondere alle aspettative dell’utenza che nei questionari di gradimento ha espresso un generale apprezzamento per l’esperienza formativa a cui hanno partecipato. Dopo questa opportuna premessa lasciamo spazio ai due giovani selezionati dal gruppo dei partecipanti.
Debiasi Giulia Sono cresciuta nell’azienda agricola di famiglia di proprietà di mio nonno dove venivano: • coltivate ciliegie, prugne, mele, pere, uva, patate, mais da polenta; • allevate vacche da latte, buoi, galline e tacchini; • coltivati prati adibiti a sfalcio permanente. In quegli anni ho instaurato un legame particolare con tali attività e la vita rurale. Crescendo ho percorso però un cammino diverso diventando tecnico della gestione aziendale e pensando quindi di intraprendere una carriera al di fuori dell’azienda agricola visti gli sbocchi professionali che un percorso lavorativo esterno all’azienda avrebbe potuto offrirmi. Nel frattempo l’azienda viene ridotta per il pensionamento di mio nonno e l’attività di frutticoltura, di mais e sfalcio dei prati viene portata avanti da mio padre e da me nel dopo lavoro. A partire dal 2015 inizia un coinvolgimento maggiore nelle scelte e nella gestione dell’azienda di famiglia, ma constatando l’impossibilità di far cambiare l’indirizzo produttivo e con-
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siderando la mia voglia di mettermi in gioco, ho deciso, nel 2019, di licenziarmi dal lavoro esterno e di diventare imprenditrice agricola. Di conseguenza è nata l’Azienda Agricola “Naturalmente Selvatica Io” di Debiasi Giulia con sede nella frazione Magnago di Civezzano; l’azienda riprende la tradizione erboristica alpina e familiare, tramandata da secoli, e si specializza nella coltivazione di piante officinali ed aromatiche e di mais da granella. Al momento della domanda d’insediamento l’azienda agricola si basava sulla coltivazione di: • 5.293 mq di piante officinali ed aromatiche; • 1.636 mq di mais da granella; • 9.016 mq di prato a sfalcio. I terreni inseriti a fascicolo aziendale erano dislocati nel Comune di Civezzano e in quello di Cimone. Dopo l’insediamento sono riuscita ad ampliare ulteriormente la superficie
Giulia Debiasi durante la raccolta di piante selvatiche
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coltivata a piante officinali ed aromatiche e quella a mais da granella. Inoltre in un’ottica di diversificazione e ampliamento aziendale, si è sviluppata un’ulteriore offerta inserendo una parte di orticoltura e di frutticoltura che consentono di proporre le cassette del Maso (formato singolo/ famiglia) di frutta e ortaggi di stagione; nel medio periodo inoltre si prevede l’inserimento in azienda di arnie e di galline ovaiole. L’ampliamento in questo ramo ha visto utilizzare alcune proprietà, ormai in disuso, composte da piccoli appezzamenti terrazzati dislocati nei comuni di Civezzano, Cimone, Aldeno e Palù del Fersina. La manodopera all’interno dell’azienda è composta principalmente da me anche se in alcuni casi (accavallarsi di raccolte, consegne urgenti o imminenti scadenze), devo ricorrere alla manodopera familiare (genitori) o allo scambio di manodopera. Il parco macchine invece è restato
A: Giulia Debiasi, titolare dell’azienda “Naturalmente Selvatica Io”, nell’orto della sua azienda B: Giulia Debiasi nello stand di vendita dei suoi prodotti A
pressoché immutato; l’azienda coltiva manualmente la maggior parte dei terreni, si ricorre all’uso del trattore solo per alcune lavorazioni (fresare i terreni, sfalcio dei prati, imballare il fieno). Le scelte aziendali, le decisioni, le responsabilità, l’organizzazione del lavoro e/o gli obiettivi imprenditoriali (che alcune volte cambiano in continuazione vista la dinamicità e l’imprevedibilità del mercato) competono direttamente a me, in qualità di unica titolare, responsabile e promotrice dell’azienda agricola. La scelta di avvicinarmi alla coltivazione di piante officinali ed aromatiche è stata una scelta dalle grandi potenzialità. E’ un nuovo modo di fare impresa e rappresenta un nuovo modello di sviluppo, votato alla creazione di un’economia di qualità che sia sostenibile sia nel tempo che nello spazio, al rinnovo delle risorse piuttosto che al loro spreco, allo sviluppo del territorio locale. L’azienda inoltre è focalizzata all’accorciamento della filiera, ad una vendita in loco e diretta, sia in azienda che attraverso negozi locali, ma in particolare nei mercati contadini. Le difficoltà a cui, soprattutto un giovane, deve far fronte sono molteplici; i tempi lunghissimi per risolvere le questioni burocratiche, il mancato o co-
B
munque difficilissimo accesso al credito e in alcuni casi la quasi impossibilità di accedere alla terra, rendono alcuni aspetti dell’attività davvero ostici. Volendo diversificare l’offerta aziendale mi sono rivolta ad alcuni laboratori di trasformazione conto terzi e qui ho seriamente incontrato delle difficoltà non riuscendo a rintracciare delle aziende che capiscano e rispettino le mie idee e la mia etica per la valorizzazione dei trasformati; da qui la mia intenzione di riuscire a realizzare un piccolo laboratorio per la trasformazione dei miei prodotti. Il nuovo progetto prevede la ristrutturazione di un edificio storico attualmente adibito a deposito e riconvertito appunto in laboratorio e ad essiccatoio di piante officinali/aromatiche (nel periodo estivo) e a deposito (nel periodo autunno/invernale). Con la realizzazione del piccolo laboratorio per la trasformazione aziendale dei prodotti, si vuole attuare una diversificazione “verticale”, con il passaggio da prodotto agricolo a prodotto agroalimentare che spesso, soprattutto nelle aziende di piccole-medie dimensioni come la mia, diventa occasione per produrre lavorati di qualità, a volte biologici o anche identificati da marchi supportati da sistemi di certificazione. Per l’azienda agricola questo può essere un pas-
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saggio strategico che contribuisce anche alla salvaguardia dei prodotti tipici tradizionali, che conservano le proprie caratteristiche grazie al mantenimento degli antichi metodi di lavorazione locali. Nel corso del 2021 ho anche attuato nuove collaborazioni che prevedono – nei prossimi mesi - un aumento della coltivazione delle piante officinali, l’inserimento di alcune arnie ad uso apistico/didattico (miele d’alta quota) e galline ovaiole (uso di una vecchia razza trentina). Avendo inserito nella mia azienda agricola la coltivazione di ortaggi, ho cercato di reperire sul mercato trapianti biologici preferendo dove possibile varietà non ibride e riproducibili. Reperire piante biologiche professionali non è stato un problema, certo sono più costose delle piante convenzionali. Per questo motivo da quest’anno ho iniziato ad autoprodurmi talee di piante officinali ed aromatiche e ove possibile riprodurre le sementi, questo mi ha permesso di ridurre notevolmente l’acquisto di piante e trapianti presso vivaisti esterni. Dall’inizio della mia attività ho sempre usufruito della consulenza tecnica offertami dai vivai a cui mi appoggio per l’acquisto dei trapianti,
Giulia Debiasi, titolare dell’azienda “Naturalmente Selvatica Io”
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dai tecnici e consulenti di Laimburg (piante officinali e aromatiche), da consulenti esterni e dagli esperti della Fondazione Mach conosciuti durante il corso del BPIA. Come già evidenziato in precedenza, la maggior parte del lavoro in azienda viene fatto manualmente (soprattutto quest’anno con la decisione di auto produrmi talee e sementi): dalla semina (fatta inizialmente in semenzaio e successivamente ripicchettate in alveoli o in pieno campo), alla raccolta e/o confezionamento di cassettine. La produzione viene venduta attualmente attraverso: • punto vendita aziendale; • consegna a domicilio; • consegna in punti predefiniti e orari prestabiliti; • mercati di nicchia; • e-commerce: durante il lockdown ho realizzato il sito web aziendale, al cui interno è possibile ordinare direttamente i prodotti aziendali. L’intento, oltre all’aumento delle vendite, è stato quello di evitare l’uso della cartamoneta in periodo di COVID-19; tramite l’e-commerce è possibile ordinare direttamente dal sito web la propria cesta del Maso e/o altri prodotti pagando direttamente
online e decidere se preferire il ritiro in azienda, la consegna a domicilio o la spedizione a casa. E’ stata creata inoltre una pagina Facebook/Instagram della mia azienda, in cui sono presenti numerose foto dell’impresa, delle colture e del territorio, nonché articoli di giornale che descrivono la mia esperienza, l’azienda agricola e le attività a cui partecipo o che svolgo. Al momento l’azienda può essere considerata economicamente sostenibile; la vendita dei propri prodotti ha permesso di investire di anno in anno maggiori risorse sia nei processi produttivi che nella struttura. Sul fronte della domanda, quindi, la risposta registrata è piuttosto soddisfacente, considerato che la richiesta dei miei prodotti è aumentata costantemente anno dopo anno, nonostante l’assenza di pubblicità diretta. Questo tipo di vendita mi ha permesso di organizzare agevolmente il lavoro di raccolta dei prodotti, sia per impostare la raccolta sia per standardizzare le consegne/ritiri dei prodotti, arrivando a servire sia clienti locali, sia clienti che percorrono anche decine di chilometri per raggiungere l’azienda agricola. Un altro aspetto interessante riguarda le motivazioni che mi hanno spinto ad intraprendere un percorso imprenditoriale di questo tipo; benché presente una passione di fondo per l’agricoltura e per la produzione agricola finalizzata all’autoconsumo (possedevo un orto familiare in cui coltivavo erbe/ortaggi), vi è stata probabilmente una sorta di scoperta di un’opportunità imprenditoriale. Ho percepito una richiesta da parte di turisti in visita nei territori limitrofi, che durante il periodo estivo iniziano a richiedere prodotti a km 0 e di nicchia. Iniziando quasi “per gioco” a vendere i miei prodotti ai turisti di passaggio, ho scoperto una vera e propria fonte di sostentamento. Mi piacerebbe inoltre proporre ai clienti i miei prodotti, trasformati in pietanze direttamente nel laboratorio aziendale, considerato il fatto che in loco non è presente alcun bar o
ristorante. L’esperienza formativa del BPIA per me è stata importante sia dal punto di vista professionale che personale; mi ha permesso di acquisire maggior consapevolezza della mia attività, di approfondire diversi argomenti utili allo sviluppo aziendale e di conoscere altri giovani con progetti simili ai miei. Per concludere evidenzio che frequento regolarmente corsi di formazione e aggiornamento per capire le nuove richieste del mercato, partecipo a fiere ed eventi di settore cercando di rinnovare e innovare continuamente l’offerta dei miei prodotti.
Tavernini Tommaso Sono Tommaso Tavernini e ho 33 anni; sono il secondo di 5 figli e ho sempre amato l’attività sportiva e la vita all’aperto. Per questa ragione dopo aver ultimato le scuole superiori ITI a Riva del Garda, mi sono iscritto all’università di scienze motorie a Padova e ho lavorato nel settore per alcuni anni come esperto CONI svolgendo attività nelle scuole elementari. Un lavoro molto soddisfacente, perché è possibile vedere il risultato dei propri sforzi in breve tempo a differenza di altre esperienze lavorative che ho vissuto prima e durante questo periodo. La passione nel lavorare con i bambini e gli anni maturati in questo ambito, mi hanno regalato anche la possibilità di svolgere il ruolo di tutor per alcuni miei colleghi in un progetto denominato: “alfabetizzazione motoria”. Adoro pratiche di cura alternativa e per questo motivo ho seguito molti corsi all’estero, in Germania. Inoltre ho anche giocato a calcio a livello regionale con alcune squadre della zona e allenato bambini di diversi settori giovanili e di vari sport. L’attività agricola che sto per descrivere, è stata avviata da mia madre qualche anno fa; io mi sono dedicato all’azienda con maggior costanza solo negli ultimi 6 anni che sono stati anni ricchi di esperienze e di incontri e durante i quali ho potuto valutare se lasciare la mia vecchia professione. Dopo attente valutazioni ho quindi
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La stalla dell’azienda Amaltea
deciso di lanciarmi in questa avventura con la mia famiglia, composta dalla mia compagna Katja e dai nostri due figli Leonardo e Diego; la scelta ha tenuto conto anche della convinzione che poter vivere in questo modo il nostro territorio, sia un regalo per tutti noi. L’azienda agricola zootecnica di Tommaso Tavernini “Amaltea” ha sede a Dro in loc. Oltra, 2; come sopra anticipato mi sono insediato “ereditando” l’attività dai miei genitori che tutt’ora partecipano part-time alla gestione dell’impresa. Alleviamo capre, 50 in tutto quest’anno, ma il numero è spesso variato negli anni. Lavoriamo totalmente il nostro latte nel piccolo caseificio annesso alla stalla che abbiamo costruito circa 6 anni fa e fino ad ora, eccetto il premio d’insediamento, non abbiamo ricevuto nessun sostegno pubblico; questo è dovuto al fatto che l’azienda è cresciuta un poco alla volta, senza una reale programmazione e lungimiranza d’intenti. Inoltre, non venendo da una famiglia di allevatori, stiamo anche espandendo i nostri terreni e acquisendo attrezzatura per svolgere in modo adeguato il nostro lavoro. Possiamo dire che il mio contributo nell’azienda è partito prima dell’effettivo insediamento con la costruzione
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della stalla; inizialmente possedevamo il terreno attorno alla casa dei miei genitori, con un tendone sotto al quale c’era sia la stalla che il fienile, le capre erano munte a mano o con una mungitrice a carrello e il caseificio era sito in un apposito container posto vicino alla casa. Ora disponiamo di una stalla di circa 500 metri quadri complessivi, completamente aperta nella quale possono riposare le capre durante il giorno ma dalla quale hanno sempre libero accesso allo spazio antistante di circa 4000 metri quadrati; all’interno abbiamo un palco mungitura per otto capre con apposito lattodotto. Il fienile è sempre posto sotto un tendone, ma distaccato dallo stabile della stalla, al quale da poco si accede con un trattore per stoccare la medica e il fieno nelle mangiatoie poste all’interno della stessa stalla o nel prato antistante. Il caseificio, posto a ovest e dove possiamo lavorare il nostro latte e stoccare le caciotte da stagionare., completa la struttura. Abbiamo le attrezzature per lavorare quotidianamente la nostra produzione, circa 150 litri di latte di media, trasformandone parte in caciotte, parte in formaggi freschi e una piccola parte in yogurt. Il punto critico dell’azienda è ancora la quantità di terreni a disposizione, an-
che se fortunatamente la pulizia della stalla è seguita da una costante cessione del letame maturo agli agricoltori della zona o da un’adeguata distribuzione nei campi che possediamo. Il prossimo passo da fare dovrebbe essere l’acquisto di un terreno per accorpare due appezzamenti già di mia proprietà e sui quali progettare un futuro agricampeggio e un punto vendita. Non è stato semplice subentrare nella realtà famigliare, per diversità di pensiero e programmazione dei lavori, ma attualmente abbiamo trovato un ottimo equilibrio; tranne la parte in laboratorio per la produzione dei formaggi, io posso svolgere all’occorrenza le restanti mansioni. Abitualmente ho il compito di radunare le capre per la mungitura, alimentarle e verificare la situazione in stalla, oltre alla vendita dei formaggi ai mercati contadini. La prima mansione la alterno con mio padre, il quale mi sostituisce quando mi devo recare alla vendita. Mia madre solitamente si occupa della mungitura e della trasformazione del latte, ma la prima parte la può saltare quando sono presente ovvero in occasione della mungitura serale. I miei compiti principali consistono nel seguire i parti e le madri nei primi giorni, nel variare le razioni di cibo in
base al periodo, nello stoccare il fieno o la medica che per il momento acquistiamo in gran parte, nel verificare le scorte di mais e mangime che necessitiamo, nella mungitura, nella gestione dei lavori necessari in stalla. Mi occupo inoltre della vendita dei prodotti al mercato contadino o del gestire i rapporti con nuovi canali di vendita che sono connessi all’attività di allevamento, ma di primaria importanza per gli obiettivi d’impresa. Come già accennato in precedenza l’inserimento non è stato semplice, apportare novità e migliorie non è sempre stato scontato, ma a lungo andare le comodità inserite hanno giustificato le scelte e i costi sostenuti. Parlo in particolare di modificare la mungitura e la gestione della stalla, dove abbiamo praticamente cambiato per intero gli spazi per il riposo ma anche il periodo dei parti. Quotidianamente abbiamo continui scambi di opinioni per tarare il lavoro, perché la produzione del proprio prodotto lo esige, specialmente ora con la situazione attuale a causa del COVID19. Vivendo in una realtà turistica come la nostra, ho deciso di tentare una via diversa e di conseguenza prevedo un’ulteriore modifica della mia azienda; ho intenzione di ridurre il numero di capre, implementare la produzione
Insegna dell’azienda agricola Amaltea di Tommaso Tavernini
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ortofrutticola attualmente marginale, costruire un’area campeggio e gestire un nuovo punto vendita. Lo accenno perché, per ora, i progetti sono solo in fase iniziale. Per quanto riguarda il raggiungimento dei requisiti richiesti per l’insediamento aziendale non ho avuto particolari problemi data la situazione in essere dell’azienda. L’aumento dei capi, peraltro limitato, non ha creato grandi sconvolgimenti, ma ha messo in risalto dei punti deboli strutturali dell’azienda: box nascite e fienile in particolare hanno richiesto dei lavori aggiuntivi. Il programma di sviluppo aziendale presentato agli uffici provinciali è cambiato leggermente a causa di alcune condizioni favorevoli. Era stata pianificata infatti la bonifica di un terreno in affitto che però ora sarà conseguente all’acquisto e per questo la domanda sarà presto variata per sfruttare quest’occasione che si è aperta. In questo modo potrò sfruttare il terreno per delle attività connesse all’azienda, agricampeggio e/o fattoria didattica, tenendo conto del progetto del comune di Dro in fase di avanzamento e che intende creare una ciclabile nelle vicinanze.
Stand dell’azienda Amaltea
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A tal proposito un’ulteriore finalità sarà quella di valorizzare il prodotto della nostra azienda predisponendo nello stesso spazio un punto vendita per garantire una vendita diretta al cliente; in pratica il progetto prevede di realizzare 15 aree da campeggio per ricevere i turisti e al contempo realizzare un punto vendita/chiosco accessibile anche dalla ciclabile. In questo modo potremmo trovare un ulteriore sbocco commerciale, che potrebbe arrivare a modificare le nostre abitudini di vendita. Essa ad oggi avviene tramite i mercati contadini che risultano dispendiosi da un punto di vista di tempo e risorse. La vendita diretta permette di spuntare un prezzo migliore e valorizzare al massimo il proprio prodotto, ma segue i capricci del mercato o delle giornate stesse. Il rischio è notevolmente più elevato, i possibili andamenti di vendita sono più instabili e aleatori, dunque nasce un’esigenza, con l’ingrandimento dell’azienda e l’aumento del prodotto, di aggrapparsi a una realtà più stabile e consolidata garantita da un punto vendita. Per esperienza e per ovvie ragioni, constato che la commercializzazione del prodotto è meglio che sia diversi-
ficata, con altri prodotti oltre a quello che attualmente produciamo, di conseguenza un obiettivo sarà quello di diversificare la produzione per poter rifornire il punto vendita. Come già accennato, questa diversificazione potrebbe essere realizzata, nei terreni già di proprietà o in piccoli appezzamenti limitrofi da prendere in affitto, adibendo alcuni spazi alla coltivazione di prodotti ortofrutticoli. Un ulteriore passo da compiere sarà quello di trovare dei terreni per poter produrre buona parte del foraggio per l’alimentazione delle nostre capre che è stato ed è tutt’ora il vero tallone d’Achille della nostra azienda. La carenza di terreni a prato nella nostra zona e di mezzi necessari per la fienagione, ci ha visto arrancare sotto questo profilo. Va sottolineato che a livello di conoscenze e formazione in ambito agricolo e zootecnico ero veramente digiuno e di conseguenza il corso è stato realmente utile sia per i contenuti in esso trattati che per le conoscenze umane e i contatti che mi sono stati regalati. Grazie a queste esperienze ho potuto colmare molte lacune che ora mi permettono di pensare a una più consapevole e responsabile pianificazione aziendale, in ottemperanza dei criteri etici e ambientali richiesti; anche per queste ragioni sto seriamente rivalutando la mia scelta dell’anno scorso relativa all’aumento del bestiame. Per concludere è necessario evidenziare che la realtà di cui ci occupiamo può permettersi il lusso di puntare alla qualità anziché alla quantità; la vendita diretta, capricciosa ma redditizia può soddisfare le esigenze di una
azienda di piccole dimensioni come la nostra e il lavoro svolto durante il corso a San Michele per ottenere il brevetto mi ha permesso di vedere le ombre e le luci di ciò che posso creare. Molte modifiche sono avvenute grazie a delle riflessioni nate durante questo corso, come il numero di capre, la qualità del foraggio, la diversificazione, la conoscenza di eventuali aiuti offerti dalla provincia e nondimeno, forse l’aspetto più ricco, il confronto avvenuto con i colleghi e con altre realtà che mi hanno insegnato moltissimo. Colleghi diventati preziosi “consulenti” sono stati un piacevole effetto collaterale imprevisto o potrei anche dire un regalo aggiunto da questa esperienza. Devo ammettere che i miei piani sono cambiati anche grazie alle realtà con cui sono entrato in contatto grazie al corso che mi hanno permesso di tarare l’azienda in relazione a molti fattori che prima ignoravo o sottovalutavo. In particolare molto prezioso è risultato il lavoro riguardante la parte economica dell’azienda, previsto dallo specifico modulo del BPIA, che mi ha permesso di elaborare delle previsioni dettagliate, abbastanza vicine alla realtà e utili a fare maggior chiarezza in merito ai costi e alle entrate della mia azienda. Le esperienze descritte da Giulia e Tommaso dimostrano per l’ennesima volta che la partecipazione al corso per imprenditori agricoli di alcuni giovani, è un valore aggiunto per l’intero percorso formativo. Lo scambio di competenze, progetti e idee è infatti fondamentale per tutti quelli che fanno parte del “sistema” (coordinatori, docenti, frequentanti).
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Ruscello e sullo sfondo Cima d’Asta Archivio personale Francesco Conforti
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UNO SGUARDO SUL MONDO UNO SGUARDO SUL MONDO
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Tirocinio in Spagna e Irlanda: l’Erasmus + progetto Plus-Muse & Smart
BARBARA CENTIS Docente di CLIL Science In collaborazione con IULIA AGACHE (5B PT) LEONARDO RIGON (5B GAT) OLMO SPAGNOLLI (5 VE)
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L’estate 2021 ha portato, nell’era della pandemia da COVID-19, una ventata di aria fresca per nostri studenti perché hanno potuto nuovamente viaggiare. Grazie all’Erasmus + Project Plus-Muse & Smart, hanno potuto trascorrere alcune settimane all’estero per un tirocinio nel campo della Smart Specialization Strategy. Gli studenti hanno tratto grande vantaggio da questo progetto, che si focalizzava sia su abilità trasversali (comunicazione, lavoro di gruppo, relazioni..) che linguistiche (esercitate sia nel lavoro che nell’ambiente familiare). I paesi che potevano essere scelti per questa esperienza sono stati la Bulgaria, la Germania, l’irlanda, Malta, la Spagna e il Regno Unito. Il tirocinio per la parte educativa (gli studenti hanno dovuto frequentare un corso di lingua online prima della partenza), il viaggio, il soggiorno (vitto e
alloggio) e l’assicurazione sono stati interamente finanziati quindi gli studenti hanno dovuto sostenere solo le spese personali. Il valore aggiunto di questo progetto è che gli studenti hanno ricevuto uno stipendio simbolico per ogni settimana lavorativa. La gestione del progetto, inclusa l’assegnazione dei posti nel tirocinio, è stata effettuata dalla Provincia Autonoma di Trento che ha provveduto alle risorse finanziarie e agli aspetti organizzativi per gli studenti coinvolti (più di 80 studenti provenienti da tutto il Trentino). Ancora una volta l’attuale pandemia ha creato delle situazioni critiche, tanto che la destinazione del tirocinio è stata cambiata all’ultimo momento in quanto molti dei partner non accettavano più gli studenti stranieri. Questa è una sfida che i nostri studenti hanno superato brillantemente. Undici studenti (iscritti alle classi
quarte dell’Istituto Tecnico) hanno partecipato alla selezione e sono stati esaminati da una commissione composta da quattro insegnanti, nello specifico dall’insegnante coordinatore di classe, dall’insegnante responsabile dell’alternanza scuola lavoro, dall’insegnante responsabile del progetto e dallo psicologo scolastico. Gli studenti hanno sostenuto la selezione attraverso un colloquio di una decina di minuti che doveva mettere in luce le loro abilità linguistiche e di adattamento, il colloquio è stato valutato tramite una griglia. Quattro studenti hanno ottenuto un punteggio alto e quindi hanno ricevuto la borsa di studio. Di questi studenti purtroppo una studentessa (Giada Denardi) non è potuta partire per ragioni legate alla pandemia e non ha quindi potuto beneficiare dell’esperienza. Di seguito possiamo leggere le parole degli altri tre studenti.
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sin dall’inizio. Volevo incontrare nuove persone e fare nuove esperienze con culture diverse, quindi ho deciso di partecipare alla selezione. Sono grata che mi sia stata data questa opportunità. Cosa ti sarebbe piaciuto cambiare o non affrontare di questa esperienza? Avrei cambiato il tipo di lavoro. Mi è piaciuta l’esperienza ma avrei preferito lavorare in ambito agricolo. La pandemia ha cambiato tutta l’impostazione del progetto, immagino quindi che si sono dovute apportare importanti modifiche nella collocazione dei tirocinanti. Per tutte queste ragioni, sono felice di come sia andata questa esperienza Non vorrei cambiare la destinazione e le persone con che ho incontrato. Abbiamo legato subito e adesso ho molti più amici.
Agache Iulia (5B PT)
Rigon Leonardo (5B GAT)
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Dove hai svolto il tuo tirocinio? Ho trascorso un mese a Malaga (Spagna) Quando sei partita? Sono partita il 25 luglio e sono rientrata il 27 agosto, quindi sono stata li per un mese intero. Che tipo di attività hai svolto durante il tirocinio? Ho lavorato per la società QQBIKES che gestisce un servizio di noleggio di biciclette elettriche e motorini. Io mi occupavo della gestione dei clienti e della preparazione delle biciclette. Qual’è il bilancio dell’esperienza? Ho vissuto un’esperienza meravigliosa, perché ho incontrato molte persone provenienti da differenti parti del mondo. Ho avuto qualche piccolo problema con la famiglia che mi ha ospitato. nulla di grave, ma la madre dei miei ospiti non era molto flessibile sugli orari. Tutto sommato penso di aver avuto un’esperienza positiva. Perchè hai deciso di partecipare a questo progetto? Ho avuto la sensazione che questo progetto fosse adatto a me
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Dove hai svolto il tuo tirocinio? Io ho trascorso più di un mese a Dublino in Irlanda Quando sei partito? Sono partito il 27 luglio e sono rientrato il 31 agosto, quindi sono stato li per un mese intero. Che tipo di attività hai svolto durante il tirocinio? Ho avuto la possibilità di lavorare alla NCBI, un negozio di beneficenza nel quale le persone possono donare e comprare oggetti d’arredo. Tutti i proventi delle vendite sono destinati all’associazione Ciechi di Irlanda. Qual’è il bilancio dell’esperienza? Durante la giornata il ritmo è stato tranquillo. Mi occupavo dei mobili, e della pulizia dell’intero negozio. Ho avuto qualche piccolo problema con la famiglia che mi ha ospitato ma tutto sommato nulla di grave. Perchè hai deciso di partecipare a questo progetto? Volevo recuperare il tempo perso (avevo pensato di studiare all’estero l’anno precedente ma il Covid 19 ha scombinato i miei piani)
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così ho deciso di approfittare di questa opportunità e di propormi per questa selezione. All’inizio mi sarebbe piaciuto fare un’esperienza nel campo del Biogas (magri in Germania, che è una terra all’avanguardia in questo settore) ma l’organizzazione, a causa della pandemia, mi ha chiesto di cambiare i piani così sono finito a Dublino. Cosa ti sarebbe piaciuto cambiare o non affrontare di questa esperienza? La pandemia ha reso tutto più difficile da realizzare: stiamo vivendo tempi duri, quindi tutto si fa...all’ultimo minuto. Non è stato facile adattarsi, ma è stata questa la sfida. La mia abilità a gestire il tempo è migliorata, e da questo ho tratto grandi benefici. Ho conosciuto nuovi amici dal Trentino che posso incontrare molto facilmente.
Olmo Spagnolli (5 VE) •
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Dove hai svolto il tuo tirocinio? Io ho trascorso un mese nella città di Limerick (Irlanda) Quando sei partito? Sono partito il 25 luglio e sono rientrato il 27 agosto, quindi sono stato li per un mese intero. Che tipo di attività hai svolto durante il tirocinio? ho lavorato per il Maldron hotel di Limerick, ho collaborato alla sua gestione con dei lavoretti. Avevo pensato di lavorare per una birreria o una distilleria, ma ancora una volta, la pandemia ha reso tutto più difficile e così i
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piani sono cambiati. Qual’è il bilancio dell’esperienza? Ho avuto una bella esperienza, specialmente a livello sociale infatti ho conosciuto un sacco di persone nuove. All’inizio ho avuto qualche piccolo problema con la lingua, per la mia difficoltà a capire l’accento, ma alla fine del periodo ho acquisito più fiducia in me stesso, ho imparato a comunicare in maniera più fluente e sono diventato più autonomo nella vita di tutti i giorni Perchè hai deciso di partecipare a questo progetto? Sono sempre stato molto estroverso, quindi quando è stato presentato il progetto ho deciso di partecipare. Sono felice di averlo fatto. Cosa ti sarebbe piaciuto cambiare o non affrontare di questa esperienza? Ho sviluppato ottimi rapporti con gli altri studenti del mio gruppo, lavorando e vivendo nello stesso posto la nostra amicizia è diventata veramente stretta. Questa è una delle cose che ricorderò di questa esperienza. E’ stata una grande opportunità per fare nuove amicizie, per conoscere culture differenti e per diventare più fluente nella lingua inglese. Il lavoro non è stato quello che mi aspettavo, l’ufficio della Provincia che si è occupato dell’organizzazione ha dovuto fare i conti con la pandemia ed è stato obbligato a cambiare i piani (anche se è stato difficile da accettare).
Internships in Spain and Ireland: the Erasmus + Project Plus-Muse & Smart Summer 2021 brought a wave of fresh air in the COVID-19 pandemics era for some of our students who actually had the possibility of traveling again. Thanks to the Erasmus+ project PlusMuse & Smart, they could spend some weeks abroad for an internship in the fields of Smart Specialization Strategy. Students would highly benefit from this project, which focused on Transversal (communication, groupworking, rapport..) and Language skills (both at work and at familiar settings). Among the countries that could be selected by students for this experience, were Bulgaria, Germany, Ireland, Malta, Spain and the United Kingdom. The internship was financed entirely for the educational part (students had to attend an online language course before leaving), the journey, the board (room and dining) and the insurance cost so only personal expenses were to be charged to students. One very important addendum is that students were actually paid for each of their working week abroad. The management of the project, in-
cluding the matching of the internship experiences, was run by the Provincia Autonoma di Trento which officially managed the financial and organizational resources for students involved (more than 80 students of the whole Trentino province). Once more, the current pandemics did not help as internship destinations had to change last minute since many of the partners did not accept foreign students anymore. This surely was a challenge that our students brilliantly passed. Eleven sophomore students (enrolled in the 4th class) participated to the call and were audited in Aprile by a team of four teachers: their class coordinator, the teacher in charge of the Alternanza Scuola Lavoro, the teacher in charge of External Projects (Mrs. Centis) and the school psychologist. Students were selected on the basis of a ten-minutes interview that was supposed to showcase their communicational and adaptation skills based on a set evaluation grid. Four students scored higher so they were awarded the scholarship. Of these,
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one student (Giada Denardi, 5VE) could not leave for reasons related to the pandemics and could not benefit from the experience. We can read the words of the other three students, below.
Agache Iulia (5B PT) •
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Where did you have your internship? I have spent one month in the city of Malaga (Spain) When did you leave ? I left on July 25th and came back on August 27th so I stayed for a whole month. What kind of activities did you do during the internship? I worked for QQBIKES company, that is a renting service for bikes, e-bikes and e-scooters.I took care of the customer management and the preparation of the bikes for the customers. How was the whole experience ? I had a wonderful experience because I met many people from different parts of the world. I had some minor issues with the host family where I was staying. Nothing serious, but my host mother was not very flexible with times: all in all, I had a positive experience though. Why did you decide to embark on this project ? I got the feeling the project was for me from the very start, I wanted to meet new people and experience different cultures so I decided to participate in the selection process. I am glad I was given this chance. What would you change and what you surely would not about this whole experience? I would change the workplace. I enjoyed working there but I wish I had worked for something closer to the agricultural field. The pandemics changed the whole set-up of the project so I figured the organization had to do major adjustments in the matching of the internships. For all these reasons,
I would not be picky but rather be grateful for the whole experience. I wouldn’t change the destination and the people I went with. We have bonded straight away and now I have many more friends!
Rigon Leonardo (5BGAT) •
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Where did you have your internship? I have spent more than a month in Dublin, Ireland. When did you leave ? I left on July 27th and came back on August 31st so I stayed for more than a month. What kind of activities did you do during the internship? I had the possibility of having a work experience at NCBI Furniture Charity Shop which is an exchange facility where people can donate and buy furniture items. It is a charity so all the profits are bound to go to the Blind People of Ireland. How was the whole experience ? During the day, the pace was relaxed. I had to take care of the furniture, do the cleaning and run the whole shop. I had some minor issues with the host family where I was staying as parents were super quiet but all in all, nothing serious. Why did you decide to embark on this project ? I wanted to get hold of the time lost (I was supposed to spend last year studying abroad but COVID-19 changed my plans) so I decided to take advantage of this opportunity and enrolled in the selection process. At first, I wanted to have an experience in the field of Biogas (ideally in Germany, which is the leading country in the sector) but then the organization told me there was a change of plans due to the pandemics so this is how I ended up in Dublin. What would you change and what you surely would not about this whole experience?
The pandemics made everything harder to accomplish: we are living in hard times so everything was… last minute. This was not easy to adjust to but it surely was a challenge we accomplished. My time management skills got better so the benefits were high. I have met a lot of friends from Trentino and this is a very positive thing because I can meet them easily.
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Olmo Spagnolli (5 VE) •
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Where did you have your internship? I have spent one month in the city of Limerick (Ireland) When did you leave ? I left on July 25th and came back on August 27th so I stayed for a whole month. What kind of activities did you do during the internship? I worked for Maldron Hotel in Limerick, helping the management with the chores. I was supposed to work for a Brewery or Distillery but once more, pandemics made everything harder and so plans changed. How was the whole experience ? I had a good experience, especially on the social level as I met a lot
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of new people. At first, I had some issues with the language as I had some troubles understanding the accent but towards the end of the period, my confidence got higher and I got to be more fluent and autonomous in my everyday life. Why did you decide to embark on this project ? I have always been very outgoing so when the project was presented, I decided to enroll straight away. I am happy I did! What would you change and what you surely would not about this whole experience? I have developed a great relationship with the other students of my team and we actually worked and boarded in the same place so our relationship was really tight. This is one of the things I will remember from this experience. It was a great opportunity for making new friends and to know a different culture as well as being more fluent with English. The job was not what I had expected but the Provincial Offices taking care of the organization had to make ends meet with the pandemics so change of plans were due (even if hard to accept.).
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Cima Termoncello vista dal Campo di Santa Maria di Flavona Archivio personale Francesco Conforti
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L’ANGOLO U.D.I.A.S. L’ANGOLO U.D.I.A.S.
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Lettera del Curato Breve riflessione religiosa
DON RENATO SCOZ Già docente di Religione e padre spirituale della comunità scolastica
In primo piano lo stemma della Fem che intreccia, in secondo piano, la vista del castello di San Michele a/A
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Cari amici studenti, buona sera a voi che seguite via streaming, grazie ai presenti animatori della liturgia e al tecnico che permette il collegamento. Siamo nell’Aula Magna testimone di tante riunioni, discussioni, incontri di ex allievi, di genitori, commemorazioni di anniversari, qui si parlano molte lingue perché all’Istituto è facile incontrare persone che vengono da varie parti d’Europa e del mondo. Il primo pensiero è un invito alla pazienza. Ne abbiamo portata così tanta negli ultimi due anni scolastici ed ora speriamo di poterci incontrare
in settembre, fra 100 giorni con una celebrazione nella “nostra” chiesa di san Michele che fu dei monaci agostiniani fin dal 1145. Un altro pensiero è un rendimento di grazie per il grande dono della scuola, della possibilità di apprendere. La persona in ogni istante della vita apprende, impara, conosce e così cresce. Numerosi, non tutti purtroppo, hanno la possibilità di apprendere in maniera ufficiale con un gruppo di insegnanti che poi danno un giudizio che si concretizza in un titolo di studio, esperienza che certifica una persona. E’ bello poter dire: Ho
un diploma conseguito a san Michele. Lunedì scorso ho celebrato la messa nel ricordo di Andrea l’apicoltore di Vigo di Ton e c’erano i compagni di classe:55 anni. Dicevo loro: io vi vedo come quando eravate in prima classe nel 1980. Durante la Pizza al Duomo di Mezzolombardo le conversazioni erano formate da ricordi degli anni di scuola, degli insegnanti ( 4 deceduti) e ancora una volta toccavo con mano l’importanza della scuola, dell’ apprendimento ufficiale con voti, pagelle e titoli Il rendimento di grazie si estende al fatto che si frequenta una scuola agraria che, senza voler togliere nulla a nessun percorso scolastico, mettendo i giovani a contatto diretto con piante, animali, ambienti montani e di pianura concorre alla formazione umana insieme con la possibilità di avere un risultato economico favorevole. Quale istruzione viene dalla vita del campi e quali soddisfazioni risultato di impegno, fatica e rischio quotidiano! Dicevamo apprendimento ufficiale nella scuola agraria e aggiungo di san Michele all’Adige. Frequento ex allievi di 88 anni, ieri sono stato a Terlago con il nipote di Mader, direttore dopo Mach, lui diceva nipote, ma penso pronipote. Viviamo in un ambiente ricco di esperienze, di
persone specializzate e voi giovani avete tante opportunità per conoscere la vostre inclinazioni e coltivare i vostri talenti. Domenica 30 maggio celebravo la Messa per gli Schuetzen nel piazzale della cantina e per essere precisi era una giornata di incontro specificatamente per le donne dette in italiano Vivandiere e in tedesco Markettenderinnen. Ricordo questo fatto per la spettacolarità dell’evento che ricorda quello fatto su al nostro Maso Togn qualche anno fa in occasione dell’inaugurazione dello Schitzstand, luogo di tiro a segno. Poi un altro incontro Schuetzen qui da noi in occasione della fondazione della Compagnia della Rotaliana. Sono inviti ad amare il nostro territorio, a vedere nel Creato la risorsa di ogni risorsa, a seguire il richiamo di Papa Francesco che ha iniziato il Suo Pontificato con una enciclica, una riflessione destinata a circolare parlando della Natura e prendendo le parole dal Suo Patrono san Francesco l’ha intitolata “ Laudato si”. Saluto tutti studenti, genitori e ogni persona impegnata a san Michele augurando una bella estate. Sicuramente girerò con la mia Ford BMax alla ricerca di molti di voi. Ciao. Don Renato Scoz anni 80, mesi 8, giorni 28.
L’ANGOLO U.D.I.A.S.
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Gianni Moscon: quel bambino pedalatore che da grande voleva fare il contadino GIANNI MOSCON Ex studente e campione di ciclismo
Gianni Moscon durante una gara ciclistica
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Diplomato all’Istituto Tecnico Agrario di San Michele a/A nel 2013, iscritto all’albo dei periti agrari di Trento dal 2015, agricolo DOC, ma l’agricoltura e’ per il momento soltanto un grande amore. Il destino invece mi ha portato a fare di professione quella che doveva essere soltanto una passione; dal 2016 sono un ciclista professionista della massima categoria, il World Tour, l’elite del ciclismo ristretta a 18 squadre nel mondo, che partecipano a tutte le più importanti competizioni mondiali. Sono nato a Livo il 20 aprile 1994, la mia famiglia ha un’azienda agricola e ovviamente, si producono mele; ottime mele, in una delle zone più vocate per la Golden delicious. Da sempre il mio grande amore e’stato per l’agricoltura, e il Gianni bambino vedeva il suo futuro in questo settore, a partire quindi dall’ambizione di diplomar-
si all’istituto agrario di San Michele all’Adige, per poi proseguire in questa direzione anche professionalmente. L’agricoltura si può dire fosse la mia ragione di vita da bambino, ogni momento libero da scuola o altri impegni lo passavo in azienda, trattori e macchinari vari erano il mio pane. Parallelamente pero’, coltivavo anche la passione per il ciclismo; nei primi anni duemila un nostro famoso conterraneo trentino, Gilberto Simoni, di Palu’ di Giovo, faceva faville nel ciclismo che conta, dominando il Giro d’Italia 2001 per poi bissare il successo nel 2003, e sulle ali dell’entusiasmo di emulare il mio idolo, nella primavera 2002 saltai in sella alla bicicletta da corsa. La mia esperienza di ciclista è iniziata con il botto: prima gara, prima vittoria. Il ciclismo mi piaceva molto, e mi riusciva anche bene, raccogliendo buoni risultati
nonostante lo vivessi davvero come puro divertimento, senza pressioni e senza aspettative. Nutrivo una grande passione e una profonda ammirazione verso quei campioni, che cercavo di imitare quando uscivo in bici dopo averli seguiti in televisione, ma diventare un ciclista professionista non e’mai stato il mio sogno. Il ciclismo e’sempre e solo stata una passione fine a se stessa, una valvola di sfogo; l’ho da subito praticato con impegno e dedizione, ma solo per il puro piacere di farlo. Io da grande volevo solo far parte del mondo agricolo, magari contribuirne allo sviluppo e se possibile lasciarci il segno. Crescendo, il volume di impegni, scolastico e ciclistico, aumentava su entrambi i fronti: da un lato passando da una categoria all’altra, la lunghezza delle gare aumentava, la selezione degli avversari era sempre più marcata con conseguente aumento di livello della prestazione media, e quindi gli allenamenti necessari per essere competitivi richiedevano sempre più tempo e impegno; dall’altro lato, il carico di studi aumentava anno dopo anno. La mia priorità e’sempre rimasta la scuola naturalmente, quindi se qualcosa doveva essere sacrificato, beh, quella era la bici. Quello che mi piaceva del ciclismo pero’, e quello che mi piace della vita in generale, e’ lottare per vincere; quindi nel limite del possibile, la dedizione anche allo sport era massima.Vincere e’difficile. In pochi si vince, soprattutto quando si corre da soli contro tutti, statisticamente e’ più probabile perdere, ma provare a lottare proponendo la migliore versione possibile di noi stessi, questo lo può fare chiunque. Durante gli anni a San Michele, ammetto e’stato impegnativo conciliare studio e ciclismo, tanti sacrifici, ma la bici non mi ha mai lasciato e nonostante non riuscissi a dedicarvi tutto il tempo necessario come molti miei coetanei, che avevano magari già abbandonato la scuola, sono riusci-
to a ottenere grandi soddisfazioni; per questo motivo, intorno all’età di 17/18 anni, ha iniziato a balenare in me l’idea che avessi del potenziale come ciclista e di provare, una volta diplomato, a vedere fin dove potevo arrivare in sella ad una bici. L’anno del diploma c’è’ stato il passaggio ad una categoria decisiva per un giovane che ambisce a fare il ciclista, quella dei “dilettanti”; in veste di uno dei giovani più promettenti del panorama nazionale, sono stato ingaggiato da quella che all’epoca era la squadra più blasonata d’Italia nella categoria, la Zalf Euromobil Fior con sede a Castelfranco Veneto. questo passaggio è abbastanza traumatico: da ragazzino studente di 19 anni vieni catapultato a competere con uomini fino a 27 anni di età’, che fanno i ciclisti a tempo pieno. Naturalmente fino all’esame di maturità il tempo da dedicare alla bici era irrisorio rispetto alle necessita per potersi esprimere al massimo tra quegli squali, ma una volta finito il diploma ero certo di volerci provare fino in fondo e mostrare a me stesso la mia migliore versione di ciclista, per capire se questo sport poteva essere il mio lavoro oppure no, senza rimpianti. Dal giorno in cui ho conseguito il diploma di perito agrario, ho iniziato a fare il ciclista a tempo pieno e i successi non sono tardati ad arrivare, maturando l’interesse delle squadre professionistiche, che hanno iniziato a propormi dei contratti. Nel 2015 ho firmato il mio primo contratto con il Team Sky, all’epoca squadra numero uno del ranking mondiale e nel 2016, dopo 3 stagioni da dilettante, ho corso la mia prima stagione da professionista. Oggi sono ancora qui, nella massima espressione di questo sport, tra gioie, sacrifici, qualche vittoria, tante sconfitte, ma sempre lottando al massimo e con la stessa passione di quel giovane bambino agricolo pedalatore, che da grande continua a voler fare il contadino.
L’ANGOLO U.D.I.A.S.
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Tramonto presso Torre Paola a Sabaudia Archivio personale Francesco Conforti
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OrientaDay 6: la modalità a distanza come punto di forza per una manifestazione completamente virtualizzata e più accessibile
STEFANO BACCHI Docente di Tecnologie informatiche
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L’OrientaDay è arrivato alla sua sesta edizione, la quinta si era svolta regolarmente anticipando di qualche settimana la chiusura delle scuole a causa dell’emergenza sanitaria. Quest’anno la scuola ha rivisto completamente le modalità di fruizione della giornata, adeguandosi alle restrizioni e migrando l’intera manifestazione sulla rete. Il sesto OrientaDay è stato pianificato su due giorni di incontri in videoconferenza coinvolgendo tutte le classi terminali dell’istituto oltre alle quarte dell’istituto tecnico. La prima giornata, svoltasi sabato 27 febbraio, è stata divisa in due parti e ha interessato le classi quarte e quinte dell’istituto tecnico e la quinta CAPES per un totale di circa 210 studenti. La prima mattinata è iniziata con la compilazione del questionario AlmaDiploma da parte delle classi quinte per poi continuare con 6 interventi focalizzati sulle offerte post-diploma e universitarie che vedono protagonista la Fondazione, oltre a presentare i collegi, gli ordini e gli enti che costituiscono lo sbocco naturale della professionalità dei nostri studenti. La tarda mattinata è stata dedicata agli incontri con circa 40 ex-studenti che hanno presentato esperienze formative, lavorative e di studio afferenti
a 22 macroaree differenti, fruibili in contemporanea ad intervalli di 20 minuti. La seconda giornata, svoltasi venerdì 26 marzo, ha visto protagonisti enti pubblici, università, collegi, ordini e agenzie, anche non direttamente correlati con l’universo FEM, che tramite 17 stand virtuali hanno presentato il loro ruolo nel mondo del lavoro, della formazione e dello studio. In questo caso il tempo impiegato ha coperto le due ore finali della mattinata, e ha coinvolto circa 270 studenti, infatti agli studenti delle classi precedentemente elencate si sono aggiunti quelli delle classi terminali della formazione professionale. Entrambe le giornate, nonostante fossero completamente a distanza, hanno visto una buona partecipazione da parte degli studenti dell’istituto tecnico con particolare apprezzamento per gli incontri con gli ex-studenti, gli studenti della formazione professionale hanno invece sfruttato molto meno questa opportunità. A valle di queste giornate, in un’ottica di continuo miglioramento, sono state raccolte le impressioni degli studenti e degli enti intervenuti tramite questionari, i risultati si possono consultare alla pagina: https://www. fmach.it/CIF/Studenti/Notizie/OrientaDay-2021-Sesta-edizione
Il progetto provinciale “Tutor Sportivo” nel nostro Istituto Dal 2012 il Dipartimento della Conoscenza ha introdotto nelle scuole superiori trentine il tutor sportivo, un insegnante che accompagna il percorso degli studenti con alto livello atletico, agevolando comunicazione e organizzazione tra scuola e impegni agonistici. Sostenere i giovani che affrontano questa sfida è ritenuto un dovere importante nella nostra società e, con l’andare degli anni, questa iniziativa ha raccolto sempre più consensi. Non a caso, il numero di studenti ammessi al progetto è cresciuto esponenzialmente di anno in anno, sino ad arrivare al totale odierno di ben 497 alunni, con il supporto di 78 tutor che operano in 34 differenti Istituti; le discipline rappresentate sono al momento 55, di cui 14 prettamente invernali. La commissione che seleziona gli studenti per questo progetto si basa su criteri oggettivi, quali la partecipazione a campionati sportivi ed il conseguimento di risultati in ambito nazionale o internazionale. Per ogni scuola è un vero onore avere uno o più studenti-atleti nel progetto di tutoraggio, a prova di come nel nostro territorio sia particolarmente
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viva la volontà di sostenere il settore sportivo, non solo per fornire supporto agli atleti, ma anche come mezzo di socializzazione e di cultura della salute. L’innegabile rapporto tra sport e territorio è infatti una delle caratteristiche che contraddistinguono le abitudini e le tradizioni dei trentini, da sempre amanti delle attività motorie, vissute non solo come competizione agonistica, ma anche come mezzo di convivenza con l’ambiente montano. Quest’anno nel nostro Istituto contiamo quattro studenti-atleti che praticano sport molto diversi tra loro: palla tamburello, curling, hockey su prato e pallamano. Abbiamo deciso di intervistare Gabriele Sontacchi della classe IV A TIA, tutorato per il secondo anno e con una bella soddisfazione da raccontare. Gabriele, qual è la tua relazione con il tuo sport? Ho iniziato a giocare a pallamano all’età di 8 anni; dopo aver provato vari sport, ho scelto proprio questo perché anche mio papà aveva giocato a pallamano, poi ho continuato perché è diventata la mia passione. Fino
EVA LAVINIA MAFFEI Docente di Lingua Inglese
A: Gabriele ha ricevuto il premio “Most Valuable Player” B: Gabriele durante un’azione di gioco
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ad ora ho trascorso la mia carriera in un’unica società, la pallamano Pressano. Anche mia sorella Federica ha giocato a pallamano per qualche anno, anche lei era tutorata, frequentava il Liceo Galilei, l’anno scorso è stata premiata perché ha saputo raggiungere ottimi risultati sportivi e si è diplomata con 100. Quindi il mio sport è tanto per me, è anche la mia famiglia, e senza tutor non sarebbe facile comunicare tutto questo ai miei insegnanti. Quali benefici ti ha portato essere uno studente-atleta tutorato? Avere una figura che quando manchi più giorni per impegni sportivi, riesce ad aiutarti a recuperare il materiale necessario e a fare da collegamento con il resto dei docenti è un fattore molto rilevante per mantenere un andamento regolare a scuola, sapere di avere gli insegnanti dalla mia parte mi aiuta ad avere un impegno costante. Diciamo che lo sport praticato seriamente, se adeguatamente supportato, diventa anche uno stimolo in più per far meglio a scuola. Ritieni che il tuo impegno sportivo abbia migliorato la qualità della tua persona? In che senso? Sicuramente lo sport è uno stimolo non solo per fare bene a scuola, ti im-
Gabriele durante un’azione di gioco
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pone regolarità e autodeterminazione, concentrazione e organizzazione. Praticando ad un livello così impegnativo, se sei anche bravo a scuola, sei sostenuto anche da una borsa di studio. Inoltre facendo sport, si cresce e si matura in modo completo perché bisogna imparare a relazionarsi con tutti i tipi di persone, a lavorare sia sul personale che nella squadra e per la squadra, anche se spesso non è facile. E gli insegnanti che ruolo hanno? Tutti gli insegnanti, come hanno fatto i miei, dovrebbero capire il livello di impegno fisico, mentale e temporale richiesto dallo sport, e aiutarti nelle piccole cose, magari solo spostando una verifica di qualche giorno. Nello specifico il tuo coinvolgimento sportivo in cosa consiste? Ogni settimana faccio 5 giorni di allenamento, che dura un minimo di 2h, circa mezz’ora di palestra e poi 1,30h in campo. Al momento gioco nel campionato di serie A e in quello under 19 serie B. E gioco anche nella Nazionale under 19 da circa tre anni; quest’estate dovremmo avere i campionati europei in Croazia. Recentemente hai ricevuto il premio di MVP, ci spieghi un po’ cos’è e in che occasione ti è stato assegnato? Il premio MVP (Most Valuable Player) riguarda il giocatore che in quella partita ha giocato meglio, non conta se la sua squadra vince o no, si basa solo sulla prestazione del singolo. Quando ho ricevuto il premio di MVP, durante una partita di Coppa Italia, è stato un momento di immensa soddisfazione personale per tutti gli sforzi fatti, le rinunce, i sacrifici. In quel momento ho sentito il desiderio di ringraziare tutti coloro che mi sostengono quotidianamente nella mia famiglia, nella mia società sportiva e nel mio percorso scolastico. Senza tutto l’appoggio di queste realtà non avrei potuto arrivare fin qui, né potrei pensare di continuare con fiducia e entusiasmo questa sfida. Grazie a tutti!
“Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto” - Aristotele Ci sono incontri che hanno potere di cambiarti la vita: un momento prima ti senti tranquillo, sereno, in pace con te stesso e con il mondo, un momento dopo tutte le prospettive ti appaiono ribaltate, il tempo si dilata a dismisura e ti chiedi stupito come hai fatto a respirare normalmente fino a pochi istanti prima. A me è successo quando ho incontrato, o meglio rincontrato, Dolores. L’avevo conosciuta anni prima, come mamma di un mio studente: discreta, educata, orgogliosa dei due figli, entrambi ragazzi brillanti e sensibili. Per caso l’ho incrociata nel corridoio dell’ospedale dove mi trovavo per aver accompagnato mia madre ad una visita: il viso tirato, gli occhi lucidi e stanchi, i gesti affaticati e la voce talmente bassa da sembrare un sussurro: “Venga, venga a salutare Nicola …”
Ci sono andata, a salutare Nicola … e da quel momento nulla, proprio nulla, è stato per me come prima. Nicola stava in isolamento, colpito a 20 anni da una malattia che non dovrebbe esistere, la Leucemia mieloide acuta, per cui ti devi sottoporre ad estenuanti cicli di cure che dovrebbero distruggere il mostro, ma al contempo distruggono anche te; Nicola non aveva speranze, a meno di non trovare un donatore, vale a dire il classico ago in un pagliaio. Lo avete presente? Riuscite vagamente ad immaginare? Una persona che amate immensamente è in pericolo, potete salvarla solo trovando in un enorme pagliaio un minuscolo ago … li sentite il panico, l’agitazione, il terrore di non farcela, mentre annaspate tra i fili e cercate, cercate, cercate? Ecco, l’ago è il donatore di midollo, è
DANIELA ZANETTI Docente di Lettere
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A: Monica, responsabile ADMO, durante l’incontro di sensibilizzazione B: Schermata dell’incontro Meet del 23 febbraio 2021
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la speranza di vita, è quello che può riavviare l’esistenza bruscamente interrotta, quello che può restituire chi soffre ai suoi affetti, ai suoi interessi, a quello che è, a chi lo ama … L’ago è chi dona una piccolissima parte di sé affinché l’altro possa ricominciare a camminare, è quello che sente la disperazione, guarda e dice “E’ solo un brutto sogno, adesso ti sveglierai e tutto sarà tornato a posto”... L’ago è colui che fa ripartire il tutto, che dà uno scossone ad una vita che si era bloccata, cristallizzata in una sorta di sospensione senza ritorno e senza partenza, colui che in fondo non fa nulla di speciale, ma che fa tornare a respirare e colora nuovamente l’universo di chi improvvisamente è rimasto al buio. La verità è che siamo tutti aghi in un immenso pagliaio, siamo tutti speranza di vita per qualcuno che proprio in questo momento è solo di fronte alla morte, siamo tutti la seconda possibilità di far nascere alla vita chi la vita è costretto ad abbandonarla. Aristotele affermò “Educare la mente senza educare il cuore significa non educare affatto”: ecco perché, dopo l’incontro con Dolores, mi sono convinta che anche i nostri studenti debbano essere coscienti di poter essere la speranza di vita di qualcuno, di
avere in sé questo grande dono. Da allora tutti gli anni Monica, una delle responsabili ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo) incontra le nostre classi Quinte per sensibilizzarle riguardo questa vitale tematica. Anche in quest’anno difficile e problematico non abbiamo voluto rinunciare all’appuntamento, che si è tenuto il 23 febbraio tramite Meet: temevo che la distanza avrebbe reso difficoltoso il tutto, invece la sensibilità e la generosità sono riuscite ad andare al di là dello spazio e della lontananza, le testimonianze di chi ha sofferto e donato sono riuscite a toccare il cuore dei nostri studenti, molti dei quali, con generosità e altruismo, hanno accolto l’invito di ADMO e si sono iscritti all’associazione come donatori o come semplici volontari, raccogliendo quindi l’invito a diventare aghi in un pagliaio. Chiudendo il collegamento Meet con Monica, ho provato un enorme senso di sollievo al pensiero che i nostri studenti abbiano capito la grande importanza di sapersi aprire agli altri, di diventare la speranza di vita che Nicola fortunatamente ha trovato: il suo ago nel pagliaio gli ha permesso infatti di riprendere la sua vita dal punto esatto in cui era stata interrotta, di continuare gli studi, di incontrare l’amore e di viverlo.
Corsi brevi nel settore del verde ornamentale Quest’anno sono state riattivate diverse proposte di corsi brevi nel settore del verde ornamentale, a partire dal mese di gennaio si è svolta la seconda edizione del corso per Manutentori del Verde, il corso, della durata totale di 180 ore si rivolge a coloro che intendono iniziare o proseguire l’attività di manutentore del verde e riguarda la progettazione, realizzazione e manutenzione di aree verdi, aiuole, parchi, alberature e giardini pubblici e privati, attraverso l’uso corretto delle attrezzature e dei macchinari specifici. Questa edizione ha visto la partecipazione di 14 studenti di età e provenienze professionali delle più disparate, ma tutti accomunati dall’interesse per il settore del verde ornamentale e dal desiderio di acquisire nuove conoscenze ed abilità da investire nel proprio futuro lavorativo, chi cambiando radicalmente settore, chi proseguendo ed
ampliando la propria attività attuale. Purtroppo a causa delle restrizioni imposte per la gestione dell’emergenza sanitaria, come in tutto il reparto scolastico, diverse lezioni sono state svolte a distanza, tuttavia i corsisti hanno manifestato sempre un buon grado di partecipazione e interesse, grazie anche alla professionalità e preparazione dei docenti, che sono riusciti a tenere alta l’attenzione nonostante le barriere fisiche. Tra una restrizione e l’altra siamo comunque riusciti a svolgere le ore previste di lezioni pratiche ed in presenza, ciò ci hanno permesso di approfondire e soprattutto consolidare quanto visto online. Il corso si è concluso proficuamente a maggio con gli esami finali che sono stati superati con successo da tutti i partecipanti. Terminato il percorso per diventare manutentori, alcuni studenti hanno
COSTANZA SALVETTI Tutor corsi post diploma
Attività di “tree climbing”
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Attività di “tree climbing”
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deciso di ampliare la loro formazione iscrivendosi anche ai nostri corsi nel settore dell’arboricoltura, in particolare quello del tree climbing, che insegna la metodologia di lavoro in chioma rispettando la pianta e garantendo la sicurezza dell’operatore. Il corso si compone di una parte teorica in aula e di diverse ore di pratica in pianta. Un punto di forza del corso per chi affronta il tema per la prima volta è rappresentato dall’aggiunta di un modulo dedicato all’arboricoltura generale. A causa delle molte richieste di iscrizioni a fronte del limitato numero di posti disponibili abbiamo svolto due edizioni di questo corso durante l’anno, una delle quali dedicata esclusivamente ai nostri studenti della settima edizione del corso per Tecnico superiore del Verde. Sempre a riguardo del tree climbing sono state svolte due edizioni del corso di aggiornamento quinquennale per chi ha già questa abilitazione ed un corso di aggiornamento per preposto ai lavori in fune.
Nel mese di luglio abbiamo svolto un corso sull’utilizzo della motosega in sicurezza con due giornate di pratica sugli abbattimenti, durante le quali i corsisti hanno potuto mettersi alla prova eseguendo 3 abbattimenti a testa in bosco, su piante ad alto fusto. L’ultimo corso tenutosi a luglio è stato un corso per l’utilizzo delle piattaforme elevabili con e senza stabilizzatori, utilizzate per le potature nel settore del verde, questo corso è stato proposto in particolare agli studenti del corso di Alta Formazione, per fornire un ulteriore elemento di professionalità per arricchire il loro percorso. Quest’anno è stato il primo in cui ho seguito l’organizzazione di queste attività e sono contenta di aver avuto l’opportunità di collaborare con i diversi professionisti del settore, che hanno svolto le attività di docenza. La soddisfazione più grande è stata ricevere molti feedback positivi dagli studenti, assieme a questi ho raccolto diversi spunti che sicuramente contribuiranno a rendere le prossime edizioni ancora più valide!
Arte per tutti Quando si parla di passioni, ciascuno ha la propria, e la mia talvolta sembra non c’entrare nulla con il mio percorso scolastico. Tuttavia sono profondamente convinta che l’arte possa essere abbinata allo studio della natura in modi inaspettati ed efficaci. Nel mio bizzarro percorso di crescita come artista ho l’opportunità di cimentarmi in nuove tecniche, col fine di trovare un giorno il mio sospirato stile. Nonostante la strada per scovarlo sia appena iniziata, di una cosa sono certa: gli animali sono il mio soggetto preferito. Il mondo naturale offre milioni di spunti per creare e immaginare, spesso ci lascia senza fiato di fronte alla sua bellezza e non smette mai di sorprendere. Non avete idea di quanti animali ho scoperto sfogliando google a caccia di nuovi soggetti da ritrarre! Ma una parte della mia passione è anche quella di creare forme di vita immaginarie, sbirciando in quell’infinito mondo che è il Creature Design. Questa particolare branca dall’arte si ispira interamente
alla nostra biodiversità e alle leggi che la regolano. Viviamo in un mondo alieno che conosciamo appena, pieno di creature strabilianti capaci delle cose più incredibili. L’idea è quella di partire da elementi a noi familiari e ricombinarli per formare qualcosa di nuovo, ma al contempo decisamente credibile. Ed è qui che entra in gioco lo studio delle scienze. Nessun artista può disegnare un animale senza conoscerne l’anatomia, o catturarne i movimenti senza considerare il contesto in cui si trova. Ogni cosa è esattamente dove deve essere in funzione di ciò per cui serve, di quello che la influenza. Conoscere il soggetto è decisamente una delle cose più importanti per essere un buon disegnatore, pittore o fumettista che sia. Riuscire a cogliere il movimento e la dinamicità è un lavoro arduo, ma tutto parte dall’osservazione. I dettagli, i punti caratteristici, l’unicità dei soggetti. Credo sia questo ciò che un artista vuole trasmettere attraverso il suo lavoro.
EMMA MERANER Studentessa classe III B GAT
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A:Lupo B: Armadillo C: Fantastico
Asilo
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La mia passione per l’arte e il disegno è sempre cresciuta fianco a fianco con l’amore per gli animali. Già alle scuole elementari i miei quaderni pullulavano di piccoli animaletti d’inchiostro che ne animavano le pagine. La cosa è continuata, per la rabbia degli insegnanti, fino alle scuole medie, dove però ho iniziato a considerarla più seriamente, portando la mia passione a un livello successivo. Dalla terza media ho deciso di sperimentare con dei primi abbozzi di disegni realistici, inizialmente con qualche difficoltà, ma via via più agevolmente. Ora, dopo qualche anno posso dire di cavarmela, ma ho ancora così tanto da imparare! Tutt’oggi i miei disegni
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spaziano dal realismo al cartoon, dalle tecniche tradizionali al digitale, e cambiano in continuazione, purtroppo non sempre in meglio. Se c’è una cosa che però ho imparato in questi anni è che più errori si fanno e più cose si imparano. Ho fatto tesoro di questo e so che non bisogna mai scoraggiarsi di fronte a un disegno mal riuscito. L’importante è continuare a esercitarsi. Quando si tratta di arte è la pratica a dare la perfezione. Non ci sono persone capaci o persone incapaci, per quello che vale, secondo me chiunque può imparare a disegnare. Anche io a volte creo delle gran belle schifezze, ma col passare del tempo cerco di affinare la tecnica e raffor-
zare un po’ di punti deboli. Ci tengo a riportare delle immagini di vecchi scarabocchi per far sapere a tutti che l’arte non è riservata a un’élite, ma può essere alla portata di tutti. Basta crederci. La manualità viene col tempo, va allenata come un muscolo e a suon di critiche (credetemi, ne so qualcosa), ma la cosa più importante è divertirsi. Può sembrare sciocco da dire, ma è davvero quello che conta. Bisogna continuare a stimolare la propria immaginazione, provare cose nuove, sbagliare, creare. Questa è la cosa più importante, sia per un professionista che per un amatore. L’arte è affascinante e stupenda: non c’è giusto o sbagliato, bello o brutto. Finchè ci fa stare bene, qualunque tipo di creazione sarà sempre perfetto. È totalmente inutile fare qualcosa che non ci piace o non cattura il nostro interesse. È come studiare quando non si ha voglia: non si combina nulla e si rischia solo di perdere tempo.
Anche io spesso perdo l’entusiasmo e dopo la seconda cancellatura sono tentata di mollare. Non sempre riesco a ritrovare l’ispirazione, ma quando succede, a volte sono più carica di quando ho cominciato. Trarre ispirazione da altri disegnatori è un ottimo modo per ripartire, a patto che non si facciano confronti. Inoltre può essere un buon punto di partenza per decidere di alzare l’asticella e imparare cose nuove. Dopo tre anni di disegno tradizionale e un anno alle prese con programmi per computer, da qualche tempo sto lentamente affacciandomi alle animazioni e vorrei tentare la sorte anche con le arti plastiche (che finora si traducono in grotteschi e primordiali grumi di pasta modellabile). Pasticciare è il verbo preferito dagli artisti, ma in ordine di importanza direi che divertirsi viene subito dopo. Perciò non preoccupatevi di ciò che la gente pensa, quello che conta siete voi. Fate ciò che vi appassiona e divertitevi!
D:Disegni digitali di rana freccia, rana pomodoro e rana volante; decisamente tra i miei preferiti. Sono una grande amante degli animali insoliti e le rane hanno un posto speciale nel mio cuore E: Uccello immaginario di mia invenzione, ispirato a vari tipi di animali reali (ara, uccelli rapaci, uccelli tropicali,
Kelenken e persino... ai suini!) D
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Un master innovativo per comunicare ambiente e fauna, con il CIF
ETTORE ZANON Responsabile Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino
Nell’aprile 2020 ha preso il via, con diciotto iscritti, la prima edizione del Master di I Livello “Fauna e Human Dimension” - FaunaHD, Professionisti della Comunicazione per la fauna, l’ambiente e il paesaggio. Questo innovativo percorso è stato attivato dall’Università degli Studi dell’Insubria (Varese e Como) in collaborazione con MUSE, Istituto Oikos e la nostra Fondazione. Nella progettazione, nella gestione e nella didattica hanno infatti giocato un ruolo significativo Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino e un bel gruppo di docenti del Centro Istruzione e Formazione.
FILIPPO ZIBORDI Coordinatore sede trentina Istituto Oikos
Un percorso nuovo e nuove opportunità professionali
Pascolo di Malga Monte Sole
Il Master ha l’obiettivo di formare figure professionali altamente qualificate, in grado di trasmettere le
Parco Nazionale dello Stelvio
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conoscenze sulle tematiche naturalistico-ambientali e del paesaggio e sull’interazione di queste con l’uomo. È rivolto a professionisti interessati ad occuparsi di divulgazione, valorizzazione e gestione delle risorse naturali e degli aspetti legati alla loro fruizione ed anche a laureati sia in discipline scientifiche sia umanistiche che necessitino di approfondire le proprie competenze in merito a linguaggi, strumenti e strategie di comunicazione applicate alle problematiche di conservazione della fauna e dell’ambiente, della natura e dei paesaggi. Un progetto nuovo, in un orizzonte di apprendimento dinamico, dove le lezioni teoriche si alternano a laboratori pratici condotti “sul campo”, con il coinvolgimento di professionisti della comunicazione della natura, dell’agricoltura e del paesaggio, in contesti di eccellenza. La figura professionale modellata dal
Master è orientata a gestire contesti di comunicazione multidisciplinari e complessi. Con la necessità di comprenderli pienamente e poi diffonderli correttamente al pubblico. Un lavoro culturale, intellettuale e creativo, che trova spazio nel web journalism e nuovi media, nei media tradizionali, nelle amministrazioni sul territorio, nelle aziende ed associazioni. Senza dimenticare le competenze necessarie ai comunicatori professionali e freelance che operano in autonomia.
gi e il racconto della Natura (Modulo D); Strumenti per la comunicazione e l’educazione ambientale (Modulo E); Strategie di comunicazione e processi partecipativi (Modulo F). Gli studenti devono poi svolgere un tirocinio di 180 ore: sono facilitate esperienze anche presso enti diversi dall’Università e redazioni prestigiose. Al termine del corso è prevista la stesura dell’elaborato finale (Tesi di Master) e la sua discussione.
Come è strutturato il Master
Il nostro Centro Istruzione e Formazione ha giocato un ruolo importante nella progettazione, nell’avvio e nella realizzazione di questa nuova iniziativa didattica. Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino ha condiviso fin dall’inizio la fase progettuale, partecipa al Comitato Scientifico-Didattico insieme agli altri partner ed ha gestito direttamente alcune attività didattiche (F.3 Agricoltura e territorio: la comunicazione degli impatti e dei benefici della produzione agroalimentare, a cura di Manuel Penasa; C.2 Minacce alla biodiversità: la crisi del Cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio, a cura del Parco) ed ha supportato la logistica di diverse altre. Nella parte di lezioni frontali, tutto il sottomodulo A.5 (Agricoltura e selvicoltura) è stato affidato al CIF che lo ha sviluppato grazie all’apprezzato impegno di numerosi docenti: Barbara Centis, Tommaso Comper, Fer-
Il Master prevede 1500 ore di impegno, di cui 152 ore dedicate a lezioni frontali e 320 di attività pratiche, per un totale di 60 CFU (Crediti Formativi Universitari). Il corso è strutturato innanzitutto in due moduli introduttivi con lezioni frontali, per fornire le competenze di base nell’ambito di Ecologia e Biologia della Conservazione (Modulo A) nonché Teorie e Tecniche di Comunicazione (Modulo B). Tutte queste lezioni vengono messe a disposizione sulla piattaforma e-learning dell’Università degli Studi dell’Insubria e sono fruibili on demand. Gli altri quattro moduli sono il vero cuore pulsante del Master: 16 diverse attività caratterizzanti, configurate come esperienze didattiche teorico-pratiche o case study. I moduli si collocano in queste aree: Comunicare la Biodiversità (Modulo C); I linguag-
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Il ruolo del CIF
A: Malga Villar Bassa: un momento della giornata di attività didattica su “ la comunicazione degli impatti e dei benefici della produzione agroalimentare” B: Malga Villar Bassa: Il Prof. Manuel Penasa durante l’attività di caseificazione
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nando Maines, Romina Menapace, Manuel Penasa e Cinzia Roat.
Gli iscritti, dei valorosi
C-D: Un momento della giornata di attività didattica su “Minacce alla biodiversità: la crisi del Cervo nel Parco Nazionale dello Stelvio” E: Caseificazione (Bogna Sudoloska)
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A questa edizione inaugurale del Master “FaunaHD” si sono immatricolati diciotto studenti, la maggior parte proveniente dalla Lombardia, ma sono rappresentate anche diverse altre aree geografiche tra cui Abruzzo, Emilia Romagna, Veneto e ovviamente il Trentino. Anche le età e la formazione dei partecipanti sono risultati particolarmente vari: dalle lauree in ambito naturalistico… alla laurea in filosofia. Una caratteristica che ha accomunato tutti gli studenti è indiscutibilmente la
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motivazione. L’emergenza sanitaria legata a Covid 19 ha infatti inevitabilmente complicato e rallentato le attività didattiche in presenza che, dopo un andamento a singhiozzo dettato dalla pandemia, si concluderanno a ottobre 2021 con l’ultima settimana sul campo nei parchi lombardi. Mentre numerosi studenti hanno già iniziato il proprio tirocinio formativo presso aree protette e istituti di ricerca, in un caso anche all’estero, questo ambizioso progetto prosegue e si prepara per l’avvio della seconda edizione, previsto per marzo 2022. Per maggiori info sul percorso didattico: http://uagra.uninsubria.it/ master-faunahd/
Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino: puntare all’eccellenza Il lavoro di Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino, come ogni altra attività di formazione, ha subito forti limitazioni e rallentamenti a causa della pandemia, con le misure di prevenzione e controllo conseguenti. L’emergenza ha indotto a proporre, ove possibile e opportuno, dei percorsi formativi in modalità a distanza. Questa forzatura ha comunque generato anche degli effetti postivi, spronando la necessità di immergersi velocemente e con efficienza nell’universo, prima poco esplorato, della formazione a distanza. Con l’urgenza di comprendere e quindi progettare una didattica efficace attraverso strumenti diversi da quelli tradizionali. Da questo punto di vista, si è trattato di un proficuo banco di prova. Delle nuove esperienze e competenze acquisite si cercherà di fare tesoro, mantenendo offerte formative in FAD dove ha senso farlo ma, soprattutto,
sviluppando nuovi prodotti digitali e materiale didattico multimediale da utilizzare a supporto del consueto lavoro con le classi, in aula e sul campo.
A ritmo sostenuto In ogni caso, quando si è riaperta la possibilità di svolgere corsi in presenza, l’attività dell’Accademia è ripartita a ritmi più che sostenuti. Da una parte, insieme alla programmazione regolare, andava fatto quanto rimasto in sospeso, dall’altra si sono percorse nuove strade e presentate nuove esigenze formative. Sin dalla sua istituzione (accordo tra Provincia Autonoma di Trento e Fondazione Edmund Mach del 2009), ad Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino è stato affidato il compito di soddisfare specifiche esigenze formative nelle materie ambientali forestali e faunistiche di “utenti sia pubblici che privati della provincia di
ETTORE ZANON Responsabile Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino
I daini nelle foreste planizali boeme
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Trento… nonché il soddisfacimento di richieste formative provenienti da ambiti pubblici o privati esterni alla provincia di Trento”. Con questa mission - formare per conseguire abilitazioni richieste dalla norma ma anche diffondere competenze e sensibilità in un ambito così delicato come quello della gestione faunistica – l’Accademia opera da alcuni anni anche fuori dalla provincia di Trento.
Belluno punta su di noi
Momenti del corso per l’abilitazione al prelivo selettivo degli ungolati. A: foto di Vlaďka Bartošová
Nel tempo, sono stati realizzati numerosi percorsi formativi richiesti, volta per volta, da amministrazioni o associazioni di altre Regioni. Da quest’anno però l’attività fuori provincia si arricchisce di un impegno strutturale: con una convenzione, la provincia di Belluno ha infatti affidato al CIF la programmazione, organizzazione e gestione di percorsi formativi e relativi esami per il conseguimento di abilitazioni in ambito venatorio. Si
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tratta di una nuova ambiziosa sfida professionale che l’Accademia affronta con motivazione, responsabilità e anche una punta di orgoglio per la fiducia riposta nel suo lavoro. La prima sessione di corsi a Belluno ha preso il via nel luglio scorso.
I corsi residenziali Alle esigenze formative emergenti fuori provincia sono dedicati anche dei corsi residenziali per l’abilitazione al prelievo selettivo di Ungulati, sviluppati in conformità alle specifiche Linee guida dell’ISPRA e riconosciuti dalle varie Amministrazioni regionali italiane. Si tratta di settimane full immersion organizzate per piccole classi a numero chiuso in strutture didattico/ricettive selezionate, situate in natura, a stretto contatto con popolazioni di Ungulati di agevole percezione, per facilitarne ed ottimizzarne l’osservazione. Ogni giorno gli studenti, oltre a seguire otto ore di
lezione, in orario serale o mattutino secondo la stagione, partecipano ad uscite di osservazione e monitoraggio di grande valore didattico. Questo particolare percorso si è svolto sino ad oggi in Val di Rabbi, preso la Malga Monte Sole, nel cuore verde del Parco Nazionale dello Stelvio trentino, nel periodo del bramito del Cervo.
Un fiore all’occhiello boemo Dal 2021 si è potuta aggiungere un’edizione del Corso per l’abilitazione al prelievo selettivo di Ungulati organizzata in Repubblica Ceca, nelle foreste planiziali boeme. Il corso si è svolto presso la “Kinski dal Borgo As”, un’azienda modello che integra sapientemente agricoltura, gestione forestale e gestione faunistica su un territorio molto vasto, circa 10.000 ettari, con al suo interno anche un sito Natura 2000. L’oculata gestione venatoria produce elevate densità di Ungulati,
con conseguente facilità di osservazione. L’eccezionale disponibilità di infrastrutture e spazi rende possibili una serie di esperienze pratiche immediate, per esempio nella gestione in sicurezza delle armi o nelle materie veterinarie di igiene e qualità delle carni di selvaggina, che altrove sarebbero impraticabili. Su queste basi si è riusciti a realizzare un percorso di formazione venatoria con modalità e standard realmente europei, di eccellenza. Potremmo dire che questo corso rappresenta il ”fiore all’occhiello” di un’offerta formativa ormai molto articolata che, in ogni sua declinazione, punta sempre alla qualità. Con oltre un decennio di esperienza, con nuove iniziative di livello, oltre che con il numero importante di studenti che partecipano ai corsi ogni anno, l’Accademia si pone ormai fra i principali attori della formazione faunistico gestionale a livello italiano e non solo.
Momenti del corso per l’abilitazione al prelivo selettivo degli ungolati e foto di gruppo finale dei partecipanti
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Don Renato, una vita per l’Istituto Agrario Il suo appello agli studenti: “ Rendete grazie per aver potuto studiare in questa scuola” Con l’anno scolastico 2020/ 2021 don Renato Scoz conclude il suo incarico di assistente spirituale al convitto lasciando il posto all’ex studente don Daniele Armani.
SILVIA CESCHINI Responsabile dell’Ufficio comunicazione e relazioni esterne
Foto di un’uscita didattica in Val Concei
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Per la comunità della Fondazione Mach, e ancora prima per l’Istituto Agrario, don Renato Scoz non è stato solo un docente di religione. Per gli studenti, ma anche per i dipendenti, è stato soprattutto un padre spirituale, un amico, un confidente nei momenti importanti del percorso scolastico e lavorativo, un valido supporto per i ragazzi nell’affrontare l’esperienza del convitto per la propria crescita personale e umana. Ha insegnato religione per 42 anni, di cui 30 all’Istituto di San Michele; dal 2005 è stato assistente spirituale al convitto della Fondazione Mach (503 le “lettere del Curato” agli studenti) dove ha lavorato fino al 2021, anno in cui ha ceduto l’incarico a
don Daniele Armani, ex studente di San Michele. Studi teologici in seminario, appassionato fotografo e cultore dei nuovi media, d’estate durante le sue ferie è andato spesso a trovare gli studenti tirocinanti nelle aziende. Ha celebrato matrimoni, battesimi e funerali per i dipendenti. Nelle classi è entrato dal 1978 per la consueta foto di gruppo e tiene tutt’ora un archivio con migliaia di immagini. I dipendenti lo ricordano anche per gli immancabili biglietti augurali a Natale e Pasqua: perfino la pandemia non lo ha fermato raggiungendo nel 2020 la comunità di San Michele con le “nuove tecnologie” e gli studenti con la messa di fine anno scolastico in diretta streaming.
Don Renato Scoz, classe 1940, ordinato sacerdote nel 1966, ha insegnato fin da subito alle scuole elementari, assistente religioso della scuola alberghiera dell’ENALI a Povo; insegnante di religione a Trento nelle scuole Verdi e Nicolodi, è stato aiuto-parroco a Mattarello, poi per 17 anni a Oltrecastello, sei anni ai Solteri, quattordici in San Martino e collabora da circa dieci anni con il parroco di Vezzano per le chiese di Lon e Fraveggio, Vezzano, Margone, Ranzo, Santa Massenza e Padergnone. 1. Lei è stata una presenza importante in questo istituto, per gli studenti, per i dipendenti. Facciamo un bilancio di questi 44 anni a San Michele... praticamente mezza vita.. Sono stati gli incontri vari, come quelli generali come Collegi docenti, Consigli di classe, quelli specifici con le singole classi, con i genitori, sono stati gli incontri a caratterizzare la lunga esperienza. La scritta di Avanzi che troviamo all’ingresso della scuola è una guida: “La scuola è rappresentata dagli studenti che ne costituiscono la forza spirituale”. Gli incontri hanno dato vita a legami che continuano ora: in settimana c’è l’incontro con l’UDIAS alla Mendola, ci saranno anche ex allievi di 89 anni conosciuti 44 anni fa come genitori, poi una classe festeggia il 30° anno di diplo-
ma, un’altra si riunisce come fa da alcuni anni, venerdì scorso sono andato a Tione per partecipare a un incontro con padre Alessandro Valenti ex allievo ora sacerdote peruviano a Lima in un grande convitto per bambini orfani. Ricevo quotidianamente WhatsApp con foto di vitelli, vacche e sono gli studenti che mi salutano dai loro posti di lavoro. Oggi ho ricevuto “posta” da Brentonico, Pozza di Fassa, da Lanza. L’altro giorno dalla val Rendena e dal Vanoi. Per parlare di bilancio posso dire di continuare anche in pensione il legame spontaneo con numerosi allievi e famiglie. Ho citato gli ultimi casi, ma il discorso potrebbe essere lungo. 2. Cinque grandi ricordi da segnare sul calendario... Al primo posto metto le varie uscite didattiche in varie città d’Italia ( Roma, Firenze, Venezia, Aquileia con il matrimonio di Paolo e Flavia allievi FEM ed ora docenti), in Germania al seguito degli studenti in tirocinio linguistico-pratico, in Austria nella scuola gemella di Rotholz, in Istria a Parenzo, altra scuola gemella. I viaggi d’istruzione sono stati veicoli per dare ai giovani informazioni storiche, artistiche e religiose. Al secondo posto l’uso degli audiovisivi: a Pasqua del 1981 con videoregistratore e TV
Don Renato celebra la messa di chiusura dell’anno scolastico 2020/21
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a colori è cominciato un nuovo corso. Al terzo posto il continuo modificarsi dell’Istituto con percorsi adatti alle esigenze attuali. Le classi che nel 1978 erano 17 sono ora più di 40. Al quarto posto i grandi ricordi degli studenti che ci hanno preceduti lasciando questo mondo per malattie, incidenti stradali, anche morti molto dolorose…sono più di 100. Al quinto posto gli ex allievi che, conseguito il diploma, sono entrati in seminario ed ora “cantano” Messa. Sono don Carlo Specher che non è stato mio allievo avendo fatto gli studi prima del 1978, anno del mio inizio a San Michele, don Daniele Armani ora parroco di Denno ( e altri paesi) e assistente religioso in Convitto, don Massimiliano Detassis ora parroco a Spormaggiore ( e altri paesi) e padre Carlo Mielcic dei Fratelli di Charles de Foucauld, don Alessandro Valenti. 3. Da insegnante di religione ed assistente spirituale. Quale è stato il compito più bello e quello più difficile? Mi sono trovato bene, benissimo sia a scuola che in Convitto. Penso che
Don Renato suona la fisarmonica in occasione dei festaggiamenti della fine dell’anno scolastico
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nella vita bisogna conoscere l’aria che tira, conoscere la scala di Beaufort, avere strumentazioni personali per distinguere la bava di vento, la brezza, il vento fresco, la burrasca, la tempesta, l’uragano. Fuori metafora: una persona, una classe, una struttura ha le sue risorse e i suoi problemi. Vale ancora quello che diceva san Francesco di Sales ( ispiratore di don Bosco, da cui Salesiani): si prendono più mosche con un cucchiaio di miele che con un barile di aceto. 4. Quando si parla di foto di classe è inevitabile pensare all’autore: don Renato. Quante ne ha scattate? Per quanto riguarda le foto devo dire che mi hanno sempre interessato fin dalle scuole elementari; poi in seminario e nella scuola. Le conservo con un ordine sufficiente sia le stampe che le diapositive ed ora le chiavette e i DVD. Conservo le foto di classe dal 1978 e nella foto di 6S c’è il nostro vicepresidente Mario Tonina. Ho tutte le 5 foto del Presidente Maurizio Fugatti e di lui pure le risposte ad Annalisa Manduca venuta a fare un
servizio a san Michele. Memorabile è l’intervista del prof, poi Preside, Spagnolli a Che fai? Mangi? 5. Don Renato, in 50 anni come è cambiato il rapporto con gli studenti? Il rapporto con gli studenti si è molto ammorbidito. In tutti gli ambienti si è più gentili, ma sinceramente gentili. Una volta la scuola… faceva anche paura. 6. Quale messaggio lancia agli studenti e ai dipendenti? Lancio questo messaggio: Rendete grazie per aver avuto la possibilità di
studiare in una scuola tecnica agraria che ha i piedi “per terra” e a San Michele che porta avanti la passione per l’agricoltura dal 1874 passando da “padre in figlio” le varie scoperte. Ai dipendenti FEM auguro che possano avere la certezza del lavoro per il quale sono preparati, che siano costruttori di amicizia reciproca, che possano avere serenità nelle loro famiglie e di avere amministratori, presidenti, consiglieri accorti, sensibili e premurosi perché come è scolpito sulla botte del Presidente Kessler “sollertia res percrescunt”. Con il darsi da fare senza risparmio le “cose” crescono ad oltranza.
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Vista sulle Pale di San Martino verso Cima Mulaz Archivio personale Francesco Conforti
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ALBUM FOTOGRAFICO ALBUM FOTOGRAFICO
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Classe 5A PT BARBERIO SOFIA BASTERI ALBERTO BOTTURA LORENZO CHINI NICOLA CHIUSOLE LAURA DEPAOLI GIORGIA DONATI ALBERTO ECCEL SABRINA LUNELLI MARILENA MARCOLLA CARLO MATTE’ GIULIA MENGON DAMIANO MODENA RICCARDO PATERNO SIMONE RIGOTTI MARINA RIZ ESTHER STAFFELDT JOANA ALICIA STROPPA FEDERICA TORBOL SAVERIO ZOTTA BENEDETTA ZUCOL FRANCESCO A causa della presenza a scuola in maniera discontinua per le regole imposte dall’emergenza sanitaria da coronavirus, non siamo in possesso di tutte le foto degli studenti della classe
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5A PT, nonostante ciò si vogliono ricordare gli altri studenti della classe: COSER CHRISTIAN GIULIANI STEFANO MARZARI ENEA MEGGIO SEBASTIANO PODA FRANCESCO
ALBUM FOTOGRAFICO
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Classe 5B PT BEBBER SIMONE BRUNORI ALICE CALOVI MATTEO CRISTOFORETTI SARA DALDON MICHELE DEBIASI TOMMASO DEIMICHEI CHIARA DELAITI EMMA DONINI CRISTIANO GIOVANELLI LUCIA HOLLER PATRICK LOSS GIORGIA MARTINI ELENA MOSCA GIORGIA NEGRI METTIA PEDROTTI MICHELE PETERLANA FRANCESCO PICCINO ELEONORA RANZI MATTEO RONCADOR STEFANO ROSANI EMANUELE ROSSI FEDERICO STROPPA LORENZO VETTORI FEDERICA ZANELLA ALESSIA
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Classe 5A GAT ARMANI JURI BORTOT CECILIA CLEMENTEL MANUEL LONER ALEX SCARPIELLO CECILIA TADDEI GABRIEL VILIOTTI GIUSEPPE A causa della presenza a scuola in maniera discontinua per le regole imposte dall’emergenza sanitaria da coronavirus, non siamo in possesso di tutte le foto degli studenti della classe 5A GAT, nonostante ciò si vogliono ricordare gli altri studenti della classe: MARINI MARGHERITA SPERANZA GIULIA SVEVA ZADRA GIACOMO ZANIN LEONARDO VOLTOLINI GABRIELE
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Classe 5B GAT GALVAGNI MARTINA GIOVANNINI ENRICO LUNELLI GABRIELE POLLINI MICHELE RATTIN GIORGIA SIGHEL MATTIA ZAMBOTTI ANNUSA ZOTT DAVIDE A causa della presenza a scuola in maniera discontinua per le regole imposte dall’emergenza sanitaria da coronavirus, non siamo in possesso di tutte le foto degli studenti della classe 5B GAT, nonostante ciò si vogliono ricordare gli altri studenti della classe: ANTONIUTTI DAVIDE CATTANI SERGIO COSER FRANCESCO DORIGONI LORENZO FREGNI GABRIELE VALENTINI SIMONE
ALBUM FOTOGRAFICO
143
Classe 5 VE BALDO MARTINA BRAVI ELETTRA CALOVI SILVIO FIAMOZZI CHIARA GRIGOLETTI FEDERICO MIORELLI ANDREA PALLAORO ROMEO PEDRAZZOLI AURORA PEDROTTI DAVIDE POLI MASSIMILIANO RONCADOR MATTEO TARTER RICCARDO ZENI ELISA A causa della presenza a scuola in maniera discontinua per le regole imposte dall’emergenza sanitaria da coronavirus, non siamo in possesso di tutte le foto degli studenti della classe 5 VE, nonostante ciò si vogliono ricordare gli altri studenti della classe: BEDIN FRANCESCO BERASI RICCARDO BERTOLINI SIMONE DOLZAN NICOLO’ FADANELLI EMILIANO GADLER ELISABETTA
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LUCCHINI DIEGO RECCHI DAVIDE TADDEI LORENZO TRAINOTTI SOFIA VENTURINI SAVERIO
ALBUM FOTOGRAFICO
145
Classe 4 ALI DALSASS ANDREA FRANCISCI MICHELE LORENZI MARCO MARASCHIN CLAUDIO OGNIBENI MANUEL PELLEGRINI TOBIAS ZENO PEROCESCHI CRISTIAN POLLA DARIO ROPELATO MIRCO SANTAGOSTINO BALDI NICOLA SCARPA YURI VINANTE GIACOMO ZANINI GABRIELE ZOTTELE ANDERA
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Classe 4A TIA BATTISTI EMIL BAVUTTI GABRIELE BEGHER FILIPPO CONDINI ANDREA CORN MARIKA DALLAPORTA ANDREA DALLASERRA DANIEL FAVRIN MATTIA GIACOMELLI GABRIELE MONTIBELLER DENNIS MOSER GIORIA PIFFER MATTIA RIZZI LEONARDO ROAT DANIELE SONTACCHI GABRIELE ZUCAL NICOLO’
ALBUM FOTOGRAFICO
147
148
Classe 4B TIA BEBER ARIANNA BRUNORI MARTINA CANTONATI MATTEO CAOLA ENRICO CASTELLAZ GIORGIO COLLINI DAVIDE DALLAVALLE LUCIA GIACOMELLI MATTHIAS IELLICI IVAN KALTENHAUSER LORIS MASE’ MATTIA MOCHEN CRISTIAN MODENA NICOLA PRET DAMIANO SIMONETTI NICOLA VEDOVELLI CRISTIANO VERONES KEVIN ZAMBELLI LIA
ALBUM FOTOGRAFICO
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150
Classe 4 DUALE BENEDETTI GIULIA BONGIOVANNI VALENTINO GIOVANNINI MATTIA LUNELLI MARTINO MITTEMPERGHER GIACOMO NAVE ALESSIO
ALBUM FOTOGRAFICO
151
Classe 3 ALI BERETTA MARCO GIOVANNI, BONAPACE ANTONIO, CAMPAGNOLA MICHELE, A causa della presenza a scuola
CORRADINI FRANCESCO, DALLONA AURORA, DALPEZ MICHELE, DALPRA’ LORENZO,
in maniera discontinua per le regole
DELLADIO MARTINA, FEZZI ANDREA, GABBI EMMA, GAGGERO FRANCESCO,
imposte dall’emergenza sanitaria
GOTTARDI DENNIS, LORENZONI BRUGNARE ANGELO, MAFFEI DANIEL, MASE’ FEDERICO,
da coronavirus, non siamo in possesso
MEGGIO ALAN, MOSNA LEONARDO, NAVE PIETRO, PELLIZZARI MARIKA,
delle foto degli studenti della classe
RONER ANGELA, ZECCHINI ANDREA, ZUECH GIANNA
3 ALI, nonostante ciò si vogliono ricordare gli studenti della classe.
Classe 3A OTA ARMANINI DANIEL, CONTER MATTEO, DEIMICHEI GABRIEL, ENDRIZZI PAOLO, A causa della presenza a scuola
FORNO VALENTINO, FRANZOI GIACOMO, HOLLER DENNIS, MARCHIORI LEONARDO,
in maniera discontinua per le regole
PARIS MICHELE, POZZIO ANDREA, PRENCIPE GABRIELE, TRAINOTTI MARTIN,
imposte dall’emergenza sanitaria
ZANONI ALESSANDRO
da coronavirus, non siamo in possesso delle foto degli studenti della classe 3A OTA, nonostante ciò si vogliono ricordare gli studenti della classe.
Classe 3B OTA BAZZOLI VALERIO, BONELLI GIOSUE’, CROSINA ANDREA, CUNACCIA DANIELE, A causa della presenza a scuola
FABBRO ARIANNA, FAVRETTO SARA, GASHI SAMIL, GIRARDI TOMMASO, IANES ANDREA,
in maniera discontinua per le regole
LITTERINI MATILDE, MARIOTTI LORENZO, PAOLI CHRISTIAN, PEDRI FEDERICO,
imposte dall’emergenza sanitaria
PIANTADOSI VANESSA, TISI VERONICA, VIT ELENA.
da coronavirus, non siamo in possesso delle foto degli studenti della classe 3B OTA, nonostante ciò si vogliono ricordare gli studenti della classe.
152
6 Enotecnico BEBBER FEDERICO CAVALLAR MIRCO ECCHER GIULIA KAPAURER ELIAS RUELE SAMUELE A causa della presenza a scuola in maniera discontinua per le regole imposte dall’emergenza sanitaria da coronavirus, non siamo in possesso di tutte le foto degli studenti della classe 6 ENOTECNICO, nonostante ciò si vogliono ricordare gli altri studenti della classe: ARNETOLI LORENZO, BARZETTI GAIA, BENETTI GABRIELE, BORRELLI GIUSEPPE, CAPPELLOZZA ALESSANDRA, CAUDA MATTIA, DANESE RICCARDO, DEBIASI VALENTINO, FACCI LORENZO, FASOLI RICCARDO, FRANCESCHI NICOLA, FREIRE BENTES MARIA GABRIELLA, GIRARDI MARIKA, GRANUCCI ELLEN, POLI NICOLO’, POROPAT ALESSIA, ROSOLIA PAOLO, TINTORI FILIPPO, TURRIANI IACOPO, VARONE ANGELICA
ALBUM FOTOGRAFICO
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Prato fiorito Archivio personale Ivano Artuso
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STAFF STAFF
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IL PERSONALE DEL CIF
Direzione Artuso Ivano Dirigente scolastico
Coordinatori di dipartimento Bianchini Alberto, Covi Michele, Panichi Andrea
Convitto Luppi Anna Maria Direttrice Convitto Antonelli Paolo, Arginelli Silvana, Candotti Michele, Degasperi Paolo, Ferrari Laura, Bacia Anna
Insegnanti
Foto di gruppo del personale di segreteria
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Alagna Alessandra, Bacchi Stefano, Baldo Damiana, Banetta Alessia, Bernardi Roberta, Bertè Raffaele, Bettini Serena, Bianchi Adriana, Biasiotto Diego, Bisognin Claudia, Bordin Cristina, Brentari Franco, Bridi Paola, Brun Flavia, Bucci Concetta Rosa, Budano Luana, Cappelletti Maria Beatrice, Casagranda Samantha, Celestini Francesca, Centis Barbara, Cetto Elena, Coltri Paolo, Comper Tommaso, Condini Giulia, Cova Giovanna, Crespi Maria, Cristan Denises, Cristellon Michele, Dallagiacoma Federica, Dalpiaz Ferruccio, Dalpiaz Giorgio, De Nisco Piero, De Ros Giorgio, Decristan Mara, Dellantonio Simonetta, Di Martino Alessandro, Drosdghig Andrej, Eccel Stefano, Emer Damiano,
Facchinelli Martina, Facchini Maria Luisa, Faraguna Alessandro, Fauri Pierluigi, Gaiarin Gianpaolo, Galvagnini Marco, Ghirardini Salvatore, Gilli Marialuisa, Giordani Nadia, Groff Luciano, Gruber Eliana, Iob Cinzia, Komjanc Matteo, Leonardelli Flora, Liuzzi Flavia, Maffei Eva Lavinia, Maines Fernando, Maines Milena, Maistri Mauro, Manfrini Tommaso, Maragnoli Stefano, Marchi Roberto, Martini Stefano, Mastroianni Russo Pietro, Matuella Paola, Menapace Romina, Minutolo Rino, Moser Giorgio, Moser Valentina, Mosna Giovanni, Osti Roberto, Paris Alessandro, Pegoretti Stefania, Penasa Alessandro, Pemasa Mauel, Perghem Franca, Piotto Martina, Pisetta Massimiliana, Piva Cristina, Roat Cinzia, Rosa Roberto, Russo Luca, Sandra Michele, Sandri Rossano, Sansone Anna, Schgraffer Manuela, Schiattarella Gennaro, Segatta Matteo, Segnana Andrea, Sicher Elisa, Sicher Martina, Simoni Katia, Taller Marco, Tarter Luigi, Tavonatti Nicola, Tomasi Anna, Tomasi Valeria, Tonidandel Mario, Tonon Anna, Trepin Marco, Valentini Roberta, Ventura Walter, Vitagiano Ausilia, Widmann Luigino, Zadra Elisa, Zadra Gianluca, Zandoinai Sara, Zanetti Daniela, Zuccatti Betti Anna
Tecnici e personale di supporto alla didattica Andreaus Paolo, Angeli Romina, Bellini Daniele, Berti Paolo, Bonomi Cristina, Conforti Francesco, Dalla Valle Paolo, Dorigoni Sabrina, Miccoli Beatrice, Salvetti Costanza, Scommegna Melissa, Stringari Paola
Personale ausiliario Bragagna Mauro Referente personale ausiliario Bampi Norris, Barchetti Maria Nicoletta, Bertagnolli Osvaldo, Bertò Roberta, Bertolini Emanuele, Bottamedi Carlo, Cattani Emilio, Eccher Maurizio, Filippi Angelini, Loner Alessio, Pallanch Daniele, Papalovi Alessandro, Pedrotti Sonia, Pegoretti Luciano, Ravelli Cristian, Redolfi Flavio, Sighel Daniele, Slanzi Urbano, Valgoi Sergio
Personale amministrativo Azuni Virginia, Bragagna Adriana, Clementi Elisa, Lombardo Elisabetta, Lorandini Stefania, Moscon Milena, Scaramuzza Clauidio, Tait Laura, Vulcan Elena
Accademia Ambiente Foreste e Fauna del Trentino Zanon Ettore Responsabile dell’Accademia Menapace Stefano
Biblioteca Lucianer Alessandra Responsabile della Biblioteca Barberi Grazia, Chistè Patrizia, Nicolini Patrizia, Tegazzini Maria Grazia, Zadra Lucia
STAFF
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Finito di stampare nel mese di dicembre 2021 Da LA GRAFICA SRL, Mori (TN)