e post-Rivoluzione. La decapitazione fine-settecentesca ed ottocentesca era una forma di morte massimamente spettacolarizzata, ma allo stesso tempo rituale, in quanto vigeva una vera e propria procedura standardizzata, sempre identica a se stessa: Il condannato dopo la sentenza veniva deprivato degli abiti e lasciato con i soli pantaloni (o gonna) e la camicia. Legati i polsi dietro la schiena e tagliati i capelli, veniva caricato su un carro che doveva farsi strada tra la folla per raggiungere il patibolo. A destinazione, una volta issato prono sul palco, allo sventurato veniva immobilizzato il capo con un traversino. A quel punto il boia azionava una leva che consentiva il rilascio di una pesante lama, la quale, in caduta libera per forza di gravità, lo decapitava.158
Tale “spettacolo” avveniva - e non poteva essere altrimenti per essere considerato tale - dinanzi ad una folla esultante, per la quale la morte del sentenziato è solo una maniera di raccoglimento comunitario, di fronte alla quale non si prova il minimo orrore. Durante l’Ottocento la concezione - o, meglio, “visualizzazione” - della morte pubblica è quindi ancora molto vicina, seppur a secoli e secoli di distanza, a quella dell’epoca di Tito, quando l’appena inaugurato Colosseo romano (80 d.C.) era palcoscenico per le più nefande esecuzioni di massa umane oltre che animali -, costruite ad arte per divertire il popolo: la morte è ancora, nella sua grande spettacolarizzazione, alquanto disinibita. Tra la folla, di fronte al patibolo si è di casa.
03.11 “La Terre et les Morts” - TERRA SANTA. La Terra Santa per eccellenza [...] è il «paese supremo», secondo il senso del termine sanscrito ParadeŚha, che i Caldei trasformarono in Pardes e gli occidentali in Paradiso. Altre «terre sante» ne sono il riflesso: quelle d'elezione di popoli a loro volta «eletti», quelle che compaiono nelle leggende, i simboli del «centro» dall’alba dei tempi, fin dall’epoca di Lucrezio, che nel De rerum natura (Libro II, 1-4) recita: “Bello, quando sul mare si scontrano i venti / e la cupa vastità delle acque si turba, / guardare da terra il naufragio lontano: non ti rallegra lo spettacolo dell’altrui rovina, ma la distanza da una simile sorte”. 158 Tratto da Testoni I., Il grande libro della morte. Miti e riti dalla preistoria ai cyborg, cit., p. 70. 03 - Verso Eusonia. L'Uomo e la Morte
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