UN GIRO IN MACCHINA 2019
FCA-PSA, ECONOMIE DI SCALA E USA I PILASTRI. COLLETTI BLU AL SICURO, PER ORA La fusione FCA/PSA è il miglior approdo per entrambi i gruppi, in un’ottica di lungo e di breve termine.
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a dimensione di circa 9 milioni di veicoli prodotti all’anno dà la scala adeguata a reggere gli investimenti, soprattutto sull’automazione e sulla connettività.
Oltre a questo, l’altro pilastro forte del merge è quello geografico. PSA è molto ben posizionata in Europa, con oltre il 16% di quota. In Sud America FCA, con Fiat e Jeep, è decisamente messa bene, ma anche PSA non scherza. La Cina è un altro discorso, lì il lavoro è tutto da fare, ma probabilmente hanno più chance i brand di lusso, Jeep, Maserati e Alfa Romeo, che non quelli generalisti, che devono vedersela con i marchi locali, i quali già adesso coprono metà della domanda. Nell’azionariato di PSA c’è la cinese Dongfeng, che rimane ma tenendosi le mani libere. Da qui la vediamo come sponda per il mercato cinese, ma da lì è probabile che vedano la cosa all’opposto, come una sponda europea per le produzioni cinesi, che magari potrebbe anche essere una carta in più, nel segmento low cost. Quelle vetture presto o tardi sbarcheranno a Trieste e allora sarà meglio averle in casa che fuori la porta a bussare alle concessionarie. Poi c’è il Nord America, il vero asset di FCA e capolavoro del compianto Marchionne. Invece nell’immediato, l’incastro combacia bene su due piani. Quello industriale e dei prodotti e quello finanziario. Sul primo, FCA ha una capacità produttiva di primissima qualità ma sottoutilizzata. Il che, se nel lungo termine una questione oggettivamente la pone, nel breve non dispiace ai francesi che su alcune produzioni vorrebbero essere più fluidi e veloci. Sarà per questo che il comuni152