FLOTTE AZIENDALI, DIESEL IRRINUNCIABILE MA I VALORI RESIDUI SCENDONO E I CANONI SALGONO
L
’industria dell’auto attraversa un periodo di ripensamento senza precedenti. Strategie nuove, che prevedono di riformulare la missione stessa dei costruttori, da metalmeccanici a service provider, al tempo stesso mettendo in cantiere decine di modelli basati su propulsori nuovi, elettrificati. Molti sono ibridi, ossia coniugano la trazione elettrica con quella termica, ma non pochi pretendono di affidare la mobilità alle sole batterie. Si tratta di prodotti nuovi, che i clienti non hanno mai utilizzato e nessuno può dire quanti di essi li adotteranno. Anche perché, diciamolo, c’è nell’aria una certa smania di futuro, che a qualcuno pare eccessiva. Nel senso che quando inesorabilmente arriverà potremmo scoprirlo stranamente e fastidiosamente somigliante al presente. Intendiamoci, il cambiamento sta nelle cose e non si discute. Piuttosto, sono il passo e la direzione da trattare con prudenza. Nel settore business, le auto sono strumento di lavoro e vengono valutate nel presente, secondo convenienza. In questi mesi, le imprese sanno che il diesel sta sopportando una significativa caduta di fascino, per usare un eufemismo. Perdere quasi 13 punti di quota di mercato nei primi due mesi è più di un segnale. Però quello è il mercato complessivo e include tante utilitarie, che non fanno tanti chilometri e magari era una forzatura prenderle a gasolio. Un’auto business risponde ad altre esigenze. Le percorrenze sono maggiori e l’affidabilità del propulsore conta almeno quanto la sua parsimonia alla pompa. Se poi aggiungiamo che il diesel ha emissioni di CO2 inferiori al benzina di circa il 20%, diventa ancor più difficile abbandonarlo. In effetti, gli addetti ai lavori riportano che i fleet manager valutano gli altri propulsori, specialmente quelli ibridi che permettono ai manager di girare tranquillamente 59