Film - 18 aprile-giugno 2021

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Ben congegnato e ben recitato, Cosa sarà ruota su un perfetto meccanismo di balzi temporali. Attraverso una serie di flashback (la mamma, il Ciccio Bello e le macchinette dell’infanzia) che il protago-

nista ha durante il suo ricovero in la sua forza, l’identità di se stesso, ospedale, il film restituisce a pieno sono racchiusi nella sua memoria. Importante la dedica a Mattia titolo il senso e il peso della memoria, proprio quando si percepisce la Torre. propria vita appesa a un filo. Elena Bartoni Perché il senso di un individuo,

di Giorgio Diritti

VOLEVO NASCONDERMI Origine: Italia, 2020

Apre il film l’immagine di un uomo nascosto sotto una coperta, impaurito come un bambino, mentre viene interrogato da un medico. Poi un improvviso flashback mostra i ricordi angoscianti dell’infanzia e adolescenza dell’uomo, maltrattato, deriso, umiliato, considerato vittima di demoni insinuatisi nell’anima. Toni non è un bambino come gli altri, è di sangue italiano, ma è in Svizzera fin dalla nascita, avvenuta a Zurigo a fine Ottocento. Fin da piccolo, malato di gozzo e rachitismo, è affidato ad una famiglia di contadini svizzeri tedeschi, che lui considera come i suoi veri genitori. A neanche vent’anni viene espulso dalla Svizzera e costretto a rifugiarsi in Italia, in un paese che per lui è assolutamente straniero e di cui non parla la lingua. Giunto a Gualtieri, località emiliana sulle sponde del Po, di cui è originario il marito della madre biologica, Bonfiglio Laccabue, il giovane Antonio patisce freddo, fame e soprattutto una grande solitudine. Per riempire i suoi vuoti esistenziali, tra un impiego saltuario e l’altro, Ligabue scopre l’arte. L’incontro con Renato Marino Mazzacurati, che lo accoglie a casa sua, è l’occasione per avvicinarsi alla pittura, unico tramite per costruire la sua identità e per farsi riconoscere e amare dal mondo. Deriso ed umiliato dalla gente, Antonio entra ed esce dal manicomio, rifugiandosi

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sempre più nel suo mondo fantastico di tigri, gorilla e giaguari. Ma la sua rimane soprattutto un’esclusione dall’amore. È questo che Toni cerca furiosamente, nell’aia rincorrendo le galline, abbracciando le sue tigri immaginarie, o nel tinello di una casa contadina mentre osserva pudicamente Cesarina, la figlia della massaia di cui è innamorato. L’amore è il tabù, il paradiso per sempre interdetto, per cui il suo desiderio erotico viene simultaneamente liberato tramite il travestimento con abiti da donna. Anche quando, grazie all’amico, Ligabue diventa famoso e celebrato per i suoi quadri, si sente sempre fuori posto. All’apice del successo, a Roma per l’inaugurazione della sua prima personale, fugge dalla stanza dei quadri per immergersi tra le strade notturne della capitale, attratto da un senzatetto accasciato a terra. Osserva gli animali e li imita, li accarezza, li abbraccia sentendosi apprezzato solo da quelle anime pure e dai bambini. La sua disperazione quando muore una bambina di Gualtieri è straziante e rivela tutta la sua tenerezza ed umanità. Dopo essere stato colpito da un’emiparesi che gli immobilizza un braccio, Antonio deperisce sempre più e finisce i suoi giorni spegnendosi in uno spartano ricovero del paese.

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Fresco di ben undici premi, dal Festival di Berlino ai sette David di Donatello, passando per l’Europe25

Produzione: Carlo Degli Esposti, Nicola Serra per Palomar e Rai Cinema Regia: Giorgio Diritti Soggetto e Sceneggiatura: Giorgio Diritti, Tania Pedroni, Fredo Valla Interpreti: Elio Germano (Antonio Ligabue), Oliver Ewy (Antonio Ligabue Adolescente), Paola Lavini (Pina), Gianni Fantoni (Antonini), Maurizio Pagliari (Sassi), Pietro Traldi (Renato Marino Mazzacurati), Leonardo Carrozzo (Antonio Ligabue bambino), Orietta Notari (La Madre Di Mazzacurati), Fabrizio Careddu (Ivo), Mario Perrotta (Raffaele Andreassi), Valentina Vanini (Cantante lirica), Denis Campitelli (Nerone) Durata: 120’ Distribuzione: 01 Distribution Uscita: 27 febbraio 2020

an Film Awards, Volevo nascondermi rappresenta una bella sfida per il regista bolognese Giorgio Diritti, che si cimenta con la biografia di un artista complesso da decifrare come Antonio Ligabue. Soprattutto per il confronto nella memoria collettiva con lo sceneggiato televisivo del 1977 dedicato all’artista, diretto da Salvatore Nocita. Diritti sceglie invece una messa in scena elegante e veritiera per il suo biopic d’epoca, ritratto di un uomo che si fa penetrante, minuzioso nel dipingere l’unicità spirituale dell’artista, ma sufficientemente aperto per ambire ad una significato universale. Un film dove la tessitura del racconto è libera perché bianca, senza bordi né limiti, un foglio dove disegnare la propria partitura. Il ricordo personale doloroso, drammatico del protagonista non può che essere


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