4.3.13 MAX BILL Artisti del calibro di Vasily Kandinsky, Paul Klee e dell'architetto tedesco Walter Gropius (1883/1969) presso la scuola sperimentale Bauhaus, furono gli insegnanti di un giovane attratto dai rigorosi principi matematici-geometrici con cui approcciava ogni suo contenuto artistico; la nuova geometria definita “analisi dello spazio” o topologia era la sua ossessione. La data ufficiale della nascita di questa nuova branca della Matematica si deve sempre a Poincarè, che nel 1895 la definisce come l' ”analisi della posizione”, cioè un sottoinsieme della geometria che fa conoscere le proprietà qualitative delle figure geometriche non solo nello spazio che conosciamo, ma anche in quello a più di tre dimensioni. Pochi anni prima, nel 1858, un matematico ed astronomo tedesco August Moebius (1790/1868) descrisse una nuova superficie dello spazio tridimensionale a cui in seguito fu assegnato il suo nome: Nastro di Moebius, che abbiamo già incontrato indagando su Escher. Brevemente, questa forma ha la proprietà di poter esser percorsa tutta ritornando nel punto esatto da dove si è partiti, per cui per essa non è possibile fissare un verso di percorrenza e risulta quindi avere una sola faccia. Il giovane studente di cui sopra, Max Bill (1908/1994), un giorno, giocando con una striscia di carta, nelle mani si trovò un “nastro di Moebius”, ma non sapeva che questa scoperta aveva già avuto una nascita, cioè era già stata rivelata quasi 70 anni prima. Era il 1935 e da lì in poi, Max Bill lavorò costantemente con questo nastro a cui diede il nome di “Endless Ribbons”, nastri senza fine. Gli studi che già lo affascinavano sulla topologia divennero una costante insieme a quella di creare opere riproponendo in tutte le dimensioni e materiali il famoso nastro. Max Bill era un pittore, ma soprattutto uno scultore, e riteneva la geometria l’elemento primo di ogni opera plastica perché esprime le relazioni tra le posizioni nel piano e nello spazio. La passione per la topologia, dopo la scoperta da parte sua del nastro di Moebius, accrebbe in Bill per due fondamentali ragioni: la prima perché ricevette complimenti per la reinterpretazione del simbolo egiziano dell’ infinito, di cui lui non era a conoscenza, e la seconda fu data dalla constatazione che nello sviluppare superfici, queste portano sempre a formazioni che dimostrano possedere una realtà estetica, determinata dalle leggi proprie della Matematica. Infatti il Nastro di Moebius è uno di quei casi in cui la matematica si manifesta in un’opera determinandone il suo valore estetico e i suoi misteri; la presenza di questa forma richiama all’ineffabilità dello spazio, all’allontanamento o alla vicinanza dall’infinito, alla sorpresa di uno spazio che contemporaneamente stabilisce nello stesso punto il suo l’inizio e la sua fine, di un infinito che si apre e chiude in se stesso. L’ Arte di Bill poggiava sulla premessa di un’arte nella quale l’immaginazione dell’artista sarebbe stata sostituita dalla concezione matematica: “Si sostiene che l’arte non ha niente a che fare con la matematica, che quest’ultima costitutisce una materia arida, non artistica, un campo puramente intellettuale e di conseguenza estraneo all’arte. Nessuna di queste due argomentazioni è accettabile perché l’arte ha bisogno del sentimento e del pensiero ...... Il pensiero permette di ordinare i valori emozionali perché da essi possa uscire l’opera d’arte.” (21)
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