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Era lui che cercavano. Volli provare la pistola: me la dette, pesava e non riuscii a premere il grilletto; per anni pensai che non ero abbastanza forte, non che aveva messo la sicura. Qualche anno prima scriveva “vinceremo”, qualche giorno prima aveva fatto quella pazzia: senza mai pensare di trarne vantaggio, solo seguendo l'impulso del momento come quando anni prima aveva salvato un uomo dalla folgorazione o aiutato mesi dopo la moglie di un “repubblichino” incarcerato a Vicenza: lei ci regalò un grazioso cagnolino, la nostra “Boba”. Qualche tempo dopo tornammo a Vicenza. La Boba al chiuso era un disastro; fu riportata dai nonni paterni, ma spesso andava a trovare gli altri nonni, come facevamo noi. (*) I pannolini di tela non si gettavano ma venivano lavati, asciugati, riutilizzati e conservati per altri figli. I neonati erano stretti in fasce. Vicenza Orazio occupò parte del nostro appartamento per un po’, poi scese di un piano: quello che era stato il suo pavimento era diventato il suo soffitto. Era un “borsanerista”, contrabbandiere dei dazi comunali, maledetto e benemerito. La sua stanza (con porta sul pianerottolo) era piena di generi che non si trovavano nei negozi (quasi niente c’era allora nei negozi). Riempiva due sporte, le appendeva a destra e a sinistra sul manubrio della bici e se ne andava in giro a vendere la sua merce: per me è stato il primo “lavoratore in nero” oltre che primo “abusivo”. Mi metteva un po’ di paura con quel suo fare