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La scuola Tutto questo discorso è nato considerando che quasi nessuno dei bambini va oggi a scuola a piedi, da solo, non accompagnato in macchina dai genitori, mentre ai nostri tempi era il contrario. Ho ripensato alla scuola nel paese, alla sberla che mi sono preso dall’insegnante, ai sassi caldi che tenevamo nelle tasche d’inverno camminando su strade ghiacciate, alle sli§egade (scivolate) sulle lunghe lastre di ghiaccio (sli§egaro·e) naturali o provocate con secchiate d’acqua, alle grandi stufe della scuola e alla poca legna, a quanto fosse vicina a casa la scuola a Vicenza: volevo parlare di questo ma ho parlato di tante altre cose e mi accorgo che sulla scuola non ho molto da dire. La sberla dall’insegnante nella scuola del paese è giunta inaspettata ma forse non immeritata. Eravamo in classe, si sentivano gli aerei volare bassi, ripetutamente. Siamo corsi tutti alle finestre a guardare (ma perché non ce l’ha impedito?). Io guardavo, ammiravo, ho espresso ad alta voce la mia ammirazione – “che picchiata!” – e mi sono preso un sonoro schiaffo in faccia: i caccia “americani” stavano mitragliando la stazione, un due-trecento metri davanti a noi … proprio dove l’insegnante abitava. Magari oggi i genitori la denuncerebbero: i miei non lo fecero, anche perché prudentemente non ne parlai, allora. Alla scuola di Vicenza anche se avessimo avuto l’automobile mai ci sarei andato non a piedi. Nelle strade non c’era gran traffico: biciclette, qualche carro trainato da cavallo o asino, qualche rara vettura, il filobus (el tran co·e tirache). Per i passaggi pedonali non c’erano strisce ma