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idea delle distanze e delle difficoltà, pensavo fosse a una cinquantina di chilometri. Faceva caldo e io ero vestito di conseguenza: calzoncini corti e camicia leggera con manica corta. Solitamente non avevo né cibo, né borraccia, né borse, né zainetto. A quel tempo nessuno portava lo zaino se non per andare in montagna, di sicuro nessuno a Vicenza. Ma qualche anno dopo a Brunico ho constatato che lo usavano in molti, sicuramente i ragazzi che si servivano anche di slitte d’inverno e carrettini d’estate. È vero che lì è montagna o quasi, ma allora ho pensato che erano molto più pragmatici dei miei concittadini che solo molto più tardi hanno adottato quel pratico uso. Mangiavo quando tornavo e bevevo alle fontanelle. Penso che anche quella volta fosse così. Dopo qualche ora ho visto che ero a una cinquantina di chilometri da Merano ma non avevo ancora iniziato a salire. La meta era più lontano di quanto pensassi, ma sullo Stelvio volevo andare. Comincia la salita e la strada sterrata. Se ben ricordo la stavano asfaltando allora, un po’ alla volta, non velocemente come succede oggi. Continuo a salire e comincio a patire freddo. Un freddo davvero insopportabile, non ricordo la stanchezza che pur non doveva essere poca ma ricordo il freddo. Arrivato ad un tornante dove c’era una sorta di bar mi sono fermato, ho comprato una bandierina souvenir a testimonianza della mia impresa, ho inforcato la bici, cambiato direzione e giù fino a Prato allo Stelvio e avanti fino a Merano senza più patire freddo. Un altro giorno sono andato nella direzione opposta: non la val Venosta ma la val Passiria, da Merano a Vipiteno passando per Passo Giovo. Allora non sapevo bene quanta