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scala di legno saliva a camere e granaio; poco prima, a destra, era l’entrata del “tinello”, diventato allora la nostra camera da letto. Sopra il soffitto di tavole di cucina, tinello e corridoio c’erano tre camere al primo piano; al secondo si trovava il granaio con i mucchi di mele, di noci, di frumento, di pannocchie e la macchina per sgranarle facendo girare la grande ruota-manovella. Dalla nostra camera si passava per una stanza ingombra di non so cosa, si finiva nella stalla dov’erano un asino e due mucche e si usciva nel portico per un grande portone. Sopra il solaio di stanza e stalla un ampio spazio conteneva il deposito delle ceste, utensili vari, cose vecchie e, sopra la stalla, il fieno. Davanti ad esse il portico si apriva a sud con due luci divise da un pilastro centrale, a Ovest lo chiudeva la cucina e a Est il muro perimetrale. In cucina si entrava dal portico. Seci e ca§a (secchi e mestolo) del seciaro erano di rame: l’acqua presa e bevuta direttamente con la ca§a era fresca e di sapore speciale. Di rame era anche il caliero (paiolo) appeso alla catena sul focolare. Vi si cuoceva la polenta, rimestandola per lungo tempo con la mescola di legno, badando che non facesse i munari (grumi) e non prendesse el brustolin (sapore di bruciato). Una volta cotta veniva subito versata sul panaro, il grande tagliere circolare con annodato un tratto di gaveta (spago sottile) per affettarla. Di ottone erano invece i bossoli di proiettili d’artiglieria , decorati e non, usati a ornamento del focolare o come soprammobili, vasi da fiori, fermaporte e altro. Ne