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caliero di rame, appeso con un gancio alla catena sopra al fogolaro. Nel caliero metteva l’acqua necessaria, salava e quando bolliva vi versava man mano la farina xala (farina di mais) quanta serviva. Ovviamente sotto al caliero bruciavano le ste·e, i ceppi. Il fuoco era vivace, sul caliero poggiava una spessa tavoletta di legno, sulla tavoletta poggiava un ginocchio e con una lunga mescoℓa mescolava la polenta. Quando aveva finito di versare la farina necessaria, usava la mescoℓa a due mani e continuava a mescolare, badando che la polenta non ciapa§e el brusto·in. Continuava così per una quarantina di minuti finché era cotta, eventualmente regolando il sale. Quindi con opportuna manovra toglieva il caliero dal fuoco e versava la polenta sul panaro, bello grande. Ora non abbiamo né caliero né fogolaro ma sempre voglia col bacaℓà di mangiare la polenta. Mia moglie la fa con tre misure di acqua, sale q.b., una misura di farina di mais bramata. Mette l'acqua nella pentola a pressione, aggiunge il sale e aspetta che bolla. Quando bolle mi chiama, verso tutta la farina nell’acqua bollente e mescolo velocemente e per bene con la frusta in acciaio, badando di mescolare anche in centro. Mia moglie dice che non ha la forza per farlo lei e se non si fa bene la polenta avrà i munari, i grumi. Appena prima che riprenda il bollore smetto di girare la frusta, chiude la pentola a pressione e abbassa il fuoco per evitare il più possibile che si attacchi sul fondo. Dipende dal fuoco e dallo spessore del fondo: basso il primo, alto il secondo. Lascia cuocere per una quindicina di minuti, spegne il fuoco, aspetta che smetta di bollire, sfiata, toglie il coperchio, mi chiama perché mescoli